Gazzettino della Farmacia

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Distribuzione gratuita - Anno 10 - n. 5/2012 - Settembre/Ottobre SPECIALE La salute dei single SPAZIO BIMBI Lo svezzamento CIBI AUTUNNALI

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L’osteopatia non è un trattamento di moda, ma di crescente successo, in quanto tecnica manipolatoria dolce che ha solo bisogno di riconoscimenti ufficiali, com’è avvenuto negli ultimi vent’anni in Francia o nel Regno Unito, le due scuole che l’hanno maggiormente sviluppata, dopo il debutto di questa tecnica non invasiva che risale alla fine dell’Ottocento negli Stati Uniti. All’osteopatia abbiamo dedicato l’approfondimento di questo numero, in cui ci occupiamo anche dei single e della loro salute. Contrariamente ad alcune dicerie del passato chi vive solo sta generalmente meglio di chi è coniugato o ha una relazione stabile. L’unico problema sono i disordini alimentari e, in qualche caso, il rischio di contrarre, per la promiscuità di alcuni, le malattie a trasmissione sessuale.

Il russamento, per chi lo subisce, è certamente molto fastidioso ma lo abbiamo preso in esame sul versante di chi ne è affetto. Non pochi i rischi, per le apnee ostruttive cui va incontro chi russa. Vediamo diagnosi e terapie, badando anche a una curiosità: tra le modalità che lo contrastano c’è anche una… pallina da tennis.

I giovanissimi e gli anziani trovano nella tecnologia di computer, smartphone ed elettrodomestici dei supporti di grande qualità. Vi raccontiamo del successo di Eldy dopo sei anni di vita. Un vero Eldorado. Già che eravamo impegnati sul fronte delle capacità abbiamo chiesto un intervento che spieghi come funziona il cervello umano. Un breve viaggio nelle nostre potenzialità, con un occhio di riguardo ai due emisferi.

Da ultimo, le vicende alimentari dei più piccoli, legati allo svezzamento, precisando che il progresso ha risolto gran parte dei loro problemi. Quanto a noi adulti, troviamo nel menù autunnale il conforto di tre alimenti quali funghi, zucche e castagne. Tutti preziosi.

S.M.

SommarioSPECIALE

La salute dei single

CONSIGLISmettere di russare? Si può

APPROFONDIMENTORiconoscere l’osteopatia

ANZIANIIl successo di Eldy

BENESSERECome funziona il nostro cervello?

SPAZIO BIMBILo svezzamento

ALIMENTAZIONEMenù autunnale

GIOCHISulla punta della lingua

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È certo che un numero sempre maggiore di persone, anche in Italia, sceglie di esse-re single, o di rimanere tale, per desiderio di indipendenza. Nella maggior parte dei casi la decisione matura nella consapevo-lezza, è quasi un’affermazione identitaria, come certifica la psicologa Marisa Muzio. Non necessariamente, come si credeva un tempo, essere single è diretta conseguenza di trascorsi sentimentali poco felici, di delu-sioni amorose o di combattute separazioni che lasciano il segno. E sebbene prosperino

i siti di cuori solitari, di quei curiosi luoghi di incontro per anime sole (e destinate a rimanerlo visto che frequentano gli “speed date”, che non consigliamo), la condizione di single è sempre più motivata: da indivi-dualismo, da egoismo? E se anche fosse?

AUTOSUFFICIENTI E RESPONSABILI

Il gioco è soprattutto psicologico, perché il tentativo di fotografare i single spesso

non riesce o vive di luoghi comuni. Un paio d’anni fa, racconta ancora la Muzio, «gira-va l’idea, soprattutto in Italia, che i single quarantenni fossero tristi, infelici, soprat-tutto incapaci di badare a loro stessi. Vero niente». La smentita a quella tesi facilona è venuta da un gruppo di studiosi del Lafa-yette College di Easton, Pennsylvania, che hanno coinvolto in un’indagine 1.500 sog-getti statunitensi, sposati e single, tra i 40 ed i 76 anni, ai quali è stato chiesto di com-pilare dei questionari finalizzati a sondare il loro benessere generale. Sorprendente l’esito della ricerca: i single sopra i 40 anni stanno bene: godono di salute mentale, autosufficienza, responsabilità e sono ben lieti di come gli sta andando. Anche i co-niugati non se la passano male ma i single vanterebbero una rafforzata sicurezza in loro stessi, non riscontrata, al contrario, in coloro che hanno scelto una vita di coppia.

La salute dei singleA parte i frequenti disordini alimentari godono in generale di ottima salute, soprattutto di grande autostima. Solo il comparto delle malattie a trasmissione sessuale vede uno sbilanciamento, con le donne maggiormente a rischio

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Speciale

A rafforzare questa ricerca bastano le paro-le, ultimative dell’autrice dello studio: «Per-ché un matrimonio funzioni bene è neces-sario una certo grado di interdipendenza», sostiene Jamila Bookwala, che ne ha scritto sul Journal of Social and Personal Relation-ships, «per questo molti decidono di non sposarsi e rimanere single a vita, preferen-do una sana solitudine pur di conservare la piena libertà e non scendere ad alcun com-promesso».

