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GESÙ MAESTROOttobre-Novembre-Dicembre 2013 - Trimestrale anno 17Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”DIRETTORE: Don Olinto CrespiDIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma

Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996 Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Trullo s.r.l. - www.tipolitografiatrullo.it

Via Ardeatina, 2479 - 00134 Santa Palomba Roma - Tel. 06.6535677

Grafica di copertina: Mario Moscatello sspIn copertina: “Cristo in gloria”. Mosaico di M. Rupnik.

Cripta Chiesa inferiore di S. Pio a S. Giovanni Rotondo (FG)

EDITORIALE

La Famiglia Paolina“protesa in avanti” . . . . . . . . . . . . . . 3Memoria del beato Timoteo G. . . . . . 5

MAGISTERO DELLA CHIESA

Il vero catechista conosce Cristo . . . 6

VERSO IL CENTENARIO

• Santuario della Moretta in Alba:“Di lì tutto lo svolgimento” . . . . . . 9

• Dalla Penitenzieria apostolica:Per la fecondità del Centenario . . . 11

DALLE CATECHESI DI DON LAMERA

La famiglia: la scuola più perfettadel mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”

COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

Il Centenario di fondazione . . . . . . . 14Fare a tutti la carità della verità . . . 18

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”

LETTERA DEL DELEGATO

“Il carisma paolino è pastorale” . . . 21

S O M M A R I O

ANNO DELLA FEDE

Il “Padre nostro” . . . . . . . . . . . . . . . 24L’Istituto “Santa Famiglia” - Operadel beato G. Alberione . . . . . . . . . . . 26

NOTE DI LITURGIA

• In comunione con Dio e i fratelli . . 27• Il nostro culto spirituale . . . . . . . . . 29• Il perdono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

ELEMENTI DI FORMAZIONE

L’umiltà: il nostro postosotto le stelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Memoria di San Giuseppe nei Canonidella celebrazione eucaristica . . . . . . 35

Novità – Verso il Centenario . . . . . . 36

Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

Novità: Libri - Film - Audio . . . . . . 41

Uniti nel suffragio . . . . . . . . . . . . . . . 45

Il valore della Messa . . . . . . . . . . . . . 47

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Editoriale

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Unità di spirito

Don Alberione scrive nell’imminenza del40° di fondazione (1954) della Società

San Paolo: «Dal 1904 al 1944vi fu sempre un certo travagliointerno per il problema fonda-mentale: come conservarel’unità di spirito ed insiemel’indipendenza amministrativae direttiva della Famiglia Pao-lina….Vi fu un lungo periododi esperimenti e ondeggiamen-ti, anche con pena» (Abundan-tes divitiæ gratiæ suæ, nn. 131-132; sigla AD)…

Il bilancio dell’attività fon-dazionale fino al 1954 è trac-ciato da don Alberione in AD (cf nn. 33-35):unico spirito e apostolati diversi ma comple-mentari, collaborazione, separazione e indi-pendenza; la Società San Paolo è altrice dellealtre Congregazioni (cf AD 35).

Nel 1958 Don Alberione valorizza per laFamiglia Paolina lo stato di vita di “consa-crati secolari” previsto dalla Provida Mater

Ecclesia (1947) di Pio XII dando inizio agliIstituti di San Gabriele Arcangelo, MariaSS.ma Annunziata e, nel 1959, Gesù Sacer-dote che saranno approvati dalla Santa Sede

come “aggregati alla Società San Paolo” l’8aprile 1960.

Nel corso di Esercizi spirituali dell’aprile1960 alla Società San Paolo, don Alberione di-chiara conclusa la sua attività di Fondatore epuò offrire una descrizione più chiara dell’iden-tità delle 5 Congregazioni religiose, dei 3 Isti-tuti aggregati di vita secolare e dell’Associazio-

La Famiglia Paolina “protesa in avanti”

Presentiamo una parte importante dell’intervento del Superiore Generale, don Silvio Sassi,che ha tenuto nell’Incontro della Famiglia Paolina del Nord Italia, per celebrare insieme –il 7 settembre 2013 a Milano – l’inizio del terzo anno di preparazione al Giubileo del Cen-tenario di Fondazione.L’intervento del Superiore Generale è incentrato su una visione globale e “unificante” del-l’identità carismatica che caratterizza e qualifica tutte le Istituzioni che compongono la Fa-miglia Paolina. E questo perché ognuna di esse, se pur nata in tempi, luoghi e modalità dif-ferenti, ha la sua fontale ragion d’essere «nell’unica ispirazione carismatica e nella medesi-ma eredità spirituale», quella del Padre comune, il beato Giacomo Alberione. E anche per-ché ogni Paolino/a, evangelizzando con la varietà delle forme dell’apostolato paolino, puòsentirsi “San Paolo oggi vivente”.

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ne Cooperatori Paolini (cf Ut perfectus sit ho-mo Dei, I, nn. 19-20 e 368-382; sigla UPS).

Configurazione della Famiglia Paolina«Uno è lo spirito, quello contenuto nel cuo-

re di san Paolo; sono uguali le devozioni; e ivari fini convergono in un fine comune e gene-rale: dare Gesù Cristo al mondo, in modo com-pleto, come Egli stesso si è definito: “Io sonola Via, la Verità e la Vita”» (UPS I, 20).

La missione paolina è universale rispetto alpubblico, ai mezzi tecnici, ai tempi e all’ogget-to (cf UPS I, n. 372-374) ed è affidata alla“immensa parrocchia paolina”, che sullo stiledella parrocchia territoriale è composta di unadirezione e dei vari incarichi (cf UPS I, 381).

«Come sono uniti questi Istituti: 1) per lacomune origine; 2) per il fine generale; 3) peril medesimo spirito paolino, anche nella di-versità delle opere; 4) per l’attività conver-gente, cooperante, dinamica, alimentata dal-l’unica linfa» (UPS I, 381).

«La Società San Paolo, che è come la Ma-dre degli altri Istituti, deve dare loro lo spiri-to paolino» (UPS I, 19); «Il calore e la lucedevono discendere dai Sacerdoti paolini, chehanno qui un grande e delicato ministero»(UPS I, 20). «La Società San Paolo è altricerispetto alle altre» (UPS I, 376). «Le varieIstituzioni della Famiglia Paolina avrannoalimento e vitalità dalla Società San Paolo».

«Ogni Istituto ha la sua approvazione.Ogni Istituto ha il proprio governo. Ogni Isti-tuto ha le proprie Costituzioni. Ogni Istitutoha la propria amministrazione. Ogni Istitutoha il proprio apostolato. Tutti gli Istituti consi-derati assieme formano la Famiglia Paolina.Tutti gli Istituti hanno comune origine. Tuttigli Istituti hanno un comune spirito. Tutti gliistituti hanno fini convergenti» (UPS, III, 185).

«L’unione di spirito. Questa è la parte so-stanziale. La Famiglia Paolina ha una sola spi-ritualità: vivere integralmente il Vangelo; vive-

re nel Divin Maestro in quanto egli è Via, Veri-tà e Vita; viverlo come lo ha compreso il suo di-scepolo San Paolo. Questo spirito forma l’ani-ma della Famiglia Paolina; nonostante che imembri (costituiti dagli Istituti collegati) sianodiversi e operanti variamente» (UPS III, 187)…

«…La Famiglia Paolina rispecchia la Chie-sa nelle sue membra, nelle sue attività, nel suoapostolato, nella sua missione» (Alle PDDM,n. 163). «La spiritualità è sempre in Gesù Mae-stro, Via, Verità e Vita. …Il fondo è comune. Etuttavia nella Chiesa di Dio vi sono molte man-

sioni. …Perciò il fondo è in comune: e nel mo-do di formare, dar la formazione, e nel modo dicompiere la pietà, e nel modo di compierel’apostolato» (Id., nn. 164-165). «Il sacerdotefa la sua parte riguardo alle altre parti della Fa-miglia Paolina, agli Istituti che compongono laFamiglia Paolina: deve insegnare, dare indiriz-zo, in generale, per mezzo di chi deve guidare

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l’Istituto maschile; e poi le varie attività sem-pre secondo lo spirito paolino» (Id., n. 166).

Nel 1964, 50° di fondazione della SocietàSan Paolo, don Alberione presenta in sintesi laFamiglia Paolina e conclude: «Lo spirito èuno, le attività apostoliche sono varie. La So-cietà San Paolo comunica lo spirito, mentre isingoli Istituti godono di piena libertà di go-verno, di amministrazione e apostolato» (50anni a servizio della Chiesa..., p. 7).

Nel San Paolo, sett.-ott.-nov. 1968 vi è unadescrizione generale della Famiglia Paolina,con una conclusione di don Alberione: «Ho se-guito l’ufficio dell’apostolato dal 1914 al1968, con la grazia divina. Ora sono arrivato a84 anni della mia vita; che si chiude col tempoe passa all’eternità; in ogni ora ripeto la fede,la speranza e la carità a Dio e alle anime».

Doverosa precisazione«È doverosa – conclude il Superiore Gene-

rale – una precisazione sull’Istituto “SantaFamiglia” che non figura tra gli Istituti “ag-

gregati” elencati nelle varie rassegne presenta-te da Don Alberione. L’Istituto “Santa Fami-glia” è stato formalmente approvato dalla San-ta Sede il 19 giugno 1982 e il 19 marzo 1993giustificando la sua derivazione con riferimen-ti che manifestano senza esitazioni il desideriodi don Alberione di promuovere il bene spiri-tuale della famiglia, già espresso nel dar vitaall’Unione Famiglie Cristiane, composta dagliabbonati o simpatizzanti dello spirito della ri-vista Famiglia Cristiana, approvata il 23 apri-le 1963. La “Santa Famiglia” è a pieno titolo ilquarto Istituto di vita secolare consacrata “ag-gregato” alla Società San Paolo».

Nell’unico fine apostolico di “vivere e dareal mondo Gesù Cristo, Maestro, Via Verità eVita” convergiamo tutti attorno al sacerdozioministeriale dei Sacerdoti paolini.

I nostri Istituti, “aggregati” alla Società SanPaolo e nati dal cuore di don Alberione posso-no fare molto perché ben presenti sulle stradedel mondo (a cura di don Olinto CRESPI).

MMeemmoorriiaa ddeell bbeeaattoo TTiimmootteeoo GGiiaaccccaarrddooper Decreto pontificio sarà celebrata il 19 ottobre

La sua memoria era stata fissata il 22 ottobre, giorno della sua beatificazione nel-l’anno 1989. Coincidendo, tra l’altro, con la memoria del beato Giovanni Paolo II (aRoma è memoria obbligatoria), si è chiesto alla Santa Sede di poterla trasferire al 19 ottobre, anni-versario della sua Ordinazione presbiterale.

L’occasione si è rivelata provvidenziale. Il 19 ottobre 1919 don Giaccardo fu ordinato sacerdote da mons.Giuseppe Francesco Re nella cappella del Seminario di Alba, concelebranti don Alberione e il can. Chiesa.

Erano presenti il padre, il fratello Domenico e una sorella. Non era presente la mamma. Un annoprima le era stato diagnosticato un tumore maligno.

La data fissata per l’ordinazione era invece il 27 ottobre, ma grazie a un’ispirazione interiore, donAlberione chiese al Vescovo che fosse anticipata di otto giorni. Il Vescovo acconsentì per il 19 otto-bre. Il giorno 20 il novello sacerdote celebrò la Prima Messa a Narzole e amministrò il santo Viaticoalla madre che morì il 27 ottobre, proprio il giorno in cui don Giaccardo avrebbe dovuto riceverel’ordinazione presbiterale.

Questa e altre numerose “provvidenze” suscitarono nel cuore del Beato Timoteo un amore pro-fondo a don Alberione; era per lui la “voce” di Dio; “fedelissimo tra i fedeli”.

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Cari catechisti,sono felice che nell’Anno della fede ci sia

questo incontro per voi: la catechesi è un pila-stro per l’educazione della fede, e ci voglionobuoni catechisti! Grazie di questo servizio allaChiesa e nella Chiesa. Anche se a volte può es-sere difficile, si lavora tanto, ci si impegna enon si vedono i risultati voluti, educare nella fe-de è bello! Aiutare i bambini, i ragazzi, i giova-ni, gli adulti a conoscere e ad amare sempre dipiù il Signore è una delle avventure educativepiù belle, si costruisce la Chiesa! “Essere” cate-chisti! Badate bene, non ho detto “fare” i cate-chisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita.Si guida all’incontro con Gesù con le parole econ la vita, con la testimonianza. Ed “essere”catechisti chiede amore, amore sempre più for-te a Cristo, amore al suo popolo santo. E que-sto amore, necessariamente, parte da Cristo.

Che cosa significa questo ripartire da Cri-sto per un catechista, per voi, anche per me,perché anch’io sono catechista?

1) Prima di tutto ripartire da Cristo si-gnifica avere familiarità con Lui. Gesù loraccomanda con insistenza ai discepoli nel-l’Ultima Cena, quando si avvia a vivere il do-no più alto di amore, il sacrificio della Croce.Gesù utilizza l’immagine della vite e dei tral-ci e dice: rimanete nel mio amore, rimanete at-taccati a me, come il tralcio è attaccato alla vi-te. Se siamo uniti a Lui possiamo portare frut-to, e questa è la familiarità con Cristo.

La prima cosa, per un discepolo, è starecon il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. Equesto vale sempre, è un cammino che duratutta la vita! Per me, ad esempio, è molto im-portante rimanere davanti al Tabernacolo; èuno stare alla presenza del Signore, lasciarsiguardare da Lui.

E questo scalda il cuore, tiene acceso il fuo-co dell’amicizia, ti fa sentire che Lui veramen-te ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. Capiscoche per voi non è così semplice: specialmenteper chi è sposato e ha figli, è difficile trovareun tempo lungo di calma. Ma, grazie a Dio,non è necessario fare tutti nello stesso modo;nella Chiesa c’è varietà di vocazioni e varietàdi forme spirituali; l’importante è trovare ilmodo adatto per stare con il Signore; e questo

si può, è possibile in ogni stato di vita. In que-sto momento ognuno può domandarsi: comevivo io questo “stare” con Gesù? Ho dei mo-

Magistero della Chiesa

Il vero catechista conosce Cristo Il Papa, al Convegno Internazionale sulla Catechesi (27 settembre 2013), appellandosi allasua esperienza di catechista, suggerisce – sulla scia di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI– di “ripartire da Cristo” rispettando i tre ambiti: avere familiarità con Cristo (preghiera),andare incontro all’altro (relazioni) e portarsi nelle periferie (evangelizzazione). Sono glielementi della pastoralità cari al beato Alberione, sui quali ritornava con insistenza.

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Il vero catechista conosce Cristo

menti in cui rimango alla sua presenza, in si-lenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio cheil suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostrocuore non c’è il calore di Dio, del suo amore,della sua tenerezza, come possiamo noi, pove-ri peccatori, riscaldare i cuori degli altri?

2. Ripartire da Cristo significa poi imi-tarlo nell’uscire da sé e andare incontro al-l’altro. Questa è un’esperienza bella, e un po’paradossale. Perché? Perché chi mette al cen-tro della propria vita Cristo si decentra! Più tiunisci a Gesù e Lui diventa il centro della tuavita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decen-tra e ti apre agli altri. Questo è il vero dinami-smo dell’amore, questo è il movimento di Diostesso! Dio è il centro, ma è sempre dono disé, relazione, vita che si comunica… Così di-ventiamo anche noi se rimaniamo uniti a Cri-sto, Lui ci fa entrare in questo dinamismo del-l’amore. Dove c’è vera vita in Cristo, c’è aper-tura all’altro, c’è uscita da sé per andare incon-tro all’altro nel nome di Cristo.

Il cuore del catechista vive sempre questomovimento di “sistole - diastole”: unione conGesù - incontro con l’altro… Se manca uno diquesti due movimenti il cuore non batte più,non vive. Riceve in dono il kerigma, e a suavolta lo offre in dono. È così nella natura stes-sa del kerigma: è un dono che genera missione,che spinge sempre oltre se stessi. San Paolo di-ceva: «L’amore di Cristo ci spinge» (2Cor5,14), ma quel “ci spinge” si può tradurre an-che “ci possiede”. È così: l’amore ti attira e tiinvia, ti prende e ti dona agli altri. In questatensione si muove il cuore del cristiano, in par-ticolare il cuore del catechista. Chiediamocitutti: è così che batte il mio cuore di catechista:unione con Gesù e incontro con l’altro? Si ali-menta nel rapporto con Lui, ma per portarloagli altri? Vi dico una cosa: non capisco comeun catechista possa rimanere fermo, senza que-sto movimento.

3. Infine ripartire da Cristo significa nonaver paura di andare con Lui nelle periferie.Qui mi viene in mente la storia di Giona, una fi-gura davvero interessante, specialmente nei no-stri tempi di cambiamenti e di incertezza. Gio-na è un uomo pio, con una vita tranquilla e or-dinata; questo lo porta ad avere i suoi schemiben chiari e a giudicare tutto e tutti con questischemi, in modo rigido. Perciò quando il Si-gnore lo chiama e gli dice di andare a predica-re a Ninive, la grande città pagana, Giona nonse la sente. Ninive è al di fuori dei suoi schemi,

è alla periferia del suo mondo. E allora scappa,fugge via, si imbarca su una nave che va lonta-no. Andate a rileggere il Libro di Giona! È bre-ve, ma è una parabola molto istruttiva, special-mente per noi che siamo nella Chiesa.

