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GENOVA MODERNA PERCORSI TRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà

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GENOVA MODERNAPERCORSITRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà

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Itinerari del Patrimonio Identitario

GENOVA MODERNA

PERCORSITRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà

Claudio Burlando Presidente

Angelo Berlangieri Assessore alla Cultura

Luca FontanaDirettore Generale

Maria Franca Floris Dirigente

Fondazione regionale per la Cultura e lo SpettacoloMaria Teresa Orengo, Amministratore UnicoStefano Scarpa, DirettoreDonatella Buongirolami, Responsabile progetti

Progetto strategico AccessitCoordinamento generaleMaria Teresa Orengo

Volume a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone

FotografieLuigino Visconti, Genova: pp. 7, 14, 16-18, 19 (in alto), 21-22, 24-25, 27 (in alto), 28-29, 31-44, 46-47, 50-51, 54-55, 57, 58-60, 62-64, 65 (in basso), 66-67, 73 (in basso), 76-79, 83 (inalto); Casa d’Aste Cambi, Genova: pp. 69, 72; Giuseppe Fornari, Genova: p. 10 (in alto);Mario Parodi, Genova: pp. 12-13, 20, 83 (in basso); Stazioni Marittime SpA, Genova:pp. 81 (in alto), 82, 83 (in alto).

I curatori del volume desiderano ringraziare i direttori e i curatori dei musei civici che hannoconcesso la pubblicazione delle opere conservate nelle loro collezioni: Pierangelo Campo-donico, Maria Camilla De Palma, Maria Flora Giubilei, Elisabetta Papone, Loredana Pessa,Raffaella Ponte. Si ringraziano inoltre: Famiglia Cambi, Emmina de Negri, Giuseppe Fornari,Linda Gianbirtone, Enrico Pinna, Gianluca Terragna, Andrea Verdiani. Un sincero ringraziamento a Donatella Buongirolami, Marco Ciarlo, Mauro Darchi, SimonaMartini, Maria Teresa Orengo e Stefano Scarpa.

Realizzazione editorialeSagep Editori Srl - Genova (www.sagep.it)

PRESENTAZIONE

Inserito nel programma comunitario Italia Francia Marittimo, un progettostrategico come ACCESSIT, volto a favorire l’accessibilità del patrimonioartistico-culturale, non poteva non prendere in considerazione le emer-genze architettoniche e monumentali della Genova moderna, cioè delperiodo compreso tra la metà dell’Ottocento e i giorni nostri, in cui la cittàha subito molti e significativi cambiamenti che si sono inevitabilmente ri-flessi sulla sua immagine urbana e i cui segni o segnali si impongono achi la vive o la visita.Genova moderna. Percorsi tra il levante e il centro città è stata concepitacome una guida comoda e maneggevole che il cittadino e il turista pos-sono portarsi dietro e consultare in ogni momento. Il titolo stesso chiari-sce che non vuole essere una guida completa, ma limitata a certe areeurbane, alcune delle quali sovente trascurate nelle guide onnicompren-sive, mentre, per ovvie ragioni di spazio, tralascia altre aree ugualmenteimportanti, come, ad esempio, il ponente, epicentro dei grandi episodi diindustrializzazione e deindustrializzazione che hanno trasformato la cittàa partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. I curatori hanno deciso di procedere per “episodi”, concentrandosi su bra-ni architettonici e monumentali che hanno segnato Genova non solo dalpunto di vista più specificatamente architettonico e artistico, ma ancheda quello più genericamente culturale, sociale, ambientale e si potrebbedire antropologico. È il caso di Nervi, in cui, accanto ai musei, vengonopresi in considerazione i parchi storici, episodi straordinari di una culturadel paesaggio oggi spesso messa in discussione. È il caso del castelloMackenzie e dell’architettura dei Coppedè che si configura come una ri-sposta squisitamente autoctona di un determinato ceto sociale nel mo-mento della sua massima ascesa in un originale connubio tra modernitàe persistenza della tradizione. O ancora le grandi piazze “pubbliche” ot-to-novecentesche – De Ferrari, della Vittoria e Dante – in una città il cuicentro storico è stato connotato da sempre da piazze private e familiari,simbolo di un’organizzazione socio-economica di stampo oligarchico econsortile. Il risultato è quindi un volume inteso a favorire un’accessibilità “globale”ad alcuni dei brani più significativi della Genova moderna.

Maria Teresa OrengoAmministratore Unico

Fondazione regionale per la Cultura e lo SpettacoloGenova

Comune di Genova

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Itinerari del Patrimonio Identitario

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

Questa guida sulle emergenzemoderniste del capoluogo ligurenon intende presentarsi come unprodotto esaustivo rispetto al com-plessivo panorama artistico e ar-chitettonico della Genova del No-vecento. Il percorso da noi analizzato in die-ci macro-schede si sofferma, infat-ti, su uno specifico ambito territo-riale, escludendo, ad esempio, unazona fondamentale per la recentecrescita urbana della città come ilPonente. Tale scelta ci ha comun-que permesso di concentrarci suuna vasta area metropolitana che,nel corso del periodo preso in con-siderazione, fu caratterizzata daprofonde trasformazioni, i cui effettinon ebbero solo una ricaduta sullafisionomia urbanistica, ma furonodeterminanti per le dinamiche so-ciali, politiche ed economiche cheaccompagnarono la crescita dellacittà in quell’epoca. L’inaugurazio-ne in queste aree di importanti mo-numenti, eseguiti da celebri artisti,la consistente e innovativa attivitàedilizia, pubblica e privata, e so-prattutto i fondamentali progetti dipianificazione urbanistica, avviati in

questi anni, furono infatti tutti fattorifondamentali per lo sviluppo dellacittà e per una ridefinizione del suospecifico ruolo nel contesto nazio-nale dell’epoca.Il volume intende quindi invitare illettore a una visita per tappe dellastoria recente di Genova, mettendoin rilievo l’importanza di alcuni teso-ri artistici e architettonici, spessosottovalutati o ignorati, nel sentirecomune, nonostante la loro signifi-cativa rilevanza internazionale: ba-sti solo citare il Cimitero Monumen-tale di Staglieno o le testimonianzedi quell’architettura eclettica di fineOttocento e dei primi del Novecen-to che trova nel Castello Macken-zie il suo più celebre e prestigiosomodello. E proprio nel riconsidera-re la nostra comune passione perla riscoperta di queste testimo-nianze artistiche e architettonichedella nostra città, sentiamo l’esi-genza di ricordare l’insegnamentodi Franco Sborgi che, attraverso isuoi fondamentali e pionieristicistudi, ha tracciato, per noi e pertanti suoi allievi, un percorso di ri-cerca ricco di suggestioni e di im-plicazioni culturali.

Matteo Fochessatie Gianni Franzone

PREMESSA 5

1. I PARchI E I MuSEI DI NERVI 6Gianni Franzone

2. IL MONuMENTO AI MILLE A QuARTO 14Gianni Franzone

3. LA cASA LITTORIA DI LuIGI c. DANERIE L’ARchITETTuRA RAZIONALISTA A GENOVA 22Matteo Fochessati

4. PIAZZA ROSSETTI E LA FOcE 28Matteo Fochessati

5. IL cIMITERO DI STAGLIENO 36Matteo Fochessati

6. PIAZZA DELLA VITTORIA E LA SISTEMAZIONEDELLA SPIANATA DEL BISAGNO 44Gianni Franzone

7. PIAZZA DANTE 52Matteo Fochessati

8. PIAZZA DE FERRARI: “LA PIAZZA DEI GENOVESI” 60Gianni Franzone

9. IL cASTELLO MAckENZIE DI GINO cOPPEDèE LA DIFFuSIONE DELL’EcLETTISMO A GENOVATRA OTTO E NOVEcENTO 68Matteo Fochessati

10. DAL PORTO ANTIcO ALLE STAZIONI MARITTIME 76Gianni Franzone

INFORMAZIONI PER LA VISITA 84

PREMESSA SOMMARIO

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I parchi storici di Nervi sono costi-tuiti dalla distesa verde delle villeGropallo, Serra Saluzzo e GrimaldiFassio che si sviluppa senza solu-zione di continuità tra la passeggia-ta a mare Anita Garibaldi e l’anticastrada romana, l’odierna via Capo-lungo. Contrariamente ad altre zo-ne di Genova che conobbero pre-sto l’edificazione di palazzi consontuosi giardini rinascimentali e

barocchi, diventando vere e proprie“città di ville”, a Nervi le dimore divilleggiatura delle nobili famiglie ge-novesi erano inserite, ancora pertutto il Settecento, in un paesaggiosostanzialmente agrario, a preva-lente funzione produttiva, con ulive-ti, vigneti e agrumeti. Fu nei primidecenni dell’Ottocento che la situa-zione cambiò con la creazione deiparchi paesistici, esempi grandiosi

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Itinerari del Patrimonio Identitario

I parchi e i musei di Nervi

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

Nervi – località che dall’Ottocentosi è affermata come rinomata sta-zione climatica e di villeggiatura –rappresenta oggi, per la sua offertanaturalistico-culturale comprenden-te i parchi, le ville, le collezioni mu-

seali in esse ospitate e la suggesti-va passeggiata sulle rocce lungo ilmare, un luogo di grande attrattivaturistica, sebbene le sue potenzia-lità stentino a trovare l’adeguatapromozione e valorizzazione.

1. I PARchI E I MuSEI DI NERVIGianni Franzone

Pietro Luxoro, Villa Luxoro sede del Museo Giannettino Luxoro, 1903 Museo Giannettino Luxoro, sala da pranzo

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quistò palazzo e giardino e avviò lacostruzione del parco, affiancato dilì a poco, nel 1825, da GaetanoGropallo che ereditò e ampliò laproprietà paterna. I due parchi co-stituiscono un’eccezionale emer-

genza paesistica a livello urbano enazionale: il voluto modellamentodel terreno, la bellezza degli scorcivisivi, la ricchezza della vegetazio-ne che affianca essenze tipichedella flora mediterranea (pini marit-timi, cipressi, ulivi, oleandri, lecci,allori, carrubi, lentischi e corbezzo-li) con varietà esotiche e tropicali(palme di vario tipo, araucarie, ci-cas, agavi, eucalipti, alberi del pe-pe, canfore, cedri e magnolie), glialberi monumentali al centro deiprati come se fossero esemplariunici da collezione, l’accostamentodelle diverse specie in funzione de-gli effetti cromatici sono solo alcunedelle loro caratteristiche salienti. Le due proprietà vennero acquista-te dal Comune di Genova nel 1927

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I parchi e i musei di Nervi

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

della diffusione nel genovesato del“giardino all’inglese” d’ispirazioneromantica che aveva avuto unadelle sue prime realizzazioni in Ita-

lia proprio nel capoluogo ligure, nelsettecentesco giardino di AgostinoLomellini a Pegli, ora perduto. In-torno al 1818 Gerolamo Serra ac-

Villa Grimaldi Fassio, sede delle Raccolte Frugone

Giovanni Boldini, Miss Bell, 1901, Raccolte Frugone, Genova

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I parchi e i musei di Nervi

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Progetto ACCESSIT

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– l’anno successivo alla costituzio-ne della Grande Genova anchecon l’annessione del Comune diNervi – con un investimento milio-nario che mirava, secondo un pre-ciso progetto di Orlando Grosso,allora direttore del civico UfficioBelle Arti, alla costituzione di un po-lo artistico-ambientale di grandeprestigio. Tali acquisizioni permise-ro infatti la sistemazione della Gal-leria d’Arte Moderna in villa Serra apartire dal dicembre 1928 e, insie-me, la salvaguardia di un brano ec-cezionale del paesaggio. L’origina-le progetto di Grosso venneampliato nei decenni successivi.Nel 1951, grazie alla donazionedell’ultimo proprietario, venne inau-gurato poco distante il MuseoGiannettino Luxoro. Nella villa, ap-positamente progettata da PietroLuxoro nel 1903 e trasformata incasa-museo, trovarono posto leraccolte familiari che comprendonodisegni, dipinti, mobili, ceramiche,argenti, tessuti e merletti, principal-mente di ambito genovese, delXVII e XVIII secolo, tra cui una col-lezione di orologi, con la particola-rità di una serie di “orologi notturni”della seconda metà del Seicento, euna di figurine del presepio. A se-

guito dell’acquisto da parte munici-pale di villa Grimaldi Fassio, nel1993 l’edificio venne aperto comesede delle Raccolte Frugone, duecollezioni di dipinti, sculture e dise-gni tra la seconda metà dell’Otto-cento e i primi trent’anni del Nove-cento che, per legato testamentariodei fratelli imprenditori e mecenatiLazzaro Giovanni Battista e LuigiFrugone, erano passate in proprie-tà al Comune. Dopo una chiusura durata oltre die-ci anni, villa Serra, completamenteristrutturata e con un percorsoespositivo aggiornato, ha riaperto i

Plinio Nomellini, Nuova gente, 1909, Galleria d’Arte Moderna, Genova Villa Saluzzo Serra, sede della Galleria d’Arte Moderna

Uno scorcio del parco di villa Gropallo

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stico-ambientale, anche come po-lo museale cittadino dedicato al-l’arte moderna, proponendo un’of-ferta vasta e variegata (pittura,scultura, arti decorative, design earchitettura), oltre a dare conto dialcune vicende collezionisticheche, iniziate come private, sonostate successivamente destinatealla fruizione pubblica. Le collezionioggi ospitate nei musei di Nervi na-scono infatti come private: da quel-la del principe Odone di Savoia, fi-glio quartogenito del re Vittorio

Emanuele II, che rappresenta il nu-cleo fondante della Galleria d’ArteModerna ma anche di altri musei ci-vici, a quella della famiglia Luxoro,da quella dei fratelli Frugone, crea-ta in stretta collaborazione con il lo-ro mercante mantovano FerruccioStefani, a quella di Micky Wolfson,senza tralasciare quelle minori co-me le raccolte del nobile milaneseFilippo Ala Ponzone e dei coniugiDemetrio Ferrero e Elena Rombo,entrambe attualmente espostenelle sale della Galleria d’Arte Mo-derna. Il patrimonio artistico diquest’ultima testimonia infine an-che del momento in cui il Comune,principalmente nei due decenni trale guerre mondiali, acquistò operepresso le più importanti rassegneartistiche regionali, nazionali e in-ternazionali, comportandosi in ma-niera lungimirante come un avve-duto collezionista.