PROBLEMI ALIMENTARI…

L’industria se ne è accorta da anni e produ-ce qualsiasi tipo di cibo pronto, in versione monoporzione, onorando così le nuove necessità sociali. Con qualche gastrite sulla coscienza. Già, perché solo sul fronte ali-mentare si possono riscontrare le uniche condizioni di disagio, o meglio di disordine, della salute dei single. Le indagini di Data Media raccontano che proprio sul fronte nutrizionale i single, maschi o femmine fa poca differenza, sono deficitari: hanno qua-si tutti fretta ma soprattutto scarsa consa-pevolezza di quel che ingurgitano. Colpisce soprattutto che siano le donne, in generale molto accorte, ad avere poca confidenza con la nutrizione. Se infatti po-chissimi soggetti single hanno familiarità con gli apporti da graduare, sui dosaggi più

equilibrati fra carboidrati, grassi e proteine, fra loro le donne commettono maggiori errori rispetto agli uomini (il 55% contro il 31% dei loro pari o, meglio, dispari). Trop-pi ragionano di calorie quando da tempo queste unità di misura sono finite in soffitta. L’alimentazione di chi non si deve obbliga-toriamente sedere a tavola con qualcuno, e spesso apre il frigorifero in un gesto au-tomatico, non funziona: il soggetto in que-stione mangia in modo disordinato, non tiene conto dei buoni precetti nutrizionali, spesso compra e mangia a caso, quel che capita. Il dottor Fulvio Carnielli dell’Uni-versità di Parma, Scienza della Nutrizione, sostiene che come minimo l’alimentazione dei single è “frettolosa” (per quattro sog-getti su dieci) e in un caso su cinque asso-lutamente dannosa per la salute. Vediamo gli errori più frequenti: salta il pasto il 41% degli interpellati, il 55% non tiene in alcun conto l’apporto di calorie, ma soprattutto non dà alcuna importanza alla regolarità dei pasti. Orari non ce ne sono, anche qui sembra che alcuni mangino quando capi-ta. Forse quando vengono aggrediti dalla fame. In alcune metropoli italiane dove sino a poco tempo imperversavano riti come gli happy hour, il vecchio aperitivo (rinforza-to), non pochi si sono rovinati il giro vita, qualcuno anche il fegato. Semplicemente perché si servivano di tutto un po’, senza limiti. Ben note le conseguenze: malesseri,

continue variazioni di peso, addirittura crisi depressive, senza considerare la carenza di vitamine e minerali, ben evidente in molti. Perché questi ultimi non sono mai un op-tional, frutta e verdura sono alimenti por-tanti della nostra dieta mediterranea, oltre a essere un antidoto allo stress quotidiano.

…E VIRALI

Sul fronte malattie trasmissibili sessual-mente, secondo i dati della Società italiana di malattie infettive e tropicali, le donne sono le più colpite. In particolare le sin-gle over 30 con una vita sessuale intensa, poco informate sul sesso sicuro. Se l’inci-denza delle patologie sessuali è stabile da vent’anni, ben diversa è la tipologia delle malattie contratte dalle donne. Il 65% del-le donne che hanno avuto una diagnosi di infezione a trasmissione sessuale si è sotto-posto anche al test per l’Hiv e il 5% di loro è risultato positivo. Purtroppo l’informazione che circola sulla sicurezza sessuale è sca-dente, e non riguarda solo le single. Non poche ragazze sono convinte che la pillola contraccettiva protegga dalle infezioni e dai virus sessualmente trasmissibili.

di Gianni Poli in collaborazione con la psicologa Marisa Muzio

e del professor Fulvio Carnielli

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Problema rumoroso, fastidioso, talvolta di coppia, il russare è tipico dei maschi - che iniziano fin dalla tardo adolescenza - ma può essere femmina, normalmente dopo la menopausa. Il problema, oltre che acustico, è respiratorio perché alla lunga il russamen-to può portare a pericolose apnee ostrutti-

ve - la cui incidenza negli italiani è rispet-tivamente del 5% tra i maschi e del 2% tra le femmine - che consistono in momenti di chiusura completa delle vie aeree durante il sonno, con conseguenze non di poco con-to sull’apparato cardiocircolatorio.

CAUSE E PREdISPOSIzIONI

Il russamento è dovuto a un parziale tor-nar indietro dell’aria ispirata per via di una ostruzione della via aerea principale. Que-sta può dipendere da vari fattori che inci-dono sul collasso muscolare della faringe (i cui muscoli si rilassano naturalmente du-rante il sonno) o sull’ostruzione della stes-sa. Nella maggior parte dei casi i responsa-bili sono l’ugola e il palato molle, talvolta le tonsille e la stessa lingua, soprattutto se si dorme a pancia in su.Il primo fattore di rischio sono i chili di troppo, che influiscono anche sui depositi

Smettere di russare? Si puòSovrappeso, palato molle, posizione per dormire: sono solo alcune delle cause del russamento. diverse le soluzioni da adottare, dalla semplice dieta all’intervento chirurgico

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Consigli

di grasso del collo, quindi sul suo diametro. A questo proposito l’Associazione italiana Medicina del sonno stabilisce un massima-le di 43 cm per l’uomo e 41 per la donna. Detto questo, se si è sovrappeso è meglio dimagrire qualche chilo, anche solo 3 o 4. Se il problema è più complesso non preoc-cupatevi: sono molte le terapie, anche chi-rurgiche, per porvi rimedio.

dIVERSE LE POSSIBILITà PER LA dIAgNOSI

• Cefalometria: permette di studiare i profili facciali e la struttura ossea del cra-nio, ed è sempre effettuata in previsione di un intervento chirurgico;

• Sleependoscopy: esame endoscopi-co capace di rilevare sede e tipologia di ostruzione per scoprire, ad esempio, se la mandibola è troppo piccola o re-trognatica (troppo indietro): in questo caso si può predisporre un avanzamen-to mandibolare, o un allargamento delle sedi di restringimento asportando alcu-ni tessuti responsabili del russamento: tipo tonsille, ugola, palato molle;

• Oralappliance: si tratta di apparecchi notturni (su misura) in grado di spostare lingua e mandibola in avanti, incremen-

tando il passaggio d’aria: sono i miglio-ri in caso di russamento abituale e lievi apnee;

