Gentile da Fabriano

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Federico CelozziIII°E2004/2005

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SINO

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SINO

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Presentazione su

GentileDa

Fabriano

Prodotta da Federico Celozzi

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ESCI

VITA

OPERE

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(Fabriano, 1370 ca - Roma, 1427)

Soprannome di Gentile di Niccolò, nato a Fabriano, in provincia di Ancona, nelle Marche, era il figlio di Giovanni Massi, un commerciante di stoffa. Pittore di ricca cultura, divenne una delle maggiori figure italiane nello stile “Gotico Internazionale”, largamente diffuso. Anche se molte tracce suggeriscono che fu istruito a Milano (o comunque in Lombardia) e a Verona, grandi centri culturali dell’epoca, dove avrebbe cominciato ad elaborare una pittura elegante e raffinata, caratterizzata da una grande ricchezza di dettagli, sembra che Gentile abbia avuto la sua prima formazione artistica in Umbria o nelle Marche; senza dubbio, però, deve aver incontrato l'arte senese già in giovane età. L'attenzione al particolare più minuto rivela tra l'altro l'influenza che ebbe su di lui l'arte della miniatura. Inoltre è decisamente notevole l’influenza della cultura francese, fiamminga e tedesca nella sua pittura. Gentile fu, probabilmente, l'artista più ricercato e famoso in Italia nei primi decenni del quindicesimo secolo.

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Questo è confermato, oltre che dai suoi viaggi in grandi città come Venezia, Firenze, Roma, Orvieto e Perugia, anche dal grande numero di alunni che egli ha attirato, come Pisanello, Jacopo Bellini, e Fra Angelico, il suo più grande erede.

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Un tipico esempio tra i primi lavori di Gentile è il “Polittico di Valle Romita” (1400 circa), così denominato perché fu dipinto per un convento di Valle Romita, vicino a Fabriano. L’opera principale di questo polittico è “l’Incoronazione della Vergine”. Ora èconservato nella Galleria di Brera di Milano. La “Vergine con Bambino tra San Nicola e Santa Caterina”, conservato attualmente al Gemaldegalerie di Berlino, e la “Madonna col Bambino tra i Santi Francesco e Chiara”, conservato allo Staatliche Museen di Berlino, costituiscono altri importanti esempi tra i primi lavori di Gentile e risalgono al periodo tra il 1395-1405.

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In particolare rivelano influenze Senesi e Lombarde dell’ istruzione e formazione artistica di Gentile. Queste opere, dipinte a Perugia, presentano tutte le caratteristiche principali dell’arte tardo-Gotica-Internazionale: un gusto semplice accompagnato allo stesso tempo da ricchi panneggi (con prevalenze di motivi dorati), flessuosa linearità dei contorni e fastosità dei costumi. Tra le altre opere di questo periodo abbiamo due “Madonne con bambino”, conservate una al Metropolitan Museum di New York, e l’altra alla Galleria Nazionale di Perugia.

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Nel 1408, Gentile fu chiamato a Venezia per dipingere degli affreschi (sfortunatamente distrutti) nella sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale (anche detto Palazzo del Doge). L’opera di spicco di questa sala, con la quale guadagnò moltissima popolarità, è l'affresco con la “Battaglia navale tra i veneziani e Ottone III” (oggi perduto), al quale collaborò anche il Pisanello. Il suo più importante alunno Veneziano fu Jacopo Bellini che divenne in seguito un famoso pittore (anche se più tardi venne sorpassato dai suoi figli Giovanni e Gentile).

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Il suo arrivo a Venezia presenta la prima data ufficialmente registrata che possediamo, attualmente, riguardo Gentile. Egli rimase lì almeno fino al 1414, quando, tra il 1415 e il 1419, soggiornò a Brescia. Qui realizzò un’altra serie di opere per Pandolfo Malatesta nel Broletto di Brescia. Sfortunatamente, di Gentile da Fabriano non sopravvive nulla né del lavoro Veneziano, né delle commissioni che egli eseguì per il Malatesta a Brescia.

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Nel 1419, dopo essere stato a Brescia (e a Fabriano dove ha lavorato per “L’incoronazione Della Vergine” e la “Stimmate Di San Francesco il pittore si stabilì in Firenze, dove era molto attiva la generazione di Donatello, Ghilberti, e Brunelleschi. Il lavoro di Gentile da Fabriano è elegante ed è caratterizzato da un elevato stile, poiché egli si avvale molto di sfondi a tema aureo e innumerevoli dettagli molto raffinati. Le sue grandi abilità tecniche potrebbero essere frutto di un rinnovato interesse per la scultura classica. Nel 1423 egli produsse, per la cappella di Palla Strozzi, il suo capolavoro più famoso, la grandiosa “Adorazione dei Magi”, dipinta originariamente sulla Pala Strozzi (pala d’altare della chiesa di Santa Trinità) ma ora conservata agli Uffizi di Firenze.

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In questo dipinto, che ci è giunto integro nella sua cornice intagliata e dipinta in oro, i personaggi della scena, che indossano ricchi costumi, sono immersi in una atmosfera fiabesca, quasi irreale, unita però ad un'attenta descrizione veristica di piante e fiori. L'opera, dominata dal corteo di figure al seguito dei Magi, esibisce ricchi dettagli dorati, intrecciati sui vestiti dei personaggi e sui finimenti dei cavalli. In questa celeberrima tavola Gentile compone quasi un’antologia delle sue diverse componenti stilistiche, armonizzate in un’opera di grande suggestione.

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Sempre a Firenze, “L'Adorazione del Magi” fu seguita, nel 1425, dalla decorazione, per la chiesa di San Niccolò Oltrarno, del “Polittico Quaratesi” (così chiamato perché licenziato dalla famiglia Quaratesi), ora diviso in più pitture che sono conservate in vari musei (Collezione Reale di Londra; Uffizi di Firenze; Pinacoteca Vaticana di Roma e National Gallery di Washington). Tra le opere più importanti di questo polittico vi sono “Un Miracolo di San Nicola” e “San Nicola e le Tre Palle d’Oro”, che fanno entrambi parte della predella del polittico. Dopo che ebbe soggiornato a Siena e ad Orvieto (dove lui dipinse l'affresco della “Madonna con Bambino” nel Duomo di Orvieto), nel gennaio del 1427 si trasferì a Roma. Qui, anche se distrutta in una ristrutturazione della chiesa, avviò, sotto il consenso di papà Martino V, l’ambiziosa decorazione di un ciclo di affreschi (comprendenti “La Vita Di San Giovanni Battista”) sulla navata centrale della Basilica di San Giovanni in Laterano, che rimase incompleta quando morì nell’agosto del 1427, ma portata a termine da Pisanello.

