GHERARDINI CANONIZZAZIONEEDINFALLIBILITA

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MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURA DIRETTORE responsabile: sac. dott. Luigi Villa Direzione - Redazione - Amministrazione: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà Via G. Galilei, 121 25123 Brescia - Tel. e fax (030) 3700003 Autor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990 Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com & Print (BS) contiene I. R. Spedizione in abb. post. - Comma 20/C - art. 2 - Legge 662/96 - Filiale di Brescia Expedition en abbon. postal - Comma 20/C - art. 2 - Legge 662/96 - Filiale di Brescia Abbonamento annuo: ordinario Euro 35, sostenitore Euro 65 una copia Euro 3, arretrata Euro 3,5 (inviare francobolli). Per l’estero Euro 65 + sovrattassa postale Le richieste devono essere inviate a: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà 25123 Brescia, Via G. Galilei, 121 - C.C.P. n. 11193257 I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti Ogni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità «LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI» (Jo. 8, 32) Chiesaviva ANNO XXXIII - N° 354 OTTOBRE 2003 1

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Brunero Gherardini - Canonizaciones - Infalibilidad

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MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURADIRETTORE responsabile: sac. dott. Luigi VillaDirezione - Redazione - Amministrazione:Operaie di Maria Immacolata e Editrice CiviltàVia G. Galilei, 12125123 Brescia - Tel. e fax (030) 3700003Autor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com & Print (BS)contiene I. R.

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«LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI»(Jo. 8, 32)

ChiesavivaANNO XXXIII - N° 354OTTOBRE 2003

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CANONIZZAZIONE ED INFALLIBILITÀ

di Mons. Prof. Romero Gherardini

D a qualche tempo se neparla di nuovo. Non c’èdubbio che l’argomento sia

molto interessante. Nulla, però, facevapensare, fin a poco fa, che la posizio-ne definitivamente acquisita con Bene-detto XIV1 sarebbe stata nuovamentediscussa. A dire il vero, gli ultimi inter-venti hanno proposto ben poco di nuo-vo; han solo richiamato l’attenzione alrapporto tra infallibilità papale e ca-nonizzazione. Non nuova è stata laposizione dubitativa o addirittura nega-tiva, non nuova quell’affermativa.D’ambo le parti si son ripetuti ragiona-menti del passato ed irrilevante è sta-to, forse con l’unica eccezione di D.0ls2, il loro contributo per una piùprofonda conoscenza del problema eduna fondazione critica della soluzioneproposta.Poiché anch’io sono stato sfiorato dal“demone” della curiosità e del ripensa-

mento, ne raccolgo qui, in forma quasiprovocatoria, i punti essenziali. Chis-sà, mi son detto, che qualcuno nonm’aiuti a capir meglio! Mi sembra superfluo dichiarare che ilmio ripensamento parte dalla concretasituazione d’una “verità” dogmatica-mente non definita, con un conse-guente margine di libertà che alcune“note teologiche” limitano, sì, manon soffocano del tutto. Ed è sottinte-so che la mia “provocazione” restaall’interno di codesti limiti.

1 - LA DOTTRINA COMUNE

Né il Denzinger3, né il CJC del 19834,né il Catechismo della Chiesa Cattoli-ca5 la espongono: segno evidente cheessa è estranea all’ambito di ciò che laChiesa dichiara e promulga “definito-rio modo”. Pertanto, la dottrina co-

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1 Cfr. Benedictus XIV, De “Servorum Deibeatificatione et de Beatorum canoniza-tione”, 7 voll. Prato 1839-42: I, n. 28, p.336B: «Si non haereticum, temerarium ta-men, scandalum toti Ecclesiae afferentem,in Sanctos iniuriosum, faventem haereticisnegantibus auctoritatem Ecclesiae in Ca-nonizatione Sanctorum, sapientem haere-sim, utpote viam sternentem infidelibus adirridendum Fideles, assertorem erroneaepropositionis et gravissimis poenis ob-noxium dicemus esse qui auderet assere-re, Pontificem in hac aut illa Canonizatione

errasse... et de fide non esse, Papam esse infallibilemin Canonizatione Sanctorum...».2 Cfr. Ols D., “Fondamenti teologici del culto deiSanti”, in AA. VV. Dello “Studium Congreg. De Cau-sis Sanct.”, pars thologica, Roma 2002, p. 1-54.

3 Cfr. Una piccola eccezione è costituita daDS 675, che riguarda la canonizzazioned’Ulderico, vescovo d’Augsburg, nel Sino-do Lateranense del 31 gennaio 993; in DS2726-27bis si tratta solo dell’approvazionedegli scritti dei candidati all’onore degli al-tari.4 Cfr. Un unico accenno nel c. 1403/1:«Causae canonizationis Servorum Deireguntur peculiari lege pontificia».5 Cfr. Anche qui un solo accenno al n. 828per indicare a che fine la Chiesa canonizzaalcuni dei suoi figli migliori.

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mune della canonizzazione va ricerca-ta altrove, e precisamente nel magiste-ro ecclesiastico non “ex cathedra”,nelle stesse Bolle di canonizzazione,in altri interventi ecclesiastici non dogma-tici e nel dibattito teologico. Ne parlerò inseguito.

1.1 - La loro analisi permette di definirecosì la canonizzazione: «Un atto me-diante il quale il Sommo Pontefice,con giudizio inappellabile e sentenzadefinitiva, inscrive formalmente e so-lennemente un Servo di Dio, prece-dentemente beatificato, nell’albo (o ca-none) dei Santi». Tale definizione sicompleta, ordinariamente, con la precisa-zione che il Papa intende dichiarare conessa la presenza del canonizzato nel se-no del Padre, cioè nella gloria eterna,nonché la sua esemplarità per tutta laChiesa ed il dovere d’onorarlo ovunquecon il culto dovuto ai Santi. Va peraltro tenuto presente, al fine di de-terminarne più esattamente la natura,che la canonizzazione si specifica informale ed equipoIlente: è formale,quando si siano espletate tutte le proce-dure di norma; equipollente quando unServo di Dio venga dichiarato Santo inforza d’una venerazione secolare (“abimmemorabili”)6. Si canonizza, dunque, generalmente eformalmente parlando, un Beato. L’ele-mento discriminante tra beatificazione ecanonizzazione è riconoscibile nel fattoche l’una prepara l’altra e questa - dalpunto di vista formale - non prescinde daquella. Ma mentre la canonizzazioneestende il culto del novello Santo a tuttala Chiesa, la beatificazione lo permettesoltanto in sede locale - una diocesi, unaprovincia, una nazione, un Ordine religio-so o una Congregazione -. Risulta, infatti,dalle formule abitualmente usate7 che,canonizzando un Beato, l’intenzionedel Papa è quella d’estenderne il cultoa livello universale. Inequivoci son al ri-guardo i verbi di pragmatica: “statuere,decernere, mandare, constituere, vel-le”, dai quali nettamente si distinguonoquelli relativi alle semplici beatíficazioni:“indulgere, licentiam concedere”. Nési può ignorare che nelle “bolle” di ca-nonizzazione, a conferma della differen-za formale tra canonizzazione e beatifica-zione, si leggono espressioni di volontà

non solo precettiva, ma anche minatoria:«Sí quis... temerario ausu contrarietentaverit, sciat se... anathematis vin-culo innodatum»8.

1.2 - Non soltanto dall’estensione del cul-to a tutta la Chiesa con conseguentecoinvolgimento di tutti i fedeli, ma anchedalla dichiarata esemplarità del nuovo ca-nonizzato e dall’implicita assicurazioneche costui è nella gloria dei cieli, la dot-trina comune ha dedotto l’infallibilitàdel canonizzante.Va immediatamente rilevato che i fautoridella detta infallibilità la inducono con unragionamento - direi - per assurdo: «Sa-rebbe intollerabile se il Papa, in unatale dichiarazione che implica tutta laChiesa, non fosse infallibile»9. È dun-que infallibile perché sarebbe intollerabileche non lo fosse! Ovviamente, non man-cano ragioni teologiche che ad “intolle-rabile” sostituiscono “non possibile”: lapromessa dell’assistenza divina al magi-stero della Chiesa, quindi la guida delloSpirito Santo e la connessione delle ca-nonizzazioni con le verità di fede e diCostume, cioè con l’oggetto specificodell’infallibilità papale10. Su tale connes-sione, tuttavia, c’è più d’un motivo per di-scutere.Tutto ciò apre un ventaglio di riflessionistorico-teologiche sulla tesi in esame; inparticolare, sulla vera nozione di magiste-ro ecclesiastico e d’infallibilità papale,nonché sulle implicazioni ecclesiologichedella distinzione sostanziale tra beatifi-cazione e canonizzazione. Son propriosiffatte riflessioni che o mancano, o sonprive di specifica rilevanza, tanto negliAutori favorevoli quanto in quelli contrari.La monotona ripetizione di motivi nonsufficientemente ragionati, ma anche diquelli collegati con fatti concreti - il Nepo-muceno, p. es., e la Goretti, in passato,altri nel presente - che parrebbero mette-re in discussione, se non addiritturaescludere l’infallibilità della canonizzazio-ne, non darà né al sì, né al no le ali pervolare molto in alto.