• C-Pap: è un vero e proprio apparecchio che incrementa la ventilazione respira-toria, sospingendo aria nelle cavità re-spiratorie per mezzo di un tubo e una mascherina. Più invasivo e scomodo, è adatto in caso di apnee notturne medie o gravi;

• Tende a pacchetto: è una delle ultime tecniche contro il russamento. Attraver-so degli speciali fili di sutura, si aumen-ta - alzando in tre punti i tessuti della gola - il punto di passaggio che dal naso scende ai polmoni, senza alcuna riduzio-ne dei tessuti interessati (palato molle e ugola). Un’operazione senza particolari effetti collaterali e, volendo, reversibile. Ora è prevista solo per taluni russatori a fronte di un’anestesia totale ma presto si cercherà di perfezionarla con fili riassor-bibili e autoreggenti, utilizzando la sola anestesia locale.

ChIRURgIA E NON ChIRURgIA

Il trattamento non chirurgico più frequen-te è la radiofrequenza nel palato molle. Si interviene nella zona sopra l’ugola: con un

paio di sedute e un elettrobisturi a radio-frequenza si crea una barra cicatriziale che facilita il passaggio dell’aria.Per quanto riguarda la sala operatoria, tra gli interventi più eseguiti c’è la palato farin-go plastica (rimozione del palato molle, dei pilastri pilatini, delle tonsille) e l’ovulo pala-to faringo plastica (la rimozione dell’ugola, del palato molle, dei pilastri palatini, delle tonsille). In entrambi i casi, dopo l’interven-to, è necessaria una rimodellazione dei tes-suti orofaringei.

di Federico Poli

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Basta una pallina da tennis

Per evitare di dormire supini, posi-zione in cui si russa più facilmen-te, un’idea è cucire una tasca sul retro del pigiama e infilarci una pallina da tennis: in questo modo girarsi sarà piuttosto fastidioso e costringerà a tornare sul fianco o a pancia sotto, entrambe posi-zioni che favoriscono il passaggio dell’aria nella gola.

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ENTEROGERMINA CONOSCE L’INTESTINO

E SA COME ARRIVARCI.

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ApprofondimentoOSTEOPATIA

Cosa si intende per osteopatia?

Nata a fine ‘8oo, dalle intuizioni del dottor A. T. Still, questa disciplina pone come suo caposaldo l’unità del corpo umano, considerando l’individuo nella sua glo-

balità. Ogni parte costituente la persona è interdipendente e il corretto funzio-namento di ognuna assicura quello dell’intera struttura e il benessere psicofisico.

Traumi, vizi posturali e situazioni di malessere generale minano questo equilibrio, portando a manifestazioni di dolore molto spesso localizzate nell’apparato

muscolo scheletrico. Il compito dell’osteopata è quello di ristabilire lo stato di salute, attraverso una terapia dolce e per nulla invasiva, partendo dall’assunto

che «il nostro corpo contiene in sè tutte le soluzioni per combattere i disturbi che insorgono», come ci spiega daniela Molteni, osteopata da undici anni.

di Vittoria Pietropoli, in collaborazione con Daniela Moltemi, osteopata

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II

Cos’è l’osteopatia e chi è l’osteopata?È una disciplina manuale, che prende in esame la totalità del cor-po umano, ricercando il punto debole che ha permesso l’instaurarsi della malattia. L’osteopata si avvale di tecniche manuali per risol-vere situazioni di dolore o malessere, senza l’utilizzo di farmaci. Il suo ruolo è quello favorire la capacità innata del nostro organismo all’autoguarigione, partendo dall’assunto di base che il nostro corpo possiede tutti gli elementi per stare bene. Non è un’antagonista del-la medicina tradizionale, ma può collaborare con il medico curante o lo specialista in quei casi in cui le sole tecniche manipolative non sono sufficienti, portando a una più rapida soluzione del problema». Qual è il percorso per diventare osteopata?Si deve frequentare la scuola di formazione: un percorso accade-mico di cinque o sei anni, a tempo pieno, in cui viene insegnata la medicina di base, con particolare attenzione all’anatomia, la tec-nica osteopatica e che si conclude con un tirocinio. Per chi invece si affaccia a questa disciplina dopo la laurea in medicina il percor-so che lo aspetta è lo stesso, ma in tempi diversi: un seminario di quattro giorni al mese per cinque anni. A fine corso verrà rilasciato il diploma di osteopatia, che permetterà l’iscrizione ai registri Roi (Registro degli Osteopati d’Italia) e Fesios (Federazione sindacale italiana Osteopati).

Nonostante sempre più osteopati collaborino con strutture sa-nitarie, l’osteopatia non è ancora riconosciuta dal Ssn (Servizio sanitario nazionale). Come mai? Questo cosa implica?Proprio in questi mesi è stata avanzata una proposta di legge a di-sciplina dell’osteopatia, come professione sanitaria primaria, fino a oggi non attuabile perchè non si riusciva a darne una collocazione. È indispensabile riconoscere la professione di osteopata, non solo per legittimare la nostra professione e poter creare un percorso forma-tivo comune a tutti, ma soprattutto a tutela dei pazienti. L’obbligo all’iscrizione a un albo renderà noto il percorso formativo di ognu-no, certificandone le competenze, eliminando così ogni possibilità di imbattersi in ciarlatani, che fanno proprie competenze che non hanno.

