G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC...

134
G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIA degli accidenti cerebrovascolari Il Pensiero Scientifico Editore

Transcript of G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC...

Page 1: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

G-PACGuida formativa

per la PREVENZIONE SECONDARIAdegli accidenti cerebrovascolari

Il Pensiero Scientifico Editore

Page 2: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Il progetto «Progettare e valutare la fattibilità di un piano di formazione per la prevenzione secondaria degli accidenti cerebrovascolari» è stato finanziato dal Ministero della Salute (capitolo 4393/2005 – CCM)I materiali prodotti sono disponibili anche in forma elettronica ai seguenti link:Sito CCM - http://www.ccm-network.it/ (alla sezione del progetto)Sito ASSR E-R – http://asr.regione.emilia-romagna.it (alla sezione progetti PRI E-R, malattie cerebrovascolari)Sito del Pensiero Scientifico - http://www.pensiero.it/gpac

Prima edizione: marzo 2009© 2009 Regione Emilia-RomagnaRealizzazione a cura del Pensiero Scientifico EditoreVia Bradano 3/c, 00199 RomaTel. (+39) 6 862821, fax (+39) 6 86282250E-mail: [email protected] – www.vapensiero.infoLa riproduzione e la divulgazione dei contenuti del presente documentosono consentite fatti salvi la citazione della fonte ed il rispettodell’integrità dei dati utilizzatiStampato in Italia dalle Arti Grafiche Tris S.r.l.via delle Case Rosse, 23, 00131 RomaCopertina e progetto grafico: Studio Rosa Pantone s.n.c., RomaIllustrazione di copertina: Il cappello fa l’uomo, Max Ernst, 1920Impaginazione: Red Ink s.r.l.Coordinamento redazionale: Benedetta FerrucciISBN 978-88-490-0279-9

Page 3: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

La redazione della guida è stata curata da:

Salvatore Ferro

Direzione generale Sanità e politiche sociali Regione Emilia-Romagna

Federica Petetti

Direzione generale Sanità e politiche sociali Regione Emilia-Romagna

Francesca Terri

Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna

Marco Biocca

Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna

Bianca Maria Polizzi

Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali

Si ringrazia per il supporto alla redazione del testo Federica Sarti, Agenzia sanitaria e socialeregionale dell’Emilia-Romagna

Hanno collaborato:

Nino Basaglia, Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara

Claudio Borghi, Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna

Paolo Cerrato, Azienda ospedaliera-universitaria S. Giovanni Battista di Torino

Milena Cavazzuti, Azienda Usl Modena

Paolo D’Argenio, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero del Lavoro, del-la Salute e delle Politiche Sociali

V

Autori e collaboratori

Page 4: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Giuseppe Di Pasquale, Azienda Usl di Bologna

Sabrina Fontana, Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna

Gian Franco Gensini, Università degli studi di Firenze

Donata Guidetti, Azienda Usl di Piacenza

Gaetano Lanza, Ospedale Multimedica IRCCS di Castellanza (VA)

Alessandro Liberati, Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna

Giovanni Malferrari, Azienda ospedaliera di Reggio-Emilia

Norina Marcello, Azienda ospedaliera di Reggio-Emilia

Luciano Pedrini, Azienda Usl di Bologna

Leandro Provinciali, Azienda ospedaliera-universitaria Ospedali riuniti di Ancona

Fabrizio Rasi, Azienda Usl di Ravenna

Stefano Ricci, Azienda sanitaria locale 1 di Città di Castello (PG)

Maria Luisa Sacchetti, Federazione ALICE Italia onlus, Università degli studi di Roma LaSapienza

Tommaso Sacquegna, Azienda Usl di Bologna

Roberto Sterzi, Azienda ospedaliera Niguarda Ca’ Granda di Milano

Maria Rosaria Tola, Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara

Gianfranco Tortorici, Azienda Usl di Bologna

Vito Toso, The Italian Stroke Forum, Castelfranco Veneto (TV)

Mauro Zampolini, Azienda sanitaria locale 3 di Foligno

Augusto Zaninelli, Università degli studi di Firenze

VI

G - P A C

Page 5: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Indice

Prefazione, Fabrizio Oleari, Bianca Maria Polizzi IX

Presentazione, Salvatore Ferro XI

Note per i formatori XIIIUso della guida formativa XIIIAccenni al modello formativo XIIILa formazione d’aula: accenni metodologici XIV

Introduzione al corso XVIIPerché il corso? XVIIIl piano degli incontri XVIIIMetodi e materiali XVIII

MODULO 1. EPIDEMIOLOGIA DELL’ICTUS E FATTORI DI RISCHIO

SESSIONE 1.1. Epidemiologia e classificazione 3Introduzione e obiettivi della sessione 3Classificazione dell’ictus 4Cause di ictus 5Epidemiologia dell’ictus 7

SESSIONE 1.2. Il rischio cerebrovascolare 11Introduzione e obiettivi della sessione 11I fattori di rischio dell’ictus 11Valutazione del rischio cerebrovascolare 20

MODULO 2. STRATEGIE PREVENTIVE E ASSISTENZIALI

SESSIONE 2.1. Le strategie di prevenzione per il controllo dei fattori di rischio 29Introduzione e obiettivi della sessione 29

VII

Page 6: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

L’importanza della prevenzione primaria e secondaria dell’ictus 29La prevenzione primaria 30La prevenzione secondaria nei soggetti con precedente TIA/ictus 35

SESSIONE 2.2. Le strategie assistenziali in fase acuta 39Introduzione e obiettivi della sessione 39Fase pre-ospedaliera 40Fase ospedaliera 42Diagnosi 45Terapia 49Fase di stato 58

MODULO 3. LA PREVENZIONE SECONDARIA

SESSIONE 3.1. La terapia farmacologica 63Introduzione e obiettivi della sessione 63Considerazioni sull’impiego di trattamenti farmacologici 64Indicazioni farmacologiche 64

SESSIONE 3.2. La terapia chirurgica 73Introduzione e obiettivi della sessione 73Indicazioni chirurgiche 73

MODULO 4. ASSISTENZA AL PAZIENTE E ALLA FAMIGLIA

NEL POST-ICTUS

SESSIONE 4.1. Riabilitazione e continuità assistenziale 85Introduzione e obiettivi della sessione 85La riabilitazione del paziente con ictus 86Programmi riabilitativi 92

SESSIONE 4.2. L’approccio al paziente e alla famiglia 97Introduzione e obiettivi della sessione 97Il ruolo della medicina generale 98Il rapporto medico-paziente 98La comunicazione del rischio 100Il counselling 101Informazione ed educazione alla famiglia 103I protagonisti dell’attività assistenziale 105

VIII

G - P A C

Page 7: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Prefazione

Questa Guida Formativa è il prodotto di unainiziativa promossa dal Centro nazionale perla prevenzione e il controllo delle malattie(CCM) del Ministero della Salute di concertocon l’Agenzia Sociale e Sanitaria Regionaledell’Emilia-Romagna, avvalendosi della colla-borazione di un panel multiprofessionale emultidisciplinare di esperti attivamente coin-volti nella prevenzione delle malattie cere-brovascolari.

