GAS E GEOPOLITICA: IRAN, UN RITORNO IN GRANDE … · di potere sciita in Medio Oriente, poi...

13
©ISPI2015 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. ISBN 9788890949951 Analysis No. 282, gennaio 2015 GAS E GEOPOLITICA: IRAN, UN RITORNO IN GRANDE STILE? Pejman Abdolmohammadi La nuova tensione politica in corso, sul piano internazionale, tra Russia e Cina e il fronte occidentale, sfociata in diverse zone quali l'Ucraina, Hong Kong e nello stesso Medio Oriente, potrebbe influenzare, in modo considerevole, gli attuali equilibri di potenza sia sul piano internazionale sia sotto il profilo regionale. Questa crisi potrebbe offrire all’Iran un ruolo nuovo e rilevante. Tutto ruota attorno all’importanza della questione energetica e in particolare alla salienza del gas per l’approvvigionamento energetico dell’Europa occidentale. A certe condizioni, infatti, l’Iran potrebbe diventare un fornitore alternativo di gas verso quest’ultima. Questa svolta è legata alla questione del nucleare iraniano e al tema della distensione eventuale tra Stati Uniti e Iran. In un quadro più generale, la crisi in corso a livello mondiale e che vede come antagonisti il fronte occidentale contro quello orientale può consentire il confronto tra due scenari. Uno corrisponde sostanzialmente all’equilibrio tuttora esistente, l’altro corrisponde invece ad un nuovo equilibrio che si potrebbe verificare nel caso in cui l’Iran dovesse cambiare la sua linea di politica estera, avvicinandosi al fronte occiddentale. Entrambi questi scenari, quello reale e quello ipotetico, presentano opportunità e costi sia per l’Iran sia per gli altri attori rilevanti presenti nello scacchiere mediorientale, opportunità e costi che in questo capitolo verranno illustrati. Pejman Abdolmoammadi insegna Storia e Istituzioni dei Paesi del Medio Oriente presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Genova ed è Lecturer in Political Science/Middle Eastern Studies presso la John Cabot University a Roma Isbn 97888909499‐5‐1

Transcript of GAS E GEOPOLITICA: IRAN, UN RITORNO IN GRANDE … · di potere sciita in Medio Oriente, poi...

©IS

PI2

015 

1

 

Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo.             ISBN 978‐88‐909499‐5‐1  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AnalysisNo.282, gennaio2015

GASEGEOPOLITICA:IRAN,UNRITORNOINGRANDESTILE?

PejmanAbdolmohammadi

Lanuovatensionepoliticaincorso,sulpianointernazionale,traRussiaeCinaeilfronteoccidentale,sfociatain

diverse zone quali l'Ucraina, Hong Kong e nello stesso Medio Oriente, potrebbe influenzare, in modo

considerevole,gliattualiequilibridipotenzasiasulpianointernazionalesiasottoilprofiloregionale.Questa

crisipotrebbeoffrireall’Iranunruolonuovoerilevante.

Tutto ruota attorno all’importanza della questione energetica e in particolare alla salienza del gas per

l’approvvigionamentoenergeticodell’Europaoccidentale.Acertecondizioni,infatti, l’Iranpotrebbediventare

unfornitorealternativodigasversoquest’ultima.Questasvoltaèlegataallaquestionedelnucleareiranianoe

al temadelladistensioneeventuale traStatiUnitieIran. Inunquadropiùgenerale, lacrisi incorsoa livello

mondialeechevedecomeantagonistiilfronteoccidentalecontroquelloorientalepuòconsentireilconfronto

traduescenari.Unocorrispondesostanzialmenteall’equilibriotuttoraesistente,l’altrocorrispondeinvecead

unnuovoequilibriochesipotrebbeverificarenel caso incui l’Irandovessecambiare la sua lineadipolitica

estera,avvicinandosialfronteocciddentale.Entrambiquestiscenari,quellorealeequelloipotetico,presentano

opportunità e costi sia per l’Iran sia per gli altri attori rilevanti presenti nello scacchiere mediorientale,

opportunitàecosticheinquestocapitoloverrannoillustrati.

Pejman Abdolmoammadi insegna Storia e Istituzioni dei Paesi delMedio Oriente presso ilDipartimento di

ScienzePolitichedell’UniversitàdiGenovaedèLecturerinPoliticalScience/MiddleEasternStudiespressolaJohn

CabotUniversityaRoma

Isbn97888909499‐5‐1

©IS

PI2

015 

 

  

L’Iran nella geopolitica del Medio Oriente

A seguito della rivoluzione iraniana del 19791 e la successiva istituzione di una Repubblica Islamica2, il ruolo geopolitico dell’Iran nella regione è radicalmente cambiato. Sotto il profilo ideologico, il nuovo Stato iraniano, improntato allo sciismo islamico, ha iniziato a costruire le proprie relazioni internazionali basandosi su una nuova identità politica, caratterizzata da due elementi chiave: l’unità delle forze islamiche sciite e l’anti-imperialismo, entrambi propagati dal leader della rivoluzione, l’ayatollah Ruhollah Khomeini (1901-1989)3.