Come avviene l’incontro con un osteopata?Si parte da una raccolta dati del paziente, un’indagine conoscitiva sui precedenti fisiologici e patologici, per tracciarne un profilo ge-nerale. Successivamente si passa a un esame obiettivo osteopatico, dove viene analizzata postura, vizi, simmetria e i vari movimenti at-tivi e passivi nella globalità. Dopo aver costruito un quadro, il più esauriente possibile, l’osteopata decide quale approccio è il più in-dicato, tenendo conto sia della patologia riscontrata sia del paziente che si trova a trattare. Tre sono gli approcci: strutturale, viscerale e cranio-sacrale.

A seconda di cosa si predilige un approccio all’altro?Non si tratta di scegliere, ma di integrarli, in virtù del principio che siamo un corpo unico e che funziona bene solo se in sinergia. Sugli adulti vengono praticati tutti e tre i tipi di manipolazione, mentre per i neonati si predilige la terapia cranio-sacrale. È importante la collaborazione con la medicina tradizionale perchè arriva lì dove l’osteopatia non può intervenire, andando a rendere più incisivo il trattamento osteopatico.

CENNI STORICIVede gli albori in America nel 1874, dalla volontà del dottor Andrew Taylor Still di andare oltre ai dettami della comune medicina, focalizzata troppo, secondo lui, sui sintomi e non le cause delle malattie. Still era convinto che il trattamento me-dico dovesse essere olistico, ovvero curare tutta la persona, non solo le parti malate, partendo dall’assunto che la salute è uno stato naturale e che il corpo possiede meccanismi di au-toregolazione e autoguarigione. In quest’ottica la malattia al-tro non è che la manifestazione di una disfunzione nel corpo, della rottura dell’equilibrio: un sistema muscolare – scheletri-co o respiratorio perturbato, può andare a intaccare il buon funzionamento degli altri organi. Sulla base di ciò formula tre principi chiave dell’osteopatia:1. siamo fatti per funzionare bene;2. il nostro corpo contiene tutto ciò che gli è necessario per

assicurare e mantenere lo stato di salute;3. la perfezione di ogni funzione è legata alla perfezione del-

la struttura che la supporta: ogni parte del corpo è dipen-dente dalle altre che lo compongono.

Nel 1882 a Kirksville fonda il primo collegio di Osteopatia, da qui in poi il movimento è andato in crescendo, soprattutto il America e Inghilterra; tutto il resto è storia dell’osteopatia moderna.

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Quali sono le patologie trattate?Nell’adulto soprattutto cervicalgie, lombalgie, sciatalgie e tutti quei problemi derivanti da eventi traumatici, nonchè le cefalee. Negli ado-lescenti si punta molto alla prevenzione, soprattutto per i problemi alla colonna vertebrale, come la scoliosi. Grande è il lavoro che si può svolgere con i neonati, andando a intervenire nelle asimmetrie, o trau-mi da parto, plagiocefalgie e coliche, fino a collaborare per risolvere le occlusioni a livello ortodontico. Un importante aiuto può essere dato al paziente nel post chirurgico, ospedalizzato, o nel post chirurgico, per rendere più rapido il recupero.

Quante sedute sono necessarie?Mediamente dalle quattro alle cinque, sempre a seconda del paziente e della patologia; una volta portato a termine il percorso può seguire una fase di mantenimento, per assicurare che la causa del problema sia stata rimossa. Il tempismo è fondamentale: prevenire l’insorgere del problema vuol dire avere meno strada da percorrere nella ricerca dell’equilibrio.

Queste manipolazione sono dolorose?No, tutti i trattamenti vengono fatti nel rispetto del dolore del pazien-te; l’osteopata ricerca le zone più rigide o dolenti, esercitando delle pressioni per “liberarle” e ristabilire la mobilità.

Cosa porta a scegliere questa professione?La visione globale che da della persona: chi si affianca a questa medi-cina deve ritrovarsi in tutto e essere pronto a combattere uno scettici-smo diffuso, figlio di mancanza di cultura.

Dov’è controindicata?In tutte quelle che sono le malattie organiche, infettive e patologie da pronto soccorso; l’osteopatia non professa l’uso di medicinali, ma ci sono casi in cui non si tratta più di trovare il punto debole, ma di agire urgentemente perchè il disturbo non può essere risolto con le sole di-fese dell’organismo.

ApprofondimentoOSTEOPATIA

III

NEL RESTO DEL MONDO

L’osteopatia fa dell’analisi preliminare la chiave di volta delle patologie, per questo paesi come l’America e l’Inghilterra, in cui da anni è riconosciuta a livello sanitario, si impegnano a stanziare fondi per la ricerca. Tanti sono i case studies e i pro-grammi universitari per migliorare la diagnosi, il trattamento dei disturbi clinici e per preparare più adeguatamente gli stu-denti, aiutandoli a diventare fruitori consapevoli. In Italia qual-cosa si sta muovendo in questa direzione: uno degli esempi è l’ospedale di Desio, che compie ricerca in campo osteopatico, ma senza ricevere sovvenzioni.

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Eldy è software gratuito nato per aiutare i neofiti della tecnologia a usare il computer e navigare in internet. Facile da imparare, totalmente gratuito, è animato da una vi-vace comunità online, utile come suppor-to e ascolto. Dal suo lancio (2006) Eldy è stato scaricato oltre 400mila volte, ha vin-to il premio dell’Unione europea per l’e-in-clusion ed è disponibile in ben 29 lingue. Il postulato di base è assai semplice: la pri-ma schermata (“la piazza”), normalmente ostica per un anziano, visualizza solo sei grandi icone, molto leggibili. Le imposta-zioni base prevedono Posta (mail), Pas-seggiata in internet, Chi sono (una sorta di profilo), Chiacchiere (chat), Eldy tv (canale dedicato), Utili (fotografie, note, archivio). Ma col tempo si può imparare a sostitui-re i tasti, inserendo categorie di interesse come Cinema, Meteo, Giornalaio.