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Itinerari del Patrimonio Identitario

I parchi e i musei di Nervi

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

battenti al pubblico nel novembredel 2004. Nel dicembre 2005, infi-ne, la Wolfsoniana, sede espositivapermanente della collezione che ilmecenate statunitense Mitchell“Micky” Wolfson Jr. ha donato allacittà, ha trovato posto all’interno delsobrio edificio scolastico nella stra-dina che separa i parchi Serra eGropallo. In questo modo il conte-sto nerviese – arricchitosi nel 1981,

all’estremità orientale del parco divilla Grimaldi Fassio, su iniziativa diLuigi Viacava, allora direttore delServizio Giardini e Foreste delComune, del rinomato roseto che,di recente restaurato, è stato a luidedicato e ospita parecchie cen-tinaia di varietà di rose differen-ziate a seconda degli ibridatori –si è configurato, in aggiunta al suostraordinario patrimonio naturali-

Ernesto (Michahelles) Thayaht, Il grandenocchiere, 1939, Wolfsoniana, Genova

Luigi Fontana & C., Milano, Salotto, 1902 circa, Wolfsoniana, Genova

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tra cui Angiolo Del Santo, Pietro Al-bino, Giacinto Pasciuti, Luigi Oren-go, Francesco Ciusa, Eugenio Pel-lini, Lorenzo Massa, DemetrioPaernio, Vittorio Rossi, PasqualeRizzoli, Luigi Brizzolara e Vence-slao Borzani, altri in coppia, comenel caso di Raffaello Romanelli eGino Coppedè, di Luigi Gichero eAmedeo Calcaprina, di Edoardo DeAlbertis e Annibale Rigotti. I progettivennero esposti nelle sale del Mu-seo di Storia Naturale da pocoinaugurato e già in quell’occasione

molti parvero non avere dubbi: co-me annotò l’architetto Mario Labò,il progetto del neppure trentenne esemisconosciuto Eugenio Baroni(Taranto 1880-Genova 1935), perforza espressiva e originalità d’in-venzione, non aveva rivali.La giuria, di grande autorevolezza,presieduta dall’anziano Giulio Mon-teverde e composta dagli scultoriLeonardo Bistolfi, Ludovico Poglia-ghi e Domenico Trentacoste e daipittori Giulio Aristide Sartorio e Tul-lio Salvatore Quinzio, quest’ultimo

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Il Monumento ai Mille a Quarto

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

Già negli anni immediatamente se-guenti alla spedizione dei Mille, peril suo profondo significato storico eil suo grande valore simbolico, simanifestò il proposito di erigere unmonumento commemorativo nellazona in cui il 5 maggio 1860 Gari-baldi e i suoi volontari si erano im-barcati alla volta della Sicilia sui pi-roscafi Lombardo e Piemonte,messi a disposizione dall’armatoregenovese Raffaele Rubattino. Poi-ché, due anni dopo l’impresa, pro-prio sul famoso scoglio di Quarto

era stata issata una stele volutadalla Confederazione Operaia Ge-novese, per l’ubicazione del grupposcultoreo venne identificata un’arealimitrofa. Dopo un tentativo fallito nel 1907, ilComune di Genova bandì un con-corso nazionale il 1 dicembre 1909,fissando il 10 aprile successivo co-me termine ultimo per la presenta-zione dei progetti e in 100.000 lirela somma per realizzare il monu-mento. Vi parteciparono ben 63concorrenti, molti singolarmente,

2. IL MONuMENTO AI MILLE A QuARTOGianni Franzone

“Genova Rivista Municipale”, aprile 1938, copertina

Eugenio Baroni, Il Monumento ai Mille, 1915

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mentre l’attenta osservazione dalvero del volo degli uccelli fornì al-l’artista spunti per la resa dellegrandi ali dilatate della Vittoria. L’eroicità neomichelangiolesca diGaribaldi è accompagnata da unvortice di dinamismo e sensualità,da un turbine di forme magmatichee avvolgenti, tutte linee curve e sen-za spigoli, che domina nei giovanisoldati che stanno risorgendo. La le-zione rodiniana, come pure quellabistolfiana, sono però superate inuna direzione personale e originaleche non corre il rischio di cadere in

un rinnovato classicismo o di scivo-lare nel decorativismo liberty ancoracosì di moda. Il monumento di Quar-to è una scultura che non prediligeun punto di vista, ma si fa apprezza-re nella sua totalità e continuità; uncomplessivo senso di moto ascen-dente la caratterizza e la domina.Allo stesso tempo il giovane sculto-re semplifica il modellato e dram-matizza le immagini e le volumetriedei corpi nudi in un senso fortemen-te espressivo se non addirittura“espressionista”: una tensione emo-tiva ed espressiva, talvolta quasi

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Il Monumento ai Mille a Quarto

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Progetto ACCESSIT

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in qualità di commissario eletto daiconcorrenti, ufficializzò il suo ver-detto il 1 maggio, proclamando vin-citrice l’opera di Baroni. I premi mi-nori andarono ad Alberto Dresslerin coppia con Giovanni Chini, aEzio Ceccarelli, Guido Bianconi eArnaldo Fazzi. Ispirato al primo verso dell’Inno diGaribaldi di Luigi Mercantini “Siscopron le tombe, si levano i morti”,il bozzetto originario presentato dal-lo scultore genovese prevedevauna piramide la cui punta aguzzaera sostituita dalla figura di Garibal-di sovrastata dalla Vittoria che gui-dava verso la meta il gruppo dei“morti risorti”. L’“eroe dei due mon-di” è raffigurato in piedi, nudo, con i

pugni serrati. Richiama il personag-gio di Jean d’Aire di Auguste Rodinnel famoso gruppo che rievocal’episodio dei cinque borghesi diCalais durante la Guerra dei Cen-t’anni, in cui il grande scultore fran-cese aveva proposto un’inedita emoderna rievocazione del linguag-gio di Michelangelo. Baroni forgiò ilsuo Garibaldi sulla figura di Barto-lomeo Pagano, uno scaricatore delporto di Genova che più tardi diven-ne celebre per aver interpretato ilgigante Maciste nel film Cabiria diGabriele D’Annunzio. I corpi vigo-rosi di altri giovani “camalli” feceroda modello per i volontari che sistanno svegliando dal loro sonnoper prendere parte all’impresa,

Petrus Theodor Tetar van Elven, La partenza dei Mille, 1889, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova

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mento finito entro quattro anni, cioèentro il 18 maggio 1915. Solo nelmaggio del 1914, su proposta dellostesso Baroni e con l’avvallo deimembri della giuria, venne decisoche il monumento doveva essererealizzato in bronzo e non modella-to in marmo bianco di Carrara co-

me previsto in origine: il “terribilebronzo”, secondo le parole di D’An-nunzio, prese forma a Pistoia nellafonderia dei fratelli Pasquali. Mentre Baroni si dedicava forsen-natamente al completamento dellasua opera in “una specie di deliriolucido”, come scrisse l’amico e cri-

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Il Monumento ai Mille a Quarto

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

aspra, che, insieme a una dichiaratavisione sintetica, rappresenta unodegli elementi di novità del suo lin-guaggio artistico e che troverà svi-luppo nelle sue opere future. Di ciò fu consapevole la commis-sione giudicatrice che consigliò aBaroni di far prevalere, nella fase

esecutiva, la parte scultorea rispet-to a quella architettonica, riducendoquindi il tronco di piramide e ingran-dendo proporzionalmente il gruppodi Garibaldi.In base alle clausole del contrattosottoscritto con il Comune, Baronisi impegnò a consegnare il monu-

Plinio Nomellini, Inaugurazione del Monumento ai Mille, 1915, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, GenovaL’inaugurazione del Monumento ai Mille il 5 maggio 1915, Centro DocSAI, Genova

Plinio Nomellini, Bozzetto del manifesto per l’inaugurazione del Monumento ai Mille,1915, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova

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il manifesto. L’evento, cui partecipòuna folta delegazione di giornalistinazionali, fu completamente domi-nato da D’Annunzio, appositamenterientrato dalla Francia: le parole in-fuocate del suo famoso discorso piùche celebrare l’opera di Baroni eb-bero lo scopo di accendere gli animidegli intervenuti in direzione dichia-

ratamente interventista. Fu così cheil gruppo scultoreo di Quarto, in ori-gine voluto e pensato per conclude-re simbolicamente, a cinquant’annidi distanza, l’epopea risorgimentale,si trasformò nell’emblema dei sen-timenti interventisti e nazionalisti apochi giorni dall’ingresso italianonella Grande Guerra.

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Itinerari del Patrimonio Identitario

Il Monumento ai Mille a Quarto

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

tico Ettore Cozzani, scoppiò laguerra. L’artista sentì forte il desi-derio di parteciparvi in prima perso-na, per cui il compimento del mo-numento diventò per lui ancora piùurgente. Anzi intravvide subito cheil suo Garibaldi poteva diventare ilsegnale dell’intervento italiano nelconflitto, tanto da scrivere: “Ho fede

d’avere con la mia opera dato allapatria la profezia della resurrezio-ne, la memoria vigile e accesa deimartirii sofferti”. L’inaugurazione del monumento,originariamente prevista per il 9maggio 1915, venne anticipata al 5.A Pietro Dodero spettò il compito didisegnare l’invito, a Plinio Nomellini

Leonetto Cappiello, Imprimerie Vercasson, Paris, Le trait-d’union franco-italienQuotidien du soir, 1916 circa, Wolfsoniana, Genova Particolare della lastra d’acciaio contenente i nomi dei 1089 volontari di Garibaldi, 2010

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possibile riscontrare i fondamentalidel vocabolario razionalista, comeattestato in particolare dalla fine-stratura a nastro, dal volume a elis-se della scala di collegamento, dalleasimmetrie volumetriche e dalla li-scia nitidezza degli intonaci bianchi.La rigorosa impostazione dell’edifi-cio conferma quindi la definitiva as-sunzione della vulgata modernistada parte di Daneri il quale, formatosi

nello studio Coppedè, divenne benpresto uno degli esponenti di spiccodel razionalismo genovese, nono-stante i suoi richiami alla lezioneprogettuale di Walter Gropius e diLe Corbusier (ad esempio i rimandialla Villa Savoye nel sostegno dellastruttura su esili pilotis) sembrino ri-spondere più a una tangenza tecni-ca e operativa, che a una sintoniateorica e concettuale.