È stato su questo filone di pensiero che Teheran ha riformulato le sue alleanze nel corso degli anni Ottanta e Novanta. Il risultato di questa nuova linea politica si è evidenziato con la graduale costruzione di un polo di potere sciita in Medio Oriente, poi denominato come il “triangolo sciita”4. Un blocco di potere composto da Teheran, dal gruppo paramilitare degli Hezbollah nel sud del Libano (istituito nel 1982 proprio dietro il sostegno economico e logistico della Repubblica Islamica), dalla fazione alawide al potere in Siria e guidata dagli Assad, e dalla parte sciita irachena concentrata nelle città sante di Najaf, Kerbela e Samera. Questo triangolo ha incrementato gradualmente il suo potere politico nel corso della fine degli anni Novanta e degli anni Duemila. La caduta di Saddam Hussein, a seguito dell’intervento statunitense nel 2003, ha favorito positivamente il rafforzamento di questa coalizione politica sciita. Ciò ha, infatti, permesso

                                                              1 Sulla rivoluzione iraniana del 1979 si vedano: E. Abrahamian, Iran Between Two Revolutions, Princeton, N.J., Princeton University Press, 1982; M. Kamrava, Revolution in Iran: The Roots of Turmoil, London and New York, Routledge, 1990; S.A. Arjomand, The Turban For the Crown: The Islamic Revolution in Iran, New York-Oxford, Oxford University

Press, 1988. 2 Sull’istituzione politica della Repubblica Islamica dell’Iran si vedano A.A. Amid Zanjani,

Nezam-e Siasi va Rahbari dar Eslam (The Islamic State and the Supreme Leader), Tehran:

Islamic Cultural Center, 1378/1999; Q. Khajesarvi, Reqabat-e siasi va sobat-e Siasi dar Jomhuri-ye Eslami-ye Iran (The Political Competition and Political Stability in the Islamic

Republic of Iran), Tehran, Markaz-e Asnad-e Enqelab-e Eslami, 1382/2003;

H.E. Chehabi, “Religion and Politics in Iran: How Theocratic Is the Islamic Republic?”, in

Religion and Politics, vol. 120, n. 3, Summer 1991; A. Keshavarzian, “Contestation without

Democracy: Elite Fragmentation in Iran”, in M. Pripstein Posusney and M. Penner Angrist,

Authoritarianism in the Middle East, Colorado, Lynne Rienner Publishers, 2005, pp. 63-88. 3 Sul pensiero politico dell’ayatollah Khomeini si consultino in generale R.M. Khomeini,

Hokumat-e Eslami (Il Governo Islamico), Roma, Centro culturale islamico europeo, 1983;

R.M. Khomeini, Sahife-ye Nur (I libri illuminati), Teheran, Centro culturale della rivoluzione

islamica, 1980-1982; Islam and Revolution, Writings and Declarations of Imam Khomeini, (Translated and Annotated by Hamid Algar), Berkley, Mizan Press, 1981; Kousar: An anthology of the speeches of Imam Khomeini, Teheran, The Institute for the Compilation and

Publication of the Works of Imam Khomeini, 3 voll., 2002, 4 Sulla teoria del “triangolo sciita” si veda: S.V. Nasr, The Shia Revival: how conflicts within Islam will shape the future, New York, W.W. Norton, Company, 2006.

IlnuovoStatoiraniano,improntatoallosciismoislamico,hainiziatoacostruireleproprierelazioniinternazionalibasandosisuunanuovaidentitàpolitica,caratterizzatadadueelementichiave:l’unitàdelleforzeislamichesciiteel’anti‐imperialismo 

©IS

PI2

015 

 

  

all’Iran d’incrementare la propria influenza in Iraq e di esercitare un ruolo importante nella formazione dei successivi governi iracheni guidati dalla maggioranza sciita. In particolar modo, l’ormai ex premier iracheno, al-Maliki, era legato politicamente a Teheran.

Si potrebbe quindi affermare che dal 2003 al 2010, prima dell’inizio delle c.d. primavere arabe e della crisi siriana, Teheran, in qualità di leader del triangolo sciita, abbia svolto un ruolo chiave nell’equilibrio di potenza in Medio Oriente. Infatti il triangolo sciita non si è limitato ai quattro paesi sopracitati, ma si è impegnato a espandersi e a incrementare la propria influenza in tutte quelle realtà, mediorientali e non, in cui lo sciismo, sia nella sua forma imamita sia in quella zaydita o ismailita, avesse radici politiche o culturali. Un esempio da citare è quello dello Yemen in cui il triangolo sciita5 ha esercitato e, continua a esercitare, un importante influenza, contrapponendosi alle fazioni filo-sunnite che sono sostenute in parte dall’Arabia Saudita e in parte dalla Turchia. Anche l’Afghanistan, in particolare nella sua parte sciita a Herat, è stato sottoposto all’influenza dello sciismo iraniano. Anche i Paesi arabi della sponda sud del Golfo Persico, in particolare il Bahrein e il Kuwait, che hanno un’importante presenza sciita all’interno del tessuto sociale, sono sottoposte all’influenza sciita e rappresentano un rischio per le famiglie sunnite attualmente al potere.

Chiaramente questa strategia politica di esportare l’ideologia sciita nel mondo islamico ha suscitato, dal 1979 fino a oggi, una forte reazione da parte dell’Arabia Saudita che rappresenta il mondo sunnita ortodosso

                                                              5 Vedi Mappa 1.

Sipotrebbequindiaffermarechedal2003al2010,primadell’iniziodelle c.d.primaverearabeedellacrisisiriana,Teheran,inqualitàdileaderdel triangolosciita,abbiasvoltounruolochiavenell’equilibriodipotenzainMedioOriente 

©IS

PI2

015 

 

  

nella regione. In altri termini tra Riad e Teheran è iniziata una guerra fredda già nel 1979 che continua fino ai giorni nostri6.