I contrasti cromatici forti e i caratteri gran-di aiutano la leggibilità; la terminologia l’utilizzo (al posto del classico “componi”, per mandare una mail si clicca su “scrivi a chi vuoi tu”); l’integrazione con le carte regionali dei servizi sono un modo intel-ligente per monitorare acquisti e sommi-nistrazione dei farmaci, prenotare visite, ricevere informazioni utili su campagne sanitarie e vaccinali. L’uso di Eldy ha dimo-strato che l’alfabetizzazione tecnologica degli anziani ha delle ricadute sociali no-tevoli: nuove amicizie (inclusione), ridotta ritrosia all’uso di apparecchi tecnologici (digital divide), aumento comunicazione con il resto della famiglia, migliore lega-me con il territorio (servizi più accessibili, fruizione notizie, conoscenza e partecipa-zione a eventi), nuove e sorprendenti reti sociali, del tutto innovative. Sul sito www.eldy.org è possibile scaricare il software in due clic: per il computer ci sono versioni adatte a tutti i sistemi ope-rativi (windows, linux, mac). Per i tablet è disponibile la sola versione Android: si aspetta una nuova release (consegna) compatibile per l’Ipad della Apple.

di Federico Poli

Anziani

Il successo di Eldydopo anni di sviluppo fine a se stesso, la tecnologia ha da tempo puntato sulla semplificazione. Una forma di progresso parallelo che, come primo risultato, ha avvicinato anziani e bambini a un uso prima intuitivo, poi più consapevole, di computer, smartphone e elettrodomestici

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NumeriCirca l’80% degli over 60 ha utilizzato internet almeno una volta nella vita e dal 2005 a oggi coloro che navigano con regolarità sono più che raddoppia-ti (dal 10,8 al 22,8% entro i 67 anni, dal 5,5 al 9,9% entro i 74). Cosa ancora non convince di computer e co. sono, secon-do una ricerca Gfk Eurisko, il linguaggio tecnico descrittivo (soprattutto se solo in inglese), il continuo aggiornamento dei software, gli standard che rendo-

no un acquisto all’altezza (pixel, giga, ram: sono tutte sigle o acronimi troppo desueti). È per questo che gli anziani continuano ad acquistare i prodotti secondo un vecchio credo: il prezzo prima di tutto, a seguire semplicità di utilizzo, assistenza durante e dopo l’ac-quisto, marca. Sono considerati meno importanti, sempre secondo la ricerca, caratteristiche come il design, funziona-lità secondarie, accessori.

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gLI EMISFERI

L’emisfero destro - che controlla parte si-nistra del corpo - ci consente di ricordare singoli momenti con chiarezza e precisione anche se lontani nel tempo. Elabora infor-

mazioni relative a sapori, odori, aspetto, suoni, percezioni tattili che si associano a sensazioni, pensieri, emozioni e reazioni fisiologiche. Aiuta a mettere in relazioni frammenti di esistenza, è fautore del co-siddetto “quadro d’insieme”. È, inoltre, un emisfero disponibile al nuovo, che guarda

al futuro; è spontaneo, spensierato. A que-sta corteccia, la frontale destra, dobbiamo anche l’empatia e la capacità di “indossare i panni altrui”. Il sinistro, di contro elabora le informazioni in maniera diversa. È capace di sequenze temporali, di analisi dei dettagli; opera se-condo ragionamenti deduttivi. I centri del linguaggio di questa parte del cervello si avvalgono delle parole per definire, cata-logare, analizzare, criticare e confrontare. È come se parlassero in continuazione, ricor-dandoci cosa fare e in quale sequenza; ri-cordando chi siamo, cosa facciamo, come ci chiamiamo, dove viviamo. Senza, saremmo privi di identità. Oltre alle parole, procede per reazioni sche-matiche, impostando reazioni automati-che in base alle diverse sensazioni viscerali (quelle che sentiamo intuitivamente riguar-do a qualcosa). Interpreta grandi quantità di stimoli con una certa dose di attenzione e di calcolo. Prevede, in base all’esperienza passata, come ci sentiremo, cosa pensere-mo, come ci comporteremo. Giudica ciò che è giusto e cosa è sbagliato. Per noi.

AzIONE COMBINATA

Pur operando in maniera radicalmente op-posta, i due emisferi collaborano stretta-mente. Ad esempio nel linguaggio: il sini-stro riconosce e combina le lettere creando parole, suoni, concetti per poi inserirli in un contesto, creando infine una frase di senso compiuto. Il destro completa l’opera, inter-pretando la comunicazione non verbale: influisce su tono, voce, postura. Senza le ca-pacità del destro, l’emisfero sinistro corre il rischio di interpretare tutto alla lettera.

dOMINANzE

Alcuni individui sono più unilaterali, mostra-no di pensare per schemi rigidi: è una prova della supremazia di un emisfero, in questo caso il sinistro. Oppure tendono a perdere ogni rapporto con la realtà e a vivere con la testa tra le nuvole (dominanza del destro). Un equilibrio fra le due personalità ci per-

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Come funziona il nostro cervello?Una grande differenza tra noi e il resto dei mammiferi è la parte del cervello detta corteccia, la più esterna, ondulata e circonvoluta, il cui spessore è circa il doppio e si ritiene svolga il doppio delle funzioni. Si divide in due emisferi, dalle funzioni complementari, collegati dal corpo calloso, la struttura che consente il passaggio di informazioni tra un emisfero e l’altro. Ogni emisfero elabora le informazioni in modo diverso, ciò nonostante abbiamo una percezione globale e unitaria del mondo. A livello macroscopico tutti i cervelli sono uguali, a livello microscopico esistono variazioni che concorrono a definire personalità e preferenze individuali.