2 - IL MAGISTERO ECCLESIASTICO

«È il potere conferito da Cristo alla suaChiesa, avvalorato dal carisma dell’infalli-bilità, in virtù del quale la Chiesa docente

S. Carlo Borromeo.

S. Caterina da Siena.

S. Alfonso Maria de Liquori.

6 Cfr. Ortolan T., “Canonization dans l’Egli-se romaine”, in DThC II, Parigi 1932, c.1636-39.7 Cfr. Eccone alcune: «Inter sanctos et elec-tos ab Ecclesia universali honorari praecipi-mus»; «Apostolicae Sedis auctoritate catalogosanctorum scribi mandavimus»; «... anniver-sarium ipsius (sancti) sollemniter celebrariconstituimus»; «statuentes ab Ecclesia uni-versali illius memoriam quolibet anno pia de-votione recoli debere».8 Cfr. Al riguardo Ortolan T., “Canonization”,cit., c. 1634-35; Veraja F., “La beatificazio-ne: storia, problemi, prospettive”, Roma1983; Stano G., “Il rito della beatificazioneda Alessandro VII ai nostri giorni”, in AA.VV., “Miscellanea in occasione del IV Cen-tenario della Congregazione per le Causedei Santi (1588-1988)”, Città del Vaticano

1988, p. 367-422.9 Cfr. Löw G., “Canonizzazione”, in EC IIIRoma, p. 604; Federico Dell’Addolorata, “In-fallibilità”, ivi VI, p. 1920-24; Ortolan T., “Ca-nonization”, cit., c. 1640. È l’applicazione,non so fino a che punto corretta, d’un inecce-pibile principio generale di S. Tommaso,Quodl, IX, 16: «Si vero consideretur divinaprovidentia quae Ecclesiam suam SpirituSancto dirigit ut non erret,... certum est quodjudicium Ecclesiae universalis errare in hisquae ad fidem pertinent, impossibile est».10 Cfr. Frutaz A. P., “Auctoritate BeatorumPetri et Pauli - Saggio sulle formule di ca-nonizzazione”, in “Antonianum” 42 (1947)1-22. Sulla questione in genere, istruttive so-no le pagine di Schrenk M., “Die Unfehil-barkeit des Papstes in der Heiligspre-chung”, Friburgo (Sviz.) 1965.

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dall’autoritativa sinergia dei vescovi che,in comunione col Papa, son essi pure«subiectum. supremae ac plenae pote-statis in universam Ecclesiam» (LG 22b),che autenticamente rappresentano e perla quale collegialmente operano. La pie-nezza del potere magisteriale, infatti, ol-tre che nel Papa, risiede nel “corpusepiscoporum” in comunione con Lui.Pertanto, la solennità dell’atto magisteria-le s’attua personalmente nel Papa e col-legialmente nel Concilio ecumenico; inambedue i casi è la risposta della Chiesaa circostanze d’eccezione. Il carattere straordinario, oppure ordina-rio, del magistero ecclesiastico, dipendedalle modalità con cui s’esprime, nonchédalle circostanze nelle quali e per la qualis’esprime; non dalla sua efficacia edestensione. Si dà un magistero ordinariodel Papa ed uno dei vescovi, sia singolar-mente sia collegialmente considerati, inquanto successori degli Apostoli e testi-moni qualificati della fede. Mentre il magi-stero straordinario s’estrinseca mediantele forme del Concilio ecumenico e della“locutio ex cathedra”, quello ordinario èil magistero di gran lunga più frequenteattraverso modalità d’intervento né conci-liari né cattedratiche. L’esercita il Papamediante una gamma d’interventi privi diforma solenne e straordinaria, in rispostaad importanti ma non straordinarie circo-stanze; l’esercitano i vescovi, in comunio-ne di fede e d’insegnamento col Papa,nelle Conferenze Episcopali, nelle singo-le diocesi, con l’insegnamento scritto edorale, con i Sinodi diocesani, con la com-posizione e l’approvazione dei catechi-smi, con lo svolgimento d’una oculata vitaliturgica. Ma, nel caso dei vescovi, nessu-no di essi può nutrire pretese d’infallibi-lità. La loro infallibilità è soltanto collegia-le, nel contesto, p. es., d’un Concilio ecu-menico. Si è soliti parlare anche d’un magisteroautentico, riconoscibile in interventi papalio vescovili di cui si voglia certificare o l’in-dubbia appartenenza e la legittimità, o lavalidità dottrinale e disciplinare. La LGdel Vaticano II ne parla tre volte: in 25/a,a proposito dei vescovi, che vengono de-finiti «doctores authentici seu auctori-tate Christi praediti»; ancora in 25/a,con riferimento al Papa, per raccomanda-re «religiosum voluntatis et intellectus ob-sequium singolari ratione praestandum...Romani Pontificis authentico magisterio,etiam cum non ex cathedra loquitur»; edin 51/a, per affermare «authenticumSanctorum cultum non tam in actuum ex-teriorum multiplicitate quam potius in in-tensitate amoris nostri actuosi consiste-re». Donde si deduce che: a) autentico è il magistero sicuramenteecclesiastico in forza di chi lo pronuncia odella verità pronunciata; b) tale esso è sempre in ognuna delle

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è costituita unica depositaria ed autenticainterprete della Rivelazione divina, daproporre autoritativamente agli uomini co-me oggetto di fede per la vita eterna»11. Non mi si chieda la dimostrazione teolo-gica dell’assunto; non è questa la sedeper farlo. È peraltro ben noto ad ogni cultore di teo-logia che tale magistero riposa su nonequivoche asserzioni neo-testamentarie(Mt. 16,16-20; 28,18), dalle quali risultache Cristo ne fece lo strumento vivo perla diffusione e la tutela del suo messag-gio, concentrandolo soprattutto in Pietro(Mt. 16,18-20; Lc. 22,32; Gv 21,15-18). Inlui previde, ovviamente, la catena ininter-rotta dei legittimi successori, caratteriz-zando, in tal modo, il magistero stessocon le note dell’universalità, della perpe-tuità e dell’infallibilità (Mt. 16,18-20;18,18.20). La Tradizione della Chiesa, esplicitamen-te o no, ha sempre considerato in Pietroe nei suoi legittimi successori, nonché nelcollegio degli Apostoli e nei vescovi cheloro subentrano nel governo della Chiesain comunione col Papa e mai contro, osenza, o al di sopra del Papa, i titolari ditale magistero. Esso, pertanto, si ponedavanti alla coscienza del singolo e dellaChiesa tutta come la “regula fidei proxi-ma”. Anzi, il Vaticano I, seguito in ciò dalVaticano II, parve identificare primato emagistero, anche se formalmente l’unoattiene più all’ambito dei rapporti interec-clesiastici e l’altro all’ambito della fede:«Ipso autem Apostolico primatu, quemRomanus Pontifex tamquam Petriprincipis Apostolorum successor inuniversam Ecclesiam obtinet, supre-mam quoque magisterii potestatemcomprehendi, haec Sancta Sedessemper tenuit, perpetuus Ecclesiaeusus comprobat, ipsaque, oecumenicaConcilia, ea imprimis in quibus Orienscum Occidente in fidei caritatisqueunionem conveniebat, declarave-runt»12. La logica interna alla fede, bensalda sulla roccia della Rivelazione divi-na, può quindi guardare al magistero ec-clesiastico come al perenne ed infallibilecarisma della verità cristiana.

2.1 - Il magistero non si esprime univoca-mente; non è un caso che si parli - nonsempre, purtroppo, in modo corretto - dimagistero solenne, straordinario, ordi-nario ed autentico.La solennità del magistero riguarda lasua forma ed il massimo della solennità èraggiunto dal Concilio ecumenico. Ancheil Papa può solennemente riprovare unerrore e proclamare una dottrina o unacanonizzazione; ma benché non si diaConcilio se non convocato, diretto - «perse vel per alios» - e confermato dal Papa,la solennità dell’atto papale non raggiun-ge quella concil iare; questa è data

S. Benedetto Giuseppe Labre.

S. Francesco di Paola.

S. Giuseppe Cafasso.

11 Cfr. Parente P. - Piolanti A. - Garofalo S.,“Dizionario di Teologia Dogmatica”, Roma1943, p. 154.12 Cfr. Conc. Vat. I, Sess. IV, Constit. Dogm.“Pastor aeternus”, cap. IV, DS 3065. Si ve-dano, al riguardo, insieme con tutti i manuali

della “teologia romana”, i due classici: Bain-vel J. V., “De Magisterio et Traditione”, Pa-rigi 1905; Billot A., “De Ecclesia Christi”, Ro-ma 1927. Per il Vaticano II cfr. Soprattutto LG22/b e 25a-c.

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sue forme: solenne, straordinaria ed ordi-naria; c) tale può essere anche al di fuori di es-se, in interventi papali e vescovili menospecifici, purché collegati con la Rivela-zione divina e la dottrina della fede.

3 - L’INFALLIBILITÀ DEL MAGISTERO

Non mi riferisco direttamente al magiste-ro autentico che, per quanto ho sopra in-dicato, può essere, o no, coperto dal cari-sma dell’infallibilità. Mi chiedo se, perchée a quali condizioni il magistero, o solen-ne, o straordinario, o ordinario, sia infalli-bile. Stante infatti la già ricordata promes-sa della divina assistenza, l’infallibilità de-gl’interventi magisteriali, entro i limiti stes-si della promessa, è tra le prerogative delmagistero stesso.

