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GALLURA Periodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927 & NGLONA N. 8 - Anno XXI - 30 settembre 2013 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - 1,00 OMELIA DEL SANTO PADRE Gianni Sini A nche chi non ha avuto la fortuna di in- crociare con i suoi occhi lo sguardo di Pa- pa Francesco nel piazzale antistante il santuario di N.S. di Bonaria, ha potuto seguire in diretta i vari momenti della giornata intensa del pontefice in Sardegna. L’apertura dell’omelia in lingua sarda “Sa paghe ‘e Nostru Segnore siat sem- pre chin bois“ ha sorpreso tutti e ha infiammato i cuori. Il papa rivolto ai 400.000 fedeli pellegrini accorsi da tutta l’isola ha detto: “Oggi si realizza quel desiderio che avevo annunciato in Piazza San Pietro, prima dell’estate, di poter visitare il Santuario di Nostra Signora di Bonaria”. “Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni della vostra Isola, e per confermarvi nella fede. Anche qui a Cagliari, come in tutta la Sardegna, non manca- no difficoltà, - ce ne sono tante - problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, alla man- canza del lavoro e alla sua precarietà, e quindi al- l’incertezza per il futuro. La Sardegna, questa vo- stra bella Regione, soffre da lungo tempo molte situazioni di povertà, accentuate anche dalla sua condizione insulare. E’ necessaria la collabora- zione leale di tutti, con l’impegno dei responsa- bili delle istituzioni - anche la Chiesa - per assi- curare alle persone e alle famiglie i diritti fonda- mentali, e far crescere una società più fraterna e solidale. Assicurare il diritto al lavoro, il diritto a portare pane a casa, pane guadagnato col lavo- ro! Vi sono vicino! Vi sono vicino, vi ricordo nel- la preghiera, e vi incoraggio a perseverare nella testimonianza dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della popolazione. Mante- nete sempre accesa la luce della speranza! Sono venuto in mezzo a voi per mettermi con voi ai piedi della Madonna che ci dona il suo Figlio. So bene che Maria, nostra Madre, è nel vostro cuo- re, come testimonia questo Santuario, dove mol- te generazioni di Sardi sono salite – e continue- ranno a salire! – per invocare la protezione della Madonna di Bonaria, Patrona Massima dell’Isola. Qui voi portate le gioie e le sofferenze di questa terra, delle sue famiglie, e anche di quei figli che vivono lontani, spesso partiti con grande dolore e nostalgia per cercare un lavoro e un futuro per sé e per i loro cari. Oggi, noi tutti qui riuniti, vo- gliamo ringraziare Maria perché ci è sempre vici- na, vogliamo rinnovare a Lei la nostra fiducia e il nostro amore“. Il papa ha quindi commentato le letture ed il vangelo di Giovanni 19,25-27 dove Gesù affida Maria sua madre all’apostolo Gio- vanni. In Giovanni ci siamo tutti, anche noi, e lo sguardo di amore di Gesù ci affida alla custodia materna della Madre. Ha sviluppato un terzo pensiero: “oggi sono venuto in mezzo a voi, anzi siamo venuti tutti insieme per incontrare lo sguardo di Maria, perché lì è come riflesso lo sguardo del Padre, che la fece Madre di Dio, e lo sguardo del Figlio dalla croce, che la fece Madre nostra. E con quello sguardo oggi Maria ci guar- da. Abbiamo bisogno del suo sguardo di tene- rezza, del suo sguardo materno che ci conosce meglio che chiunque altro, del suo sguardo pie- no di compassione e di cura“. Il papa ha prose- guito: “Nel cammino, spesso difficile, non siamo soli, siamo in tanti, siamo un popolo, e lo sguar- do della Madonna ci aiuta a guardarci tra noi in modo fraterno. Guardiamoci in modo più frater- no! Maria ci insegna ad avere quello sguardo che cerca di accogliere, di accompagnare, di proteg- gere. Impariamo a guardarci gli uni gli altri sotto lo sguardo materno di Maria! Ci sono persone che istintivamente consideriamo di meno e che invece ne hanno più bisogno: i più abbandonati, i malati, coloro che non hanno di che vivere, co- loro che non conoscono Gesù, i giovani che so- no in difficoltà, i giovani che non trovano lavo- ro“. Il papa ha invitato ad affidarci alla protezio- ne materna di Maria perché nessuno si frappon- ga tra noi e lo sguardo della Madonna e lei sap- pia difendere il nostro cuore di figli da tanti pa- rolai che promettono illusioni; da coloro che han- no uno sguardo avido di vita facile, di promesse che non si possono compiere. Non ci rubino lo sguardo di Maria, che è pieno di tenerezza, che ci dà forza, che ci rende solidali tra noi. Tutti di- ciamo: Madre, donaci il tuo sguardo! Madre, do- naci il tuo sguardo! Madre, donaci il tuo sguardo! Così come aveva iniziato, papa Francesco ha vo- luto concludere in lingua sarda: “Nostra Segnora ‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida“. In data 8 Settembre S. E. Monsignor Vescovo ha emanato i seguenti decreti di nomina. Don Sandro SERRERI è stato nominato par- roco della Parrocchia “S. Francesco D’Assisi” in AGLIENTU, con introduzione nell’ufficio in data 14 settembre 2013. Con nomina in pari data e con decorrenza dal 1 ottobre 2013 gli è stato pure conferito l’ufficio di Cancelliere Diocesano. Don Alessandro COSSU è stato nominato parroco della Parrocchia “San Giuseppe” in GOLFO ARANCI, con introduzione nell’ufficio in data 19 settembre 2013. Padre Paolo CIRINA ofm.conv., è stato no- minato Amministratore Parrocchiale della Parrocchia “San Giuseppe” in Tempio Pausa- nia, con introduzione nell’ufficio in data 15 settembre 2013. Don Pier Giovanni SCANO, che ha ricoper- to sinora l’ufficio di Cancelliere Diocesano, è stato nominato Cancelliere Diocesano Ag- giunto, con decorrenza dal 1 ottobre 2013. Il diacono don Roberto SPANO, è stato no- minato collaboratore della parrocchia “B.V. di Pompei” in VIDDALBA. Precedentemente, in data 1 luglio 2013, S.E. Monsignor Vescovo aveva nominato don An- tonello TUMMINELLO, vicario cooperato- re della Parrocchia “S. Maria Maddalena” in LA MADDALENA. Prendete il largo e calate le reti, giovani di Sardegna COMUNICATO della CURIA

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GALLURAPeriodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927

& NGLONAN. 8 - Anno XXI - 30 settembre 2013 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - €1,00

OMELIA DEL SANTO PADRE Gianni Sini

Anche chi non ha avuto la fortuna di in-crociare con i suoi occhi lo sguardo di Pa-pa Francesco nel piazzale antistante il

santuario di N.S. di Bonaria, ha potuto seguire indiretta i vari momenti della giornata intensa delpontefice in Sardegna. L’apertura dell’omelia inlingua sarda “Sa paghe ‘e Nostru Segnore siat sem-pre chin bois“ ha sorpreso tutti e ha infiammato icuori. Il papa rivolto ai 400.000 fedeli pellegriniaccorsi da tutta l’isola ha detto: “Oggi si realizzaquel desiderio che avevo annunciato in PiazzaSan Pietro, prima dell’estate, di poter visitare ilSantuario di Nostra Signora di Bonaria”. “Sonovenuto per condividere con voi gioie e speranze,fatiche e impegni, ideali e aspirazioni della vostraIsola, e per confermarvi nella fede. Anche qui aCagliari, come in tutta la Sardegna, non manca-no difficoltà, - ce ne sono tante - problemi epreoccupazioni: penso, in particolare, alla man-canza del lavoro e alla sua precarietà, e quindi al-l’incertezza per il futuro. La Sardegna, questa vo-stra bella Regione, soffre da lungo tempo moltesituazioni di povertà, accentuate anche dalla suacondizione insulare. E’ necessaria la collabora-zione leale di tutti, con l’impegno dei responsa-bili delle istituzioni - anche la Chiesa - per assi-curare alle persone e alle famiglie i diritti fonda-mentali, e far crescere una società più fraterna esolidale. Assicurare il diritto al lavoro, il diritto aportare pane a casa, pane guadagnato col lavo-ro! Vi sono vicino! Vi sono vicino, vi ricordo nel-la preghiera, e vi incoraggio a perseverare nellatestimonianza dei valori umani e cristiani cosìprofondamente radicati nella fede e nella storiadi questo territorio e della popolazione. Mante-nete sempre accesa la luce della speranza! Sonovenuto in mezzo a voi per mettermi con voi aipiedi della Madonna che ci dona il suo Figlio. Sobene che Maria, nostra Madre, è nel vostro cuo-re, come testimonia questo Santuario, dove mol-te generazioni di Sardi sono salite – e continue-ranno a salire! – per invocare la protezione dellaMadonna di Bonaria, Patrona Massima dell’Isola.Qui voi portate le gioie e le sofferenze di questaterra, delle sue famiglie, e anche di quei figli chevivono lontani, spesso partiti con grande doloree nostalgia per cercare un lavoro e un futuro per

sé e per i loro cari. Oggi, noi tutti qui riuniti, vo-gliamo ringraziare Maria perché ci è sempre vici-na, vogliamo rinnovare a Lei la nostra fiducia e ilnostro amore“. Il papa ha quindi commentato leletture ed il vangelo di Giovanni 19,25-27 doveGesù affida Maria sua madre all’apostolo Gio-vanni. In Giovanni ci siamo tutti, anche noi, e losguardo di amore di Gesù ci affida alla custodiamaterna della Madre. Ha sviluppato un terzopensiero: “oggi sono venuto in mezzo a voi, anzisiamo venuti tutti insieme per incontrare losguardo di Maria, perché lì è come riflesso lo

sguardo del Padre, che la fece Madre di Dio, e losguardo del Figlio dalla croce, che la fece Madrenostra. E con quello sguardo oggi Maria ci guar-da. Abbiamo bisogno del suo sguardo di tene-rezza, del suo sguardo materno che ci conoscemeglio che chiunque altro, del suo sguardo pie-no di compassione e di cura“. Il papa ha prose-guito: “Nel cammino, spesso difficile, non siamosoli, siamo in tanti, siamo un popolo, e lo sguar-do della Madonna ci aiuta a guardarci tra noi inmodo fraterno. Guardiamoci in modo più frater-no! Maria ci insegna ad avere quello sguardo checerca di accogliere, di accompagnare, di proteg-gere. Impariamo a guardarci gli uni gli altri sottolo sguardo materno di Maria! Ci sono personeche istintivamente consideriamo di meno e cheinvece ne hanno più bisogno: i più abbandonati,i malati, coloro che non hanno di che vivere, co-loro che non conoscono Gesù, i giovani che so-no in difficoltà, i giovani che non trovano lavo-ro“. Il papa ha invitato ad affidarci alla protezio-ne materna di Maria perché nessuno si frappon-ga tra noi e lo sguardo della Madonna e lei sap-pia difendere il nostro cuore di figli da tanti pa-rolai che promettono illusioni; da coloro che han-no uno sguardo avido di vita facile, di promesseche non si possono compiere. Non ci rubino losguardo di Maria, che è pieno di tenerezza, checi dà forza, che ci rende solidali tra noi. Tutti di-ciamo: Madre, donaci il tuo sguardo! Madre, do-naci il tuo sguardo! Madre, donaci il tuo sguardo!Così come aveva iniziato, papa Francesco ha vo-luto concludere in lingua sarda: “Nostra Segnora‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida“.

In data 8 Settembre S. E. Monsignor Vescovoha emanato i seguenti decreti di nomina.

Don Sandro SERRERI è stato nominato par-roco della Parrocchia “S. Francesco D’Assisi”in AGLIENTU, con introduzione nell’ufficio indata 14 settembre 2013. Con nomina in paridata e con decorrenza dal 1 ottobre 2013 gli èstato pure conferito l’ufficio di CancelliereDiocesano.

Don Alessandro COSSU è stato nominatoparroco della Parrocchia “San Giuseppe” inGOLFO ARANCI, con introduzione nell’ufficioin data 19 settembre 2013.

Padre Paolo CIRINA ofm.conv., è stato no-minato Amministratore Parrocchiale della

Parrocchia “San Giuseppe” in Tempio Pausa-nia, con introduzione nell’ufficio in data 15settembre 2013.

Don Pier Giovanni SCANO, che ha ricoper-to sinora l’ufficio di Cancelliere Diocesano, èstato nominato Cancelliere Diocesano Ag-giunto, con decorrenza dal 1 ottobre 2013.

Il diacono don Roberto SPANO, è stato no-minato collaboratore della parrocchia “B.V.di Pompei” in VIDDALBA.

Precedentemente, in data 1 luglio 2013, S.E.Monsignor Vescovo aveva nominato don An-tonello TUMMINELLO, vicario cooperato-re della Parrocchia “S. Maria Maddalena” inLA MADDALENA.

Prendete il largo e calate le reti,

giovani di Sardegna

COMUNICATO della CURIA

Nuova Serie

Aut. Trib. Tempio Pausania n. 4del 21-12-1960

Proprietà:Diocesi di

Tempio-Ampurias

AmministratoriGavino Fancellu

Direttore responsabile:don Giovanni Sini

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Redazione:Franco Fresi

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Questo numero di Gallura & Anglonaè stato consegnato alle Poste, per la

spedizione, il 30 settembre 2013.

GALLURAANGLONA& Anno XXI

n. 8

30 settembre

2013

v i s i t a ad ass is i

Maria Chiara Biagioni

Idisabili e gli ammalati, i poveri, il clero, i con-sacrati e i membri dei consigli pastorali, i giova-ni umbri. Queste alcune delle tappe della visita

pastorale che Papa Francesco compirà ad Assisi ilprossimo 4 ottobre. A presentare il programma, adAssisi, nella “Sala della spoliazione” nella quale SanFrancesco si tolse gli abiti facendo la scelta dellapovertà, è stato il vescovo della diocesi che ospite-rà il Papa, monsignor Domenico Sorrentino. Al suofianco monsignor Gualtiero Bassetti, arcivescovo diPerugia e presidente della Conferenza episcopaleumbra, il sindaco di Assisi Claudio Ricci e il custo-de del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gam-betti. Intenso il programma della visita, che si con-centra in una giornata (con partenza alle 7 di mat-tina e ritorno in Vaticano alle 20) e prevede, oltre a6 discorsi del Santo Padre, un suo pellegrinaggiocon visite private ai luoghi francescani: dalle chie-se di San Damiano e Santa Maria Maggiore allatomba di San Francesco, dall’Eremo delle Carcerialla basilica di Santa Chiara (con la venerazione delcorpo della Santa e la preghiera silenziosa davantial crocifisso di San Damiano), dalla preghiera nellaPorziuncola alla visita al santuario di Rivotorto. Mala prima novità sta proprio nella presentazione delprogramma, che la prefettura della Casa pontificiaha consegnato a monsignor Domenico Sorrenti-no dicendogli “in maniera esplicita di presentarlo

in quest’occasione”,ha riferito il presule.“Questa scelta – adavviso di Sorrentino -ha a che fare con lostile che questa visitadel Papa vuole ave-re”. Le varie tappedel viaggio racchiudono “un messaggio, che si co-glie riprendendo i testi e la vita di San Francesco”.“Voglio spiegare come la Chiesa si deve spogliare”,avrebbe detto Papa Francesco al vescovo di Assisiin occasione del loro incontro, e questa sarà lachiave di lettura della visita di un Papa che “vuolemettersi sulle orme di Francesco”. “Per lui - ha ag-giunto monsignor Gualtiero Bassetti - Assisi è ilpaese dell’anima”, al quale si è voluto legare fin dalnome scelto. E, dopo questo viaggio, nulla sarà co-me prima. “Quel giorno - ha affermato il sindaco,Claudio Ricci - sarà per tutti noi l’occasione perraccogliere dalle parole del Papa una nuova verità”.Lui - è convinto il primo cittadino - proporrà “unanuova prospettiva che dovremo poi dimostrare coni nostri atteggiamenti”. Andando a sfogliare le quat-tro pagine del programma, ciò che balza subito agliocchi è che “i poveri e i malati sono veramente iprivilegiati in questo pellegrinaggio del Papa”, haprecisato il presidente dei vescovi umbri. Accompa-gnato nella visita dai “cardinali prescelti per consi-gliarlo nel governo della Chiesa universale”, Papa

Francesco giungerà nelcapoluogo umbro in eli-cottero e il suo primo ge-sto sarà la visita ai bambi-ni disabili e ammalatiospiti dell’Istituto Seraficodi Assisi, centro di riabili-tazione che accoglie ra-gazzi e ragazze con gravidisabilità fisiche e menta-li. In vescovado, nella Sa-la della spoliazione, in-contrerà quindi i poveriassistiti dalla Caritas, con iquali poi si fermerà apranzo nel centro di pri-ma accoglienza di SantaMaria degli Angeli, ac-compagnato dal vescovolocale. Solo dopo questidue incontri papa France-sco si recherà al SacroConvento e, alle 11, cele-brerà l’Eucaristia in piazzaSan Francesco, al terminedella quale verrà offertol’olio per la lampada voti-va al Santo Patrono d’Ita-lia, cerimonia che si ripe-te ogni anno il 4 ottobre.Nel pomeriggio ancoraun incontro, a San Rufino,con il clero, le persone divita consacrata e i mem-bri dei Consigli pastoralidella diocesi, mentre nel-la basilica di Santa Chiararivolgerà un messaggioalle monache di clausura.Il sesto e ultimo discorsodel Papa sarà, infine, peri giovani dell’Umbria, aiquali ha dato appunta-mento alle 17.45 sul piaz-zale della basilica di San-ta Maria degli Angeli.