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mette di essere flessibili e in grado di acco-gliere i cambiamenti (destro) ma anche ab-bastanza concreti da seguire la nostra strada (sinistro) prova che i due emisferi si tem-prano a vicenda. I due emisferi elaborano a velocità e modalità diverse perché diversa è la qualità delle informazioni che ricevono attraverso i recettori.

TU ChIAMALE EMOzIONI

Nella corteccia in superficie ci sono circuiti di neuroni (cellule del cervello) che ci con-sentono di pensare in modo lineare come nel linguaggio, o tramite simboli e sistemi astratti come nella matematica. Negli strati più profondi invece si trova il sistema lim-bico che carica di emozioni le informazioni che raccogliamo attraverso i sensi. È quello che viene chiamato “cervello rettiliano”: fun-ziona tutta la vita, ma non matura. E quando siamo sollecitati emotivamente, capita di re-agire – perfino da adulti – come dei bambini. A meno che il segnale non raggiunga la cor-teccia in condizione di sicurezza, in questo caso siamo in grado di apprendere e memo-

rizzare, di rivalutare la situazione e scegliere consapevolmente reazioni più equilibrate. Peraltro, nel momento in cui il messaggio raggiunge la corteccia, esso è gia stato va-lutato dal sistema limbico come piacevole o doloroso.

Se le cellule corticali superiori prestano at-tenzione al sistema limbico (cervello retti-liano, emotivo) possiamo maturare alcune decisioni e avere voce in capitolo su ciò che si pensa e si sente, riprendendo in mano il potere su se stessi. Lasciando andare, ac-cettando ciò che non è possibile cambiare, possiamo evitare di sentirci obbligati a rimu-ginare su situazioni che ci fanno soffrire, a

meno che non lo si voglia e fino quando se ne ha abbastanza perché è emotivamente sfibrante. Questo non vuol dire che non ci siano occasioni grazie all’emisfero sinistro di affrontare il mondo secondo schemi dedut-tivi che ci fanno operare con sequenze logi-che, ma sappiamo che possiamo sostituire gli schemi (emisfero sinistro) alle immagini (emisfero destro). Per esempio quando l’ira - reazione programmata che può scattare da sola - svanisce nel giro di alcuni secondi, il perseverare della collera è dovuto al con-senso concesso all’emisfero sinistro, il quale riverbera, replica lo schema. Possiamo quin-di scegliere di evitare lo scontro e l’aggres-sività per lasciare spazio alla pace interiore, alla gentilezza, alla lentezza propria dell’altro emisfero, quello destro.

di Patrizia Mantoessi, farmacista a Monza

Benessere

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I sensiTutti abbiamo recettori sensibili agli stimoli ma ci differenziamo per la so-glia, l’intensità con cui li registriamo. Il che comporta, in ognuno di noi, un diverso bagaglio di esperienza e modo di percepire il mondo. Molto influiscono i sensi, produttori di dati e arbitri di deci-

sioni e giudizi: chi è debole di vista coglie meno dettagli, chi di udito perde fram-menti di conversazione, chi ha un olfatto insufficiente rischia di non sentire odori pericolosi o, all’estremo opposto, chi è troppo sensibile evita molti ambienti e perde delle opportunità.

Alcuni individui sono più unilaterali, mostrano di pensare per schemi rigidi: è una prova della supremazia di un emisfero, in questo caso il sinistro

Page 16: Gazzettino della Farmacia

«Il neonato quando viene al mondo è predi-sposto per digerire un unico alimento: il lat-te. Teoricamente materno, e quando non è possibile, adattato, ovvero latte artificiale che cerca di copiare le caratteristiche di quello materno. Tutto questo fino ai 6 mesi di vita, quando le funzioni digestive, neuro-motorie, immunitarie e renali del bambino sono ma-ture al punto da affrontare un incontro im-portante come quello con il cibo dei “grandi”. L’intestino di un bimbo di quest’età non è molto diverso da quello di un adulto; quello che ancora non è sviluppato è il primo trat-to dell’apparato digerente. I denti non sono ancora spuntati, e siccome la digestione co-mincia in bocca, bisogna in qualche modo aiutare i piccoli in questo passaggio che non sono in grado di compiere da soli. Nei secoli passati non si dava altro che cibo per adulti opportunamente sminuzzato o addirittu-ra premasticato dalle mamme. Negli ultimi cinquant’anni si è invece passati al lato op-posto, e lo si è fatto in alcuni casi fino all’ec-cesso. Non basta più sminuzzare il cibo, ma

lo si deve addirittura omogeneizzare, come se il bambino non fosse in grado di deglutire piccoli bocconi ma solo consistenze cremo-se. E soprattutto si pensa di dover dare ai più piccoli alimenti “speciali”, pensati apposita-mente ed esclusivamente per loro. Questo poteva avere senso quando, fino a non molti anni fa, si pensava che il latte materno non fosse sufficientemente nutriente e si svez-zavano bambini piccolissimi, anche di 2 o 3 mesi. In presenza di un apparato digerente e di un sistema immunitario ancora immaturo era quindi necessario ricorrere a cibi ad alta digeribilità, confezionati in maniera sterile e introdurre gradualmente i vari alimenti, per poter individuare tempestivamente il “re-sponsabile” di eventuali reazioni. Con bam-bini che si avvicinano al cibo dopo i 6 mesi, come oggi raccomandano le più importanti organizzazioni sanitarie, questo diventa inu-tile. Il passaggio dall’alimentazione al seno all’alimentazione libera non avverrà di colpo allo scoccare del sesto mese, ma da quel mo-mento in poi, al primo segnale di interesse