Che cosa ci insegna? Ci insegna a non averpaura di uscire dai nostri schemi per seguireDio, perché Dio va sempre oltre, Dio non hapaura delle periferie. Dio è sempre fedele, ècreativo, non è chiuso, e per questo non è mairigido, ci accoglie, ci viene incontro, ci com-prende. Per essere fedeli, per essere creativi,bisogna saper cambiare. Per rimanere con Diobisogna saper uscire, non aver paura di uscire.Se un catechista si lascia prendere dalla paura,è un codardo; se un catechista se ne sta tran-quillo finisce per essere una statua da museo;se un catechista è rigido diventa incartapecori-to e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuo-le essere codardo, statua da museo o sterile?

Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arran-giatevi. No! Gesù dice: Andate, io sono con voi!

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Magistero della Chiesa

“Custodire la memoria di Dio”Nell’omelia della Messa il Papa ha aggiunto:Chi è il catechista? È colui che custodisce e alimen-

ta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sarisvegliare negli altri. È bello questo: fare memoria diDio, come la Vergine Maria che, davanti all’azionemeravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’ono-re, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stes-sa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’An-gelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Par-te, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incin-ta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo at-to è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dionella sua vita, nella storia del suo popolo…

Nel cantico di Maria c’è la memoria della sua sto-ria personale, la storia di Dio con lei, la sua stessaesperienza di fede. Ed è così per ognuno di noi, perogni cristiano: la fede contiene proprio la memoriadella storia di Dio con noi, la memoria dell’incontrocon Dio che si muove per primo, che crea e salva, checi trasforma; la fede è memoria della sua Parola chescalda il cuore, delle sue azioni di salvezza con cui cidona vita, ci purifica, ci cura, ci nutre. Il catechista èproprio un cristiano che mette questa memoria al ser-vizio dell’annuncio; per parlare di Dio, del suo amore,della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello cheDio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità, sen-za tagliare né aggiungere…

Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha uncostante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; seè uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone inLui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, chevede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”, dipazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficol-tà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nelSignore; se è uomo mite, capace di comprensione e dimisericordia.

Natale

Lo sguardo della Verginenon è rivolto al Bambino,ma a te che guardi l’iconaper introdurti all’incontro

con il figlio suo, GesùCristo, portatore della

buona novella.Lei è la Mediatrice.

Con lo sguardo di GesùBambino, di Giuseppe e

Maria auguriamo dicuore a tutti

UN SERENO ESANTO NATALE!

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Il Santuario è un luogo carismatico e il 12 set-tembre 1913 una data storica per la Famiglia

Paolina. Per questa ragione, preceduto da untriduo di tre giorni (12-14 settembre 2013), incui nella celebrazione eucaristica si sono alter-nati il direttore di “Gazzetta d’alba”, don Anto-nio Rizzolo, il Superiore Provinciale della So-cietà San Paolo, don Vincenzo Marras, il Supe-riore Generale don Silvio Sassi, si è giunti alloscoprimento commemorativo di un bassorilie-vo, che raffigura il vescovo del tempo, mons.Giuseppe Francesco Re, nell’atto di consegna-re a don Alberione la rivista diocesana “Gaz-zetta d’Alba”. Lo scoprimento del bassorilievoè avvenuto il 15 settembre, dopo la celebrazio-ne eucaristica, presieduta da mons. GiacomoLanzetti, Vescovo della Diocesi di Alba.

Un fatto particolare, ricco di significatoprofetico per don Alberione, avvenne in questoluogo. Ne fa cenno nella storia carismatica: «IlVescovo, quando si trattò di cominciare, fecesuonare l’ora di Dio incaricandolo di de-dicarsi alla stampa diocesana, la quale aprì lavia all’apostolato» (AD 30).

Era il 12 settembre 1913, l’ultimo giorno diun triduo che il Signor Teologo (come alloraveniva chiamato don Alberione) era stato invi-tato a tenere nel Santuario della Moretta.Mons. Giuseppe Re, che era presente, rimaseprofondamente colpito dal fervore di quel suogiovane prete nel trattare il tema “Maria hacome principale apostolato quello di dare Ge-sù al mondo”.

È don Alberione stesso che ricorda questomomento nell’omelia tenuta in occasione delsuo 50° anniversario di sacerdozio (1907-1957) nel Santuario “Regina degli Apostoli”

in Roma: «Ogni giorno sulle orme dell’apo-stolo. L’autorità della Gerarchia un giorno ciha messi sopra una strada ed apostolato di-versi da quello fino allora ordinariamente se-guito. Questo avvenne una sera quando il ve-scovo di Alba intervenne alla predica sul no-me di Maria, in cui io invitavo i fedeli a sta-bilire il regno materno di Maria che porta

Gesù Cristo al mondo, come suo apostolato.Subito dopo mi chiamò per dirmi: “Ora altuo ordinario ministero sacerdotale ne asse-gno ed aggiungo un altro, di molto impe-gno”. Me ne indicò la via: la stampa in dio-

Verso il Centenario

Santuario Madonna Moretta in Alba«DI LÌ TUTTO LO SVOLGIMENTO»

Bassorilievo nel Santuario della Moretta - Alba

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«Di lì tutto lo svolgimento»

cesi… Di lì tutto lo svolgimento» (Carissimiin san Paolo,, p. 179).

Notiamo l’importanza dell’affermazione:«Di lì tutto lo svolgimento».

• “Di lì…”: è chiaro il significato locale (unSantuario) e temporale (festa del Nome diMaria) quindi da un luogo che era un san-tuario mariano e in un giorno in cui si face-va memoria del nome di Maria, dopoun’appassionata meditazione sull’impor-tanza della sua presenza, che ha come apo-stolato quello di dare Gesù al mondo. Allo-ra diventano chiare le sue affermazioni sulruolo di Maria nel nostro apostolato: «Nonsi può portare a termine nessun apostolatosenza Maria. Mettete Maria a Regina del-l’apostolato, se volete che questo fiorisca.Deve venire Gesù, ma precede Maria…Mettere il vostro apostolato sotto la prote-zione di Maria» (Pr RA, 152).

• “…tutto lo svolgimento”: le intuizioni da

quel momento si moltiplicarono nelle millesante, piccole e grandi, industrie che nellaluce di Dio don Alberione e i suoi figli in-ventarono per diffondere la parola di Dio. Aquesto proposito l’elenco sarebbe senza fine.

Da allora assunse la direzione del settima-nale diocesano Gazzetta d’Alba, fondato nel1882 da mons. Lorenzo Pampurio, uno dei pri-mi giornali diocesani d’Italia. Era il segno tan-to atteso che faceva scoccare “l’ora di Dio”.Meno di un anno dopo, il 20 agosto 1914, donAlberione iniziava la prima fondazione dellaFamiglia Paolina, la Società San Paolo.

Don Alberione ritenne così importante quelsegno che con la fondazione della FP acquistòanche la testata del giornale diocesano. Volevache i suoi figli potessero continuare quella pri-ma “opera di comunicazione”, affidatagli daDio per l’intuizione di mons. Giuseppe Fran-cesco Re.

Don Venanzio FLORIANO ssp

Primo Sinodo sulla famiglia indetto da Papa FrancescoSaranno le “sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” al centro

del prossimo Sinodo straordinario, che si riunirà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014. Datempo papa Francesco avevaannunciato di voler inquadrarela “questione famiglia” in undiscernimento complessivo benampio affidandolo all’organi-smo sinodale. Così la Chiesa simuove comunitariamente nel-la riflessione e nella preghierain vista di orientamenti pasto-rali comuni, sotto la guida delPapa e dei Vescovi.

Come Istituto ci sentiamo impegnati da subito a contribuire con la nostra preghierae le iniziative apostoliche per una buona riuscita dell’evento sotto l’azione dello SpiritoSanto.

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Centenario di Fondazione

Dalla Penitenzieria apostolica (Prot. N. 547/13)

PPeerr llaa ffeeccoonnddiittàà ddeell CCeenntteennaarriiooIl Sommo Pontefice Francesco felicemente regnante, informato dal Rev.mo don Silvio Sas-

si, Superiore Generale della Società San Paolo Apostolo circa le celebrazioni giubilari con lequali viene commemorata la ricorrenza del centesimo anniversario da quando il beato Giaco-mo Alberione, spinto dall’impellente opera di evangelizzazione, fondò ad Alba la Pia SocietàSan Paolo per annunciare più efficacemente la verità di Cristo mediante i mezzi di comuni-cazione sociale, desideroso di rendere partecipi i pii fedeli del dono divino, spinto dalla suaamorevolissima sollecitudine per la Chiesa universale e dal suo particolare affetto verso la “Fa-miglia Paolina”, benignamente concede ll’’IInndduullggeennzzaa PPlleennaarriiaa,, da lucrarsi alle solite condi-zioni (confessione, comunione eucaristica e preghiera per le intenzioni del Sommo Pontefice)a tutti i membri della “Famiglia Paolina” e a tutti coloro che sinceramente pentiti, uniti colcuore alle spirituali finalità dell’Anno della Fede, a partire dal prossimo 20 agosto fino al 26novembre 2014, devotamente parteciperanno a qualche sacra funzione o pio esercizio in ono-re del beato Giacomo Alberione o almeno dedicheranno un congruo spazio di tempo a piemeditazioni, da concludersi con la preghiera del Padre Nostro, con il Credo, con invocazionialla Beata Vergine Maria, a San Paolo Apostolo e al beato Giacomo Alberione:

a) iinn RRoommaa:: a tutti coloro che faranno devota visita in qualunque giorno alla Basilicapapale di san Paolo, alla chiesa del martirio di san Paolo alle Tre Fontane, alla Basili-ca Santa Maria Regina degli Apostoli, alla chiesa di Gesù Divin Maestro; aadd AAllbbaa:: atutti coloro che faranno devota visita al Tempio di San Paolo Apostolo annesso allaCasa Madre, nonché alla chiesa parrocchiale di Gesù Maestro;

b) nneellllee ssiinnggoollee ccaappppeellllee ddeellllee CCoommuunniittàà ddeellllaa ““FFaammiigglliiaa PPaaoolliinnaa””:: il giorno 20 ago-sto 2013 con il quale si apre solennemente l’anno giubilare; il 26 novembre 2013 fe-sta del beato Giacomo Alberione; il 25 gennaio 2014 festa della Conversione di sanPaolo Apostolo; il 30 giugno 2014 nella solennità di san Paolo Apostolo (secondo ilcalendario della “Famiglia Paolina”); il 26 novembre 2014, con il quale si chiude l’an-no giubilare.

I membri della Famiglia Paolina che, per infermità o altre gravi cause, sono impediti dipartecipare alle celebrazioni giubilari, potranno, nel luogo stesso da cui sono impediti amuoversi, ottenere l’Indulgenza Plenaria, a condizione di un profondo distacco da ognipeccato e del proposito di assolvere, non appena possibile, alle solite tre condizioni richie-ste, nonché di unirsi spiritualmente ai sacri riti, pregando e offrendo le proprie sofferenzeo limitazioni a Dio misericordioso per mezzo di Maria.

Affinché dunque l’accesso al conseguimento dell’indulgenza divina affidata al potere diaprire e chiudere della Chiesa, risulti di più facile attuazione per gli operatori della caritàpastorale, questa Penitenzieria con ardente premura prega quei sacerdoti cui è affidata lacura pastorale dei sunnominati luoghi, di prestarsi, con pronto e generoso animo, alla ce-lebrazione della Penitenza e alla frequente amministrazione della Comunione agli infermi.

Valido fin da ora per tutto l’anno giubilare. Nonostante qualunque cosa in contrario.

Dato in Roma dal palazzo della Penitenzieria Apostolica il 19 agosto 2013.

Emmanuel S.R.E. card. MONTEIRO DE CASTRO, Penitenziere MaggioreGiovanni Maria GERVAIS, Aiutante di studio

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I l mondo cambia se cambia la famiglia, per-ché gli uomini di domani sono i bambini di

oggi che siedono sulle ginocchia della loro ma-dre e del loro padre, respirano nella famiglia-scuola i fondamenti stessi della vita.

La famiglia prega ciò che vive

Vivete soltanto per le realtà di questo mon-do? Pregherete solo per esse: salute, sistema-zione, riuscita negli studi, carriera professiona-le, ecc.

Vivete anche le realtà della fede, trasmessea noi dalla Redenzione operata da Gesù Cri-sto? Allora pregherete anche e soprattutto perqueste: che i figli non vivano in peccato, checrescano in grazia di Dio, nella virtù della fe-de, nella speranza della vita eterna, nell’amoreai poveri, ai sofferenti.

Ciò che noi più intensamente viviamo costi-tuisce l’ispirazione della nostra preghiera.

Vi è, però, un altro aspetto di questa veritàfondamentale della vita familiare. La preghie-ra familiare ha una sua caratteristica, una suaproprietà inconfondibile.

a) È una preghiera fatta in comunione: ma-rito e moglie insieme. La comunione nella pre-ghiera è un corollario della comunione di vitache caratterizza la famiglia. Così la preghieradella famiglia realizza sempre la condizionestabilita da Gesù: «Se due di voi si accorderan-

no sulla terra per domandare qualsiasi cosa,questa sarà loro concessa dal Padre mio che ènei cieli. Perché dove due o tre sono riuniti nelmio nome, ci sono io in mezzo a loro» (Mt18,19).

b) La preghiera in famiglia si alimenta e sisostanzia degli avvenimenti della famigliastessa: gioie e dolori, speranze e tristezze, na-scite e compleanni, anniversari di nozze, par-tenze e ritorni, scelte importanti e decisive, lamorte di persone care, ecc.

Mentre i genitori aiutano a comprenderel’intervento dell’amore di Dio nella storia, neltessuto della famiglia, educano in modo favo-revole i figli al rendimento di grazie, all’implo-razione, all’abbandono fiducioso in Dio Padreche sta nei cieli. In forza della loro dignità diministri del Sacramento, i genitori cristianihanno il compito specifico di educare i figli al-la preghiera e di introdurli nella progressiva,stupenda scoperta del mistero di Dio e nel col-loquio personale con Lui.

Elemento fondamentale e insostituibile del-l’educazione alla preghiera, come per tutte le al-tre realtà, è la testimonianza viva dei genitori.

La famiglia dona ciò che ha

Nessuno può donare ciò che non ha! Dona-re è, prima di tutto, “aprirsi” agli altri senzalimiti e senza riserve. In questa “apertura” – in

Queste riflessioni di don Stefano Lamera sono utili non solo per le coppie, ma anche per tut-ti i Sacerdoti, impegnati ogni giorno in un’azione pastorale nei confronti delle famiglie, re-sa sempre più attuale dagli attacchi che l’istituto “famiglia” subisce da ogni parte.

Dalle catechesi di don Lamera

La famiglia:la scuola più perfetta del mondo

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La famiglia: la scuola più perfetta del mondo

parte naturale perché conseguenza della stessavita sociale dei genitori, della nascita dei figliche pian piano entrano nel contesto che li cir-conda attraverso la scuola, le relazioni con gliamici, le conoscenze, il lavoro, ecc., – la fami-glia dona ciò che ha.

Quale tristezza quando si incon-trano famiglie che donano soltantonegazione di Dio, egoismi, ricercadei propri interessi, rimanendo chiusead ogni opera di carità, di bene, dipietà! Ma soprattutto quanta penaquando una famiglia, rovinata dalnaufragio dell’amore, comunica sol-tanto sconforto e sfiducia nella vita!La famiglia, santuario dell’amore diDio, deve essere aperta ad ogniespressione di bene, deve donare be-nedizione e grazia a tutti, e questosull’esempio della grande Chiesa diDio, aperta all’umanità intera per be-neficarla, per donare gioia, pace, con-solazione, fiducia!

Naturalmente, ognuno dona ciòche ha! Se la famiglia porta in cuoresoltanto pensieri di violenza, di odio,di egoismo, donerà queste tristi realtàai figli e, attraverso di essi, alle altrefamiglie.

La società di domani sarà più buo-na o più cattiva? Dipende da quelloche ogni famiglia trasmette e immet-te nella società. La famiglia cristiana, nella lu-ce della Santa Famiglia di Nazareth, deve do-nare bontà e grazia.

Carissimi coniugi, da queste considerazioniemerge in piena luce la vostra responsabilità diassicurare alla famiglia un patrimonio di benimorali, spirituali, soprannaturali, che possanoessere diffusi attorno a voi e contribuire al mi-glioramento di tutta la società.

Tutto parte dalla famiglia. Così ha stabilitoDio nella creazione e, più, nella Redenzione.

Genitori, domandatevi: «Che cosa dona lanostra famiglia al mondo?». Questo importaprima di tutto chiedersi: che cosa dona lo spo-so alla sposa e viceversa: amore o disamore?Stima o disistima? Grazia o peccato? Fedeltà otradimento? Fede o ateismo?

A loro volta i due coniugi si chiedano checosa donano ai propri figli, e tramite loro, checosa offrono alla società di oggi e di domani.

Nessuno vive solo per sé. Nessuno sa dovee quando finiscono le responsabilità di una fa-miglia.