Il Papa ad Assisi sulle orme di FrancescoPresentato il programma della visita pastorale del 4 ottobre

3Anno XXI

n. 8

30 settembre

2013

GALLURAANGLONA&

“Cari ami-ci, vir ingra-

zio per la vostrapresenza e dicuore affido voie le vostre co-munità alla ma-terna interces-sione della Ver-gine Santa chevenerate con iltitolo di Madon-na di Bonaria.A questo pro-posito, vi vorreiannunciare chedesidero visita-re il Santuario aCagliari … per-

ché fra la città di Buenos Aires e Cagliari c’èuna fratellanza per una storia antica”. Sono leparole con le quali il Papa Francesco il 15 mag-gio ha annunziato in Piazza San Pietro la sua vi-sita in Sardegna. Il nostro Papa è nato a BuenosAires e di Buenos Aires è stato Cardinale Arci-vescovo. È un “porteño” devoto a San José deFlores e tifoso del San Lorenzo de Almagro. Lasua idea di visitare la Sardegna nasce dal desi-derio di innalzare la sua preghiera alla Madon-na di Bonaria, che ha dato il nome alla capita-le della sua Argentina. È il nome che fu sceltodai marinai che approdarono al “Rio de la Pla-ta” il 3 febbraio 1536 con sedici navi spagnole,che avevano a bordo 1600 navigatori capitana-ti da Pedro de Mendoza, tra i quali forse alcunimarinai sardi. A bordo vi erano anche i PadriMercedari Juan de Salazar e Juan de Almancia,provenienti da Siviglia, dove si era già diffusa ladevozione alla Vergine di Bonaria, pronti ad an-nunziare Cristo al nuovo mondo. Il Papa, ricor-dando l’approdo di Don Pedro e il suo proget-to di fondare una città, ha detto che “i marinaiche lo avevano portato laggiù erano sardi e lo-ro volevano che si chiamasse Città della Ma-donna di Bonaria”. La Madonna di Bonaria eradivenuta “Patrona dei Naviganti” ad opera deiPadri Mercedari, fondati a Barcellona nel 1218da San Pedro Nolasco per la liberazione deglischiavi, che erano giunti sulla ridente collina di“aria buona” dinanzi al mare di Cagliari nell’an-no 1335. Lassù avevano costruito il Conventoaccanto alla chiesa donata loro dal Re Alfonso,

nella quale il 25 marzo 1370 accolsero la miste-riosa statua della Madonna, giunta in Sardegnasu una nave catalana salvatasi miracolosamentedal naufragio per l’intercessione della Madre diDio. I grandi navigatori diffondevano tra lenuove popolazioni la devozione a “Nostra Si-gnora di Bonaria” e ospitavano sulle loro navi iFrati Mercedari, come fece anche Cristoforo Co-lombo nel suo secondo viaggio verso le Ameri-che. La città di Buenos Aires, fondata da Pedrode Mendoza nel 1536, fu rifondata da Juan deGaray il “Nueve de Julio” 1580, che divenne pergli Argentini il giorno della grande festa. Nel400° anniversario, che fu celebrato nell’anno1980, i festeggiamenti avvennero in gemellag-gio con la Sardegna, la quale aveva eretto qual-che anno prima nel porto di Buenos Aires unastatua della Madonna di Bonaria, benedetta daMons. Paolo Botto arcivescovo di Cagliari. Unanuova statua lignea fu innalzata poi nell’altaremaggiore della Chiesa Cattedrale. Il vescovoJorge Mario Bergoglio la onorava ogni giorno eper questo desiderava compiere un pellegri-naggio per contemplarla in Sardegna. Noi, checi sentiamo amici di Buenos Aires e dell’Argen-tina, pregheremo in questo tempo per tutti gliemigrati in Argentina e per i due giovani sardidi Tresnuraghes, Martino Mastinu e Mario Bo-narino Marras, che sono tra i “desaparecidos”giustiziati sotto la dittatura militare nell’anno1976: tra le “madres de Plaza de Mayo” piange-vano anche le madri sarde. E ricorderemo chenel Gran Chaco argentino morì martire per lafede il 27 ottobre 1683 il giovane missionariogesuita di Oliena Padre Juan Antonio Solinas.La festa di “Nostra Signora di Bonaria” viene ce-lebrata il 24 aprile e proprio il 24 aprile 1870,nel cinquecentesimo anniversario dell’arrivodella statua, la Madonna venne incoronata “re-gina”, preludio alla sua proclamazione di “Pa-trona Massima della Sardegna”, decretata il 13settembre 1907 dal Papa San Pio X. Poco tem-po dopo a Buenos Aires nell’anno 1911 fu eret-ta dai Mercedari una grandiosa basilica in ono-re di “Nuestra Señora de los Buenos Aires”. Il24 aprile 1970, nel sesto centenario, il PapaPaolo VI venne in Sardegna e la salutò dicen-do: “Salute a te, Sardegna nobile e forte, gene-rosa e paziente, laboriosa e fiera! Salute a te,Sardegna, terra di martiri e di santi!”. E celebròla Santa Messa dinanzi alla Basilica di Bonaria,dicendo a tutti: ”Se vogliamo essere cristiani,dobbiamo essere mariani”. Il 20 ottobre 1985 il

Papa Giovanni Paolo II a Bonaria disse che “ilSantuario della Madonna di Bonaria è semprestato, per le nazioni e le genti più diverse,un’attrattiva universale … un centro di unità edi concordia”. Il Papa Benedetto XVI il 7 set-tembre 2008, a conclusione del Centenario del-la Proclamazione della “Patrona Massima dellaSardegna”, auspicò per i Sardi e per il mondoche, sotto lo sguardo materno di Maria, potessenascere “una nuova generazione di laici cristia-ni impegnati, capaci di cercare con competen-za e rigore morale soluzioni di sviluppo soste-nibile”. Sta per giungere il tanto atteso “22 set-tembre 2013”, giorno gioioso e glorioso dellanostra storia. Noi andremo con affetto e grati-tudine incontro al Papa Francesco, prometten-do di edificare il progresso e la pace nella Sar-degna e nel mondo!

✠Pietro MeloniVescovo Emerito di Nuoro

Il messaggio dei vescovi sardi

Ivescovi in occasione della visita del papaFrancesco a Cagliari hanno inviato un mes-saggio alle diocesi sarde, prima di tutto per-

ché desiderano rinnovare la gratitudine al Si-gnore per questo grande dono e far diventarela visita del Santo Padre un abbraccio affettuo-so “a tutta la nostra regione e idealmente rag-giunge i molti santuari mariani, che fin dai pri-mi secoli del nostro cammino cristiano rendonopresente Maria in tutte le comunità ecclesiali,come avvenne per la Chiesa apostolica in pre-ghiera nel Cenacolo“. La visita del Vescovo diRoma, scrivono nel messaggio, che in quantotale è successore dell’apostolo Pietro e Vicariodi Cristo su questa terra, sarà per tutti noi unforte richiamo, in questo anno della fede, a rin-novare come Pietro la nostra fede nel SignoreGesù: “Signore, da chi andremo? Tu hai paroledi vita eterna!” (Gv 6, 68). E sono ancora le pa-role di Pietro che ci invitano ad essere “ricolmidi gioia” per la fede nel Signore risorto (1Pt 1,

6) e perciò missionari, “pronti sempre a rispon-dere a chiunque vi domandi ragione della spe-ranza che è in voi… con dolcezza e rispetto,con una retta coscienza” (1Pt 3, 15-16). Oggi lanostra terra ha particolarmente bisogno di spe-ranza e Papa Francesco viene a ripeterci: “nonlasciatevi rubare la speranza” (Omelia del 24-3-2013). Ne abbiamo bisogno, perché la mancan-za di lavoro, la precarietà in cui vivono moltipadri e madri di famiglia, l’emorragia di giova-ni costretti ad emigrare, la disperazione di chicede alla tentazione di compiere gesti estremi, iritardi della politica che penalizzano ulterior-mente una regione ricca di potenzialità ma bi-sognosa di avere pari opportunità rispetto al re-sto del Paese, concorrono a rubarci speranza.Ne fanno le spese in modo particolare i giova-ni, più esposti ad essere preda di illusioni e fal-se speranze, che spengono sogni e progetti divita. Diciamo grazie a Papa Francesco, che conil suo pellegrinaggio ci prende per mano e ciguida ai piedi di Maria, perché tutti possiamosempre riscoprirla come modello di vita cristia-

na e Madre della Speranza. È un pellegrinaggioche gli permette di abbracciare insieme una re-gione italiana molto provata e la sua Città diBuenos Aires, della quale non cessa di esserePadre premuroso. E affinché il legame tra laSardegna e Buenos Aires sia concreto e fruttuo-so per noi e per loro, vi invitiamo ad aderire al-l’iniziativa di solidarietà che vogliamo offrire al-la Caritas di Buenos Aires, accogliendo l’indica-zione dell’Arcivescovo di quella città, Mons.Mario Aurelio Poli. Un euro donato da ciascu-no di noi potrà regalare un po’ di speranza a fa-miglie molto più povere di noi. Le donazioni,attraverso le parrocchie e le diocesi, confluiran-no alla Caritas regionale della Sardegna, che ègià in contatto diretto con la Caritas di BuenosAires. Sarà questo il nostro regalo a Papa Fran-cesco. I vescovi concludono dicendo: “Affidia-mo alla Madonna di Bonaria il Santo Padre, ilsuo ministero e tutte le sue intenzioni di pre-ghiera, insieme alle nostre comunità, con unaspeciale intenzione per le famiglie, le loro sof-ferenze e le loro giustificate attese“.

IL PAPA PELLEGRINO AL SANTUARIO DI BONARIA

ch iesa sa rda

Nostra Signora di Bonaria

Mons. Pietro Meloni

M. Michela Nicolais

“Coraggio, avanti su questastrada con le famiglie!”. È ilsaluto, pieno di slancio e di

affetto, che Papa Francesco, dopol’Angelus del 15 settembre, ha volu-to fare ai milletrecento partecipantialla 47ª Settimana sociale di Torino,che era iniziata con un suo messag-gio e proseguita con la prolusionedel cardinale Bagnasco. A conclusio-ne dell’appuntamento domenicalecon i fedeli in piazza S. Pietro, il Pa-pa si è unito idealmente alla plateatorinese citando il tema della Setti-mana e rallegrandosi “per il grandeimpegno che c’è nella Chiesa in Ita-lia con le famiglie e per le famiglie eche è un forte stimolo anche per leistituzioni e per tutto il Paese”. Fami-glie e Paese: un binomio che dalTeatro Regio, subito prima di ascol-tare le parole di Francesco, si è sen-tito vibrare con forza: “La famiglianon è un affare privato”. È “la primaconclusione, il punto di non ritornodel nostro cammino”, ha detto trac-ciando le fila dei lavori Luca Diotal-levi, vicepresidente del Comitatoscientifico e organizzatore. Ma, so-prattutto, “ci costringe ad inserire neldibattito pubblico italiano un ele-mento scandalosamente scorretto”.L’appuntamento, ha annunciatomonsignor Arrigo Miglio, vescovo diCagliari e presidente del Comitatoscientifico e organizzatore delle Set-timane Sociali, è al 2017, per conti-nuare un cammino iniziato più di unsecolo fa e che ha visto nella figuradi Toniolo e nella città di Torino un

significativo avamposto. Protagoni-sti, oggi come allora, i laici, chiama-ti a “combattere”, soprattutto in am-bito politico, la “buona battaglia”con “l’agonismo della libertà”. Riper-corriamo i momenti salienti dellaSettimana. Al Teatro Regio, giovedì13 i lavori cominciano con il mes-saggio inviato da Papa Francesco ela prolusione del cardinale AngeloBagnasco, entrambi salutati da uncaloroso applauso della platea. “Unpopolo che non si prende cura de-gli anziani e dei bambini non ha fu-turo”, dice il Papa, che traccia subi-to un ritratto di famiglia partendodalla Genesi: uomo e donna sonouna “unità nella differenza”, che vivedella fecondità. Gli fa eco il cardina-le Bagnasco, con una prolusione tut-ta incentrata sulla ”roccia della diffe-renza”, oggi minacciata dalla teoriadel “gender”, che rischia di “polve-rizzare” la famiglia naturale fondatasul matrimonio fino a metterne inquestione la stessa sopravvivenza.Altro pericolo avvertito dal cardinaleBagnasco, anche questo in evidenteconsonanza con quanto contenutonel messaggio del Papa, la “segrega-zione generazionale”: l’esperienzadella famiglia è messa alla provadall’”oscuramento della differenzatra generazioni”, e “il livellamentodelle generazioni è un problema”,mentre “riannodare i fili del legamegenerazionale è oggi più che mainecessario”. La seconda giornata del-la Settimana è segnata dall’esordiodelle otto assemblee tematiche, pre-cedute nella mattinata da una as-semblea plenaria con tre relazioniintroduttive. A delineare la fisiono-

mia della famiglia a partire dalla Co-stituzione è Lorenza Violini, ordina-rio di Diritto costituzionale all’Uni-versità di Milano: “Ogni riflessionesul diritto deve ripartire dalla grandequestione di chi è l’uomo”, dice de-nunciando gli “attacchi” alla famigliache provengono dal fronte laicista.Una società che invecchia sempre dipiù, producendo sempre più squili-bri, e giovani sempre più “persi”, omeglio in fuga. È la fotografia delnostro Paese scattata da GiancarloBlangiardo, ordinario di scienze sta-tistiche all’Università di Milano Bi-cocca. L’Italia, nei prossimi anni, do-vrà fare i conti con “un potenzialeproduttivo sempre più debole”, am-monisce il relatore, secondo il qualenei prossimi vent’anni il nostro wel-fare avrà a che fare con “le trasfor-mazioni delle strutture familiari cor-relate all’invecchiamento della po-polazione”. Altro fenomeno tipicodel nostro Paese, la “fuga dei cer-velli”: “mentre migliaia di persone sispostano verso il suo territorio, un

importante flusso di italiani, per lopiù giovani, percorre il cammino in-verso”. “La famiglia è destinata a tor-nare al centro dell’attenzione siadella politiche sociali, sia del pro-cesso di sviluppo del Paese”. A farequesta previsione “politicamentescorretta”, data per sicura “non nelbreve, ma nel medio termine”, è Ste-fano Zamagni, ordinario di econo-mia politica all’Università di Bolo-gna, secondo il quale “il vecchioslogan, che si ripete stancamentedagli Anni Ottanta, per cui ‘la fami-glia è finita’, oggi non ha più senso”.Sabato 14 le assemblee tematicheentrano nel vivo: tra le proposte, av-viare un “new deal” italiano parten-do dalla famiglia, riconoscere il“contributo sociale” che le famigliedanno allo Stato, rimodulare il fiscoal carico familiare, promuovereun’effettiva parità scolastica e favori-re il raccordo tra giovani e lavoro,oggi “totalizzante e svilito”, con“strategie integrate” che migliorino ipercorsi scolastici e formativi.

Papa Francescoha nominato l’ar-civescovo veneto

Pietro Parolin nuovosegretario di stato. Fi-nora nunzio in Vene-zuela, mons. Parolin,58 anni, succede alcardinale Tarcisio Ber-tone (79 anni il prossi-mo dicembre) che erastato nominato da Be-nedetto XVI nel 2006.Alla guida della segre-teria di stato torna,quindi, un diplomati-co. Accettando le dimissio-ni del cardinale Tarci-sio Bertone da segreta-rio di Stato, papa Fran-cesco gli ha chiesto dirimanere in carica finoal 15 ottobre, data nel-la quale gli subentreràmons. Pietro Parolin. Il 15 ottobre, quandomons. Parolin prende-

rà possesso del suo uf-ficio il Papa riceveràsuperiori e officialidella Segreteria di Sta-to per ringraziare pub-blicamente il card. Tar-cisio Bertone “per ilsuo fedele e generososervizio alla Santa Se-de e per presentare ilnuovo segretario diStato”. Papa Francesco ha con -fermato negli incarichiil sostituto alla segrete-ria di stato mons. An-gelo Becciu, il segreta-rio per i rapporti congli stati, mons. Domini-que Mamberti, il prefet-to della casa pontificia,mons. Georg Gaenswein,l’assessore per gli Affa-ri generali mons. PeterWells e il sottosegreta-rio per i rapporti congli stati, Antoine Camil-leri.