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Itinerari del Patrimonio Identitario

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

L’edificio della Casa Littoria rionale“Nicola Bonservizi”, costruito a Stur-la tra il 1936 e il 1938 su progetto diLuigi Carlo Daneri, può essere con-siderato, nel panorama architettoni-co genovese del Novecento, come

la trasposizione più fedele e coe-rente dei principi teorici e operatividel Movimento Moderno. Nella sualeggera struttura – funzionale ad ar-monizzare tra loro i diversi livelli diquota dell’area circostante – è infatti

La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova

3. LA cASA LITTORIA DI LuIGI c. DANERI E L’ARchITETTuRA RAZIONALISTA A GENOVA Matteo Fochessati

Luigi C. Daneri, Casa rionale Littoria “Nicola Bonservizi”, 1936-1938

Luigi C. Daneri e Luigi Vietti con A. Fineschi, G. Zappa, R. Morozzo della Rocca, G.C. Nicoli, G. Crosa di Vergagni, R. Haupt, Abitazione tipica a struttura d’acciaio, V Triennale di Milano, 1933, Wolfsoniana, Genova

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ancora nell’edificio della chiesa, in-ternamente decorata con mosaici epitture murali di Pietro Dodero, ilsuo progetto per quest’articolata

cittadella sanitaria – costituita da di-ciassette edifici caratterizzati daspecifici orientamenti prospettici ecollegati tra loro attraverso gallerie

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La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova

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Progetto ACCESSIT

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Già autore della Chiesa di San Mar-cellino (1933-1935) – positivamenteaccolta dalla critica del tempo per ilsuggestivo effetto creato dalla suamonumentale struttura, nella qualesoluzioni moderniste si combinava-no con elementi architettonici nove-centisti - Daneri aveva confermatonello stesso periodo la sua adesio-ne alle istanze razionaliste con ilprogetto per la Villa Venturini (1931-34). Sciaguratamente demolita nel1990, a conferma di una scarsaconsiderazione da parte della cittànei confronti dei propri manufattimodernisti, quest’opera rappresen-tava infatti, al pari della Casa Littoriadi Sturla, quasi una sorta di manife-sto programmatico dell’innovativolinguaggio architettonico. Una pro-pensione che egli condivise in quelperiodo con diversi altri professioni-sti genovesi, come documentatodall’Abitazione tipica a strutturad’acciaio, presentata alla V Trienna-le di Milano del 1933 dal gruppo de-gli architetti liguri, guidato dallo stes-so Daneri con Luigi Vietti ecomposto da Fineschi, Zappa, Mo-rozzo della Rocca, Nicoli, Crosa diVergagni e Renato Haupt. Questoprogetto, che pure univa esponentimodernisti con personalità più mo-derate, si distinse infatti per il suodeciso impianto razionalista, risoltonell’Appartamento tipico economicodi Giulio Zappa attraverso la stan-dardizzazione e la scomponibilitàdegli elementi di arredo (compostida mobili in tubolare metallico rico-perti di linoleum) e nell’Apparta-mento per una famiglia di Vietti, gra-zie a una peculiare mediazione conle istanze dell’architettura organica.Tale inclinazione progettuale fu te-stimoniata in particolare dalla formadi alcune poltroncine in legno multi-strato lamellare curvato, già realiz-zate per la nuova Stazione Maritti-ma di Genova e ispirate alle sedute

che Alvar Aalto avrebbe esposto nel1936 alla Triennale di Milano. Il dibattito teorico che si sviluppò aGenova intorno agli emergenti in-dirizzi modernisti - grazie all’impor-tante attività pubblicistica svolta daAttilio Podestà, responsabile dellarubrica La Specola delle Arti (ap-parsa tra il 1932 e il 1933 su “Il Se-colo XIX”) e corrispondente di “Ca-sabella” (1933-43), cui collaboravapure l’architetto Mario Labò - sipuò legare anche ad altre due im-portanti opere architettoniche, rea-lizzate nello stesso periodo nel ca-poluogo ligure. A poca distanza dalla Casa Littoriadi Daneri, lungo la strada verso le-vante, affacciato sul mare, sorse trail 1931 e il 1938 il complesso del-l’Ospedale pediatrico “Istituto Gian-nina Gaslini” che, realizzato su pro-getto di Angelo Crippa, segnò lasua definitiva adesione alle impo-stazioni costruttive d’impianto ra-zionalista. Se la sua originaria for-mazione eclettica, venata dasuggestioni secessioniste, traspare Angelo Crippa, Chiesa dell’Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, 1931-1938

Angelo Crippa (con Aldo Zuccarelli), Ingresso dell’Ospedale pediatrico “IstitutoGiannina Gaslini”, 1931-1938

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lizzato, tra il 1930 e il 1935, a po-nente della Casa del Fascio di Da-neri, lo Stadio del nuoto di Albaro,il cui recente intervento conserva-tivo ha fortunatamente preservatol’integrità originaria dell’opera. Lastruttura, esternamente adeguataai modelli del razionalismo interna-zionale – identificabili nelle finestrea nastro dei due corpi simmetricisemicircolari e nella pensilina delcorpo centrale, retta da pilotis me-tallici –, conserva infatti ancora in-tatta, all’interno, la vivace decora-zione a mosaico realizzata dalladitta Ceramica Ligure. Da notare,in particolare, la significativa testi-monianza della stagione della “pla-stica murale” futurista rappresen-tata dall’ampio pannello Ilnuotatore che, disegnato da Fillia,presenta, nella sua stilizzata cro-mia, evidenti tangenze con il mo-saico in ceramica Le comunicazio-ni terrestri e marittime, da luistesso realizzato nella torre delPalazzo della Poste di AngioloMazzoni alla Spezia (1933).

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La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova

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– rifletteva le esigenze di un rigoro-so sistema di organizzazione delleattività sanitarie. In stretta corri-spondenza ideologica con i principietici e comportamentali del regime– la cui paternità del progetto eraevocata, nell’atrio vetrato, da unascultura di Giorgio Giordani raffigu-rante il Duce che accarezzava unbambino – tale progetto apparivainfatti ispirato da concetti di efficien-za e modernità, statuiti in particola-re dalla dotazione di impianti tecno-logici all’avanguardia. A confermainfine della funzionalità logisticadell’ospedale, il piano architettonicodell’area presentava un razionalesistema organizzativo, in cui i sin-

goli reparti – ospitati in palazzineseparate, ma strettamente collega-te tra loro – gravitavano intorno allastruttura centrale del padiglione diMedicina e Clinica pediatrica. In ta-le edificio il dinamico contrasto trale superfici concave e convessedella facciata rimanda peraltro auno schema compositivo presenteanche nell’impaginato architettoni-co della Scuola della Gioventù Ita-liana del Littorio di Camillo NardiGreco e Lorenzo Castello (1937). Su progetto di Paride Contri – au-tore nel 1934 del Mercato dei Fiori,demolito nel 1987 durante la co-struzione del centro direzionale diCorte Lambruschini – fu infine rea-

Paride Contri, Stadio comunale del nuoto “Piscine d’Albaro”, 1935 circa, CentroDocSAI, Genova

Paride Contri, Stadio comunale del nuoto “Piscine d’Albaro”, 1930-1935

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La sistemazione urbanistica del-l’area della Foce – corrispondenteall’estuario del torrente Bisagno –va inquadrata all’interno del più va-sto piano di riqualificazione dellearee a levante del centro cittadino,cui aveva già dato avvio, agli inizidel Novecento, la realizzazione diuna nuova rete stradale a mare,

l’attuale Corso Italia che, grazie allafitta presenza lungo il litorale di sta-bilimenti balneari alla moda, fu benpresto destinata ad assumere – co-me affaccio per il progressivo svi-luppo di un’architettura residenzialedi pregio – il suggestivo carattere dipromenade e di luogo del loisir. Per la riqualificazione dell’intera

4. PIAZZA ROSSETTI E LA FOcEMatteo Fochessati

zona fu tuttavia fondamentale, agliinizi degli anni Trenta, la coperturadel Bisagno. Quest’opera, i cui pri-mi progetti erano stati presentatiagli inizi del Novecento, determinòinfatti l’apertura di una ampia diret-trice a mare e l’assegnazione dinuovi spazi edificabili, soprattuttodopo che l’area di confluenza deltorrente fu liberata, nel 1931, daicantieri navali Odero.

L’immagine monumentale, ma allostesso tempo modernista con laquale la città intendeva qualificar-si, attraverso quest’imponente in-tervento urbanistico, influenzò inlarga misura le scelte progettualidegli edifici di rappresentanza edei complessi residenziali sorti inseguito al nuovo piano regolatoredell’area. La tipologia razionalista caratteriz-

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Piazza Rossetti e la Foce

Corso Italia e Boccadasse

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zò, in particolare, la costruzione delRistorante San Pietro, realizzato suprogetto di Mario Labò tra il 1935 eil 1938. Collaboratore della rivista“Casabella” e aderente dai primianni Trenta al MIAR (Movimentoitaliano per l’architettura razionale),l’architetto genovese, che nel 1940progettò a Quarto la villa del cele-bre collezionista Della Ragione,

elaborò in questo edificio – caratte-rizzato dalla leggerezza della strut-tura e da un’attenta cura dei mate-riali e della gamma cromatica – unafelice sintesi linguistica tra le istan-ze razionaliste e l’architettura orga-nica, assimilata grazie alla sua vici-nanza con Alvar Aalto. Tale costruzione, celebrata all’epo-ca sulle principali riviste di architet-

Luigi Vietti (con Mario Braccialini), Case dei pescatori, 1936-1939

Mario Labò, Ristorante San Pietro, 1935-1938, Centro DocSAI, Genova

tura, appare ormai, tuttavia, forte-mente ridimensionata rispetto al di-segno originario, in seguito alla suaparziale demolizione durante la co-struzione della sopraelevata (1962-65) e alla successiva e radicale tra-sformazione degli interni. Queste gravi manomissioni furonooperate anche in altri edifici limitro-fi: ad esempio nella sede dell’ACI(già Regio Automobil Club d’Italia,1939) di Camillo Nardi Greco e Lo-renzo Castello che – caratterizzatanel salone del pubblico da una se-rie di pannelli pittorici di TeresioBeroggio raffiguranti i trasporti el’attività del porto – fu compromes-sa nella sua leggibilità originariadalla demolizione, negli anni Ot-tanta, della stazione di servizio checompletava l’edificio. Ancora più evidente appare la tra-sformazione delle Case dei pesca-tori, progettate da Luigi Vietti insie-me all’ingegnere capo del ComuneMario Braccialini per la parte tecni-ca (1936-39). Il complesso residen-ziale, destinato a ospitare i pesca-tori, tradizionali abitanti della zonadella Foce, perse infatti definitiva-

mente il suo rapporto con il marecon la realizzazione della Fiera(1958-63), mentre la costruzionedella sopraelevata determinò il ta-glio delle ali laterali. Il più impegnativo intervento di ar-chitettura residenziale nell’area del-la Foce fu rappresentato dalla rea-lizzazione dell’attuale PiazzaRossetti per opera di Luigi CarloDaneri, cui fu affidato l’incarico, do-po che era stato accantonato il pro-getto vincitore al concorso banditonel 1933. Daneri improntò questacomplessa opera - portata a termi-ne tra il 1934 e il 1958 - con tutte lesue peculiari competenze imprendi-toriali e architettoniche. In particola-re il lotto residenziale si distingue,nella disposizione degli edifici, perl’affermazione di quel concetto diunità abitativa che, ispirato dal ce-lebre complesso a Marsiglia di LeCorbusier (1947-52), fu in seguitoda lui ripreso, su scala più ridotta,nelle palazzine al Lido d’Albaro(1952-55). Questo schema proget-tuale connotò in larga misura tuttala sua attività architettonica nell’im-mediato dopoguerra. In questo pe-

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Piazza Rossetti e la Foce

Luigi C. Daneri, Piazza Rossetti, 1934-1958

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Progetto ACCESSIT

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riodo Daneri fu infatti intensamenteimpegnato, come coordinatore, neiteam progettuali di due tra le più im-portanti realizzazioni del program-ma di edilizia popolare INA-Casa: ilquartiere Bernabò Brea (realizzatoinsieme a Giulio Zappa e LucianoGrossi Bianchi tra il 1950 e il 1954)e il complesso di Porta degli Angeli,

con Beverasco, Ginatta, Ferri, Pu-litzer e Sibilla (1954-56). Dal 1956al 1968 Daneri sovrintese inoltre, in-sieme a Eugenio Fuselli, alla pro-gettazione del quartiere ForteQuezzi, ormai popolarmente deno-minato “il Biscione”. Tornando adesso allo spirito dellasistemazione urbanistica dell’area

Antonio Maria Morera, Navigatore, 1938

della Foce nel corso degli anniTrenta, è opportuno mettere in evi-denza come – al pari dello svilup-po architettonico che aveva pla-smato la fisionomia della vicinapiazza Vittoria – la sintesi tra mo-numentalismo e modernità rispec-chiasse gli stessi principi autocele-brativi della propaganda del

regime, volta, da un lato, a riaffer-mare la continuità con il proprio il-lustre passato, dall’altro, a esaltareil contemporaneo primato naziona-le. In tale ambito va inquadrata lastatua del Navigatore, realizzatada Antonio Maria Morera in marmobianco di Carrara, dopo una primaprovvisoria presentazione in ges-