Gesù, Giuseppe e Maria vi aiutino, cari ge-nitori, ad essere veramente quello che Dio vuo-le da voi, dalla vostra famiglia che Egli stessoha costituita ed Egli ha redento. Benedico.

(Circolare, settembre-ottobre 1983, p. 29)

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Il Centenario di Fondazione

Ravvivare il dono di grazia

Nel cammino spirituale-pastorale già avviato (an-no 2013-2014), ogni membro dell’Istituto “Gesù Sa-cerdote” ha l’opportunità di verificare e ravvivare ildono ricevuto della vocazione-missione presbiterale.Prima di tutto per gli stimolanti messaggi propostidalla Liturgia nei suoi diversi tempi e anche per gliinviti molto forti che papa Francesco, spesso, rivolgedirettamente a noi presbiteri: messaggi che sa ac-compagnare con una coerente testimonianza di vitaapostolica, secondo la sapienza di Cristo mite e umi-le di cuore.

Celebrando, poi, il centenario della Famiglia Pao-lina, abbiamo modo di ravvivare anche la grazia ca-rismatica ricevuta con la professione dei consiglievangelici, interiorizzando più profondamente la spi-ritualità paolina caratterizzata da universalità, amoreal Vangelo e zelo apostolico, annunciando e portan-do Cristo in tutti gli ambienti (papa Francesco lechiama periferie).

L’impegno da svolgere da parte di tutti i membrinel rispondere al “questionario” (lo avete già ricevu-to o lo riceverete), per verificare il personale senso diappartenenza e per rivisitare l’identità dell’Istituto,favorirà senz’altro anche la formazione permanente,per i molteplici stimoli che vengono offerti: nutriamoviva speranza che possa costituire per tutti un’espe-

rienza di rinnovamento nel modo disvolgere il proprio ministero.

La formazione permanente

In questo decennio dedicato dallaCEI all’educazione, facciamo memoriadi quante conferenze o sensibilizzazio-ni varie sono state programmate per ifedeli, i catechisti e i collaboratori par-rocchiali sugli aspetti delicati e com-plessi della formazione-educazione.Tutto molto buono, perché sappiamoquanto bisogno c’è di riflettere sullaformazione umana, culturale, morale,spirituale per aiutare il popolo di Dio ainserirsi nel multiforme e difficile mon-do culturale di oggi.

Ma vi è anche l’esigenza di cura-re, con continuo e rinnovato impe-gno, la nostra formazione permanen-te come presbiteri. Siamo tutti abba-stanza convinti che per la formazio-ne permanente, non occorrono tantocorsi con conferenze e grandi assem-blee che lasciano spesso il tempo chetrovano, ma incontri formativi parti-colari (con spazi personali e genui-namente spirituali), che risultano ipiù efficaci: meglio se insieme ad ungruppetto di confratelli preti checondividono la stessa missione o re-altà pastorale. Ci riferiamo a quel-l’esperienza di gioia tipica del ritro-varsi assieme ad altri sacerdoti, in

ISTITUTO“GESÙ SACERDOTE”

Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

Comunicazione del Delegato

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

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piccoli gruppi, in una ricerca spirituale e pastorale,nascosta agli occhi del mondo, ma dai risultati fe-condi e visibili in un rinnovato impegno nello svol-gere il ministero ordinario.

La grazia dell’appartenenza all’Istituto si speri-menta anche quando ci si incontra con altri preti del-l’Istituto nelle giornate di Ritiro zonale e nelle tregiornate formative programmate nell’anno per ri-flettere, pregare insieme e fare esperienza viva dellameravigliosa realtà della comunione fraterna. La co-munione tra membri dell’Istituto, ma anche quellacon i membri della Famiglia Paolina, risulta uno deimaggiori doni carismatici che ha voluto e ci ha la-sciato il beato don Alberione. Comunione con scam-bio dei doni di grazia per le preghiere reciproche eper il desiderio di bene gli uni verso gli altri tra itanti membri della Famiglia Paolina che porta la be-

nedizione del Signore nell’attivitàapostolica.

Abbiamo tutti bisogno, periodica-mente, di distaccarci da quelle urgenze(sicuramente buone e sante) che ciprendono troppo, con il rischio dicoinvolgerci in un attivismo che nonsempre conserva la consapevolezzache è molto più importante ciò cheCristo fa e vuole operare in ognuno dinoi sacerdoti di ciò che noi facciamoper la gente, tenendo anche presenteche il nostro stile di vita come suoiministri è più importante delle opereche compiamo.

Il rischio, infatti, è quello di pen-sare sempre meno alla propria ricari-

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ca spirituale e ministeriale, a motivo delle moltepliciiniziative pastorali e dei vari incarichi che i Vescoviaffidano loro per la scarsità di nuove ordinazioni sa-cerdotali; di conseguenza di rimanere bloccati in im-pegni, a volte estenuanti, su forme di vita e di apo-stolato che si ripetono sempre uguali, impedendo dicoltivare l’indispensabile comunione profonda e vi-tale con il Signore che condurrebbe a dimensioninuove di vita personale e pastorale, alla profezia delVangelo, al protendersi sempre in avanti con “parre-sia evangelica”.

Missione paolina:vivere e dare al mondo Cristo MaestroVia Verità e Vita

È fondamentale passare da una religiosità di os-servanza ad una religiosità di alleanza e di piena fi-ducia nel progetto di salvezza di Dio Padre, realizza-to in Cristo per mezzo dello Spirito. Questo incontromistico e vitale con ilSignore, da teneresempre vivo, porta co-me frutto un grandeprocesso creativo; ilpiù grande e il più im-portante processo diliberazione e di sal-vezza della vita. Ri-cordiamo che questaesperienza di unionecon Cristo DivinoMaestro e Pastore ri-sulta la dimensionefondamentale dellaspiritualità paolina,evidenziata molto efficacemente anche nello Statuto(cf nn. 6-9).

L’impegno nel curare la formazione permanente enel partecipare ai Ritiri, agli Esercizi spirituali e aqualche corso formativo, interrogandosi sullo stiledella propria attività pastorale, alla luce anche della

spiritualità paolina, arreca sempre alministero e all’attività pastorale ab-bondanti grazie di discernimento, pa-ce interiore e “parresia evangelica”nell’affrontare le fatiche e le tensionidella missione.

La conversione fondamentale è so-prattutto quella teologico-apostolico-pastorale e non tanto quella moralisti-ca che difficilmente riusciamo ad at-tuare. Nel Vangelo contempliamo unCristo che manifesta l’amore di Dio,donando gratuitamente la salvezza e lavita nuova a tutti coloro che lo cercanocon cuore sincero. Il movimento èdunque capovolto. Non sono i disce-poli che hanno lavato i piedi al Signo-re, come ci parrebbe ovvio; ma è il Si-gnore che ha lavato i piedi ai discepo-li; questo è del tutto sorprendente, pa-radossale capovolgimento che impe-

gna noi sacerdoti a capovolgere il no-stro modo di pensare Dio e il nostromodo di dargli gloria.

Di conseguenza siamo chiamati arinnovare il nostro stile nello svolge-re l’attività apostolica: siamo chiama-

Il Centenario di Fondazione

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

ti ad interiorizzare, vivere e trasmettere tutta la sa-pienza salvifica di Cristo mite e umile di cuore che èvenuto non per essere servito, ma per servire e dare lavita per tutti.

Risulta importante, perciò, chiedersi sempre e inmodo rinnovato: “Qual è la mia cristologia, con qua-le spirito accolgo Cristo nella mia vita?”. Il cristiane-simo non è caratterizzato tanto da proibizioni: Cristonon si ferma mai alla negazione e al rifiuto, perché Luiè vita, fuoco, creazione, illuminazione, risurrezione.La vita di Gesù che «passò tra gli uomini facendo delbene» (At 10,38) è stata una vita anche umanamentebella (1Pt 2,12). Cristo ha vissuto la sobrietà, la pover-tà che non immiserisce né abbrutisce, ma fa assumereuno stile di vita dignitoso, libero e liberante. Spintodal desiderio di testimoniare il Padre, ha vissuto la suamissione, lasciando spazio alle umane relazioni diamicizia; ha riunito attorno a sé uomini e donne, concui vivere la comunione, chiedendo collaborazionenell’annuncio del Vangelo.

Il pensiero e lo spirito apostolicodel beato don Alberione

«La Famiglia paolina ha un raggio molto ampio; ècome un’iniziativa universale. A tutti è riuscita a fardel bene e vi sono i mezzi per arrivare a far del beneun po’dappertutto... La Famiglia Paolina ammette tut-te le attività pastorali, tutte le loda, le incoraggia, lesostiene. Da qualunque parte si possa fare del bene,tutte le iniziative che hanno l’approvazione della Chie-sa e che servono per la salvezza delle anime, tutto ciòche è buono, niente è escluso. Anzi, è bene inventarenuove iniziative, mentre si inventano tanti mali nuovi etanti disordini.

Anzitutto il carattere nostro è l’universalità. Tuttoquello che si può fare di bene, tutto quello che è ap-provato dalla Chiesa, tutto quello che serve a glorifi-care Dio e a servire le anime. Purché salviamo le ani-me, ovunque si vada e qualsiasi sia l’iniziativa, èsempre nel nostro spirito. Per questa universalità, bi-sogna considerare Gesù Cristo Via, Verità e Vita: c’è

tutto il Vangelo. Poi il Vangelo comece lo spiega e ce lo porta alla praticasan Paolo. Portiamo il massimo dibene a tutti.

«A tutti aiuto di preghiera, di con-siglio, di parola, di edizioni, di mini-stero, di esempio. Cooperare ad ogniapostolato: Conferenze di san Vincen-zo de’ Paoli, Apostolato del mare, iTerz’Ordini, i Cooperatori di Istitutireligiosi, le Congregazioni mariane, laProtezione della giovane, l’Apostolatodella preghiera, le Unioni missionarie,i movimenti per la scuola cristiana,l’apostolato parrocchiale, l’apostola-to laico, ecc.» (UPS III, 60-61).

Questi pensieri di don Alberionesulle dimensioni di universalità epastoralità della missione paolinaravvivano la consapevolezza che,guidato dallo Spirito, ha anticipatomolte direttive del Concilio Vatica-no II, ora inculcate e testimoniate dapapa Francesco. Ma soprattutto cidona stimoli significativi nel cele-brare in modo autentico e fecondol’anno centenario di fondazione del-la Famiglia Paolina: il beato Albe-rione ci invita di certo a celebrare ilCentenario riappropriandoci di tuttii doni carismatici che ci ha lasciato,cominciando dall’impegno di colti-vare un incontro più profondo conCristo Divino Maestro e di rinnova-re un servizio pastorale, secondo lasensibilità apostolica di san Paolo,spinti dall’amore di Cristo che ci“avvolge, coinvolge e stravolge” (cf2Cor 5,14).

Don Emilio CICCONI, Del. [email protected]

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Spiritualità paolina

Il cap. 21 del Vangelo di Giovanni narra l’ap-parizione di Gesù sul lago di Tiberiade. Siamo

dopo l’evento di Pasqua. Pietro dice ad alcunidiscepoli: «Vado pescare», e i discepoli: «Ve-niamo anche noi con te». Vanno a pescare, manon riescono a prendere nulla; allora vedono unpersonaggio che non riconoscono, che dalla ri-va dice: «Ma cosa fate?». «Abbiamo pescatotutta la notte – rispondono, – ma non abbiamopreso nulla». Di rimando: «Gettate la rete dallaparte destra»; obbedisconoe la pesca risulta miracolo-sa. A questo punto lo rico-noscono, Pietro si butta inacqua. Giungono a riva, do-ve Gesù ha preparato la bra-ce per cuocere il pesce: lìavviene il dialogo meravi-glioso del «Pietro mi amitu? mi ami tu... mi ami piùdi costoro? Pasci le mie pe-corelle».

Questo brano è una ca-techesi sulla missione dellaChiesa. L’evangelista ci facapire che la verità che noiannunciamo è efficace sesuccedono alcune cose.Perché la Chiesa, l’Istituto,la mia comunità faccia una pesca buona, ci vo-gliono delle condizioni. Quali sono i criteri cheil Vangelo ci dà?

1. Veniamo anche noi con te (Gv 21,3). I

discepoli ascoltano Pietro, che dice: «Io vado apescare» e si associano: «Veniamo anche noicon te». È l’immagine della Chiesa, in cui ilGesù storico non è più presente, ma c’è, perchéc’è già un’autorità: Pietro. Tant’è vero che i di-scepoli dicono a Pietro quello che un tempoavevano detto a Gesù: «Veniamo anche noicon te». Tommaso, prima della risurrezione diLazzaro, dice: «Andiamo anche noi a morirecon lui». È la sequela di Gesù, che comporta

anche la sequela di coluiche Gesù ha posto a capodella sua famiglia.

Una Chiesa che fa pre-sente il Signore risorto èuna Chiesa dove c’è unaautorità; non una Chiesadove siamo tutti fratelli,bella e inutile ideologia;perché se siamo tutti fra-telli, siamo tutti orfani.Chi fa il padre, chi fa lamadre? Una realtà missio-naria funziona se vi è e do-ve si esercita una paternitàe una maternità. Paolo aisuoi evangelizzati si pre-senta come padre e comemadre: un’autorità autenti-

ca è fondamentale per la missione. Ma un’autorità dove chi ha questo compito

si prende l’onere del suo servizio, non dovenon si decide niente... È Pietro che prendel’iniziativa: «Io vado a pescare». L’autorevo-

Fare a tutti la carità della verità

Idea fissa e tema centrale della predicazione del beato Alberione era il Paradiso. “Fare lacarità della verità” è aiutare le persone a capire che questa vita è molto bella, proprio per-ché ce n’è un’altra. Il Primo Maestro ci dà dei criteri per fare la carità della verità.

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Fare a tutti la carità della verità

lezza della missione: questa è l’autorità. Spes-so noi dicendo che siamo tutti fratelli, tutte so-relle (che è vero!), deleghiamo le responsabi-lità. E invece no, ci vuole decisione e capacitàdi ascolto, e dove chi ascolta alla fine si pren-de la responsabilità di decidere, accettandoanche il rischio di sbagliare. È inutile che ag-giriamo l’ostacolo: noi abbiamo bisogno dipersone che decidano.

2. Il secondo criterio della riuscita dellamissione è rimettersi in ascolto della Parola:«Gettate la rete dalla parte destra» (Gv 21,6);poi dopo la pesca, ritornano sulla riva: «Venitea mangiare» (v. 12). Una missione funziona sec’è un’autorità, e funziona se si crede alla gra-zia. L’ascolto della Parola («Venite a mangia-re») è l’Eucaristia, la dipendenza dalla grazia.Perché i discepoli non prendono niente? Per-ché devono essere di nuovo ricondotti alla di-pendenza dalla grazia di Dio. Il primato dellagrazia spesso nella nostra vita è proclamato manon creduto.

Papa Francesco parla spesso di un “pela-gianesimo”. Pelagio diceva: «L’uomo devecollaborare con la grazia di Dio», ma Agosti-no vedeva in questo un rischio: facciamo tut-

to noi? Il pelagianesimo è rima-sto sinonimo di un rapporto conDio, in cui egli non mi previenecon la sua grazia, ma sono ioche lo raggiungo attraverso lamia libertà. Allora, oggi siamomalati di pelagianesimo quandodiciamo: la missione riesce sesiamo organizzati. Non è vero.Diciamo ancora: la missioneriesce se noi siamo bravi, che èanche peggio. Ma Dio vuoleche siamo bravi? No, vuole chesiamo misericordiosi!

Allora, credere nella forzadella Parola di Dio e credere

nella forza dell’Eucaristia. Il Primo Maestroha riassunto questa dipendenza dalla grazianella preghiera quotidiana della Visita euca-ristica, dove, davanti al Maestro Eucaristico,si ascolta la sua Parola. È la prima parte del-la Visita: Gesù Verità. Purtroppo si sentonomolte approssimazioni riguardo alla Visita.Qualcuno dice: la Visita è solo una “devozio-ne”. Riduzione pericolosa. Secondo il Dizio-nario enciclopedico di spiritualità, devozione«è l’atto in cui una persona con tutto se stes-so offre a Dio qualcosa di sé». Il Primo Mae-stro diceva che la rovina inizia quando si la-scia la Visita. La Visita è come l’arca di Noèdella Famiglia Paolina. Se rimaniamo fede-li, stiamo sull’arca, e anche se c’è il diluvioda qualche parte rimetteremo la tenda.

3. Terzo criterio: «Signore, tu sai tutto, tusai che ti amo» (Gv 21,17). Gesù domanda aPietro: «Mi ami tu più di costoro? Mi vuoi be-ne?». Alla fine Pietro quasi sbotta: «Signore, tusai tutto, tu sai che ti amo», che in realtà vuoldire: «Signore, perché me lo chiedi? tu lo saiquanto ti amo!». Quando uno arriva alla vetta,all’apice della vita interiore? È la scala misti-ca, che Teresa d’Avila così spiega: «L’apice

La pesca miracolosa

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della vita interiore è quando uno non si preoc-cupa più di quanto ama Dio, ma si preoccupasolo di quanto Dio ama lui». Questa è la perfe-zione dell’amore, che nella spiritualità si chia-ma anche “ignoranza dell’amore”. Non è im-portante che io sappia quanto ti amo, è impor-tante che io sappia quanto tu mi ami.