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GALLURAANGLONA&SETTIMANA SOcIALE

La famiglia non è affare privatoLa sintesi dell’appuntamento di Torino

set t imana soc ia le

Vaticano: Parolin nominato nuovo segretario di statoMons. Becciu confermato sostituto alla segreteria di stato

Sono aperte le iscrizioni ai corsi di laurea inScienze Religiose dell’Istituto Eurome -diterraneo di Tempio Pausania, collegato

con la Pontificia Facoltà Teologica dellaSardegna. L’Istituto Euromediterraneo, nato dal-l’esperienza ventennale dell’Istituto di ScienzeReligiose della diocesi di Tempio-Ampurias,propone nuovi orizzonti di formazione, di ricer-ca e di animazione interculturale, in dialogo convarie istituzioni locali, nazionali ed internazio-nali. In particolare, l’Istituto si caratterizza per lasua spiccata vocazione all’apertura intercultur-ale e interreligiosa, proponendosi quale polointernazionale di incontro tra le culture e le reli-gioni che si affacciano sul Mediterraneo. Nesono segno vivo le reti di partnership e di affi-liazione con svariate istituzioni culturali, dallaGermania al Marocco, dalla Francia a Malta eIsraele. Ulteriori informazioni, unitamente aiprogrammi dei corsi, si potranno avere dallaSegreteria didattica dell’Istituto Euromediter -raneo, che ha sede a Tempio Pausania in vialeDon Sturzo 41 (tel. 079.631883, sito internetwww.istitutoeuromediterraneo.it, e-mail: [email protected]).

ISCRIZIONE AI CORSI UNIVERSITARI

DELL’ISTITUTO EUROMEDITERRANEO DI

TEMPIO PAUSANIA

Mons. Angelino Becciu

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GALLURAANGLONA&nomine

Delia Floris

Un cielo terso e luminoso, sovrastante unmare splendido, appena increspato, hafatto da cornice ad una serata davvero

storica per la comunità di Golfo Aranci. Dopo45 anni di servizio, il parroco don Pasquale Fi-nà, per motivi di salute e di età, ha lasciato laguida della parrocchia passando il timone dellabarca, per volere del vescovo, nelle mani didon Alessandro Cossu, per tutti don Sandrino,giovane sacerdote di Tempio, al suo primo in-carico in Diocesi. Quando, il 19 settembre, alle18, la processione ha fatto il suo ingresso nellaparrocchiale intitolata a San Giuseppe, ad acco-gliere i quattordici sacerdoti concelebranti in-sieme al Vescovo Mons. Sanguinetti, vi era unachiesa gremita di fedeli soprattutto di GolfoAranci e di Tempio che si sono riuniti intornoall’altare per fare festa. Dopo la lettura dellabolla episcopale di nomina del nuovo parroco,datata 8 settembre, il cui effetto giuridico de-corre però dalla giornata del 19 settembre, ilsindaco Fasolino con parole commosse e vi-branti, ha pronunciato un breve discorso persalutare don Finà, un padre che ha dato tutto sestesso per la sua comunità, che è stato non so-lo un punto di riferimento spirituale per tutti,ma una guida a 360 gradi per gli abitanti delpaese. Nato a Russi in provincia di Ravenna il15 giugno 1932, dal 1 settembre 1968 era a gui-da della parrocchia. In questi lunghi anni si èprofuso senza risparmio a favore di tutta la po-polazione, non solo dei fedeli, è riuscito a co-struire materialmente la chiesa, i locali dellaparrocchia esistono grazie alla sua iniziativa, hamesso su il giornalino parrocchiale, ha creatoRadio Golfo Aranci, si è interessato di sport alpunto che senza esitazione si può affermareche la Pallavolo Olbia è nata grazie a lui. Il suocontributo per far ottenere l’autonomia a GolfoAranci è stato davvero grande. In questi anni ilpaese è passato da 300 abitanti agli attuali 2800(d’inverno, d’estate moltissimi di più), e don Fi-nà ha saputo guidare la comunità attraversotanti cambiamenti, in un ambiente che diventa-va sempre più vasto ed eterogeneo. La parroc-chia comprende anche Rudalza, Porto Rotondo

e Marana, per cui il lavoro svolto è stato dav-vero immane. Per questo la comunità, rappre-sentata da un affezionatissimo sindaco, lo haringraziato con affetto profondo che in più oc-casioni è stato dimostrato con applausi scro-scianti e prolungati. Con lo stesso affetto, però,è stato accolto il nuovo parroco, ricordandogliche “da oggi questa sarà la sua casa e che donSandrino sarà il nostro pastore, ma anche il no-stro pescatore”. Nell’omelia il vescovo ha ricor-dato a tutti che il primo motivo di gioia è nelSignore Risorto, che con la sua Pasqua ha aper-to all’uomo un nuovo orizzonte di speranza. Edè all’interno di questa gioia che la comunitàpuò fare festa per un pastore che ha dato tuttose stesso per tanti anni e per il nuovo pastoreche inizia un cammino insieme alla sua comu-nità. “In voi vedo la gioia dettata dalla consape-volezza di ciò che avete vissuto e di ciò che, gra-zie alla Provvidenza, si vivrà insieme a donSandrino”. Ogni sacerdote, ha ribadito il Ve-scovo, deve far incontrare Gesù, la bravura diun prete sta proprio in questo, nel portare aCristo le persone che gli sono affidate, non nelcondurle a sé. Don Sandrino dovrà continuarea Golfo Aranci l’opera che il Signore ha postonelle sue mani il 29 giugno 2008, quando ha ri-cevuto l’Ordine Sacro: Fate questo in memoriadi me, portare il perdono di Dio, far sì che Eglipossa continuare ad illuminare il mondo con lasua Parola. “In un mondo in cui tante sireneammaliano gli uomini, è importante portare lavoce di Colui che solo salva gli uomini”. PapaFrancesco proprio in questi giorni ha ricordatoai sacerdoti che non devono avere paura di sta-re in mezzo alla gente, di avvicinare tutti, diodorare di pecora, di cercare tutti quelli chestanno fuori, di andare verso le periferie delmondo, Questo è sicuramente il compito cheda ora Don Sandrino avrà come nuovo parro-co. Nelle poche parole che ha pronunciato altermine della Messa, con la voce rotta dall’e-mozione, ha lasciato intendere che nel suo mi-nistero cercherà di non mettere mai al centro lasua persona, ma Gesù. Come Giovanni Battistaha affermato che “bisogna che Lui cresca e cheio diminuisca”. Non c’erano dubbi che il pro-gramma del suo ministero di parroco sarebbe

stato improntato ad umiltà. “Per me vivere èCristo e morire è un guadagno” è la frase diSan Paolo che Sandrino aveva scelto per an-nunciare la sua ordinazione sacerdotale. E’ ilsuo stile di vita, improntato al Vangelo, vissutoin una famiglia di origine numerosa che hasempre badato all’essenziale e mai al super-fluo, unito ad una spiritualità profondamentemariana. La Madonna che lo ha chiamato edaccolto a Lourdes tante volte, dall’inizio dellasua vocazione, avvenuta in età adulta, lo ac-compagna sempre nel suo cammino. Non è uncaso, come lui stesso ha ricordato, che la gior-nata della bolla di nomina sia quella della na-tività della B.V. Maria e che l’inizio del suo mi-nistero di parroco sia avvenuto il giorno dellafesta di Nostra Signora della Salette. Al terminedella celebrazione eucaristica la festa è prose-guita con un grande rinfresco, mentre la lucedella luna si rifletteva sul mare.

Golfo Aranci saluta il parroco uscente e accoglie il nuovo pastore

Giovanni Masu - Padrino di Marco

AEnas, nella chiesa di San Pietro e San Isi-doro davanti a una folla profondamentecommossa e attonita, immobile e muta,

con gli occhi lucidi, è stato celebrato il “trige-simo” del giovane Marco Scugugia (aveva 33anni). La Santa messa è stata officiata dal par-roco di Loiri Porto San Paolo Don Cristian Ga-rau al quale va il ringraziamento fraterno e sin-cero dei famigliari di Marco e dell’intera comu-nità di Enas, per la costante e amorevole operadi conforto attuata nei confronti dei genitori edei familiari, infondendo loro coraggio e spe-ranza e rafforzando la fede messa a dura provain un momento tragico e di grande dolore.Un’azione, quella di don Cristian, che si è dis-piegata attraverso un susseguirsi d’interventi econ l’assidua presenza presso la famiglia e lacomunità di Enas, con significative espressionidi carità e di amore fraterno, che devono re-gnare sovrani assieme alla solidarietà. E’ certa-mente frutto della nuova azione pastorale piùvicina alle esigenze di una comunità in crescitache vuole rispondere positivamente agli appel-li del nuovo parroco in nome del Signore.

Nell’Omelia, oltre il commento al Vangelo, donCristian ha voluto dedicare un momento allapersonalità di Marco: un ragazzo gentile, gene-roso, sportivo, simpatico con valori concreti,capace d’ intrattenere rapporti sinceri con tuttigiovani e meno giovani, un ragazzo splendidoche il Signore ha voluto con Lui.La cerimonia religiosa si è conclusa con la con-segna del ricordino dell’effige di Marco con un“pensiero” che lo ricorda per quello che ha sa-puto essere nella sua breve vita terrena.Marco era ultimo di quattro figli, nato e cresciu-to in famiglia di sani principi morali, in buonasalute, circondato da un amore quasi morbosoda parte dei genitori, del fratello maggiore, del-le due sorelle, degli zii e cugini e successiva-mente anche dai nipotini con i quali aveva in-staurato un filing anche di carattere sportivo ol-tre che affettivo. In questa cornice di affetti e diamore ha trascorso la sua fanciullezza e la suaadolescenza, ha frequentato la scuola fino alconseguimento del diploma di ragioniere, ha in-trapreso l’attività di agente di commercio cheesercitava con indiscutibile professionalità edeleganza. Nell’ambito sportivo ha coltivato lapassione per il calcio a livello dilettantistico con

risultati apprezzabili sia come giocatore che co-me dirigente, questo è stato testimoniato anchedall’Olbia-calcio che lo ha definito “amico e uo-mo di valore prima ancora che grande uomo disport” e ha convocato i suoi effettivi alle esequieche hanno partecipato con la divisa sociale.A Enas (una frazione di 170 abitanti) da quel 6agosto tutto è cambiato… manca un figlio, unfratello, un cugino, il padrino, l’amico: dopo ce-na nella piazzetta dove tu ti intrattenevi non c’èpiù festa, sono rimaste le solite sedie bianchevuote, tu non ci sei ad interpretare il canto in“re” o “mutos de amore”... Noi parenti ed amici,viviamo di ricordi e vogliamo immaginarti conlo sguardo rivolto verso di noi e con il sorrisodolce che avevi fino a qualche mese fa, certi chehai trovato altri amici che ti hanno dato il ben-venuto in Paradiso. Padrino Giovanni, vuole im-maginare che tu possa aver assistito guardandodall’alto, magari da un osservatorio privilegia-to… e se ciò fosse vero, tutto diventerebbe mol-to più poetico e più bello di quanto ci è datoimmaginare, in nome della Fede e della Speran-za, con la certezza che un giorno potremo ritro-varci e continuare a festeggiare insieme.Enas, lì 10 settembre 2013

DALL’ALBA AL TRAMONTO

D. Pasquale Finà

Folla numerosa all’ingresso del parroco

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GALLURAANGLONA&

Gavino Fancellu

Il giorno 13 settembre è stato ordinato sa-cerdote, tra le lacrime di gioia dell’intera co-munità parrocchiale di San Pietro Apostolo,

un giovane diacono di Tempio, Romolo Fenu.Nella Cattedrale gremita di fedeli, di parenti edi amici, molti giovanissimi, il Vescovo Sangui-netti ha imposto le mani sul giovane tempieseconferendogli il sacramento dell’Ordine sacro.Con gioia la parrocchia si è stretta attorno alneo-sacerdote offrendo, con visibile commozio-ne, affetto e ringraziamento. Non è facile, infat-ti, in questi giorni, offrire la propria vita per unservizio così impegnativo e intenso come il sa-cerdozio ministeriale. E la comunità tempiese,sempre molto sensibile, ha accolto Romolo co-me si accolgono le persone care e speciali. Èstato il Vescovo Sanguinetti, nell’omelia, a farnotare come l’ordinazione di Romolo cada allavigilia della celebrazione della Esaltazione del-la Santa Croce. La croce di Cristo, infatti, haspiegato il Vescovo, non è esaltata come pati-bolo, ma come luogo d’amore del crocifisso.Ambiente nel quale Dio ha mostrato tutta la suaforza perché ha svelato in cosa consista la veralibertà: farsi chicco di grano che muore perportare molto frutto. Il sacerdote, ha augurato ilvescovo al neo presbitero, deve imitare Cristoche si annienta per salvare l’uomo. Che è tantofolle d’amore da rifiutare liberamente la sua sal-vezza personale per salvare gli altri. Così la li-bertà di Gesù è massima, perché non si fermadinnanzi a niente. Vista l’ostinazione degli uo-mini nel rimanere attaccati al male, Dio ha gio-cato l’unica carta possibile: l’incarnazione. Que-sto straordinario atto di Cristo ha infuocato icuori di molti, dei più generosi, e Romolo èuno di loro. Questo giovane sacerdote ha su disé, pertanto, la responsabilità di portare gli uo-mini a sperimentare questo tipo di amore, peruniformare l’uomo a Dio. La croce, quindi, hasuggerito mons. Sanguinetti, sarà d’ora in poi,la via della personale santificazione e della suacredibilità. Richiamando le parole di papa Fran-cesco, poi, il Vescovo ha ricordato al neo pre-sbitero che, se la parabola della pecorella smar-rita vedeva un tempo una sola pecora fuori dalrecinto, oggi la stessa parabola dovrebbe esse-re raccontata mettendo dentro il recinto unasola pecora e le altre novantanove tutte fuori.Ciò suggerisce un cambio di rotta fondamenta-le anche nella concezione del ministero sacer-dotale: bisogna imparare a conformare la pro-pria vita solo sul criterio dell’amore, e dell’a-more eroico, di quello che ti fa amare anche ilnemico. Questo amore è rivoluzionario perchéti fa essere servo obbediente per diventare tut-to di Cristo e della Chiesa e così essere coluiche spezza il pane per la salvezza di molti. Inconclusione, mons. Sanguinetti ha ricordato aRomolo la grande opera di sublimazione chela Chiesa Madre ha compiuto e continuerà acompiere in lui. La perdita, infatti, della suamadre terrena lo ha costretto a una grande ri-nuncia, ma in tale disegno di Dio il sacerdozioè sbocciato come un fiore che ha saputo indi-rizzare il giovane verso la Chiesa che presto èdiventata la sua Madre amorevole e soccorri-trice. “Amala e sii riconoscente” ha ammonitoil Presule, tenendo la porta del cuore sempreaperta l’amore saprà fare del sacerdote uomovero perché prossimo di tutti.