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Piazza Rossetti e la Foce

Eugenio Fuselli, Casa del Mutilato, 1937-1938

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Itinerari del Patrimonio Identitario

so, in occasione della storica visitadel Duce a Genova nel 1938. Col-locato di fronte al mare, con unafunzione di asse focale dell’impiantourbanistico dell’area, il maestosomonumento incarnava infatti, nellasua energica rappresentazione viri-le, il culto per l’ardimento, esaltatodall’ideologia fascista e qui conden-sato dalla scritta “Vivere non neces-se, navigare necesse est”. La retorica di un altro importantetema della propaganda – la com-memorazione della vittoria e delsacrificio bellico – trovò inveceespressione nella costruzione del-la Casa del Mutilato di EugenioFuselli (1937-38), anche se questa

dimensione celebrativa fu in partetemperata dal crudo realismo delmonumento I mutilati di EugenioBaroni e dalla sobria impostazionerazionalista dell’edificio, integratoda richiami alla cultura vernacolarenella sua fasciatura bicromatica. La più grande trasformazione urba-nistica di tale territorio fu invece de-terminata, nel dopoguerra, dalla co-struzione del quartiere fieristico, aponente della foce del Bisagno, inun’area artificiale ottenuta attraver-so l’interramento della costa. Spic-ca tra i nuovi edifici fieristici il Palaz-zo dello Sport, il cui concorso fuvinto ex aequo dal progetto di Da-neri e di Pier Luigi Nervi e da quello

Franco Sironi, Leo Finzi, Remo Pagani e Lorenzo Martinoia, Palazzo dello Sport, Fieradi Genova, 1961-1963

– prescelto e realizzato tra il 1961e il 1963 – del gruppo compostodagli ingegneri Franco Sironi, LeoFinzi, Remo Pagani e dall’architettoLorenzo Martinoia. La struttura delPalasport, che all’epoca della suacostruzione fu all’avanguardia pertipologie ingegneristiche, schemistatici e metodologie costruttive –essendo uno dei primissimi esempial mondo di applicazione delle ten-sostrutture –, rimane ancora oggiun esempio significativo e ardito diutilizzo del cemento armato pergrandi edifici. Se infine un intervento di ristruttura-zione del complesso, avvenuto nel2001, determinò la sciagurata de-molizione della pensilina, progettatanel 1963 da Angelo Mangiarotti co-me padiglione per l’IRI, tra le più re-centi novità architettoniche dell’areabisogna annoverare il PadiglioneBlu che, ideato dall’architetto france-se Jean Nouvel ed entrato in funzio-ne nell’ottobre 2008, in occasionedel Salone Nautico, fu ufficialmenteinaugurato nel 2009.

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Itinerari del Patrimonio Identitario

Piazza Rossetti e la Foce

Jean Nouvel, Padiglione Blu, Fiera di Genova, 2008

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

Museo en plein air delle principali ri-cerche plastiche tra Otto e Nove-cento, il Cimitero monumentale diStaglieno, con il suo straordinariopatrimonio artistico, costituito da ol-tre cinquemila monumenti funebri,offre al visitatore una puntuale edesauriente panoramica sugli sviluppistilistici e formali della scultura diquel periodo: dal purismo classicistae romantico al verismo delle correntinaturaliste; dalle tensioni espressivedel liberty e del simbolismo alle sti-lizzazioni del linguaggio déco e almonumentalismo novecentista; sinoalle più recenti prospezioni estetichedel dopoguerra. La necropoli – cittàdei morti che nel tempo si espandespecularmente a quella dei vivi – ri-flette inoltre nella sua costante cre-scita “urbanistica” i preminenti carat-teri sociali e culturali dell’epoca,attraverso il filtro di una concezionedella morte che progressivamenteadattò le peculiari interpretazioni ditale concetto al succedersi delle cor-renti stilistiche del periodo.Il progetto originario di Carlo Bara-bino, risalente al 1837, fu in seguitoripreso – all’interno di un comples-sivo processo di urbanizzazione in-torno alle rive del Bisagno – da Gio-vanni Battista Resasco. I lavori peril cimitero, delimitato a valle da unamonumentale galleria, ebbero inizionel 1847 e terminarono ufficialmen-te nel 1851, data in cui cominciaro-no a sorgere i primi monumenti fu-nerari privati. Tuttavia nel 1903 ilComune bandì un nuovo concorsoper l’ampliamento della necropoli,

5. IL cIMITERO DI STAGLIENOMatteo Fochessati

Santo Varni, La Fede, 1868-1875Gaetano Vittorio Grasso, Monumentofunebre a Giuseppe Mazzini, 1874-1877Cimitero di Staglieno. Una delle gallerie

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Il Cimitero di Staglieno

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Itinerari del Patrimonio Identitario

cui partecipò, tra gli altri, Gino Cop-pedè il quale, autore di un visionarioe monumentale progetto non realiz-zato, fu incaricato nel 1904 di dise-gnare la sistemazione del Cimiterodegli Inglesi.Celebre a livello internazionale perla ricchezza artistica dei suoi monu-menti e per la suggestione del suoampio e articolato disegno paesag-gistico, che combinava il rigore for-male della tradizione classica con ilgusto pittoresco della cultura ro-

mantica, il cimitero accrebbe la suafama grazie alla notorietà degli illu-stri personaggi che in esso ebberosepoltura. Oltre alle tombe nel set-tore protestante del fotografo tede-sco Alfredo Noack, realizzata nel1896 da Giuseppe Navone, e diConstance Lloyd, che il maritoOscar Wilde – appena scarcerato –visitò nel 1899, a un anno dalla suamorte, si può qui ricordare il monu-mento funebre di Giuseppe Mazzi-ni, innalzato nell’area del Boschetto

Luigi Rovelli, Cappella Raggio, 1895

irregolare e caratterizzato, su pro-getto di Gaetano Vittorio Grasso, dascoperte simbologie massoniche. La purezza dell’impostazione clas-sicista dei primi monumenti, deter-minata dall’esigenza di uniformarsialla matrice stilistica del piano ar-chitettonico del Resasco e incarna-ta, ad esempio, dal suo stesso pro-getto per la Cappella RubattinoRebizzo (1871), lasciò spazio, do-po il 1880, a una maggiore libertàespressiva e, quindi, a un’ampia e

variegata diffusione di modellieclettici. Tale tendenza appareesemplarmente rappresentata dal-la Cappella Raggio di Luigi Rovelli(1895), comunemente denominata“Duomo di Milano” per i suoi pinna-coli e archi rampanti in stile gotico,o dalla Cappella Puccio di GinoCoppedè (1904), connotata da ri-chiami bizantineggianti e da riferi-menti iconografici all’antico Egitto. Sin dall’inizio la principale commit-tenza dei sepolcri non fu comunque

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Il Cimitero di Staglieno

Gino Coppedè, Cappella Puccio, 1904

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Progetto ACCESSIT

Itinerari del Patrimonio Identitario

più rappresentata da quell’aristocra-zia che sino allora era stata alla gui-da della città, ma da una dinamicae rampante borghesia che, a caval-lo tra Otto e Novecento, svolse unruolo decisivo per la rinascita eco-nomica e culturale di Genova. E sequesta classe sociale in ascesa nonfu immediatamente in grado di ela-borare un suo autonomo linguaggioespressivo e preferì pertanto adot-tare consolidati soggetti di matriceclassica o romantica, ben presto,tuttavia, impose il proprio immagi-nario della morte attraverso i temiiconografici del realismo borghese.Dopo un esordio improntato al gu-sto neoclassico, in cui eccelsero gliscultori Santo Varni, Gio BattistaIsola e Giuseppe Gaggini, le emer-genti tensioni veriste predisposerodunque – mutuando i modelli ideo-logici della borghesia – un nuovo or-dine costitutivo nell’ambito del temadella morte. Il trauma del distacco

Lorenzo Orengo, Tomba dei coniugiWhitehead e Bentley, 1885-1887Augusto Rivalta, Tomba Carlo Raggio,1872

fu infatti esorcizzato grazie alla ce-lebrazione della continuità dei valorisociali incarnati dal defunto e dallasua famiglia e ciò avvenne, in gene-re, attraverso una precisa e minu-ziosa ostensione dei simboli profes-sionali e del lavoro. Tale tendenzaebbe il suo apice espressivo inquello che è considerato, nell’imma-ginario collettivo, il simbolo di Sta-glieno: la tomba di Lorenzo Orengoraffigurante la venditrice di noccioli-ne Caterina Campodonico (1881). La dettagliata rappresentazionerealista delle vesti e dei simboli pro-fessionali della committenza – com-piutamente esemplificata da un’al-tra opera di Orengo, la duplicetomba dei coniugi Whitehead e

Bentley (1885-1887) – attestava ingenere una capacità analitica e de-scrittiva che, desunta dai procedi-menti operativi della ritrattistica fo-tografica, determinò il definitivodistacco dai modelli aulici e solennidella scultura commemorativa d’im-pianto classicista. Alle ricorrenti sce-ne di compianto famigliare intornoal letto del defunto (Tomba CarloRaggio di Augusto Rivalta, 1872) oa scene di spontanea immediatez-za (Tomba Pescia di Orengo,1897), subentrarono tuttavia, versola fine dell’Ottocento, altri modellid’interpretazione della morte. Conl’accentuazione dei caratteri simbo-listi e decadenti, tale evento nonvenne infatti più esperito e risolto

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Itinerari del Patrimonio Identitario

Il Cimitero di Staglieno

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Itinerari del Patrimonio Identitario

entro una dimensione collettiva, maassunto come un fatto di coscienzaindividuale, slegato dunque dallecertezze determinate da una pro-pria specifica appartenenza di clas-se. Il fenomeno del “guardare lamorte”, sperimentato inizialmentecome radicalizzazione dell’approc-cio realista – tombe Camilla Pigno-ne-Avanzini di Giuseppe Benetti(1867) e Pienovi di Giovanni Batti-sta Villa (1879) – determinò infattiuna sempre più consapevole co-scienza interiore della dipartita e delviolento distacco dalla vita terrena.Il punto di rottura storico di questoprogressivo abbandono delle cer-tezze positiviste, che avevano im-prontato sino allora la concezioneottocentesca della morte, fu rappre-sentato dall’inquietante immaginedell’angelo androgino della tomba

Francesco Oneto di Giulio Monte-verde (1882), tema iconografico ri-preso in tutto il mondo, attraversol’esportazione di modelli artisticioperata dall’emigrazione ligure. Il passaggio successivo, in ambitoliberty, fu incarnato dai temi della“bella morte” o della “morte giova-ne”, mediati da una più delicataaccezione simbolista nei monu-menti di Leonardo Bistolfi – tombeBauer (1902-1904) e Orsini (1889-1907) – o risolti in maniera più di-retta, come nella Tomba MariaFrancesca Delmas di Luigi Orengo(1909), dedicata a una giovanesposa, scomparsa in un incidenteautomobilistico.La rappresentazione della morteassunse in seguito caratteri ancorapiù tragici, come nel caso dell’in-consolabile dolore della madre, raf-

figurato nella Tomba Berte GrossoBonnin (1921) di Eugenio Baroni,autore successivamente di un altrodolente monumento dedicato al te-ma della maternità (Tomba MoltiniSciutto, 1922). A questa inedita im-postazione antidecorativa subentròtuttavia, con la progressiva adesio-ne al gusto déco, una sempre piùevidente sintesi delle forme e deivolumi che fu, ad esempio, deter-minante per l’originale impostazio-ne compositiva della Tomba Ammi-rato di Edoardo De Albertis (1917)o per lo stilizzato arcaismo dellaStele Tortelli di Guido Micheletti(1933) e della Tomba Inga di LuigiVenzano (1933). Il monumentali-smo novecentesco – esaltato dauna specifica impostazione classi-ca nella Tomba Germani di GuidoGalletti (1939) – fu infine fonda-mentale per un ritorno a raffigura-zioni dal forte impianto realista.Questa tendenza fu solo in parteattenuata da quel clima di rinnova-mento della scultura funebre deldopoguerra, che fu precorso nel1942 dall’impianto razionalista delMonumento Dagna di Edoardo Al-fieri il quale, esternamente, si pre-sentava come un semplice paralle-lepipedo, decorato su due lati dalunghi bassorilievi.