Questo Manuale nasce dall’esigenza, av-vertita in molti altri Paesi europei ed extra-europei, di promuovere strategie ed inter-venti di prevenzione cerebrovascolare.

Tale iniziativa origina dalla constatazioneche le patologie cerebrovascolari, in partico-lare l’ictus cerebrale, rappresentano la secon-da causa di morte a livello mondiale e la terzanei Paesi industrializzati, dopo le malattie car-diovascolari ed i tumori. L’ictus rappresenta,inoltre, la prima causa di disabilità nell’anzia-no con un rilevante impatto sull’individuo,sulla famiglia e sul sistema sociosanitario.

Le stime di previsione indicano che entrol’anno 2020 la mortalità per ictus sarà rad-doppiata sia a causa dell’aumento dei sogget-ti nelle classi più avanzate di età sia a causadell’incremento dell’abitudine al fumo neiPaesi in via di sviluppo.

Appare chiaro, pertanto, che la crescita ela complessità di queste affezioni nei prossi-

mi anni saranno di entità tale da esercitare unenorme impatto clinico-assistenziale e socio-economico al punto da mettere in discussio-ne la sostenibilità dell’intero sistema sanitarionazionale.

Le patologie cerebrovascolari, unitamen-te alle altre patologie croniche, rappresenta-no dunque una sfida ed un impegno per il no-stro sistema sanitario.

Già l’Accordo Stato-Regioni del 3 febbraio2005 ha posto l’accento sull’importanza dellaricerca per il miglioramento dell’assistenza aipazienti con ictus, nonché della formazionecontinua degli operatori e del coinvolgimen-to dei cittadini a rischio, dei malati, dei loro fa-miliari e dei caregivers.

Il Piano Sanitario Nazionale 2005-2007 an-noverava tra i suoi obiettivi la riduzione dellamortalità e della disabilità conseguente allemalattie cardio e cerebrovascolari ed eviden-ziava la necessità di promuovere interventimirati a fronteggiare le problematiche relati-ve all’ictus cerebrale, quali la sorveglianzadegli eventi acuti, la prevenzione primaria esecondaria.

Il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP)2005-2008 ha compreso tra i suoi ambiti di in-tervento prioritario la diffusione dell’applica-zione della carta del rischio quale strumentodi valutazione del rischio cardio-cerebrova-scolare globale assoluto nella popolazione di

IX

Page 8: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

età compresa tra i 40 ed i 69 anni. Analoga at-tenzione è stata rivolta dal PNP alla preven-zione delle recidive in pazienti già colpiti daprecedenti eventi cardio e cerebrovascolari.

Se, per la prevenzione primaria, l’adozionedi un corretto stile di vita è stata individuataquale risorsa strategica per la sostenibilitàdel sistema sanitario, per la prevenzione del-le recidive e delle complicanze dell’ictus ènecessario prevedere la rimodulazione deimodelli assistenziali. Al medico di medicinagenerale va attribuito un ruolo centrale, qua-le primo attore nella prevenzione e sosteni-tore dell’individuo nel mantenere la salutecome bene prezioso per se stesso e per la co-munità. Tale ruolo si affianca a quello di di-spensatore di terapie nelle condizioni ad ele-vato rischio e nella cronicizzazione di eventiacuti, con il fine ultimo di attuare una preco-ce ed appropriata strategia di prevenzionedelle recidive.

La prevenzione secondaria dell’ictus ische-mico, infatti, rappresenta l’elemento più im-portante per evitare le recidive purché instau-rata con urgenza, ossia immediatamente dopol’evento acuto e proseguita nel tempo, conuna gestione integrata fra ospedale e territo-rio attraverso modalità di continuità di cura.

A sostegno del Piano Nazionale della Pre-venzione e del Programma Guadagnare Salu-te è stato avviato il progetto sull’ictus intito-lato «Progettare e valutare la fattibilità di unPiano di formazione per la prevenzione se-condaria degli accidenti cerebrovascolari». Ilprogetto si propone di elaborare un modelloformativo per implementare percorsi efficacidi assistenza multidisciplinare e multiprofes-sionale, attraverso la sperimentazione di unpiano di formazione nell’ambito della preven-zione secondaria dell’ictus ischemico acuto.

La Guida Formativa che qui di seguito pre-sentiamo intende focalizzare l’attenzione neiconfronti della patologia cerebrovascolare,promuovere strategie ed interventi di pre-

venzione mirati, stimolando nelle figure pro-fessionali coinvolte nell’assistenza e nella pre-venzione dell’ictus una cultura comune ecompetenze adeguate per ottenere maggioriinterazioni operative. Nel Manuale sono pre-sentate in modo sintetico le strategie neces-sarie a trasferire nella pratica corrente le pro-ve di efficacia oggi disponibili. Ciò allo scopodi identificare gli aspetti essenziali del per-corso assistenziale al paziente con ictus, puraffidando alle singole regioni l’elaborazione dimodelli organizzativi adatti al contesto locale.

I destinatari di questa Guida Formativa so-no gli operatori sanitari direttamente coin-volti nell’assistenza alle persone colpite da ic-tus, i medici di medicina generale, i program-matori e gli organizzatori regionali e azienda-li. Insieme potranno condividere una strate-gia per realizzare un efficiente sistema diprogrammazione dell’assistenza delle patolo-gie cerebrovascolari in Italia.

Ai programmatori regionali e locali spet-terà il compito di favorire il passaggio dall’at-tuale forma di assistenza verso un’assistenzadedicata e multidisciplinare dell’ictus. A tal fi-ne, le indicazioni contenute in questa GuidaFormativa potranno essere rimodulate in fun-zione delle varie specificità territoriali, purmantenendo l’obiettivo comune del raggiun-gimento di standard elevati nella cura dellepersone affette da patologie cerebrovascolari.

Fabrizio Oleari

Direttore Generale

Direzione Generale

della Prevenzione Sanitaria

Ministero del Lavoro, della Salute

e delle Politiche Sociali

Bianca Maria Polizzi

Direzione Generale

della Prevenzione Sanitaria

Ministero del Lavoro, della Salute

e delle Politiche Sociali

X

G - P A C

Page 9: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

L’ictus cerebrale rappresenta una delle pato-logie più frequenti, collegata a un rilevante ri-schio di morte e disabilità residua in personeadulte: due terzi dei casi si verificano sopra i65 anni, ma possono essere colpite anchepersone giovani.

La sua incidenza aumenta con l’età, so-prattutto dopo i 50 anni, con oltre 196.000nuovi casi all’anno in Italia.

Di questi, il 20% recidiva nel giro di alcunimesi causando una mortalità molto alta; bastipensare che nell’ictus ischemico il 20% deisoggetti muore entro 30 giorni mentre nel-l’ictus emorragico tale percentuale può arri-vare al 40%.