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Primo Periodo (1395-1405 ca)

Secondo Periodo (1415-1424)

Terzo Periodo (1425-1427)

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Polittico di Valle Romita (1400)• Incoronazione

della Vergine e dei SantiAltre

opere• Madonna con Bambino tra San Francesco e Santa Chiara (1395)• Madonna con Bambino tra San Nicola e Santa Caterina (1400 ca)• Madonna con Bambino (Galleria nazionale dell’Umbria, 1405 ca)

Primo Periodo (1395-1405 ca)

Secondo Periodo (1415-1424)

Terzo Periodo (1425-1427)

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Primo Periodo (1395-1405 ca)Pala Strozzi (1423)

• Adorazione dei Magi• Presentazione di Cristo al Tempio• Riposo Durante la Fuga in Egitto• Iconografia sulla NativitàAltre Opere• Madonna con Bambino (Museo Nazionale di San Matteo 1415-16)• Incoronazione della Vergine (1420)• Le Stimmate di San Francesco• Madonna con Bambino (Museo Nazionale di Washington 1422)• Madonna con Bambino tra San Lorenzo e San Giuliano (1423-24)

Secondo Periodo (1415-1424)

Terzo Periodo (1425-1427)

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Primo Periodo (1395-1405 ca)Polittico Quaratesi

• Nascita di San Nicola da Bari• San Nicola da Bari Placa il Fortunale in Mare• San Nicola da Bari Dona Tre Palle D’oro a Tre Fanciulle Povere• San Nicola da Bari Resuscita Tre Fanciulle• I Quattro Santi del PolitticoMadonna con

Bambino del Duomo di Orvieto

Secondo Periodo (1415-1424)

Terzo Periodo (1425-1427)

• Un Miracolo di San Nicola

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INCORONAZIONE DELLA VERGINE E SANTI1400 ca – Tempera su pannello – 117 x 40 cm Pinacoteca di Brera, Milano

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MADONNA CON BAMBINO TRA SAN FRANCESCO E SANTA CHIARA

1395 ca - Tempera su tavola - 56,5 x 42 cm - Staatliche Museen, Berlino

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MADONNA CON BAMBINO TRA SAN NICOLA E SANTA CATERINA

1400 ca - Olio su tela -131 x 113 Gemäldegalerie, Berlino

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MADONNA CON BAMBINO

1405 ca – Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia

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PALA STROZZI

1423 - Tempera su tavola - 300 x 282 cm

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ADORAZIO-NE DEI MAGI

173 x 220 cm Galleria degli Uffizi, Firenze

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25 x 88 cm – Galleria degli Uffizi, Firenze

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25 x 62 cm – Museè du Louvre, Parigi

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MADONNA CON BAMBINO

1415-1416 - Museo Nazionale di San Matteo, Pisa

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INCORONAZIONE DELLA VERGINE

1420 - tempera su tavola - 85 x 62 cm - J. Paul Getty Museum, Los Angeles

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STIMMATE DI SAN FRANCESCO

1420 - tempera su tavola - 87 x 62 cm - Fondazione Magnani Rocca, Traverserolo (Parma)

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MADONNA CON BAMBINO

1422 - Tempera su tavola - National Gallery of Art, Washington

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MADONNA CON BAMBINO TRA SAN LORENZO E SAN GIULIANO

1423/1424 - tempera su tavola 91 x 47 cm – Frick Collection, New York

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NASCITA DI SAN NICOLA

1425 – Olio su pannello Pinacoteca Vaticana, Roma

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SAN NICOLA PLACA IL FORTUNALE IN MARE

1425 – Olio su pannello Pinacoteca Vaticana, Roma

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SAN NICOLA DONA TRE PALLE D’ORO A TRE POVERE FANCIULLE

1425 – Olio su pannello Pinacoteca Vaticana, Roma

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SAN NICOLA RESUSCITA TRE FANCIULLE

1425 – Olio su pannello Pinacoteca Vaticana, Roma

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UN MIRACOLO DI SAN NICOLA

1425 – Olio su pannello Pinacoteca Vaticana, Roma

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I QUATTRO SANTI DELLA PALA D’ALTARE1425 - Tempera su pannello 803 x 57 cm Galleria degli Uffizi, Firenze

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MARIA MADDALENA 197 x 57 cm

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SAN NICOLA 197 x 57 cm

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SAN GIOVANNI BATTISTA

197 x 57 cm

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SAN GIORGIO 197 x 57 cm

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MADONNA CON BAMBINO

1425 – Affresco – Duomo di Orvieto, Orvieto (Siena)

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Nei pannelli laterali: San Geronimo, San Francesco, San Domenico e Maria Maddalena. Nei pannelli superiori (la cui sequenza non è stata ancora ricostruita definitivamente): San Giovanni Battista nel Deserto, L'esecuzione di San Pietro Martire, San Tommaso d'Aquino e San Francesco mentre riceve la Stimmate. Questo polittico fu eseguito per il convento di Valle Romita a Fabriano nel 1400 ca. Indubbiamente, la familiarità con le miniature e il lavoro grafico lombardi del tardo ‘400 furono un elemento importante in quest’opera di Gentile da Fabriano, come è indicato dalle chiare affinità tra il suo lavoro e quello di Michelino da Besozzo. Egli fu anche influenzato da maestri di varie correnti, come Barnaba da Modena e Taddeo di Bartolo, e più incisivamente dall' arte toscana e veneziana.

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Nel pannello centrale viene mostrata la Vergine mentre è incoronata da Cristo, in presenza di Dio ed del Spirito Santo. La raffinata e delicata composizione è completata da tre figure caratterizzate dall’assenza di peso (che sembrano essere senza-corpo nei loro drappeggi) e da elementi inconsistenti, come la raggiante e fiammeggiante aureola che sostiene l'apparizione della Trinità. Forme curve (inclusa la banda di musicisti angeli, i contorni delle figure di Cristo e la Vergine, e la folla di serafini attorno a Dio) richiamano la forma arcuata del pannello.

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Nei pannelli laterali i corpi dei santi sembrano scomparire nelle loro vesti. Vi è un gioco estremamente raffinato di variazioni di colore tra le quattro figure. La veste rossa-bianca-aurea di San Geronimo e il costume color rosa-viola di Maria Maddalena si contrappongono con il marrone più sobrio dell'abito di San Francesco ed il nero del manto di San Domenico. I piedi nudi di San Francesco, una caratteristica della sua iconografia, sono pressoché sconnessi dal resto dell’opera. Infatti, i piedi delle altre figure rimangono invisibili, nascosti dalle loro vesti e dallo spesso tappeto di fiori.

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L'indifferenza all'interpretazione dello spazio e alle relative grandezze delle figure può anche essere visto nei piccoli pannelli superiori della pala di altare. San Giovanni Battista e San Francesco, mostrati inginocchiati di profilo, sono schiacciati fra vette rocciose, che mostrano nessun riguardo, da parte di Gentile, a proporzioni realistiche. Similmente, San Tommaso è posto in uno stretto giardino, circondato da un muro e da una porta, che accentuano l'atmosfera meditazione solitaria. Il martirio di San Pietro, che non è eccessivamente sanguinario nonostante la presenza di un flusso di sangue, crea un forte impatto sull’osservatore, essendo presentato verso di esso.