Pietro ormai ha fatto un’esperienza cosìprofonda della sua fragilità, della sua pochez-za, del suo peccato, che non si chiede più quan-to lui possa amare Dio, ma si abbandona al-l’amore di Dio.

Nell’opuscolo Mihi vivere Christus estdon Alberione commenta in una manierastraordinaria la misericordia di Dio per chi loha tradito, e porta l’esempio di Pietro. Solochi è arrivato ad abbandonarsi all’amore,perché sa che non può fidarsi del suo amore,è un vero apostolo. Questa è l’esperienza cheprobabilmente ha fatto anche il Primo Mae-stro, che si è trovato, non sappiamo come, inuna situazione di profondo disagio quando fudimesso dal Seminario di Bra. Però, dopoquesta esperienza di fragilità, di «confusioneintellettuale causata da letture e cattive com-pagnie», e solo dopo questa esperienza, nellanotte tra il 1900 e il 1901 sentirà la voce delMaestro: «Venite a me voi tutti», e capirà cheanche lui doveva fare qualcosa per Dio. DonAlberione descrive così bene l’esperienza diPietro, perché l’ha fatta lui. Ecco perché nel-la grande preghiera di consacrazione alla Re-gina degli Apostoli dice: «Compi la tua glo-ria più grande, trasformando un peccatore nelpiù grande apostolo».

4. Ultimo criterio di riuscita della missione:«Un altro ti vestirà e ti porterà dove tu nonvuoi» (Gv 21,18). Qual è l’esito, il traguardodella missione? È la croce. Smettere di chie-dersi quanto amo il Signore, ma abbandonarsial suo amore, e può essere pure comodo... Maquesto abbandonarsi all’amore vuol dire esse-

re disposti a essere condotti dove non si sa, do-ve non si vorrebbe.

Dopo l’abbandono c’è il dimenticarsi. Ab-bandonarsi e dimenticarsi. Per abbandonarsibisogna dimenticarsi. Questo vale a livellopersonale ma anche a livello istituzionale. Nonpossiamo passare la vita come istituti a guar-darci allo specchio: “Chi siamo,chi siamo, chisiamo…”. Il senso della vita non è solo scopri-re se stessi! Dopo che uno ha scoperto se stes-so, che fa? Ride! Scoprire se stessi, per fareche cosa? Diceva un grandissimo teologo e di-vulgatore, della vita consacrata, padre Rad-cliff, ex Maestro generale dei Domenicani:«Quando la vita consacrata cerca slogan, vuoldire che ha perso la sua identità».

“Rinnegare se stessi”, “abbandonarsi”, “tiporterà dove tu non vuoi”… è il criterio che ilPrimo Maestro riprende nel commentare leCostituzioni delle Figlie di san Paolo. Si do-manda: qual è l’unica spiritualità cristiana? Ri-sponde citando Matteo 16: «È inutile che an-diate a cercare altre spiritualità, perché l’unicaspiritualità cristiana è contenuta in tre parole diGesù: “rinneghi se stesso, prenda la sua crocee mi segua”».

Quale la conclusione dell’avventura dellapesca miracolosa? I discepoli «presero 153grossi pesci», che sono le specie di pesci cono-sciute dai greci, nell’epoca in cui viene scrittoil Vangelo. Il che vuol dire che presero di tut-to. Nessuno fu escluso da questa pesca. La pe-sca miracolosa, che fa presente il Signore ri-sorto in mezzo agli uomini, avviene perché cisono questi quattro elementi: l’autorità, la di-pendenza dalla grazia, l’ignoranza dell’amore,l’abbandono.

Questi sono i criteri che il Vangelo dà, percapire se noi stiamo facendo, anche di nasco-sto, una pesca che funziona; che ci dicono sestiamo svolgendo una missione che rende ve-ramente presente il Risorto.

Don Giuseppe FORLAI igs

Spiritualità paolina

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Ritengo utile proporre anche all’Istituto“Santa Famiglia” quanto il Superiore Gene-rale, don Silvio Sassi, ha scritto sul “Carismapaolino” nel terzo anno di preparazione alCentenario. Si tratta di “ravvivare il dono cheabbiamo ricevuto” (cf 2Tm 1,6) e viverlo intutta la sua ampiezza con la nostra presenzadi “coppie consacrate” nelle famiglie e nellecomunità parrocchiali.

Per capire i contenuti dell’affermazione didon Alberione che il “carisma paolino è

pastorale” e ha caratterizzato ogni opera e ini-ziativa paolina a beneficio della Chiesa e ditutto il popolo di Dio, in cui anche le coppiedella “Santa Famiglia” sono coinvolte e parte-cipi, possiamo riferirci a tre momenti nella sto-ria della Fondazione della Famiglia Paolina.

1 - Quando, l’8 settembre 1913, don Giaco-mo Alberione riceve dal Vescovo di Alba,mons. Giuseppe Francesco Re, la proposta diassumere l’incarico di dirigere il settimanalediocesano Gazzetta d’Alba, egli vi legge “iltocco di campana” che segna “l’ora di Dio” perdare inizio all’apostolato stampa (cf AD 30)con la fondazione della Scuola tipografica“Piccolo Operaio”, germe della “Società San

Paolo” (20 agosto 1914). Il carisma paolino aquest’epoca si identifica con “la predicazionedel Vangelo per mezzo della stampa”, giustifi-cata dalla dichiarata convinzione di don Albe-rione sull’equivalenza tra “predicazione scrit-ta” e “predicazione orale”.

2 - Alla fine del 1953, in occasione del qua-rantesimo di fondazione della Società San Pao-lo, oltre ad offrire la testimonianza sui prepara-tivi e gli inizi della sua prima fondazione, donAlberione fa riferimento anche alle Figlie diSan Paolo (15 giugno 1915), alle Suore Pie Di-

Lettera del Delegato

“Il carisma paolinoè pastorale”

ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

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Lettera del Delegato

scepole del Divin Maestro (10 febbraio 1924)e alle Suore di Gesù Buon Pastore (7 ottobre1938). Il carisma paolino è descritto dal Fon-datore composto da «un unico spirito: vivereGesù Cristo e servire la Chiesa” e da “aposto-lati complementari» (cf AD 34).

3 - Nell’aprile del 1960, dichiarando com-piuta la “missione” ricevuta da Dio, don Albe-rione, dopo aver elencato cinque Congregazio-ni, gli Istituti aggregati alla Società San Paoloe l’Unione Cooperatori, afferma: «Con questeorganizzazioni, che hanno un carattere interna-zionale, la Pia Società San Paolo può estende-re le sue ricchezze a tutti e dare al mondo Ge-sù Cristo, Via, Verità e Vita» (UPS I, 20). Il ca-risma paolino è confermato come caratterizza-to da «un solo spirito, quello contenuto nelcuore di San Paolo» e «i vari fini convergonoin un solo fine comune e generale: dare GesùCristo al mondo» (cf UPS I, 20).

Il carisma paolino pensato a lungo da DonAlberione, con la progressiva illuminazione del-lo Spirito e le necessarie approvazioni dellaChiesa, si compone di: a) una spiritualità comu-ne, b) un insieme di apostolati convergenti, c)diversi stati di vita (religioso consacrato sacer-dote, religioso consacrato laico, suora, laiche elaici consacrati nella secolarità, cooperatori).

L’insieme delle fondazioni è descritto dadon Alberione come “l’immensa parrocchiapaolina”: «L’immensa parrocchia paolina perlimiti ha solo i confini del mondo, e per greg-ge tanto chi è già nell’ovile, come chi si vuolecondurre all’ovile» (UPS I, 382).

Paragonando la Famiglia Paolina ad unaparrocchia, il Primo Maestro, attingendo allasua esperienza di sacerdote diocesano, troval’immagine finale, approvata anche dalla Chie-sa, per quel suo progetto iniziale di voler dar vi-ta ad un’organizzazione unica, composta didonne e uomini, sacerdoti e laici, animata daun’unica spiritualità e impegnata in “apostolati

moderni”, ma che le prescrizioni del Diritto ca-nonico del tempo non prevedevano e le autoritàecclesiastiche non avrebbero mai autorizzato.

Dalla sua formazione e dalla sua attività disacerdote, don Alberione trae, allora, il comu-ne denominatore per tutta la Famiglia Paolina:la “pastorale”, sintetizzata nell’espressione“salvare le anime”.

Pertanto, «la caratteristica della FamigliaPaolina è proprio di avere uno spirito pastora-le e cioè, aiutare le anime, sentire l’apostolato el’apostolato indirizzato alla salvezza delle ani-me, indirizzato a rendere sempre più bella laChiesa, servirla sempre meglio e quindi coope-rare con essa alla salvezza delle anime, all’edi-ficazione del Corpo Mistico di Gesù Cristo cheè la Chiesa, perché la redenzione venga appli-cata» (Alle Pie Discepole 1961, n. 137).

«Tutta la Famiglia Paolina è ordinata allapastorale: chi in una parte, chi in un’altra. Lospirito di San Paolo, specialmente per le lettu-

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re, quindi i libri, i periodici, la diffusione dellaBibbia, ecc.» (Alle Pastorelle 1963, n. 400).

«Se si conosce un po’ bene la Famiglia Pao-lina, è tutta ispirata alla pastorale. Tutta. Cioèper le anime. E se c’è la stampa, e se c’è il ci-nema, e se c’è la liturgia, e se ci sono le suoreche devono lavorare per le vocazioni e poiquelli che sono aggregati: tutto è per le anime».

«Che tutta la Famiglia Paolina si orientisempre verso le anime, verso tutte le anime».

La Società San Paolo è la cellula madredelle successive fondazioni della FamigliaPaolina realizzate da don Alberione, alle qualiha trasmesso «quanto egli sentiva» (AD 17)per rispondere all’invito di Cristo: «Venite tut-ti a me» (Mt 11,28).

In tutto questo sviluppo di Istituzioni, di at-tività pastorali e missionarie, don Alberione siè quotidianamente accostato alla “preghierasacerdotale” di Gesù per salvaguardare l’inte-riorità della Famiglia Paolina e della sua mis-sione a favore del mondo d’oggi. Infatti, è inquesta preghiera che troviamo il forte richiamoalla comunione e all’unità, scaturito dalle lab-

bra di Gesù: «perché tutti siano una sola cosa.“Ut unum sint”» (Gv 17,21).

“Essere uno” è, infatti, l’ideale cui tende ilpopolo biblico (Sal 133,1) come pure è l’idea-le delle prime comunità cristiane – «un cuoresolo e un’anima sola» (At 4,32) – e delle co-munità nate dall’evangelizzazione di Paolo (cf1Cor 12,13).

Il cammino verso questo ideale, che don Al-berione ha sempre riproposto alla Famiglia Pao-lina, è tracciato dalla preghiera di intercessionedi Gesù per l’unità nella fede, nella missione enell’evangelizzazione del mondo che Dio ama.

Salvare le anime, portarle a Dio, ecco lospirito pastorale che deve caratterizzare anchela vita di coppia: la gioiosa testimonianza diessere famiglia oggi, il ministero generoso del-la preghiera e del servizio verso le famiglie indifficoltà, accoglienza e aiuto verso tutti là do-ve il Signore chiama a vivere e operare. «Lafede nella missione – dice Giovanni Paolo II –si rafforza donandola».

A cura di don Olinto CRESPI, Delegato [email protected]

IL CARISMA PAOLINO È PASTORALE

SR. ANNA MARIA PARENZANnuova Superiora Generale delle Figlie di San Paolo

Nel 10° Capitolo Generale delle Figlie di San Paolo, celebrato nella Casa di spiritualità“Gesù Maestro” ad Ariccia dal 15 agosto al 15 settembre 2013, l’8 settembre è stata elet-ta la nuova Superiora Generale nella persona di Sr. Anna Maria Parenzan, i cui Genitorierano membri dell’Istituto “Santa Famiglia” del Gruppo di Trieste.

Agli auguri del Delegato, don Olinto Crespi, a nome dell’Istituto “Santa Famiglia” («Anome di tutto l’Istituto “Santa Famiglia”, del quale erano membri anche i tuoi carissimiGenitori, un affettuoso e fraterno ricordo al Signore per la nuova missione cui sei statachiamata. Ti conforti la nostra sincera preghiera al Divin Maestro. La centralità di CristoMaestro, Via Verità e Vita, e la luce della sua Parola ti accompagni, illumini il tuo cam-mino sempre, per essere guida e sostegno per ogni Sorella Figlia di San Paolo. Auguri etanta fraterna vicinanza»), ecco la risposta di Sr. Anna Maria:

«Carissimo don Olinto, grazie per il bellissimo augurio che mi hai inviato a nome dell’Isti-tuto “Santa Famiglia”. Grazie di cuore... La “Santa Famiglia” è per me qualcosa di molto ca-ro. Grazie di tutto. Continua a ricordarci al Signore. Saluti carissimi a tutti voi. Ci sentiamoaccompagnate e sostenute dalla vostra preghiera. Con tanto affetto, Sr. Anna Maria».

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Il “Padre nostro” è la preghiera più completae più bella, perché ce l’ha insegnata e conse-

gnata Gesù, il Figlio di Dio, Dio lui stesso. Ungiorno il filosofo francese Etienne Gilson ave-va detto a Giovanni XXIII:

- Santo Padre, sono convinto che la SummaTheologiæ di san Tommaso è la colonna por-tante del pensiero cristiano.

- Per me - rispose bonariamente il Papabuono - tutta la teologia è il “Padre nostro”.

La preghiera più bella

Le due parole più belle e importanti di que-sta preghiera sono la prima (“Padre nostro”) el’ultima (“Amen”). La prima afferma l’azioneprovvidente di Dio, la seconda la nostra rispo-sta e la nostra collaborazione.

1) Padre. Il termine aramaico, usato da Ge-sù, è Abbà, che corrisponde al nostro “papà”,ma con una sfumatura di fiducia molto piùprofonda. Era un termine considerato talmen-te infantile che era considerato offensivo neiconfronti della sovranità di Dio; invece rivela-va la superbia dell’uomo religioso che presu-meva di poter essere, maturando nella fede, al-l’altezza di Dio.

A stornare da questa interpretazione erratadel rapporto con Dio, Gesù inizia la preghierache ci consegna proprio con “Abbà”; e la use-rà nel momento più drammatico della sua esi-stenza sulla terra. Difatti, nell’orto del Getse-mani, dove la sua “agonia” (“agone” è la lottaall’ultimo sangue che avveniva nelle arene) ècosì drammatica da sudar sangue (cf Lc

22,44); ebbene, proprio in quella situazioneprega: «Abbà, se vuoi allontana da me questocalice! Tuttavia, non sia fatta la mia ma la tuavolontà» (Lc 22,42).

Quindi è la parola che qualifica la piena fidu-cia in Dio; un abbandono filiale al suo volere; unfidarsi totale, sicuri che ogni parola e ogni vicen-da entra come tessera nello stupendo mosaicoche è la nostra vita, progetto d’amore di Dio.

2) Amen. Questo termine pone il sigillo aquesta preghiera e diventa professione di fedeincrollabile. Difatti la parola ebraica, rimastaper fortuna intraducibile dopo il tentativo del“così sia”, ha bisogno di molte parole italianeper esprimerne la ricchezza. • Anzitutto, in Is 65,16 vi è la stupenda affer-

mazione «il Dio dell’Amen». È il nomestesso del Padre che è l’Amen eterno ed im-mutabile.

• Cristo stesso si presenta come l’“Amen”,perché il Padre è immutabile nel suo amore.È un titolo coniato da Giovanni (Ap 3,14):«Così parla l’Amen, il Testimone fedele everace, il Principio della creazione di Dio».

• Deve essere, di conseguenza, la nostra cora-le risposta, che ci porta ad accogliere il mi-stero della nostra salvezza “sine glossa, sineglossa, sine glossa”, come direbbe san Fran-cesco: «A lui la gloria nei secoli. Amen». “Amen” indica la stabilità, la fermezza, la

capacità di sostenere e di condurre da partedel Padre celeste se noi a lui ci affidiamo. Dipiù: non indica solo la coerenza del Padre, mala sua fedeltà storica, la sua immutabile deci-sione nell’operare la nostra salvezza: farà ditutto per salvare tutti perché è l’Amen.

Il “Padre nostro” preghierafiorita dal cuore di Gesù

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Anno della fede

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Se Amen è il nome di Dio, questa locuzio-ne deve divenire il nostro atto di fede; atto difede che la celebrazione eucaristica ci invita aripetere almeno una decina di volte: così im-portante la fede nel dirlo che il vescovo di Lo-reto, nel pellegrinaggio annuale della “SantaFamiglia” alla Casa di Maria, ci aveva invitatonon a dirlo, ma a gridarlo.

Attenti all’“oggi” della Parola

All’interno di questa stupenda preghiera, viè un’altra importante parola: “oggi”, che nellaBibbia ricorre ben 406.

