Gino Coppedè, un sognatore di fine secolo - gruppocarige.it · Come Viollet-le-Duc, Cop-pedè...

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Gino Coppedè, un sognatore di fine secolo di Sonia Olcese Architettura LA CASANA 10-17:Layout 1 14-11-2007 19:05 Pagina 10

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Gino Coppedè, un sognatore di fine secolodi Sonia Olcese

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Il suo committente è l’assicuratorescozzese Evan Mackenzie, fiduciariodel Lloyds a Genova e facoltoso col-lezionista d’arte che frequenta labottega di ebanisteria e decorazionedel padre Mariano Coppedè.Paradossalmente il trentenne archi-tetto si conquisterà la committenza al-to-borghese della città proprio conun’opera intenzionalmente e sfaccia-tamente estranea alla cultura locale edinizierà una brillante carriera che ren-derà il suo stile unico e il suo nomecelebri in Italia e nell’Europa dei pri-mi trent’anni del Novecento.

Castello Mackenzie, un pezzo di Toscana a Genova

Seguendo ed amplificando le rêveriesdi Mackenzie, che si immagina ma-gnifico e colto mecenate, Gino Cop-pedè si lancia nell’impresa attingen-do a piene mani da un’inesauribilevena creativa. Neodiplomato al-l’Accademia di Belle Arti di Firen-ze, possiede un adeguato bagagliotecnico, filologico e storico, mesco-la erudizione e mestiere. È da anni at-tivo nella bottega del padre, La Ca-sa Artistica; il lavoro artigianale gliha dato una grande dimestichezzanella composizione decorativa, unastraordinaria capacità nel lavorare illegno e il gusto per la cura metico-losa di ogni particolare.Egli esalta orgogliosamente la tradi-zione toscana citando e riproducen-done le icone, soddisfa il gusto an-tiquario del suo committente utiliz-zando a profusione pezzi autentici

Nel 1897 Gino Coppedè, giovane architetto fiorentino, riceve come primo importante incarico la costruzione sulle alture di Genova di un castello ispirato all’architettura toscana.

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A fronteCastello Mackenzie (1897-1906),Genova. La crescita disordinata dellacittà ha oggi fagocitato la collina su cuisorge il castello, originariamente inposizione dominante.

Veduta dal basso delle torri, della cappella e del muro di cinta.

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Dall’alto da sinistra a destraCastello Mackenzie.Vestibolo del piano nobile durante i lavori di restauro al dipinto muraleraffigurante la costruzione del castello.Dal lucernario decorato con ceramichein stile Della Robbia scende una copiafedele del «pendolo di Galileo» a Pisa.

Scala a chiocciola nella torre merlata.La scala conduce alla parte più elevatadella torre, che arriva a 180 metri di altezza sul livello del mare.

Atrio e rampa dello scalone checonduce al piano nobile. Il dipinto murale, oggi scarsamenteleggibile, raffigurava un corteo di soldati e cavalieri sullo sfondo della Genova medioevale.

Dettaglio del dipinto murale durante i lavori di restauro. Raffigura la costruzione del castello; si distinguono Evan Mackenzie, Gino Coppedè in atto di mostrare un progetto e dietro Carlo Coppedè,pittore fratello di Gino, ed autore del dipinto.

Dettaglio della decorazione esterna.

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accanto ad eccellenti riproduzioni,progetta sontuose boiseries di gustoneogotico ed elaborati arredi in fer-ro battuto.Ad occuparsi della parte pratica so-no quasi esclusivamente maestranzetoscane, in primis La Casa Artistica,dove lavorano anche i fratelli mino-ri Carlo ed Adolfo, le imprese Mi-chelucci di Pistoia e Checcucci di SanGemignano che lo seguiranno inmolti dei cantieri successivi. L’Ar-chitetto e il suo mecenate spingono ilgioco oltre: tutti i paramenti murarisaranno realizzati in dorata arenariafornita da ditte di Firenze e Volterra.Questa costruzione si inserisce nel fi-lone di revival medioevalistico che daalcuni decenni interessa l’Europa el’Italia. Come Viollet-le-Duc, Cop-pedè combina autentico e riprodu-zione con tale maestria da rendereimpossibile la loro individuazione.Senza sposarne i contenuti sociali, se-gue l’esempio di William Morris nel-l’esaltazione del valore del lavoro ar-tigiano. Anche in Italia il neogoticoè un linguaggio ampiamente diffuso,basti pensare al Castello di Crespid’Adda di Luigi Pirovano e ai pro-getti di Luigi Mancini.