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Francesco d’Assisi

Madonna con Bambino

Chiara

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FRANCESCO D’ASSISINato nel 1181 o nel 1182 ad Assisi, e in origine battezzato Giovanni, Francesco era figlio di un ricco mercante di stoffe, Pietro Bernardone. Trascorse una vita agiata conforme alla sua posizione sociale. Dopo aver ricevuto la chiamata divina abbandonò la casa paterna, iniziando una vita di assoluta povertà dedita all’aiuto degli altri e alla preghiera. Ben presto si unirono a lui alcuni discepoli e alla Porziuncola di Assisi si installò una piccola comunità. Il gruppo cominciò a predicare, mantenendo obbedienza all’autorità della Chiesa e un’assoluta ortodossia. La Regula prima dell’ordine venne approvata a Roma da Innocenzo III nel 1210. Dal 1212 Francesco si dedicò anche alla conversione degli infedeli, si imbarcò per la Dalmazia e poi per la Spagna; in Terrasanta incontrò il sultano che però non si lasciò convertire. Nel frattempo la comunità cresceva di numero e importanza ma si allontanava dalla regola originaria. Nel 1221 Francesco ne stese una seconda, la Regula Bullata, approvata nel 1223 da Onorio III con l’apporto però di alcune modifiche.

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Deluso, lasciò ogni incarico ufficiale per dedicarsi totalmente alla vita contemplativa e alla preghiera. A questi anni risale probabilmente il primo presepe a Greggio e la composizione del Cantico delle creature nel 1224. Quello stesso anno sul monte della Verna ricevette in estasi le stimmate. Morì alla Porziuncola nel 1226 e venne canonizzato due anni dopo da papa Gregorio IX. Patrono d’Italia, Francesco è sempre stato oggetto di un grandissimo culto. La sua effigie ci è stata tramandata in innumerevoli opere votive, comparse immediatamente dopo la sua morte. Gli affreschi di Assisi con le storie della vita del santo sono stati il modello per i cicli agiografici successivi. Abitualmente Francesco indossa il saio bruno o grigio dei francescani con alla vita un cordone a tre nodi, simbolo dei voti di povertà, castità, obbedienza. È raffigurato come un uomo minuto, con la barba, segno ulteriore di penitenza, oppure senza, con gli occhi sofferenti, le stimmate alle mani, ai piedi e nel costato. Altri attributi comuni sono il crocifisso, il giglio, simbolo di purezza e, dalla Controriforma, il teschio; comune è la sua rappresentazione in estasi, mentre riceve le stimmate o mentre prega.

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FRANCESCO D’ASSISINato nel 1181 o nel 1182 ad Assisi, e in origine battezzato Giovanni, Francesco era figlio di un ricco mercante di stoffe, Pietro Bernardone. Trascorse una vita agiata conforme alla sua posizione sociale. Dopo aver ricevuto la chiamata divina abbandonò la casa paterna, iniziando una vita di assoluta povertà dedita all’aiuto degli altri e alla preghiera. Ben presto si unirono a lui alcuni discepoli e alla Porziuncola di Assisi si installò una piccola comunità. Il gruppo cominciò a predicare, mantenendo obbedienza all’autorità della Chiesa e un’assoluta ortodossia. La Regula prima dell’ordine venne approvata a Roma da Innocenzo III nel 1210. Dal 1212 Francesco si dedicò anche alla conversione degli infedeli, si imbarcò per la Dalmazia e poi per la Spagna; in Terrasanta incontrò il sultano che però non si lasciò convertire. Nel frattempo la comunità cresceva di numero e importanza ma si allontanava dalla regola originaria. Nel 1221 Francesco ne stese una seconda, la Regula Bullata, approvata nel 1223 da Onorio III con l’apporto però di alcune modifiche.

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Deluso, lasciò ogni incarico ufficiale per dedicarsi totalmente alla vita contemplativa e alla preghiera. A questi anni risale probabilmente il primo presepe a Greggio e la composizione del Cantico delle creature nel 1224. Quello stesso anno sul monte della Verna ricevette in estasi le stimmate. Morì alla Porziuncola nel 1226 e venne canonizzato due anni dopo da papa Gregorio IX. Patrono d’Italia, Francesco è sempre stato oggetto di un grandissimo culto. La sua effigie ci è stata tramandata in innumerevoli opere votive, comparse immediatamente dopo la sua morte. Gli affreschi di Assisi con le storie della vita del santo sono stati il modello per i cicli agiografici successivi. Abitualmente Francesco indossa il saio bruno o grigio dei francescani con alla vita un cordone a tre nodi, simbolo dei voti di povertà, castità, obbedienza. È raffigurato come un uomo minuto, con la barba, segno ulteriore di penitenza, oppure senza, con gli occhi sofferenti, le stimmate alle mani, ai piedi e nel costato. Altri attributi comuni sono il crocifisso, il giglio, simbolo di purezza e, dalla Controriforma, il teschio; comune è la sua rappresentazione in estasi, mentre riceve le stimmate o mentre prega.

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MADONNA CON BAMBINOL’immagine della Madonna col Bambino cominciò a diffondersi soprattutto dal 431, dopo che il concilio di Efeso, esprimendosi contro l’eresia nestoriana, aveva ribadito la posizione di Maria come madre di Dio, e non solo di Gesù. Questa raffigurazione intendeva proprio incarnare la versione ufficiale della dottrina. La sua iconografia giunge in Occidente attraverso l’arte bizantina. Ma ben presto la rigida frontalità orientale, con il Bambino vestito, eretto e benedicente, lascia il posto a una raffigurazione più intima, dove la madre e il Bambino si abbracciano e si guardano. Questa immagine presenta numerose tipologie e varianti: i due possono essere rappresentati in trono (Maestà), seduti a terra (Madonna dell’umiltà), accompagnati da santi (Sacra conversazione), mentre leggono un libro (Madonna del libro), mentre la madre allatta il figlio (Madonna del latte), con la madre in preghiera davanti al Bambino, in un giardino, con san Giuseppe (Sacra Famiglia).

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CHIARAConosciuta anche come Clara (1194 circa-1253), vergine, fondatrice dell'ordine delle Clarisse. Nata ad Assisi in una famiglia nobile, all'età di diciotto anni venne accolta nell'ordine francescano contro la volontà dei suoi genitori. Si ritirò presso la Porziuncola, rinunciò a ogni suo avere e si fece monaca. In seguito Francesco concesse a lei e alle sue compagne un piccolo convento vicino alla chiesa di San Damiano ad Assisi, che lui stesso aveva restaurato. Nel 1215 Clara divenne badessa di una comunità di donne che scelsero di vivere secondo la regola e lo spirito di Francesco: tra queste ci furono anche la madre e due sorelle di Clara e altre donne di facoltose famiglie. Chiara si distinse come una delle grandi personalità mistiche del Medioevo, dedita con entusiasmo al servizio della sua comunità, rigorosa osservante degli ideali francescani, tra i quali primeggiava l'amore per la natura. Venne canonizzata dopo appena due anni dalla morte, nel 1255.