L’indebolimento di Bashar al-Assad, provocato dalle rivolte in Siria, la caduta del governo filo-iraniano di al-Maliki a Baqdad, il rafforzamento della componente curda nella regione e la nascita del gruppo armato filo-sunnita di Isis ai confini persiani in Iraq, hanno colpito la stabilità politica del fronte sciita, diminuendo anche il potere della Repubblica Islamica nella regione. Teheran, infatti, si trova, da un lato, sottoposta alla pressione occidentale concernente la questione spinosa nucleare e, dall’altro, sta perdendo i pezzi del suo “triangolo sciita”. Pertanto la repubblica islamica si vede di fronte almeno a due scelte strategiche da prendere: la prima consiste in quello di mantenere lo status quo e continuare a investire sul progetto del triangolo sciita, continuando a sostenere Assad, Hezbollah e il fronte sciita iracheno e di conseguenza a continuare la guerra fredda contro Riad. Oppure dovrebbe riposizionarsi strategicamente e diminuire il proprio sostegno verso le componenti sciite. Ciò implicherebbe l’apertura, da parte di Teheran, di una nuova fase di politica estera improntata a una visione più pragmatica in cui l’Iran, oltre a smarcarsi dal triangolo sciita, faccia delle aperture verso il fronte occidentale. La linea intrapresa dal presidente Rouhani sembra entrare in questa direzione.

I colloqui in corso con Washington sul nucleare ne testimoniano l’intento. Tuttavia un ipotetico cambiamento di rotta da parte di Teheran susciterebbe le reazioni dei due giganti russo e cinese, che vogliono mantenere il loro rapporto privilegiato con l’Iran. Pertanto Teheran, considerando anche la contesa in corso tra Mosca e l’Occidente per la questione ucraina, gode, per un breve periodo, di una situazione di privilegio, nel senso che può scegliere se rimanere nell’orbita di Mosca e di Pechino o riaprire verso l’Occidente. Nel caso della seconda scelta il “triangolo sciita” non rimarrà più nella sua attuale forma politica.

Le c.d. primavere arabe, la crisi ucraina, le rivolte in Hong Kong e l'ascesa dell'ISIS, anche se non appaiono connesse direttamente tra di loro e con l’Iran, in realtà potrebbero rappresentare una scintilla capace di innescare una reazione a catena che tocca più dimensioni e più aspetti della politica internazionale. Si sta di fatto assistendo a quella che potrebbe diventare una nuova guerra fredda multipolare ed estesa a livello globale che vede schierati, da un lato, gli Stati Uniti e l'Europa Occidentale e, dall'altro, la Cina e la Russia. Pertanto si tenta di conquistare il più possibile territori amici nel mondo al fine di prepararsi per uno scontro corposo economico -

                                                              6 J. Kostiner, Conflict and Cooperation in the Gulf Region, Verlag Publisher, 2009; S. Mabon,

“Saudi Arabia and Iran: Soft Power Rivalry in the Middle East”, London, I.B. Tauris, 2013;

F.M. Wehrey, Saudi-Iranian relations since the fall of Saddam: rivalry, cooperation, and implications for U.S. policy, Rand Corporation series, Santa Monica, CA, Rand, 2009.

Larepubblicaislamicasivededifrontealmenoaduesceltestrategichedaprendere:laprimaconsisteinquellodimantenerelostatusquoecontinuareainvestiresulprogettodeltriangolosciita,continuandoasostenereAssad,HezbollaheilfrontesciitairachenoediconseguenzaacontinuarelaguerrafreddacontroRiad.Oppuredovrebberiposizionarsistrategicamenteediminuireilpropriosostegnoversolecomponentisciite 

L’Iranèsenz’altrotraipaesichiavesulpianoenergeticonellaregionemediorientale.Ilpaniereenergeticopersianoèinfattiunodeipiùimportantisiasulpianopotenzialecheeffettuale 

©IS

PI2

015 

 

  

finanziario e politico-militare tra i tre giganti egemoni del momento, Washington, Pechino e Mosca. In questo quadro, il Medio Oriente diventa un territorio importante da poter sottoporre alla propria influenza e l'Iran di certo rappresenta un attore regionale chiave al fine di poter influenzare l'intera regionale mediorientale.

L’Iran è senz’altro tra i paesi chiave sul piano energetico nella regione mediorientale. Il paniere energetico persiano è infatti uno dei più importanti sia sul piano potenziale che effettuale. Secondo il BP Statistical Review of World Energy, le riserve di gas naturale dell’Iran nel 2013 sono 33.8 trilioni di metro cubo, mentre la produzione nello stesso anno giunge ai 166.6 milioni di metro cubo, collocando appunto l’Iran tra i Paesi strategicamente rilevanti sul piano energetico, in particolare nel settore del gas naturale.

Primo scenario: l’equilibrio legato allo status quo

Come accennato, a ogni equilibrio corrispondono dei vantaggi e degli svantaggi per gli attori.