Se invece consideriamo tempi più lunghi,a 6 mesi avremo: in un terzo dei casi morte, inun altro terzo disabilità e in un altro ancorarecupero discreto o totale.

Stime per l’anno 2005 hanno attribuito al-l’ictus cerebrale 6 milioni di morti nel mondo.

Entro l’anno 2020 la mortalità per ictussarà duplicata a causa dell’aumento dei sog-getti anziani e della persistenza dell’abitudineal fumo di sigaretta.

In un gran numero di casi (35% dei casi to-tali di ictus), inoltre, l’ictus dà luogo a gravi in-fermità con bisogno di assistenza, da parte siadella famiglia che delle strutture di riabilita-

zione, con risvolti socioeconomici di notevo-le entità.

Risulta quindi evidente, da quanto espo-sto, che l’ictus cerebrale rappresenta un rile-vante problema sanitario sia per le sue le di-mensioni epidemiologiche sia per l’impattosocioeconomico.

Il dato epidemiologico e la complessità del-le caratteristiche clinico-assistenziali dell’ic-tus rendono particolarmente importante l’e-laborazione di raccomandazioni riguardanti laprevenzione primaria e secondaria. In talecontesto risultano essenziali le iniziative diformazione delle figure coinvolte nei pro-grammi di prevenzione dell’ictus.

Infatti, mentre le possibilità di interventoacuto una volta che si è manifestato l’ictus so-no limitate, le possibilità di prevenzione (op-pure la prevenzione di un secondo ictus unavolta che sia avvenuto il primo) sono notevo-li e devono essere sfruttate a partire innanzi-tutto dalla correzione dei fattori di rischio.

I fattori di rischio e i meccanismi fisiopa-tologici, pur mettendo l’ictus in stretta rela-zione con il complesso delle malattie cardio-vascolari, rivelano specificità che riguardanosia l’organo bersaglio, l’encefalo, sia meccani-smi fisiopatologici differenziati per cui si di-stinguono quadri clinico-patologici diversi

XI

Presentazione

Page 10: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

(per esempio emorragici o ischemici) e, al-l’interno di ciascuno di questi, ulteriori causee ulteriori sindromi.

La complessità dei fattori di rischio e deimeccanismi fisiopatologici, unitamente allerecenti evidenze della letteratura, rendequindi l’ictus una patologia di competenzamultidisciplinare.

Per questo motivo, la guida proposta è il ri-sultato del lavoro di un panel di esperti in cuisono rappresentate tutte le discipline rile-vanti nell’assistenza al paziente con ictus:neurologia, medicina interna, neuroradiolo-gia, cardiologia, geriatria, chirurgia vascolare,medicina riabilitativa, scienze infermieristi-che, medicina generale, ecc.

Questa guida inoltre si propone come stru-mento agile e aggiornato rivolto agli operato-ri sanitari coinvolti nel management clinico enella prevenzione.

L’elaborazione di una strategia preventivaè il primo passo per porre fine all’aumentaredei casi di ictus.

Affinché questo diventi possibile, è neces-sario adottare una politica di intervento alivello nazionale e/o regionale realizzata a tut-ti i livelli di sanità pubblica e con la parteci-pazione attiva dei cittadini e degli operatorisanitari.

Il coinvolgimento nella formazione e neiprogrammi di prevenzione di tutti gli opera-tori sanitari e in particolare dei medici di me-dicina generale rappresenta il primo passoverso una gestione integrata dell’assistenza.

L’ampiezza della popolazione a rischio diaccidenti cerebrovascolari a causa di compor-tamenti errati da un lato e la consapevolezzache le azioni preventive portano certamente auna riduzione della mortalità per malattie ce-rebrovascolari dall’altro, sottolineano la ne-cessità di strumenti formativi al fine di pro-muovere l’implementazione di interventi diprovata efficacia nella pratica clinica e la dif-fusione di misure di prevenzione nella popo-lazione generale o nella popolazione ad alto ri-schio di ictus o già colpita da un primo ictus.

La presente guida ha pertanto l’obiettivodi diffondere i contenuti della prevenzionesecondaria dell’ictus attraverso la promozio-ne di interventi formativi rivolti in particola-re ai medici di medicina generale e a tutti glioperatori sanitari coinvolti nell’assistenza al-l’ictus: attraverso tali figure sarà infatti possi-bile raggiungere i pazienti e i caregiver e fa-vorire pertanto la loro adesione costante allestrategie di prevenzione.

L’impegno della regione Emilia-Romagnasui temi della prevenzione e dell’assistenza al-l’ictus è documentato dalle iniziative di pro-grammazione, di formazione e di ricerca con-sultabili al sito http://www.saluter.it/stroke/al quale si rimanda per ulteriori approfondi-menti.

Salvatore Ferro

Direzione generale Sanità

e Politiche Sociali

Regione Emilia-Romagna

XII

G - P A C

Page 11: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Le pagine seguenti sono indirizzate ai forma-tori e contengono indicazioni utili per la pre-parazione e la realizzazione del corso: da ac-cenni metodologici relativi alla conduzionedelle lezioni a indicazioni sull’uso di metodi estrumenti (discussione in plenaria, restitu-zioni al gruppo) per la gestione dell’aula.

Uso della guida formativa

Questa guida si propone come strumento asupporto del corso: riporta infatti i contenutida trattare corrispondenti ai moduli formati-vi, richiami alle slide, materiale iconograficodi integrazione al testo, spazi per eventualiannotazioni e infine sezioni contenenti ap-profondimenti dell’argomento trattato. Allafine di ogni sessione sono segnalati i principalitesti di riferimento e inserite le note biblio-grafiche.

La guida vuole tracciare le linee generalidel corso, ma si propone come strumentoflessibile e riadattabile a seconda delle diver-se realtà regionali, di specifici contesti ed esi-genze.

I materiali sono disponibili anche in formaelettronica, la guida completa, le slide che iformatori potranno utilizzare durante le le-

zioni, gli strumenti per la valutazione degli ap-prendimenti e testi di approfondimento. Leslide si presentano volutamente snelle ed es-senziali: prive di orpelli grafici e animazioni,riportano i punti essenziali del discorso, at-traverso contenuti segmentati e sequenziali.

Le slide sono fornite in un formato elet-tronico modificabile per consentire ai forma-tori di fare tutte le integrazioni necessarie einserire eventuali aggiornamenti.

Accenni al modello formativo

PREMESSE E OBIETTIVI

Il corso PAC (prevenzione degli accidenti ce-rebrovascolari), rivolto a tutte le figure pro-fessionali che intervengono nelle diverse fasidella gestione dell’ictus, presenta gli aspettiessenziali del percorso assistenziale del pa-ziente e delle strategie preventive, ma lasciaanche lo spazio per riadattare contenuti emodalità di realizzazione alle singole realtàregionali e a specifici contesti.