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E’ raffigurata con l'abito grigio del suo ordine, legato con il cordone annodato monacale, e una cuffia bianca con sopra un velo nero. È spesso rappresentata con una pisside o con un ostensorio in mano, a ricordo di un episodio narrato nella Legenda aurea, nel quale la santa scaccia i saraceni invasori presentandosi al loro cospetto con in mano il Santissimo.

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Maestà

Caterina d’Alessandria

Nicola da Bari

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MAESTA’Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.

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MAESTA’Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.

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MAESTA’Con il termine Maestà si indica genericamente un personaggio seduto in trono con gli attributi della regalità (per esempio la corona). Nell’arte sacra esso è riservato a Cristo e alla Madonna o a entrambi nella scena dell’Incoronazione della Vergine. Tuttavia, a partire all’incirca dalla fine del XIII secolo, esso passò a identificare le grandi tavole raffiguranti la Madonna in trono col Bambino in grembo circondata da angeli. Tale tema iconografico, nato probabilmente nell’Egitto copto, raffigura la Madonna come regina del paradiso protetta dalla milizia armata degli arcangeli. In tale contesto il trono sta a simboleggiare anche la Chiesa, che si identifica con la Vergine, che è “Sedes Sapientiae” (sede della Sapienza divina). Per Maiestas Domini si intende inoltre l’immagine di Cristo in trono in gloria circonfuso da un alone multicolore - detto per la sua forma “mandorla” - e sostenuto da angeli.

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CATERINA D’ALESSANDRIADi questa santa non conosciamo alcun dato storico sicuro. La tradizione leggendaria che la colloca nel IV secolo ha inizio nell’alto Medioevo. Caterina, donna molto bella, erudita in tutte le arti e le scienze, era figlia di un re, Costo. Fu convertita da un eremita al cristianesimo e in una visione ricevette da Cristo l’anello del matrimonio mistico con lui. Rifiutò quindi qualsiasi altro pretendente. A diciotto anni cercò di convertire con argomentazioni filosofiche l’imperatore Massenzio (o Massimiano), che voleva sedurla. Non riuscendo a ribattere nulla, l’imperatore fece venire ad Alessandria quindici (o cinquanta) filosofi. Caterina però convinse tutti della verità del cristianesimo. Massenzio uccise i filosofi e la gettò in prigione condannandola a essere martirizzata con quattro ruote provviste di punte. Ma la santa si salvò grazie all’intervento di un angelo che spezzò lo strumento di supplizio. L’imperatore allora la fece decapitare.

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Gli angeli trasportarono il suo corpo sul monte Sinai. Suoi tipici attributi sono la ruota chiodata, la spada, la corona in riferimento al suo sangue reale, la palma del martirio, l’anello e il libro, emblema di sapienza. Come patrona degli eruditi e degli studenti è raffigurata circondata dai simboli della cultura, libri aperti, strumenti matematici, globi terrestri. È frequente la raffigurazione del suo matrimonio mistico con Cristo.

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NICOLA DA BARILa vita di san Nicola è avvolta nella leggenda. Si narra che egli, ancora bambino, si rifiutasse di bere il latte nei giorni consacrati al digiuno, dimostrando i primi segni di una vocazione precoce. Vissuto probabilmente tra IV e V secolo, fu vescovo di Myra in Asia Minore dove fu sepolto. La fama della sua santità e dei suoi poteri taumaturgici si diffuse velocemente in tutto l’Oriente cristiano. Nel 1087, a causa della distruzione della città per mano dei musulmani, le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Bari o, secondo una diversa tradizione agiografica, nella chiesa veneziana di San Nicolò al Lido. Tra i santi più venerati della cristianità, Nicola è il protettore delle fanciulle da marito in virtù di uno degli episodi della sua leggenda, dove si narra di come egli avesse salvato dalla cattiva sorte tre fanciulle troppo povere per trovare marito. Il santo si recò per tre notti nell’umile casa lasciandovi ogni volta una palla (o un sacco) d’oro zecchino: la magica dote permise alle fanciulle di sposarsi e al padre di recedere dall’intento di prostituirle.

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Le tre palle d’oro sono, per questo, attributo del santo, altrimenti caratterizzato unicamente dall’abito e dalle insegne vescovili. Nel miracolo del grano, invece, il santo moltiplicò prodigiosamente la quantità delle derrate giunte al porto di Myra e destinate ai granai imperiali, così da poter distribuire cibo ai poveri, vittime di una terribile carestia. In altri celebri episodi Nicola salva tre uomini condannati ingiustamente a morte, resuscita tre fanciulli gettati in tre botti di salamoia. San Nicola, in quanto protettore delle imbarcazioni in navigazione, era venerato dai mercanti che lo invocavano per portare a buon fine il trasporto delle merci attraverso il Mediterraneo. Il mare e i suoi pericoli fanno, infatti, da sfondo al miracolo del calice d’oro, racconto esemplare contro la cupidigia, così come all’episodio del santo che placa la tempesta mettendo in salvo un intero equipaggio.

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NICOLA DA BARILa vita di san Nicola è avvolta nella leggenda. Si narra che egli, ancora bambino, si rifiutasse di bere il latte nei giorni consacrati al digiuno, dimostrando i primi segni di una vocazione precoce. Vissuto probabilmente tra IV e V secolo, fu vescovo di Myra in Asia Minore dove fu sepolto. La fama della sua santità e dei suoi poteri taumaturgici si diffuse velocemente in tutto l’Oriente cristiano. Nel 1087, a causa della distruzione della città per mano dei musulmani, le sue spoglie furono trasferite nella cattedrale di Bari o, secondo una diversa tradizione agiografica, nella chiesa veneziana di San Nicolò al Lido. Tra i santi più venerati della cristianità, Nicola è il protettore delle fanciulle da marito in virtù di uno degli episodi della sua leggenda, dove si narra di come egli avesse salvato dalla cattiva sorte tre fanciulle troppo povere per trovare marito. Il santo si recò per tre notti nell’umile casa lasciandovi ogni volta una palla (o un sacco) d’oro zecchino: la magica dote permise alle fanciulle di sposarsi e al padre di recedere dall’intento di prostituirle.

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Le tre palle d’oro sono, per questo, attributo del santo, altrimenti caratterizzato unicamente dall’abito e dalle insegne vescovili. Nel miracolo del grano, invece, il santo moltiplicò prodigiosamente la quantità delle derrate giunte al porto di Myra e destinate ai granai imperiali, così da poter distribuire cibo ai poveri, vittime di una terribile carestia. In altri celebri episodi Nicola salva tre uomini condannati ingiustamente a morte, resuscita tre fanciulli gettati in tre botti di salamoia. San Nicola, in quanto protettore delle imbarcazioni in navigazione, era venerato dai mercanti che lo invocavano per portare a buon fine il trasporto delle merci attraverso il Mediterraneo. Il mare e i suoi pericoli fanno, infatti, da sfondo al miracolo del calice d’oro, racconto esemplare contro la cupidigia, così come all’episodio del santo che placa la tempesta mettendo in salvo un intero equipaggio.