Così importante che l’autore della letteraagli ebrei, richiamando la ne-cessità dell’attenzione al“Dio che parla” – citando ilSal 94: «Oggi, se udite la vo-ce del Signore, non indurite ilvostro cuore» – commenta:«Incoraggiatevi a vicendaogni giorno, per tutto il tem-po che dura questo lungo“oggi”, di cui parla la Bib-bia» (Eb 3,13); ed esorta al-l’attenzione perché ogni gior-no «Dio stabilisce di nuovoun giorno, chiamato “oggi”» (Eb 4,7).

Sia in Matteo che in Luca vi è, di conse-guenza, una ripetizione che valorizza ancor dipiù la locuzione “oggi”: «Dacci oggi il nostropane quotidiano» (Mt 6,11; Lc 11,3); l’agget-tivo “quotidiano” si riferisce proprio al nuovogiorno che Dio “ogni giorno” ci dona. Per que-sto “oggi” fa da anello di congiunzione tral’Abbà che è Dio e l’Amen che è la nostra ri-sposta al suo amore.

L’“oggi” è, perciò, il tempo della nostra vi-ta, in cui ci viene donata la salvezza; non “ie-ri” che non è più nelle nostre mani, non “do-mani” che non ci appartiene. L’“oggi” diventa,

quindi, il tempo e il luogo della nostra acco-glienza di Dio e della nostra risposta. Acco-gliere l’“oggi” ha come frutto la pace. NelVangelo di Luca ricorre in quattro momentifondamentali.• Abbiamo l’“oggi” più importante, che ri-

suona all’inizio della nostra vita, quello cheormai da duemila risuona in tutta la terra. Èl’annunzio degli angeli ai pastori: «Oggi ènato per voi il Salvatore» (Lc 2,11). È il su-blime e inimmaginabile annuncio della no-stra salvezza: un Dio si è fatto uomo persalvarci.

• Abbiamo l’ “oggi”, che ci pone davanti adun “aut-aut”: o accogliamo Cristo o lomettiamo alla porta. Non c’è via di mez-

zo. Ed è più facile che l’ac-colga un peccatore incallitocome era Zaccheo, che unapersona che si consideragiusta. Difatti Gesù dice aZaccheo: «Zaccheo, scendiin fretta perché oggi devofermarmi a casa tua!» (Lc19,5). È l’“oggi” della fe-deltà di Dio, che cerca l’in-timità con la sua creatura,per cambiarla dal di dentro;di modo che, conquistata da

questo amore gratuito e controcorrente,apra le porte del suo cuore prima che leporte della sua casa.

• Difatti Zaccheo non perde tempo, neppurea esaminare la sua disastrosa situazionemorale. Accoglie con gioia Gesù e Gesù,uscendo da quella casa, afferma: «Oggi lasalvezza è entrata in questa casa». È l’“og-gi” dell’accoglienza quotidiana di colui chevuole abitare nel nostro cuore.

• Fino a giungere alla fine della nostra esi-stenza, dove il nostro impegno è saper rico-noscere di essere peccatori per sentirci direl’“oggi” più commovente, quello che ci

IL “PADRE NOSTRO” PREGHIERA FIORITA DAL CUORE DI GESÙ

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apre le porte del regno. Al ladrone che rico-nosce il suo male e prega in modo commo-vente: «Gesù, ricòrdati di me quando sarainel tuo regno», Gesù morente risponde pro-clamando l’“oggi” della salvezza: «In veri-tà ti dico, oggi sarai con me in Paradiso»(Lc 23,34).

L’“oggi” è, perciò, la nostra vita di ognigiorno, dove il nostro impegno è accogliereGesù in modo cosciente; anche se, nonostan-

te l’ottusità dell’uomo, Gesù continua a pro-nunciarlo su di noi. “Ogni giorno” divental’“oggi” di Dio, in cui Dio opera la nostra sal-vezza fino all’avvento dei cieli nuovi e dellaterra nuova. Solo la cattiveria umana può ar-restare l’opera di Dio; ma non sarà Dio a con-dannare l’uomo all’inferno. La condanna sta-rà nel rifiuto stesso da parte dell’uomo di que-sto dono di salvezza, per di più pagato a caroprezzo.

Don Venanzio FLORIANO ssp

Anno della fede

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L’Istituto “Santa Famiglia”da sempre nell’opera fondazionale del beato Giacomo Alberione

È molto bello e significativo che in due occasioni ufficiali si sia parlato dell’Istituto“Santa Famiglia” come parte integrante della Famiglia Paolina.

1) Dal mirabile concerto di dieci voci per annunziare il Vangelo – si domanda don Gui-do Gandolfo, autore del volumetto fotografico “La Famiglia Paolina” – «resteranno esclu-de le coppie di sposi? Neanche per sogno! Don Alberione, da diversi anni porta nel cuorel’anelito di assicurare anche ai coniugi la possibilità di abbracciare i consigli evangelici; giàintorno al 1930 egli, a proposito della vocazione del religioso, scriveva nell’opera Donecformetur Christus in vobis: “Persino sono possibili condizioni speciali per il coniugato e peril secolare, purché in condizione di adempiere i doveri”.

Così non ci sorprende che Il Cooperatore Paolino del gennaio 1965 pubblichi in risaltola seguente notizia: “Don Giacomo Alberione, Fondatore e Superiore generale della Pia So-cietà San Paolo, dopo molti anni di preghiere e di preparazione, nel vivo desiderio di asse-condare la volontà di Dio e di rispondere alle molte richieste di tanti sposi desiderosi di vi-vere la loro vita matrimoniale come veri “consacrati”, ha fondato l’Istituto Sacra Famiglia,che fa parte dell’Opera Paolina”.

Questo spiega perché, nell’elenco di Istituzioni, con cui il Fondatore presenta nel 1960la Famiglia Paolina come “completata”, non si trovi menzione dell’Istituto Santa Famiglia;in quel momento esso, pur esistendo come fondazione, di fatto non contava ancora mem-bri effettivi. Si potrebbe applicare all’Istituto Santa Famiglia il detto: “Primo nell’intenzio-ne e ultimo nell’esecuzione”» (pp. 30-31).

2) Quanto scritto è stato confermato dall’intervento autorevole del Superiore Genera-le, don Silvio Sassi nella conferenza tenuta a Milano il 7 settembre 2013 alla Famiglia Pao-lina del Nord, che ha visto la partecipazione di numerosi membri dell’Istituto “Santa Fami-glia”. Il tratto del suo intervento riportato nell’Editoriale (vedi p. 4) conclude con il dire che«la “Santa Famiglia” è a pieno titolo il quarto Istituto di Vita Secolare Consacrata, “ag-gregato” alla Società San Paolo».

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NOTE DI LITURGIA

La preghiera di Gesù

Prima di accedere alla santa Comunione ècollocata la recita comunitaria del “Padre no-stro”. Non c’è infatti preghiera più adatta perrisvegliare in noi il senso della nostra dipen-denza filiale da Dio e rinsaldare tra noi il sa-cro vincolo della fraternità. Essendo la pre-ghiera che ci è stata consegnata da Gesù haun’efficacia unica rispetto a tutte le altre pre-ghiere: essa fa giungere al Padre la nostrasupplica come implorazio-ne del suo stesso Figlio nelquale siamo divenuti figli.

La liturgia prevede, inol-tre, che sia proclamata ocantata con le braccia ele-vate. Tale gesto ci conformaal Cristo orante e crocifisso,ma anche ci assimila aibambini che si protendonocon slancio verso il loro pa-pà. Perciò un’assembleache prega così il Padre no-stro dichiara anche visibil-mente di essere tutta prote-sa verso colui che è la fonte della vita e del-l’amore.

La formula è introdotta dalle parole: “Ob-bedienti alla parola del Salvatore… osiamodire”. Sono parole che ci aiutano a prendereconsapevolezza che per noi, creature povere esoprattutto segnate dal peccato, è un donoinestimabile poter chiamare Dio con il nomedi Padre (“Abba”, cioè papà). In Cristo, perCristo e con Cristo diventiamo ciò che per na-tura non siamo né abbiamo il diritto di preten-

dere. Si entra nella dimensione della pura gra-tuità dell’amore di Dio, cui dobbiamo far cor-rispondere la nostra gratitudine, che trova lasua espressione più pura nell’umile obbedien-za d’amore.

Lo scambio di pace

Arriva poi il momento in cui il sacerdoteinvita a scambiarsi un gesto di pace che pro-

cede da Dio stesso, come simboleggiano ilbacio dell’altare e l’ordine gerarchico nellasua trasmissione. Così ricordava un autorenegli anni ‘50: «Il bacio di pace è soprattuttoun sublime simbolo della comunione dei fe-deli tra di loro e con Cristo. Giacché il baciodi pace proviene dall’altare, che rappresentaCristo, è Cristo pertanto che bacia coloro chepartecipano al Santo Sacrificio; e questo ba-cio si trasmette da uno all’altro facendo ditutti i fedeli un’unità intima che incorporaCristo».

In comunione con Dio e i fratelli

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Note di Liturgia

Per questa ragione san Paolo lo chiama“bacio santo” (1Cor 16,20; 2Cor 13,12; Rm16,16; 1Ts 5,26) e san Pietro “bacio di carità”(1Pt 5,15).

Lo scambio è preceduto dalla preghiera peravere la pace vera e l’unità che solo Gesù ci dàattraverso l’Eucaristia, sacramento per eccel-lenza dell’unità. In effetti noi riceveremo ilmedesimo corpo di Cristo per diventare insie-me il corpo di Cristo che è la Chiesa.

«Nel nostro tempo, così spaventosamentecarico di conflitti – troviamo scritto in Sacra-mentum Caritatis, n. 49 – questo gesto acqui-sta, anche dal punto di vista della sensibilitàcomune, un particolare rilievo in quanto laChiesa avverte sempre più come compito pro-prio quello di implorare dal Signore il donodella pace e dell’unità per se stessa e per l’in-tera famiglia umana. La pace è certamente unanelito insopprimibile, presente nel cuore diciascuno. La Chiesa si fa voce della domanda

di pace e di riconciliazione che sale dall’animodi ogni persona di buona volontà, rivolgendolaa Colui che “è la nostra pace” (Ef 2,14) e chepuò rappacificare popoli e persone, anche do-ve falliscono i tentativi umani».

Non esiste un modo ufficiale in cui biso-gna scambiarsi il segno della pace. In Italiadiciamo che siamo molto “affettuosi” e spes-so ci si bacia, ci si abbraccia o comunque cisi stringe la mano. Nessuno però vieta di sor-ridere semplicemente o salutare o fare unsemplice inchino, come ad es. avviene in Co-rea del Sud. Le norme precisano che «ciascu-no dia la pace soltanto a chi gli sta più vici-no, in modo sobrio» (OGMR 82). È un gestosimbolico di comunione e riconciliazione cheoggi, nel rito romano, dà visibilità all’acco-glienza della richiesta condizionata che il Si-gnore ha posto sulle nostre labbra: «Rimetti anoi i nostri debiti come noi li rimettiamo ainostri debitori».

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Per crescere«Padre: tu non sei un Dio lontano e straniero, ma il Padre, Colui cui il Figlio eterno, fat-

to uomo per noi, si rivolge col nome della tenerezza, della confidenza, dell’abbandono fidu-cioso e pieno: “Abbà”! Con Lui anche noi possiamo chiamarti Padre, sapendo che lo sei: per-ché il tuo amore non si fonda sui nostri meriti, ma unicamente sulla tua bontà, mai stancadi cominciare ad amare. Tu sei Padre-Madre nell’amore perché il tuo amore è gratuito e sem-pre nuovo: veramente, tu non ci ami perché siamo buoni o belli, ma ci rendi buoni e belliperché ci ami!

A te, Dio eterno, altissimo onnipotente e buono, ciascuno può dire con fiducia totale: Padre mio, io mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di

me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me ein tutte le tue creature: non desidero nient’altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tuemani, te la dono, mio Dio, con tutto l’amore nel mio cuore, perché ti amo ed è per me un’esi-genza d’amore il donarmi e rimettermi nelle tue mani senza misura, con una confidenza in-finita, perché tu sei il Padre mio (preghiera di Fr. Charles de Foucauld)» (Commento di mons.Bruno Forte).

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LITURGIA DELLE ORE

Illuminati da questa riflessione di san Paolo,tratta dalla Lettera ai Romani, concludo i

miei interventi sottolineando il senso profondodella Preghiera oraria nella nostra vita e inquella della Chiesa.

La liturgia cristiana è “culto in spirito e veri-tà” (Gv 4,23-24), “culto spirituale” (Rm 12,1).

Cristo Signore la pone in una prospettivaunica, rispetto ad ogni altra forma cultuale. Co-me dicevamo nello scorso intervento, essa è«preghiera di Cristo sacerdote e del popolo sa-cerdotale» che siamo noi. Cerchiamo di com-prendere con esattezza i termini della questione.

Culto

Per noi cristiani il culto è l’espressione e laconcretizzazione “sacramentale” delrapporto rivelato da Dio (AT e NT)con l’uomo. Nel progetto della sto-ria della salvezza, Dio e l’uomo so-no legati in alleanza e il loro rap-porto si attua per via di segni.

Il culto cristiano è sacra-mentale. Si esprime ed attuanei segni e per via di segni.Di questi, sette sono statiidentificati nella Chiesacome “il settenario sacra-mentale”, organigrammacompleto di salvezza, dona-to dal Signore Gesù alla Chie-sa sua sposa per realizzare la

configurazione dei credenti alla sua imma-gine; segni della sua presenza e della suasalvezza nel mondo, per il Regno.

L’universo sacramentale è molto più vastodei sette Sacramenti (considerati come punti-sintesi della sacramentalità) e comprende tuttol’agire simbolico e celebrativo dei battezzati(in ambito cristiano) o dei “fedeli” in qualsiasiambito religioso.

Spirituale

Nel cristianesimo la parola “spirituale” haun senso forte, è cioè “opera dello Spirito San-to”, come l’Incarnazione; oppure un senso de-bole, cioè “opera dello spirito dell’uomo”, co-me l’amore e, prima ancora, il pensiero.

Paolo ha dedicato molte pagine e im-portantissime (vedi in particolare lelettere ai Romani e ai Galati) ad evi-denziare “la vita nello Spirito Santo”e non più “sotto la legge”, per noi

cristiani.Questo ci aiuta a capire

che, dicendo spirituale, dob-biamo mettere insiemel’azione dello Spirito Santoe quella dello spirito uma-no, coestensivamente. Lavita spirituale è sapienzacoestensiva di Dio – lo Spi-

rito Santo – e dell’uomo doci-le e collaborativo.

Il nostro culto spirituale«Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificiovivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questomondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discerne-re la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,1-2).

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La Liturgia tutta e quella delle Ore in parti-colare, è culto spirituale perché opera delloSpirito di Dio che in essa abilita l’uomo a can-tare la lode della Trinità santa.

I testi della celebrazione, quasi tutti biblici,è parola di Dio posta da Lui sulle nostre labbraperché ritorni a Lui carica della nostra lode edelle nostre suppliche.

Ogni volta che (anche solo facendo riferi-mento alla comunità radunata) noi impieghia-mo il nostro tempo con i testi della Preghieraoraria, rendiamo culto spirituale al Padre, per ilFiglio nello Spirito Santo.

Conclusione

Il percorso che abbiamo compiuto insiemeci conduce a vivere oggi con una consapevo-lezza approfondita il mistero della Preghieraoraria, rendendo lode a Dio nel tempo.

Abbiamo iniziato sottolineando questa dimen-sione di lode nel Salmo 150, dossologia del Salte-rio tutto; voglio concludere con il Salmo 1, intro-duzione a tutta la preghiera. In esso troviamo chel’uomo che prega e vive nel bene «è come alberopiantato lungo corsi d’acqua». Quei corsi d’acquache alimentano il cuore dell’uomo e lo rendonofecondo di bene, sono la preghiera che noi presen-tiamo al Signore come “culto spirituale”.

P. Nino FAZIO

Il nostro culto spirituale

La forza della preghiera e la fedeltà coniugaleDon Dante Lafranconi, nel libro “Eucaristia e matrimonio, unico mistero nuziale”, racconta:«Non posso dimenticare l’umiliazione e la sorpresa di un uomo che venne a confessarsi dopo

la morte della moglie e mi raccontò: “Negli ultimi annil’ho tradita parecchie volte, sempre convinto che lei nonse ne accorgesse. Infatti continuava ad essere affettuo-sa e piena di premure per me come sempre. E invece pri-ma di morire mi disse che era al corrente delle mie scap-patelle, ma mi aveva sempre amato ugualmente, pre-gando sempre tanto per me. Prima di morire voleva con-segnarmi il suo amore e la sua fedeltà che ora la morteha consacrato definitivamente”.

In questa confessione ho percepito chiaramente la di-namica della spiritualità coniugale e della preghiera cheaveva sostenuto la fedeltà di chi era morto e ora riscat-tava l’infedeltà di chi continuava a vivere, ma con cuo-re e sentimenti diversi». Quella moglie aveva capito il va-lore dell’alleanza che la lega ad una persona, anche se

questa non corrisponde alla fedeltà del patto. Proprio come Dio, rivestita essa stessa della for-za e della gioia di Dio».

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VOCE DELLO SPIRITO

Il perdono è frutto sia dello sforzo dell’uomosia di un dono spirituale, opera della grazia

divina che sostiene le nostre piccolezze. Bisogna rispettare queste due componenti,

umana e divina. Devo rinunciare a essere l’uni-co artefice del mio perdono per permetterel’azione della libertà di Dio. Devo lasciarmiamare fin nella mia intimità e devo chiedere aCristo di perdonare la mia incapacità a perdo-nare da solo.