L’ipotesi e l’auspicio dei committenti e de-gli autori è che con la realizzazione del corsosi inneschi un meccanismo «a cascata», se ipartecipanti a un corso iniziale si trasforme-ranno, in seguito, nei conduttori di edizioni

XIII

Note per i formatori

Page 12: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

successive, passando cioè dal ruolo di allievia quello di insegnanti.

L’obiettivo è creare una rete di formatoriche a livello locale assicuri la formazione allefigure professionali coinvolte nell’assistenza enella prevenzione dell’ictus, per condividerelinguaggi, esperienze e obiettivi.

UN TEST INIZIALE

Prima di essere diffusi, il corso, tutti i mate-riali prodotti e la G-PAC sono stati testati inuna prova sperimentale realizzata a Ferrara il29 e 31 gennaio 2009, con la collaborazionedell’Azienda ospedaliero-universitaria e del-l’Azienda USL di Ferrara. L’obiettivo era va-lutare, nelle condizioni più simili a quelle del-la possibile effettiva utilizzazione, la fattibilitàdell’iniziativa ed eventualmente riadattare ilcorso in funzione dei riscontri raccolti, sia daparte dei docenti che dei partecipanti, in par-ticolare su:

• i contenuti affrontati e la loro impostazione;• la strutturazione dei moduli e delle sessioni;• la durata dei singoli moduli e del corso nel

suo complesso;• le modalità organizzative scelte per la rea-

lizzazione del corso.

Il test ha effettivamente comportato unaristrutturazione dell’indice della G-PAC e laconseguente riorganizzazione dei moduli.

La sperimentazione potrà proseguire nel-l’ambito dei nuovi progetti promossi dal Cen-tro nazionale per la prevenzione e il controllodelle malattie (CCM) del Ministero del Lavo-ro, della Salute e delle Politiche Sociali (si ve-da in Letture consigliate il sito di riferimento).

La formazione d’aula: accennimetodologici

PREMESSA

Il percorso formativo è articolato in moduli alcui interno vengono adottate differenti me-todologie didattiche: dai momenti informati-

vi delle lezioni frontali, contenenti i riferi-menti concettuali e metodologici ed esempidi «buona pratica», a momenti di discussionee supervisione tra pari.

Il lavoro in aula e in gruppo si propone diattivare risorse e conoscenze personali me-diante la condivisione di esperienze profes-sionali e la discussione sui contenuti proposti.In queste fasi i formatori hanno il ruolo di fa-cilitatori dell’apprendimento con l’obiettivo dicreare le situazioni d’aula che favoriscano lapartecipazione e il confronto.

La stessa strutturazione della formazione,che prospetta future riedizioni del corso in cuialcuni dei partecipanti di oggi assumeranno ilruolo di formatori domani, attribuisce ai con-fronti in aula anche la funzione di esercizi di si-mulazione di tecniche e strategie formative.

La guida formativa vuole costituire, comegià detto, un supporto didattico sia all’appro-fondimento individuale che al lavoro in aula.

Per ciò che concerne la gestione dei pro-cessi comunicativi, senza voler scendere neiparticolari delle teorie sulla comunicazione, èsufficiente evidenziarne la visione circolareche vede il feedback come un elemento essen-ziale che dà alla relazione comunicativa conti-nui assestamenti. Non è un caso infatti che laparola «comunicazione» derivi dal latino «ren-dere comune», rendere altri partecipi di unacosa, evocando dunque la relazione con l’altro.

Inoltre, l’assunto molto conosciuto secon-do il quale «non si può non comunicare»(Paul Watzlawick) sottolinea anche il valorecomunicativo dei segnali non verbali (dallapostura alla mimica, alla prossemica, al mododi porsi) e paraverbali (il tono, il timbro, il rit-mo e il volume della voce) che si integrano almessaggio verbale, lo confermano e lo rinfor-zano o, al contrario, lo contraddicono.

Il formatore dovrebbe porre un’attenzioneparticolare a questi elementi perché influen-zano grandemente il processo comunicativo.Un formatore in aula che, ad esempio, decidedi rimanere tutto il tempo dietro la cattedra,seduto, avrà un impatto diverso da colui che,al contrario, si disporrà di fronte ai parteci-

XIV

G - P A C

Page 13: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

panti, in piedi, più o meno vicino. Non esisto-no regole rigide, e conta molto anche il buonsenso, ma l’obiettivo dovrà essere quello dicreare un clima facilitante il confronto e l’ap-prendimento.

IL CONTRATTO D’AULA

In un qualsiasi percorso formativo, la fase ini-ziale rappresenta uno dei momenti sostanzialiin cui si gioca l’efficacia e l’utilità dell’interaproposta. Il formatore dovrà, come prima co-sa, introdurre il corso, illustrando ai parteci-panti il programma, nelle sue diverse tappe,nei tempi pianificati e risultati attesi.

Sarà anche importante la capacità del for-matore di esplorare e riconoscere le compe-tenze e dei bisogni formativi del gruppo e, sul-la base di questi, di ritarare (tradurre, rimo-dellare) senza rivoluzioni la proposta.

Questa operazione si identifica general-mente come la stipula del «contratto d’aula»,un momento di negoziazione sul percorso esul raggiungimento degli esiti, attraverso lamessa in comune di pensieri, idee, proposte,obiettivi dei partecipanti.

Il formatore inviterà i partecipanti a pre-sentarsi e a condividere le diverse aspettati-ve sull’esperienza, in primis mettendo ingioco se stesso attraverso il chiarimento e l’e-splicitazione di propositi, intenzioni e timori.

È un momento dedicato anche alla condi-visione di strategie e modalità di monitorag-gio e autoregolazione del percorso, di presa didecisioni e di valutazione dei risultati.

Come tutti i contratti, il contratto d’aula in-clude diritti e doveri: propone un momento didiscussione e condivisione della proposta for-mativa, entrando nel merito di ciò che è utilealla propria pratica professionale; costringe afare previsioni, a pianificare; esige un moni-toraggio, una riflessione e valutazione sul per-corso; richiede la convinta adesione dei par-tecipanti alla proposta formativa.

Il formatore assume anche il ruolo di «re-gista» negoziando tra le aspettative dei par-tecipanti, le loro richieste e la traccia forma-tiva già pianificata.

Il contratto d’aula rappresenta, in sintesi,una prima occasione per aumentare il gradodi consapevolezza su ciò che si realizzerà edovrà prevedere:

• un chiarimento sugli obiettivi formativi(attraverso la presentazione del corso, deisingoli partecipanti – compreso il forma-tore – e delle aspettative sull’esperienza);

• la descrizione delle fasi e dei tempi del la-voro;

• la descrizione delle metodologie, deglistrumenti e dei supporti e materiali ne-cessari;

• la condivisione delle modalità di valutazio-ne del percorso.