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Itinerari del Patrimonio Identitario

Il Cimitero di Staglieno

Giulio Monteverde, Tomba FrancescoOneto. Particolare, 1882

Edoardo De Albertis, Tomba Ammirato,1917

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stazione ferroviaria Brignole nel1905, e l’area della foce del torren-te Bisagno, la cui copertura vennedeliberata dall’amministrazione co-munale nel 1919. Si trattava di unazona strategica all’interno del con-testo urbano, in considerazionedell’ampliamento della città versola valle del Bisagno e verso levan-te. Nel 1923 il Comune bandì dueconcorsi nazionali, l’uno, appunto,per la sistemazione della spianatadel Bisagno (delibera del 5 aprile),l’altro per l’erezione di un arcotrionfale dedicato ai caduti del pri-mo conflitto mondiale (delibera del9 maggio). In entrambi i casi risultòvincitore l’architetto romano Mar-cello Piacentini: in città, però, siaccesero subito vivaci dibattiti.La commissione giudicatrice delconcorso per l’arco trionfale, com-posta, tra gli altri, dallo scultoreLeonardo Bistolfi, dal critico UgoOjetti e da Mario Labò, assessoremunicipale alle Belle Arti, non indi-viduò un vincitore, bensì rinviò, nelfebbraio del 1924, tre progetti a unsecondo grado di giudizio, ritenen-do necessario un approfondimen-

to: Beatissimi Voi di Marcello Pia-centini in collaborazione con loscultore Arturo Dazzi, Diana del-l’architetto romano Alessandro Li-mongelli coadiuvato dal genoveseGiovanni Prini e San Giorgio del-l’architetto modenese GiuseppeMazzoni con l’intervento di Edoar-do De Albertis, Francesco Messinae Guido Galletti. La polemica su-scitata da un articolo di Ojetti ap-parso sul “Corriere della Sera” del9 febbraio 1924, che anticipava ilverdetto finale e conteneva, tral’altro, giudizi tutt’altro che lusin-ghieri nei confronti degli imprendi-tori e dei costruttori genovesi, co-strinse alle dimissioni la giuria.Venne quindi nominata una nuovacommissione che proclamò vinci-tore di secondo grado il progetto diPiacentini. Il 18 aprile 1925 que-st’ultimo ottenne l’incarico ufficialeper la costruzione dell’arco che,iniziato nel 1927, venne portato acompimento nel 1931. Nella ver-sione definitiva del monumento, ri-gidamente ispirato agli illustriesempi della Roma classica, Dazzieseguì i fregi con scene belliche

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Il progetto complessivo riguardavanon solo l’area su cui insiste oggila piazza, fino al 1910 sottopostaa servitù militare, ma anche piazzaVerdi, che aveva assunto un ruolodi primo piano con l’apertura della

La piazza, inserita all’interno di unpiù ampio Piano regolatore per lezone centrali (1932), costituisce ilprincipale intervento urbanistico-ar-chitettonico attuato nel centro citta-dino durante il periodo fascista.

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6. PIAZZA DELLA VITTORIA E LA SISTEMAZIONE DELLA SPIANATA DEL BISAGNOGianni Franzone

Piazza della Vittoria in costruzione, 1934 circa, Centro DocSAI, Genova

Progetto ACCESSIT

Marcello Piacentini (in collaborazione con A. Dazzi, E. De Albertis e G. Prini), Arco aiCaduti, 1923-1931

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Ghiara, il terzo ad Amedeo Calca-prina. Due anni dopo Piacentinirielaborò ancora il progetto: lanuova versione venne intitolataLa Grande Genova. Il Foro littorio,con chiaro riferimento alla crea-zione del comune ‘allargato’, de-cretata da Mussolini il 14 gennaio1926. Nel 1928 il podestà Euge-nio Broccardi nominò una nuovacommissione (composta da Ric-cardo Haupt, Ghino Venturi e Pie-ro Portaluppi) per varare lo sche-ma planimetrico della piazza, resopossibile dalla copertura del Bisa-gno attuata nel 1928-30 dall’im-presa Garbarino e Sciaccaluga.La commissione si limitò a espri-

mere alcune indicazioni di massi-ma: l’edificazione venne limitata apiazza della Vittoria, mentre perpiazza Verdi si optò per una siste-mazione a giardini, recependoquindi quanto Piacentini aveva giàinserito nel suo progetto del 1926;si dispose che lo schema planivo-lumetrico della piazza fosse costi-tuito da tre edifici per lato sui duelati lunghi e un unico edificio sullosfondo (teatro o palazzo del litto-rio); gli edifici avrebbero dovutoavere un carattere monumentalecon rivestimenti in materiali nobili;un porticato perimetrale, infine, do-veva essere esteso a tutti gli edifici. Nel maggio del 1929 la giunta po-

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Progetto ACCESSIT

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per i quattro prospetti dell’attico ele otto statue inserite sui due latilunghi, mentre a De Albertis e aPrini toccarono gli altri interventidel ricco apparato decorativo: alprimo si devono le altre otto scul-ture sui lati est e ovest e il crocifis-so sull’altare della cripta; al secon-do spettarono le due grandi lunetteinterne, che decorò con scene dilavoro agreste e industriale, men-tre altri sei rilievi, lo stemma comu-nale e un San Giorgio vennero col-locati nella cripta. Le vicende relative alla sistema-zione della spianata furono assaipiù complesse e tormentate, an-che per gli interessi economici especulativi in ballo. Le polemichedivampate in città vennero caval-cate dal locale “Corriere Mercan-tile” che, nel febbraio del 1924,bandì un “contro-concorso” con il

chiaro intento di screditare la cre-dibilità e l’autorevolezza di quelloindetto dal Comune: il premiovenne fissato in cinquantamila liree venne chiamato a far parte dellagiuria una figura di indubbio pre-stigio come l’architetto GaetanoMoretti. Al concorso parteciparo-no ben quarantasei concorrenti, icui elaborati vennero esposti a lu-glio nel ridotto del teatro Carlo Fe-lice. Anche Piacentini vi preseparte, pure se fuori concorso, rie-laborando il progetto che avevapresentato al concorso municipa-le: la nuova versione, in particola-re, prevedeva il trasferimento deivolumi fabbricabili da piazza Verdia piazza di Francia, l’attuale piaz-za della Vittoria. La commissionegiudicatrice assegnò il primo pre-mio a Michele Fenati, il secondoa Piero Barbieri e Francesco

Piazza della Vittoria, lato a ponente: Palazzo Società Nafta (P. Fossati con C.Ginatta,1929-1934), Palazzi Jacazio (B. Bellati con G. Dazzi, 1935-1937) e Palazzodella Cassa di Risparmio (B. Bellati, 1938-1939)

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getto di piazza della Vittoria ven-ne eliminato l’edificio sul fondo,mentre sui lati lunghi gli edificivennero portati da tre a quattro);con l’adozione, due anni dopo, daparte della giunta podestarile del-le Norme edilizie ed architettoni-che relative alla costruzione dipiazza della Vittoria; infine, con lanomina di Piacentini a consulentedella commissione edilizia comu-nale si composero le ultime tes-sere che avrebbero portato alla fi-sionomia definitiva della piazza.L’architetto romano ne diventò ilvero “regista”: il palazzo dell’Isti-tuto Nazionale Fascista di Previ-denza Sociale (oggi INPS), da luiprogettato e costruito sull’angolonord-est tra il 1936 e il 1938, conil suo stile classico e monumen-tale, sobrio e austero, ispirato allamaestosità dell’architettura roma-na, che egli aveva già affinatonella piazza della Vittoria di Bre-scia, con i semplici ed eleganti ri-

vestimenti in travertino che ren-devano superflua ogni decorazio-ne – se si eccettuano le Vittoriealate agli angoli, opera di NanniServettaz – stabilì il modello pergli altri palazzi. Gli edifici, infatti,che, disposti simmetricamente ecollegati da un profondo portica-to, vennero costruiti di lì a pocosui lati lunghi della piazza, nono-stante siano stati progettati da ar-chitetti diversi, si connotano tuttiper la stessa monumentalità, perun attento equilibrio dei pieni e deivuoti, per il prevalere di volumigeometrici e per la quasi totalemancanza di decorazione: sul latoovest, i due palazzi centrali del-l’impresa Ugo Jacazio si devonoa Beniamino Bellati in collabora-zione con Giovanni Dazzi, cosìcome sempre a Bellati si devel’ultimo, quello della Cassa di Ri-sparmio; sul lato est, i due centra-li vennero costruiti dall’impresaGarbarino e Sciaccaluga su pro-

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destarile approvò il progetto delpalazzo Nafta, sede dell’omonimasocietà che si occupava del com-mercio di idrocarburi, sull’angolonord-ovest della piazza che costi-tuì il primo importante tassellodella nuova sistemazione: proget-

tato da Paolo Fossati con Cristo-foro Ginatta, il palazzo, completa-to nel 1934, presenta elementiancora ispirati alla tradizione deipalazzi alessiani cittadini. Conl’approvazione del piano regolato-re del centro del 1932 (dal pro-

Beniamino Bellati, Palazzo Jacazio, 1935 circa, Wolfsoniana, Genova

Beniamino Bellati, Raccordo coperto tra palazzo Nafta e palazzo Jacazio, 1935 circa,Wolfsoniana, Genova

Alfredo Fineschi, Sistemazione zona sud di piazza della Vittoria. Genova. Progetto discalea giardino sull’asse del Monumento ai Caduti, 1935, Wolfsoniana, Genova

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ad arco, previste in siepi potate,vennero sostituite da volumi equi-valenti in muratura ricoperti darampicanti. Due edifici completanola piazza a sud: a levante il seriopalazzo della Questura ancora di

Fineschi (1935-37) e a ponentel’edificio che ospita il liceo AndreaDoria, progettato negli stessi annida Carlo Canella, che riproponealcuni degli elementi tipici del lin-guaggio piacentiniano.

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getto di Piacentini e Aldo Campo-sampiero, mentre l’ultimo venneprogettato da Giuseppe Talleroper l’impresa Amleto Angiolini(1939). Dei lati brevi della piazza, quelloa nord si apre su piazza Verdi e lastazione Brignole, mentre quelloa sud è chiuso da una spalliera ri-

coperta di verde che, attraversoscalee, sale alle Mura delle Cap-puccine. L’originale progetto dell’architettoAlfredo Fineschi fu semplificato infase di realizzazione: venne elimi-nata la cascata d’acqua centraleche scendeva da un’alta fontana-faro illuminato, mentre le ali laterali Piazza della Vittoria, veduta della scalea

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bini e Franca Helg a chiuderePiazza Dante dal lato mare – ilcomplesso direzionale Centro deiLiguri (1972-1980) risultò tuttaviauna scelta strategica obsoleta e ir-risolta, come dimostrato in partico-lare dalla concezione degli spaziverdi che, destinati a qualificarsicome centro di aggregazione, sisono invece trasformati in un cor-po separato dal tessuto urbano ein un’area di degrado e di emargi-nazione. Alla stesura del piano particolareg-giato di Zappa e Viale che, rispettoall’originaria matrice storicista, fuimprontato da un’evidente impo-stazione razionalista, collaborò an-che, nella sua funzione di rappre-sentante della Soprintendenza,Robaldo Morozzo della Rocca(1932). Il suo progetto, che preve-deva la costruzione di quattro grat-tacieli, fu tuttavia trasformato dal-l’intervento di Macello Piacentini ilquale, nominato consulente per ilpiano particolareggiato dell’area,delineò una differente impostazio-ne plano-altimetrica, riducendo adue il numero dei grattacieli.

Piacentini, che aveva maturato inquesto periodo una sua autonomaadesione alle moderne istanze ra-zionaliste, fu quindi nominato re-sponsabile di tutto il complessivopiano urbanistico dell’area. E supressante indicazione del podestàCarlo Bombrini ricevette anche, daparte dell’ingegnere Angelo Inver-nizzi, l’incarico per la progettazionearchitettonica del Grattacielo Sud.Committente, ma pure responsabi-le del piano strutturale dell’edificio,Invernizzi, nella sua attività di pro-gettista e di costruttore, avevaugualmente manifestato, in questianni, una piena acquisizione dellacultura funzionalista, come attesta-to dalla moderna impostazione me-tropolitana del garage elicoidale – ilprimo realizzato in Italia – per lostabile di via Montevideo 12 (1926)o dal rigore formale della casa perabitazioni di via Nizza 12 (in colla-borazione con Ettore Fagioli, 1933)e, soprattutto, dalla costruzione del-la villa Il Girasole a Marcellise(1935). Il meccanismo di rotazionedi tale edificio, oltre a ispirarsi a mo-tivi futuristi e costruttivisti, testimo-

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Predisposto subito dopo l’istituzio-ne amministrativa della “GrandeGenova” (1926) e ispirato alla po-litica autocelebrativa del regime, ilprogetto di monumentalizzazionedel centro cittadino ebbe il suo ful-cro, negli anni Trenta, con il pianodi ridefinizione urbanistica di piaz-za Dante. Il concorso per il Piano regolatore

delle Aree Centrali, bandito nelfebbraio del 1930, fu vinto nel-l’agosto del 1931 dal gruppo Ja-nua, composto da Giulio Zappa eAldo Viale che, per la sua qualificadi capoufficio del Comune di Ge-nova per i Piani regolatori, suscitòla contestazione del gruppo mila-nese di Griffini, Bottoni e Pucci.Con la stesura definitiva del pianoparticolareggiato di Viale e Zappanel gennaio del 1932, la realizza-zione di un moderno centro dire-zionale nel cuore di Genova ebbe

comunque avvio nel 1934. I lavori,conclusi nel 1940, determinaronola demolizione del degradato quar-tiere del Morcento, che venne rasoal suolo, e dell’area del Ponticello,che aveva ospitato il borgo medie-vale dei Lanaioli. Documentata daidisegni del suggestivo reportage-che Orlando Grosso, direttore delCivico Ufficio di Belle Arti, commis-sionò ad alcuni artisti genovesi(Mazzoni, Pennasilico, Bifoli, Ver-zetti e Gambetti), questa tipicaopera di riqualificazione urbana,impostata dal regime con scopi dirappresentanza, determinò dun-que un’incisiva operazione disventramento, proseguita nel do-poguerra, verso il lato mare, dalledemolizioni nel quartiere medieva-le di via Madre di Dio. Costituito dadue blocchi – quello a levante pro-gettato da Marco Dasso e Giovan-ni Bruzzone e quello di Franco Al-

7. PIAZZA DANTEMatteo Fochessati

Il Grattacielo Nord, cartolina, Centro DocSAI, Genova

Piazza Dante, cartolina, Centro DocSAI, Genova

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un adeguamento della fisionomiaurbanistica di Genova allo skylinedi New York. Questo appassionatointeresse per i grattacieli americani– condiviso dall’amministrazionepubblica e dalla classe imprendito-riale genovese – trovò ampio ri-scontro in campo architettonico,come testimoniato da un progetto

non realizzato di Luigi Carlo Dane-ri per un grattacielo in strutturad’acciaio in piazza Dante o dallastessa concezione del GrattacieloSud, caratterizzato da una struttu-ra gradonata che, assottigliandosiverso il vertice della torre, ripren-deva uno dei motivi più tipici deldéco statunitense.