Il perdono non dipende più, in questa fase,né dalla sensibilità né dall’emotività, ma nascedal profondo del nostro essere e del nostrocuore, animato dallo Spirito.

Diventeremo, allora, testimoni dell’azionecreatrice di Dio in noi, della presenza misterio-sa del Padre misericordioso e del suo amoregratuito. Egli spande fuori di sé il proprio amo-re creatore; il perdono è la mediazione che eglisceglie per proseguire il suo atto creativo, tesoa riportare gli uomini alla felicità e alla libertà.

Il perdono non può essere oggetto di un co-mandamento o di un precetto morale, poichéappartiene alla gratuità dell’amore. Perdonare,come dice l’etimologia della parola (“per”-“do-nare”), significa “aver parte al dono” di Dio,partecipare alla gratuità del suo amore. Il per-dono è l’espressione massima dell’amore, poi-ché porta ad amare nonostante l’offesa subita; eper far questo c’è bisogno di forze spiritualimolto più rilevanti delle semplici forze umane.

È difficile vivere un perdono veramenteevangelico, che non sia né umiliazione dell’al-tro né autostima di sé, senza la grazia di Dio.Gli studiosi di etica sanno bene che il perdonodell’uomo non è mai pienamente puro: colui

che perdona acquisisce una superiorità neiconfronti di colui che lo ha offeso, che rimarràper sempre suo debitore. Colui che si è mostra-to magnanimo, perdonando, può nutrire uncerto orgoglio segreto per aver concesso il per-dono. Ma in qualche modo tali atteggiamentifalsano ogni futura relazione tra persone.

Dobbiamo allora ammettere che, se tentia-mo di comprendere e spiegare il perdono solosul piano umano, ci scontreremo con ostacolidiversi, se non addirittura con effetti perversi.Il perdono è veramente sul punto di incontrotra umano e divino perché, anche se è l’uomoche deve perdonare, lo può fare solamente so-stenuto dalla grazia. Il perdono evangelico pre-suppone che l’uomo entri in una nuova dimen-sione di relazioni: quella della gratuità di Dio edell’amore disinteressato di Cristo.

Perdonare non significa ricominciare dac-capo, come se non fosse successo nulla! Certo,il secondo atto del perdono è la riconciliazio-ne; però, anche se la riconciliazione è possibi-le, non bisogna pensare che essa implichi chetutto torni come prima.

Non si può riprendere la relazione interper-sonale come se niente fosse accaduto: bisognainvece approfondirla, darle nuove basi e nuoveforme. E anche quando non posso arrivare allariconciliazione, il perdono è benefico: mi ri-concilia con me stesso, mi libera dal desideriodi vendetta e dal risentimento che mi domina-vano, mi porta persino augurargli di cuore diessere il più felice possibile.

Michel HUBAUT

Da “Il perdono. Dimensioni umanee spirituali. EDB, Bologna 2013

Il perdonoIl tema del perdono, in questa nostra società così fortemente secolarizzata, riveste un ruolodi bruciante attualità in ogni relazione interpersonale: è frutto di un cammino interiore.

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

L’umiltà, il nostro posto sotto le stelle

«Smettila di pensare come centro del-l’universo soltanto te, smettila di vede-

re come centro di tutto quanto soltanto te; nonesisti soltanto te!», canta Filippo Neviani, inarte Nek, in un brano del suo ultimo album. Èla tipica tentazione del mondo contemporaneoquella di voler apparire, essere al centro, averesuccesso, diventare famosi. E questo per sop-perire alla propria inferiorità e insicurezza, maa discapito degli altri, senza alcun rispetto néeducazione ed anzi servendosi di essi in unasorta di competizione e rivalità senza esclusio-ne di colpi. È quel badare a se stessi, quel pre-occuparsi di sé che va ben oltre le normali re-gole della convivenza civile fino ad esploderenella presunzione e nell’egocentrismo.

Siamo partiti da una visione negativa persottolineare la necessità e il bisogno quantomai urgente di quella virtù tanto cara ai santiche si chiama appunto umiltà.

I grandi della storia furono umili

L’umiltà è una virtù largamente sottovaluta-ta nella nostra cultura contemporanea. Esiste laconvinzione comune che essa vada bene soloper le persone religiose e sante, ma che nella vi-ta di tutti i giorni tale virtù non aiuti per nulla arealizzare i propri obiettivi anzi, sia d’ostacolo.Molti infatti considerano l’umiltà una debolez-za e, di contro, l’aggressività e l’orgoglio dellevirtù; si sentono spesso frasi del tipo: «Se nonti fai strada con le unghie gli altri ti stritolano».

Questo accade perché la maggior parte del-le persone non comprende cosa significhi inrealtà essere umili. Forse, per loro, essere umi-li significa avere una bassa considerazione dise stessi ed un senso d’inferiorità. Ma non ècosì. Anzi, è vero il contrario. Le vere personegrandi sono innanzitutto umili. Confucio ama-

va ripetere ai suoi discepoli: «Chi è più saggio,colui che dice di esserlo o colui che non losa?». Socrate ripeteva ai suoi seguaci: «So so-lo di non saper nulla». Il grande scienziato Al-bert Einstein era noto per la sua semplicità in-fantile; nonostante la sua grandezza, mantene-va un profondo senso d’umiltà.

Gesù diceva: «Non io, ma il Padre che è inme compie le sue opere» (Gv 14,10); ed anche:«Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umiliasarà esaltato» (Lc 14,11). La Bibbia ridonda diinviti all’umiltà sulla scia di Gesù che «svuotò sestesso assumendo una condizione di servo, di-ventando simile agli uomini» (Fil 2,7), Lui che siè definito “mite e umile di cuore” (Mt 11,29) e

DefinizioneUmiltà viene dal latino “humi”, che

vuol dire “a terra”, poiché deriva da “hu-mus” cioè terra.

Consiste nella mortificazione di sestessi, nel non mettersi in mostra e nelrifuggire la visibilità. Una persona vera-mente umile non si rende conto di esser-lo se non proprio quando glielo fannonotare gli altri, non è cosciente di sentir-si indegna. La persona umile non si sen-te mai migliore degli altri e si dimenticadi sé, non pensa a se stessa.

Quelli che dichiarano spesso di nonessere nessuno non sono umili, ma falsiumili e la falsa umiltà è peggiore dellasuperbia. «L’umiltà – secondo san Vin-cenzo – comporta il volontario svuotar-si di se stesso, amare di essere sconosciu-to e abbandonato, evitare l’applauso delmondo, prendere l’ultimo posto e amarela vita nascosta».

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L’UMILTÀ, IL NOSTRO POSTO SOTTO LE STELLE

ha additato come giusto quel pubblicano che altempio non osava alzare gli occhi, ma si battevail petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me pecca-tore» (Lc 18,13). L’apostolo Pietro raccomanda:»Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri,perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agliumili. Umiliatevi dunque sotto la potente manodi Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, ri-versando su di lui ogni vostra preoccupazione,perché egli ha cura di voi» (1Pt 5,5-7).

In costante apprendimento

Essere umili non significa credere di nonvalere nulla o di essere degli incompetenti. Cisono molte persone semplici che pur non es-sendo laureate potrebbero tranquillamente tra-smettere le loro esperienze nei corsi universita-ri; viceversa, ci sono altre persone che credono

di essere “più brave”, pensano di “conosceretutto” e non hanno mai bisogno di nessuno: co-storo sono solo dei presuntuosi, che si trove-ranno male nel corso della vita. L’umiltà è sa-pere di essere in gamba, ma non esenti da erro-ri (chi di noi non ha mai sbagliato?).

La persona umile dall’errore sa trarreun’opportunità e si mette sempre in discussio-ne. L’umiltà è saggezza; per manifestare vera-mente la grandezza della nostra vita dobbiamoimparare ad essere umili ascoltando e imparan-do senza vergogna dalle altre persone. Anchenoi come i bambini: pieni di stupore e di curio-sità, amano vivere la vita e conoscere tuttoquello che c’è da sapere. Dobbiamo essereaperti e disponibili imparando a fare per amo-re ciò che dobbiamo fare per dovere nella se-quela di Gesù, Maestro divino. L’umile noncerca la stima altrui come criterio del vivere

L’umiltà è riconoscere che tutto il bene viene da Dio

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perché ben consapevole di averla ricevuta inmodo gratuito da Colui che gli ha dato la vitae gli rinnova la sua fiducia: «Tu sei prezioso aimiei occhi, perché sei degno di stima e io tiamo» (Is 43,4).

La lezione dell’umiltà

C’era una volta un re afgano che governavain modo autoritario e spietato. Imponeva rego-le severissime e manteneva il popolo nella mi-seria e nell’ignoranza. Lui pensava solo a spas-sarsela con la sua corte. Un giorno a caccia in-seguì una gazzella che andava velocissima e loportò a perdersi nel deserto.A quel punto il re, deluso,decise di tornare, ma dovet-te attraversare una tempestadi sabbia e di vento che glilacerarono il volto e i vesti-ti. Con l’aiuto di alcuni no-madi ritrova la strada di ca-sa e arriva alla reggia, dovele guardie lo prendono perun povero pazzo. Da dietroi cancelli il re vede il re,cioè se stesso in uno spiritomisterioso che ha preso ilsuo posto e regna con catti-veria e arroganza. Ne rima-ne inorridito, ma non può far nulla. Intanto im-para a vivere in povertà e capisce che non ce lafarebbe senza gli altri, senza i suoi sudditi cosìgentili ad aiutarlo nel mangiare, bere, dormire,lavorare. Anche lui aiuta chi può e capisce chei suoi sudditi sono brave persone e che nellavita ci si deve aiutare.

Alla fine si rende conto che il re che sta re-gnando è un’illusione creata dall’angelo del-l’umiltà. È giunto per lui il momento di torna-re alla reggia, di regnare di nuovo. Ma questavolta governerà in maniera saggia e gentileperché ha appreso la lezione dell’umiltà.

Umile è bello

Sin dall’infanzia ci portiamo dietro alcu-ne convinzioni implicite che sembrano as-surde ma che ciononostante sono attive, co-me un vecchio programma che non è maistato disattivato. Questa inconfessata e irra-zionale convinzione di essere diversi e spe-ciali data dall’infanzia ci fa credere di avereun destino non sottoposto alle leggi comuni.L’umiltà consiste nella morte di questa se-greta convinzione. È un’autentica rivoluzio-ne copernicana: rendersi conto di non esserecosì centrali come si pensava può rivelarsi

doloroso, ma è pur sempreliberatorio.

Per educarci allora franoi adulti, genitori ed edu-catori, e far crescere i no-stri figli nel senso profondodell’umiltà dovremo trova-re vie educative adeguate apartire dal riconoscere cononestà per noi stessi il biso-gno degli altri, della solida-rietà e della comunione.Dovremo spronare i nostrifigli a far posto agli altri ea rendersi conto che sonofragili, limitati, poveri, vul-

nerabili, soggetti ad errori, legati agli altri eche nulla possono presumere al di fuori dellaloro condizione umana.

Dobbiamo incoraggiarli a trovare la pro-pria identità e bellezza non nelle cose al difuori, nel possedere o manipolare o gonfiarsidi successo, ma guardando dentro di sé, al va-lore della propria anima e del proprio cuore,alla capacità innata di amare Dio e gli altri,dono sublime che la fede cristiana esalta nel-la dimensione dell’eternità.

Don Roberto ROVERAN ssp

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

L’intera esistenza di Gesù è traduzione del-la potenza in umiltà… è la sovranità che quisi abbassa alla forma di servo (Guardini)

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Memoria di san Giuseppenei Canoni della

Celebrazione eucaristica

Mediante la cura paterna di Gesù, san Giuseppe di Nazareth, posto a capo della Famiglia delSignore, adempì copiosamente la missione ricevuta dalla grazia nell’economia della salvez-

za e, aderendo pienamente agli inizi dei misteri dell’umana salvezza, è divenuto modello esem-plare di quella generosa umiltà che il cristianesimo solleva a grandi destini e testimone di quellevirtù comuni, umane e semplici, necessarie perché gli uomini siano onesti e autentici seguaci diCristo. Per mezzo di esse quel Giusto, che si è preso amorevole cura della Madre di Dio e si èdedicato con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, è divenuto il custode dei più pre-ziosi tesori di Dio Padre ed è stato incessantemente venerato nei secoli dal popolo di Dio qualesostegno di quel corpo mistico che è la Chiesa.

Nella Chiesa cattolica i fedeli hanno sempre manifestato ininterrotta devozione per San Giu-seppe e ne hanno onorato solennemente e costantemente la memoria di Sposo castissimo dellaMadre di Dio e Patrono celeste di tutta la Chiesa, al punto che già il Beato Giovanni XXIII, du-rante il Sacrosanto Concilio Ecumenico Vaticano II, decretò che ne fosse aggiunto il nome nel-l’antichissimo Canone Romano. Il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha voluto accogliere e be-nevolmente approvare i devotissimi auspici giunti per iscritto da molteplici luoghi, che ora ilSommo Pontefice Francesco ha confermato, considerando la pienezza della comunione dei San-ti che, un tempo pellegrini insieme a noi nel mondo, ci conducono a Cristo e a lui ci uniscono.

Pertanto, tenuto conto di ciò, questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sa-cramenti, in virtù delle facoltà concesse dal Sommo Pontefice Francesco, di buon grado decretache il nome di san Giuseppe, Sposo della beata Vergine Maria, sia d’ora in avanti aggiunto nellePreghiere eucaristiche II, III e IV della terza edizione tipica del Messale Romano, apposto dopoil nome della Beata Vergine Maria come segue: nella Preghiera eucaristica II: «ut cum beáta DeiGenetríce Vírgine María, beáto Ioseph, eius Sponso, beátis Apóstolis»; nella Preghiera eucaristi-ca III: «cum beatíssima Vírgine, Dei Genetríce, María, cum beáto Ioseph, eius Sponso, cum beá-tis Apóstolis»; nella Preghiera eucaristica IV: «cum beáta Vírgine, Dei Genetríce, María, cumbeáto Ioseph, eius Sponso, cum Apóstolis».

Quanto ai testi redatti in lingua latina, si utilizzino le formule che da ora sono dichiarate tipi-che. La Congregazione stessa si occuperà in seguito di provvedere alle traduzioni nelle lingue oc-cidentali di maggior diffusione; quelle da redigere nelle altre lingue dovranno essere preparate, anorma del diritto, dalla relativa Conferenza dei Vescovi e confermate dalla Sede Apostolica tra-mite questo Dicastero. Nonostante qualsiasi cosa in contrario.

Per decisione di papa Ratzinger, accolta e confermata da papa Bergoglio, la Congregazioneper il Culto Divino il 1° maggio ha pubblicato un decreto che dispone che san Giuseppe ven-ga menzionato accanto alla Madonna anche nelle preghiere eucaristiche II, III e IV. Fino adoggi la menzione “... con san Giuseppe suo sposo” era riservata al solo Canone romano.Ecco il testo del Decreto.

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Novità / Verso il Centenario

LA FAMIGLIA PAOLINAGuido Gandolfo - San Paolo

Con l’espressione“Famiglia Paolina” siintende l’insieme delledieci Istituzioni fioritedal cuore del beatoGiacomo Alberione,

sacerdote della diocesi di Alba (Cu-neo), nato il 4 aprile 1884 a San Lo-renzo di Fossano (CN) e deceduto aRoma il 26 novembre 1971.

L’attributo Paolina evidenzia ilsingolare riferimento all’ApostoloPaolo: la Famiglia non solo ricono-sce in san Paolo il padre, il modelloe l’ispiratore, ma, nel pensiero didon Alberione, intende riprodurrenel presente la persona stessa del-l’Apostolo delle genti; esattamenteessere «Paolo oggi vivente».

Le dieci fondazioni non sonostate il frutto di un “piano di lavoro”concepito e realizzato dall’Alberio-ne, ma la sua risposta ad altrettantiappelli di Dio che lo andava illumi-nando passo per passo.

365 GIORNI CONDON ALBERIONE

“Segreto di grandezza è modellarsisu Dio, vivendo in Cristo”G. Lacerenza - San Paolo

A cento anni dallafondazione del primonucleo della congrega-zione paolina, questaraccolta di scritti di donGiacomo Alberione na-

sce con l’intento di sensibilizzare l’uo-mo contemporaneo a dare testimonian-za della propria fede con le nuove for-me di comunicazione e interazioneumana, seguendo il percorso formativoche il beato ha lasciato alla famigliapaolina con i suoi scritti e predicazioni.

In questo nuovo anno accogliamol’invito di don Alberione: «Un concet-

to, un’idea quest’anno deve dominarein tutti: portare progresso. L’uomoprogredisce perché ha la libertà e puòscegliere sempre ciò che è migliore».

LA STORIA DIDON Giacomo ALBERIONE

Il piccolo ZufrìnSuore Apostoline - San Paoloillustrazioni di Davide Bonazzi

La vita del beatoGiacomo Alberioneraccontata attraverso lavoce di un bambinoche porta il suo stesso

nome. Un volume destinato ai giovanilettori, e non solo, che vogliono cono-scere questo straordinario personaggioche sta alle origini della Famiglia Pao-lina, di cui nel 2014 ricorre il centena-rio della fondazione. Le illustrazioni diDavide Bonazzi costituiscono un sug-gestivo commento al racconto.