LA LEZIONE

La lezione, forse perché tradizionalmentemolto utilizzata, rischia spesso di venir dataper scontata nella sua conduzione. Si sotto-valutano le competenze che richiede, dallepiù palesi, come la capacità di organizzare edesporre in pubblico dei contenuti, alle piùcomplesse, come la capacità di assumere ilpunto di vista di chi ascolta e di focalizzarsisui punti chiave del discorso.

Una lezione ben fatta implica infatti unaprecisa organizzazione delle informazioni daesporre in modo che i contenuti risultino fa-cilmente individuabili e comprensibili e lacreazione in aula di situazioni che favoriscanolo scambio con e tra i partecipanti e garanti-scano la tenuta prolungata dell’attenzione.

È utile in particolare:

• modellare il proprio intervento in funzionedel gruppo che si ha di fronte;

• seguire un percorso a imbuto nell’impo-stazione del discorso, illustrando le lineegenerali dell’argomento per poi scenderenei particolari;

• selezionare i concetti chiave dell’interven-to e riprenderli di tanto in tanto, senza ri-dondanze, ricapitolando e riformulando;

• integrare nel discorso esempi e metaforeche danno concretezza al discorso e favo-

XV

N o t e p e r i f o r m a t o r i

Page 14: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

riscono la comprensione di concetti com-plessi;

• mettere in relazione i nuovi concetti conquelli affrontati in precedenza per tirareun filo che situi i diversi momenti entro unpercorso coerente anche tra i diversi mo-duli.

La presentazione con slide aiuterà il for-matore a impostare l’intervento sulla base ditali indicazioni. Le diapositive infatti seg-mentano i contenuti e riportano, sequenzial-mente, i punti essenziali del discorso. Le lorocaratteristiche grafiche (dimensione del ca-rattere, strutturazione e organizzazione deicontenuti al loro interno) le rendono imme-diate e di facile comprensione.

Nell’organizzare la lezione il formatore do-vrà prevedere tempi e modi per gestire gli in-terventi dei partecipanti, garantendomomenti di interazione con l’aula per lascia-

re spazio a riflessioni, discussioni e richiestedi chiarimento. Le domande e le osservazioniriportate in plenaria possono rappresentareinfatti uno strumento di approfondimento ef-ficace in funzione degli interessi espressi dalgruppo.

Inoltre, annotandole di volta in volta e or-ganizzandole logicamente (seguendo adesempio il modello delle FAQ – Frequently

asked questions), le domande possono co-stituire parte della memoria storica del grup-po, ridisegnando l’itinerario formativo sullabase delle piccole deviazioni compiute. Unmateriale così organizzato potrebbe inoltre ri-velarsi utile per la riprogettazione dei suc-cessivi corsi di formazione.

Nei momenti di discussione può risultareefficace che il formatore riproponga in modochiaro e coinciso quanto detto in gruppo (re-stituzione), cercando di evidenziare in puntidistinti ciò che è emerso dalla discussione.

XVI

G - P A C

Letture consigliate(Note per il formatore)

«Scrivere in medicina» su http://www.pensiero.it/strumenti/archivio.asp?ID_sezione=6

Kraft G. Il dottore parla in pubblico. Powerpoint, DVD e microfoni:una guida per il medico. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore,

2007.

Regione Emilia-Romagna, Agenzia sanitaria e sociale regionale,La formazione e la comunicazione nell’assistenza allo stroke.

Dossier 155/2007.http://asr.regione.emilia-romagna.it/wcm/asr/

collana_dossier/doss155.htm

Sito del CCMhttp://www.ccm-network.it/

Page 15: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Perché il corso?

L’ictus rappresenta oggi la terza causa di mor-te dopo le malattie cardiovascolari e i tumori.I numeri e le proporzioni chiariscono subito lanecessità di affrontare il problema dal puntodi vista sia assistenziale che preventivo.

le edizioni iniziali si trasformeranno, in segui-to, nei conduttori di corsi successivi, passan-do cioè dal ruolo di allievi a quello di docenti.

Il corso ha dunque una duplice finalità: dauna parte vuole garantire ai partecipanti unampliamento delle conoscenze e competenzerelative al fare prevenzione, dall’altra si pro-pone di «prepararli» a condividere e diffonde-re questi nuovi apprendimenti, attraverso laconduzione di ulteriori esperienze formative.

L’obiettivo è creare una rete di formatoriche a livello locale assicuri la formazione allediverse figure professionali coinvolte nell’as-sistenza e nella prevenzione dell’ictus, perarrivare a condividere un background di co-noscenze, esperienze e obiettivi.

XVII

Introduzione al corso

1

2

Questo corso è nato dall’esigenza di con-dividere culture, conoscenze e pratiche ine-renti la prevenzione secondaria degli acci-denti cerebrovascolari per favorire lo stabi-lirsi di più forti interazioni operative.

L’ipotesi e l’auspicio degli autori è che conla realizzazione del corso si inneschi un mec-canismo «a cascata», laddove i partecipanti al-

Page 16: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Il piano degli incontri

Il corso è pensato per svolgersi su due gior-nate: quattro moduli ciascuno suddiviso indue sessioni, per un totale di 16 ore. La dura-ta effettiva di ogni singola sessione potrà va-riare a seconda delle competenze e degli in-teressi dei partecipanti e del tempo dedicatoalle discussioni e alle eventuali presentazionidi esempi pratici o case studies.

Ecco i titoli dei quattro moduli.

menti (discussione in plenaria, restituzioni algruppo) per la gestione dell’aula.

Le parti successive trattano sinteticamen-te i contenuti del corso. Alla fine di ogni se-zione sono riportati i principali testi di riferi-mento e le note bibliografiche.

Le pagine contengono anche richiami alleslide da presentare in aula, illustrazioni di in-tegrazione al testo, spazi per eventuali anno-tazioni e sezioni di approfondimento.

Tutti i materiali prodotti sono disponibilianche in forma elettronica, la G-PAC comple-ta, tutte le diapositive delle presentazioni, te-sti di approfondimento e gli strumenti per lavalutazione degli apprendimenti del corso.

XVIII

G - P A C

3

Ogni sessione è così articolata:

• presentazione del tema e degli obiettivi diapprendimento;

• lezione con slide;• riflessioni in piccoli gruppi e discussione

plenaria.

Metodi e materiali

La guida formativa (G-PAC), nella prima par-te, contiene suggerimenti per i formatori sul-la preparazione e realizzazione del corso: daaccenni metodologici sulla conduzione dellelezioni a indicazioni sull’uso di metodi e stru-

4

5

Il corso alternerà le lezioni a momenti piùesperienziali, di confronto e discussione ingruppo, facendo leva sulla «supervisione trapari».

Page 17: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Prima di iniziare il corso va definito ciò cheusualmente si chiama «contratto d’aula», chesi realizza invitando il gruppo dei partecipan-ti a conoscersi reciprocamente e a mettere incomune le aspettative legate al percorso dacompiere, nelle sue diverse fasi, e ai risultatida raggiungere.