3.1 - La divina assistenza è la premessaineludibile d’ogni discorso sull’infallibilitàdella Chiesa e del Papa. È la ragioneprofonda dell’irreformabilità d’ogni auten-tico intervento magisteríale «in rebus fi-dei et morum». Ragione profonda, quin-di, anche dell’infallibilità papale: con taleassistenza, Dio stesso si compromette -per così dire - con l’asserto papale a ga-ranzia della sua inalterabile verità. Perquesto, «Romani Pontificis definitionesex sese, non autem ex consensu Eccle-siae, irreformabiles sunt»13.Che in ciò il Signore si sia davvero com-promesso è testimoniato dalla sua stessaparola: dalla sua preghiera per l’indefetti-bilità di Pietro e della sua missione dimaestro universale (Lc. 22, 32); dall’assi-curazione della sua compresenza allaChiesa sin alla fine del mondo (Mt. 28,20); dall’invio dello Spirito di verità allaChiesa d’ieri d’oggi e di domani, perchéla introduca in tutta la verità (Gv. 16, 13)e la salvaguardi da ogni errore. Si tratta d’un’assistenza divina che, stan-do ai passi neo-testamentari di supporto,non può esser definita soltanto «mere ne-gativa». Dispiace che s’insista ancora suquesta limitazione, forse per eludere ilpericolo d’un equivoco tra assistenza del-lo Spirito Santo ed illuminazione o rivela-zione privata. Che l’infallibilità del Papanon debba collegarsi con qualche suapersonale illuminazione dall’alto, né conun’altrettanto personale rivelazione, nonc’è dubbio: è anch’essa «ad aedificatio-nem fidei» (Ef. 4, 29). In effetti, se la fun-zione dello Spirito del Padre e del Figlio èquella di condurre la fede della Chiesa ela stessa coscienza cristiana «al posses-so di tutta la verità», il limitarla alla pura esemplice preservazione dall’errore (no-zione «mere negativa») ne è un suo mor-tificante avvilimento e priva lo stesso ma-gistero d’una sua capacità propositiva.

3.2 - È giusto il precedente abbinamento

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tra infallibilità papale ed infallibilità dellaChiesa. Giusto, perché conforme allaTradizione e alla conferma che ne ebbedal Vaticano I: «Definimus RomanumPontificem... ea infallibilitate pollere, quadivinus Redemptor Ecclesiam suam... in-structam esse voluit»14. Non son in giocodue infallibilità che si sommino, o s’elida-no a vicenda; ma un unico e medesimocarisma, che ha nella Chiesa, nel Papa enei vescovi collegialmente considerati edin comunione col Papa i legittimi titolari.Tale carisma s’esprime in forma positiva,prima e forse più che negativa. E all’ope-ra quando il magistero, annunciando laverità cristiana o dirimendo eventuali con-troversie, resta per esso fedele al «depo-situm fidei» (1Tm. 6, 20; 2Tm. 1, 4) o nescopre risvolti nuovi e fin a quel momentoinesplorati. Ed è pure all’opera, in modoattivo e passivo, nel c.d. «sensus fide-lium», per il quale tutt’il popolo di Dio go-de d’una infallibilità non solo di riflesso,ma anche propositiva, sia per la presen-za in esso della Chiesa docente, sia perla testimonianza cristiana e profetica deilaici15.L’accenno al «mere negativa» sottolineaperaltro una funzione dell’infallibilità, laquale, ben lungi dall’identificarsi con unaprerogativa privata, dovuta ad un’intelli-genza eccezionale o ad una straordinariailluminazione dall’alto, in tanto è in quan-to dipende dalla già ricordata assistenzadivina, cui si deve sia il momento negati-vo (preserva dall’errore), sia quello positi-vo (introduce in tutta la verità).

3.3 - Di codest’infallibilità, nei suoi dueaspetti negativo e positivo, è indicato tito-lare anche il Papa fin dai primordi dell’eracristiana. “Indicato” non è lo stessoche “definito”, anche se, in ultim’analisi,conta la cosa, non come la si proponga.San Clemente s’introduce autoritativa-mente in questioni di fede insorte a Co-rinto; Sant’Ignazio è preso d’ammirazio-ne per la Chiesa ch’è a Roma; Sant’Ire-neo ne ricerca la comunione; San Ci-priano riconosce in essa la radicedell’unità; Sant’Ambrogio è il primo afondare su Mt. 16, 18 il discernimentodella vera Chiesa e Sant’Agostino nonesita a dichiarare che, nella Chiesa roma-na, «semper apostolicae cathedrae viguitprincipatus»16, per la ragione che il Si-gnore Gesù «in cathedra unitatis doctri-nam posuit veritatis»17. Fa parte di codesta testimonianza stori-co-tradizionale il fatto che i Papi, dopoClemente Romano, esercitaron sempre,nel corso dei secoli, un potere magiste-riale universale ed inappellabile. La gran-de Scolastica nulla aggiunse, con Tom-maso, Bonaventura e Scoto, alla dottri-na quasi universalmente acquisita dell’in-fallibilità papale, se non una maggiorefondazione teologica. Il Vaticano I, infine,ne fece un dogma di fede, senza deifica-

S. Ignazio di Loyola.

S. J. F. Fremyot di Chantal.

S. Jean Beckmans.

13 Cfr. Conc. Vatic. I, Sess. IV, Constit. Dogm.“Pastor aeternus”, cap. IV, DS 3074.14 Cfr. Ivi.15 Cfr. Volendo si può distinguer ancora tra in-fallibilità essenziale o assoluta ed infallibilità

partecipata o relativa: la prima è Dio “qui necfalli nec fallere potest”; la seconda è il carismada Dio elargito alla sua Chiesa.16 Cfr. Ep. 43, 3/7 PL 33, 163.17 Cfr. Ep. 105, 5/16 PL 33, 403.

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re con ciò un uomo o annullare in esso leprerogative e meno ancora l’essenza del-la Chiesa.

3.4 - A tale riguardo sembra molto oppor-tuna l’attenta considerazione delle paroledel dogma: «Definimus Romanum pon-tificem, cum ex cathedra loquitur, idest, cum omnium Christianorum pa-storis et doctoris munere fungens prosua suprema Apostolica auctoritatedoctrinam de fide vel moribus ab uni-versa Ecclesia tenendam definit, perassistentiam divinam ipsi in beato Pe-tro promissam, ea infallibilitate polle-re, qua divinus Redemptor Ecclesiamsuam in definienda doctrina de fide velmoribus instructam esse voluit; ideo-que huiusmodi Romani pontificis defi-nitiones ex sese, non autem ex con-sensu Ecclesiae, irreformabiles esse».Parole soppesate con estremo rigore.Non solo non deificano un essere umano,ma, nell’atto stesso di riconoscergli uncarisma di cui nessun altro è in posses-so, pongono chiari limiti e rigide con-dizioni all’esercizio di esso. Il Papa, in-fatti, «non per il fatto d’esser Papa(simpliciter ex auctoritate papatus)18, è inassoluto infallibile». È forse venuto ilmomento di ripetere con franchezza efermezza quanto già reiteratamente si di-chiarò nel recente e lontano passato cir-ca la necessità di liberare il papato daquella specie di “papolatria”, che nonconcorre certamente ad onorare il Pa-pa e la Chiesa. Non tutte le dichiara-zioni papali son infallibili, non tutte es-sendo ad un medesimo livello dogmatico.La maggior parte dei discorsi e dei do-cumenti papali, infatti, anche quandotocca l’ambito dottrinale, contiene in-segnamenti comuni, orientamenti pa-storali, esortazioni e consigli, che for-malmente e contenutisticamente sonben lungi dalla definizione dogmatica.Né questa c’è se non in presenza dellecondizioni stabilite dal Vaticano I.Occorre dunque che il Papa parli: – «Ex cathedra»19: l’espressione trae ilsuo significato dalla funzione esemplaree moderatrice che, fin dall’inizio, fece delVescovo di Roma il maestro della Chiesauniversale e di Roma stessa il “locusmagisterii”. In uso già dal II sec. comesimbolo della funzione magisteriale delvescovo, la cattedra divenne in seguito ilsimbolo della funzione magisteriale delPapa20. Il parlare “ex cathedra” signifi-ca, quindi, parlare con l’autorevolezza ela responsabilità di colui che gode di giu-risdizione suprema, ordinaria, immediatae piena su tutta la Chiesa e su ognunodei suoi fedeli, pastori compresi, in mate-