La Cattedrale in festaRomolo Fenu, sacerdote per uniformare l’uomo a Dio

Il vescovo: “La croce sarà, d’ora in poi, la via della personale santificazione e della sua credibilità”

ord inaz ione

L’appello del candidato

L’abbraccio col Vescovodopo l’ordinazione

L’assemblea

Pietro Zannoni

Il vescovo Sebastiano ha chiusola Porta Santa della basilica diNostra Signora di Luogosanto,

sabato sette settembre alle ore 18.L’evento è avvenuto alla vigilia del-la festa Manna di Gaddura con unrito caratterizzato da grande spiritodi fede. L’appuntamento per il ve-scovo, i sacerdoti convenuti e le au-torità era alle 17.30 alla chiesa diSan Quirico ove sono stati benedet-ti i ceri, affidati ai rappresentanti deivari paesi galluresi, da offrire allaMadonna sul sagrato della Basilica.Da lì si è mosso il corteo, prologofestoso alla cerimonia di “Chiusuradella Porta Santa”. Le note dellabanda musicale “Bernardo Demu-ro” di Berchidda scandivano il pas-so dei soci delle Confraternite “San-ta Croce” e “ Rosario” di Aggius e di“Santa Croce” di Bortigiadas. Quan-do le bandiere dei santi veneratinelle chiese del territorio, portati aspalla dai fidali 1969, i rappresen-tanti con il loro antichi costumi ditanti paesi della Gallura e le confra-ternite hanno varcato la soglia pri-ma che la Porta Santa si chiudesse,a chi era sul sagrato, non sfuggivache quel baciare gli stipiti della Por-ta Santa, farsi il segno di croce edentrare nel tempio, ripeteva qualco-sa che si era già vissuto nei secoliscorsi e che aveva visto protagonistialtre genti di Gallura, con uguale fe-de e intensità. C’era un oggi, però,per noi presenti. Era il sette settem-bre dell’anno del Signore 2013, Luo-gosanto viveva con entusiasmo la

sua Festa manna di Gaddura inonore di Nostra Signora, regina diGallura. Non era però una cerimo-nia che riguardava solo la comunitàdi Luogosanto. Riguardava l’interaGallura. Lo attestavano i fedeli con-venuti da più paesi e lo preciserà ilvescovo salutando, alla fine, i pre-senti. Nel rito il vescovo Sebastianocosi pregava:“ Padre santo noi oggivediamo chiudersi la Porta Santa diquesto tempio, ma sappiamo concertezza che non si chiude per noila porta della tua clemenza per co-loro che credono nel dono del tuoamore e proclamano la tua miseri-cordia. Lascia dunque aperti, o Pa-dre santo, i tesori della tua grazia ea tutti coloro, che hai chiamato allapenitenza ed alla riconciliazione,concedi che parimenti giungano alafine del pellegrinaggio terreno allagioia della tua casa”. Parole che, senon eri distratto, sentivi rivolte a te,pellegrino giunto sin quassù e chedurante l’anno magari avevi attra-versato la Porta, dopo essere venu-to in pellegrinaggio a piedi dal pae-se con i tuoi amici. Mentre la PortaSanta veniva chiusa i cori polifonici“Regina di Gallura” di Luogosanto e“Nostra Signora del Rosario” di Lu-ras, diretti dal Maestro MassimoContursi, diffondevano nel tempioe nel sagrato, le note e le paroledella laude che ripeteva “Cantu luto splendori Maria di Locusantu”.Ma quel sette settembre 2013 erauna giornata particolare visto che laChiesa universale era stata chiamataal digiuno ed alla penitenza da pa-pa Francesco per scongiurare la

guerra in Siria. Tutto quello che siviveva in quest’angolo di Gallura siinnestava sul solco dei desideriespressi da papa Francesco al mon-do. Alla stessa ora in ogni comuni-tà gallurese si celebrava l’ora diadorazione per la pace e a Roma inpiazza san Pietro confluivano incentomila per la lunga veglia. Il ve-scovo con le sue parole ci interro-gava “Siamo davanti alla Porta San-ta e viviamo l’evento come graziaed indulgenza speciale che ungiorno lontano nel tempo il SantoPadre concesse a questa comunità.E’ un appuntamento di grazia, di ri-conciliazione, di liberazione inte-riore. La Porta Santa è un passag-gio, perché la porta è Cristo”. Spie-gava anche il significato dell’asper-sione dell’acqua e dell’incenso chesi innalzava “Non si incensa unapietra, un legno, una porta ma siincensa Cristo che quella Porta rap-presenta “. Il vescovo Sebastiano ri-badiva di voler celebrare la messadella vigilia della Festa della Ma-donna di Luogosanto secondo leintenzioni di Papa Francesco: “IlPapa ci dà una grande lezione: haimplorato, ha scritto, ha telefonatoa tutti perché si arrivi alla pace enon si vada avanti nei conflitti perinteresse di poteri economici, perpuri interessi di bassissima lega”. Leletture della messa della domenica,a partire dal Libro della Sapienza,gli fornivano lo spunto per dire:“Chi oggi si muove negli scenari diguerra è l’uomo lasciato a se stesso,che abbandona Dio. Solo se l’uomoincontra Dio trova la verità e la li-bertà. Questa Porta che rappresen-ta Cristo è la porta che tutti gli uo-mini devono attraversare per gua-dagnare la libertà”. E sul finaleun’ultima sollecitazione : “Proprioin questi tempi di una cosa siamoconvinti: che la nostra fede in Ge-sù Cristo non è un’idea astratta maun percorso quotidiano concreto di

liberazione, di conversione alla mi-sericordia di Dio. Chi questo ci at-testa è Maria che ci testimoniaquando ha detto sì a Dio per ilcompito che le veniva affidato. Ma-ria che oggi noi onoriamo, comeregina di Gallura, ma che in ungiorno come questo invochiamocome Regina della pace”. Ai due la-ti, nell’altare il parroco don GavinoCossu, don Giani Sini, don EfisioConi, don Francesco Tamponi, ildiacono Romolo Fenu e don Giu-seppe Inzaina, il decano dei sacer-doti della diocesi, testimone e pro-tagonista, da parroco di Luogosan-to, di quella festa di popolo in cuimons. Carlo Re, l’8 settembre 1954,proclamò Nostra Signora di Locu-santu, regina della Gallura. Rientra-ti a casa è stato una conseguenzanaturale seguire in TV la veglia perla pace di papa Francesco. Il Papache pregava in profondo e prolun-gato silenzio, che adorava il Santis-simo Sacramento sintetizzava, conuna concreta testimonianza, tuttociò che si era vissuto andando pel-legrini a Luogosanto per la chiusu-ra della Porta Santa.

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GALLURAANGLONA&por ta san ta

Luogosanto, chiusura solenne della Porta Santa

Itinerari e Pellegrinaggi 2013

Fatima-andaluSia 05/12 ottobreGuida spirituale d. Luca Saba

Fatima-Santiago 08/15 ottobreGuida spirituale d. Gian Franco Pala

iSchia-caPri-c.amalFitana 10/18 ottobre

P. Pio-caScia-aSSiSi 20/26 ottobre

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Rito solenne di chiusura

La celebrazione all’interno della basilica

Processione verso la basilica

Cari fratelli e sorelle, Buongiorno!Con questo incontro desidero soprattutto esprimervila mia vicinanza, specialmente alle situazioni di soffe-renza: a tanti giovani disoccupati, alle persone in cas-sa-integrazione o precarie, agli imprenditori e com-mercianti che fanno fatica ad andare avanti. E’ unarealtà che conosco bene per l’esperienza avuta in Ar-gentina. Io non l’ho conosciuta, ma la mia famiglia sì:mio papà, giovane, è andato in Argentina pieno di il-lusioni a “farsi l’America“…“Coraggio!”. Ma anche sono cosciente che devo fare

tutto da parte mia, perché questa parola “coraggio”non sia una bella parola di passaggio! Non sia soltan-to un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato del-la Chiesa che viene e vi dice: “Coraggio!”. No! Questonon lo voglio! Io vorrei che questo coraggio venga dadentro e mi spinga a fare di tutto come Pastore, comeuomo. Dobbiamo affrontare con solidarietà, fra voi -anche fra noi -, tutti con solidarietà e intelligenza que-sta sfida storica. Questa è la seconda città che visitoin Italia. Anche qui trovo sofferenza. Una sofferenzache uno di voi ha detto che “ti indebolisce e finisceper rubarti la speranza”. Una sofferenza - la mancan-za di lavoro - che ti porta - scusatemi se sono un po’forte, ma dico la verità - a sentirti senza dignità! Dovenon c’è lavoro, manca la dignità! E questo non è unproblema della Sardegna soltanto - ma c’è forte qui! -non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Pae-si di Europa, è la conseguenza di una scelta mondia-le, di un sistema economico che porta a questa trage-dia; un sistema economico che ha al centro un idolo,che si chiama denaro. Dio ha voluto che al centro delmondo non sia un idolo, sia l’uomo, l’uomo e la don-na, che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo.Ma adesso, in questo sistema senza etica, al centro c’èun idolo e il mondo è diventato idolatra di questo“dio-denaro”. Comandano i soldi! Comanda il denaro!Comandano tutte queste cose che servono a lui, aquesto idolo. E cosa succede? Per difendere questoidolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gliestremi, cadono gli anziani perché in questo mondonon c’è posto per loro! Alcuni parlano di questa abi-tudine di “eutanasia nascosta”, di non curarli, di nonaverli in conto… “Sì, lasciamo perdere…”. E cadonoi giovani che non trovano il lavoro e la loro dignità.Ma pensa, in un mondo dove i giovani - due genera-zioni di giovani - non hanno lavoro. Non ha futuroquesto mondo. Perché? Perché loro non hanno digni-tà! E’ difficile avere dignità senza lavorare. Questa è lavostra sofferenza qui. Questa è la preghiera che voidi là gridavate: “Lavoro”, “Lavoro”, “Lavoro”. E’ unapreghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavorovuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol dire ama-re! Per difendere questo sistema economico idolatricosi istaura la “cultura dello scarto”: si scartano i nonnie si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire “no” aquesta “cultura dello scarto”. Noi dobbiamo dire: “Vo-

gliamo un sistema giusto! un sistema che ci faccia an-dare avanti tutti”. Dobbiamo dire: “Noi non vogliamoquesto sistema economico globalizzato, che ci fa tan-to male!”. Al centro ci deve essere l’uomo e la donna,come Dio vuole, e non il denaro. Guardate, è faciledire non perdere la speranza. Ma a tutti, a tutti voi,quelli che avete lavoro e quelli che non avete lavoro,dico: “Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate-vi rubare la speranza!”. La speranza è una cosa vostrae nostra. E’ cosa di tutti! Per questo vi dico: “Non la-sciatevi rubare la speranza!”. “Signore Dio guardaci!Guarda questa città, questa isola. Guarda le nostre fa-miglie. Signore, a Te, non è mancato il lavoro, hai fat-to il falegname, Eri felice. Signore, ci manca il lavoro.Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiustivogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciaresoli. Aiutaci ad aiutarci fra noi; che dimentichiamoun po’ l’egoismo e sentiamo nel cuore il “noi”, noi po-polo che vuole andare avanti. Signore Gesù, a Te nonmancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare peril lavoro e benedici tutti noi. Nel nome del Padre, delFiglio e dello Spirito Santo”. Grazie tante e pregate perme! Il primo: rimettere al centro la persona e il lavoro.La crisi economica ha una dimensione europea e glo-bale; ma la crisi non è solo economica, è anche etica,spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento delbene comune, sia da parte di singoli che di gruppi dipotere. È necessario quindi togliere centralità alla leg-ge del profitto e della rendita e ricollocare al centro lapersona e il bene comune. E un fattore molto impor-tante per la dignità della persona è proprio il lavoro;perché ci sia un’autentica promozione della personava garantito il lavoro. Questo è un compito che ap-partiene alla società intera, per questo va riconosciutoun grande merito a quegli imprenditori che, non-ostante tutto, non hanno smesso di impegnarsi, di in-vestire e di rischiare per garantire occupazione. La cul-tura del lavoro, in confronto a quella dell’assistenzia-lismo, implica educazione al lavoro fin da giovani, ac-compagnamento al lavoro, dignità per ogni attività la-vorativa, condivisione del lavoro, eliminazione di ognilavoro nero. In questa fase, tutta la società, in tutte lesue componenti, faccia ogni sforzo possibile perché illavoro, che è sorgente di dignità, sia preoccupazionecentrale! La vostra condizione insulare poi rende an-cora più urgente questo impegno da parte di tutti, so-prattutto delle istanze politiche ed economiche. Se-condo elemento: il Vangelo della speranza. La Sarde-gna è una terra benedetta da Dio con tante risorseumane e ambientali, ma come nel resto dell’Italia ser-

ve nuovo slancio per ripartire. E i cristiani possono edebbono fare la loro parte, portando il loro contribu-to specifico: la visione evangelica della vita. Ricordo leparole del Papa Benedetto XVI nella sua visita a Ca-gliari del 2008: occorre «evangelizzare il mondo del la-voro, dell’economia, della politica, che necessita diuna nuova generazione di laici cristiani impegnati, ca-paci di cercare con competenza e rigore morale solu-zioni di sviluppo sostenibile» (Omelia, 7 settembre2008). I Vescovi della Sardegna sono particolarmentesensibili a queste realtà, specialmente a quella del la-voro. Voi, cari Vescovi, indicate la necessità di un di-scernimento serio, realistico, ma orientate anche ver-so un cammino di speranza, come avete scritto nelMessaggio in preparazione a questa Visita. Questo èimportante, questa è la risposta giusta! Guardare infaccia la realtà, conoscerla bene, capirla, e cercare in-sieme delle strade, con il metodo della collaborazionee del dialogo, vivendo la vicinanza per portare spe-ranza. Mai offuscare la speranza! Terzo: un lavoro di-gnitoso per tutti. Una società aperta alla speranza nonsi chiude in se stessa, nella difesa degli interessi di po-chi, ma guarda avanti nella prospettiva del bene co-mune. E ciò richiede da parte di tutti un forte senso diresponsabilità. Non c’è speranza sociale senza un la-voro dignitoso per tutti. Ho detto lavoro “dignitoso”, elo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quandoc’è crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro dis-umano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta si-curezza, oppure senza il rispetto del creato, o senzarispetto del riposo, della festa e della famiglia, il lavo-rare di domenica quando non è necessario. Il lavorodev’essere coniugato con la custodia del creato, per-ché questo venga preservato con responsabilità per legenerazioni future. Il creato non è merce da sfruttare,ma dono da custodire. L’impegno ecologico stesso èoccasione di nuova occupazione nei settori ad essocollegati, come l’energia, la prevenzione e l’abbatti-mento delle diverse forme di inquinamento, la vigi-lanza sugli incendi del patrimonio boschivo, e cosìvia. E’ importante dedicarsi al proprio lavoro con as-siduità, dedizione e competenza, è importante averel’abitudine al lavoro. Auspico che, nella logica dellagratuità e della solidarietà, si possa uscire insieme daquesta fase negativa, affinché sia assicurato un lavorosicuro, dignitoso e stabile. Portate il mio saluto alle vo-stre famiglie, ai bambini, ai giovani, agli anziani. An-ch’io vi porto con me, specialmente nella mia pre-ghiera. E imparto di cuore la Benedizione su di voi,sul vostro lavoro e sul vostro impegno sociale.

