Gadda e la Letteratura come groviglio inestricabile della conoscenza e come voce della complessità...

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Gadda e la Letteratura come groviglio inestricabile della conoscenza e come voce della complessità del mondo.

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Gadda e la Letteratura come groviglio inestricabile della

conoscenza e come voce della complessità del mondo.

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Gadda e l’arte figurativa

«le tre tele del Caravaggio sembrano vivere in un tempo

sospeso, in un attimo eterno» (Il pasticciaccio) – è meta abituale,

nel Pasticciaccio, delle passeggiate solitarie e

malinconiche del commendator Angeloni (in Palazzo degli ori, il

testo di partenza del futuro romanzo, Angeloni «sosta estasiato davanti ai due

stupendi e celeberrimi dipinti del Caravaggio, specie davanti

alla Vocazione»).

Caravaggio, Vocazione di san Matteo (1599-1600) Chiesa di San Luigi dei Francesi

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Il nodo morale lo porta poi nel saggio Apologia manzoniana a dilungarsi sull’opera di Caravaggio, in particolare La vocazione di San Matteo. I compagni di San Matteo sono legati al mondo degli impulsi, alla loro individualità, dall’altra c’è l’invito di Cristo rivolto a San Matteo a seguirlo, Matteo deve seguire un dovere. Ma per Gadda tra il sapere teoricamente il fine da raggiungere e il compito quale sarà nel concreto adempimento esistono infinite varianti rappresentate dalle azioni che gli uomini fanno in una realtà che è groviglio di relazioni.

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Alberto Savinio e Giorgio De Chirico

Alberto Savinio, Oggetti nella foresta, 1927-1928

Collezione privata

Giorgio De Chirico "Le Muse inquietanti", 1917

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Colacicchi e la rivista Solaria a Firenze

Colacicchi, Piazza Santa Trinita, 1924

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“Nella mia vita di “umiliato e offeso” la narrazione mi è apparsa, talvolta, lo strumento che mi avrebbe consentito di ristabilire la “mia” verità, il “mio” modo di vedere, cioè: lo strumento della mia rivendicazione contro gli oltraggi dei destino e de’ suoi umani proietti: io strumento, in assoluto, del riscatto e della vendetta. Sicché il mio narrare palesa, molte volte, il tono risentito di chi dice ratenendo l’ira» (da Intervista al microfono)

Carlo Emilio Gadda (Milano 1893- Roma 1973)

«La lingua, specchio del totale essere, e del totale pensiero, viene da una cospirazione di forze, intellettive o spontanee, razionali o istintive, che

promanano da tutta la universa vita della società, e dai generali e talora urgenti e angosciosi moti e interessi della società» (Lingua letteraria e lingua dell’uso, I

viaggi e la morte).

E poi, cose, oggetti, eventi, non mi valgono per sé, chiusi nell’involucro di una loro pelle individua, sfericamente contornati nei loro apparenti confini (Spinoza direbbe modi): mi valgono in una aspettazione, in un’attesa di ciò che seguirà, o in un richiamo di quanto li ha preceduti e determinati. (dal saggio Un’opinione sul neorealismo)

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Quattro indicazioni di massima per orientarsi nel continente gaddiano

I fatti salienti biografici

L’educazione maternala costruzione della villa di famiglia a Longone in Brianzala partecipazione alla Prima Guerra mondiale e la prigioniagli studi imposti dalla madre di Ingegneria e i suoi viaggi per lavoro in diverse parti di Italia e del mondo tra cui in America del Sudla scelta della vocazione letteraria e gli anni dedicati alla scrittura trascorsi a Firenze prima e a Roma poi con la frequentazione di scrittori e altri intellettualiIl lavoro come giornalista alla Rai La scelta della solitudine degli ultimi anni trascorsi in compagnia di pochi amici.