ria di fede e di costumi, ma non senza ri-flessi ed effetti anche disciplinari.– «Omnium Christianorum pastoris etdoctoris munere fungens»: la fraserende esplicito il contenuto di “ex cathe-dra”. Fonti bibliche neo-testamentariee documenti della Tradizione conflui-scono nella definizione del Vaticano Iper affermare che l’infallibilità del ma-gistero papale insorge soltanto quan-do il Papa insegna a tutti la Rivelazio-ne divina e rende a tutti obbligatorio ilsuo insegnamento.– «Pro suprema sua Apostolica aucto-ritate»: è la ragione formale del suo inse-gnamento infallibile ed universale. Taleragione è dovuta alla successione apo-stolica del Papa a Pietro, che fu quindi ilprimo, ma non l’unico, vescovo di Romae Papa in quanto vescovo di Roma. Adogni suo successore sulla “cattedra ro-mana” compete, dunque, tutto quantoCristo aveva dato a Pietro, “ratione offi-cii, non personae”. È pertanto menocorretto dire “infallibilità personale delPapa” invece che “infallibilità papale”.Ma, anche nel caso che si voglia insiste-re, come fa qualcuno, su “infallibilitàpersonale”, si dovrebbe sempre distin-guere nel Papa la “persona publica” daquella “privata”, ricordando che la “per-sona publica” vien determinata dal suoufficio.– «Doctrinam de fide vel moribus»: de-ve trattarsi, cioè, di verità da credere equalificanti l’esistenza cristiana, diretta-mente o no contenute nella divina Rivela-zione. Un diverso oggetto dell’insegna-mento papale non può pretendere d’es-ser coperto dal carisma dell’infallibilità, laquale tanto s’estende quanto la Rivela-zione stessa. – «Per assistentiam, divinam»: nonqualunque intervento del Papa, non unsuo semplice monito, non un suo qua-lunque insegnamento, son garantitidall’assistenza dello “Spirito di verità”(Gv. 14, 17; 15, 26), ma quello soltantoche, in armonia alle verità rivelate, ma-nifesta ciò che il cristiano deve, inquanto tale, credere ed attuare21.Solo nel pieno ed assoluto rispetto delledette condizioni, il Papa è garantitodall’infallibilità; può dunque ad essa ap-pellarsi quando intende obbligare il cri-stiano nell’ambito della fede e della mora-le. È anche da aggiungere che, da tuttol’insieme dell’intervento papale e dalleparole che l’esprimono, deve risultare,unitamente al rispetto delle indicate con-dizioni, la volontà del Papa di definire unaverità come direttamente o indirettamenterivelata, oppure di dirimere una questione«de fide vel moribus”, con cui tutta la

6 “Chiesa Viva” *** Ottobre 2003

S. Roberto Bellarmino.

S. Teresa del Bambin Gesù.

S. Teresa Margherita Redi.

18 Cfr. “S. Conciliorum recentiorum Collec-tio Lacensis”, Friburgo Br. 1870Ss., VIII 248-256.399.19 Cfr. La formula proviene da Melchior Cano(+1560), ma il riferimento alla “cathedra” è fre-quente nei Padri ed ovviamente anche in Au-tori successivi a Cano: “Auctoritas infallibi-lis et summa cathedrae S. Petri” (D’Aguirre,+1699); “Cathedrae Apostolicae oecumeni-cae auctoritas” (ignoto, +1689), cfr. Dublan-chy E., “Infaillibilité du Pape”, DThC VII Pa-

rigi 1972, c. 1689; cfr. Pure Maccarrone M.,“La ‘cathedra sancti Petri’ nel Medioevo dasimbolo a reliquia”, in “Rivista di storia dellaChiesa in Italia” XXXIX (1985) 349-447.20 Cfr. Maccarrone M., “Cathedra Petri” unddie Entwicklung der Idee des päpstlichen Pri-mats vom 2. Bis 4. Jahrhund., in “Saeculum”13 (1962) 278-292.21 Cfr. Dublanchy E., “Infailibilité”, cit. C.1699-1705.

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Chiesa dovrà poi uniformare il proprio in-segnamento e coordinare la propria pras-si.

3.5 - È qui evidente che si ha a che farenon con generiche e plurisignificanti no-zioni d’infallibilità, bensì con la nozione ri-gorosamente teologica di essa. E perfinoall’interno di tale delimitazione, l’infallibi-lità si capisce solo se si rifugge dall’ambi-guità lessicale, p. es. d’un Karl Barth22

che confonde l’infaffibilità con l’indefettibi-lità. D’altra parte, il concetto non si chiari-sce, dal punto di vista teologico, ignoran-dolo23, e neanche relegandolo trasversal-mente in altri contesti24 o considerandolosotto aspetti formali incompleti; si pensi alnegativo “Irrtumlosigkeit”25 certamentenon sbagliato, ma impari a testimoniare,

poco in comune con l’infallibilità filosofica,con quella scientifica e con quella giuridi-ca.

(continua)

NOTE

22 Cfr. “Kirchliche Dogmatik” IV/1, p. 770-72.23 Cfr. p. es. Fries H. (a c. Di), “Handbuchtheologischer Grundbegrijffe”, Monaco1963.24 Cfr. Ivi. I 180.809.854.857; II 270.274.25 Cfr. Ivi. I 718.817.857; II 518.26 Cfr. Rahner I. - Vorgrimler H., “Kleinestheolog. Wörterbuch”, Friburgo Br. 1961, cit.Da Löhrer M., “Portatori della Rivelazione”,in MS 2 Brescia 1973, p. 87.

“Chiesa Viva” *** Ottobre 2003 7

S. Tommaso Moro.

dell’infallibilità, il significato positivo, il va-lore di fondo, la grazia, il carisma che,per volontà di Cristo, arricchisce la Chie-sa ed il Papa.Effettivamente il significato positivo è pri-mario e come tale va sottolineato; essoper un verso dà la garanzia massima («fi-de divina vel divino- ecclesiastica”) dellaverità, per un altro salvaguarda la veritàstessa da ogni contraffazione o erronea oereticale. L’infallibilità vien così ad esserinfinitamente più che assenza d’errore edimpossibilità di esso; è presenza di verità,è certezza superiore di essa, intimamen-te ed inscindibilmente congiunta con l’es-serci della Chiesa. Un suo errore, in ordi-ne alle verità da credere o alla morale davivere, si risolverebbe contro la Chiesastessa, distruggendola26. In breve e pertali motivi, l’infallibilità teologica ha unquadro concettuale fortemente condizio-nato dalla Rivelazione ed ha pertanto benS. André Avellin. S. Caterina de Ricci.

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«LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI»(Jo. 8, 32)

ChiesavivaANNO XXXIII - N° 355NOVEMBRE 2003

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CANONIZZAZIONE ED INFALLIBILITÀ

di Mons. Prof. Romero Gherardini

4 - INFALLIBILITÀ E MAGISTEROORDINARIO.

Prima di chiedersi se la canonizza-zione d’un Beato presenti il pienoed assoluto rispetto delle condizionisopra segnalate, e goda quindi del-l’infallibilità, occorre riprendere il di-scorso sul magistero ordinario delPapa e verificare se esso pure sia ono infallibile. Sbaglierebbe chi giudi-casse l’aggettivo “ordinario” come si-nonimo di “meno importante e menovalido”. Il suo significato si desumedall’ufficio papale e dal suo riferirsi aduna forma certamente autentica di es-so, anche se non solenne né straordi-naria. Ora, non essendo tenuto a trattaresempre “de fide vel moribus”, né sol-tanto in momenti e per motivi straordi-nari, e neanche a trattarne sempre nel-la forma solenne della “locutio excathedra” - di fatto ciò avviene rara-mente! - il Papa ne tratta il più dellevolte nella forma ordinaria, ricorrendoin particolar modo alla Lettera encicli-ca, alla Bolla, alla Costituzione e viadicendo. Nella storia più recente dellaChiesa, si conoscono encicliche sicu-ramente cattedratiche, dall’“Ineffabi-lis Deus” di Pio IX27 alla “Miserentis-simus Deus” di Pio XII28, dedicate ri-spettivamente al dogma dell’Immaco-

lata Concezione e a quello dell’As-sunzione; qualcuno29 annovera traqueste anche la “Humanae vitae” diPaolo VI30 sulla salvaguardia della vi-ta. Il Dublanchy31, non senza qualcheeccesso di zelo, riconosce il caratteredogmatico anche ad alcune enciclichedi Leone XIII in forza del loro contenu-to dottrinario: la dottrina relativa al ma-trimonio cristiano, nella “Arcanum”del 10.2.1880; l’origine divina del pote-re anche civile, nella “Diuturnum” del20.6.1881; la sovrana e nativa indipen-denza della Chiesa, nella “ImmortaleDei” del 1.11.1885; l’ispirazione edinerranza della Sacra Scrittura, nella“Providentissimus Deus” del18.11.1893; il primato del RomanoPontefice e la natura della Chiesa, del-la “Satis cognitum” del 29.6.1896.Il fatto è che il carisma dell’infallibilitàpuò connotare anche il magistero ordi-nario del Papa, pur non rispondendo atutte le condizioni della definizione cat-tedratica. Qualora il Papa volesse dav-vero proclamare una verità come dog-ma di fede, o determinarne il sensoesatto e l’appartenenza alla fede catto-lica, la “Locutio ex cathedra” sareb-be la forma più idonea allo scopo; intal caso, il Papa è anche tenuto a ma-nifestare esplicitamente la sua volontàe consapevolezza di parlare come “pa-store e dottore di tutta la Chiesa” e a

dichiarare la sua intenzione “definitoria”.

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27 Cfr. Dell’8 dicembre 1854, DS 2800-04.28 Cfr. Dell’1 novembre 1950, DS 3900-04.

29 Cfr. Lio E., “Humanae vitae e infallibilità”, Città delVaticano 1986.

30 Cfr. Del 25 luglio 1968, AAS 60 (1968).31 Cfr. “Infallibilité” cit. C. 1705-06.

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“Chiesa Viva” *** Novembre 2003 3

Non sempre, però, proclama una verità“definitorio modo”, cioè “ex cathedra”.Qualora una verità sia già stata definita; osi tratti di verità dedotta da quelle rivelate,o sia con quelle rivelate e definite stretta-mente collegata; oppure, qualora il tenoredell’intervento papale sia, per circostanzee contenuto, di carattere ordinario, alloral’intervento stesso non oltrepassa il limitedel “definitive tenendum”. Nell’uno enell’altro caso, per l’insorgenza d’evidenticondizionamenti dogmatici, è però in attoil carisma dell’infallibilità papale. Nel “de-finitorio modo”, lo è direttamente ed im-mediatamente per il verificarsi in esso ditutte le condizioni alle quali è legato; nel“definitive tenendum”, indirettamente equasi di riflesso. Il dato emergente è, co-munque, la presenza di tale infallibilità.Come, infatti, negarla ad un magisteroche, sia pure in forma ordinaria, ripropo-ne le verità contenute nel Credo e nellevarie professioni di fede, nel giura-mento antimodernistico (della prima edella seconda stesura), nella sacra litur-gia ch’è il dogma. pregato, e nella vita sa-cramentale della Chiesa?La domanda, allora, sullo sfondo di quan-to precede, è se una canonizzazione,formale o equipollente, rientri nel qua-dro dogmatico dell’infallibilità papale egoda perciò di essa.

