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I:INTERVISTA GIUSEPPE LAGRASTA. DIRIGENTE DEL LICEO CASARDI. HA SCRITTO cc IL VIAGGIO E IL MAL D'INCHIOSTRO n ' .... e reno ' e a <<Circo a a>> E con Papi n si parte per un'awentura da leggere di GIUSEPPE OIMICCOLI << l viaggio e il mal d'in- chiostro», di Giuseppe Lagrasta ed edito da Ro- tas, è un libro che per- mette al lettore di vi aggiare attraver- so il vi aggio. Scorre lungo i binari l'anima, i ricordi e la vita dei pro- tagonisti. E non solo. Professor tagrasta l'immagine car- dine del suo racconto? «L'immagine è stata quella di un tre- no osservato intensamente dallo sguardo di un LA SCOPERTA «!. .: imma gin e del vi aggi o intri ga qual s ia si pe rsona , fa conoscere e amar bambino. Sappia- mo che il treno, giocattolo tra i più amat i, ha sempre affascinato e sti- molato la fantasia dei bambini e co - sì, r ivisitando questo elemento e collegandolo all'immagine del viag- gio sono riuscito a partire con la sto- ria a tratti Iudica, spesso malinco- nica volutamente densa di spirito ri- fless i vo. E sappiamo, come in questo periodo storico, il riflettere assume fondanti elementi per parlare sia del ruolo della passioni di vivere che quella del se n timento per "sentire" e "con -vivere" con i bit che ci con - nettono al mondo». Cosa rappresenta la metafora del viaggio? «L'immagine del viaggio intriga qualsiasi persona fa conoscere e amare, esplorare e indagare luoghi sconosciuti; tale esperienza favorisce l'incontro e Io scambio tra culture, tra stili di vita e modi diversi di pen- sare; per questi moti vi, l'idea di viag- giare contiene un fascino e una se- duzione, inimmaginabili. Se poi, le persone sono costrette, come negli anni Sessanta, tema di cui tratta il racconto "ll Viaggio e il mal d'in- chiostro", cioè a viaggiare per emi - grare e poter lavorare , allora il viag- gio non è più metafora di spensie- ratezza e seduzione, gioia e spirito di avventura ma impegno e volontà di scegliere dove andare, cosa pr oget- tare e realizzare in un luogo lontano dalla propria nazione per stare bene e continuare a vivere di sacrifici per poter consolidare lo star bene». Come è stato vissuto questo dello di cambiamento" dalle per- sone del suo racconto? «ll viaggio emigrante, tra perdita dei l uoghi e di paesaggi amati e allon- tanamento dalle persone a cu i si è legati affettivamente è costretto a convivere tra la malinconia e latri- stezza, tra il senso della nostalgia ma anche del sentimento della rabbia. Emigrare, in Francia negli anni Ses - santa del secolo scorso, abbandonare la comunità familiare allar- gata di appartenenza, ha ri- chiesto una forte dose di co - raggio e di autonomia emoti- va da parte di chi ha scelto di intraprendere questo viaggio. Certo , gli eventi lasciano il se - gno, stimolano, nel bene e nel male, a riflettere, esplorare, sco- prire, ricercare le cifre e i segni della città o della terra che si è abbandonato, ma vuol dire anche aprire una sfida con territori sco- nosciuti in terre sconosciute e far- ne parte per riappropriarsi della propria libertà di essere e di es - serc i. Certo la storia si ri pete anche oggi; altra gente emigra per tanti e diversi motivi; altri vi aggi si ripe- tono con le scene che ormai cono - sciamo tutti e che ogni giorno ci fan- no riflettere. Dol orosamente». Papin, somiglia a protagonisti della letteratura italiana? «Sono molto legato affettivamente ai personaggi delle opere di Italo Cal - vino, ma il protagonista che mi ha affascinato e che si r ich iama nella mia opera è il Pin, il protagonista bambino del romanzo de "ll sentiero dei nidi di ragno" dello scrittore li- gure. Infatti, come il Pin calviniano ruba la pistola al soldato tedesco, na- scondendola in un nido di ragni per sentirsi connivente come gli adulti con cui stava consumando le ultime avventure resistenziali così così , Pa- pin, protagonista del mio racconto osservando gli atteggiamenti e le de- cisioni prese degli adulti sente il bi· sogno di reagire re- stando in prima linea rispetto alle emozioni e agli atteggiamenti: Pin/ Papin con la sua anima di bam- bino sfida la vita avversa scopren- done così i risvolti drammatici ma anche gioiosi; un'infanzia negata con troppo anticipo>>. Perché Papin e l'infanzia negata ? «il pi ccolo Papin dopo aver vissuto sia il dolore per lo strappo dato alle sue radici sia per l'abbandono della scuola, dei suoi amici e dei suoi non - ni materni e paterni, scopre anche che i suoi genitori non sono più al- legri come un tempo, come quando vivevano a Barletta e il padre orga- lXVI Giuseppe Lagrasta LEI TURA Il viaggio e il mal d'inchiostro E CULTURA La copertina del libro e Giuseppe Lagrasta, presidente della locale sezione della e dirigente scolastico del liceo «Casardill J>rcfo>.ionc di R<no n.,loiso ,. l (l _ nizzava le feste in casa a Natale e a Capodanno oppure a Carnevale: feste sontuose per l'allegria che espl odeva tra tutte le perso ne del vicinato. Ora quelle feste erano un lontano ricordo, la rottura carnascialesca della pignata, per i bambini come Papin ma anche per gli adulti, allora r ap- presentava un momento di eva - sione e di divertimento corale. Ora lontano da quei luoghi era aumentata la tristezza sui volt i del padre e della madre. Che fa - re? Bene! Apprendere a vi vere i pro- blemi dei grandi e cominciare a sop- portare le fatiche della vita. E' questo che Papin apprende attraverso la sco- perta dell 'infanzia negata». E il mal d'inchiostro? Cosa ci dice in merito? <<Siamo al momento della svolta che poi ne caratterizzerà lo svolgimento fm ale del racconto. n padre tm po- meriggio parla con Papin e gli dice: "Vedi, questo castagno. E' stato col- pito dal mal d'inchiostro" "E cos'è?" ' -domandò Papin- "E una malattia. La più grave che possa colpire i ca- stagn i. La pianta viene trafitta da una triste sfmitezza e prostrata aspetta la fme: si ingialliscono le fo- glie e macchie scure appaiono ai suoi piedi. Le macchie somi gl i ano a quel- le dell'inchiostro. n nero della m a- lattia si infiltra nelle vene dell'albero ne rapprende tutte le radici, ne uc- cide la linfa e le dilania con atrocità e terrore. E' la fme». Certo, parlare di malattia con un bambino, anche sotto forma di esempio, deve essere un momento di tormento, per un padre, o no? «Certo! Ma vi aggiare, emigrando, a iu ta i picco li a essere più forti per- ché cr escono e maturano più in fret- ta. Occorre sempre dire la verità, in situazioni difficili . E' inutile ment i- re. Difatti , così il padre pronunciò al figlio la sua prospettiva futura: "Sai, - continuò il padre -anch' io mi sento preso da una forte spossatezza, quasi dilaniato, anche se tutto ciò mi sta pervadendo lentamente e quasi non me ne accor go. Ma prima che mi sfi- nisca la nostalgia e la malinconia p ossa distruggere la nostra mente e il mal d'inchiostro prenda il soprav - vento su tutti noi , torniamo in Italia - che dici ?- ". "Sì, lo diciamo subito alla mamma ", ·ri spose Papin- e ag- giunse: " Presto, facc i amo presto. ab- b assando gli occhi per non vedere il volto mortificato del padre"». Un passaggio emotivamente forte . «Come si può notare la narrazione è intensa, si percepisce un desiderio di fuga, come se , dovesse, per i prota- gonisti, da un momento all'altro, po - tesse scattare una trappola oppure ascoltare l'arrivo della sirena che an- nunci l'o ra del coprifuoco. I Longo Antonaci erano partiti per affrontare una battaglia e si erano ritrovati a combattere una guerra; troppo alto l'ostacolo da saltare per una fam i gl ia isolata e per giunta impegnata a la- vorare in un paese straniero. Co- munque, dopo aspre lotte i Longo Antonaci, tornano al paese natio ri- portando a casa , un grande tesoro , la libertà, quella che annuncia il des i- derio di fare e la voglia di cont inuare a lottare, anche contro il profumo stremato della memoria che tanto pervadeva i sensi quando la prima- vera s'annunciava in Francia ma l'od ore dei fior i era diverso da quello dei fiori di Barletta e di Canne della Battaglia e il colore sottile dell'azzur- ro del cielo era tanto azzurro da sem- brare una fer i ta, procurata all'intero untverso».