Lo stile gaddiano

Il plurilinguismo- il pastiche (registro alto e basso, linguaggi diversi: aulici, dialetti, citazioni latine, linguaggi settoriali ( termini medici-tecnici-scientifici), neologismi)

l’uso della similitudine, della metafora, della metonimia, dell’analogia

il discorso indiretto liberola sintassi della interferenza( le pause, le digressioni)il narratore extradiegeticola focalizzazione multiplail tragico e il comico con effetto straniante

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I TEMI GADDIANI La questione della lingua Il problema del male la visione problematica e critica della famiglia il rifiuto della visione trionfalistica dell’artista

concepito come poeta-vate il personaggio antieroico la ricerca della parola come testimonianza

della complessità del mondo la psicoanalisi nella letteratura ( i sogni)

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Gli autori di riferimento gli autori amati gli autori studiati come

maestri di stile e poi sottoposti a critica

Gli amici scrittori coevi stimati e/o affini

Gli scrittori di primo Novecento collegabili per tematiche

DanteBoccaccioShakespeareMachiavelliMolièrePariniPortaBelliManzoniLeopardiBalzacFlaubertStendhalDickensDostoevskij Baudelaire

CarducciVergaPascoliD’Annunzio

TecchiBacchelliBettiCelineMontalePasolini

Pirandello: parallelo tra forma e parvenzaSvevo: psicoanalisi e letteratura

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I pensatori di riferimento(filosofi, scienziati)

In particolare: Spinoza (1632-1670) Leibniz- (1646-1716) il quale sostiene nella Monadologia che ogni corpo risente di

tutto ciò che accade nell’universo e ogni stato presente di una sostanza semplice è per sua natura una conseguenza dello stato precedente tanto che il presente è gravido di futuro. Da qui la teoria delle concause(si veda Quer pasticciaccio)

Henri Bergson (1859-1941) il filosofo autore del libro Materia e memoria (1896), che ha influenzato la cultura europea con la sua teoria dello slancio vitale, dell’evoluzione creatrice

Sigmund Freud (1859-1939) fondatore della psicoanalisi, ha studiato i meccanismi della mente umana scoprendo e teorizzando l’inconscio. Una via privilegiata per addentrarsi nell'inconscio é per Freud data dall' interpretazione dei sogni.

Godel- (1906 -1978) Matematico, filosofo- Il Teorema di Incompletezza di Godel afferma: "Per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale" . Tale teorema unito al Principio di Indeterminazione di Heisenberg: "Non possiamo mai conoscere contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica" postulano la inconoscibilità dell’universo, contribuiscono a demolire qualunque fede nell’assolutismo razionalistico; lo straordinario risultato di Godel dimostra addirittura che a dispetto di tutti gli sforzi possibili, qualsiasi sistema formale può produrre teoremi indecidibili (ovvero né veri, né falsi): l’uomo non è quindi in grado di produrre sistemi di rappresentazione, o modelli, “perfetti”.

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La formazione classicaNegli anni del liceo nacque la vera e propria passione di Gadda per l’architettura logica e sintattica del periodo latino, che egli diceva avere contribuito anche alla formazione della sua mentalità di ingegnere. Lo studio del latino proseguì poi negli anni in cui Gadda, già laureato in ingegneria, aveva in progetto di prendere una seconda laurea in filosofia; a Milano egli poté seguire i corsi di un filologo insigne come Remigio Sabbadini (del programma faceva parte il De officiis di Cicerone, che diverrà oggetto della satira del racconto San Giorgio in casa Brocchi).

Ciò che maggiormente colpisce, per i singoli diversi autori, è la presenza ripetuta, e quasi ossessiva, di alcuni determinati passi. I versi di Virgilio che più profondamente si sono impressi nella memoria e nella personalità di Gadda sono quelli del finale della IV bucolica  («colui al quale i genitori non hanno sorriso, né un dio mai lo ha degnato della sua mensa, né una dea del suo letto»): di essi lo scrittore si è servito più di una volta (sia in scritti saggistici, sia, per esempio, nella Cognizione del dolore) come di una sorta di epigrafe apposta alle rievocazioni dell’infelicità della propria infanzia, segnata dal «diniego oltraggioso» che egli sentiva essergli stato opposto dai genitori, dalla madre in particolare.