DON ALBERIONE CHE SORRIDE

Mauro Ferrero - Ist. S. Famiglia

In questo librosono raccolti, percapitoli rispettosi diuna personalità checresce alla scuola diCristo, gli aneddotipiù significativi del-la vita del beato

Giacomo Alberione, Fondatore della“mirabile Famiglia Paolina”, come luistesso l’ha definita e chiamata.

È scritto nella “presentazione”:«Sono un “cuore a cuore” del suo mo-do di affrontare la vita nelle relazionicon i suoi figli e figlie, nelle più variecircostanze della vita, esercitando lapazienza e proponendosi la calma. Ri-velano la gioiosa vicinanza, la corteseattenzione, la feconda paternità nel vi-vere la comunione con tutti. Essi ispi-rano, incoraggiano e illuminano».

Certo, una biografia su don Albe-rione suscita sempre più meravigliaper la complessità dell’opera (5 Con-gregazioni, 4 Istituti e un’Associazio-ne), e anche per la profonda unità nel-l’impegno apostolico di «vivere e da-re al mondo Gesù Cristo Via Verità eVita» con ogni mezzo.

Questo libro, invece, nella varietàdegli episodi raccontati, ci fa gustare ilvolto più umano del Fondatore, facen-do emergere le qualità quotidiane del-la sua vita nel rapporto con le persone;soprattutto pongono in luce vivissimail suo rapporto di fede con Dio.

GESÙ E IL SUO TEMPOLa famiglia ebraica

e la sua vita quotidiananelle parabole di Gesù

don Primo Gironi - Ist. S. Famiglia

Scoprire, sostenere e valorizzarela famiglia come pre-ziosa risorsa per il pre-sente e il futuro degliadolescenti e, quindi,di tutta la società èl’obiettivo di questo

volumetto che presentiamo come sus-sidio a tutte le famiglie dell’Istituto“Santa Famiglia”, perché ogni fami-glia si renda consapevole del grandedono di essere “famiglia cristiana”con il sacramento del Matrimonio.

Ci presenta la santa Famiglia diNazaret: Maria, Giuseppe e Gesù; einoltre la famiglia presentata da Ge-sù stesso attraverso le parabole delVangelo di Luca, Matteo e Marco.Non manca una pagina, molto bella,sulla similitudine nel Vangelo diGiovanni.

Leggere e meditare queste pagi-ne ci porta a ritrovare le “radici” e laragione di fondo della famiglia oggicosì frantumata, divisa e senza signi-ficato, non solo per la società ma an-che per i figli disorientati e spessodemotivati.

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TESTIMONIANZE

«La Famiglia Paolina vuol vivere e dare integralmente Gesù Cristo, come lo interpretò,visse e lo diede al mondo S. Paolo apostolo» (don Alberione). Di questa nostra missione

ne abbiamo avuto la conferma sabato 29 giugno nella cripta della basilica della Regina degli Apo-stoli durante la celebrazione dei giubilei della famiglia Paolina.

Sacerdoti, suore e laici consacrati di tutti gli Istituti paolini, provenienti da tutta Italia e daogni continente per festeggiare, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, le ricorrenze giubilari(25°- 50° ecc.) fino agli 80 anni di professione e consacrazione nella Famiglia Paolina; è statauna celebrazione intensa, commovente e piena di significato.

Abbiamo avuto la gioia di celebrare il 25° di consacrazione nell’Ist. Santa Famiglia a Roma,in rappresentanza delle 26 coppie dell’Istituto “Santa Famiglia” che non hanno potuto condivi-dere una così bella festa di famiglia. Quel giorno abbiamo compreso ancor più la bellezza dellanostra appartenenza alla Famiglia Paolina che ci da la forza di portare quella croce che Gesù ciindica come via di salvezza.

La celebrazione è iniziata nella sottocripta per rendere omaggio al corpo del beato Alberioneper le abbondanti ricchezze di cui ci ha fatto dono; poi tutti in processione ci siamo recati con unpiccolo lume in mano (segno della nostra fede) alla cripta per la celebrazione eucaristica. Tuttivi abbiamo partecipato con emozione e gioia rinnovando gli impegni della nostra consacrazione;alla fine della celebrazione abbiamo rinnovato il nostro “Atto di affidamento a san Paolo”.

È stata un’esperienza bellissima. L’aver rinnovato assieme a tutti i fratelli della Famiglia Pao-lina la nostra consacrazione ci ha dato nuova forza per impegnarci nell’apostolato che ci è statoaffidato come istituto “Santa Famiglia”: “essere famiglia per le famiglie” nella perseveranza enella fedeltà alla Chiesa e al nostro carisma.

Il nostro desiderio di partecipare a questo evento di famiglia è nato quando abbiamo letto sul-la rivista “Gesù Maestro” l’annunzio che a Roma si festeggiavano i Giubilei. È stata un’esperien-za che ci ha arricchiti sia nel corpo che nello spirito. Ringraziamo il Signore per averci regalatoquesto grande dono. È normale augurarvi che tutti possiate vivere questa bellissima esperienzadi famiglia (Rita e Giuseppe PEROLI).

Commovente festa giubilare

Il gruppodei festeggiati.

Accanto:i coniugi

Ritae Giuseppe

Peroliposano

con don SilvioSassi,

Sup. Generale

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Pompei: incontro con Maria per la pace

A Fognano sempre numerosi

Testimonianze

L’8 settembre il pellegrinaggio mariano al Santuario di Pompei ha visto la presenza di un buonnumero di membri dell’istituto “Santa Famiglia”. È stato un momento di grazia. Don Roberto Ro-veran, nella meditazione, ha insistito sul fatto di non abbassare mai la guardia nei confronti deinostri figli, né presumere di conoscerli in profondità, perché occorre tenere presente la grande di-stanza tra il progetto di Dio per ogni figlio e le attese dei genitori che non sempre sono in gradodi comprenderlo. L’Ora di adorazione, tenuta nella maestosità del Santuario splendidamente re-staurato, si è incentrata sulla preghiera del Santo Rosario per la Pace in comunione con PapaFrancesco e in continuità con l’intenso momento di preghiera vissuto il giorno precedente in piaz-za san Pietro. Abbiamo affidato ai piedi della Madonna le nostre ansie di famiglie, l’Istituto San-ta Famiglia e i Sacerdoti (Carlo e Annamaria PRINCIPE).

Esercizi spirituali 29 agosto – 2 settembre 2013 a Fognano. La partecipazione è stata numerosa, so-prattutto per la presenza di oltre cinquanta ragazzi e giovani, ben animati dall’équipe formata da al-cuni figli di coppie dell’Istituto “Santa Famiglia”.

Il 26 maggio 2013 Vincenzo e Goretta Valentini – membri dell’Istitu-to “Santa Famiglia”, Gruppo di Orciano – hanno ricordato, circondati daparenti ed amici, il loro 25° anniversario di Matrimonio.

La Celebrazione eucaristica è stato il momento in cui lodare e rin-graziare il Signore per i doni ricevuti.

Da parte nostra siamo grati nei confronti della coppia per la dispo-nibilità che dimostrano nel prestarsi come volontari a servizio delSantuario di San Giuseppe a Spicello.

Un 25° di fedeltà

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TESTIMONIANZE

Domenica 15 settembre abbiamo vissuto il pellegrinaggio della “Santa Famiglia” al Santua-rio della Madonna delle Lacrime a Siracusa, tanto caro a don Stefano Lamera.

Da Siracusa grazie per tutti!

Zovello di Ravascletto (Udine) – Il Gruppo di Esercitanti dell’Istituto. A conferma di tutti si è goduto il frescodella montagna (850 metri e più), ma soprattutto il raccoglimento e il silenzio.

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Testimonianze

La giornata è iniziata con le Lodi mattutine e la catechesi sull’enciclica Lumen Fidei, tenutada don Domenico Cascasi, che ci ha invitato a riflettere, visto il momento critico che stiamo vi-vendo, sulle parole di Papa Francesco in risposta alla lettera di Eugenio Scalfari, pubblicata suRepubblica. Subito dopo, la proiezione del filmato storico dell’evento della lacrimazione, conl’emozione suscitata, ci ha riportato all’essenza della giornata vissuta con viva fede sull’esempiodella vita di Maria accanto a Gesù e alla certezza della sua continua vicinanza a noi qui, in terra.

Durante la Celebrazione eucaristica, presieduta da don Domenico, con la basilica gremita, ipresenti hanno potuto riflettere sulle parole del Vangelo della Misericordia.

Dopo pranzo, in attesa della recita del Rosario in basilica, abbiamo potuto contemplare inCripta le lacrime cristallizzate contenute nel prezioso reliquiario, e qui il ricordo di don Stefa-no si è fatto più vivo e struggente, quando abbiamo rivissuto nel racconto di Gino Quagliatadel gruppo di Canicattì, l’episodio quando vinse “l’ostinazione” di don Stefano contro il dinie-go del Sacerdote del Santuario, presente in sacrestia, di fargli baciare il Reliquiario gelosamen-te custodito.

Il Rosario in basilica ha concluso il pellegrinaggio e subito dopo, prima della partenza, moltidi noi hanno potuto visitare il luogo delle lacrimazione, completando così l’itinerario per l’acqui-sto dell’Indulgenza plenaria, in occasione del 60° anniversario dell’evento che si celebra proprioquest’anno.

Con la certezza che la Madonna ha raccolto e fatte proprie le nostre intenzioni, ogni parteci-pante ha fatto ritorno a casa lieto e grato per la giornata vissuta (Corrado e Patrizia CATALDI).

Partecipanti dell’ISF agli Esercizi spirituali a Capaccio (SA), settembre 2013

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Novità-Libri

“SE MI AMI NON DIRMISEMPRE DI SÌ”

Diritti (ignorati) dei bambini,Doveri (disattesi) degli adultiAmedeo Cencini - San Paolo

Padre Amedeo Cencini è noto persuoi testi di psicologia della vita

religiosa. In questovolume, per la primavolta, affronta ilmondo dell’educa-zione dei bambini.In un linguaggiochiaro, diretto e iro-

nico, elenca i diritti spesso negatioggi ai bambini: il diritto di nonessere programmati, il diritto al-l’imperfezione, il diritto alla im-perfezione dell’ambiente in cui sivive, il diritto a essere trattati dabambini, il diritto a non essere giu-dicati con categorie “adulte”, il di-ritto ad essere apprezzati per quel-lo che si è.Tra tutti questi diritti vi è, fonda-mentale, il diritto a dire e a riceve-re dei “no”, come condizione percrescere liberi e responsabili.

GENITORICHE AVVENTURA!

Principi praticiper educare i figli

Sofia Mattessich - San Paolo

Alla fine dell’Ottocento, Freudaveva classificato il compito dieducare tra i “mestieri impossibi-

li”; oggi, che cosa di-rebbe? Con la crisidelle istituzioni edu-cative, dei valori untempo unanimemen-te condivisi, l’au-mento esponenziale

di separazioni e divorzi, tutto sem-bra essere diventato ancora più dif-ficile. Questo libretto spiega in po-che paginedieci principi essenziali che i geni-tori possono applicare per favorireuna crescita serena ed equilibratadei loro bambini.

NOI DUEStrumenti per comprenderee migliorare la vita di coppiaLaura Capantini – San Paolo

Costruire un legame duraturo è,tutt’oggi, uno dei desideri più co-muni, ma, alla prova della vita, di

difficile realizzazio-ne. Sempre più spes-so le coppie chiedo-no aiuto per superarele proprie difficoltà, imomenti di disorien-tamento, la paura di

aver smarrito l’amore o la stessacapacità di amare.Questo volume, che si rivolge allecoppie e agli operatori di counse-ling, affronta il tema con la con-vinzione che oltre la spontaneitàdell’inna-moramento, si possa, coltempo, imparare ad amarsi; chel’amore sia un sentimento che sicostruisce attraverso stagioni di-verse, ma valga la pena decidere diimpegnarsi seriamente.

I DIRITTIDELLA FAMIGLIA

Solo sulla carta?F. Belletti e G. Ottonelli

Paoline

I diritti della famiglia sono oggi se-riamente minacciati in molti modi e

un po’ ovunque. Vec-chie e nuove fragilitàinterne si combinanocon attacchi prove-nienti dall’esterno:povertà, movimenti

migratori, precarietà del lavoro, per-secuzioni religiose rendono la vitafamiliare particolarmente difficile. A questi fattori si aggiunge la sfidaantropologica e valoriale di una so-cietà schiacciata dalla mercificazio-ne delle relazioni e delle persone: ilegami sembrano perdere progressi-vamente significato; sembrano vin-cere il consumismo, il relativismo,l’individualismo. La fuga dalla re-

sponsabilità genitoriale è fenomenosempre più frequente. Le famigliesi sentono abbandonate, in una so-cietà che pare voler fare a menodella famiglia. Alla luce della Car-ta dei diritti della famiglia, promul-gata dalla Santa Sede nel 1983, conlinguaggio semplice e familiare gliautori propongono una verifica delgrado di attuazione dei singoli dirit-ti, con attenzione specifica, ma nonesclusiva, al nostro Paese..

EDUCARE AL FEMMINILEE AL MASCHILE

T. Cantelmi e M. Scicchitano Paoline

Nel contesto odierno una delleemergenze in ambito educativo è ilfare crescere nell’identità di gene-

re. Cosa è maschile,cosa è femminile?Quali sono le predi-sposizioni di un fi-glio maschio o di unafiglia femmina?Il dibattito su questo

argomento è aperto a livello interna-zionale, ma in Italia se ne discute po-co. Perché? Probabilmente, afferma-no gli Autori, per la paura a non vo-lersi esporre e affermare alcune veri-tà e quindi per non essere tacciati co-me discriminatori o reazionari o re-trogradi. Con spirito pionieristiconel testo affrontano l’argomento ar-rivando a dimostrare la fondatezzadella identità di genere con delle tesiscientifiche e sociologiche espostein maniera accessibile e divulgabile.

CORSO DI CORAGGIOPER BAMBINI PAUROSI

Rita Vilela – San Paolo

Un insolito Corso di Coraggio vie-ne organizzato alloZoo per insegnare aibambini come supe-rare le proprie paure.Maria e i suoi amiciimparano la Regoladell’elefante: tutti

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Novità

hanno paura, anche i più grandi. Im-parano la Regola del pappagallo:parlare delle proprie paure può esse-re d’aiuto, ma anche la fondamentaleRegola del leone: è importante averepaura di ciò che può farci del male.Una storia divertente e poetica do-ve, attraverso lo spunto degli ani-mali, vengono passati in rassegna itimori dei bambini e insegnatisemplici trucchi per affrontarli.

DOVE SONO GLI ADULTI?Mario Chiarapini – Paoline

Il momento di regresso culturale ei deriva comportamentale ed esi-stenziale – che comunemente defi-

niamo emergenzaeducativa – proba-bilmente non sonotanto da attribuirsi aigiovani, quanto allaimpreparazione e al-la latitanza degli

adulti. Il problema, infatti, nasceda un dialogo interrotto tra le ge-nerazioni e da un assenteismo daparte degli adulti, che sono incapa-ci di fornire risposte credibili edefficaci alla grande domanda di fu-turo dei giovani, favorendo cosìl’insorgere della indifferenza, delcinismo e della perdita di valorietici, morali e cristiani.L’Autore sostiene che è fondamen-tale ritornare ad avere una correttacomunicazione tra le differenti ge-nerazioni: da ciò dipende la nostraciviltà, la convivenza civile e il be-nessere sociale.

Papa FrancescoPENSIERI DAL CUORE

San Paolo

«Francesco d’Assisiè per me l’uomo del-la povertà, l’uomodella pace, l’uomoche ama il creato. Èl’uomo che ci dèquesto spirito di pa-ce, l’uomo povero…

Ah, come vorrei una Chiesa pove-ra e per i poveri».Ecco il tratto significativo dellapersonalità di papa Francesco, benchiaro e che si manifesta ogni vol-ta che parla in pubblico. Ed è iltratto che più ci affascina.I pensieri di questo “parroco delmondo” stanno tracciando un sol-co profondo, creando un pone nuo-vo di comunicazione con la gente,tra sacerdoti e laici, tra credenti enon.

L’ATTO, LA STORIABenedetto XVIPapa Francesco

e la fine del NovecentoGiancarlo Ricci – San Paolo

Il Novecento non è terminato conil crollo del muro di Berlino, né

con quello delle Tor-ri Gemelle, perchéqualcosa nella quoti-dianità continuava acrollare, a produrremacerie e relitti. È stata la scelta di la-

sciare il pontificato, annunciatal’11 febbraio 2013 da BenedettoXVI, a chiudere il secolo scorsotrascendendo la storia della Chiesae superando le mura del Vaticano.Quell’atto ha messo un punto, haposto un sigillo: quanto accadràprossimamente non potrà essereinterpretato attraverso gli schemicui eravamo soliti, e nei gesti dipapa Francesco possiamo già leg-gere cosa sarà il tempo futuro.