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Dove non c’è lavoro, manca la dignitàDiamo qui un’ampia sintesi del discorso del Papa al mondo del lavoro

Folla imponente sul sagrato di Bonaria

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Cari giovani di Sardegna!Sembra che ci siano alcuni giovani, no? Alcuni! Al-cuni o tanti? Ce ne sono tanti! Grazie di essere ve-nuti in tanti a questo incontro! E grazie ai “portavo-ce”. Vedervi mi fa pensare alla Giornata Mondialedella Gioventù di Rio de Janeiro: alcuni di voi eranolà, ma molti sicuramente hanno seguito con la tele-visione e internet. E’ stata un’esperienza molto bel-la, una festa della fede e della fraternità, che riem-pie di gioia. La stessa gioia che proviamo oggi. Rin-graziamo il Signore e la Vergine Maria, Nostra Si-gnora di Bonaria: è lei che ci ha fatti incontrare qui.Pregatela spesso, è una buona mamma, ve lo assi-curo! Alcune delle vostre “pregunte”, delle doman-de… ma, anche io parlo un dialetto, qui! Alcune del-le vostre domande sono sulla stessa direzione. Iopenso al Vangelo sulla riva del lago di Galilea, dovevivevano e lavoravano Simone - che poi Gesù chia-merà Pietro - e suo fratello Andrea, insieme con Gia-como e Giovanni, anch’essi fratelli, tutti pescatori.Gesù è circondato dalla folla che vuole ascoltare lasua parola; vede quei pescatori accanto alle barchementre ripuliscono le reti. Sale sulla barca di Simo-ne e gli chiede di allontanarsi un po’ dalla riva, e co-sì, stando seduto sulla barca, parla alla gente; Gesù,sulla barca, parla alla gente. Quando ha terminato,dice a Simone di prendere il largo e gettare le reti.Questa richiesta è una prova per Simone - sentitebene la parola: una “prova” - perché lui e gli altrierano appena rientrati da una notte di pesca andatamale. Simone è un uomo pratico e sincero, e dicesubito a Gesù: «Maestro, abbiamo faticato tutta lanotte e non abbiamo preso nulla». Questo è il primopunto: l’esperienza del fallimento. Nelle vostre do-mande c’era questa esperienza: il Sacramento dellaCresima – come si chiama, questo Sacramento? LaCresima …no! E’ cambiato il nome: “Sacramento del-l’addio”. Fanno questo e se ne vanno dalla Chiesa: èvero o no? Questa è un’esperienza di fallimento.L’altra esperienza di fallimento: i giovani che non cisono nella parrocchia: avete parlato di questo, voi.Questa esperienza del fallimento, qualcosa che vastorto, una delusione. Nella giovinezza si è proietta-ti in avanti, ma a volte capita di vivere un fallimen-to, una frustrazione: è una prova, ed è importante! Eadesso io voglio fare una domanda a voi, ma non ri-spondete a voce, ma in silenzio. Ognuno nel suocuore pensi, pensate alle esperienze di fallimentoche voi avete sperimentato, pensate. E’ certo: tuttinoi ne abbiamo, tutti noi ne abbiamo. Nella Chiesafacciamo tante volte questa esperienza: i sacerdoti, icatechisti, gli animatori si affaticano molto, spendo-no tante energie, ce la mettono tutta, e alla fine nonvedono risultati sempre corrispondenti ai loro sfor-zi. Lo hanno detto anche i vostri “portavoce”, nelleprime due domande. Facevano riferimento alle co-munità dove la fede appare un po’ sbiadita, nonmolti fedeli partecipano attivamente alla vita dellaChiesa, si vedono dei cristiani a volte stanchi e tristi,e molti ragazzi, dopo aver ricevuto la Cresima, se nevanno. Il Sacramento del congedo, dell’addio, comeho detto io. E’ un’esperienza di fallimento, un’espe-rienza che ci lascia vuoti, ci scoraggia. E’ vero o no?[Sì, rispondono i giovani] E’ vero o no? [Sì, rispon-dono ancora]

2. Di fronte a questa realtà, giustamente voi vi chie-dete: che cosa possiamo fare? Certamente una cosada non fare è quella di lasciarsi vincere dal pessimi-smo e dalla sfiducia. Cristiani pessimisti: è bruttoquesto! Voi giovani non potete e non dovete esseresenza speranza, la speranza fa parte del vostro esse-re. Un giovane senza speranza non è giovane, è in-vecchiato troppo presto! La speranza fa parte dellavostra giovinezza! Se voi non avete speranza, pen-sate seriamente, pensate seriamente… Un giovane

senza gioia e senza speranza è preoccupante: non èun giovane. E quando un giovane non ha gioia,quando un giovane sente la sfiducia della vita,quando un giovane perde la speranza, dove va atrovare un po’ di tranquillità, un po’ di pace? Senzafiducia, senza speranza, senza gioia? Voi sapete,questi mercanti di morte, quelli che vendono morteti offrono una strada per quando voi siete tristi, sen-za speranza, senza fiducia, senza coraggio! Per fa-vore, non vendere la tua gioventù a questi che ven-dono morte! Voi mi capite di che cosa sto parlando!Tutti voi lo capite: non vendere! Ritorniamo alla sce-na del Vangelo: Pietro, in quel momento critico, gio-ca se stesso. Che cosa avrebbe potuto fare? Avrebbepotuto cedere alla stanchezza e alla sfiducia, pen-sando che è inutile e che è meglio ritirarsi e andarea casa. Invece che cosa fa? Con coraggio, esce da sestesso e sceglie di fidarsi di Gesù. Dice: «Mah, sta be-ne: sulla tua parola getterò le reti». Attenzione! Nondice: sulle mie forze, sui miei calcoli, sulla mia espe-rienza di esperto pescatore, ma “Sulla tua parola”,sulla parola di Gesù! E il risultato è una pesca in-credibile, le reti si riempiono, tanto che quasi sirompevano. Questo è il secondo punto: fidarsi diGesù., fidarsi di Gesù. E quando dico questa cosa, iovoglio essere sincero e dirvi: io non vengo qui avendervi un’illusione. Io vengo qui a dire: c’è unaPersona che può portarti avanti: fidati di Lui! E’ Ge-sù! Fidati di Gesù! E Gesù non è un’illusione! Fidar-si di Gesù. Il Signore è sempre con noi. Viene sullariva del mare della nostra vita, si fa vicino ai nostrifallimenti, alla nostra fragilità, ai nostri peccati, pertrasformarli. Non smettete mai di rimettervi in gioco,come dei buoni sportivi - alcuni di voi lo sanno be-ne per esperienza - che sanno affrontare la faticadell’allenamento per raggiungere dei risultati! Le dif-ficoltà non devono spaventarvi, ma spingervi ad an-dare oltre. Sentite rivolte a voi le parole di Gesù:Prendete il largo e calate le reti, giovani di Sardegna!Prendete il largo! Siate sempre più docili alla Paroladel Signore: è Lui, è la sua Parola, è il seguirlo cherende fruttuoso il vostro impegno di testimonianza.Quando gli sforzi per risvegliare la fede tra i vostriamici sembrano inutili, come la fatica notturna deipescatori, ricordatevi che con Gesù tutto cambia. LaParola del Signore ha riempito le reti, e la Parola delSignore rende efficace il lavoro missionario dei di-scepoli. Seguire Gesù è impegnativo, vuol dire nonaccontentarsi di piccole mete, del piccolo cabotag-gio, ma puntare in alto con coraggio! Non è buono– non è buono – fermarsi al «non abbiamo presonulla», ma andare oltre, andare al «prendi il largo egetta le reti» di nuovo, senza stancarci! Gesù lo ripe-te a ciascuno di voi. Ed è Lui che darà la forza! C’èla minaccia del lamento, della rassegnazione. Questili lasciamo a quelli che seguono la “dea lamentela”!E voi, seguite la “dea lamentela”? Vi lamentate con-tinuamente, come in una veglia funebre? No, i gio-vani non possono fare quello! La “dea lamentela” èun inganno: ti fa prendere la strada sbagliata. Quan-do tutto sembra fermo e stagnante, quando i pro-blemi personali ci inquietano, i disagi sociali nontrovano le dovute risposte, non è buono darsi pervinti. La strada è Gesù: farlo salire sulla nostra “bar-ca” e prendere il largo con Lui! Lui è il Signore! Luicambia la prospettiva della vita. La fede in Gesùconduce a una speranza che va oltre, a una certez-za fondata non soltanto sulle nostre qualità e abilità,ma sulla Parola di Dio, sull’invito che viene da Lui.Senza fare troppi calcoli umani e non preoccuparsidi verificare se la realtà che vi circonda coincide conle vostre sicurezze. Prendete il largo, uscite da voistessi; uscire dal nostro piccolo mondo e aprirci aDio, per aprirci sempre più anche ai fratelli. Aprircia Dio ci apre agli altri! Aprirsi a Dio e aprirsi agli al-tri. Fare qualche passo oltre noi stessi, piccoli passi,

ma fateli. Piccoli passi, uscendo da voi stessi versoDio e verso gli altri, aprendo il cuore alla fraternità,all’amicizia, alla solidarietà.

3. Terzo - e finisco: è un poco lungo! -: «Gettate levostre reti per la pesca» (v. 4). Cari giovani sardi, laterza cosa che voglio dirvi, e così rispondo alle altredue domande, è che anche voi siete chiamati a di-ventare “pescatori di uomini”. Non esitate a spende-re la vostra vita per testimoniare con gioia il Vange-lo, specialmente ai vostri coetanei. Io voglio raccon-tarvi un’esperienza personale. Ieri ho fatto il 60° an-niversario del giorno in cui ho sentito la voce di Ge-sù nel mio cuore. Ma questo lo dico non perché fac-ciate una torta, qui, no, non lo dico per quello. Ma èun ricordo: 60 anni da quel giorno. Non lo dimenti-co mai. Il Signore mi ha fatto sentire fortemente chedovevo andare per quella strada. Avevo 17 anni. So-no passati alcuni anni prima che questa decisione,questo invito, fosse concreto e definitivo. Dopo so-no passati tanti anni con alcuni successi, di gioia, matanti anni di fallimenti, di fragilità, di peccato… 60anni sulla strada del Signore, dietro a Lui, accanto aLui, sempre con Lui. Soltanto vi dico questo: non misono pentito! Non mi sono pentito! Ma perché? Per-ché io mi sento Tarzan e sono forte per andare avan-ti? No, non mi sono pentito perché sempre, anchenei momenti più bui, nei momenti del peccato, neimomenti della fragilità, nei momenti di fallimento,ho guardato Gesù e mi sono fidato di Lui, e Lui nonmi ha lasciato da solo. Fidatevi di Gesù: Lui sempreva avanti, Lui va con noi! Ma, sentite, Lui non delu-de mai. Lui è fedele, è un compagno fedele. Pensa-te, questa è la mia testimonianza: sono felice di que-sti 60 anni con il Signore. Ma una cosa di più: anda-te avanti. Ho parlato troppo a lungo? [No, rispondo-no i giovani] Restiamo uniti nella preghiera. E anda-re in questa vita con Gesù: lo hanno fatto i Santi. ISanti sono così: non nascono già perfetti, già santi!Lo diventano perché, come Simon Pietro, si fidanodella Parola del Signore e “prendono il largo”. La vo-stra terra ha dato tante testimonianze, anche recenti:le Beate Antonia Mesina, Gabriella Sagheddu, Giu-seppina Nicoli; i Servi di Dio Edvige Carboni, Simo-netta Tronci e Don Antonio Loi. Sono persone co-muni, che invece di lamentarsi hanno “gettato le re-ti per la pesca”. Imitate il loro esempio, affidatevi al-la loro intercessione, e siate sempre uomini e donnedi speranza! Niente lamentele! Niente scoraggiamen-to! Niente buttarsi giù, niente andare a comprareconsolazione di morte: niente! Andare avanti con Ge-sù! Lui non fallisce mai, Lui non delude, Lui è leale!Pregate per me! E la Madonna vi accompagni.Prima della Benedizione Papa Francesco ha ag-

giunto queste parole:Cari giovani,prima di dare la Benedizione io volevo dirvi un’altracosa. Quando io dicevo di andare avanti con Gesù,è per costruire, per fare cose buone, per portareavanti la vita, aiutare gli altri, per costruire un mon-do migliore e di pace. Ma ci sono scelte sbagliate,scelte sbagliate, perché ci sono scelte di distruzione.Oggi, in Pakistan, per una scelta sbagliata, di odio, diguerra, è stato fatto un attentato e sono morte 70 per-sone. Questa strada non va, non serve. Soltanto lastrada della pace, che costruisce un mondo migliore!Ma se non lo fate voi, se non lo fate voi, non lo faràun altro! Questo è il problema, e questa è la doman-da che io vi lascio: “Sono disposto, sono disposta aprendere una strada per costruire un mondo miglio-re?”. Soltanto questo. E preghiamo un Padre Nostroper tutte queste persone che sono morte in questoattentato del Pakistan. Padre Nostro…Che la Madonna ci aiuti sempre a lavorare per unmondo migliore, a prendere la strada della costru-zione, la strada della pace, e mai la strada della di-struzione e la strada della guerra.Vi benedica Dio Onnipotente, il padre, il Figlio e loSpirito Santo.Per favore, pregate per me. E arrivederci!

INCONTRO CON I GIOVANIIl Papa ai giovani: “Fidati di Gesù! E Gesù non è un’illusione!”

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Giuseppe Pulina

La Congregazione delle Figlie di Gesù Crocifissoha un nuovo Consiglio Generale che le farà daguida per i prossimi sei anni. Ad eleggerlo è sta-

to il XIII Capitolo Generale ordinario svoltosi nelmese di agosto e al quale hanno partecipato venti-quattro suore elette come rappresentanti della fami-glia religiosa che, nata a Tempio nell’ormai lontano1925 per opera di padre Salvatore Vico, è oggi unacongregazione di diritto pontificio presente non so-lo in Italia, ma anche in Brasile e Paesi africani co-me la Repubblica Democratica del Congo e il Ga-bon. Superiora Generale della Congregazione è suorFeliciana Moro, che subentra nell’incarico a suor Pla-cidia Oggiano. Le faranno da consigliere generalisuor Luigia Leoni (vicaria), suor Agnese Lai, suor Re-nata Senis e suor Sabine Telemo. Suor Feliciana Mo-ro, aggese di origine, vissuta a lungo a Roma e lau-reata in Pedagogia, ha insegnato per diversi anni sto-ria e filosofia in un liceo della capitale. Presso la Ceiha rivestito diversi ruoli di responsabilità, “maturan-do, come ha scritto il segretario Generale della Cei,monsignor Mariano Crociata, nella lettera in cui leesprime la gratitudine della Chiesa italiana, una indi-scussa competenza, ottenendo l’unanime apprezza-mento dei sacerdoti e la stima e l’affetto del perso-nale. In questo modo ha potuto realizzare il carismadella sua Congregazione religiosa, come seme fe-condo di bene per la Chiesa”. La biografia di questadinamicissima religiosa è ricca di atti significativi. Co-minciò a lavorare in Cei nel ‘73 come aiutante di stu-dio del nascente ufficio di Pastorale Scolastica; a par-tire dall’87 iniziò a collaborare con il Comitato per gliIstituti di Scienze Religiose per la definizione deglistandard di riconoscimento degli stessi. Un impe-gno, questo, che assunse per più di dieci anni, pri-ma come aiutante di studio e, in seguito, come re-sponsabile del settore Isr all’interno dell’Ufficio Ca-techistico Nazionale, nel quale si adoperò per la dif-fusione della cultura teologica e, in particolare, perla formazione dei docenti di religione cattolica. Nel2002 il Segretario Generale, S. E. Mons. Betori, lepropose di passare al Servizio Nazionale per l’Inse-gnamento della Religione Cattolica, compito chesuor Feliciana accettò con entusiasmo, trovando nelnuovo incarico il terreno ideale per le competenzeacquisite e la passione educativa maturata negli an-ni precedenti. Il ricco curriculum della religiosa gal-lurese spiccano altri incarichi di grande rilievo. NelServizio Nazionale Irc, del quale divenne vice-re-sponsabile nel maggio 2004, collaborò prima con ilresponsabile monsignor Giosuè Tosoni, poi con

monsignor Vincenzo Annicchiarico, dando vita aduna molteplicità di iniziative (corsi, convegni, semi-nari, simposi, meeting) riconducibili a quattro gran-di linee direttrici: l’approfondimento dello statutoepistemologico dell’Irc e il conseguente e necessariorafforzamento del suo profilo culturale; la formazio-ne dei docenti e la difesa del loro stato giuridico; l’e-laborazione e applicazione degli Osa (tecnicismo delmondo dell’istruzione che sta per Obiettivi specificidi apprendimento) dell’IRC all’interno delle Indica-zioni Nazionali; e la supervisione dei libri di testo Ircper la concessione del nullaosta Cei. Suor Feliciana

ha preso anche parte a gruppi di lavoro paritetici traCei e Miur (Ministero Istruzione e Ricerca Scientifi-ca), finalizzati a sondare le possibili convergenze inordine alla Riforma e a predisporre il terreno allapreparazione dell’Intesa sui nuovi profili di qualifi-cazione degli Idr. Chi, ben conoscendola, ha avutomodo di pronunciarsi a proposito della sua staturaintellettuale e umana, ha giustamente messo in evi-denza il rigore, la competenza e la passione, profu-si sempre con semplicità e dedizione, con una noncomune vocazione al lavoro di squadra e un’ammi-revole passione per il servizio ecclesiale. A conclu-sione del suo servizio, la Cei ha voluto premiarla conla medaglia d’oro. Per coadiuvarla nei nuovi compi-ti di grande responsabilità sono state elette nel Co-niglio generale altre quattro suore dal curriculum no-tevole. Tra queste c’è suor Luigia Leoni, umanista(ha, non a caso, insegnato per 21 anni nel LiceoClassico di Olbia e Tempio), docente dell’Istituto Eu-romediterraneo-ISSR, direttrice della Caritas diocesa-na di Tempio-Ampurias, di cui è stata anche per 5anni delegata regionale, oltre che membro del Con-siglio Nazionale e della Presidenza di Caritas Italia-na. Per il suo ufficio è anche presidente della Fon-dazione Regionale antiusura SS Simplicio e Antonio.Nella congregazione da diversi anni ha l’incarico disegretaria e consigliera generale. È membro del Con-

siglio Provinciale e Regionale della Fism. Al suo pri-mo incarico di consigliera generale è, invece, suorAgnese Lai, originaria di Perdasdefogu, insegnantemolto apprezzata nella scuola dell’infanzia paritariaMaria Assunta di Tempio, collaboratrice dell’Ufficiocatechistico diocesano, da sempre impegnata nellacatechesi anche in parrocchia. Del gruppo fa parteanche suor Renata Senis, nata a Cagliari, ma vissutafin da piccola a Perdasdefogu, insegnante di ruolo direligione cattolica nella scuola primaria. Impegnatada tempo nella pastorale parrocchiale, prima tra igiovani dell’Azione Cattolica e nella catechesi. Allamorte di suor Fausta Barmina, eletta consigliera ge-nerale nel precedente Capitolo, ne ha, per decisionedel Consiglio Generale, ereditato il posto. Un signi-ficato speciale viene ad assumere anche la nominadi suor Sabine Telemo, religiosa africana, perché ori-ginaria della Repubblica Democratica del Congo.Suor Sabine, dopo la formazione iniziale, è venuta inItalia per completare gli studi e prepararsi alla pro-fessione. È in Italia da oltre 12 anni ed è attualmen-te impegnata nella Casa San Giuseppe a Golfo Aran-ci, nella comunità alloggio per anziane, dove godedi grande stima. Oltre alla definizione del Consiglio,il Capitolo ha potuto svolgere una lunga sessione dilavoro sul tema della “Spiritualità sacerdotale”. Ses-sione che ha avuto inizio con la solenne concele-brazione eucaristica presieduta da S. E. monsignorSebastiano Sanguinetti, vescovo della diocesi diTempio Ampurias, presente anche durante l’elezio-ne della Superiora Generale. La Madre Placidia Og-giano, da Superiora Generale, alla conclusione delsessennio di governo, ha tracciato l’identikit dellaCongregazione in tutti i settori di attività e nei Con-tinenti in cui questa è impegnata, illustrando una fo-tografia decisamente realistica, ma carica di speran-za. Si è registrata una partecipazione aperta al con-fronto e serena nello svolgimento. Unanimemente leCapitolari hanno tracciato il progetto per il prossimosessennio, a partire dal tema del Convegno per rea-lizzare, andando alle sorgenti bibliche, teologiche,del Magistero e del carisma, la Spiritualità Sacerdota-le, in comunione di preghiera, di vita e di missione.Il telegramma di papa Francesco, i messaggi di ve-scovi, sacerdoti e amici, le relazioni di monsignorGian Franco Saba, la visita di S. E. monsignor Mau-ro Maria Morfino, vescovo di Alghero Bosa, la lectiodivina di suor Manuela Vargiu hanno arricchito no-tevolmente l’assemblea capitolare. Nella giornataconclusiva hanno, inoltre, celebrato i 50 anni di pro-fessione cinque suore: suor Leonia Congiu, suor Lu-crezia Oggianu, suor Natalia Pola, suor Antonia Vac-ca e suor Battistina Vico.