5 - IL FATTO DOGMATICO

Si noti: dico “fatto”, non verità o dottri-na. Ch’esso venga definito dogmatico,non comporta di per sé che si tratti d’unfatto anche soprannaturale. L’Incarnazio-ne del Verbo, la sua passione e morte re-dentrice, la sua risurrezione ed ascensio-ne al cielo - solo per portare qualcheesempio - son senza dubbio dei fatti. Mala loro emergenza sul piano soprannatu-rale esclude che possan qualificarsi comedogmatici nel senso inteso dalla teologiapostridentina: son essi stessi veri e pro-pri dogmi, verità divinamente rivelate edalla Chiesa inserite nel suo Credo.Secondo la teologia postridentina, i fattidogmatici hanno attinenza alla concre-tezza delle cose, alla loro realtà fattua-le e conoscibilità naturale, pur mante-nendo una loro relazione con il mondodella fede. Per analogia, posson rappor-tarsi alle verità naturali, cioè conosciutecon le sole forze della ragione umana,quali l’esistenza di Dio, la spiritualità el’immortalità dell’anima, la morale na-turale: verità naturali che trovano poiconferma nella Rivelazione cristiana e di-ventano oggetto anche di conoscenza so-prannaturale. In effetti, anche i c.d. fattidogmatici mantengono una connessionedel loro ambito naturale con quello so-prannaturale. Non sono dei fatti qualun-que; la loro stessa fattualità attiene a ve-rità rivelate. S’imparentano dunque col

dogma. Donde la loro qualifica di fattidogmatici.È peraltro doveroso riconoscere che, inteologia, sui fatti dogmatici non si dà uni-vocità di giudizi. Si può dire soltanto, chenegli Autori appare preminente il riferi-mento ad emergenze concrete - la pre-senza, p. es., di Pietro come vescovo diRoma, la storia d’un Concilio ecumenico,l’urto delle sue correnti e la dialettica del-le sue dottrine - nelle quali sia anche pre-sente, con ogni evidenza, un significatodogmatico in forza d’una loro connessio-ne logica e necessaria con verità conte-nute nella Rivelazione e dogmaticamentedefinite.La questione dei fatti dogmatici esplosequando - era il 31 maggio 1653 - Inno-cenzo X condannò cinque proposizio-ni estratte dall’Augustinus di Gianse-nio. Distinguendo la dottrina delle cinqueproposizioni dal fatto della loro apparte-nenza all’Augustinus, alcuni nulla eccepi-rono sull’infallibilità della condanna, manegarono che la dottrina condannata sitrovasse effettivamente nell’opera incrimi-nata. La controversia è nota e perciò nonc’è ragione d’insistervi: dico solamenteche sia il magistero della Chiesa, sia la ri-flessione teologica dimostrarono l’infon-datezza della detta distinzione. In partico-lare, il grande Bossuet, poi seguito dalFenelon, mise in evidenza, ben 24 casinei quali il magistero ecclesiastico s’eraautoritativamente e definitoriamente pro-nunciato, benché si trattasse di fatti, pri-ma o più che di dottrine32.Il successivo sviluppo della riflessioneteologica collegò i fatti dogmatici con de-terminate verità di fede definita, grazie al-la presenza in essi d’un vincolo, o intrin-seco o estrinseco, tra fatti e verità. In-trinseco si disse il vincolo di quei fattiche s’integrano nel dogma: p. es. il pec-cato originale. Estrinseco, invece, il vin-colo che solo dall’esterno congiunge fattie dogma: p. es. la difesa d’una verità de-finita, la legittimità dell’elezione d’un Pa-pa, la condanna d’un libro eterodosso od’una dottrina ereticale33. Si tratta sempredi «fatti contingenti... in connessionemorale necessaria con il fine primariodella Chiesa, che è quello di conserva-re e spiegare il deposito rivelato»34.L’attenzione a tali fatti si giustifica, per-tanto, non in base ad un interesse pura-mente storico per essi, ma al loro coinvol-gimento nel dogma. E poiché «tra i fattidogmatici è universalmente annovera-ta anche la canonizzazione»35 ineccepi-bile deve dirsi dal punto di vista formalela conseguenza della sua infallibilità. Mabasta il punto di vista formale? Fu soprattutto Fenelon36 l’assertoredell’infallibità dei giudizi magisteriali suifatti dogmatici; ma anch’egli ne dette unagiustificazione per assurdo: se non fosseinfallibile, il magistero ingannerebbe sestesso e, con sé, la Chiesa tutta.

S. Pio V.

S. Giuseppe Cottolengo.

Santa Bernadetta Soubirous.

32 Cfr. Al rigurado Dublanchy E., “Eglise”, inDThC IV. Parigi 1939, spec. c. 2188-2210.33 Cfr. De Rosa G., “Fatti dogmatici”, in ECIII Roma 1995, p. 1058.34 Cfr. Veraja F., “La canonizzazione equi-pollente e la questione dei miracoli nelle

cause di canonizzazione”, Roma 1975, p. 14.35 Cfr. Ivi.36 Cfr. “Instruction pastorale”, 10 febbraio1704, “Oeuvres complètes” III, 579ss; “In-struction pastorale”, 2 marzo 1705, ivi IV,16ss; “Deuxième lettre à l’évèque de

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contingenti: la canonizzazione di questo odi quel candidato. Altri, con ragioni d’in-dubbio peso teologico e per motivi di fon-do, l’avevan preceduta. Fra costoro, p.es., si colloca anche F. A. Sullivan39, alquale «non è chiaro perché una cano-nizzazione debba godere dell’infallibi-lità papale» e consenta al «magistero...di custodire e spiegare il deposito dellaRivelazione». Sul piano della verifica sto-rica e della critica teologica prese posizio-ne negativa anche P. De Vooght40 conun poderoso saggio in cui lamentò, tral’altro, «che l’infallibilità della Chiesa edel Papa non ha impedito, ha anzi au-torizzato ed incoraggiato per lunghisecoli il popolo cristiano a venerare al-cuni Santi, dei quali oggi si sa che nonson mai esistiti». In quel medesimoscorcio di tempo, con l’occhio attento aifatti concreti, anche A. Delooz41 perven-ne ad analoghe conclusioni. I l DeVooght42 le esprime, però, con perento-rietà inaudita: «L’infaillibilité papale ilfaut le proclamer trés haut pour l’hon-neur de l’eglise - est celle d’un hommequi, aussi en tant que pape, peut setromper et s’est fréquemment trom-pé».Più recentemente è intervenuto sull’argo-mento il già citato D. Ols, domenicano; lasua conclusione è abbastanza chiara:«Non essendo la canonizzazione... ne-cessaria alla custodia e difesa della fe-de, non sembra che... sia tale da poteresser soggetta all’infallibilità»43.A favore, invece., in questi ultimi tempi sison pronunciati F. Ricossa44 e E. Pia-centini45, in l inea con la posizionedell’accennata maggioranza che, nel pe-riodo preconciliare e negli anni immedia-tamente successivi al Vaticano II, anno-verò nel suo seno E J. Kieda46, E Speda-lieri47, U. Betti48, oltre ai già citati Frutaz,Veraja, Lów, e tanti altri ancora: unoschieramento imponente, a sostegno del-la dottrina più tradizionale. Per essa, nes-sun dubbio esiste sulla correlazione, al-meno indiretta, tra infallibilità della cano-nizzazione e Rivelazione cristiana. Nonconvince, peraltro, il comune palleggiarsidelle ragioni addotte, né l’assenza d’unvero e proprio approfondimento critico od’elaborazioni personali. Ma altrettanto èda dire anche per gli oppositori.