da parte del bambino nei confronti del cibo che i suoi genitori stanno mangiando: gli si offrirà un piccolo assaggio. Le poppate con-tinueranno, ma diventeranno sempre meno consistenti a ridosso dei pasti principali, fino a scomparire del tutto. In questo modo ogni bambino, seguendo i suoi tempi e i suoi rit-mi, arriverà a svezzarsi da solo e si adatterà senza fatica agli orari e alla dieta di casa. Cer-to l’obiezione a questa strada potrebbe esse-re che non sempre i pasti dei genitori sono sani ed equilibrati come dovrebbero, ma l’ar-rivo di un figlio è un buon incentivo per porvi rimedio e rivedere l’alimentazione di tutta la famiglia: una dieta ricca di frutta e verdura, con prodotti a filiera corta, magari biologici. Cucinare “bene” per il proprio bambino e poi mangiare “male “ davanti a lui non lo preser-verà certo dall’intenzione di imitarvi appena sarà in grado di farlo. È stato ampiamente dimostrato che i comportamenti alimentari acquisiti nei primissimi anni di vita vengono poi mantenuti anche in età adulta. Con tutte le conseguenze, positive e negative, che si portano dietro: obesità, ipertensione, pro-blemi cardiovascolari».

Quindi, come svezzare?«La pediatria, come gran parte della scienza medica, tende alle volte ad allargarsi», conti-nua Vincenzo Calia, «dare indicazioni alimen-tari va benissimo. Decidere che cosa dare da mangiare va un po’ meno bene. Le tabelle dietetiche teoriche che arrivano all’eccesso di misurare al grammo quanta pastina, quanto formaggio o quanta verdura mettere nella pappa sono un eccesso che non tiene conto dell’individualità del singolo. Sono un aiuto, certo, perché danno una traccia in una fase di passaggio, ma sono e restano comunque in-dicative. Sovrapporre il proprio bambino alla tabella è un errore. Adattarsi ad essa è, a mio avviso, la scelta giusta». E il rischio di allergie? «Alimenti che sono ritenuti potenzialmente allergizzanti, come l’uovo, il pomodoro o il pesce, vengono inseriti nella dieta in un se-condo momento, ma in realtà nessuno ha mai fatto ricerche in proposito. Sono tradi-zioni scientificamente non validate. Le tabel-le con gli alimenti da inserire mese per mese sono solo indicative, e molto spesso non

Tutti a tavolaLo chiamiamo svezzamento, “levare il vizio di succhiare” altro non è che un cambiamento di alimentazione: un passaggio dal solo latte a tanti cibi diversi. Un momento spesso vissuto dalle mamme con ansia e preoccupazione, quando basterebbe tanta naturalezza. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Calia, pediatra di famiglia e direttore della rivista Uppa - Un Pediatra Per Amico (www.uppa.it)

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Neofobia alimentareÈ il rifiuto di assaggiare e mangiare cibi nuovi, mai conosciuti in precedenza. Si sviluppa di solito quando il bambino ini-zia a camminare e ha un retaggio storico legato alla sopravvivenza: quando i bam-bini iniziavano a muoversi e a esplorare un ambiente ostile e pieno di pericoli “ali-mentari” (bacche, funghi, erbe velenose o cibi avariati e deteriorati), il rifiuto di ciò che non era stato precedentemente somministrato sotto la supervisione del-la mamma permetteva loro di mettersi al riparo da conseguenze dannose, e a vol-te anche letali. Questo comportamento innato si è trascinato fino ai giorni nostri,

e ancora oggi si manifesta nelle scelte e nei gusti dei bambini. La neofobia è mi-nima nei primi due anni di vita, cresce negli anni della prima infanzia e tende a diminuire gradualmente nell’adole-scenza e con l’avvicinarsi dell’età adulta. Circa il 20-30% dei bambini tra i 3 e i 5 anni è significativamente neofobico, con una percentuale maggiore nei maschi. Frutta, verdura e proteine sono tra gli alimenti più rifiutati, ecco perché è im-portante far assaggiare il maggior nume-ro di alimenti possibili nei primi due anni, in modo che possano imparare a cono-scerli e ad accettarli.

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coincidono una con l’altra nelle varie ver-sioni che si trovano in circolazione. Questo dovrebbe essere rivelatore della loro scarsa validità scientifica. Uno studio recente con-dotto in parallelo negli Stati Uniti e in Israele su bambini di religione ebraica con tradizioni alimentari molto diverse tra loro, ha messo in luce come la tolleranza alimentare si sviluppi

nei primi mesi di vita. Le arachidi, uno degli alimenti ritenuti in assoluto più allergizzanti, presenti in maniera diversa in entrambe le tradizioni alimentari (negli Stati Uniti con il burro di arachidi e in Israele nella cucina tra-dizionale), venivano inserite nella dieta dei bambini americani solo dopo il primo anno di età e precocemente in Medio Oriente. Il ri-

sultato mostrava come i primi sviluppassero maggiormente (10 volte di più) la possibilità di essere allergici rispetto ai secondi. L’esposi-zione precoce agli alimenti aiuta a sviluppar-ne la tolleranza, non il contrario».