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Natività

Presentazione al Tempio

Magi

Fuga in Egitto

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NATIVITA’Solo i Vangeli di Matteo e Luca descrivono la nascita di Gesù, ma, a causa della scarsità di particolari le narrazioni vennero ampliate con i dettagli forniti dai Vangeli apocrifi. Poiché l’imperatore Augusto aveva decretato il censimento della popolazione, Giuseppe partì dalla Galilea insieme con Maria incinta per raggiungere la città di cui era originario, Betlemme. Mentre si trovavano lì nacque Gesù che venne avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Non avevano infatti trovato posto in nessun altro ricovero. Un angelo del Signore si presentò a dei pastori che trascorrevano la notte all’aperto e annunciò loro l’avvento del Salvatore: questi raggiunsero la capanna per adorare il Bambino. Matteo narra anche l’episodio dei re magi, venuti dall’Oriente a portare doni a Gesù seguendo una stella cometa. La scena si svolge abitualmente in una capanna e/o davanti a una grotta, secondo le indicazioni fornite dall’apocrifo Libro di Giacomo. La capanna appare di solito in rovina poiché simboleggia l’antica legge superata dalla venuta di Cristo.

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La presenza del bue e dell’asinello è mutuata dall’apocrifo dello Pseudo-Matteo. Giuseppe spesso è raffigurato addormentato, mentre riceve in sogno l’avvertimento di fuggire in Egitto. Secondo le Rivelazioni di santa Brigida del 1370 il Bambino comparve accanto alla Vergine mentre questa pregava in ginocchio e con i capelli sciolti. Per questo Maria può essere raffigurata in adorazione del Bambino. Per un’altra tradizione di ambito bizantino, il parto avvenne alla presenza di una levatrice, Zebel. Avendo assistito alla miracolosa nascita del Bambino malgrado la verginità di Maria, raccontò a un’altra levatrice sua amica, Maria Salomè, l’evento divino. Non credendo questa al racconto, volle constatare di persona, ma quando cercò di toccare Maria le si seccò il braccio. Un angelo però le rivelò che toccando il Bambino sarebbe risanata e così fece. Presente anche nell’iconografia occidentale, questo soggetto, raffigurato come una vera e propria scena di parto con Maria sdraiata su un letto alla presenza di due levatrici, venne soppresso dal Concilio di Trento.

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Nelle Meditationes di Giovanni de’ Cauli invece la Vergine si levò durante la notte, si appoggiò a una colonna e il Bambino giacque tutto a un tratto nella paglia ai suoi piedi, senza causarle alcuna pena. La colonna compare spesso nelle scene anche come parte della capanna.

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NATIVITA’Solo i Vangeli di Matteo e Luca descrivono la nascita di Gesù, ma, a causa della scarsità di particolari le narrazioni vennero ampliate con i dettagli forniti dai Vangeli apocrifi. Poiché l’imperatore Augusto aveva decretato il censimento della popolazione, Giuseppe partì dalla Galilea insieme con Maria incinta per raggiungere la città di cui era originario, Betlemme. Mentre si trovavano lì nacque Gesù che venne avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Non avevano infatti trovato posto in nessun altro ricovero. Un angelo del Signore si presentò a dei pastori che trascorrevano la notte all’aperto e annunciò loro l’avvento del Salvatore: questi raggiunsero la capanna per adorare il Bambino. Matteo narra anche l’episodio dei re magi, venuti dall’Oriente a portare doni a Gesù seguendo una stella cometa. La scena si svolge abitualmente in una capanna e/o davanti a una grotta, secondo le indicazioni fornite dall’apocrifo Libro di Giacomo. La capanna appare di solito in rovina poiché simboleggia l’antica legge superata dalla venuta di Cristo.

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La presenza del bue e dell’asinello è mutuata dall’apocrifo dello Pseudo-Matteo. Giuseppe spesso è raffigurato addormentato, mentre riceve in sogno l’avvertimento di fuggire in Egitto. Secondo le Rivelazioni di santa Brigida del 1370 il Bambino comparve accanto alla Vergine mentre questa pregava in ginocchio e con i capelli sciolti. Per questo Maria può essere raffigurata in adorazione del Bambino. Per un’altra tradizione di ambito bizantino, il parto avvenne alla presenza di una levatrice, Zebel. Avendo assistito alla miracolosa nascita del Bambino malgrado la verginità di Maria, raccontò a un’altra levatrice sua amica, Maria Salomè, l’evento divino. Non credendo questa al racconto, volle constatare di persona, ma quando cercò di toccare Maria le si seccò il braccio. Un angelo però le rivelò che toccando il Bambino sarebbe risanata e così fece. Presente anche nell’iconografia occidentale, questo soggetto, raffigurato come una vera e propria scena di parto con Maria sdraiata su un letto alla presenza di due levatrici, venne soppresso dal Concilio di Trento.

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Nelle Meditationes di Giovanni de’ Cauli invece la Vergine si levò durante la notte, si appoggiò a una colonna e il Bambino giacque tutto a un tratto nella paglia ai suoi piedi, senza causarle alcuna pena. La colonna compare spesso nelle scene anche come parte della capanna.

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PRESENTAZIONE AL TEMPIOL’episodio della Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è narrato sia nel Vangelo di Luca, sia nei Vangeli apocrifi. Secondo la religione ebraica i primogeniti, dopo essere stati circoncisi, devono essere portati al tempio per ricevere la benedizione del sommo sacerdote. Il rito prevede il pagamento di una somma di denaro con la quale si riscatta simbolicamente la morte del nuovo nato, altrimenti destinato a essere sacrificato. L’usanza affonda le sue radici nell’episodio biblico della decima piaga d’Egitto, durante la quale erano stati miracolosamente risparmiati i neonati ebrei, mentre erano morti tutti i figli degli egiziani. San Giuseppe è per questo a volte ritratto nell’atto di consegnare cinque sicli d’argento al sacerdote. Ma lo stesso padre putativo di Gesù, o più di rado la Madonna o una sua ancella, offre invece due colombe o tortore, che venivano sacrificate in occasione della rituale purificazione della puerpera quaranta giorni dopo il parto.

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L’evento prevedeva una processione nella quale si portavano ceri e pani benedetti. La festa, accolta dalla Chiesa cattolica tra le ricorrenze mariane, venne per questo detta Candelora. Nell’iconografia i due momenti sono fusi in un’unica scena che si svolge intorno all’altare all’interno di un luogo sacro spesso ricostruito di fantasia sotto forma del presbiterio di una chiesa. Tra i personaggi principali costante è la figura del vecchio Simeone, il sommo sacerdote cui la Vergine affida il Bambino. Tra gli astanti compare sempre anche un’anziana donna in abiti monacali: si tratta della profetessa Anna, la vedova inserviente del tempio che riconobbe in Cristo il Salvatore.