Un capriccio di re

Coppedè non si limita a rielaborazioniarchitettoniche filologicamente cor-rette, mescola senza remore e restri-zioni epoche e stili, li trasforma e sirivela geniale inventore di scenogra-fie dove ambientare racconti fantastici.Il castello offre tutto quello che ser-ve: torri, spalti merlati, gargouilles,una cappella gentilizia, un impres-sionante portone. Negli interni poi,alla profusione di decorazioni mura-li, su legno, di vetrate colorate e mar-mi, si aggiungono tutte le comoditàdi un’abitazione. Questo è il punto,dietro la perfetta facciata di castellomedioevale si nascondono tutte le co-modità di una moderna dimora. Al-cune torri celano i camini, un mon-tacarichi serve i piani alti, esiste unacompleta rete elettrica e al piano ri-

Castello Mackenzie.Cappella. Gli stalli lignei destinati alla famiglia, di ispirazione trecentesca,furono eseguiti a Firenze presso La Casa Artistica. La sontuosa cancellata in ferro battuto,pure di manifattura toscana, separa gli stalli dall’altare.

Lettere autografe di Gino Coppedè, un ritratto giovanile durante il cantieredi costruzione del Castello Mackenzie e il castello terminato.

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alzato è installata una piccola piscinariscaldata con sauna.I lavori non sono ancora terminati chegià la stampa europea pone il castellotra i siti genovesi da non perdere; lastampa locale gli dedica pagine entu-siastiche e lo definisce “capriccio di re”.È proprio questo capriccio a motiva-re la creazione di grandi dipinti mu-rali ambientati in una Genova me-dioevale dove, sullo sfondo del can-tiere in cui sta nascendo il castello, loscozzese è ritratto nei panni di un ac-cigliato mecenate intento ad osserva-re il progetto che il toscano, suo pro-tetto, gli indica con orgoglio.

“Enfant terrible” o moderno Bernini?

Coppedè fa solo finta di giocare, in real-tà fin dall’inizio ha intuito l’importanzadell’impresa. Da allora le commissio-ni arriveranno una dopo l’altra.La nuova classe dirigente è alla ricer-ca di un’immagine che ne illustri l’i-narrestabile ascesa. Essa è specchio diun paese economicamente in trasfor-mazione ma ancora in gran parte le-gato ad una cultura artistica già supe-rata dal rinnovamento in atto in Eu-ropa. L’alta borghesia italiana si sen-te “nuova” ma ha bisogno di un lin-

guaggio architettonico “rassicurante”per dichiarare il proprio splendore.Gino Coppedè si fa interprete senzafalsi pudori dell’opulenza dei nou-veaux riches. Non solo sciorina consorprendente scioltezza tutto il lessi-co dell’eclettismo ma va oltre. Da ve-ro enfant terrible mescola stili e mo-tivi con irriverenza, senza mai di-menticare di mostrarsi al corrente del-le novità europee; è magniloquente eal tempo stesso ironico.Per oltre un decennio inventa castel-

li e chalets non finendo di stupire. LaRocca Tirrena, ad esempio, massicciasentinella abbarbicata su un alto sco-glio, sembra tesa ad avvistare l’arrivodei nemici dal mare.Coppedè si costruisce un redditizio gi-ro di committenti e un nome che gliconsente in poco tempo di proporsicome architetto “di città” anche a li-vello nazionale, collaborando con leprincipali imprese edili. Grazie aiCerruti, suoi clienti genovesi, parte-ciperà alla ricostruzione di Messinadopo il terremoto del 1908.Se per le residenze suburbane è di mo-da il Medio Evo, per gli hôtels parti-culiers modello di riferimento è il pa-lazzo gentilizio cinque e seicentescoe ancora una volta Gino miete con-sensi. Esempio significativo è il pa-lazzo terminato nel 1910 nel centro diGenova per uno dei maggiori com-mercianti ed imprenditori, Carlo Pa-storino. Il repertorio canonico – bu-gnato rustico, timpanature e colonne,leoni e mascheroni – viene geome-trizzato, ingigantito, reso quasi grot-tesco; la decorazione dipinta è a me-tà fra Art Nouveau e Secessione.La stampa non esiterà a definire l’ar-chitetto “un Bernini del nostro tem-po” e a coniare per le sue opere la de-finizione di “stile Coppedè”.

Lo stile di Coppedè

Le nazioni europee protagoniste delrinnovamento artistico di fine Otto-cento possiedono una forte identitànazionale e sentono la necessità di al-lontanarsi dallo storicismo che ha con-traddistinto il XIX secolo. L’unifica-zione d’Italia risale a neanche 40 an-ni prima, il Paese ha bisogno di con-solidarsi, di costruirsi uno stile “ita-

Gino Coppedè (1902?). ArchivioPrivato. In questa fotografia d’epocal’architetto si fa ritrarre a cavalcioni di una delle gargouilles che ornano la torre di Castello Mackenzie.

Veduta dell’Esposizione di Marina ed Igiene Marinara di Genova (1914).Fotografia d’epoca, collezione privataJacopo Brancati.