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niò infatti una totale sintonia conl’utopia macchinistica di Le Corbu-sier il quale, nel volume Vers un’ar-chitecture (1923), aveva dichiaratoche la casa avrebbe dovuto esserecostruita come una “machine à ha-biter”. Fronteggiando la massiccia strut-tura del Grattacielo Nord di Giu-

seppe Rosso (1935-37), il gratta-cielo di Piacentini ne condivisedunque lo stesso visionario ap-proccio modernista, influenzatodalla cultura architettonica futuri-sta, ma anche dalle utopistichesuggestioni architettoniche di Ren-zo Picasso, autore all’epoca di unaserie di studi che prospettavano

Marcello Piacentini, Angelo Invernizzi, Grattacielo Sud, 1935-1937Giuseppe Rosso, Grattacielo Nord, 1935-1937

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nel 1934 con Fillia e Prampoliniall’allestimento a Palazzo Ducaledella Prima Mostra Nazionale diPlastica Murale. Il raccordo tra i due grattacieli si ar-

ticolò attraverso la monumentalestruttura della Galleria Colombo diTomaso Badano e Giulio Zappa(1934), definita, come quinta pro-spettica, dal contrasto cromatico

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Il grattacielo di Piacentini, tutt’ora ilsecondo in altezza in Italia, dopo ilPirellone di Milano, presentava inol-tre una dotazione tecnologica al-l’avanguardia, mentre il suo carat-tere monumentale era accentuatodalla scelta dei materiali (il clinkerrosso alternato a strisce di marmobianco) e dalla partitura della faccia-ta, il cui avancorpo bianco presen-tava un basamento porticato, ordi-nato sulla fascia superiore da unageometrica griglia di bucature. Il ca-rattere novecentista e metafisico diquesta squadrata ripartizione era ul-teriormente marcato dalle decora-zioni a rilievo di Guido Galletti, raffi-guranti Colombo e il Balilla sullosfondo di Porta Soprana. Inferiore in altezza, con i suoi 78metri, al grattacielo di Piacentini –per questa ragione Rosso nel1939 intentò senza successo unacausa contro Invernizzi – il Gratta-cielo Nord, costituito da una baseporticata di sette piani, su cui si di-stacca in elevazione una torre di

altri quattordici livelli, rivela un’evi-dente matrice futurista, in partico-lare nel dinamico slancio verticaledelle audaci passerelle sospesesul lato posteriore. Redattore dellarivista “Stile Futurista”, dove nel1935 fu pubblicato il progetto del-l’edificio, Rosso collaborò peraltro

Dettaglio architettonico del GrattacieloSud, 1937, Wolfsoniana, Genova

Giuseppe Crosa di Vergagni, Palazzo Terzano, 1937-1938

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tra i rivestimenti in marmo nero ela cornice bianca del fornice, su sistaccano le tre lesene degli archisoprastanti. A tale raccordo volu-metrico contribuisce anche la com-patta ma slanciata struttura del Pa-lazzo Terzano di Giuseppe Crosadi Vergagni (1937-38), improntatoda un suo distintivo confronto trale elaborazioni linguistiche del gu-sto novecento e déco e le emer-genti tendenze razionaliste. Dall’altro lato della piazza si fron-teggiano infine il Palazzo dell’INAdi Gino Cipriani (1939) e il PalazzoGaslini di Aldo Zuccarelli (1938),che nel progetto di Morozzo dellaRocca avrebbero dovuto avere lastessa volumetria verticale dei duegrattacieli citati. Il primo edificio -connotato dal contrasto cromaticoe materico tra il clinker rosso e lebordure in marmo bianco e da cu-bature e terrazzamenti sovrapposti- sembra comunque evocare, nelleggero slancio della torre, sovra-stata da un’ampia pergola bianca,l’altezza originariamente prevista.Il suo profilo arcuato si armonizzainvece con quello del palazzo difronte, la cui curvatura del corpoinferiore, contrapposta alla torresquadrata, fu determinata dal-l’adeguamento a una direttrice via-ria che avrebbe dovuto confluire inuna galleria passante sotto le mu-ra del Barbarossa. E anche il noncompletamento di quest’opera puòaver contribuito all’irrisolta fisiono-mia dell’area, resa disomogeneanon tanto dalle dissonanze formalitra gli edifici, quanto dalla sua in-definitezza tra piazza e snodo via-rio: una problematica logistica cheappare tutt’oggi irrisolta, nonostan-te le soluzioni proposte da alcunirecenti piani di ridefinizione urba-nistica del sito.

Gino Cipriani, Palazzo INA, 1939

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dotto all’odierna fisionomia dellapiazza prese l’avvio nel terzo de-cennio dell’Ottocento. Nella nuovasituazione politica venutasi a crearecon il Congresso di Vienna (1815),che aveva privato definitivamente larepubblica genovese della sua au-

tonomia per annetterla al regno diPiemonte e Sardegna, furono i Sa-voia a dotare la città di alcuni edificipubblici – la biblioteca civica, l’acca-demia di belle arti e il teatro lirico –per la cui ubicazione venne sceltal’allora piazza di San Domenico.

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Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”

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La genesi dell’attuale assetto dipiazza De Ferrari è stata lunga etravagliata, configurandola come“piazza senza pace”, proprio per leinnumerevoli trasformazioni che su-bì, ma, allo stesso tempo, come “lapiazza dei genovesi”, nel senso delluogo rappresentativo e simbolicodella Genova moderna. Perchéquesta “piazza che non è una piaz-za”, concepita e sviluppatasi in re-altà come un grande crocevia deltraffico metropolitano, è ed è statasede degli edifici e degli avveni-menti che hanno segnato la storiadella città: dalla sua intitolazione,nel 1875, al marchese Raffaele deFerrari che, con la sua magnanimadonazione, aveva permesso l’am-pliamento del porto al trasferimento

sul suo lato est della Borsa, in quelpalazzo pomposo e un po’ arrogan-te che, inaugurato nel 1912, volevasegnalare l’ambiziosa svolta finan-ziaria e industriale della città mer-cantile; dalla sfilata delle truppe te-desche sconfitte dopo aver firmatol’atto di resa con il Comitato di Libe-razione Nazionale all’insurrezionedella popolazione, il 30 giugno1960, contro la decisione di tenereproprio nella città “medaglia d’orodella Resistenza” il congresso delMovimento Sociale Italiano; daigrandi scioperi degli anni Settantaai funerali del sindacalista GuidoRossa, il 27 gennaio 1979, emble-ma della rivolta degli operai controil terrorismo delle Brigate Rosse. Il tormentato percorso che ha con-

8. PIAZZA DE FERRARI: “LA PIAZZA DEI GENOVESI”Gianni Franzone

Giuseppe Mazzoni, I festeggiamenti di Genova alla Brigata Salerno di ritorno dallaFrancia. La folla in piazza De Ferrari, 1919, The Mitchell Wolfson Jr. Private Collection,Genoa-Miami in comodato presso Wolfsoniana, Genova

Carlo Barabino, Teatro Carlo Felice. Progetto non definitivo della facciata verso piazzaSan Domenico, s.d. (1825), Centro DocSAI, Genova

Luigi Garibbo, Il cantiere di demolizione della chiesa e del convento di San Domenico,1825, Centro DocSAI, Genova

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e massiccio, sullo skyline cittadino. Il palazzo dell’Accademia, costruitotra il 1826 e il 1831, pensato inizial-mente come caserma, venne poicompletato, appunto, come sededell’Accademia Ligustica di belle ar-ti, istituita nel 1751, e della bibliote-ca Berio, proprio nell’ottica di faredella piazza il centro culturale e rap-presentativo della città. L’edificio èinteressante soprattutto all’interno,con il grande atrio ottagonale e ilcomplesso gioco delle rampe delloscalone sospese a sbalzo, anchese la sua grandiosità originaria èandata in parte perduta a causadelle successive trasformazioni. Inparticolare è stata demolita la cosid-detta “Rotonda”, una sala sormon-tata da cupola che era collegata vi-

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Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”

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Demolito l’omonimo complessoconventuale risalente al XIII secolo– di cui non resta che qualche raratestimonianza in alcune opere con-servate nei musei cittadini – al suoposto vennero edificati, ad operadell’architetto Carlo Barabino, in ri-gorose ed eleganti forme neoclas-siche il teatro Carlo Felice e il palaz-zo dell’Accademia Ligustica. Il primo, inaugurato nel 1828 e as-sai danneggiato dai bombarda-menti del 1942-43, venne demolitodopo la fine del conflitto, con l’ec-cezione del monumentale pronaoe del porticato che lo affianca suidue lati. Dopo alcuni tentativi falliti

– un primo concorso per la sua ri-costruzione venne indetto nel1949, mentre nel 1963-77 venneaffidato un incarico diretto a CarloScarpa – e dopo infinite polemichevenne bandito un concorso-appal-to nel 1981, da cui uscì vincitore ilgruppo di Aldo Rossi, Ignazio Gar-della, Fabio Reinhart e Angelo Si-billa. L’edificio, realizzato tra il1987 e il 1991, presenta ora tre vo-lumi differenti: il pronao, restauratoinsieme al porticato originale delBarabino, il teatro ricostruito nelprimitivo volume e la torre scenica,il vero elemento nuovo della co-struzione che si staglia, imponente

Piazza Raffaele de Ferrari, veduta del lato nord

Augusto Rivalta, Monumento a GiuseppeGaribaldi in largo Pertini, 1893

Augusto Rivalta, Bozzetto per ilmonumento a Giuseppe Garibaldi, 1893,Istituto Mazziniano-Museo delRisorgimento, Genova

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sivamente allo scalone: un’ampiaapertura ad arco permetteva infattidi scorgere fin dall’atrio il grande fre-gio a rilievo che correva alla basedella copertura, raffigurante il Trion-fo di Marcello, eseguito su disegnodello scultore Giuseppe Gaggini daSanto Varni, suo giovane allievo.Oltre a essere sede della prestigio-sa istituzione, oggi il palazzo ospitaanche il museo omonimo, una sortadi “antologia esemplare dell’artenella regione”, con un percorso cheparte da dipinti del Quattrocento perarrivare fino a testimonianze dellaricerca artistica contemporanea. A seguito del concorso bandito dalComune nel 1889, da cui risultòvincitore lo scultore Augusto Rival-ta, la piazza accolse nel 1893 ilmonumento equestre a GiuseppeGaribaldi, in cui il protagonista delRisorgimento è raffigurato, con unlessico risolutamente realista, inun atteggiamento di grande paca-

Giuseppe Crosa di Vergagni, Progetto per la fontana di piazza De Ferrari, 1934,Wolfsoniana, Genova

Piazza Raffaele de Ferrari, veduta dei lati sud e ovest

Dario Carbone, Palazzo della BorsaNuova, 1912

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nuova sede della Borsa (1907-12),progettata con un vocabolario sto-ricista da Dario Carbone che, pergli interni, si avvalse dell’abilità sce-nografica di Adolfo Coppedè, si de-cise l’ampliamento della piazza aest e a sud, con la creazione deiporticati, l’apertura del primo trattodi via Dante e la costruzione del-l’area addossata alla chiesa deiSanti Ambrogio e Andrea o del Ge-sù. Proprio sul lato sud, infatti, si re-se necessario equilibrare i nuovivolumi del palazzo del Credito Ita-liano (terminato nel 1914 su proget-

to dell’ingegnere Giuseppe Tallero)con la spoglia facciata laterale dellachiesa dei Gesuiti. Cesare Gamba,il principale artefice di via XX Set-tembre, acquistò il lotto nel 1908,presentando un primo progetto nel1912 che però non venne valutatopositivamente dalla Commissioneedilizia del Comune. Il progetto de-finitivo venne approvato solo nel1924, quando il palazzo era già ingran parte realizzato e di proprietàdella Navigazione Generale Italia-na. L’edificio, ancora improntato aun gusto eclettico, passò successi-vamente alla Fondiaria Assicura-zioni e dal 2003, dopo un impegna-tivo intervento di ristrutturazione, èdiventato la sede di rappresentan-za della Regione Liguria. L’ultimo elemento della piazza aessere definito, pur rappresentan-done il punto focale, fu la fontana.Donata dalla famiglia degli indu-striali Piaggio, venne disegnata daGiuseppe Crosa di Vergagni einaugurata il 24 maggio 1936: ri-flette la tendenza novecentista del-la produzione dell’architetto inquegli anni, ma è anche un omag-gio, un po’ tardivo, al tema dellafontana raggelata (frozen foun-tain), uno dei motivi più ricorrentidel repertorio iconografico del dé-co internazionale. Nel 2001, in occasione del summitG8, la piazza ha subito l’ultima tra-sformazione. Per renderla almenoparzialmente pedonale, l’architetto-urbanista tedesco Bernhard Winklerha dotato di una scalinata a semi-cerchio l’accesso a Palazzo Ducale,l’antica sede del governo comunalee ora il “palazzo della cultura” dellacittà, ed è intervenuto anche sullafontana, rendendola maggiormentescenografica ma alterandone il sen-so formale originario e, in particola-re, il valore estetico della vasca,realizzata in un unico stampo.