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MAGILe figure dei re magi compaiono esclusivamente nel Vangelo di Matteo. Il testo sacro racconta come alcuni uomini provenienti dall’Oriente avevano seguito fino a Betlemme una stella che annunciava la nascita del «re dei giudei». «Si inginocchiarono e adorarono il Bambino. Poi aprirono i bagagli e gli offrirono i regali: oro, incenso e mirra»: l’oro rappresenta un omaggio alla regalità di Cristo, l’incenso alla sua divinità, la mirra, impiegata nell’imbalsamazione, prefigura la sua morte. Tertulliano nel II-III secolo fu il primo a definirli re. Di probabile origine persiana, la parola magi significa uomini sapienti. Si trattava probabilmente di babilonesi, esperti nell’osservazione degli astri e sacerdoti di Mitra, un culto che si era largamente diffuso nell’impero romano. Nella cultura figurativa delle origini - nelle catacombe, nei bassorilievi dei sarcofagi e in alcuni mosaici bizantini - i magi indossano proprio le vesti dei sacerdoti di Mitra e il berretto frigio a forma conica con la punta ripiegata.

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A partire dal primo Rinascimento sono invece effigiati soprattutto con abiti di corte. Nel loro seguito sono spesso presenti elementi che denotano la loro origine orientale, come cammelli e leopardi. Oltre all’adorazione, può essere rappresentato il loro incontro prima della partenza o il viaggio stesso. I loro nomi derivano forse da un pontificale (libro contenente le preghiere e il rituale per le funzioni) ravennate del IX secolo: il più anziano, Gaspare, è inginocchiato davanti al Bambino seduto in grembo alla Vergine; in piedi dietro di lui Baldassarre e Melchiorre, il più giovane. Nel tardo Medioevo i magi potevano rappresentare la personificazione delle tre parti del mondo; in questa accezione Baldassarre, incarnando l’Africa, può essere moro. Il più delle volte il tema rappresenta la sottomissione del potere temporale all’autorità della Chiesa.

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FUGA IN EGITTOL’episodio è raccontato in modo succinto nel Vangelo di Matteo e ampliato nei Vangeli apocrifi. Dopo la partenza dei magi, un angelo apparve in sogno a Giuseppe esortandolo a fuggire poiché Erode cercava il Bambino per ucciderlo. Durante la notte Giuseppe si alzò e insieme a Maria e Gesù raggiunse l’Egitto, rimanendovi fino alla morte di Erode. In un altro sogno l’angelo gli disse di tornare nella terra di Israele e, in una nuova visione, gli consigliò di raggiungere Nazaret, nella Galilea. In questo modo si compirono le parole dei profeti secondo le quali il Signore chiamò suo figlio dall’Egitto e venne poi nominato Nazareno. Secondo la rappresentazione più comune la Vergine con il Bambino monta un asinello, condotto da Giuseppe; la scena si svolge di notte secondo le indicazioni evangeliche. Possono essere raffigurati anche i tre figli precedenti di Giuseppe e la levatrice Salomè. Sul fondo può esserci un campo di grano che, secondo la leggenda, maturò in una sola notte dopo il passaggio della Sacra Famiglia.

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A volte è raffigurato il momento della partenza, mentre Maria si accomiata dai suoi, o è in attesa sotto un albero mentre Giuseppe sella l’asino. Nella pittura italiana e francese del XVII e XVIII secolo è raffigurata la scena dell’imbarco per l’Egitto; il traghettatore può essere Caronte, colui che trasportava le anime dei morti, prefigurando così la Passione. Con lo stesso significato possono invece comparire in cielo degli angeli che reggono la croce. Raramente è trattato il tema del ritorno dall’Egitto. Secondo un commento ai Vangeli di Giovanni de’ Cauli, sulla via del ritorno la Sacra Famiglia sostò presso la cugina di Maria, Elisabetta, dove il figlio Giovanni, nonostante fosse ancora piccolo, riconobbe Gesù come Figlio di Dio e lo adorò. Un tema molto popolare nella Controriforma è il Riposo durante la fuga in Egitto: la Vergine e il Bambino siedono generalmente ai piedi di una palma, che piega le sue fronde colme di datteri. Accanto a loro è Giuseppe che a volte coglie i frutti della palma e li offre al piccolo; possono essere presenti anche l’asinello o la levatrice; gli angeli recano cibo dal cielo o piegano i rami con i datteri.

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INCORONAZIONE DELLA VERGINEScena culminante delle storie della vita della Vergine, dopo la morte e l’assunzione, dall’arte gotica del XIII secolo l’Incoronazione si trasforma in un tema devozionale autonomo, e la Madonna diventa personificazione della Chiesa. Generalmente Maria siede (o è inginocchiata) accanto a Cristo che le pone una corona in capo. In altre versioni, soprattutto nel Quattrocento italiano, è invece incoronata da Dio Padre o dalla Trinità. Cristo può reggere in mano un libro sul quale si legge «Vieni, o mia eletta, e ti porrò sul mio trono». La Vergine è riccamente vestita conformemente al suo ruolo di Regina del cielo. Attorno al gruppo cori angelici, anche musicanti, rappresentano il paradiso; possono essere presenti anche santi, patriarchi, martiri.

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Maestà

Lorenzo

Giuliano

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LORENZOLa storia di san Lorenzo si basa sulle scarne notizie della Depositio Martyrum, in seguito arricchita di particolari narrativi accolti nella Legenda Aurea. Protomartire della Chiesa romana, ma originario della Spagna, egli fu il primo di sette diaconi ordinati nel 257 da papa Sisto II. I cristiani erano a quel tempo perseguitati dall’imperatore Valeriano (253-260) e quando lo stesso pontefice fu arrestato e rinchiuso in prigione chiamò a sé Lorenzo per affidargli in custodia i beni della Chiesa. L’imperatore pagano, desideroso di possedere tale leggendario tesoro, ordinò al giovane diacono di consegnargli ogni cosa. Lorenzo acconsentì, ma chiese tre giorni di tempo durante i quali donò tutto ai bisognosi. Quindi tornò a palazzo seguito da un corteo di poveri e derelitti mostrandoli come l’unico vero “tesoro” della Chiesa. Valeriano, ingannato e offeso, lo punì condannandolo a torture sempre più feroci che culminarono in quella della graticola arroventata.

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Il santo, tuttavia, non sembrava soffrirne e fino all’ultimo, forte della fede, sfidava il suo persecutore invitandolo a “cuocerlo” bene da entrambi i lati. La graticola, venerata a Roma come una reliquia, è il suo immancabile attributo. La sua effigie lo ritrae giovane, tonsurato e vestito con la dalmatica. Primo diacono e martire della Chiesa romana, Lorenzo è raffigurato spesso in coppia con santo Stefano, primo diacono della comunità cristiana di Gerusalemme al tempo degli apostoli.