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lico” non inquinato da linguaggi stra-nieri. Ecco la necessità di un moder-no Bernini che magnifichi attraversoil linguaggio del passato lo splendoredella giovane nazione in cerca di un ri-conoscimento internazionale. Coppedè è un geniale decoratore, in-ventore di pastiches di stili passati rivi-sitati e uniti al moderno, se fa ricorsoa motivi Art Nouveau e Secessione è perricordare di essere un artista aggiorna-to su ciò che accade fuori dall’Italia.Nel 1914, per pubblicizzare e legittimarela creazione di un impero coloniale inAfrica, verrà organizzata a Genova l’E-sposizione di Marina ed Igiene Mari-nara. Non a caso Gino Coppedè verràscelto per progettare il complesso.L’architetto da tempo partecipa aconcorsi pubblici, ma senza successo.I suoi disegni visionari mal si adatta-no ad opere pubbliche durature; so-no invece scenografie perfette per unapparato celebrativo e promozionale,

effimero e d’impatto, finalizzato ad ab-bagliare e sorprendere i visitatori e l’o-pinione pubblica.Con un’opera che vivrà pochi mesiGino ottiene la consacrazione uffi-ciale e nazionale cui da tempo aspi-ra. Il 24 maggio 1914 la famiglia rea-le compie la visita inaugurale e re Vit-torio Emanuele III per ben due vol-te si congratula con l’artefice del com-plesso espositivo.È l’apice della gloria, ma allo stessoè l’inizio del declino. Nei primi me-si del 1915 i padiglioni vengonosmantellati, l’Italia entra in guerra ele attività edilizie subiscono una lun-ga battuta d’arresto. In questo pe-riodo Coppedè si dedica più pro-fondamente all’insegnamento. Oltrealle numerose onorificenze e ai tito-li accademici, ottiene la nomina aCommendatore dell’Ordine dellaCorona d’Italia e nel ’17 la cattedradi architettura dell’università di Pisa.

Dopo la morte della moglie e del pa-dre, l’architetto si trasferisce definiti-vamente a Roma, dove da qualche an-no ha intrapreso la realizzazione del-l’ultima importante commissione, unquartiere residenziale di lusso che seb-bene alterato ed ultimato postumoporterà il nome del suo ideatore.Nel 1927 Gino muore improvvisa-mente per complicazioni sorte in se-guito a una malattia polmonare.Lo stile Coppedè non sopravviverà alungo al suo creatore, con l’avventodel fascismo l’arte si piegherà al po-tere, tutto ciò che aveva avuto a chefare con il passato sistema liberale sa-rà denigrato come decadente. Biso-gnerà attendere la fine degli anni ’70

Palazzo Zuccarino (1906-1907),Genova. Atrio. Della sua riccadecorazione restano una parte deidipinti murali (nell’immagine, una dellecaravelle di Colombo) e la boiserieintarsiata con tessere ceramiche.

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perché l’interesse si risvegli. Signifi-cative sono le vicende di Palazzo Pa-storino e Castello Mackenzie. Il pri-mo viene danneggiato da un bom-bardamento alleato, viene malamen-te rattoppato e lasciato annerire dal-l’inquinamento. Finalmente nel 2003una società immobiliare lo acquista elo restaura. Il Castello invece, già spo-liato di molti arredi prima dell’ultima

guerra, sarà di volta in volta sede delcomando tedesco, dei carabinieri e in-fine di una società ginnica. Ad inizioanni ’90 un ricco collezionista ame-ricano inizia un parziale recupero pertrasformarlo in museo privato. Oggiuna famiglia di origine toscana ne hafatto la sede della propria casa d’aste,sta terminando il restauro e ne ha re-so possibile l’accesso al pubblico.

Note

da leggereRossana Bossaglia – Mauro Cozzi, I Coppedè,ed. Sagep, Genova, 1982 (esaurito)

da vedereCastello Mackenzie, Mura di San Bartolomeo16c, Genova. Il castello è visitabile con acces-so regolamentato da visite guidate. Per maggioriinformazioni tel. +390108395029.Palazzo Pastorino, Via B. Bosco 57, Genova. So-no accessibili l’atrio e lo scalone nei giorni la-vorativi in orario di ufficio.

Castello Turcke («Rocca Tirrena»)(1903), Genova. Il castello sorge su un alto scoglio che domina l’anticoborgo marinaro di Bocadasse.

Villa Canali (1924-1925), Genova. Una delle ultimissime opere genovesi di Gino Coppedè, fino al 1942 ospitavail consolato del Giappone. Dopo varievicissitudini è divenuta sede dellaprestigiosa fondazione medica «G. Gaslini».

Palazzo Pastorino (1905-1910), Genova.Balcone al primo piano. La inconfondibile decorazione in stileCoppedè circonda da ogni lato la serliana di ispirazione cinquecentesca.

Portone d’ingresso. Sulla boiserieoriginale, in cifre romane, è incisol’anno di completamento dei lavori, il 1910.

Il servizio foografico che illustra l’articolo è di Jacopo Brancati.

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