6.2 - A riprova del nesso tra canonizza-zione e Rivelazione s’è soliti distinguere

4 “Chiesa Viva” *** Novembre 2003

Egli continuava così, nella sostanza, l’in-segnamento costante della Chiesa, alme-no da san Bernardo in poi, ed in partico-lare da san Tommaso d’Aquino, sulleparole del quale mi soffermerò tra breve.Tale insegnamento insiste ancor oggi sul-la necessità di riconoscere ai fatti dog-matíci una loro intrinseca o estrinseca in-fallibilità, affinché la Chiesa possa esserin grado di rispondere con sicurezza allasua missione universale. Un errore in sif-fatta materia - e riaffiora così il ragiona-mento per assurdo - avrebbe deleterie ri-percussioni sulla vita cristiana. Altrettantene avrebbe l’approvazione o disapprova-zione d’un ordine religioso, d’una con-gregazione o d’un istituto, qualora il Papapotesse, in cose di tal genere, cadere inerrore. La vita religiosa, p. es., perdereb-be la certezza del suo porsi alla coscien-za cristiana come strumento di perfezio-ne.La possibilità d’un tale errore, presa dimira da Melchior Cano37, già al suo tem-po era stata decisamente rifiutata. Sia nelcampo delle suddette approvazioni/ripro-vazioni, sia in quello delle canonizzazioni- e quindi in relazione ad ogni fatto dog-matico - si rivendicò al magistero ordina-rio del Papa, anche in assenza di defini-zioni formali, quell’infallibilità che gli si ri-conosce, di solito, nell’esercizio del magi-stero straordinario e solenne. Anche neldisciplinare la Chiesa universale, oltreche la Diocesi di Roma, e nell’ammae-strarla come suo pastore e dottore, il Pa-pa gode, infatti, della stessa infallibilità dicui Cristo dotò la sua Chiesa. Tuttavia,perché possa appellarsi a tale infallibi-lità, è necessario che i suoi interventisian sempre riconducibili, direttamen-te o no, alla Rivelazione cristiana.Ma una canonizzazione lo è? Ecco il pro-blema.

6 - ELABORAZIONE TEOLOGICA

La stragrande maggioranza dei teologi ri-sponde affermativamente; quelli che pro-pendono per una risposta negativa, o an-che solo dubitativa, son veramente pochi.La questione, come ho detto all’inizio, èoggi tornata sul tappeto.

6.1 - L’agenzia stampa della Fraternitàsan Pio X38 ha messo in dubbio l’infallibi-lità delle canonizzazioni solo per motivi

S. Bernardino da Siena.

Santa Caterina da Bologna.

S. Francesco di Sales.

Meuax”, IV, 338; “Lettre sur l’infaillibilité del’Eglise touchant les faits dogmatiques”, V,108ss: in Dublanchy E., “Eglise”, cit., c.2190-91.37 Cfr. “De locis theologicis” V, 5 in “Operaomnia”, Venezia 1759, p. 140.38 Cfr. DICI 50, 22 marzo 2002.39 Cfr. “Il magistero della Chiesa cattolica”,Assisi 1986, p. 155-56.40 Cfr. “Les dimensions réelles de l’infailli-bilité papale”, in Castelli E. (A c. Di), “L’In-faillibilité, son aspect philosophique etthéologique” (Atti del Convegno del CentroIntern. Di Studi umanistici e dell’Istituto di Stu-di filosofici, Roma 5-12 febbraio 1970), Parigi1970, spec. p. 145.49.41 Cfr. “Sociologie et canonization”, Liegi1969.

42 Cfr. “Les dimensions”, cit. p. 156.43 Cfr. Ols D., “Fondamenti teologici”, cit. In“Studium Congreg. de Causis Sanctorum”(Pars thologica ad usum Auditorum), Roma2002, p. 35.44 Cfr. “L’infallibilità del Papa e la Canoniz-zazione dei Santi”, in “Sodalitium” XVIII/54(2002) 4-5.45 Cfr. “Infallibile anche nelle cause di ca-nonizzazione?”, Roma, 1994.46 Cfr. “Infallibility of the Pope in his de-crees of Canonization” in “The Jurist” 6(1946) spec. p. 405-15.47 Cfr. “De infallibilitate Ecclesiae in Sanc-torum canonizationis causa”, in “Antonia-num” 22 (1947) 1-22.48 Cfr. “Il magistero infallibile del RomanoPontefice”, in “Divinitas” 5 (1961) 581-606.

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tra oggetto primario ed oggetto secon-dario dell’infallibilità. Nell’impossibilità,resa evidente dalla cosa in sé, d’include-re la canonizzazione tra gli oggetti primaridell’infalIibilità - non si tratta, infatti, d’uncontenuto diretto ed esplicito della Rivela-zione - la s’include in quello secondariodelle c. d. “verità connesse” e bastauna “conclusione teologica”49 per legit-timare la detta inclusione. In tal modo an-che la canonizzazione vien a trovarsi co-perta dal carisma dell’infallibilità papale -alla stregua dei fatti dogmatici e dellastessa legislazione ecclesiastica - perché“connessa” con la Rivelazione da dueverità di fede: il culto e la comunionedei Santi. AlIacciata così alla Rivelazio-ne, assume di conseguenza un valoreuniversale, del quale il Papa stesso si faeco durant il rito: canonizzando un Bea-to, ne propone l’esemplarità a tutta laChiesa e ne autorizza, se non proprioimpera ovunque la venerazione.Una tale universalità, che coestende lacanonizzazione a tutta la Chiesa in di-mensione spazio-temporale, è uno deglielementi sui quali ordinariamente si fa le-va per sostenere e difendere l’infallibilitàdella canonizzazione. Il Papa, si dice,non può sbagliare in ciò che riguarda laChiesa d’oggi e di domani, qui e dovun-que: non può condurla sull’orlo del bara-tro e nemmeno nutrirla di veleno. Se dun-que compie un gesto riguardante la Chie-sa intera, scatta con esso ed in esso ilcarisma della sua “personale” infallibi-lità. Peraltro, insieme con l’universalitàmiliterebbero a favore anche altre ragioni,così elencate dal Piacentini50:– un’esigenza implicita nel disposto tri-

dentino di venerare i Santi;– una conseguenza delle formule in uso

e il tenore definitorio di esse;– la necessità di modelli universalmente

validi da imitare, venerare, invocare; – il diretto appello del Papa alla sua in-

fallibilità;

“Chiesa Viva” *** Novembre 2003 5

– la presenza d’una conclusione teologi-ca tratta da due premesse, l’una di fe-de e l’altra di ragione;

– la natura della canonizzazione comefatto dogmatico;

– il culto e la comunione dei Santi comenesso dogmatico della canonizzazio-ne e della sacra Rivelazione.

6.3 - Non mi pare che ragioni siffatte deb-bano rifiutarsi in blocco ed aprioristica-mente; ne avverto anch’io, sia pur minimoed equivoco, un certo valore. Ma avvertoanche il peso di quelle contrarie e par-ticolarmente di quelle derivanti da casidi Santi inesistenti o di Santi non affat-to santi. Inutile e poco onesto mi sembrail nascondersi dietro il paravento dei ne-mici dichiarati della Chiesa, dalla cui de-nigrazione e da quella soltanto dipende-rebbe l’inesistenza storica di questo o diquel Santo o la sua indegnità morale. Ca-si del genere esistono e la Chiesa, mae-stra di verità, non ha nulla da temere nelriconoscerli e sconfessarli. Il più recenteesempio, a conferma di ciò, s’ebbecon la soppressione postconciliared’alcune feste di Santi, sui quali la ri-cerca storica non era stata in grado difar luce. Devo perciò arguirne che nontutte le suddette ragioni presentino unidentico inoppugnabile valore. Anzi, an-che quelle di maggior peso offrono il fian-co a qualche discussione.Ben venga, allora, questa discussione.Non solo a vantaggio della “subiecta ma-teria”, ma anche per cautelarsi contro lamonotonia delle non convinte ed ancormeno convincenti ripetizioni.

(continua)

Santa Maria Goretti.

S. Luigi Gonzaga.

49 Cfr. Al riguardo “Conclusione teologica”in EC III, Roma 1950, c. 184ss.50 Cfr. “Infallibile”, cit. P. 39-47.

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ChiesavivaANNO XXXIII - N° 356DICEMBRE 2003

SSaannttoo NNaattaallee 22000033!!

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CANONIZZAZIONE ED INFALLIBILITÀ

di Mons. Prof. Romero Gherardini

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7 - OBIEZIONI E RISERVE

Il titolo di questo paragrafo non alludead una posizione antinfallibilista, perusare un termine di schieramento fre-quente nella diatriba sull’infallibilità pa-pale prima e dopo il Vaticano I. Si rife-risce soltanto ad un aspetto di tale di-scussione - quello relativo all’infallibi-lità delle canonizzazioni - e non per di-re di no, tout-court, a tale infallibilità,ma per rilevare, secondo il mio perso-nale giudizio, la discutibilità delle ra-gioni che la suffragano. So bene dipormi insieme con una minoranza27 enon ignoro il gravissimo giudizio del ri-conosciuto Maestro in materia28 controchi osasse opporsi a questo tipo - me-glio sarebbe dire: oggetto - d’infallibi-lità. Costui non sfuggirebbe alla nota di“temerario e scandaloso”, ingiuriosodei Santi e favorevole agli eretici; Diome ne scampi e liberi! Penso, tuttavia,che i già accennati margini di libertà miconsentano di dire perché le ragionidalle quali si traggono così drasticheconseguenze, non mi sembrano co-genti.