LETTERE ENCICLICHEdi Benedetto XVI

Paoline

Il volume raccoglie le tre lettereencicliche che Be-nedetto XVI, nelcorso del suo ponti-ficato (2005-2013)ha indirizzato allacristianità: Deus ca-ritas est (2005), sul-

l’amore cristiano; Spe salvi(2007), sulla speranza cristiana;Caritas in veritate (2009), sullosviluppo integrale nella carità enella verità.

CARLO Maria MARTINIIl silenzio della parola

Damiano Modena - San Paolo

Partendo dall’istante in cui il cuo-re del cardinal Martini cessa di

battere, in una sortadi viaggio a ritrosodon Damiano Mode-na, il suo segretariopersonale, raccontala lunga storia di“amicizia-lotta” di

Martini con il Parkinson. Nono-stante la perdita della voce, nono-stante non riesca più a camminare,Martini non rinuncia a dispensareparole di coraggio e di speranza atutti coloro che lo vanno a trovare. Un libro straordinario, che ci fascoprire l’ultimo, inedito volto diMartini: uomo di Dio sino in fon-do, sino alla fine. Il volume contie-ne anche il racconto in presa diret-ta degli ultimi incontri con Bene-detto XVI e in esclusiva il docu-mento inedito, consegnato da Mar-tini al Pontefice, sui mali dellaChiesa.

BREVE PRESENTAZIONEDEL VATICANO II

P. Giordano CabraQueriniana

Redatto in forma sintetica e com-prensibile a tutti il testo è una pri-ma, semplice introduzione al Con-

cilio Vaticano II: perchi non l’ha vissuto eper chi desidera ave-re un’informazioneessenziale.Queste pagine parto-no dal presupposto

che tante cose spesso date perscontate, per molti non sono néovvie né conosciute a motivo del-

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Novità

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la distanza culturale esistente frail tempo del Concilio e il nostrotempo: ecco perché capita di sen-tirsi estranei ai dibattiti in corsosul Vaticano II, sulla sua interpre-tazione, sulla sua applicazione.L’autore accompagna in questascoperta, per aiutare a compren-dere meglio il presente alla luce diquell’evento.

PREGARE IL ROSARIOConsigli e aiuti

per una buona recitaEmanuele Giulietti – Paoline

Questo libro vorrebbe aiutare chigià recita il Rosario a vivere più

compiutamente que-sta forma di preghie-ra, e chi ha scarsa fa-miliarità con la “co-rona” ad avvicinarsie a scoprire la ric-chezza di un “meto-

do” che da secoli accomuna i sem-plici, i dotti, i poveri, i grandi mi-stici, i peccatori convertiti, i santi.«Preghiera meravigliosa nella suasemplicità e profondità, preghieracosì facile e al tempo stesso cosìricca, il rosario merita di essere ri-scoperto dalla comunità cristiana…Riprendete con fiducia tra le manila corona del rosario, riscoprendoloalla luce della Scrittura, in armoniacon la liturgia, nel contesto della vi-ta quotidiana» (Giovanni Paolo II).

SULLA BRECCIADAVANTI A DIO

La preghieradi intercessione

Cyril John – San Paolo

Cyril John ci spie-ga in modo sempli-ce cos’è la preghie-ra di intercessione.Questo libro sarà diaiuto a tutti coloroche sono all’inizio

nel campo della preghiera d’in-tercessione: il suo insegnamen-to è chiaro e illustrato con nu-merosi e appropriati esempi etestimonianze. Sarà utile anchea chi ha già dimestichezza conl’argomento: contiene dei ri-chiami alla preghiera per cre-scere nella santità e sottolinea illegame intrinseco dell’interces-sione con l’evangelizzazione ela missione.

BEATITUDINI DEL CATECHISTA

Percorso formativosulle orme bibliche

L. Guglielmoni e F. Negri - Paoline

Questo libro propone una forma-zione specialistica per catechisti

in nove tappe concadenza mensile.L’attenzione è postasu alcune grandi fi-gure dell’Antico Te-stamento, che se-gnano il cammino

per quanti anche oggi desideranoarrivare a Cristo e ripartire da lui.Da Abramo a Tobia, attraversoMosè, Samuele, Davide, Elia,Isaia, Giona: in questa vasta trac-cia di annunciatori della Parola edi costruttori del popolo di Dio, icatechisti odierni possono trova-re utili motivi di speranza, saggeprovocazioni a un servizio piùqualificato, coraggiosi stimoli aosare di più per il Regno, chiarerevisioni di vita personali e digruppo.Il percorso è articolato in novecapitoli, con una identica struttu-ra: testo del Magistero; brano bi-blico; commento e attualizzazio-ne di un personaggio biblico; rac-conto tematico; traccia di rifles-sione e proposta di iniziative;beatitudini del catechista; pre-ghiera (Litanie e orazione di unmaestro spirituale).

VANGELO QUOTIDIANO2014

a cura di P. Curtaz – San Paolo

Per ogni giorno dell’anno, il testodel Vangelo del giorno o un suo

estratto, accompa-gnato dalla medita-zione di Paolo Cur-taz. Nelle feste e nel-

le solennità si introducono breve-mente anche le altre letture. Perogni giorno vengono indicate le ci-tazioni bibliche relative alla Litur-gia della Parola e le indicazioni deiSanti o dei beati che la chiesa ri-corda. Un sussidio ideale per ali-mentare quotidianamente la fiam-ma della fede.

NON TEMEREIO SONO CON TE

Adorazioni eucaristiche per ogni tempo dell’annoMariangela Tassielli – Paoline

Gesù Cristo, parola del Padre, con-tinua a penetrare gli spazi della

quotidianità di quantilo cercano, di coloroche si affidano a lui...Interpella la vita;chiama all’ascolto ea spalancargli il cuo-re. La preghiera di-

venta il luogo privilegiato di in-contro, dialogo e conoscenza diGesù.Le diciannove tracce di adorazionesi propongono come un itinerarioche lungo l’anno liturgico può aiu-tare ciascuno a entrare, sempre piùprogressivamente, nel mistero del-l’amore di Dio che, in Gesù Cristosi è fatto storia. Le tracce, dopo unaintroduzione iniziale al tema pro-posto, si sviluppano su tre momen-ti: - comprendere con tutta la men-te (ascolto della parola di Dio); -aderire con volontà e desideri (ri-flessione e confronto con la vita); -amare con tutto il cuore (la Parolasi fa preghiera di intercessione).

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Audiovisivi

Film

Sei venuto dal cieloMessa di Natale

D. Ricci – Audiovisivi Paoline

Riproponiamo in supporto compactdisc, arricchito dallerelative versioni stru-mentali, con testi espartiti in pdf, questicanti di Daniele Ric-ci per la messa di Na-

tale e del tempo natalizio. Sonobrani musicalmente belli, intensi,ritmici, vivaci, che valorizzano lasensibilità dei giovani, ma anchequella di tutta l’assemblea domeni-cale che viene coinvolta nel gioio-so clima natalizio. Alcuni sono ri-tuali come il Gloria e il Santo. Altriaccompagnano i vari riti: ingresso,

presentazione dei doni, comunione.Altri ancora portano a contemplareil mistero o danno slancio e caricaper il cammino.È una proposta indirizzata ai grup-pi giovanili e alle comunità parroc-chiali, per cantare la fede nel mi-stero dell’incarnazione, esprimerela gioia del Salvatore in mezzo anoi, diventare testimoni della buo-na notizia.

Tu sei il CristoM. Frisina – Audiovisivi Paoline

Una proposta di nuo-vi canti per le diver-se celebrazioni del-l’anno liturgico, in-contri di preghiera ed

eventi ecclesiali. Oltre a brani trat-ti dalla Scrittura, sono presenti al-cuni testi significativi, ispirati apreghiere della Tradizione liturgi-ca e magisteriale della Chiesa, co-me le parole di Paolo VI in Tu seiil Cristo e le definizioni dellaChiesa tratte dalla “Lumen Gen-tium” in Popolo di Dio.Questi brani, adatti per cori e as-semblee, con testi in italiano e me-lodie belle e cantabili, rappresenta-no un contributo all’animazionemusicale della liturgia, per affer-mare il significato dell’essereChiesa, soprattutto in questo mo-mento storico difficile, ma nel con-tempo anche esaltante per ogni cri-stiano chiamato a testimoniare conforza la sua fede al mondo.

Io e teRegia di B. Bertolucci

Anno 2012

Tratto dall’omonimo romanzo diNicola Ammaniti, il film narra di

Lorenzo, un adole-scente pieno diproblemi psicolo-gici che lo portanoad isolarsi e a na-scondersi rifugian-dosi in cantina. Ma

l’arrivo inaspettato della sorella-stra gli scombina i piani. Egli è co-stretto a confrontarsi con una real-tà spiazzante perché sconosciuta,ma anche con una umanità feritache chiede comprensione e aiuto.In quella sorella, abbruttita e incat-tivita, Lorenzo trova verità e au-tenticità insieme ad un sentimentod’amore che non conosceva. Ed èproprio grazie a lei che avviene la

sua trasformazione e maturazione. In un mondo come il nostro, carat-terizzato da ipocrisie e conformi-smo, c’è la tentazione di chiudersiin se stessi in uno splendido isola-mento. Ma il rapporto con le per-sone, magari piene di problemi,ma vere e reali, nonostante la fati-ca e le difficoltà, permette di usci-re dal proprio guscio e di affronta-re la vita con maggiore grinta, ma-turità e serenità.

La parte degli AngeliRegia di Ken Loach - Anno 2012

Il film racconta lastoria di un riscat-to, di un’emancipa-zione. Robbie èuno dei tanti disoc-cupati, emarginati,violenti a causa di

motivi familiari e socio-economi-ci. Ogni volta che tenta di cambia-re vita viene ricacciato indietro.Ma, grazie alle sue doti insospet-tate e all’aiuto di Harry che glielefa scoprire e che gli offre una pos-sibilità, riesce con astuzia a rad-drizzare la propria vita e a ritrova-re la propria umanità. Il regista, attraverso una comme-dia spettacolare, constata comenel mondo contemporaneo esista-no situazioni di marginalità e de-linquenza che dipendono da fatto-ri socio-economico-familiari. Èdifficile venirne fuori e molti nonce la fanno. Ma qualcuno ce la puòfare. A patto che sappia valorizza-re le proprie doti, ci metta impe-gno e astuzia e, soprattutto, troviqualcuno che creda in lui e gli diatanta fiducia con la possibilità divenirne fuori.

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

CAREDDU COSTANTINO* 13-03-1943 – † 27-11-2012del Gruppo di San Vero Milis

Il caro Costantino, insieme alla moglie Antonietta, entrarono nell’Istituto “Santa Famiglia” nel1985. Uomo di poche parole, ma sempre pronto ai sacrifici, ricordava tanto san Giuseppe. Nono-stante la distanza dalla sede del Gruppo, sia lui che la moglie sono stati sempre presenti ai Riti-ri, ai Pellegrinaggi portando con sé la gioia dell’appartenenza all’Istituto.Dopo lunghe sofferenze accettando la volontà del Padre, Costantino lo ha raggiunto. Ad Anto-nietta e ai familiari esprimiamo il nostro cordoglio insieme al nostro affetto e alla vicinanza fra-terna. Ciao, Costantino, prega per noi da lassù (I fratelli del Gruppo di San Vero Milis).

SCANU MARIA* 31-05-1939 – † 30-12-2012del Gruppo di San Vero Milis

Maria è entrata nell’Istituto “Santa Famiglia” nel 1981. Donna semplice e forte, sempre presen-te e attiva in tutte le iniziative, ha sempre affrontato le difficoltà della vita con tanta fede e il sor-riso sulle labbra, come quando è arrivata la malattia dopo il Pellegrinaggio a Lourdes nel 1993.Da allora infatti non ha più potuto partecipare alla vita del Gruppo. Mamma di tre figli è stataamorevolmente curata per tanti anni. Ringraziamo il Signore per questa sorella che oggi interce-de per noi dal Paradiso! (I fratelli del Gruppo di San Vero Milis).

DESSÌ GIUSEPPE* 11-09-1932 – † 19-07-2013

del Gruppo di Cagliari

Era entrato nell’Istituto “Santa Famiglia” nel 1992 con la moglie Anna Maria, volata in cielo nel2002. Avevano compreso la parola del Signore: «Imparate da me che sono mite e umile di cuo-re» (Mt 11,29); erano infatti due persone semplici e delicate, aperte e cordiali, sempre attente eaccoglienti verso il prossimo. Li accompagnava sempre un sorriso affabile e amorevole. Quando Anna Maria è mancata, Pinuccio agli incontri rimaneva più appartato e raccolto, ma co-munque continuò sempre a frequentare gli impegni dell’Istituto. Per la preghiera del Rosario, an-ziché la corona, usava le dita della mano e diceva che talvolta si perdeva qualche dito.Da buon nonno accompagnava i nipoti agli impegni ecclesiali come il catechismo, la novena di Na-tale per i bambini, ecc. Era molto generoso; infatti pur vivendo della sua pensione di operaio, nonmancava di portare viveri ai poveri. Anche da anziano sapeva accostarsi ai giovanissimi, tanto cheun ragazzo, figlio di una coppia dell’Istituto, lo scelse come padrino per la cresima. Cosa che Pi-nuccio accolse molto volentieri. Durante l’ultima malattia, pur essendo provato dal male, diceva chenon aveva ancora il desiderio di andare dalla moglie. Il Signore, però, aveva disposto diversamen-te: aveva compiuto il cammino di consacrato nella famiglia di Dio. Riteniamo che ci abbia prece-duti in cielo per aiutare il Signore Gesù a prepararci un posto (I fratelli del Gruppo di Cagliari).

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

LAGHETTO GIOVANNI* 25-04-1944 – † 29-09-2013

del Gruppo di Vicenza

Un’anima davvero bella quella del nostro fratello Gianni improvvisamente salito al cielo per ab-bracciare il Padre celeste, la Regina degli Apostoli e la sua sposa amatissima Lucia.Un’anima sensibile, profonda, curiosa e sempre desiderosa di crescere; il nostro amico Gianni sichiedeva perché le loro preghiere non sembravano aver trovato ascolto quando, con grande im-pegno, chiedevano la guarigione di Lucia.Un infarto lo ha colto di sorpresa il giorno dei Santi Arcangeli mentre, la Santa Messa funebre, èstata celebrata il giorno 2 ottobre festa degli Angeli custodi.Come angeli ora Lucia e Gianni veglieranno insieme per guidare e proteggere i loro quattro me-ravigliosi figli con le loro rispettive famiglie.Gianni e Lucia amavano profondamente l’Istituto Santa Famiglia ed erano conosciuti da coppie ditutta l’Italia avendo prestato servizio per alcuni anni come responsabili del Gruppo di Vicenza.Profondamente innamorati della Parola di Dio sono stati promotori delle settimane del Vangeloe di altre iniziative nella loro comunità parrocchiale assieme alla Famiglia Paolina.La costanza nella preghiera, alla S. Messa, al S. Rosario pregato ogni sera in casa siano per tuttinoi esempio di come vivere la sequela di Gesù Maestro (I fratelli del Gruppo di Vicenza).

In attesa del necrologio, ricordiamo altri due defunti di questo periodo:Cerrito Gaetano - 09/10/2013 di Canicattì (AG) - De Caro Aurora - 20/10/2013 di Salerno

L’Urnadel BeatoAlberionenellasottocriptadel SantuarioRegina degliApostoli la cuifesta si celebrail 26 Novembre.

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ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “Santa Famiglia”

per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S. Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000

intestato a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n. 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”

IBAN: IT34K0832703201000000034764

IL VALORE DELLA SANTA MESSA

«La Chiesa, che è il Corpo di Cristo, partecipa all’offerta del suo Signore. Il sacrificio

di Cristo presente sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere

uniti alla sua offerta» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1368).

«Niente è più grande dell’Eucaristia!... Quando noi vogliamo liberare dal Purgatorio

una persona cara e invocare la benedizione sulle nostre famiglie, offriamo a Dio il santo

Sacrificio del suo Figlio diletto, con tutti i meriti della sua passione e della sua morte. Egli,

Dio Padre, non potrà non ascoltarci…» (Santo Curato d’Ars).

OPERA SANTE MESSE PERPETUE

Si tratta di 2400 Messe che ogni anno vengono celebrate dai Sacerdoti Paolini per tutti gli

iscritti vivi e defunti. Tale Opera è stata voluta da don Giacomo Alberione come segno di

riconoscenza verso tutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

Norme per l’iscrizione1. Ogni iscrizione si riferisce a una singola persona, sia viva che defunta.

2. Per ogni iscritto si rilascia una pagellina-ricordo con il nome e la data d’iscrizione.

3. Gli iscritti godono del beneficio di sei Sante Messe che ogni giorno vengono cele-

brate esclusivamente per loro.

4. L’offerta per ogni iscrizione è di Euro 20,00 ed ha valore perpetuo.

Nota bene

• Celebrazione di Sante Messe secondo le intenzioni dell’offerente: € 10,00.

• Celebrazione di un Corso di Messe Gregoriane l’offerta è di € 350,00.

Inoltrare le prenotazioni delle intenzioni di Messe all’Istituto “Santa Famiglia”

Circonvallazione Appia 162 – 00179 ROMA – ccp n. 95135000.

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