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Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”

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tezza, con lo sguardo meditabon-do, lontano dalla frequente retori-ca celebrativa. Fu la prima dellequattro statue che la città, da sem-pre consideratasi “la patria di ado-zione del Condottiero dei Mille”, gliha dedicato: nel 1905, sempre adopera dell’artista alessandrino,venne eretto il monumento inpiazza del Monastero a Sampier-darena; nel 1908 Luigi Orengo

scolpì in marmo quello a Pegli; il 5maggio 1915, infine, venne inau-gurato a Quarto il grandioso grup-po di Eugenio Baroni.Fu la realizzazione di via XX Set-tembre, il cui progetto definitivovenne approvato nel 1897, a impri-mere una notevole accelerazioneall’assetto della piazza. Con losbancamento del colle di Sant’An-drea (1904) e l’edificazione della

Palazzo Ducale, particolare della facciata neoclassica di Simone Cantoni conl’ingresso da piazza Matteotti

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Unanimemente considerato comeuno tra più significativi ed emble-matici esempi della cultura archi-tettonica eclettica e storicista inItalia, a cavallo tra Otto e Nove-cento, il Castello Mackenzie, ope-

ra d’esordio di Gino Coppedè einesauribile fonte di ispirazioneper tutta la sua successiva produ-zione, da sempre è ritenuto il suocapolavoro progettuale. L’edifica-zione del castello turrito sulla col-

9. IL cASTELLO MAckENZIE DI GINO cOPPEDè E LA DIFFuSIONE DELL’EcLETTISMO A GENOVA TRA OTTO E NOVEcENTOMatteo Fochessati

lina dominante Piazza Manin fucommissionata al giovane archi-tetto dall’assicuratore scozzeseEvan Mackenzie, poco dopo il lo-ro incontro a Firenze che pare

fosse avvenuto, alla fine dell’Otto-cento, presso la bottega delloscultore e antiquario PasqualeRomanelli, ossia nello scenariopiù congeniale e qualificato per la

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Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento

Carlo Coppedè, Gino Coppedè che mostra il progetto del castello a Evan Mackenzie eil cantiere dell’edificio in costruzione, dipinto murale nello scalone principale, CastelloMackenzie, 1909, Wolfsoniana, Genova

Gino Coppedè, Castello Mackenzie, 1896-1906

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nascita del sodalizio artistico tradue personalità che condivideva-no una comune passione per imodelli estetici e culturali di unidealizzato “stile fiorentino”. Il ricco imprenditore d’origine an-glosassone nutriva infatti un pro-fondo amore per la tradizione arti-stica medievale e rinascimentale ein particolare per quella toscana,come documentato dal suo pecu-liare gusto collezionistico, nel qualeil culto per la fiorentinità – attestatodalla sua celebre raccolta di edizio-ni dantesche, donata nel 1939 dal-la figlia Isa de Thierry alla Bibliote-

ca Berio di Genova – si intrecciavacon le suggestioni culturali ispiratedalla moderna rilettura dell’illustrepassato artistico italiano, elaboratada Ruskin e dai pittori preraffaelliti. Da parte sua Gino – figlio di Ma-riano Coppedè, che nel 1875 ave-va fondato a Firenze un laborato-rio di ebanisteria, rinominato diecianni dopo “La Casa Artistica” –ben presto, in collaborazione coni due fratelli (Carlo, pittore, e Adol-fo, architetto), prese le redini del-l’impresa famigliare, impostando-ne con successo l’attività in nomedi uno stile nel quale i richiami alla

tradizione toscana si intrecciava-no con un suo personale confron-to con le emergenti istanze mo-derniste. Nato come complessa opera direstyling di un edificio preesisten-te – una villa cinquecentesca sucui l’architetto intervenne, trasfi-gurandone la struttura originariaattraverso l’edificazione di torri,mura merlate, ponti levatoi, garit-te, terrazzamenti, cortili e grotteartificiali – il progetto del CastelloMackenzie, edificato a cavallo traOtto e Novecento, si collocavanell’ambito di un’attitudine archi-tettonica di matrice storicista, al-lora ampiamente diffusa in Italiae, in particolare, a Genova. Pochianni prima, tra il 1886 e il 1892era infatti già sorto nel capoluogoligure, sulla sommità del MonteGalletto, il Castello D’Albertis,eclettica struttura architettonicache il capitano Enrico D’Albertisaveva commissionato agli inge-gneri Matteo Graziani e France-sco M. Parodi, allo scultore Ago-stino Allegro e all’architetto MarcoAurelio Crotta, progettista nel

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Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento

Edoardo De Albertis, Il viandante e la fonte, Castello Mackenzie, 1901 M. Graziani, F.M. Parodi, A. Allegro, M.A. Crotta, Castello D’Albertis, ora sede delMuseo delle culture del mondo, 1886-1892

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1899 dell’imponente corpo resi-denziale del Palazzo Odero di viaOdino, caratterizzato sulla fasciasuperiore dalla lunga articolazio-ne del loggiato. Alla fantasiosa e fiabesca residen-za dell’eccentrico viaggiatore ecollezionista, sede oggi del Museodelle Culture del Mondo, collaboròanche, come supervisore del nutri-to team progettuale, Alfredo de An-drade. L’architetto e pittore d’origi-

ne portoghese, dopo la realizza-zione del pittoresco Borgo Medie-vale per il Parco del Valentino inoccasione dell’Esposizione di Tori-no del 1884, fu pure autore nel1899 – attraverso un filologico re-cupero conservativo degli originaricaratteri gotici, ispirato alla lezionedi Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc – del restauro di Palazzo SanGiorgio, ora sede dell’Autorità Por-tuale di Genova.

Tornando al capolavoro di Coppe-dè, l’attitudine a combinare condisinvoltura i modelli stilistici e de-corativi del passato – “Mi ci sonoun po’ gingillato” commentava iro-nicamente l’architetto al terminedei lavori al Castello – si intrecciòinvece con un diretto riferimentoalle emergenti tendenze art nou-veau, come testimoniato dall’in-serto sulla facciata dell’edificio diun mosaico di matrice secessioni-sta, realizzato dalla Società Musi-va di Venezia, o dalla collocazio-ne, in una sala interna, delbassorilievo in marmo, di matricebistolfiana, Il Viandante e la Fon-te, eseguito nel 1901 dallo sculto-re genovese Edoardo De Albertis. In generale il complessivo impian-to decorativo del Castello testimo-nia, comunque, una sfrenata li-

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Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento

Gino Coppedè, Castello Mackenzie. Ingresso e scalone principali su via C.Cabella

Gino Coppedè, Palazzo Bogliolo in corso Firenze, 1906

Gino Coppedè, Castello Türcke aBoccadasse, 1903

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bertà citazionistica che se da unlato accomunava l’attività di tutti imembri della bottega artisticacoppedeiana, dall’altro riflettevala ricercata peculiarità culturaledel committente, collezionista de-voto, come si è detto, alla tradizio-ne toscana, ma aperto anche allesuggestioni classiche, come rive-lano l’emblematica presenza di

copie di celebri statue antiche,negli interni e nelle grotte, o l’in-serimento di numerosi reperti ar-cheologici, nei cortili e sulle ter-razze. Il Mackenzie rappresentò comun-que il punto di lancio per la suc-cessiva produzione di Coppedè,che non fu solo caratterizzata dal-la realizzazione a Genova di alcu-

ni significativi edifici turriti – Ca-stello Türcke a Boccadasse(1903), Castello Bruzzo a Castel-letto (1906-10) o la più tarda VillaCanali-Gaslini in corso Italia(1922-1924) – ma anche dallaprogettazione di palazzi d’impron-ta cinquecentesca, come PalazzoBogliolo in corso Firenze (1906) ePalazzo Zuccarino in via Mara-gliano (1906-7). Il primo di questidue edifici fu caratterizzato in par-ticolare, nella ripartizione architet-tonica della facciata e nella suaricca decorazione plastica, da evi-denti contaminazioni tra motivistoricisti e Jugendtstil; il secondorivelava invece un’impronta ma-nierista che si ritrova, declinataattraverso le suggestioni di unesotico monumentalismo, anchenel Palazzo Pastorino, edificatoall’altezza del Ponte Monumenta-le di via XX Settembre (1906).

In tutte le opere di Coppedè si puòinoltre rilevare una sua distintivapredisposizione a un’architettura diepidermide: una modalità operativache fu appunto alla base del suo in-tervento di restyling per l’edificiodell’Hotel Miramare (1906-08), ori-ginariamente progettato dall’archi-tetto svizzero Bringolf. Quest’operasegnò anche l’avvio di un progres-sivo interesse da parte di Coppedèper una visione architettonica suscala urbana che sperimentò, inambito effimero, in occasione delpiano per l’Esposizione Internazio-nale di Marina e Igiene Marinara,allestita nel 1914 a Genova sullaspianata di fronte alla stazione Bri-gnole, e che in seguito elaborò con-cretamente con l’edificazione, perconto della “Società Anonima Coo-perativa Edilizia Moderna”, del nuo-vo quartiere di Roma intorno apiazza Mincio, terminato nel 1927.

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Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento

Gino Coppedè, Particolare della facciata di Palazzo Zuccarino in via Maragliano, 1906-1907

Gino Coppedè, Hotel Miramare, 1906-1908

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cittadino e nelle abitudini di quantilo frequentano. Innanzi tutto perchécon il recupero dell’area del PortoAntico, avviato nella seconda metàdegli anni Ottanta in vista dell’aper-tura della kermesse intitolata all’il-lustre navigatore, la città storica hariacquistato il suo naturale affacciosul mare, a lungo negato dalla bar-riera doganale che aveva interrottoquel rapporto con il bacino portualeche è alla base della sua strutturaurbanistica, risolvendo così ancheil paradosso di una città di mare pri-va di accesso al mare. L’impegnativo intervento dell’archi-tetto Renzo Piano, genovese di na-scita, e del suo studio è consistitonel recupero di buona parte degliedifici costruiti nel corso dei secoliintorno all’insediamento originariodello scalo marittimo genovese e dasempre legati alle sue attività tradi-zionali. Un recupero che è coincisocon la riconversione e rivitalizzazio-ne di tali costruzioni all’interno delnuovo contesto socio-economicocittadino all’alba del ventunesimosecolo: la storica Porta del Molo o

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Poche aree della città hanno subitonegli ultimi decenni trasformazionicosì radicali come quella che pertutti è diventata il Porto Antico. Vo-lano per tali cambiamenti sono statitre eventi di cui il capoluogo ligureè stato protagonista a partire dagliinizi degli anni Novanta: l’esposizio-ne internazionale colombiana del1992 in occasione del cinquecente-simo anniversario della scoperta

dell’America; il summit G8 tenutosinel 2001; il 2004 quando Genova èstata una delle capitali europee del-la cultura. Tre eventi politici e cultu-rali – di cui quello del 2001 funesta-to anche da episodi tragici e daun’inaudita carica di violenza e dirabbia – che, al di là delle manife-stazioni e realizzazioni effimere,hanno lasciato segnali tangibili neltessuto urbano del centro storico

10. DAL PORTO ANTIcO ALLE STAZIONI MARITTIMEGianni Franzone

Porto Antico, veduta notturna della Piazza delle Feste Gli ex Magazzini del Cotone dopo il recupero di Renzo Piano (1992)