La valutazione degli apprendimenti saràrealizzata somministrando ai partecipanti unquestionario a risposte multiple prima e dopoil corso. In itinere si solleciteranno e racco-glieranno osservazioni e commenti dei parte-cipanti, mentre alla fine del corso si valuteràil gradimento con un questionario predispo-sto nell’ambito del programma ECM.

XIX

I n t r o d u z i o n e a l c o r s o

6 7

Page 18: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 19: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Modulo 1Epidemiologia dell’ictus e fattori di rischio

Page 20: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 21: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

Questo primo modulo, nelle sue due sessioni,affronta gli aspetti epidemiologici dell’ictuscerebrale, descrive le strategie di prevenzio-ne per la riduzione del rischio e le strategieassistenziali per la gestione appropriata dellafase acuta.

Per il rischio elevato di disabilità e di mor-te che comporta, l’ictus è da considerare co-me emergenza medica e deve essere pronta-mente diagnosticato e trattato.

L’ictus rappresenta infatti una delle piùgravi e frequenti patologie dell’adulto/anzia-

no con circa un milione di persone colpite inItalia, 200.000 nuovi casi e 20.000 decessi al-l’anno. Inoltre, in più della metà dei soprav-vissuti, l’ictus genera esiti invalidanti.

Nel nostro paese la spesa sanitaria per inuovi casi è di circa un miliardo di euro al-l’anno.

L’applicazione di specifiche e integratemodalità organizzative dell’assistenza e i nuo-vi interventi terapeutici nella fase acuta con-sentono di ridurre in modo significativo sia lamortalità che la disabilità.

Anche l’attività di riabilitazione contribui-sce ad accrescere ulteriormente la quota dipazienti che riacquistano capacità funzionalie un livello accettabile di qualità di vita.

In questa prima sessione si esploreranno leproporzioni del problema, le sue diverse for-me, i fattori determinanti, e le caratteristichedella parte di popolazione più colpita o a ri-schio.

Al termine di questa parte il lettore sarà ingrado di classificare le forme di ictus, descri-verne le principali cause e delinearne la dif-fusione tra la popolazione.

3

1/1Sessione 1.1EPIDEMIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE

1

Page 22: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Classificazione dell’ictus

L’Organizzazione Mondiale della Sanità defi-nisce l’ictus come l’improvvisa comparsa disegni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/oglobale (pazienti in coma profondo o graviemorragie subaracnoidee) delle funzioni ce-rebrali, di durata superiore alle 24 ore o a esi-to infausto, non attribuibile ad altra causa ap-parente se non a vasculopatia cerebrale.1

L’attacco ischemico transitorio (detto an-che TIA), invece, si differenzia dall’ictusischemico per la minore durata dei sintomi(inferiore alle 24 ore).

La definizione di ictus comprende, sullabase dei dati morfologici, l’ictus ischemico(la forma più frequente), l’ictus emorragico(circa il 15% dei casi) e l’emorragia subarac-noidea (ESA).

L’ictus ischemico è caratterizzato daun’improvvisa occlusione di un vaso causatadalla presenza di un embolo, di un trombo,oppure – assai meno frequentemente e soloin associazione con patologia vascolare ste-nosante o occludente intra- o extracranica –da un’improvvisa e grave riduzione della pres-sione di perfusione del circolo.

L’ictus emorragico è invece una condi-zione determinata dalla presenza di unaemorragia intracerebrale non traumatica(emorragia intraparenchimale) o caratteriz-zata dalla presenza di sangue nello spaziosub-aracnoideo (emorragia sub-aracnoidea).

Parliamo di ictus ischemico con infarci-mento emorragico in presenza di aree emor-ragiche nell’ambito di un ictus ischemico.

4

M O D U L O 1

FIGURA 1

Wikipedia in linguainglese, alla voce Stroke,

«Sezione di cervello di unsoggetto colpito da ictus

acuto dell’arteriacerebrale media»

2 3

4

Page 23: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Cause di ictus

Nell’ambito dell’ictus ischemico l’eziologia èda ricondurre a:

• patologie delle arterie di maggiore calibro(arterie carotidi, arterie vertebrali o arte-ria basilare, aorta ascendente e arco aorti-co) responsabili di infarti che colpiscono lacorteccia e le strutture sottocorticali;

• patologie dei vasi di piccolo calibro (arte-rie perforanti) che causano infarti sotto-corticali o lacune;

• patologie cardiache (cardioemboliche)causate da emboli a partenza cardiaca;

• infarti cerebrali d’altra origine (dissezione,poliglobulia, ipoglicemia);

• infarti cerebrali d’origine sconosciuta.

Tra le cause più comuni di ictus ischemicoritroviamo:

• Vasculopatia aterosclerotica (atero-trombotica in circa il 50% dei casi) conse-guente all’intervento dei principali fattoridi rischio cardiovascolari (ipertensione ar-teriosa, fumo, diabete, ecc.). Interessa learterie di maggior calibro, comunementele arterie carotidi, le vertebrali e le arterieche originano dal circolo del Willis, all’in-terno delle quali si forma un ateroma che,nella sua evoluzione, si ulcera, dando ori-gine a emboli di materiale ateromasico (ri-scontrato in rari casi anche all’interno dilesioni lacunari). Sulla lesione ulcerativa siforma in seguito una apposizione piastri-nica, che spesso riembolizza, oppure con-tribuisce a generare una formazione trom-botica che può portare alla occlusionecompleta del lume. Altre cause di ictus su base vascolo-embo-lica sono rappresentate da aneurismi chepossono essere aterosclerotici oltre checongeniti;

• Occlusioni delle piccole arterie (TIA oictus lacunare, nel 25-30% dei casi lacu-nare) causate da lipoialinosi (accumuli li-pidici che crescono nelle piccole arterieper effetto dell’ipertensione, del diabete odell’età) e degenerazione fibrinoide o dal-l’estensione di microateromi dalle arteriedi maggior calibro a quelle perforanti.

5

S e s s i o n e 1 1/1

5

APPROFONDIMENTI

Tra le condizioni associate con rischio elevato di ictus cardioembolico si ritrovano: fibrillazione atriale (nonisolata), protesi valvolare meccanica, stenosi mitralica con fibrillazione atriale, trombo in atrio e/o auri-cola sinistri, sick sinus syndrome, infarto miocardico acuto recente (<4 settimane), trombo ventricola-re sinistro, mixoma atriale, endocardite infettiva, cardiomiopatia dilatativa, acinesia di parete del ventri-colo sinistro. Le condizioni associate con basso rischio di ictus iniziale o ricorrente, oppure non dimostrate con sicu-rezza come sorgenti di cardioembolismo comprendono: prolasso della valvola mitralica, calcificazionedell’anulus mitralico, stenosi mitralica senza fibrillazione atriale, ecocontrasto spontaneo in atrio sini-stro, forame ovale pervio, aneurisma del setto interatriale, stenosi aortica calcifica, flutter atriale, fibril-lazione atriale isolata (lone), protesi valvolare biologica, endocardite trombotica non batterica, scom-penso cardiaco congestizio, ipocinesia segmentaria del ventricolo sinistro, infarto del miocardio (>4 set-timane, <6 mesi).