– Inizio dalla natura della canonizza-zione: tutti son concordi nel giudicar-la “non immediate de fide”. Per es-

serlo, dovrebbe coincidere con ciò cheil Vaticano I chiama una “locutio excathedra” e non eludere nessuna del-le sue condizioni. È però evidente chela canonizzazione non definiscenessuna verità rivelata; e quanto allasua “connessione morale e neces-saria” con alcune di tali verità, in forzadella quale - e quindi “mediate” - lacanonizzazione diventerebbe almenoimplicitamente “de fide” mi chiedo sele ragioni desunte da san Tommasosian rettamente interpretate e suasive.Dice l’Angelico - e tutti monotonamen-te ripetono -: «Quia honor quemSanctís exhibemus, quaedam profes-sio fidei est, qua Sanctorum gloriamcredimus, pie credendum est quod necetiam in hiis iudicium ecclesiae errarepossit». Poco sopra aveva dichiarato:«Si consideretur divina providentiaquae Ecclesiam suam Spiritu Sanctodirigit ut non erret, ... certum est quodiudicium Ecclesiae universalis errare inhiis quae ad fidem pertinent, impossi-bile est... In aliis vero sententiis, quaead particularia facta (il grassetto èmio) pertinent, ut cum agitur de pos-sessionibus vel de criminibus vel dehuiusmodi, possibile est iudicium ec-clesiae errare propter falsos testes»29. L’accortezza di san Tommaso - e lo fa

3

27 Cfr. A favore dell’infallibilità papale nel pro-clamare i Santi sta la maggior parte dei granditeologi, soprattutto S. Tommaso, Quotl. IX,VIII, 16; Melchior Cano, “De locis theologi-

cis”, V, 5, 5, 3; Suárez R., “Defensio fideiadv. Anglic. Sect. Errores” in “Opera om-nia”, Parigi 1856-78, XII p. 163 e XXIV p. 165:Benedetto XIV, “De Servorum Dei beatifica-

tione”, cit., I, 44, 4 e II, 229, 2.28 Cfr. Benedetto XIV, Ivi I, 45, 28. Cfr Ols D.,“Fondamenti teologici”, cit. p. 49.29 Cfr. S. Tommaso, Quotl. IX, 16 c.

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Questi due punti, ad ogni modo, do-vrebbero esser verificati alla luce deilimiti e delle condizioni cui ogni pro-nunciamento dogmatico soggiace.

– Un secondo rilievo riguarda la salvezzaeterna del canonizzato. Premetto chese l’infallibilità della canonizzazione non èrigorosamente “de fide”, non lo sononemmeno la “declaratio” e la “prae-sumptio” dello stato di “comprehensor”nei riguardi d’un canonizzato. Il problema,dunque, sta tutto in quel “rigorosamentedi fede”. Se tale fosse, la canonizzazio-ne s’innesterebbe sull’insieme (il “Simbo-lo”) delle verità da credere. Poiché l’evi-denza esclude un tale innesto, s’insistesul “non immediate de fide”, cioè suuna fede di riflesso, indiretta, implicita. Senon che, nel suo complesso, la Rivela-zione divina non offre un solo aggan-cio della canonizzazione a nessunadelle sue verità; e non si vede allora co-me fondare sulla canonizzazione la dedu-zione diretta e necessaria d’una conclu-sione teologica che la colleghi alla fede,sia pure “non immediate”. L’unico ag-gancio potrebbe cogliersi nei testi (Mt. 16,18-19 e 18, 18) che promettono l’avallodivino all’operato del Papa e della Chie-sa. Ne deriverebbe non il “de fide divi-na”, bensì il “de fide ecclesiastica”,fondato su una deduzione magisterialeed applicazione d’una promessa divinaall’esercizio del magistero. La certezzadell’avallo divino è, qui, fuori d’ogni di-scussione; essa ha dalla sua la realtàdella divina promessa e la continuata «te-stimonianza della Chiesa e del suo Capovisibile, cui Dio promise l’infallibilità»31.Ma Dio la promise ad un ben delimita-to esercizio del potere magisteriale,come risulta da una buona esegesi deitesti sopra indicati e dallo stesso Decretodel Vaticano I. Tale delimitazione esclu-de che canonizzazione e definizionedogmatica s’equivalgano. Ed escludepure che l’oggetto immediato della ca-nonizzazione comprenda la gloria eter-na del canonizzato in un’unica e mede-sima espressione “de fide”32.

– Il ruolo decisivo della volontà papale nelbeatificare e nel canonizzare qualcuno èben noto; delimita la beatificazione alleChiese particolari o a porzioni ben defini-te del popolo di Dio, e conferisce alla ca-nonizzazione un valore universale, di-chiarandola valida se non anche obbliga-toria per tutta la Chiesa. È un ruolo chenessun cattolico contesta: lo riconosce in-fatti saldamente legato alla “potestasclavium”. Non per questo, tuttavia, ne di-scende il carisma dell’infallibilità. Questo,come s’è visto, vien sempre legittimatocon il ragionamento per assurdo: altri-menti la Chiesa insegnerebbe l’errore;altrimenti la Chiesa non sarebbe “Mater

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notare anche il p. Ols30 - è tale da indurloa distinguere tra certezza e certezza:quella dogmatica, che si esprimenell’ambito della fede e quella non diret-tamente dogmatica, che si esprime inambiti non direttamente collegati con lafede. L’una esclude perentoriamente lapossibilità dell’errore («certum est quodimpossibile est»), l ’altra l’ammette(«possibile est»). E motivo di tale ammis-sione è non solo la fallibilità umana, maanche l’umana malizia («propter falsostestes»; ed aveva già affermato: «iudi-cium eorum qui praesunt Ecclesiae errarein quibuslibet, si personae eorum tantumrespiciantur, possibile est»). Nonostanteche l’Angelico includa anche la canoniz-zazione nel quadro delle cose alle qualis’estende la promessa della divina assi-stenza, e per tale ragione ne riconoscal’infallibilità, è doveroso rilevare che perlui la canonizzazione non fa parte de«hiis quae ad fidem pertinent» e che,pertanto, considerata al di fuori delladivina assistenza, cioè nel giudizio«eorum qui praesunt Ecclesiae», po-trebbe anche andar soggetta all’errore.Non a caso ho sottolineato le parole«particularia facta»: per dire, cioè, cheperfino il c. d. fatto dogmatico cui si è so-liti assimilare la canonizzazione, in ciòche riguarda la sua singolare concretezzae contingenza potrebb’esser giudicato er-roneamente, con grave pregiudizio per lasua connessione con il dogma. Se l’An-gelico salva la canonizzazione dall’errore,non è perché non si ricordi che «quipraesunt Ecclesiae errare possunt»; operché non tenga conto del fatto che lacanonizzazione è estranea alla Rivelazio-ne, convinto com’è che non si dà inse-gnamento infallibile della Chiesa se non inmateria di verità rivelate e di cose neces-sarie alla salvezza eterna. Egli si limita adire che l’infallibilità papale nel cano-nizzare qualcuno è oggetto di «pia cre-denza - pie creditur», in quanto la cano-nizzazione stessa «quaedam professiofidei est... ad gloriam Sanctorum».Nulla da eccepire a proposito del nessotomasiano tra canonizzazione e profes-sione di fede a glorificazione dei Santi.Ma non è certamente un nesso del gene-re a trasformare una sentenza papalesulla qualità non comune, anzi eroica,d’una testimonianza cristiana, in una ve-rità divinamente, se pur implicitamente edindirettamente, rivelata. Mancando allo-ra l’oggetto rivelato, sarebbe poco ri-spettoso del dogma e delle sue esi-genze l’assimilare la canonizzazione aldetto oggetto, solo: a) perché il Papa “non può errare” senzache ciò comporti gravissime conseguen-ze per tutta la Chiesa; b) e perché egli osserva, anche canoniz-zando, l’intenzionalità universale che gui-da ogni sua “locutio ex cathedra”.

Santa Caterina di Genva.

S. Francesco Xavier.

S. Giovanni della Croce.

30 Cfr. Cit. p. 45.31 Cfr. Ortolan T., “Canonisation”, cit. c. 1641.32 Cfr. Le affermazioni contrarie alla dottrinacomune, al seguito dei Bellarmino R., “Desanctorum beatitudine”, II col. 699 (1,7); Be-nedetto XIV, “De Servorum Dei”, cit., I 39,5(11,170), riposano tutte sul già segnalato pro-

cedimento logico “per assurdo”. Comunque,“de fide” sarebbe solo la dichiarazione formaledel Papa che canonizza, non la gloria eternadel canonizzato; sarebbe veramente difficile,infatti, dedurre da una verità rivelata, o sempli-cemente subordinata ad essa, l’accennatagloria eterna.

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struite a spese della storia. Nessuno èautorizzato, nemmeno il Papa né laChiesa, a porre come santo nellarealtà della storia, chi da santo in essanon visse e tanto meno chi non visseaffatto perché mai nato. La domandacritica è allora ineludibile: anche la cano-nizzazione di Santi discutibili o addirit-tura inesistenti, o anche la sola tolle-ranza del loro culto ufficiale, avvenneall’insegna dell’infallibilità?Strettamente collegata al carisma dell’in-fallibilità, e forse anche più della stessacanonizzazione, può esser considerata laproclamazione d’un nuovo Dottore dellaChiesa. Non molto tempo fa ce ne fu unache, in precedenza, era stata nettamenterifiutata da un altro Papa. È vero che ilno era stato consegnato non già ad unatto formale, ma ad una decisione infor-male. Era però una decisione autentica ecollegabile, in forza del suo oggetto, conil magistero ordinario. Ed ecco ancorauna volta la domanda critica: chi dei duePapi fu infallibile, quello del no o quel-lo del si?Stando così le cose, interrogativi, per-plessità e riserve si coagulano, rendendomolto difficile il congiungimento dell’infal-libilità con la canonizzazione. Difficile,perché le ragioni del si, al vaglio della cri-tica, perdono non poco del loro valore.