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reinterpretazione di una gru adasta, con la base costituita da unapiattaforma circolare collocata in ac-qua e gli otto bracci disposti a corol-la, il più robusto dei quali regge i ca-vi d’acciaio della cabina di unascensore panoramico, mentre altridue sostengono l’ardita coperturache ripara la Piazza delle feste.L’adiacente Ponte Spinola ha accol-to l’edificio, progettato sempre daPiano con Peter Chermayeff, cheospita lo spettacolare Acquario, ilpiù grande d’Europa e l’attrazioneturistica più visitata della città. Il Porto Antico riaperto alla città dia-loga ora con Palazzo San Giorgio,sede dello storico Banco di SanGiorgio e ora del Consorzio Auto-nomo del Porto (C.A.P.), la cui fac-ciata dipinta da Lazzaro Tavaronenel 1606-1608 e Ludovico Poglia-ghi nel 1912 è stata restaurata pro-prio in vista del 1992, e piazza Ca-ricamento, al cui centro si erge ilMonumento all’armatore RaffaeleRubattino (1893) dello scultore Au-gusto Rivalta.Il recupero del Porto Antico ha avu-to come sua naturale prosecuzione

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Porta Siberia, progettata da Gale-azzo Alessi nel 1550, ospita dal2001 il Museo Emanuele Luzzatidedicato al famoso scenografo e il-lustratore genovese; i Magazzini delCotone, originariamente costruitiper lo stoccaggio delle merci, sonodiventati sede di congressi, di altrieventi merceologici e di intratteni-mento, di varie attività ludiche, co-me la Città dei bambini e dei ragaz-zi, e commerciali, oltre ad ospitarealcune importanti istituzioni culturalicome la Biblioteca internazionaleper ragazzi Edmondo De Amicis.Anche le palazzine seicentesche

dell’antico porto franco, sopravvis-sute alle demolizioni degli anni Ses-santa, quando venne costruita lastrada sopraelevata, e l’ottocente-sco edificio del Millo hanno ricevutodestinazioni similari, tra cui il Museonazionale dell’Antartide e il recenteGenoa Museum che ripercorre lastoria del più antico club calcisticoitaliano. Da parte di Piano un solosegno nuovo – se si eccettua la Bio-sfera o, più familiarmente, “Bolla” invetro e acciaio aggiunta nel 2001per ospitare un giardino botanicotropicale – a contrassegnare lo spa-zio recuperato: il Bigo, un’originale

Renzo Piano, Bigo, 1992

Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo del Porto

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Emanuela Patrocchi e Roberto Ra-sore a partire dal 2002.Accanto al silos granario Hennebi-que che, abbandonato da decenni,aspetta una decisione circa il suodestino futuro, si staglia la molebassa e allungata della stazionemarittima di Ponte dei Mille. Proget-tato dall’Ufficio Tecnico del C.A.P. –il primo progetto di Ludovico Biondivenne rielaborato da Federico Tor-nielli e infine da Ariberto Albertazzi,mentre per gli apparati ornamentaliintervenne l’architetto Alberto Te-renzio, soprintendente ai monu-menti del capoluogo genovese, as-sieme a Giovanni Chini chedirigeva l’impresa costruttrice a cuivennero affidati i lavori – e inaugu-rato il 28 ottobre 1930, l’edificio sicaratterizza per una facciata dalladecorazione di stampo ancoraeclettico, enfatica e ridondante, chelo impreziosisce e appesantisce al-lo stesso tempo. A un eguale fastostoricista, grandioso e magnilo-quente, sono improntati anche glispazi interni, in particolare gli am-

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la ristrutturazione e rivitalizzazionedell’area portuale che si estende aponente fino alle stazioni marittime(Darsena). I Ponti Calvi e Morosinihanno visto l’intervento di PieroGambacciani con la realizzazionedell’Hotel NH Marina (ex Jolly Ma-rina), di edifici residenziali e per uf-fici, oltre che di un porticciolo turi-stico nell’antistante specchioacqueo (Marina Porto Antico). Ilquartiere Cembalo è stato restituitoa funzione residenziale ad opera diGianluca Terragna e Claudio Cicco-netti, cui si deve il progetto definiti-vo (1997-1999), mentre quello ese-cutivo si deve a Francesca De Vita,

Emanuela Patrocchi, Roberto Ra-sore, Claudia Pigionati (Studio del-taPI associati, 1999). Il quartiereGalata, a seguito del concorso in-ternazionale del 2000, vinto dall’ar-chitetto catalano Guillermo Váz-quez Consuegra, dal 2004 ospita ilnuovo Museo del Mare, mentre nelretrostante quartiere Scio aveva giàtrovato sede la Facoltà di Econo-mia e Commercio (Aldo L. Rizzo,1991-1996). Enrico D. Bona con ilsuo studio ha redatto il progetto de-finitivo per la ristrutturazione deiquartieri Caffa, Metelino e Tabarca,che oggi ospitano, tra l’altro, la Ca-sa della Musica, reso esecutivo da

Ludovico Biondi, Stazione Marittima di Ponte dei Mille, 1930 Guillermo Vázquez Consuegra, Galata Museo del Mare, 2000-2004

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transatlantici” ha subito infatti pe-santi manomissioni nel corso deidecenni, sebbene parzialmente at-tenuate dal recente intervento direstauro che ha incluso anche lacostruzione dell’ala di ponente,mai compiuta, e la riedificazionedella distrutta testata di levante(Studio Pinna Viardo 2002-2013).

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bienti di rappresentanza, come ilsalone doganale.Da poco entrate in funzione, lebanchine di Ponte dei Mille si rive-larono inadeguate alle dimensionidei nuovi grandi transatlantici, percui si rese necessaria la costruzio-ne di una nuova stazione maritti-ma sull’attiguo Ponte Andrea Do-ria. L’edificio, anch’esso progettatodall’Ufficio Tecnico del C.A.P. nel1931, venne sottoposto al pareredi Luigi Vietti, uno dei fondatori aRoma del MIAR (Movimento Italia-no per l’Architettura Razionale) ein quel momento direttore della

Soprintendenza ai monumenti delcapoluogo ligure. Le scelte del gio-vane architetto s’ispirarono a valoriformali e linguaggi espressivi qua-si antitetici rispetto a quelli che do-minano nel vicino edificio: sempli-cità e funzionalità, eleganza emodernità, luminosità e trasparen-za – riscontrabili nei volumi geo-metrici, nei colori tenui e nei mate-riali utilizzati – caratterizzavano siagli esterni sia gli spazi interni, oggipurtroppo difficilmente percepibili.Quella che fu definita dalla stampaspecializzata dell’epoca “una dellepiù moderne stazioni di arrivo per

Luigi Vietti, Stazione Marittima di Ponte Andrea Doria, 1932 circaIl salone doganale della Stazione Marittima di Ponte dei Mille

Luigi Vietti, Poltrona per la StazioneMarittima di Ponte Andrea Doria , 1933,Wolfsoniana, Genova

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1. I parchi e i musei di NerviMuseo Giannettino Luxoro, Villa Luxoro, via Mafalda diSavoia 3, tel. 010 322673, www.museidigenova.itRaccolte Frugone, Villa Grimaldi Fassio, via Capolungo 9,tel. 010 322396, www.museidigenova.it Parchi di Nervi, www.parchidinervi.itGalleria d’Arte Moderna, Villa Saluzzo Serra, viaCapolungo 3, tel. 010 3726025, www.museidigenova.it Wolfsoniana, via Serra Gropallo 4, tel. 010 3231329,www.wolfsoniana.it2. Il Monumento ai Mille a QuartoMonumento ai Mille, piazzale F. Crispi3. La casa Littoria di Luigi c. Daneri e

l’architettura razionalista a GenovaCasa Littoria rionale “Nicola Bonservizi”, piazza Sturla 3Chiesa di San Marcellino, via Bologna 8 (San Teodoro)Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, via G.Gaslini 5, tel. 010 56361, www.gaslini.orgScuola della Gioventù Italiana del Littorio, ex Facoltà diMagistero, corso Monte Grappa 39Stadio comunale del nuoto “Piscine di Albaro”, piazza H. Dunant 4, tel. 010 8608775, www.piscinedialbaro.com4. Piazza Rossetti e la FoceEx Ristorante San Pietro, ora stazione di servizio, vialedelle Brigate Partigiane 19-21Villa Della Ragione, via Mainetti 2 (Quarto)ACI (Automobil Club Italiano), viale delle BrigatePartigiane 1Case dei pescatori, via dei Pescatori 1-11Palazzine al Lido d’Albaro, corso Italia 40Quartiere INA Casa, viale Bernabò BreaComplesso di Porta degli Angeli, via Buonvicini 21-39(San Teodoro)Quartiere INA Casa Forte Quezzi, via Loria, via Modigliani, via Fea, via Emery (Marassi)Casa del Mutilato, corso A. Saffi 1, tel. 010 581416(Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra)Fiera di Genova, piazzale J.F. Kennedy 1, tel. 010 5391313, www.fiera.ge.it5. Il cimitero di StaglienoCimitero monumentale di Staglieno, piazzale G.B.Resasco, www.staglieno.comune.genova.it6. Piazza della Vittoria e la sistemazione della

spanata del BisagnoStazione ferroviaria Brignole, piazza G. Verdi,www.grandistazioni.itPalazzo della Questura, via A. Diaz 2Palazzo del Liceo classico “A. D’Oria”, via A. Diaz 17. Piazza DanteCentro dei Liguri, piazza Dante, via Madre di Dio, corsoM. QuadrioCasa per abitazioni, via Montevideo 12Casa per abitazioni, via Nizza 128. Piazza De Ferrari: “la piazza dei genovesi” Teatro Carlo Felice, passo E. Montale 4, tel. 010 53811,www.carlofelicegenova.itPalazzo e Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti,largo A. Pertini 4, tel. 010 560131,www.accademialigustica.itMonumento a Giuseppe Garibaldi, largo PertiniMonumento a Giuseppe Garibaldi, piazza del Monastero,Sampierdarena

Monumento a Giuseppe Garibaldi, piazza Porticciolo, PegliPalazzo della Nuova Borsa, via XX Settembre-via Dante,tel. 010 541811, www.palazzonuovaborsa.itPalazzo del Credito Italiano, oggi Unicredit, via Dante-viaF. PetrarcaPalazzo della Navigazione Generale Italiana, oggi sededella Regione Liguria, piazza De Ferrari 1,www.regione.liguria.itPalazzo Ducale, ora sede di Genova Palazzo DucaleFondazione per la Cultura, piazza Matteotti 9, tel. 010 8171600, www.palazzoducale.genova.it9. Il castello Mackenzie di Gino coppedè

e la diffusione dell’eclettismo a Genova

tra Otto e NovecentoCastello Mackenzie, via Mura di San Bartolomeo 16, tel. 010 8395029, www.castellomackenzie.itCastello D’Albertis, sede del Museo delle Culture delMondo, corso Dogali 18, tel. 010 2723820,www.museidigenova.itPalazzo Odero, viale G.C. Odino 6Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo delPorto (C.A.P.), via della Mercanzia 2, tel. 010 2411,www.porto.genova.itCastello Türcke, via Capo di Santa Chiara 24B(Boccadasse)Castello Bruzzo, via Piaggio 9Villa Canali-Gaslini, sede della Fondazione Gaslini, corsoItalia 26, tel. 010 369071, www.fondazionegaslini.orgPalazzo Bogliolo, corso Firenze 9Palazzo Zuccarino, via Maragliano 2Palazzo Pastorino, via B. Bosco 57Hotel Miramare, via Pagano Doria10. Dal Porto Antico alle stazioni marittimePorto Antico, www.portoantico.it La Città dei bambini e dei ragazzi, Magazzini del Cotone,modulo 1, 1° piano, tel. 010 2345635,www.cittadeibambini.netBiblioteca internazionale per ragazzi Edmondo De Amicis,Magazzini del Cotone, modulo 1, 2° piano, tel. 010 265237, www.bibliotechedigenova.itMuseo Emanuele Luzzati a Porta Siberia, area PortoAntico 6, tel. 010 2530328, www.museoluzzati.itGenoa Museum, Palazzina San Giobatta, via al PortoAntico, www.genoacfc.itMuseo nazionale dell’Antartide, Edificio del Millo, CalataCattaneo, tel. 010 2470653, www.mna.itBigo, Calata Cattaneo, Acquario e Biosfera, PonteSpinola, tel. 010 2345678, www.acquariodigenova.itMonumento a Raffaele Rubattino, piazza CaricamentoHotel NH Marina e porticciolo turistico “Marina PortoAntico”, Ponte Spinola e Ponte MorosiniQuartiere Cembalo, calata Andalò Di Negro Galata Museo del Mare, calata De Mari 1, tel. 010 2345655, www.galatamuseodelmare.itFacoltà di Economia e Commercio, via A. Vivaldi 5Casa della Musica, via M. Boccanegra 15, tel. 010 4213090, www.casadellamusica.ge.itSilos granario “Hennebique”, calata Santa LimbaniaStazione marittima di Ponte dei Mille, Ponte dei Mille, eStazione marittima di Ponte Andrea Doria, Ponte AndreaDoria, tel. 010 0898300,www.stazionimarittimegenova.com

INFORMAZIONI PER LA VISITA

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