A partire dalla fine della Guerra Fredda, la Repubblica Islamica si è posizionata, insieme alla Russia7 e alla Cina, contro il fronte occidentale. L'appoggio offerto da parte di Mosca e di Pechino nei confronti di Teheran si è intensificato soprattutto negli ultimi dieci anni a seguito delle sempre crescenti pressioni dell'Occidente sull’Iran relative alla spinosa questione nucleare. Mosca e Pechino8, in differenti occasioni, si sono avvalsi del proprio diritto di veto, all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, neutralizzando sanzioni contro Teheran promosse dai Paesi occidentali, sia relativamente al nucleare sia in relazione alla violazione dei diritti umani. La Russia, infatti, vede nella repubblica islamica un partner strategico9 in chiave anti-occidentale. Sia sul piano militare sia economico le relazioni tra i due paesi rimangono importanti. Inoltre, in un'ottica di nuova "guerra fredda" contro gli Stati Uniti, nell'area del Caucaso

                                                              7 R.O. Freedman, “Russia and Iran: A Tactical Alliance”, SAIS Review, vol. 17, n. 2, 1997, pp.

93-109. Cit. p. 107: «In looking at the course of Russian-Iranian relations since the collapse of

the Soviet Union, several conclusions can be drawn. First, despite some areas of friction, the

relationship has so far been basically beneficial to both sides. For Russia, Iran is an excellent

arms market, a country where Russia can demonstrate its role in world affairs, and a tactical

ally in curbing Azerbaijan and containing the Taliban. At a time when Russia is militarily

weak and in serious financial crisis, Iran can help Russia defuse crises, such as Tajikistan,

and prevent the United States from dominating the Persian Gulf. For Iran, Russia is a

secure source of arms, a diplomatic ally against US attempts to isolate it, and a tactical ally

in curbing both the aspirations of Azerbaijan and the Taliban in Afghanistan». 8 Sui vantaggi dell’alleanza iraniana con la Cina e la Russia si veda Sanam Vakil,

“Iran:Balancing East against West”, The Washington Quarterly, vol. 29, n. 4, 2006, pp. 51-65. 9 Ibid., pp. 56-58.

L'appoggiooffertodapartediMoscaediPechinoneiconfrontidiTeheransièintensificatosoprattuttonegliultimidiecianniaseguitodellesemprecrescentipressionidell'Occidentesull’Iranrelativeallaspinosaquestionenucleare 

©IS

PI2

015 

 

  

meridionale l'alleanza con l'Iran favorirebbe la Russia nel contenimento della penetrazione statunitense in Georgia e nello stesso Azerbaigian.

Anche Teheran trae vantaggio da quest’alleanza ed è per questa ragione, considerando la sua storica ostilità nei confronti dell'Occidente, è di estremo interesse mantenere un patto solido con il gigante russo.

Lo Stato islamico sciita non gode, come negli anni rivoluzionari, di un forte sostegno popolare e inoltre si trova sotto pressione dell'Occidente per la vicenda legata al nucleare; tutto ciò lo rende vulnerabile, sia nell'ambito della politica estera sia in quella interna, costringendolo a cercarsi alleati esterni importanti in grado di sostenerlo di fronte ad eventuali attacchi occidentali oppure eventuali tentativi di “regime change”, promossi da Washington. Oltretutto la Russia rappresenta il principale fornitore di tecnologie militari dell’Iran. Tuttavia, per garantirsi tale sostegno internazionale, Teheran paga un caro prezzo sul piano economico, sia a Mosca sia a Pechino.

In particolare l’Iran garantisce alla Russia, tramite un accordo tacito, di non entrare in competizione nel mercato del gas naturale diretto verso l'Europa occidentale10. In altri termini, l'Iran, che controlla le seconde riserve di gas naturale al mondo11 dopo la Russia, avrebbe la potenzialità di diventare una rilevante fonte alternativa di gas per i paesi europei, ma rinuncia a un importante mercato di sbocco. Se a oggi tale opportunità non è stata colta è proprio per questo accordo strategico tra Mosca e Teheran. Un eventuale ingresso dell'Iran nel mercato del gas verso l'Occidente, infatti, danneggerebbe seriamente la Russia, riducendone il potere di mercato verso l'Occidente e ne attenuerebbe di conseguenza l’influenza politica anche nell’area mediorientale. Considerando inoltre il ribasso del prezzo del petrolio negli ultimi mesi e il pericolo di un collasso economico iraniano, si nota quanto il costo per l'Iran di non entrare in competizione con la Russia sul fronte dell'esportazione del gas verso l'Europa diventi sempre più alto.

Alla Cina invece l'Iran garantisce una buona parte del suo petrolio in cambio di beni e servizi e non di denaro. A seguito delle sanzioni imposte dall'occidente contro l'Iran, negli ultimi anni, i rapporti economico-commerciali tra Iran e Cina si sono intensificati12.

                                                              10 Lo scorso 29 settembre il presidente iraniano Hassan Rouhani ha incontrato, a margine del

vertice dei paesi del Mar Caspio, il Presidente Vladimir Putin. Durante l’incontro Putin ha

offerto ulteriore appoggio politico a Teheran, sottolineando la disponibilità di Mosca ad

acquistare il petrolio persiano sotto l’embargo statunitense. In cambio il Presidente Rohani

ha alluso al fatto che Teheran non persegue l’obbiettivo di fare competizione alla Russia

nell’esportazione del gas naturale verso l’Europa occidentale.

(http://www.neurope.eu/article/us-eu-sanctions-push-iran-toward-russia-china). 11 Vedi Grafico 1 nella pagine seguente. 12 “US Restrictions on Petrol Imports to Iran Foiled by India and China”, Telegraph, 23

AllaCinainvecel'Irangarantisceunabuonapartedelsuopetrolioincambiodibenieservizienondidenaro.Aseguitodellesanzioniimpostedall'occidentecontrol'Iran,negliultimianni,irapportieconomico‐commercialitraIraneCinasisonointensificati 

©IS

PI2

015 

 

  

L’avvicinamento tra i due paesi asiatici deriva dalla loro comune visione strategica nell’area mediorientale e soprattutto da un interesse economico reciproco. La Cina è il secondo più grande consumatore di petrolio al mondo dopo gli Stati Uniti, mentre l’Iran è uno dei principali produttori ed esportatori petroliferi e negli anni è divenuto per i cinesi uno dei maggiori fornitori di risorse energetiche. Secondo le statistiche pubblicate dalle autorità iraniane la Cina ha importato nell’ultimo anno 555mila e 182 barili di petrolio dall’Iran, incrementando del 33%, rispetto allo scorso anno, le importazioni del petrolio da Teheran13.