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La formazione classica

Altro autore oltre a Cesare, Livio, Orazio,, molto importante è Tacito. In un’ intervista del ’63 Gadda lo associa talora a Svetonio, citato nella Cognizione, in quanto pittore dei costumi e dei vizi della Roma imperiale. Nel ’57 Gadda si servirà di un testo famosissimo di Tacito per rendere ragione dell’atmosfera plumbea del periodo che vide la gestazione del giallo Quer pasticciaccio; rivolgendosi ai lettori e ai critici del suo romanzo, ne presenta la prima pubblicazione, nel ’46, come l’opera di uno scrittore pervenuto alla vecchiaia nel silenzio («per silentium ad senectutem pervenere»), attraverso i precedenti vent’anni del dominio fascista, mentre altri, i «sacrificati», erano invece giunti alla morte. Gadda rimanda esplicitamente (anche se con un’imprecisa citazione a memoria del testo latino) al proemio della Vita di Agricola, in cui Tacito, dopo che Roma è finalmente fuoriuscita dalla tirannide di Domiziano, rivendica la dignità del silenzio che per moltissimi anni ha saputo mantenere sotto il dispotismo, ammettendo al contempo che la sua scelta è stata diversa da quella di coloro che avevano accettato di pagare con la vita il rischio di un’opposizione aperta, e denunciando con parole sofferte l’umiliante senso di frustrazione provato per buona parte della propria esistenza. È evidente che Gadda, non senza qualche senso di colpa nei confronti dei sacrificati, sta cercando, tramite lo storico latino, una sorta di giustificazione del proprio atteggiamento nei confronti del fascismo

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Autori di riferimento per approfondire alcuni temi comuni all’opera gaddiana

Giacomo Leopardi: il tema del dolore e dell’infelicità ; la critica alle convinzioni

progressiste e antropocentriche

Alessandro Manzoni: la parola come LOGOS, istanza etica e

ricerca del vero

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Autori di riferimento per approfondire alcuni temi comuni all’opera gaddiana

Italo Svevo: lo scavo psicoanalitico dell’io-l’ironia-

il tema del sogno e della malattia

Luigi Pirandello: la visione umoristica della vita- il genere

tragico e quello comico abbinati come disvelamento del caos

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I Fratelli Karamazov di Dostoevskij

il tema della colpa - il sottosuolo della coscienza- il romanzo polifonico

F.

Dostoevskij

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Alcune questioni 1. la questione del male Il romanzo come narrazione per arrivare a conoscere il proprio io si

rivela come uno scacco ma Gadda scrive in una sfida continua con se stesso. La scrittura non è terapia psicoanalitica, autoironica e riflessiva come per Svevo, non è ricerca dell’autenticità per lo svelamento delle maschere nude come per Pirandello, nel conflitto tra Forma e Vita, quanto piuttosto una spinta etica impietosa scaturita dalla riflessione sul dolore esistenziale e universale, germe individuale riferito al suo forte e radicato senso di colpa (quella di essere il figlio sopravvissuto) e a quello universale di tutti gli uomini e non ascrivibile ad un determinato contesto storico ma sub specie aeternitatis, irredimibile: in uno dei suoi ultimi scritti, il dialogo, L’egoista, approfondisce la questione del male e dell’infelicità che risiede appunto nell’egoismo e nell’egotismo ovvero amor proprio. Echi leopardiani tratti dai Pensieri e dalle pagine dello Zibaldone che l’Autore conosceva bene fin dagli anni della sua prigionia a Rastatt nella prima guerra mondiale. L’egoismo risponde al desiderio onnivoro dell’uomo di possedere per sé e l’amor proprio corrisponde al desiderio di piacere agli altri, destinati entrambi a condannare l’uomo all’infelicità.