Antonella Lentinu

C’era aria di festa, quasi uno stato di trepida-zione e attesa nella chiesa N.S. del Rosario aLuras, lo scorso 24 agosto, durante la solen-

ne celebrazione eucaristica quando Giorgio Diana,giovane seminarista lurese, alla presenza del vesco-

vo Monsignor Sanguinetti ha espresso il suo SI allaChiesa durante il rito di ammissione tra i candidatiagli ordini sacri. “Non è questo un momento di con-ferimento di ordini sacri - ha spiegato il Vescovo - ètuttavia un momento solenne e significativo nelquale la Chiesa, oggi, dice a Giorgio, d’essere idoneoa continuare il cammino intrapreso verso il diaco-nato e il sacerdozio”.Giorgio Diana, alla conclusio-ne degli studi superiori al liceo Classico “G.M. Det-tori”, ha lasciato il seminario di Tempio Pausaniaper recarsi a Roma dove completa gli studi nella Fa-coltà Gregoriana. Oggi, a ventidue anni, ha fre-quentato il III anno che rappresenta, nel camminodi formazione in Seminario, una tappa importantequella, appunto, dell’ammissione agli ordini sacri: ildiscernimento vocazionale, verificato nei cinqueanni vissuti nel seminario minore e nel corso deiprimi anni del Collegio Capranica, a Roma, diventarichiesta pubblica davanti alla Chiesa e, contempo-raneamente, rappresenta l’incoraggiamento e la rat-ifica da parte della Chiesa del desiderio di Giorgiodi consacrare la sua vita a Dio e che ora viene

espresso pubblicamente. Durante la messa concele-brata con altri sette sacerdoti, diaconi e seminaristi,il vescovo ha ricordato quanto la responsabilità diessere strumento nelle mani di Dio richieda tempidi discernimento e fatica e invitato tutti a pregareper accompagnare Giorgio nel suo cammino. Si è ri-volto in particolare alla comunità di Luras, ricordan-do l’ultima ordinazione avvenuta a Luras, quella didon Efisio Coni, definendola comunità “produttiva”che vede un altro suo figlio avviarsi al sacerdozio.Fra i sacerdoti era presente anche don Umberto De-riu, ex-parroco di Luras, che come proprio Giorgiodisse qualche tempo fa sulle pagine del giornalinoparrocchiale: “…mi ha aiutato a maturare questascelta”. Visibilmente commossi i genitori, i fratelli, iparenti, gli amici e i tanti fedeli che hanno volutofar sentire a Giorgio il loro affetto e l’incoraggia-mento per una strada ancora lunga da percorrere.Una strada, aggiunge don Sandro Piga, parroco diLuras, che si percorre utilizzando la propria intelli-genza nello studio, certo, ma anche nell’attenzione,conoscenza e nell’affetto verso gli altri.

Suor Feliciana Moro Superiora Generale delle figlie di Gesù Crocifisso

chiesa diocesana

Il seminarista Giorgio Diana ha fatto il rito di ammissione

Suor Feliciana Moro

Il giuramento di suor Feliciana

davanti al Vescovo

Ammissione di Giorgio Diana

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Gavino Fancellu

Il giorno 14 settembre 2013, la Parrocchialedi Aglientu ha accolto il suo nuovo pastore.Si tratta di don Sandro Serreri, già vicepar-

roco a La Maddalena e Amministratore parroc-chiale in Sant’Antonio di Gallura. Don Sandroha svolto nei cinque anni precedenti anche lafunzione di cancelliere della Diocesi di Tempio-Ampurias e attualmente, dopo un anno sabbati-co, ha ripreso anche le stesse responsabilità cu-riali diocesane. Il neo-parroco dell’Aglientu,pertanto, così come si è potuto apprendere dal-le parole del Vescovo Sanguinetti che lo ha pre-sentato alla comunità aglientese, sarà a disposi-zione della parrocchia, ma con la responsabili-tà di curare anche gli interessi della diocesi in-tera come ufficiale cancelliere della chiesa gal-lurese e anglonese. È stato il sindaco AntonioTirotto a fare gli onori di casa, salutando il Ve-scovo e dando il benvenuto a don Serreri. Haesordito dicendo che Aglientu è una piccola co-munità che vive, però, dentro grandi problemisocio-ambientali ed educativi. Il fenomeno delturismo di massa, infatti, ha scardinato, anche inquesto contesto territoriale, tutti gli equilibri so-ciali, valoriali e religiosi. Si dichiara molto inte-ressato alla collaborazione con le scelte pasto-rali che il nuovo parroco vorrà presentare allacomunità. Dopo la lettura del Decreto di nomi-na il Vescovo ha sottolineato che la nomina epi-scopale è un atto giuridico solenne con il qua-le si consegna il parroco alla comunità perchéesso provveda alla cura pastorale stabile. Talestabilità, tuttavia, deve essere intesa nel segnodell’ubbidienza all’Episcopo e alla Chiesa. Ogniparroco, infatti, opera in nome e per conto delVescovo che non può essere presente in ogniparrocchia contemporaneamente. Si rende, per-tanto, necessaria la presenza di un alter ego chesappia interpretare al meglio la presenza del Ve-

scovo per rappresentanza. La nomina, infatti,non è più come un tempo perenne, a vita. È so-lo ad tempus. Ma per quanto tempo? Fino a chepermangono le condizioni ecclesiali di tale pre-senza. Solo il Vescovo sa le reali necessità pa-storali di tutta la Diocesi, e in tale necessità eurgenza disloca i suoi collaboratori presbiterisecondo le necessità da lui riscontrate. Non sitratta, dunque, di un tempo definito, ma di untempo opportuno per il servizio all’intera co-munità diocesana e parrocchiale. Il bene comu-ne prevale sul bene individuale. È questa la lo-gica dei trasferimenti, che ai sacerdoti vengonorichiesti in spirito di collaborazione e di servi-zio. E ogni sacerdote sa che deve ubbidire per-ché così si attua il giuramento fatto nel mo-mento dell’ordinazione sacerdotale di ubbidireal Vescovo e ai successori in ogni circostanza,per il bene di tutti. Non è un potere, dunque,quello del Vescovo, ma un duro servizio in ar-monia con la Chiesa e di Cristo Buon Pastore.Per questo, il Vescovo ha richiamato i fedeli adiventare sempre di più pecore, ma non ciechee pusillanimi, ma capaci di seguire il pastorecon intelligenza e massima libertà orientati allaverità. Benevolenza e lavoro comune dovrannoessere i punti chiave del successo di un parro-co e di una parrocchia. Alla fine della SantaMessa, don Serreri ha presentato in un climamolto affettivo il piano pastorale del suo mini-stero. Ha scandito con abile qualità oratoria l’ur-genza di non cadere in certi errori del passato.Per questo, ha ribadito l’urgenza di eliminare laconsuetudine di voler elencare i difetti dei suoipredecessori. Ha puntato sulla importanza dicostruire una comunità vera fondandola sullarelazionalità umana corretta e su una crescitaspirituale forte. Per ottenere tutto ciò ha ricor-dato ai presenti che saranno importanti da su-bito le questioni della proposta educativa cri-stiana ai più giovani, ma anche agli adulti. Haproposto di fare un pellegrinaggio ad Assisi, di

accogliere le parole del Papa con grande atten-zione e di arrivare fino a Roma per ascoltare lesue catechesi, di gemellare la parrocchia conquella di Luogosanto e di aprire il cuore dei fe-deli alla spiritualità mariana, di cui Luogosantoè il centro. Ha invitato il Sindaco a riflettere sul-l’urgenza di costruire una chiesa a Rena Maiorie ha suggerito alla comunità aglientese di cura-re al meglio tutte le feste popolari locali e di di-fendere la religiosità popolare come veicolo ditrasmissione importante della fede cristiana.Senza imbarbarimenti e personalismi eccessivi.Si è dichiarato pronto a collaborare con tutti econ chi abbia a cuore le sorti di questa comu-nità parrocchiale, sempre più formata da anzia-ni e con pochi nati.

Fin dal 1992 la parrocchia de La Salette hagoduto della presenza e dell’apostolatodelle suore Figlie di Gesù Crocifisso. Era

stato il parroco di allora, don Giuseppe Delogu,

a chiedere espressamente la presenza delle re-ligiose suor Stefania Monni e Suor ClementinaZara. Il carisma del fondatore, padre SalvatoreVico, unito a quella della testimonianza delle

suore, ha certamente portato innumerevoli be-nefici alla comunità: collaborazione nella cate-chesi, la visita e la comunione agli ammalati, lacura della chiesa, la cooperazione accanto ai sa-cerdoti e la testimonianza del carisma di consa-crazione. Recentemente, in vista del CapitoloGenerale che si è tenuto nella casa madre aTempio dal 1 al 20 agosto, il parroco don Gian-ni Sini e il vice don Rinaldo, unitamente al dia-cono, hanno chiesto al Consiglio Generale dipotenziare la presenza e l’attività delle suore inparrocchia con l’inserimento di forze giovani,da destinare in modo particolare all’oratorio ap-pena riaperto. Questo non è stato possibile edinfatti la nuova superiora generale Suor Felicia-na Moro, prima lo annunciava con una letterache era giunto il momento di chiudere l’espe-rienza delle suore e il conseguente ritiro dallaparrocchia de La Salette entro il 15 settembre,poi a voce la domenica 15 settembre, giornatain cui le suore hanno salutato con molta emo-zione la comunità parrocchiale. Suor Feliciana,prendendo la parola al termine della messa, haspiegato le ragioni della scelta, ma ha ricordatoche il futuro è nelle mani di Dio. Ha ringrazia-to la comunità de La Salette e i sacerdoti perl’accoglienza, la disponibilità e il servizio ac-canto alle suore. Ha annunciato che Suor Stefa-nia andrà alla casa del Bambin Gesù ad Olbia esuor Clementina a Golfo Aranci nella casa peranziani. Per godersi la pensione e per il riposobisognerà ancora attendere un po’ di tempo.

ch iesa d iocesana

D. Sandro Serreri, accolto festosamente dalla comunità

Nuovo pastore nella parrocchia di Aglientu

La Salette, le suore lasciano la parrocchia

D. Sandro Serreri

Il saluto delle suore alla comunità de La Salette

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GALLURAANGLONA&

Maria Vitiello

Come ormai da lunga tradizione è stata festeg-giata a Moneta l’8 Settembre la Natività di Ma-ria che è la compatrona della Chiesa Agonia di

N.S.G.C. Il 30 Agosto, 17° anniversario della morte diD. Giuseppe Riva, primo parroco di Moneta, per ilquale è stata celebrata una Messa, ha avuto inizio lanovena: quest’anno in modo un po’ diverso dal soli-to perché inserita nell’Adorazione Eucaristica animatadai giovani e dal coro Giovanni Paolo II, con la par-tecipazione dei fedeli di tutte e tre le parrocchie. Ilgiorno 7 Settembre, ultimo giorno della novena, è sta-ta celebrata la Messa per i malati e gli anziani. La ce-rimonia si è svolta come di consueto tra il verde ri-goglioso del giardino dell’Oasi Serena addobbato afesta, con l’altare posto ai piedi della Madonna Im-macolata dell’Arsenale. Ha presieduto la Messa il par-roco Don Andrea Domanski e hanno concelebratoDon Domenico Degortes e Padre Roberto Marciniakappena arrivato dalla Polonia per sostituire Don An-drea nei giorni in cui sarà assente. Erano presenti, ol-tre agli ospiti dell’Oasi, persone anziane e ammalate,insieme alla comunità parrocchiale e al Comitato del-le feste patronali classe 1963. Tutto è stato curato neiminimi particolari dai volontari ospedalieri a cui è an-dato il ringraziamento del parroco per il lavoro chesvolgono quotidianamente aiutando le persone chesoffrono. Un momento particolarmente intenso è sta-to quando, dopo la S. Messa, si è recitato il rosariounendoci tutti spiritualmente al Sommo Pontefice cheha invitato tutti ad una giornata di preghiera e di di-giuno per la pace in Siria e in tutto il mondo. Le in-tenzioni di preghiera di ogni mistero erano proprioquelle che Papa Francesco ha preparato e recitato inpiazza S. Pietro insieme a migliaia di persone in unalunghissima veglia. Per aderire alla sua richiesta di di-

giuno, non c’è stato il solito rinfresco dopo la cele-brazione. Quest’anno la festa dell’ 8 Settembre è sta-ta davvero speciale e molto partecipata. Infatti lapiazza Don Giuseppe Riva era affollata di personeche hanno partecipato alla S. Messa in onore di Ma-ria Bambina. Il canto sardo Deus ti salvet Maria ha ac-colto l’ingresso dei sacerdoti nella piazza: Don An-drea Domanski, Don Domenico Degortes, Don AlbertGuevara, Padre Roberto Marciniak, che ha presiedu-to la celebrazione e due Sacerdoti provenienti da Pa-dova e dalla Confraternita del Getsemani che portavail simulacro di Maria Bambina. Tante le autorità pre-senti sia civili che militari. Molto suggestiva è stata laprocessione, che come ha detto Don Andrea, ha co-me significato il mettersi in cammino come e con Ma-ria verso Gesù. Tante bandierine colorate e addobbidavanti alle case hanno fatto da cornice e onorato ilpassaggio della processione. Al ritorno in chiesa ilParroco ha voluto ringraziare tutti coloro che hannocontribuito alla buona riuscita della festa e in partico-lare il Comitato, giunto al termine del suo compitoproprio in questa serata, per il lavoro che hanno svol-to con tanto impegno. Tutte e due le serate, sia sa-bato che Domenica, hanno visto la partecipazionedella Confraternita e del coro Giovanni Paolo II cheha animato le celebrazioni rendendole più solenni. Èseguita la cena preparata dal comitato alla quale han-no partecipato tantissime persone: infatti la piazza eragremita come non mai. Hanno applaudito la perfor-mance del Gruppo folcloristico sardo composto dagiovani con bellissimi costumi e hanno poi ballato fi-no a tarda notte con la musica coinvolgente dell’ or-chestra Spettacolo “La favola” con grande divertimen-to di tutti. È stata veramente una bella festa! � Anche a Santa Maria Maddalena la Giornata di pre-ghiera e di digiuno per la pace indetta da Papa Fran-cesco ha coinvolto molte persone. In parrocchia si èpregato nella Messa delle ore 19,00, concelebrata, e lachiesa era gremita di fedeli. Nell’omelia il parroco haesortato a pregare per la pace, perché finiscano le

atrocità in Siria maanche in tanti altripaesi, per cui milionidi profughi, tra cuimolti bambini, sonocostretti a lasciare tut-to. Quale futuro vi-vranno? Pensiamo alle persone e ai bambini uccisi dalgas. Il cristiano è operatore di pace e bisogna comin-ciare a costruire la pace in mezzo a noi, nelle nostrefamiglie, nella nostra comunità. Dopo la Messa si èsvolta una veglia di preghiera davanti al Santissimo Sa-cramento. Molti fedeli si sono trattenuti, hanno ascol-tato l’esortazione di don Antonello che ha ricordatocome la pace è frutto della giustizia. Verso le 20,30 tut-ti sono tornati a casa per seguire alla televisione la ve-glia di preghiera col Papa in san Pietro. � Lunedì 9 è iniziata la Settimana Eucaristica diretta dadon Alberto Pacini rettore della basilica di Sant’Ana-stasia in Roma dove si fa l’adorazione eucaristica per-petua. Anche a La Maddalena nella prima catechesieucaristica don Alberto ha proposto l’adorazione so-lenne che si svolge 24 ore al giorno senza sosta. Perquesto si richiede una comunità orante di 168 perso-ne (24 per sette giorni). Un grande cartellone è statoposto in chiesa con 168 caselle, quando sarà comple-tato si potrà iniziare anche a La Maddalena l’adorazio-ne eucaristica perpetua. L’adorazione eucaristica aiuta a meditare sul grandedono dell’Eucaristia, sulla presenza reale di Gesù, aiu-ta ad essere riconoscenti, ad essere uniti, ad essere ca-ritatevoli e ad essere evangelizzatori. La partecipazio-ne alla catechesi eucaristica delle 19,00 è stata buona.Don Alberto ha pure incontrato i diversi gruppi par-rocchiali: le catechiste, le Caritas, il gruppo di pre-ghiera Padre Pio, del Rinnovamento, le Cellule diEvangelizzazione, i Centri di ascolto, le associazionimariane, il Consiglio Pastorale Parrocchiale, i Neoca-tecumenàli, la confraternita di Moneta, il coro SanGiuseppe e del Bambino Gesù.