Infatti, Pechino è il primo importatore di petrolio nel continente asiatico e l’Iran risulta, dopo Arabia Saudita e Angola, il terzo esportatore di petrolio verso la Cina. I termini di questo scambio commerciale non sono così vantaggiosi così come può apparire, soprattutto, poiché la Cina paga “in natura”, ma l’importazione dei beni e servizi dalla Cina non è della stessa qualità di quella potenzialmente proveniente dagli altri paesi più sviluppati14

Va sottolineato che l’inasprimento delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran, deciso nel febbraio 2012 da una parte della comunità internazionale, ha favorito indirettamente la Cina, in particolar modo sul piano economico15. Dal momento in cui l’esportazione del petrolio verso i                                                                                                                                                 September 2009; “Iran, China Sign Deal to Expand Oil Refineries”, Tehran Times, 2 August

2009, http:// www.tehrantimes.com/index_View.asp?code=200024. 13 http://www.irdiplomacy.ir/fa/page/1932015/ +درصدی36افزايش+ html.+صادرات+نفت+ايران+به+چين+14 Liao, Janet Xuanli, “China's Energy Diplomacy and Its ‘Peaceful Rise’ Ambition: The

Cases of Sudan and Iran”, Asian Journal of Peacebuilding, vol. 1, n. 2, Novembre 2013, pp.

197-225, E. Downs, S. Maloney, “Getting China to Sanction Iran: The Chinese-Iranian Oil

Connection”, Foreign Affairs, vol. 90, n. 2, marzo/aprile 2011, pp. 15-21. 15 Vedi grafico 2 nella pag. seguente.

Vasottolineatochel’inasprimentodellesanzionieconomicheneiconfrontidell’Iran,decisonelfebbraio2012daunapartedellacomunitàinternazionale,hafavoritoindirettamentelaCina,inparticolarmodosulpianoeconomico.Dalmomentoincuil’esportazionedelpetrolioversoipaesioccidentalihasubitounfortecalo,èstatapropriolaCinaaconseguirenegliultimidueanniunaposizionediprivilegiocomepartnercommercialeiraniano 

©IS

PI2

015 

 

  

paesi occidentali ha subito un forte calo, è stata proprio la Cina a conseguire negli ultimi due anni una posizione di privilegio come partner commerciale iraniano. Così da un lato la Cina ha avuto un accesso quasi monopolistico al petrolio iraniano. Dall’altro, invece, le limitazioni bancarie dovute alle sanzioni contro Teheran che rendono i trasferimenti di valuta, i pagamenti e altre operazioni finanziarie quasi impossibili, ha offerto la possibilità a Pechino di pagare una buona parte del petrolio importato dall’Iran con beni, servizi e investimenti. Pertanto sebbene l’ammontare del commercio tra i due paesi nel 2012, a seguito delle nuove sanzioni, sia calato dai 45 miliardi del 2011 ai 37 miliardi attuali, la Cina ha avuto comunque importanti vantaggi dalle sanzioni, andando a sostituire il denaro che avrebbe dovuto pagare per l’energia con la esportazioni di beni – spesso di seconda o terza scelta –, servizi o investimenti sul posto. Per esempio nel settore degli impianti petroliferi, nelle costruzioni autostradali e nella costruzione di dighe, la Cina è intervenuta anche in qualità d’investitore in Iran16.

Pertanto, se dovesse persistere lo status quo, la Russia e la Cina sarebbero entrambe soddisfatte. Mosca manterrebbe la propria posizione di forza nel settore energetico nei confronti dell’Europa e la Cina continuerebbe ad avvantaggiarsi, quasi in modo monopolistico, dall’energia iraniana. Il fronte occidentale, viceversa, sia nella sua anima europea sia in quella statunitense, continuerebbe a subire gli svantaggi, sia sul piano geopolitico sia economico, legati al perdurare di questo equilibrio. La stessa Ucraina si vedrebbe ridurre i margini di manovra e di negoziato in relazione al suo obbiettivo di raggiungere un’effettiva indipendenza e autonomia da Mosca.

                                                              16 Ibidem.

©IS

PI2

015 

 

  

D’altro canto, i vantaggi per l’Iran del mantenimento dello status quo sono controbilanciati da ulteriori costi economici e politici oltre a quelli già segnalati. In primo luogo, il mantenimento di questo equilibrio precluderebbe un pieno riconoscimento del paese nella veste di potenza nucleare, perdendo i benefici di prestigio, di sicurezza ed economici connessi a tale ruolo. Un altro costo economico concerne il mancato ingresso nel WTO. Infatti il mantenimento di questi partner economici fa perdere l’opportunità di entrare nei mercati ricchi ed estesi dell’Occidente. Inoltre, continuerebbe a mancare l’aiuto potenziale di importanti istituzioni economiche internazionali, soprattutto finanziarie, quali il FMI e la Banca Mondiale. Infine c’è un costo in termini di opportunità geopolitiche. In altre parole, il ruolo di potenza regionale dell’Iran è in qualche modo sminuito per il fatto che una parte degli attori regionali dell’area, quali l’Arabia Saudita, Turchia e Pakistan, sono alleati degli Stati Uniti. Quindi, il peso regionale dell’Iran si esprime prevalentemente come potere di ricatto e di veto e non in positivo come potere d’influenza capace d’innescare dinamiche cooperative.