Page 24: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• Cardioembolie o embolie transcardiache(cardiogene nel 20-25% dei casi).

Nell’ambito dell’ictus emorragico invecel’80% circa di tutte le emorragie cerebrali èrappresentato dall’emorragia cerebrale

primaria ed è causato più frequentementedall’ipertensione arteriosa.

Tra le altre cause:

• l’angiopatia amiloide, caratterizzata daemorragie cerebrali ricorrenti e con loca-lizzazione lobare, causa circa un terzo deisanguinamenti cerebrali nelle persone an-ziane;

• meno frequentemente, un aneurisma

può andare incontro a rottura e determi-nare lo spandimento ematico all’internodel tessuto cerebrale.

Altre cause meno frequenti sono le vascu-liti e gli angiomi.

6

M O D U L O 1

6

7

8

Tra le cause meno frequenti di ictus ische-mico ritroviamo invece:2

• anomalie congenite e genetiche (di-splasia fibromuscolare, dolicoectasia dellabasilare, sindrome di Ehlers-Danlos, pseu-doxantoma elastico, sindrome di Marfan,malformazioni arterovenose, CADASIL,MELAS, anemia a cellule falciformi);

• disordini ematologici;• dissezioni;• ictus emicranici;• trombosi dei seni venosi (che può esse-

re causa di infarti cerebrali venosi; in que-sti casi la presentazione clinica non è ca-ratteristica e può simulare quella di altrepatologie, fra cui l’ictus arterioso).

• vasculopatie infiammatorie primarie

(arterite a cellule giganti, arterite di Taka-yasu, lupus eritematoso sistemico, sindro-me di Sneddon, vasculiti necrotizzanti si-stemiche, poliarterite nodosa, sindrome diChurg-Strauss, granulomatosi di Wegener,artrite reumatoide, sindrome di Sjögren,malattia di Behçet, sclerodermia, sarcoi-dosi, arterite isolata del sistema nervosocentrale, malattia di Bürger);

• cause iatrogene.

Page 25: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Nell’ambito dell’emorragia subaracnoi-

dea (ESA) l’85% dei casi della forma sponta-nea (non traumatica) è dovuto alla rottura diun aneurisma. Nel 10% dei casi si tratta inve-ce di un’ESA idiopatica, non aneurismatica, alocalizzazione perimesencefalica, e, nel re-stante 5%, di cause rare (come la dissezionearteriosa, malformazioni artero-venose, fi-stole artero-venose durali).

zionali e internazionali riflettono, oltre a unadiversa frequenza della malattia, anche va-riazioni nella composizione della popolazione.Il 75% degli ictus, infatti, colpisce in età ge-riatrica (si osservino i dati che si riferisconoagli over 65).

L’incidenza, così come la prevalenza, au-menta quindi esponenzialmente con l’aumen-tare dell’età, raggiungendo il picco negli ultra-ottantacinquenni. Ad eccezione di questi ul-timi, l’incidenza è più alta nei maschi che nel-le femmine.

7

S e s s i o n e 1 1/1

9

10

11

Epidemiologia dell’ictus

L’ictus cerebrale rappresenta la seconda cau-sa di morte a livello mondiale e la terza causadi morte nei paesi a maggiore sviluppo econo-mico, dopo le malattie cardiovascolari e i tu-mori.

Stime per l’anno 2005 hanno attribuito al-l’ictus cerebrale 6 milioni di morti nel mondo.

Si prevede che entro l’anno 2020 la morta-lità per ictus sarà duplicata a causa dell’au-mento dei soggetti anziani e della persisten-za del tabagismo fra la popolazione.

L’ictus rappresenta la prima causa di disa-bilità nell’anziano con un rilevante impatto in-dividuale, familiare e sul sistema di assisten-za sociosanitario.

In Italia ogni anno si verificano circa196.000 ictus, di cui il 20% è costituito da re-cidive (39.000).3

Le stime di incidenza, come quelle di pre-valenza, variano molto da studio a studio. Levariazioni riscontrate nei principali studi na-

I tassi di prevalenza generale di ictus in Ita-lia, riassunti nella slide 11, si basano sui dati IL-SA (Italian Longitudinal Study on Aging) perle età comprese tra 65 e 84 anni, su altri studidi popolazione italiana per le altre fasce di età,e sui dati di popolazione del censimento 2001.

Page 26: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

La slide 12 evidenzia come nella popolazio-ne anziana italiana tra i 65 e gli 84 anni il tas-so di prevalenza sia pari a 6,5%, superiore neimaschi (7,4%) rispetto alle femmine (5,9%).

8

M O D U L O 1

12

Ritornando a considerare le diverse tipolo-gie di ictus, a partire dal registro dell’Aquila,4si può affermare che oltre l’80% dei soggetticon ictus è affetto da forme di tipo ischemico;le emorragie cerebrali rappresentano poco piùdel 13% dei casi, mentre le emorragie suba-racnoidee non superano il 3% del totale.

Esiste infine una quota di casi che rientranella categoria degli ictus non classificabili(l’1,2% circa) per mancanza di documenta-zione strumentale o autoptica.

L’età è globalmente più elevata per gli ic-tus ischemici (l’età media è ampiamente su-periore ai 70 anni con netta predominanza de-gli uomini), mentre le emorragie subaracnoi-dee colpiscono in epoca più giovanile (l’etàmedia è tra i 48 e i 50 anni) e sono più fre-quenti nelle donne. Le emorragie intraparen-chimali si situano invece in una posizione in-termedia, con lieve prevalenza per il sessomaschile.

13

14

L’ictus ischemico globalmente consideratopresenta una mortalità a 30 giorni oscillan-te, nei vari studi, tra 10 e 25% circa. Rispettoalla prognosi a lungo termine, a distanza di unanno la mortalità dei pazienti con ictus ische-mico è pari a circa il 30-40%, mentre la fre-quenza di recidiva è tra il 10 e 15% nel primoanno e tra il 4 e 9% nei primi 5 anni successi-vi all’evento iniziale.

L’emorragia cerebrale (parenchimale o su-baracnoidea) ha una mortalità nettamentepiù elevata (a 30 giorni pari al 40-50%) ri-spetto alle forme ischemiche globalmenteconsiderate.

In generale, nel 35% dei pazienti colpiti daictus, globalmente considerati, resta una gra-ve invalidità e una marcata limitazione nelleattività della vita quotidiana.

Page 27: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

L’ictus pediatrico è un deficit focale acu-to, persistente almeno 24 ore, con evidenzaalle neuroimmagini di ischemia in territorioarterioso, che si verifica in un’età compresatra i 30 giorni e i 18 anni.