di Laura Camanzi

Spazio bimbi

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Alimentazione

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FUNghI

Iniziamo con i funghi, senza soffermarci sulle diverse specie esistenti, ma discutendo quelle che sono le proprietà benefiche comuni a tut-te le tipologie. Naturalmente è sempre bene tenere a mente che i funghi possono rappre-sentare un rischio di intossicazione, quindi è meglio non improvvisare la raccolta fai da te ma sceglierli adeguatamente, in modo da non incorrere in possibili pericoli. I funghi ri-escono a fornire al nostro corpo vitamine, sali minerali, fibre, acido folico e betacaroteni, nonché buone quantità di fosforo e potassio: tutte componenti che rafforzano il nostro si-stema immunitario. In particolare gli anziani e i soggetti che hanno poco selenio dovreb-bero dedicarsi al consumo regolare di funghi perché questo non metallo, insieme al rame, svolge un’importante azione antiossidante. I funghi oltre ad agire come un vero e proprio antibiotico naturale (riescono a fare in modo

che il livello degli anticorpi nell’organismo re-sti elevato), tengono sotto controllo il coleste-rolo e la pressione. Non solo, contrastano le infiammazioni il loro valore calorico è parago-nabile a quello dei più comuni ortaggi come l’insalata verde.

zUCChE

Divenuta uno dei simboli della festa di Hal-loween, la zucca può a sua volta vantare nu-merose qualità. A cominciare dalla polpa che contiene diversi principi attivi, in particolar modo carotenoidi, ma anche mucillagini e sostanze pectiche. Anche i semi hanno la loro importanza perché in essi è possibile trovare fitosteroli, olii grassi e fitolecitina, i quali han-no anche una funzione medicamentosa e sono molto indicati per combattere la tenia echinococco (verme solitario). Questa pro-prietà deriva dalla cucurbitina, un ammino-acido, che paralizza letteralmente il verme e

ne provoca il distacco dalla parete intestinale. L’uso dei semi come vermifugo è un rimedio piuttosto noto, generalmente ben tollerato e privo di controindicazioni. Ma non è solo questa la loro funzione positiva, infatti i semi della zucca sono anche in grado di alleviare le infiammazioni della pelle e di prevenire le di-sfunzioni delle vie urinarie. La polpa e il succo della zucca sono spesso utilizzati come diu-retici: gli specialisti consigliano di berne un bicchiere di succo la mattina, preferibilmen-te a digiuno. Dalla zucca, infine, si ricava un estratto che, mischiato al latte, è indicato per i disturbi gastrici e le patologie della prostata.

CASTAgNE

Altro frutto tipico autunnale sono le castagne, caratterizzate da una forma tonda da un lato e piatta dall’altro. All’interno troviamo una polpa chiara, ricoperta da una pellicola rosso-bruna, e una buccia spessa di colore marrone. La sua composizione nutrizionale è di gran lunga simile al frumento, per questo potreb-be essere annoverata tra i cereali, tuttavia vie-ne considerata un frutto secco. La castagna ha un elevato potere saziante grazie alla sua concentrazione di amidi e di fibre. Ha anche una alta percentuale di sali minerali, soprat-tutto potassio, fosforo, magnesio, calcio e, in misura minore, anche ferro. Presenta un ele-vato contenuto calorico e un’alta percentuale di zuccheri, proteine (di buona qualità) e le vitamine C, B1, B2, PP. Pochi, invece, i grassi.La quantità di fibre presente nella castagna è fondamentale per la motilità intestinale e per il riequilibrio della flora batterica, oltre a essere un valido aiuto nella riduzione del co-lesterolo. La presenza di zuccheri fa della ca-stagna un alimento alternativo per i bambini allergici al latte di mucca o al lattosio; mentre la sua farina sopperisce, nella preparazione di dolci e minestre, al fabbisogno di carboidrati nei soggetti che presentano intolleranza ai cereali, essendo le castagne totalmente prive di glutine.

di Claudio Zubani, farmacista a Ballabio (Lecco)

Menu autunnaleCon l’arrivo dell’autunno e dei primi freddi cambia inevitabilmente anche l’alimentazione che accompagna le nostre giornate. Abbiamo scelto tre pietanze tipicamente stagionali, come funghi, zucche e castagne

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Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese

Anno 10, n° 5 Settembre-Ottobre 2012Reg. Trib. Lecco N. 10/03

del 22/09/2003

Direttore responsabile Sergio Meda

Comitato Scientificodottor Paolo Borgarelli

dottoressa Valentina Guidi

CollaboratoriLaura Camanzi, Patrizia Mantoessi, Vittoria

Pietropoli, Federico Poli, Gianni Poli,Claudio Zubani

Coordinamento redazionale

Hand&Made Milanowww.handemade.it

Impaginazione e graficaDe Marchi di De Marchi Simone

www.de-marchi.com

StampatoreGam Edit Srl – Italy

Via A. Moro, 8 - 24035 Curno (Bg)

Associazione Nazionale EditoriaPeriodica Specializzata Socio Effettivo

A.N.E.S.ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA

PERIODICA SPECIALIZZATA

Associata al sistema Confindustria

Giochi

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Quando non ci ricordiamo una parola diciamo: “Ce l’ho sulla punta della lingua!” Qui trovate una serie di definizioni, per ognuna provate a trovare la parola adatta. Per aiutarvi, vi forniamo l’iniziale della parola da trovare.

Sulla punta della lingua

1. Il nome dell’involucro della noce

G 2. Come si chiamano i chicchi dell’uva?

A

3. L’oggetto puntuto che disegna i cerchi

C

4. Il materiale più usato dai calzolai è il …

C

5. Su quali perni girano porte e finestre?

C

6. Il congegno per spegnere e accendere la luce?

I

7. La lamiera ondulata che chiude i negozi è la…

S

8. Come si chiama un insieme di musicisti?

O

9. Come si chiama la bicicletta a due posti?

T

10. L’uomo che cammina sul filo si chiama…

E

SOLuzIONI

1. guscio, 2. acini, 3.compasso, 4. cuoio, 5. cardini, 6. interruttore, 7. saracinesca, 8.orchestra, 9. tandem, 10. equilibrista

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DLORE MUSCLRE

Voltadvance è una soluzione a doppio effettocontro i dolori muscolari e articolari

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