Sul versante opposto, le ricadute negative, continuerebbero a colpire l’Occidente e i suoi alleati. In primo luogo, si manterrebbe l’alto grado di tensione internazionale nel Medio Oriente in zone strategiche quali il Golfo Persico e il Mar Caspio, precludendo anche la possibilità di risolvere i conflitti che affliggono l’area mediorientale. Dal punto di vista economico, invece, continuerebbe a mancare un’opportunità di abbondanti riserve energetiche alternative quali quelle garantite dal petrolio e dal gas iraniano. Così come si perderebbero opportunità di scambi commerciali e finanziari altamente remunerativi.

Secondo scenario: un potenziale nuovo equilibrio

L'attuale crisi in Ucraina, insieme al nuovo ruolo della Russia come grande potenza regionale, offrirebbe all’Iran, la possibilità di configurare un nuovo equilibrio che, come il primo, presenta sia rischi sia opportunità. Va premesso, tuttavia, che un tale nuovo equilibrio difficilmente potrebbe reggere a lungo se permangono immutati i connotati ideologici di base del regime iraniano. Questa svolta, anche se si verificasse, potrebbe rivelarsi quindi più congiunturale e tattica che strategica. In ogni caso, un’analisi degli effetti potenziali di questo nuovo equilibrio può essere interessante anche perché da esso potrebbero nascere dinamiche in grado di mutare radicalmente, oltre che il contesto internazionale, anche gli assetti interni della politica iraniana, con conseguenze di lungo periodo.

Ilruolodipotenzaregionaledell’Iranèinqualchemodosminuitoperilfattocheunapartedegliattoriregionalidell’area,qualil’ArabiaSaudita,TurchiaePakistan,sonoalleatidegliStatiUniti.Quindiilpesoregionaledell’Iransiesprimeprevalentementecomepoterediricattoedivetoenoninpositivocomepotered’influenzacapaced’innescaredinamichecooperative 

10 

©IS

PI2

015 

 

  

Il nuovo equilibrio si configurerebbe in questi termini. Un’eventuale distensione nei rapporti tra Stati Uniti e Iran17 in relazione alla soluzione della questione nucleare18 avrebbe ricadute anche sui rapporti economici e commerciali con, in primo piano, la fornitura di risorse energetiche ai paesi occidentali, in particolare europei. In questo caso, l’Iran potrebbe diventare uno dei principali fornitori di gas per l’Europa in alternativa o, parziale sostituzione, di quelle provenienti dalla Russia e da altri paesi.

Cominciando dalle opportunità si possono elencare alcune importanti ricadute. Innanzitutto, in qualità di secondo produttore di gas naturale dopo la Russia, l’Iran potrebbe diventare un attore politico ancor più importante all’interno dello scacchiere internazionale.

Un disgelo con gli Stati Uniti potrebbe assicurare all’Iran il ruolo di potenza nucleare con tutti i benefici connessi in termini d’immagine e di potere. Più in generale, potremmo assistere ad una ricomposizione del sistema di alleanze, sancendo quasi un ritorno alla situazione pre-rivoluzionaria. Più nel dettaglio, il riavvicinamento degli Stati Uniti potrebbe comportare a cascata un riavvicinamento con attori, al momento ostili o distanti, quali Israele ed Egitto.

Sul piano economico le ricadute sarebbero altrettanto significative. Innanzitutto, l’Iran, come già accennato, potrebbe diventare un fornitore di risorse energetiche alternativo a quelli esistenti verso l’Europa e non solo con evidenti benefici sul piano della bilancia commerciale e del benessere complessivo della sua popolazione. Ciò varrebbe in primo luogo per quel che riguarda il gas naturale. Infatti le riserve provate persiane sono stimate al momento in circa 33.200 Gmc, pari al 17% del totale mondiale19.

La possibilità di sostituire almeno una parte delle importazioni del gas proveniente dalla Russia tramite l’Iran porterebbe gli attori occidentali ad essere più interessati a nuove aperture verso Teheran, contribuendo così ad un più marcato disgelo tra Occidente e quest’ultima. Tuttavia per realizzarsi questa opportunità richiederebbe la soluzione di importanti problemi logistici e geopolitici legati al trasporto del gas.

Un ipotetico gasdotto persiano, infatti, potrebbe raggiungere il territorio europeo passando da tre vie: la prima, che sarebbe probabilmente più funzionale sul piano tecnico, ma meno probabile sul piano geopolitico,

                                                              17 S. Abbasadi, “Iran-United States Strategic Relations”, International Journal of Research in Social Sciences, vol. 3, n. 2, maggio 2013, pp. 1-16. 18 Sulla questione nucleare iraniana si consulti G. Bahgat, “Nuclear Proliferation: The

Islamic Republic of Iran”, Iranian Studies, vol. 39, n. 3, settembre 2006, pp. 307-327; C. Kahl,

H. Waltz, N. Kenneth, “Iran and the Bomb: Would a Nuclear Iran Make the Middle East

More Secure?/Waltz Replies”, Foreign Affairs, vol. 91, n. 5, settembre/ottobre 2012, pp.