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GIULIANOConosciuto come "l'ospitaliere". Personaggio di un romanzo medievale, Giuliano apparteneva a una nobile famiglia ed era amante della caccia: gli era stato predetto che avrebbe ucciso per errore i propri genitori. Una notte, rientrando a casa inaspettatamente, trovò il proprio talamo occupato da una coppia che, al buio, immaginò trattarsi di sua moglie e di un amante, così li uccise. In realtà, si trattava proprio dei suoi genitori, ai quali la moglie aveva ceduto il loro letto. Per espiare la sua colpa aprì un ospizio presso il guado di un fiume allo scopo di offrire riparo ai viandanti. Un giorno traghettò un lebbroso che stava morendo di freddo e gli cedette il proprio letto; il giorno successivo il lebbroso si rivelò essere un angelo e gli annunciò che la sua penitenza era sufficiente a farsi perdonare il suo peccato. Giuliano è diventato il patrono dei viaggiatori e dei locandieri e a lui vengono dedicati gli ospedali e le locande. La storia di Giuliano è illustrata entro cicli pittorici affrescati in alcune cattedrali gotiche francesi.

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Nella pittura italiana e francese del primo Rinascimento sono raffigurati, come scene indipendenti, gli episodi dell'uccisione dei genitori e del trasporto del lebbroso (a volte portato sulle spalle, come san Cristoforo). Gli attributi di Giuliano sono il falcone, la spada e, più raramente, il remo. Talvolta è raffigurato a cavallo; altre volte ha al suo fianco un cervo.

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Maddalena

Nicola da Bari

Giovanni Battista

Giorgio

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MADDALENALa tradizione iconografica occidentale ha riunito nella figura di Maria Maddalena tre personaggi distinti: Maria Maddalena, sorella di Marta e di Lazzaro di Betania; la peccatrice pentita che lavò i piedi a Gesù in casa di Simone il fariseo; Maria di Magdala, la donna liberata dai sette spiriti maligni e che assistette disperata alla crocifissione. Secondo una tradizione agiografica provenzale, narrata anche nella Legenda Aurea, Maddalena partì insieme ai fratelli per evangelizzare il sud della Francia. Trascorse poi gli ultimi trent’anni di vita da eremita, digiunando e compiendo atti di espiazione. Sin dal Medioevo e soprattutto dopo la Controriforma, ella è il prototipo della penitente. Per la sua doppia natura di peccatrice e di donna redenta, Maddalena è, per la sua umanità, una delle sante più venerate della cristianità. Suo immancabile attributo è il vaso di unguento, in mano o ai suoi piedi; normalmente ha lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle. È raffigurata principalmente in due modi.

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Prima della conversione appare come una donna riccamente vestita e acconciata con gioielli; spesso ai suoi piedi si trova un cofanetto di gioie rovesciato. Dopo il ravvedimento è dipinta all’imbocco di una caverna, con addosso abiti stracciati, un mantello ai suoi piedi, e/o avvolta nei suoi stessi capelli. Altri attributi specifici di questa seconda versione sono il teschio, il crocifisso, una frusta, la corona di spine, gli occhi pieni di lacrime. Può essere rappresentata anche in meditazione con un libro, o in estasi, mentre ha la visione della beatitudine del paradiso, o durante la sua elevazione al cielo. Un’altra particolare raffigurazione della Maddalena è il cosiddetto “Noli me tangere” (Non mi toccare): dopo essere risorto, Cristo sarebbe apparso a Maddalena piangente presso il suo sepolcro; quando lo riconobbe, la donna cercò di toccarlo, ma Cristo glielo proibì e la invitò a recarsi dagli apostoli ad annunciare la sua resurrezione. In questo soggetto la Maddalena è di solito in ginocchio mentre Cristo la respinge allungando un braccio. Ai piedi o in mano a Gesù si possono trovare una zappa o una vanga, poiché la donna lo scambiò inizialmente per un giardiniere.

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GIOVANNI BATTISTAGiovanni costituisce la figura di connessione tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, essendo l’ultimo profeta, il primo santo e il precursore di Gesù Cristo. Le informazioni sulla sua vita ci vengono soprattutto dai Vangeli e dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Figlio di Zaccaria, sacerdote del tempio, e di Elisabetta, cugina di Maria, nacque quando questa era molto avanti negli anni e la coppia aveva ormai perso la speranza di avere figli. L’annuncio della sua nascita e la scelta del nome furono fatte dall’arcangelo Gabriele. Giovanni prese presto congedo dai genitori per andare nel deserto a condurre una vita di penitenza nutrendosi di locuste e miele. Cominciò quindi a predicare attirando grandi folle; sulle rive del Giordano istituì il sacramento purificatore del battesimo: per questo è detto il Battista. Battezzò anche Cristo e lo riconobbe come Messia quando vide scendere sul suo capo lo Spirito Santo.

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Poiché Giovanni nelle sue prediche aveva attaccato duramente il comportamento amorale e incestuoso del re Erode Antipa che viveva con la moglie del fratello, Erodiade, il sovrano lo fece gettare in carcere. Durante un banchetto Salomè, figlia di Erodiade, accettò di ballare per il re in cambio della possibilità di soddisfare qualunque desiderio. Su istigazione di Erodiade, chiese e ottenne la testa del Battista: Giovanni venne così decapitato. Tipici attributi di Giovanni Battista sono l’agnello (Agnus Dei), simbolo del sacrificio di Cristo che il santo indica, una croce di verghe e canne molto lunga ed esile, il vestito di pelli con una cintola di cuoio. Può anche reggere la ciotola per l’acqua del battesimo o un favo di miele. Da adulto è raffigurato quasi sempre emaciato e sofferente. Molto comune è la rappresentazione della sua testa mozzata portata su un vassoio, da un’ancella o da Salomè. Una vita autonoma ebbe l’iconografia del Battista infante, detto san Giovannino, raffigurato con la Vergine e Gesù Bambino soprattutto a partire dal XVI secolo.

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GIORGIOLeggendario ufficiale romano proveniente da una nobile famiglia della Cappadocia, sarebbe vissuto nel III secolo al tempo delle persecuzioni di Diocleziano (284-305). Venne martirizzato in Palestina. Il culto in suo onore partì da Bisanzio e si diffuse particolarmente nella Chiesa greca ortodossa. Dal XIII secolo divenne molto popolare anche in Occidente dove, nella società feudale del Medioevo, costituiva un esempio di comportamento. È santo patrono dell’Inghilterra e protettore di Venezia. La sua iconografia è legata soprattutto alla sua lotta contro un terribile drago che terrorizzava un intero paese a cui gli abitanti dovevano sacrificare animali e persone. La sorte designò in sacrificio la figlia del re, ma mentre questa stava per essere sbranata il cavaliere Giorgio ferì il drago e liberò la fanciulla. Tornò poi in città con la ragazza e la bestia legata, e promise al popolo che avrebbe ammazzato il drago se tutti si fossero fatti battezzare.