Festa patronale a Moneta

ch iesa d iocesana

Sandro Serreri

Èuna assurdità dire di non vo-lere una società multietnica,perché quella italiana ha già

iniziato ad esserlo ormai da alcunianni. Basta entrare nelle classi sco-lastiche delle grandi città per vede-re bambini provenienti un po’ datutto il mondo. Sono i figli degliimmigrati in Italia per ragioni di la-voro. I loro genitori, quindi, risie-dono e lavorano in Italia. Non so-no clandestini, ma regolari. Pro-

vengono dall’Africa nera, dai Paesidell’Est europeo, dall’Asia e dall’A-merica latina. Venendo in Italia sisono portati dietro, oltre la lorocultura (lingua, concezione dellavita, della famiglia e del lavoro), leloro tradizioni (feste, riti, alimenta-zione, cucina, abbigliamento) e laloro religione. Si tratta di un patri-monio che, se integrato con il no-stro, nel rispetto delle diversità, co-stituisce una ricchezza e non certa-mente un impoverimento per lanostra società, ormai drammatica-

mente invecchiata e quasi priva difuturo. Sicuramente non siamo ailivelli della società inglese o fran-cese, che da alcuni secoli, per viadei domini coloniali, convivonopacificamente con diverse etnie.Già nella seconda metà del 1700,infatti, passeggiare per le vie diLondra significava incontrare edentrare in contatto con una uma-nità variegata e variopinta. In Ita-lia, a pensarci bene e se torniamoindietro anche solo di alcuni seco-li, abbiamo già sperimentato unasorta di società multietnica: a Ro-ma, quando c’era l’impero; a Ve-nezia, nel medioevo dei mercanti;a Firenze, nel Rinascimento deiMedici. Certo i numeri non eranoquelli di oggi. Comunque, comegli inglesi e i francesi in Europa,così anche noi dobbiamo impara-re a convivere con i nuovi arriva-ti, che non vengono a rubarci il la-voro, perché spesso vanno ad oc-cupare posti che noi (giovani) ita-liani rifiutiamo. Infatti, se andiamoa visitare le piccole e medie im-prese del Nord Italia scopriamoun alto numero di immigrati, chelavorano nella legalità e con tantaprofessionalità. È vero che c’è chitra questi non vuole integrarsi,non lavora, delinque, costituisceuna seria minaccia all’ordine pub-blico, ma i più sono persone one-ste, dedite al lavoro e alla famigliache, se l’accoglienza e l’integrazio-ne sarà possibile, forse sceglieran-no la nostra Italia come secondaloro Patria, come Paese dove farnascere i loro figli e assicurare lo-ro un futuro umano e dignitoso.Noi italiani, del resto, abbiamo unforte bisogno di natalità e di forza

lavoro, perché siamo un Paese tri-stemente segnato dal record euro-peo della denatalità e perché sia-mo un Paese di pensionati e divecchi. A riguardo, c’è da dire chela denatalità e i pensionati sonooggi il nostro “costo sociale” piùalto che, volenti o nolenti, stiamopagando tutti, in particolar modole nuove generazioni. Per questo,l’essere anche una società multiet-nica non potrà che giovare al pre-sente e al futuro del nostro Paese.Ovviamente, l’integrazione vaorientata e fatta camminare all’in-terno di un orizzonte di valori eprincipi che per grado di cultura eciviltà hanno reso grande il nostroPaese. Questo dobbiamo fare enon opporci ai flussi immigratoriche nessuno può prevedere nelloro sviluppo, neanche il più ge-niale sociologo, e che nessun po-litico può frenare o chiudere,neanche chi pensa di avere in ma-no il futuro dell’Italia. I “no”, le of-fese, le miopie, le fobie non ci so-no permessi dalla nostra cultura eciviltà greco-romana e giudaico-cristiana, dalla nostra religione, dalnostro ethos, da quello che abbia-mo rappresentato e continuiamoad essere davanti a tutto il mondo:“Italiani, brava gente!”.

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GALLURAANGLONA&

S. S.

S ono una zolla di questaterra. Sono il lombrico chela divora. Sono uno dei

suoi fili d’erba. Sono una suaradice. Sono il suo maleodo-rante concime. Sono il suo fan-go dopo la pioggia. Sono unadelle sue foglie secche che ca-dono giù. Sono una delle sueformiche. Sono un’ape che be-ve i suoi fiori. Sono un pascoloassai gustoso. Sono il sugheroche si schianta. Sono una dellesue piccolissime margheritine.Sono la rugiada del suo risve-glio. Sono uno dei suoi ulivi os-suti. Sono una vecchia querciaagonizzante. Sono il suo mu-schio attaccato ai suoi graniti.Sono la lucertola diffidente. So-no la ghianda masticata dalcinghiale. Sono un sasso sca-gliato oltre. Sono il giovane ric-cio schiacciato sulla strada.Sono la tana della volpe. Sonoun acino d’uva beccato da uncorvaccio. Sono la lepre timidache annusa questa terra. Sonola chioma spettinata dal mae-strale. Sono la stradina di cam-pagna che sale e scende e risa-le. Sono una delle sue muccheal pascolo. Sono uno dei suoi

muretti a secco. Sono uno deisuoi mille profumi. Sono l’ine-briante ginepro. Sono il rosma-rino. Sono la menta. Sono l’odo-re del paesaggio bagnato. Sonol’atmosfera di solitudine cheregna indisturbata sulle collinelussureggianti. Sono i coloriche mutano. Sono tutti i verdi etutti i gialli. Sono il randagiosmilzo signore degli stazzi. So-no una delle sue tegole stracot-te. Sono una delle sue stanze digranito. Sono la porcilaia nau-seante. Sono la broda deimaiali all’ingrasso. Sono il ca-gnolino da caccia smarritonell’immensa campagna. Sonoil cinghiale che corre ferito amorte. Sono il filo di lana impi-gliato tra i rovi. Sono l’ormadella zampa della capra scala-trice. Sono la chiesetta nasco-sta. Sono la grotta scavata da-gli acidi preistorici. Sono lemostruosità granitiche scolpi-te dai dinosauri. Sono il ventoche ti culla e ti accarezza. So-no il magro torrente che scor-re verso il mare. Sono la sor-gente umilissima. Sono la gine-stra abbarbicata. Sono il man-dorlo fiorito sotto il sole diprimavera. Sono il papaverorosso sangue. Sono… Gallura.

Una società multietnica? Lo siamo già!

GALLURA

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GALLURAANGLONA&

Pietro Zannoni

Le feste popolari di settembrein onore di sant’Isidoro, SanLorenzo, San Francesco non

sono state per niente qualcosa di ri-petitivo o di formale. Sarà che itempi sono diversi e l’esigenza didare senso a tutto è sempre piùsentita. Anche nel calangianese dioggi che vede in crisi quella che si-no ad ieri era una florida realtà. Chiha seguito la parte viva della festa leprocessioni, le messe solenni, i pa-negirici ed i saluti finali dei fidali del1971, obrieri d’annata e del parrocodon Umberto Deriu, ha percepitouno spirito nuovo come se quei tresanti, che la tradizione propone inquesto 2013, un certo concreto aiu-to possono darlo per trovare le giu-ste coordinate per superare il dis-agio e la crisi che si riflette dentro ilcuore prima che dentro le aziende.Non è stato banale che li fidali del1971 e lo ha rimarcato don Umber-to alcune volte, abbiano riscopertoanche la festa come occasione perfare il punto sulla propria fede edabbiano promesso di rimettersi inmarcia a partire e da una frequenzapiù costante al precetto festivo. Nelsaluto finale hanno parlato dellostupore di aver trovato nella popo-lazione “ una forza morale ed unagrande ammirazione verso i nostrisanti ed abbiamo capito quanto sia-

no importanti i valori della religio-ne, di conoscenza, dell’amiciziache abbiamo riscoperto innanzitut-to tra noi e nella popolazione”. Aifidali della classe 1972, che prende-ranno il testimone, hanno dedicatol’antica espressione dialettale delpopolo a chi fatica per le feste “Chivi li pachia in passi dritti lu Signo-ri” riconoscendo in “questa anticaespressione di saggezza popolareche, nel cammino della questua èpiacevolmente risuonata nelle no-stre orecchie lasciando le case do-po aver portato le bandiere bene-dette dei santi”. Ci sono state poitre omelie. Ognuna con un accentoparticolare. Don Gianni Sini ha pre-sentato Sant’Isidoro, mons. PietroMeloni, don Gianfranco Pala par-roco di Bultei, San Francesco. Nonpotevano non collegare i contenu-ti che presentavano alle preoccu-pazioni della Chiesa di oggi, secon-do quanto va annunciando al mon-do Papa Francesco, ricordando chefra qualche giorno sarà in Sardegna.Don Sini ha posto l’accento su Isi-doro uomo che lavorava la terra epregava, viveva la carità avendo alfianco la moglie, Maria Toribia,beatificata nel 1697. Mons. Meloni,che aveva voluto partecipare allaprocessione dispensando la suabenedizione a coloro che lo saluta-vano, ha presentato fra l’altro unSan Lorenzo da Brindisi, innamora-to dello Spirito Santo, riferimento

appropriato visto che il vescovoPietro era stato invitato perché gliobrieri erano stati cresimati da luitanti anni fa. Don Pala, da buonparroco, ha parlato della radicalitàevangelica di San Francesco e, sulsuo esempio, della necessità di unafede più autentica nelle famiglie,come salvaguardia alla confusioneetica diffusa. Non dimentichiamoanche i festeggiamenti civili: sonostati in sintonia con lo stile sobrioe contenuto che gli obrieri aveva-no proposto. Dal concerto tanto at-teso di Enrico Ruggeri ai giochi peri bambini in piazza, al tradizionale

concerto bandistico alla manifesta-zione di pugilato. Una festa che vain archivio, quasi in punta di pie-di, rispettosa delle difficoltà chetutti si vive, dell’incertezza del fu-turo, ma con nel cuore una spe-ranza. I santi compatroni sono connoi ogni giorno ad illuminare i no-stri passi con il loro esempio. Han-no sempre aiutato la nostra comu-nità a ritrovarsi e superare in ognitempo i momenti difficili che so-praggiungono. Sperare che ciò ac-cada anche ai nostri giorni è ilmessaggio migliore che ci lascianole feste di Capidannu.

Chi conosce da vicino donMichele Farre sa benissimoche questo sacerdote nel

suo lungo ministero non ha mairisparmiato le sue energie a favo-re della Chiesa. Nativo di Nulvi,paese dell’Anglona culla nel pas-sato di vocazioni e di sacerdoti,classe 1 novembre 1935, venneordinato da Mons. Melis, proprioa Nulvi il 25 agosto 1963, esatta-mente 50 anni orsono. Proprioper questa felice ricorrenza la co-munità di San Pantaleo in Martisl’ha voluto festeggiare degnamen-

te con una celebrazione eucaristi-ca solenne nella chiesa di SanGiuseppe, attorniato dai tanti par-rocchiani e amici arrivati da Nulvi.Don Michele ha svolto il suo mi-nistero in diverse comunità delladiocesi: Arzachena, Luras, Laerru,Sant’Antonio di Gallura, Lu Bagnu(Castelsardo) e Martis dal 19 luglio2010. Cinquant’anni di sacerdoziosono certamente un bel traguardo,per questo ci uniamo alla suagioia per augurargli ancora unlungo e fecondo ministero a favo-re della Chiesa.

calangianus, i santi compatroni ridanno speranza alla comunità

f es te

Don Michele Farre ha festeggiato 50 anni di sacerdozio

L’infiorata

Un momento della processione

per san Francesco

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GALLURAANGLONA&

Pietro Pisciottu

Se parlando di nuraghi si pensa subito alla Sardeg-na, cosi come i trulli sono associati alla Puglia,parlando di stazzi non possiamo pensare che alla

Gallura. Si trovano solo qui, infatti, queste tipichecostruzioni che facevano parte del tessuto architettoni-co, nel popolamento delle vaste lande galluresi a par-tire già dal ‘700, cosiddetto ad habitat disperso, in quel-la che viene chiamata la Civiltà degli Stazzi. Popola-mento effettuato in parte da gente proveniente dallavicina Corsica, si spiega così l’affermarsi di una nuovalingua sardo-corsa, il gallurese, appunto, che va a sos-tituire con il tempo la parlata sardo-logudorese. Il ter-mine stazzo deriva dal latino statio, luogo di sosta, initaliano ha il significato di casa colonica o appezza-mento di terreno che comprende la casa colonica rifer-ito sempre geograficamente alla Gallura. Lo troviamoanche in Abruzzo con il significato di ricovero perpecore, fatto con pietre a secco, nei pascoli delle mon-tagne, e viene citato nella poesia I Pastori di GabrieleD’Annunzio: “Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi evanno verso il mare: .......”. La sua architettura è sem-plice, quasi elementare, un rettangolo con la porta d’in-gresso orientata a est o a sud, poche finestre, la coper-tura fatta con travi di legno, sistemate in senso longitu-dinale, che poggiano, al centro sulla trai tolta, un tron-co ricurvo che con opportuni ritocchi e zeppe di legnodà la pendenza al tetto a due falde, o nelle costruzionipiù evolute, su un arco a tutto sesto fatto con conci digranito. Il tutto era ricoperto da coppi di laterizio sis-temati a scandalu , cioè con ampie fessure che lascia-vano passare il fumo del focolare messo al centro del-la stanza, ma non l’acqua piovana. Negli stazzi di piùrecente costruzione o nella evoluzione architettonica, ilcaminetto è addossato ad una parete ed un comignoloporta il fumo fuori dal tetto e quest’ultimo è fatto in mo-do che sopra le travi principali e quelle di secondo or-dine ci siano le canne, opportunamente legate, e sopradi queste uno strato di argilla e poi le tegole. La po-sizione degli stazzi non è mai casuale, c’è sempre nellevicinanze una sorgente d’acqua, viene studiata accu-ratamente la predominanza del vento, la casa è postain punti panoramici da dove si controllano i terreni dipertinenza. Davanti alla casa lu pastricciali, ampiospazio pianeggiante, attorno ci sono le strutture, rus-tiche, per l’allevamento degli animali: il vaccile per lemucche (lu currali), i recinti per capre e pecore (limandri), lu salconi per i capretti, la crina per il maialeall’ingrasso e lu sitagliu, ricovero per maiali allo statobrado, il pollaio (lu puddhaggju) per le galline, nonchégli appezzamenti per le coltivazioni come l’orto con ac-qua corrente, la colti di siccu per le patate, le fave e lecipolle; la vigna, in genere circondata di alberi di fichi,di mandorle e di fichi d’India; mentre i cereali comegrano, orzo e avena venivano coltivati in vasti appez-zamenti (li tanchi) anche lontani da casa, dopo oppor-tune puliture dalle frasche (lu debbiu). Non mancava ilforno per la cottura del pane e negli stazzi più impor-tanti l’aia per la trebbiatura dei cereali (lu rotu); la treb-biatura (l’agliola) prima dell’avvento delle macchine sifaceva con i cavalli, più piccoli di quelli comuni(cabaddhi di inizzu) o con i buoi e si approfittava delvento per separare la pula dalla granella. Il vento con-dizionava quindi il lavoro della trebbiatura, tanto da es-sere talvolta invocato: “Pesati, pesati ‘entu, ventu diSantu Tranu, pòltati padda e granu e lassa solu lu pa-mentu”, oppure dava lo spunto per antichi proverbi:“Cand’è ventu vintuliggja, cand’è bonu spassatilla”Negli stazzi c’era quasi sempre l’asino (l’asinu, lu bur-riccu) per trasportare l’acqua dalla fonte alla casa o peraltri lavori e naturalmente il cane (lu cateddhu) per lacaccia, il gregge e per la guardia. L’elenco delle cosedescritte mette subito in evidenza il doppio ruolo dellegenti galluresi, quello di pastore e agricoltore o megliodi allevatore e contadino. Questo oggi ci sembra nor-