157-162. 19 Energy International Agency (EIA), “Iran”, Country Profile, versione del 22 Luglio 2014.

Un’eventualedistensioneneirapportitraStatiUnitieIraninrelazioneallasoluzionedellaquestionenucleareavrebbericaduteanchesuirapportieconomiciecommercialicon,inprimopiano,lafornituradirisorseenergeticheaipaesioccidentali,inparticolareeuropei.Inquestocaso,l’Iranpotrebbediventareunodeiprincipalifornitoridigasperl’Europainalternativao,parzialesostituzione,diquelleprovenientidallaRussiaedaaltripaesi 

11 

©IS

PI2

015 

 

  

sarebbe quella di attraversare la Turchia per poi raggiungere la Bulgaria e poi arrivare in Europa occidentale. Un’opzione questa, almeno al momento poco probabile, perché ad Ankara una eventuale apertura dell'Iran verso l'Occidente non gioverebbe sul piano strategico. Sin dal 1979, con la caduta dello Shah, è stata la Turchia a guadagnarsi il ruolo di ponte tra Occidente e Medio Oriente sostituendo l'Iran in questo importante ruolo geopolitico. Pertanto alla Turchia converrebbe mantenere un Iran più isolato e non aperto verso l’Occidente. Un eventuale gasdotto che connettesse il territorio persiano a quello europeo, non avrebbe effetti solo sul piano economico ma anche politico: la perdita da parte della Turchia appunto di quella sorta di monopolio nella funzione di mediazione tra Oriente e Occidente, acquisita in questi ultimi decenni.

Tuttavia va sottolineato che di fronte alla Turchia si aprirebbe anche l’opportunità di sfruttare l’occasione di diventare tramite unico del transito di gas alternativo a quello russo. Aggiungendo al gas del Caspio anche quello iraniano e quello del Bacino del Levante, la Turchia avrebbe il controllo di buona parte della diversificazione dell’approvvigionamento europeo.

Una seconda possibile via potrebbe raggiungere il territorio europeo, attraversando Armenia, Georgia e Ucraina per poi arrivare in Europa centrale e occidentale. Tuttavia in questo percorso, molto probabilmente, il gasdotto dovrebbe passare, almeno per alcuni chilometri, per la Crimea e/o per il territorio russo e ciò potrebbe essere problematico. D’altro canto se il gas iraniano riuscisse a raggiungere l'Europa tramite l'Ucraina, ciò oltre a dare più forza a Teheran, incrementerebbe, di fatto, il peso politico della stessa Ucraina in qualità di territorio strategico, posizionato in una zona intermedia tra il versante orientale e quello occidentale.

Se queste due vie si dovessero rivelare impraticabili, si potrebbe ricorrere a un’alternativa via mare, utilizzando grandi navi cisterne che partono dal Golfo Persico per arrivare poi al Mar mediterraneo o eventualmente nei terminali di rigassificazione di altri clienti in ogni parte del mondo, a cominciare dall’Asia orientale.

L’arrivo del gas iraniano offrirebbe agli Stati Membri dell’Unione Europea una maggiore emancipazione rispetto al gas russo, e li renderebbe più indipendenti per quel che riguarda la politica da adottare nei confronti di Mosca. In altre parole, paradossalmente la crisi di Ucraina potrebbe accelerare non solo lo scongelamento tra Teheran e l’Europa, ma potrebbe costituire il viatico per raggiungere un maggior grado di sicurezza energetica.

Le conseguenze negative di questo secondo scenario potrebbero però essere significative sia per l’Iran sia per i paesi occidentali. In primo luogo si potrebbero inasprire i rapporti tra l’Iran e le potenze regionali vicine quali la Turchia, l’Arabia Saudita, il Pakistan e l’Azerbaigian. Ciò, a sua volta, potrebbe avere ripercussioni negative per

Uneventualegasdottocheconnettesseilterritoriopersianoaquelloeuropeo,nonavrebbeeffettisolosulpianoeconomicomaanchepolitico:laperditadapartedellaTurchiaappuntodiquellasortadimonopolionellafunzionedimediazionetraOrienteeOccidente,acquisitainquestiultimidecenni 

L’arrivodelgasiranianooffrirebbeagliStatiMembridell’UnioneEuropeaunamaggioreemancipazionerispettoalgasrusso,elirenderebbepiùindipendentiperquelcheriguardalapoliticadaadottareneiconfrontidiMosca.Inaltreparole,paradossalmentelacrisidiUcrainapotrebbeaccelerarenonsololoscongelamentotraTeheranel’Europa,mapotrebbecostituireilviaticoperraggiungereunmaggiorgradodisicurezzaenergetica 

12 

©IS

PI2

015 

 

  

gli Stati Uniti e i suoi alleati in quanto queste stesse potenze sono, nella maggior parte dei casi, alleate del fronte occidentale. Quindi, a una distensione dei rapporti con un acerrimo rivale, farebbe da contraltare un inasprimento del clima politico con gli alleati tradizionali.

Un altro problema potrebbe derivare dalle reazioni russe e cinesi. La Russia20, perdendo più influenza sul piano energetico, potrebbe, a mo’ di ritorsione, infliggere costi su altri fronti in cui si trova in una situazione di confronto con il fronte occidentale. Per esempio un primo territorio in cui la lunga mano russa potrebbe muoversi con più incisività potrebbe essere la Siria, paese in cui Mosca si trova impegnato, contro le forze politiche sostenute dagli Stati Uniti. Damasco è infatti uno dei principali luoghi strategici mediorientali in cui Mosca esercita una notevole influenza. Il governo russo detiene tuttora le prorpie basi militari a Tartus in Siria e continua a considerare la Siria di Assad come un alleato importante attravreso cui mantenere la propria influenza in Medio Oriente.