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Nell’iconografia medievale questo tema rappresentava infatti la lotta contro il male e in particolare contro il paganesimo: la conversione di una nazione al cristianesimo veniva così simboleggiata dall’uccisione del mostro da parte del guerriero armato di lancia; la regione salvata dal paganesimo era impersonata dalla fanciulla. Il tema della ragazza risparmiata dal mostro deriva dal mito greco di Perseo. La Legenda Aurea dice che la città era Silene in Libia, ma altre fonti indicano Beirut. Le raffigurazioni dei supplizi del suo martirio - veleno, ruota, olio bollente e infine decapitazione - sono piuttosto rare. Il santo è raffigurato in armatura e su un cavallo generalmente bianco in allusione alla purezza, con la spada in mano, mentre giunge sul luogo del sacrificio, a cui possono assistere gli abitanti della città; il drago è un mostro alato ricoperto di squame. Nelle immagini devozionali, impugna lo stendardo con la croce rossa o lo scudo crociato, e calpesta il drago.

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Maestà

Angelo

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ANGELOIl nome angelo deriva dal greco e significa messaggero. Il ruolo di messaggero della volontà divina era presente nelle antiche religioni orientali, tanto che il personaggio alato di Mercurio è il prototipo della analoga figura del cristianesimo. L'Antico Testamento abbonda di citazioni relative a esseri la cui funzione è quella di trasmettere la volontà di Dio agli uomini e di proteggere i giusti (angeli custodi). Tra questi ultimi, emergono le figure di Raffaele (Libro di Tobia) e Michele (Libro di Daniele). Nel Nuovo Testamento troviamo invece (Vangelo di Luca) la figura dell'arcangelo Gabriele, che ha il compito di annunciare alla Vergine la nascita di Cristo. Nel V secolo si diffonde un testo, il De coelesti hierarchia, secondo il quale le schiere angeliche si dividerebbero in tre gerarchie principali e nove categorie: serafini, cherubini e troni; dominazioni, virtù e potenze; principati, arcangeli e angeli.

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I serafini e i cherubini sono creature raffigurate solamente con il capo provvisto di uno, due o tre paia di ali, e sono di colore rosso (serafini) o blu (cherubini), mentre per le altre categorie non esiste una distinzione netta, salvo alcuni specifici attributi. Una generica raffigurazione di angelo sembra rispondere al tipo iconografico di adolescente, più raramente a quello di un fanciullo, dall'aspetto femmineo, vestito di una tunica, con ali e lunghi capelli biondi, quasi sempre aureolato. Quest'ultimo attributo identificatore può a volte supplire all'assenza delle ali.

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Questa tavola fu realizzata da Gentile da Fabriano per Palla Strozzi, uno dei personaggi più ricchi della Firenze del tempo. Al centro della tavola, probabilmente, Gentile inserisce anche il ritratto del committente: è il personaggio con il falcone in mano alle spalle del Re in piedi. Alla sua destra è invece il ritratto del figlio Lorenzo.Questa tavola è un’autentica festa per gli occhi: essa deve trasmettere una sensazione di preziosa e ricca eleganza. È ovvio l’intento autocelebrativo dello Strozzi, che attraverso la ricercatezza di questa opera manifesta la sua potente ricchezza. Nell’immagine, infatti, il tema sacro è quasi un pretesto per inscenare una ricca parata di caccia: momento mondano sicuramente prediletto dai ricchi e dai nobili del tempo. Nel quadro compare un cane, in basso a destra, e molti cavalli immediatamente dietro;

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ma vi sono anche due scimmie, in alto quasi al centro, sedute su dei dromedari, degli uccelli, in cielo, e moltissimi altri cavalli nelle lunghe parate rappresentate nelle tre lunette superiori. Vi è ovviamente anche il bue e l’asinello nella grotta, e vi sono poi alberi e fiori, che Gentile inserisce anche nella cornici modanate che racchiudono la tavola centrale. Questa ricchezza di elementi botanici e animali è tipica del gusto artistico che si avverte nel tardo gotico. Elementi che vengono sempre rappresentati con una precisione illustrativa da manuali scientifici.I personaggi sono tanti, ed hanno caratterizzazioni fisionomiche differenziate, particolare questo che dimostra l’influenza subita dalla pittura nordica, che di certo Gentile ebbe modo di conoscere nel suo soggiorno veneziano. Ma di gusto tardo gotico è sicuramente la ricchezza delle vesti, dei turbanti e delle bardature dei cavalli.

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In questi particolari, trattati in maniera molto minuta e particolareggiata con il tipico tratto calligrafico del tempo, si ritrovano gli effetti più preziosi di questa tavola. In realtà l’immagine, ad un colpo d’occhio complessivo, mostra diverse incongruenze che la rendono implausibile, soprattutto sul piano spaziale. Le figure si accalcano senza trovare un reale spazio di profondità dove collocarsi. Si osservi il particolare della grotta con il bue e l’asino. A parte l’innaturale forma della grotta, che sembra più un guscio d’uovo che una fenditura in una roccia, non si riesce a capire dove sia lo spazio nel quale si colloca l’asino. Anche lo spazio del cielo, nel quale compare la stella cometa posta proprio sulla testa di San Giuseppe, appare troppo schiacciato in basso e sul piano anteriore di rappresentazione, anche perché i cortei che si snodano in lontananza danno l’illusione di un orizzonte alto, che contrasta in maniera totale con la presenza della stella così in basso.

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In sostanza alla scena manca la sintesi dell’unico punto di vista, grande conquista della pittura rinascimentale che in quegli anni nasceva. Ma non è un difetto solo di Gentile: tutta la pittura tardo gotica, compresa quella fiamminga, non ha ancora compreso l’importanza di riferire la scena ad un solo punto di vista, così che le loro opere, in realtà, andrebbero letti come tanti frammenti autonomi, anche quando apparentemente appartengono alla stessa scena.Ma Gentile non era del tutto estraneo allo stile fiorentino che derivava da Giotto. Si osservi la scenetta di destra nella predella, raffigurante la «Presentazione al tempio»: qui la costruzione dello spazio è molto più razionale e sembra quasi dialogare direttamente con gli affreschi che Masaccio avrebbe realizzato in quegli anni nella Cappella Brancacci.

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Segno quindi che Gentile aveva gli strumenti giusti per potere essere uno dei primi pittori rinascimentali, ma, non solo per i limiti della sua formazione giovanile, la sua pittura fu calibrata soprattutto al gusto della committenza che, in queste opere, cercava soprattutto l’evocazione di un clima favoloso e fantastico, visto attraverso la lente della ricchezza di linee sinuose e colori smaglianti e luminosi.