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Alcune questioni 2. Ars scribendi gaddiana Gadda non appartiene a nessuna corrente, è semplicemente lo scrittore

Gadda nato a Milano nel 1893 e morto a Roma nel 1973. Uno scrittore e non artista come lui stesso diceva che, partito con la volontà di trovare un’ armonia nel disordine del mondo, arriva a constatarne l’ineliminabile disarmonia precostituita. Ammiratore di Manzoni per il valore epistemico dato alla parola caricandolo di un valore etico, e dell’opera pittorica di Caravaggio, il Nostro, arricchita e sostanziata la sua vena narrativa di filosofia e scienza (autori di riferimento: Leibniz, Spinoza, Pareto, Godel, Freud), scrive i suoi racconti e romanzi riferendosi sempre alla realtà colta dalla superficie al nucleo con occhio fotografico, con un linguaggio autopoietico, che si autoinventa di continuo, un linguaggio che è metafora e metonimia, somiglianza e contiguità, linguaggio che interpreta e quindi deforma il reale rappresentato. Gadda affronta la trama narrativa cercandone la causa prima e si accorge che invece esistono cause e concause che si intrecciano, lo scrittore vuole cogliere una totalità e il suo linguaggio “pastiche” mescidato di termini dialettali, aulici, settoriali, mediante una combinazione di registro formale e informale giunge a rappresentare la varietà del mondo, le molteplici varianti dell’esistenza umana, con l’intento etico di sgombrare il campo ad ogni vacua esaltazione antropocentrica, un intento che combina l’afflato lirico con il tono tragico e comico: a una situazione bassa corrisponde un linguaggio elevato e viceversa.

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Alcune questioni 3. Gadda, Dostoevskij e il romanzo polifonico Il genere tragico e quello comico si fondono per accentuare gli aspetti

paradossali e imprevedibili della realtà, per scavare nel sottosuolo della coscienza dei personaggi. Fondamentale a tal proposito è l’influenza su Gadda del romanziere russo Dostoevskij, da lui molto ammirato, in particolare per il tema del male, gli impulsi neri dell’uomo, il suo anelito a sublimare le passioni, i desideri segreti. Il finale del Libro V, quello in cui figura anche la narrazione da parte di Ivan del suo poema scritto da Ivan, Il grande inquisitore, al fratello Alioscia, “ Fa piacere parlare con un uomo intelligente” del romanzo “I fratelli Karamazov” può essere accostato per affinità con La Cognizione del dolore, per l’idea dell’omicidio di un genitore la cui responsabilità morale e l’esecuzione materiale finiscono per coinvolgere più personaggi. Se per Gadda l’impianto narrativo dei due romanzi ha un epilogo aperto, non è rilevante il compimento dell’intreccio, anche per Dostoevskij l’impianto narrativo è un pretesto per un’ulteriore trivellazione della psiche umana, non è importante chi ha ucciso il padre dei tre fratelli Karamazov, il viscido usuraio Fedor Pavlovic, perché la questione fondante ruota attorno alla riflessione sul tema della colpa, della presenza del male e della sua giustificazione e della libertà.

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Alcune questioni

4. Un giudizio di Italo Calvino su Gadda

Gadda, come molto chiaramente osserva Calvino, si inserisce tra i narratori che segnano il moderno romanzo del ‘900 ma occorre sottolineare che l’Autore non intende rompere con la lingua, né con la letteratura, né con la società del passato, verso le quali invece esprime per lo più ammirazione; rompe invece, e in modo esplosivo, con la realtà presente di un uso micidialmente limitativo (sia esso conservatore-moraleggiante-idealizzante, o eversivo-parolaio-estetizzante) del grande patrimonio linguistico di cui la tradizione, attraverso secoli di letteratura e di vita associata (le due concepite come indissolubilmente legate), ci ha dotato; Gadda usa l’aggettivo «spastico» (da «spasmo») per qualificare le deformazioni dell’espressione letteraria vista come «tensione (o spasmo) poetica», «tensione spastica dell’intelligenza dell’autore e del lettore». Scrive infatti Calvino in una lettera pubblicata sulla rivista “Il Caffè” del 1969:

“ Scrivo questo forse anche sotto l’influenza della lettura recente del libro di Gian Carlo Roscioni, La disarmonia prestabilita, che ricostruisce sui testi editi e inediti il sistema del mondo di quest’ultimo «filosofo naturale» che è Carlo Emilio Gadda. Infatti, il nucleo della ricerca di Gadda (filosofo e scrittore, perché i due si confondono in ogni riga) risulta essere – tramite l’arte combinatoria di Leibniz– proprio quello dei nostri discorsi. L’oggetto dello scrivere di Gadda è il sistema di relazione tra le cose, che attraverso una genetica combinatoria mira a una mappa o catalogo o enciclopedia del possibile, e, risalendo una genealogia di cause e di concause, a collegare tutte le storie in una, nell’intento eroico di liberarsi dal groviglio dei fatti subiti passivamente contrapponendo loro la costruzione d’un «groviglio conoscitivo» – o, noi diremmo, d’un «modello» – altrettanto articolato.