Una seconda conseguenza di un riavvicinamento di Teheran nei confronti dell’Occidente potrebbe essere la reazione cinese. Pechino, infatti, sarebbe uno degli attori più avvantaggiati, sul piano economico, dall’allontanamento di Teheran dall’Occidente e dalle sanzioni isolanti contro l’Iran. Sul piano politico, il risultato sarebbe una minore collaborazione cinese nella gestione della tensione regionale mediorientale. Sul piano della sicurezza, l’allentamento dei rapporti con questi due grandi paesi potrebbe provocare un mancato rifornimento di mezzi militari non adeguatamente compensato da fornitori alternativi. Evidentemente quest’ultimo costo rende poco razionale una posizione intermedia dell’Iran, o una svolta solo parziale della sua politica estera. Per non perdere in termini di sicurezza, in altre parole, l’Iran dovrebbe stringere un reale rapporto di alleanza politica e militare con il campo occidentale. Solo in questo caso potrebbe acquisire un ruolo di attore regionale a tutto campo, come la storia e la sua posizione peraltro giustificherebbero21.

                                                              20 K. Oskarsson, S.A. Yetiv, “Russia and the Persian Gulf: Trade, Energy, and

Interdependence”, The Middle East Journal, vol. 67, n. 3, 2013, pp. 381-403. Cit. in p. 386:

«Iran has been Russia’s main trading partner in the Persian Gulf. The two countries share a

multibillion-dollar trade relationship, and Russia developed the Bushehr nuclear power

plant with a price tag of $1.2 billion. Russia has been reluctant to stop this cooperation,

despite Western pressure, partly because it recognizes that other countries might usurp its

role in Iran, and because engaging Iran may increase Moscow’s chances of winning nuclear

power contracts from Third World countries». 21 Si consulti R. Cohen, Un compromesso con l’Iran può cambiare l’ordine mondiale (trad. it.

E. Del Sero), Corriere della Sera, 31 dicembre 2013.

Pernonperdereinterminidisicurezza,inaltreparole,l’Irandovrebbestringereunrealerapportodialleanzapoliticaemilitareconilcampooccidentale.Soloinquestocasopotrebbeacquisireunruolodiattoreregionaleatuttocampo,comelastoriaelasuaposizioneperaltrogiustificherebbero

sipotrebberoinasprireirapportitral’IranelepotenzeregionalivicinequalilaTurchia,l’ArabiaSaudita,ilPakistanel’Azerbaigian.Ciò,asuavolta,potrebbeavereripercussioninegativepergliStatiUnitieisuoialleatiinquantoquestestessepotenzesono,nellamaggiorpartedeicasi,alleatedelfronteoccidentale

13 

©IS

PI2

015 

 

  

Conclusione: la variabile energetica e la prospettiva politica dell’Iran

Un’ulteriore ricaduta di questo ipotetico nuovo equilibrio travalica il mero calcolo costi benefici per il regime iraniano. Una ricaduta che, in qualche modo, concerne i destini del popolo iraniano e in prospettiva anche quello del sistema internazionale. Particolarmente rilevanti sarebbero le possibili conseguenze interne di questa svolta. Sarebbe da valutare, per esempio, l’effetto di un allentamento delle sanzioni internazionali sulla stabilità del regime; così come sarebbe da considerare l’influenza politica e culturale di una maggiore integrazione con il resto del mondo. Sarebbero infine da valutare gli effetti politici di una maggiore partecipazione dell’Iran nell’ambito della globalizzazione economica.

Questi possibili effetti rappresentano forse l’incognita più importante legata al secondo scenario analizzato in questo capitolo. Tale incognita potrebbe, da un lato, inquietare i reggitori del regime, ma, dall’altro, sollevare aspettative e speranza sia della società civile iraniana sia di una buona parte della comunità internazionale. In ultima analisi questo ipotetico cambiamento geopolitico potrebbe favorire un vero e proprio “regime change”.

Oltretutto questa eventuale trasformazione in senso democratico dell’Iran, potrebbe non solo realizzare compiutamente questo nuovo equilibrio, ma renderlo anche più stabile e duraturo. Solo un assetto democratico, infatti, può garantire una piena integrazione di un paese nel sistema di alleanze occidentale. Pertanto, fino a quando l’Iran, sul piano geopolitico e delle relazioni internazionali, si esprime come uno Stato islamico, sia che questo venga governato da presidenti filo-conservatori quali l’ex Presidente Mahmoud Ahmadinejad (2005-2013) sia da governi filo-riformisti, come quello dell’ex Presidente Seyyed Mohammad Khatami (1997-2005), e/o quello attualmente in carica del filo-moderato Hassan Rohani, sarà più probabile che il primo scenario, esaminato in questo capitolo, persista. Mentre, considerando come una buona parte della società civile iraniana sia giovane (circa 50 milioni sono sotto i 35 anni su una popolazione di 70 milioni) e progressista con un’impronta laica e democratica, si potrebbe sostenere che in un ipotetico Iran post-repubblica islamica, la realizzazione del secondo scenario, qui proiettato, sarebbe invece molto più realistico. Di certo la questione energetica rappresenta una nuova variabile rilevante che potrebbe influenzare, nei prossimi 10 anni, gli equilibri politici dell’Iran sia sul piano della politica interna sia sotto il profilo della politica estera.