– L’approvazione tridentina del cultodei Santi è storicamente innegabile, oltreche teologicamente ineccepibile e dog-maticamente indiscutibile. Che tale ap-provazione riveli la potestas sanctificandisi può pure concedere. Che però il Con-cilio di Trento consideri infallibile tale po-testas è quanto meno da dimostrare. Trail potere di proclamare nuovi Santi e l’in-fallibilità della proclamazione c’è una talediversità dei rispetti formali, per cui l’unacosa non è, né esige l’altra. E chi soste-nesse il contrario, si comporterebbe inmodo teologicamente e logicamente noncorretto.

– Quanto alla comunione dei Santi,chiunque ne conosca l’esatta nozioneteologica, non può che astenersi dal far-ne un fondamento dell’infallibilità papalea garanzia della canonizzazione: oltretut-to i “Santi” della formula non allude, néesclusivamente né principalmente, ai ca-nonizzati.

– Che le formule in uso e soprattuttol’appello d’alcuni Papi alla loro infallibilitànell’atto stesso del canonizzare, nonchéil ricorso delle “bolle” di canonizzazionead espressioni tipiche del linguaggio “de-finitorio”, depongano per la “praesumptioinfallibilitatis”, sembra a prima vista un in-dubbio dato di fatto. Ma proprio questodato di fatto, alla luce degli interrogativi edelle riserve che vengo esponendo, con-ferisce alla domanda critica una più forteincidenza ed un risalto maggiore: come eperché ciò è stato possibile? Come e

et magistra”; altrimenti i fedeli ne sa-rebbero ingannati. A me sembra, però, che il carisma dell’in-fallibilità legato al ragionamento per as-surdo perda molto del suo valore e restidifficilmente comprensibile. Non spiega,infatti, come e perché esso scatti incaso di canonizzazione e non di beati-ficazione. Nessuno, sia ben chiaro, in-tende limitare la libertà del Papa più diquanto esigano i sacri testi ed il dogma; enessuno, perciò, è in grado d’impedire alPapa e alla libertà del suo potere prima-ziale d’estendere l’efficacia d’un suo attoo alla Chiesa universale, o ad una Chie-sa particolare. Ma né questa libertà, nél’estensione del suo esercizio implicano oesigono come necessaria la coperturadell’infallibilità. Anzi, ad escludere propriocodesta copertura è una ragione eccle-siologica. La Chiesa, infatti, non è unasomma di chiese particolari: «Eccle-siam suam Iesus Christus non talemfinxit formavitque, quae communitatesplures complecteretur genere similes,sed distinctas neque iis vinculis alligatas,quae Ecclesiam individuam atque unicamefficerent, eo plane modo quo ‘Credounam... Ecclesiam’ in Simbolo fidei profi-temur»33. Questa essendo la natura dellaChiesa, giustamente LG 26/a ne trae laseguente conclusione: «Haec Christi Ec-clesia vere adest in omnibus legitimis fi-delium congregationíbus localibus». Ciòsignifica che anche la più sperduta co-munità cristiana, purché legittima, èChiesa: in essa è la Chiesa cattolica.Dunque, ogni decisione ecclesiastica «inrebus fidei et morum» rivolta ad «una le-gittima aggregazione particolare di fede-li», la riguarda in quanto Chiesa perché èla Chiesa. Ed ha, almeno implicitamente,un’estensione universale, oltre che parti-colare. Dalla Chiesa universale, infatti,quella particolare trae la sua legittimazio-ne come Chiesa. Pertanto, questa com-pattezza unitaria della Chiesa fa sì cheogni decisione magisteriale in linea uni-versale tocchi le singole Chiese; e vice-versa, quanto venga ad esse rivolto nonsia estraneo alla Chiesa universale.Che senso ha allora l’aver distinto la ca-nonizzazione - infallibile perché univer-sale - dalla beatificazione - non infallibileperché locale? - Se l’una è supportatadal carisma dell’infallibilità, perché nondovrebb’esserlo l’altra? E se la beatifica-zione non lo è, perché lo è o dovrebbeesserlo la canonizzazione?

– Nella storia della Chiesa, anche recen-te, ci furon Santi discutibili, che presta-rono, cioè, e prestano il fianco a rilievinon proprio positivi. Altri, come ho giàrilevato, non sono neanche esistiti.Non è mia intenzione di scendere ai par-ticolari, sottoponendo gli uni e gli altri adun’indagine “super virtutibus” e ad unaverifica storica: non scrivo per far polemi-ca. D’altra parte, chi l’ha fatta ha avuto ri-sposte poco convincenti, specie ‘se co-

Santa Gemma Galgani.

S. Giovanni di Dio.

33 Cfr. Leone XIII, Encicl. “Satis cognitum”,29 giugno 1896, DS 3303; cf DS 3305: «Atvero qui unicam condidit, is idem condiditunam: videlicet eiusmodi, ut quotquot in ipsa

futuri essent, arctissimis vinculis sociati tene-rentur ita prorsus, ut unam gentem, unum re-gnum, corpus unum efficerent».

Santa Teresa di Gesù.

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perché lo è tutt’oggi? Su quali basid’indiscutibile validità teologica?

– Che oggi così come ieri, e domani pure,l’uomo abbia un bisogno vitale di modellida imitare, è evidente. Ma da qui a quali-ficare infallibile la proposta del singolomodello, c’è l’abisso della gratuità.

– Che la canonizzazione venga equipara-ta ad un fatto dogmatico, è vero. Maproprio in quanto fatto dogmatico pone al-cuni interrogativi sul suo nesso con la Ri-velazione cristiana e con verità dallaChiesa definite come rivelate. È infatti dadimostrare se, in concreto, un fatto dog-matico si ricolleghi al dogma grazie ad unsuo nesso intrinseco o estrinseco. Il nes-so c’è per definizione e non si nega; quin-di, almeno indirettamente ed implicita-mente, un fatto dogmatico potrebbe esse-re, in qualche modo, non estraneo al cari-sma dell’infallibilità. Non consta inveceperché la canonizzazione debba esserassimilata ad un fatto dogmatico. Checiò venga detto e ripetuto non è una ra-gione; gli antichi non a caso avvertono:«quod gratis asseritur, gratis nega-tur».Gratuito e perciò rifiutabile è dunque il se-guente ragionamento: ogni canonizza-zione è infallibile perché è un fattodogmatico in quanto «propone autori-tativamente a tutta la Chiesa un mo-dello di santità da imitare, da veneraree da invocare»34. Sembra chiaro che quinon si ragiona, s’afferma. Quasi che l’in-fallibilità proprio qui e di per sé “liquidopateat”.

8 - CONCLUSIONE

È superfluo ripetere che il presentescritto non è né una formale negazio-ne dell’infallibilità papale nella “su-

cristiana in ordine al nesso tra infallibilitàpapale e canonizzazione. E augurabile - mi sembra, per la serietàdella teologia cattolica - che su codestomedesimo nesso si rinnovi non la polemi-ca sterile, né tanto meno la pedissequaripetizione delle ragioni a favore o contro,ma una più profonda e più originale di-scussione. Potrebbe essere già un pas-so avanti, p. es., la costatazione che il“non immediate de fide” trova confer-ma nell’atto stesso della canonizzazio-ne, che non impone di “credere” alnuovo Santo, ma dichiara che costui ètale, cioè Santo. E anche al di fuori delnesso suddetto, non sarebbe cosa da po-co se si stabilisse che il significato di“Santo”, inteso dalle Bolle di canonizza-zione, è quello di “meritevole di culto”,e non di “beato comprensore”: un campoquesto che sarà meglio lasciare al liberoed insindacabile giudizio di Dio. Altrettan-to importante sarebbe il non trincerarsidietro la distinzione tra canonizzazioneformale ed equipollente: per l’una e perl’altra in discussione è l’infallibilità di chicanonizza, non il modo con cui cano-nizza. Infine, parrebbe anche opportunoche si desse un’interpretazione autenti-ca delle censure con cui le Bolle ac-compagnano spesso le singole cano-nizzazioni: non sono una scomunica,non essendo conseguenti ad una defini-zione dogmatica; sono allora una sempli-ce censura morale o giuridica circa ilcomportamento dei fedeli dinanzi ai sin-goli nuovi canonizzati?Come si vede, la strada per l’approfondi-mento critico è ampia ed aperta. L’essen-ziale è il non rimanere dietro l’angolo.

(fine)

34 Cfr. Frutaz A. P., “La Santità”, cit. p. 119.

S. Pio X.

S. Agostino

S. Tommaso d’Aquino.

biecta materia”, né il sintomo d’unamia adesione a ventate contestatarie.So, per grazia di Dio e per la mia lungadocenza accademica sulla cattedra d’ec-clesiologia, che la Chiesa è sempre Ma-dre e Maestra e che, anche come tale, èl’unica ancora di salvezza. Non ho certez-ze ch’ella stessa non mi comunichi e nonmi garantisca; né ho perplessità, dubbi eriserve in ordine alla salvezza eternach’ella non sia in grado di tacitare e di ri-solvere. Il presente scritto, pertanto, sipone fiducioso e riverente dinanzi ad es-sa col significato del «dubbio metodi-co”: non è fine a se stesso, non nascon-de surrettiziamente e pavidamente la ma-no che lancia il sasso nel vespaio, non la-scia affiorare tra le nebbie del discorso in-diretto ciò che non osa dichiarare aperta-mente. È il dubbio che, non opponen-dosi all’asserto magisteriale, vuol es-ser semplicemente un mezzo per rag-giungere un più alto grado di certezza.E tutto, all’interno di quel margine di li-bertà che l’assenza della nota teologica“immediate de fide” apre alla coscienza

S. Giovanni Bosco.