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5. La casa, la madre, il dolore

L’origine prima del dolore ha le sue radici nella figura materna, amata e odiata al contempo, ammirata per la capacità di mantenere economicamente la famiglia, di guidarla anche senza il marito, odiata per le sue manie borghesi, l’attaccamento a certi formalismi sociali di classe. Cui non risere parentes si ricordano i versi dell’egloga IV di Virgilio: colui al quale non hanno sorriso i genitori; Gadda ha sofferto per una certa mancanza di affettività della madre che d’altra parte, laureata in Lettere, insegnante di Francese, esigente e severa, guidò e condizionò la sua formazione culturale e non solo. La madre è anche colei che obbliga la famiglia a vivere in ristrettezze e sacrifici pur di continuare la costruzione della villa di Longone. Gadda più volte fa un parallelo tra sua madre, Adele Lehr, e la madre dispotica di G. Leopardi, Adelaide Antici; significativo è il fatto che il nome della madre di Gonzalo nel romanzo La cognizione del dolore, fosse in un primo tempo Adelaide poi cambiato in Isabelle François come per una sorta di autocensura, di occultamento, di riserbo sofferto. Questa casa mai abitata e vissuta, odiata da Gadda, venduta subito dopo la morte della madre, viene vista come emblema di una concezione borghese della vita centrata sull’esteriorità, su uno stile di vita sfarzoso e vuoto di affetti, inoltre è il simbolo della sua ossessione, del suo risentimento che sfocerà nelle pagine del romanzo autobiografico La cognizione del dolore, scritto dopo la morte della madre.

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La villa di Longone

La villa, la famiglia Gadda, lo scrittore è il primo a sinistra

La madre e la sorella di Gadda

Le sue ossessioni

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Dal suo scritto filosofico Meditazione milanese e dal dialogo L’egoista si possono trarre delle riflessioni che possono sintetizzare il pensiero gaddiano:

“ Non è possibile pensare un grumo di relazioni come finito, come un gnocco distaccato da altri nella pentola. I filamenti di questo grumo ci portano ad altro, ad altro, infinitamente ad altro: ma ciò dico non nel senso, dibattuto e noto del regresso delle cause finite e progresso degli effetti finiti […]. Ma dico invece ciò nel senso di una coestensione logica…”( da Meditazione milanese)

“La vita di ognun di noi pensata come fatto per sé stante, estraniato da un decorso e da una correlazione di fatti, è concetto erroneo, è figurazione gratuita. In realtà, la vita di ognun di noi è “simbiosi con l’universo”. […]La nostra individualità è il punto di incontro, è il nodo o groppo di innumerevoli rapporti con innumerevoli situazioni (fatti o esseri) a noi apparentemente esterne. […] Se una libellula vola a Tokio, innesca una catena di reazioni che raggiungono me.”(da L’Egoista). Si pensi alla teoria denominata(1979) “effetto farfalla” (l'espressione metaforica della Teoria del Caos) che sottolinea come nella maggior parte dei sistemi biologici, chimici, fisici, economici e sociali, esistano degli elementi che, apparentemente insignificanti, sono in grado, interagendo fra loro, di propagarsi e amplificarsi provocando effetti catastrofici. Questi elementi, e perché trascurati, e perché imprevedibili, e perché non individuabili, costituiscono il dilemma del nostro secolo giacché, come abbiamo visto, possono condurci a conclusioni errate.

Sitografia:

Ultime riflessioni

http://www.arts.ed.ac.uk/italian/gadda/.

http://it.geocities.com/csgaddalongone/

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Progetto Voci del Novecento