male, ma un paio di secoli fa era unacosa molto innovativa, quasi rivo-luzionaria, che metteva fine a infiniti

conflitti, a volte violenti, fra contadini e pastori perquestioni di pascolo e soprattutto si iniziava uno “sfrut-tamento” razionale dei terreni, non molto fertili, in mo-do da renderli produttivi. Come si può vedere lo staz-zo era autonomo perché produceva tutto l’occorrenteper la vita di una famiglia; il surplus della produzioneveniva venduto nei nascenti paesi galluresi e nei centricome La Maddalena o contrabbandato in Corsica. L’uti-lizzo diversificato e razionale delle campagne, una vol-ta abbandonate e deserte, aveva portato un certo be-nessere ai primi colonizzatori, tanto da far nascere unaborghesia di proprietari terrieri che piano piano, si sta-bilì nei centri di nuova formazione, per lo più attornoalle chiese campestri, dando così origine ai primi nucleidi abitazioni. La Gallura del settecento e dell’ottocentonon era diversa dal resto della Sardegna; vi erano faidefra famiglie (innimmistai), il fenomeno del banditismoera diffuso e vi erano vere e proprie bande che effet-tuavano agguati e delitti su commissione. Il governosabaudo, con atti repressivi, ma anche con forme per-suasive di riappacificazione, non venne a capo diquesto problema. Mentre l’aggregazione delle personeattorno alle chiese campestri esistenti e la costruzionedi altre cappelle ex novo, l’opera di pacificazione deiministri della Chiesa, fece fiorire un tempo di concordiae di pace, tanto da far sparire i problemi su citati in unarco di tempo abbastanza veloce, e fa dire allo scrittoresassarese Enrico Costa, nel romanzo storico “Il muto diGallura”: “Ma ciò che non poté il governo, lo poté in-fine la religione”. Se con attenzione si analizzano i pae-si della media e bassa Gallura, si scopre che i loro no-mi sono tutti di santi: Santa Maria di Arzachena (attualeArzachena), San Pasquale, Trinità d’Agultu, SanFrancesco d’Aglientu (attuale Aglientu), Nostra Signoradi Luogosanto (attuale Luogosanto), Sant’Antonio diCalangianus (attuale Sant’Antonio di Gallura), SanTeodoro di Oviddè (attuale San Teodoro) Santa Teresadi Gallura. Quando buona parte dei proprietari sitrasferisce nei paesi, negli stazzi, a migliaia, disseminatinelle campagne, rimangono altre persone che continu-ano a coltivare i terreni e tenere gli animali: i pastori. Siforma così una sorta di proletariato che, con la formu-la della mezzadria, riuscì non solo ad affrancarsi dallafame ma a raggiungere anche un certo benessere, nonsolo di tipo economico, ma anche dal punto di vista af-fettivo e sociale. A differenza di altre parti della Sardeg-na, il pastore viveva tra gli affetti della propria famiglia,in case che, in quei tempi, avevano le comodità alloraconosciute. Nel contratto di mezzadria, al proprietarioandavano tutti i proventi del bestiame vaccino, mentrevenivano divisi in parti uguali i frutti delle capre e dellepecore, dei maiali e delle coltivazioni dei terreni. Lamoglie del pastore provvedeva a fare il formaggio ed isuoi sottoprodotti che venivano divisi anch’essi a metàtra pastore e proprietario. La caratteristica autonomia ela solitudine nel lavoro quotidiano da parte del pastoree della propria famiglia, che può aver forgiato il carat-tere dei galluresi moderni, alquanto individualisti, era-no stemperate da due fattori molto importanti, da sem-pre presenti in quel mondo che veniva chiamato lupasturiu: il mutuo soccorso e le relazioni sociali. Quan-do il pastore-agricoltore doveva fare dei lavori partico-larmente impegnativi, che superavano la forza dellesue braccia, entrava in azione uno scambio diprestazioni di manodopera tra gli abitanti degli stazzidella cussoggja. La mietitura dei cereali (la misséra), latrebbiatura (l’agliola), la vendemmia (la bibbenna), latosatura delle pecore (lu tunditoggju), il disboscamen-to (lu debbiu) venivano affrontati da più personeprovenienti dagli stazzi vicini che venivano poi ricam-biati negli stessi lavori. Questa sorta di ente virtuale, su-periore allo stazzo, che è la cussoggja ha un valoremolto importante, come si è visto, nell’aiuto reciprocoe come si vedrà, nelle relazioni sociali. La cussoggja èformata da un insieme di stazzi delle stessa zona, chespesso corrisponde ad una vallata, ad un altipiano, aduna regione con caratteri comuni. Ad una persona

anziana, o come si direbbe oggi, con un certo carisma,veniva riconosciuto il titolo di capu cussuggjali cheprendeva decisioni a nome della comunità e che sag-giamente aveva l’ultima parola nelle diatribe tra vicinie spesso metteva fine a questioni che potevano sfocia-re in episodi di violenza. All’interno della cussoggjanon era raro assistere a momenti di alta generositàcome nella manialìa: quando un pastore era impedi-to, per malattia o altro, di fare un certo lavoro, gli altricussuggjali lo facevano al suo posto; altra pratica moltomeritoria era la punitura: nel caso di morie di besti-ame, se uno perdeva un intero gregge, ogni vicino re-galava un capo, in modo che il malcapitato poteva ri-farsi il capitale e tirare avanti con il lavoro. Le re-lazioni sociali, molto strette e frequenti, rafforzavano irapporti fra vicini e favorivano i legami di amicizia e gliincontri fra future coppie. Le occasioni non manca-vano; nelle numerose chiese campestri venivano cele-brate le feste, alle quali partecipavano tutti ed eranogiornate di allegria, di grandi pranzi, di canti, di balli edi gare poetiche. Altre occasioni di socializzazione era-no i fidanzamenti, con la famosa cerimonia della pri-cunta, i matrimoni (lu coiu) con le gare di corse di cav-alli (currì la rucca) fra i parenti dello sposo e dellasposa, i pranzi di nozze, dove non mancava la suppacauta; e ancora, le veglie dei morti (la multasgja), cheerano anche l’occasione per grandi mangiate, perché siammazzava la giovenca (la manza) o la vacca piùgrassa, che veniva in parte consumata durante le gior-nate della veglia e la restante carne veniva regalata aparenti, amici e conoscenti (la limosina). In questiavvenimenti avevano un ruolo molto importante i po-eti; nei fidanzamenti e nei matrimoni, c’era un poetache rappresentava lo sposo ed uno la sposa ed eranoepiche battaglie verbali che divertivano i presenti. Fra itanti poeti galluresi mi piace citarne in particolare dueperché erano, come si diceva, pastori angeni, cioè pas-tori non proprietari: Petr’Alluttu (Pietro Orecchioni1820-1888) e Gjaseppa di Scanu (Giuseppe Scanu1850-1940). Il primo è considerato il massimo espo-nente della poesia contadina e pastorale, è sicuramenteil più raffinato e le sue rime, velate di tristezza e pes-simismo, cantano la donna, l’amore, il tempo, ect., tut-ti temi che travalicano il mondo statico e chiuso deglistazzi; il secondo, in qualche sua poesia, ci descrive inrima la Gallura ottocentesca come non potrebbero faredi meglio saggi di storia, di antropologia o di geografiae dalle sue canzoni traspare un temperamento bonarioe ottimista. Di Petr’Alluttu mi piace qui citare alcuniversi che bene descrivono la libertà di pensiero dei po-eti ed il liberarsi della fantasia nella poesia, rimanendoperò sempre fedeli ai valori della terra che ci ha dato inatali: “Si voi cantà in puisia - di cosi c’hai ‘istu o disi-ciatu - podarei bulà undisisìa - paltendi dalla tarra un-di sei natu”. In pratica si potranno raggiungere tutti gliobiettivi se si è consapevoli delle proprie radici. E, allaconoscenza delle nostre radici, mira, seppure inmaniera maldestra, questo scritto.

Il mondo degli stazzi

L’Agnata (Luogosanto)

Lo stazzo e le sue dipendenze

cu l tu ra

Dal 22 al 28 settembre si è svolto il tradi-zionale pellegrinaggio Nazionale dell’U-NITALSI a Lourdes, che quest’anno fe-

steggia i 110 anni dell’Associazione. I pellegrini,circa diecimila (2500 tra malati e disabili, 4500volontari e 3000 pellegrini), quelli previsti, rag-giungeranno la città mariana da ogni regioned’Italia, con 15 treni, 10 aerei e due bus. Il pel-legrinaggio a Lourdes è ormai una tradizioneche risale al 1903, data del primo pellegrinaggioda Roma a Lourdes effettuato da Giovan Batti-sta Tomassi, fondatore dell’allora Untal, per ar-rivare alla prima partenza di un treno biancoUNITALSI, verso Lourdes avvenuta nel 1936.Dalla Sardegna Nord arriverà in aereo una co-

mitiva che si unirà al gruppo proveniente daFatima e da Santiago di Compostela ed insiemeparteciperanno al pellegrinaggio nazionale. Iltema pastorale per l’anno 2013 è: “Lourdes, unaporta della fede”. Quest’anno il pellegrinaggioaveva un significato particolare in quanto si ce-lebrano i 110 anni della fondazione dell’UNI-TALSI in coincidenza con l’anno della fede pro-clamato da Benedetto XVI. Dalla Sardegna conl’UNITALSI, era presente la direzione compostada Francesco Marongiu, presidente, GiulianaScarpa, segretaria, don Gianni Sini, assistente disezione e don Pierpaolo Calaresu, assistentedella sottosezione di Alghero. Responsabile del-l’animazione sarà Maria Michela Piga.

I frati francescani conventuali della parrocchia di San Giu-seppe in Tempio, dopo otto anni, lasciano la parrocchia. Lafesta di Maria Bambina è stata l’occasione per salutare la

comunità parrocchiale. P. Paolo Contini, p. Bruno Secchi, p. Si-mone Cubadda sono stati destinati ad altre comunità dall’ulti-mo capitolo provinciale, la prima parte tenuto in Sardegna e laseconda ad Assisi. Durante la celebrazione eucaristica presie-duta dal vescovo mons. Sebastiano Sanguinetti p. Paolo ha vo-luto ricordare le diverse iniziative realizzate in questi anni dal-la parrocchia. I frati sono stati per tanti fedeli, punto di riferi-

mento per i colloquie le confessioni. Oraa sostituire p. PaoloContini è arrivato p.Paolo Cirina che tral’altro è economoprovinciale, mentrep. Bruno e p. Simo-ne sono destinati adAlghero al conventodi San Francesco, fraRaimondo a Roma,al convento di SanGiacomo (TevereFarnesina), mentrePaolo Contini per treanni sarà a disposi-zione dell‘Arcidioce-si di Oristano.

Red

La nuova continuità territoriale aerea saràun contributo determinante per rilanciare ilturismo in Sardegna’. Lo ha dichiarato il

presidente Cappellacci, intervenendo a Milanoalla presentazione di “Sweet Sardinia”, il formattelevisivo ambientato nell’isola. ‘Oltre ad avermesso il nostro sacrosanto diritto di raggiunge-re la Penisola al sicuro, abbiamo esteso per no-ve mesi l’anno la tariffa residenti anche ai nonresidenti. Questo significa, - ha spiegato il pre-sidente- che, mentre oggi chi vuole raggiunge-re la nostra terra paga perfino cifre che supera-no i 400 euro, con il nuovo sistema per arriva-re da Milano basteranno 69 euro e 59 per arri-vare da Roma. E’ una continuità - osserva Cap-pellacci - che non produce benefici per i soliviaggiatori, ma anche per i territori, per le im-prese ed in particolare per quel settore turisticoche e’ una delle grandi potenzialità ancora nonespresse pienamente dalla nostra isola. Avere

più visitatori - prosegue il presidente - significaaumentare i consumi, compiere un’iniezionepositiva al nostro sistema economico con rica-dute importantissime sul piano occupazionale.Nessuno ha mai calcolato quante imprese equanti posti di lavoro non siano mai nati, o sia-no stati messi in pericolo a causa di un sistemadi collegamenti inadeguato alle esigenze dell’i-sola. Noi vogliamo imprimere una svolta, nellaconvinzione che buona parte del futuro dellanostra economia sia nel nostro ambiente, nelpaesaggio, nelle tradizioni, nel turismo e nell’a-groalimentare. In sintesi, dobbiamo diventareproduttori di qualità della vita, puntando suquei beni che non sono delocalizzabili altroveneppure dal consiglio di amministrazione piùpotente al mondo. Vogliamo essere noi i con-quistatori dei mercati internazionali e affrontareda protagonisti la sfida della globalizzazione,con la specialità e la varietà di un’isola - ha con-cluso il presidente- unica al mondo ed ora an-che raggiungibile più facilmente’.

Me

La protezione civile regionale haaccolto la richiesta di collabora-zione del Comune di Ghilarza,

devastato dagli incendi del 7 e 8 ago-sto scorso mobilitandosi a favore de-gli allevatori, dopo che il passaggiodel fuoco ha distrutto la maggior par-te dei pascoli del territorio, creandouna situazione di emergenza. La richiesta di collaborazione è per-venuta direttamente dal sindaco diGhilarza e ha riguardato il trasferi-mento di notevoli quantitativi di fo-raggio sotto forma di rotoballe dallasede della cooperativa San PasqualeAllevatori Anglona di Nulvi, che hacoordinato il conferimento del forag-gio reso disponibile grazie alla soli-darietà degli allevatori e agricoltoridei Comuni dell’Anglona: Nulvi, Val-ledoria e Santa Maria Coghinas. L’iniziativa, pianificata in tempi rapi-dissimi con le parti interessate dallaDirezione Generale della protezionecivile, sotto la guida del direttore re-gionale, Giorgio Onorato Cicalò, èstata attuata grazie all’importantecontributo e impegno delle organiz-zazioni di volontariato di protezionecivile e, in particolare, delle organiz-zazioni nucleo operativo Orsa di As-semini e dell’Avis di Perfugas chehanno immediatamente messo a dis-posizione uomini e mezzi per il tra-sporto. L’attività operativa è iniziata mercoledìscorso e prevede il trasferimento daNulvi a Ghilarza di circa 100 rotoballee oltre 300 ballette di foraggio. L’assessore regionale della Difesa del-l’Ambiente, Andrea Biancareddu nel-l’apprezzare l’opera svolta dalle orga-nizzazioni di volontariato, ha volutoformulare un sentito ringraziamentoagli agricoltori e allevatori che hannodonato il foraggio e ai volontari diprotezione civile, il cui contributo èstato determinante per la buona ri-uscita di tutta l’operazione”.

16 va r ieAnno XXI

n. 8

30 settembre

2013

GALLURAANGLONA&Pellegrinaggio nazionale uNITALSI a Lourdes

I francescani di San Giuseppe lasciano dopo otto anni

Solidarietà dagli allevatori per i colpiti dagli incendi

Nuova continuità territoriale volano per il turismo

Inauguratol’anno

seminaristico

Lunedì 30settembre è statoinaugurato a

Tempio l’annoseminaristico 2013-2014, allapresenza del vescovoSebastiano Sanguinetti,del rettore d. PaoloPala, di alcuni sacerdotie benefattori delSeminario. All’incontro eranopresenti anche ifamiliari dei ragazzi. Si aprono nuoveprospettive per ilSeminario, aumentano iseminaristi, ma devecrescere la sensibilitàda parte di tutte lecomunità per lapastorale vocazionale.La crisi, come inpassato è avvenutoaltre volte, si puòsuperare. P. Paolo Contini