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I:INTERVISTA GIUSEPPE LAGRASTA. DIRIGENTE DEL LICEO CASARDI. HA SCRITTO cc IL VIAGGIO E IL MAL D'INCHIOSTRO n

' • • • .... e reno

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E con Papi n si parte per un'awentura da leggere di GIUSEPPE OIMICCOLI

<< l viaggio e il mal d'in­chiostro», di Giuseppe Lagrasta ed edito da Ro­tas, è un libro che per­

mette al lettore di viaggiare attraver­so il viaggio. Scorre lungo i binari l'anima, i ricordi e la vita dei pro­tagonisti. E non solo.

Professor tagrasta l'immagine car­dine del suo racconto?

«L'immagine è stata quella di un tre­no osservato intensamente dallo

sguardo di un

LA SCOPERTA «!..:immagine del viaggio intriga qualsiasi persona,

fa conoscere e amare»

bambino. Sappia­mo che il treno, giocattolo tra i più amati, ha sempre affascinato e sti­molato la fantasia dei bambini e co­sì, rivisitando questo elemento e

collegandolo all'immagine del viag­gio sono riuscito a partire con la sto­ria a tratti Iudica, spesso malinco­nica volutamente densa di spirito ri­flessivo. E sappiamo, come in questo periodo storico, il riflettere assume fondanti elementi per parlare sia del ruolo della passioni di vivere che quella del sentimento per "sentire" e "con -vivere" con i bit che ci con­nettono al mondo».

Cosa rappresenta la metafora del viaggio?

«L'immagine del viaggio intriga qualsiasi persona fa conoscere e amare, esplorare e indagare luoghi sconosciuti; tale esperienza favorisce l'incontro e Io scambio tra culture, tra stili di vita e modi diversi di pen­sare; per questi motivi, l'idea di viag­giare contiene un fascino e una se­duzione, inimmaginabili. Se poi, le persone sono costrette, come negli anni Sessanta, tema di cui tratta il racconto "ll Viaggio e il mal d'in­chiostro", cioè a viaggiare per emi­grare e poter lavorare, allora il viag­gio non è più metafora di spensie­ratezza e seduzione, gioia e spirito di avventura ma impegno e volontà di scegliere dove andare, cosa proget­tare e realizzare in un luogo lontano dalla propria nazione per stare bene e continuare a vivere di sacrifici per poter consolidare lo star bene».

Come è stato vissuto questo ~mo­

dello di cambiamento" dalle per­sone del suo racconto?

«ll viaggio emigrante, tra perdita dei luoghi e di paesaggi amati e allon­tanamento dalle persone a cui si è legati affettivamente è costretto a convivere tra la malinconia e latri­stezza, tra il senso della nostalgia ma anche del sentimento della rabbia. Emigrare, in Francia negli anni Ses­santa del secolo scorso, abbandonare

la comunità familiare allar-gata di appartenenza, ha ri-chiesto una forte dose di co-raggio e di autonomia emoti-va da parte di chi ha scelto di intraprendere questo viaggio. Certo, gli eventi lasciano il se-gno, stimolano, nel bene e nel male, a riflettere, esplorare, sco­prire, ricercare le cifre e i segni della città o della terra che si è abbandonato, ma vuol dire anche aprire una sfida con territori sco­nosciuti in terre sconosciute e far­ne parte per riappropriarsi della propria libertà di essere e di es­serci. Certo la storia si ripete anche oggi; altra gente emigra per tanti e diversi motivi; altri viaggi si ripe­tono con le scene che ormai cono­sciamo tutti e che ogni giorno ci fan­no riflettere. Dolorosamente».

Papin, somiglia a protagonisti della letteratura italiana?

«Sono molto legato affettivamente ai personaggi delle opere di Italo Cal­vino, ma il protagonista che mi ha affascinato e che si richiama nella mia opera è il Pin, il protagonista bambino del romanzo de "ll sentiero dei nidi di ragno" dello scrittore li­gure. Infatti, come il Pin calviniano ruba la pistola al soldato tedesco, na­scondendola in un nido di ragni per sentirsi connivente come gli adulti con cui stava consumando le ultime avventure resistenziali così così, Pa­pin, protagonista del mio racconto osservando gli atteggiamenti e le de­cisioni prese degli adulti sente il bi·

sogno di reagire re­stando in prima linea rispetto alle emozioni e agli atteggiamenti: Pin/ Papin con la sua anima di bam­bino sfida la vita avversa scopren­done così i risvolti drammatici ma anche gioiosi; un'infanzia negata con troppo anticipo>>.

Perché Papin e l'infanzia negata ? «il piccolo Papin dopo aver vissuto sia il dolore per lo strappo dato alle sue radici sia per l'abbandono della scuola, dei suoi amici e dei suoi non­ni materni e paterni, scopre anche che i suoi genitori non sono più al­legri come un tempo, come quando vivevano a Barletta e il padre orga-

lXVI Giuseppe Lagrasta LEI TURA

Il viaggio e il mal d'inchiostro

E CULTURA La copertina del libro e Giuseppe Lagrasta, presidente della locale sezione della «Dante~> e dirigente scolastico del liceo «Casardill

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nizzava le feste in casa a Natale e a Capodanno oppure a Carnevale: feste sontuose per l'allegria che esplodeva tra tutte le persone del vicinato. Ora quelle feste erano un lontano ricordo, la rottura carnascialesca della pignata, per i bambini come Papin ma anche per gli adulti, allora rap­presentava un momento di eva­sione e di divertimento corale. Ora lontano da quei luoghi era aumentata la tristezza sui

volti del padre e della madre. Che fa­re? Bene! Apprendere a vivere i pro­blemi dei grandi e cominciare a sop­portare le fatiche della vita. E' questo che Papin apprende attraverso la sco­perta dell'infanzia negata».

E il mal d'inchiostro? Cosa ci dice in merito?

<<Siamo al momento della svolta che poi ne caratterizzerà lo svolgimento fmale del racconto. n padre tm po­meriggio parla con Papin e gli dice: "Vedi, questo castagno. E' stato col­pito dal mal d'inchiostro" "E cos'è?"

' -domandò Papin-"E una malattia. La più grave che possa colpire i ca­stagni. La pianta viene trafitta da una triste sfmitezza e prostrata

aspetta la fme: si ingialliscono le fo­glie e macchie scure appaiono ai suoi piedi. Le macchie somigliano a quel­le dell'inchiostro. n nero della ma­lattia si infiltra nelle vene dell'albero ne rapprende tutte le radici, ne uc­cide la linfa e le dilania con atrocità e terrore. E' la fme».

Certo, parlare di malattia con un bambino, anche sotto forma di esempio, deve essere un momento di tormento, per un padre, o no?

«Certo! Ma viaggiare, emigrando, aiuta i piccoli a essere più forti per­ché crescono e maturano più in fret­ta. Occorre sempre dire la verità, in situazioni difficili. E' inutile menti­re. Difatti, così il padre pronunciò al figlio la sua prospettiva futura: "Sai, -continuò il padre -anch'io mi sento preso da una forte spossatezza, quasi dilaniato, anche se tutto ciò mi sta pervadendo lentamente e quasi non me ne accorgo. Ma prima che mi sfi­nisca la nostalgia e la malinconia possa distruggere la nostra mente e il mal d'inchiostro prenda il soprav­vento su tutti noi, torniamo in Italia - che dici ?-". "Sì, lo diciamo subito alla mamma", ·rispose Papin- e ag­giunse: "Presto, facciamo presto. ab­bassando gli occhi per non vedere il volto mortificato del padre"».

Un passaggio emotivamente forte. «Come si può notare la narrazione è intensa, si percepisce un desiderio di fuga, come se, dovesse, per i prota­gonisti, da un momento all'altro, po­tesse scattare una trappola oppure ascoltare l'arrivo della sirena che an­nunci l'ora del coprifuoco. I Longo Antonaci erano partiti per affrontare una battaglia e si erano ritrovati a combattere una guerra; troppo alto l'ostacolo da saltare per una famiglia isolata e per giunta impegnata a la­vorare in un paese straniero. Co­munque, dopo aspre lotte i Longo Antonaci, tornano al paese natio ri­portando a casa, un grande tesoro, la libertà, quella che annuncia il desi­derio di fare e la voglia di continuare a lottare, anche contro il profumo stremato della memoria che tanto pervadeva i sensi quando la prima­vera s'annunciava in Francia ma l'odore dei fiori era diverso da quello dei fiori di Barletta e di Canne della Battaglia e il colore sottile dell'azzur­ro del cielo era tanto azzurro da sem­brare una ferita, procurata all'intero untverso».