Le patologie cerebrovascolari si collocanotra le prime dieci cause di morte nell’infanzia.Secondo il National Hospital Discharge Sur-vey (NHDS), nei soggetti tra 0 e 18 anni il tas-so annuale di incidenza di ictus è del 13,3 per100.000.

Negli Stati Uniti l’incidenza annua è pari a2-3 per 100.000, mentre in Francia è di 13 per100.000.

Secondo il Canadian Pediatric IschemicStroke Registry (CPISR), l’incidenza di ictusischemico è pari al 2,7 per 100.000 per annoin soggetti con età inferiore ai 18 anni. Nel40% dei casi sono osservati in bambini conmeno di un anno di età, con un rapporto ma-schi/femmine pari a 1,5:1.

L’ictus pediatrico si manifesta più fre-quentemente con emiparesi acuta.

La sua evoluzione clinica varia nei diversistudi; la mortalità oscilla dal 7 al 28%. Nel2001 negli Stati Uniti la mortalità per ictus neibambini da 1 a 15 anni è stata dello 0,6 per100.000.

L’ictus giovanile insorge nei pazienti dietà compresa fra i 15-18 anni (limite inferio-re) e i 44-49 (limite superiore).

Nei paesi occidentali il 5,5% di tutti gli ic-tus colpisce soggetti con età inferiore ai 45anni, mentre nei paesi in via di sviluppo talepercentuale raggiunge il 19%. Da diversi stu-di, fra loro comparabili, il tasso grezzo di inci-denza dell’ictus nei giovani oscilla tra il 9 e il47 per 100.000 nuovi casi per anno. In gene-rale si può dire che gli ictus di tipo emorragi-co sono più frequenti (emorragia intracere-brale ed emorragia subaracnoidea) rispetto aisoggetti con un’età superiore ai 45 anni (il42,7% contro il 15,7%).

Nei soggetti con ictus ischemico, la morta-lità a lungo termine è superiore a quella dellapopolazione di riferimento, mentre il tassoannuo di recidiva è pari a circa il 3%.

Nei giovani che sopravvivono all’ictus, il16% non recupera la propria autonomia,mentre il 56% riprende la propria attività la-vorativa.

Abbiamo precedentemente accennato alTIA (Transient Ischaemic Attack). L’attac-

Proporzioni analoghe di disabilità resi-

dua si riscontrano tra i soggetti che soprav-vivono con lesioni emorragiche e con emor-ragia subaracnoidea.

Dai dati del CPISR è risultato che di 402bambini con ictus ischemico e 160 con trom-bosi dei seni venosi, il 27% era neurologica-mente normale, il 61% presentava deficitneurologici e il 12% era deceduto. Nel 21,6%dei casi erano riportate recidive.

9

S e s s i o n e 1 1/1

15

16

Page 28: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

co ischemico transitorio è un deficit neurolo-gico focale di natura ischemica a insorgenzaimprovvisa. Per definizione, la durata deveessere inferiore alle 24 ore, anche se nellamaggior parte dei casi un TIA dura pochi mi-nuti (dai 5 ai 30).

Il rischio di essere colpiti da un TIA au-menta con l’età, a partire dai 45 anni, conun’incidenza pari a 80-100 casi all’anno per100.000 abitanti.

La sua insorgenza costituisce un impor-tantissimo campanello d’allarme. Il TIA, in-fatti, preannuncia un futuro ictus, constatatal’alta e precoce frequenza di recidive in ictusischemici entro la prima settimana dall’insor-genza del TIA.5-7

Nella sessione successiva verrà trattata lastima del rischio cerebrovascolare attraversouno score validato (ABCD2) in grado di forni-re una stima del rischio di ricorrenza, in base

a dati clinici del paziente e di individuare treclassi di rischio.

Riferimenti bibliografici

1. SPREAD – Stroke Prevention and Educatio-nal Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Li-nee guida italiane di prevenzione e tratta-mento». Quinta edizione. Febbraio 2007, p.40.

2. Hakan Ay, Benner T et al. A computerized Al-gorithm for etiology of classification of ische-mic stroke. The causative classification ofstroke system. Stroke 2007; 38; 2979-84.

3. Dati estrapolati dalla popolazione del 2001, ci-tati in SPREAD, 5a ed., p. 49.

4. Sacco S, Di Gianfilippo G, Di Napoli M et al.L’ictus in Italia: risultati a 5 anni de L’AquilaStroke Registry (1994-1998) e confronto constudi comparabili di popolazione nazionali edinternazionali per una politica di gestione pro-grammata della patologia. Riv Ital Neurobiol2006; 2: 109-136. Citato in SPREAD, 5a ed.,cap. 4, nota 12, p. 53.

5. Rothwell PM, Giles MF, Flossmann E, Love-lock CE, Redgrave JNE, Warlow CP et al. Asimple score (ABCD) to identify individuals athigh early risk of stroke after a transientischaemic attack. Lancet 2005; 366: 29-36.

6. Rothwell PM, Buchan A, Johnston SC. Re-cent advances in management of transientischaemic attacks and minor ischaemicstrokes. Lancet Neurol 2006; 5: 323-31.

7. Johnston SC, Rothwell PM et al. Validationand refinement of scores to predict very earlystroke risk after transientischaemic attack.Lancet 2007; 369: 283-92.

10

M O D U L O 1

Letture consigliate(Modulo 1, Sessione 1)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione etrattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitoli 4, 17.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ictus

http://ccs.martinos.org

17

Page 29: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

La prevenzione è considerata la misura piùimportante per ridurre il peso bio-psico-so-ciale dell’ictus.

Il controllo e il trattamento dei fattori di ri-schio sono il cardine fondamentale dell’atti-vità preventiva. Eliminare i fattori di rischiosignifica ridurre di molto la probabilità di in-correre in una malattia trombotica come l’in-farto miocardico, o ateroembolica, trombo-embolica o trombotica come l’ictus. La pre-senza contemporanea di più fattori di rischioinvece moltiplica la probabilità di ammalarsi.

Come evidenzia la slide 1, questa sessioneillustra i principali fattori di rischio cerebro-vascolare, gli strumenti di valutazione delprofilo di rischio e la standardizzazione dellamisurazione di ciascun fattore.

Al termine della sessione i partecipanti/lettori saranno in grado di classificarli, valu-tarli e misurarli.

11

1/2Sessione 1.2IL RISCHIO CEREBROVASCOLARE

1

2

I fattori di rischio dell’ictus

I fattori che aumentano il rischio di sviluppa-re un ictus sono molteplici.

Come abbiamo già detto, più fattori sonopresenti, maggiori sono le probabilità di svi-luppare, prima o poi, un ictus.

Page 30: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Alcuni di questi non possono essere modi-ficati, come l’età, il sesso e i fattori genetici, ecostituiscono importanti indicatori per defi-nire le classi di rischio. Altri fattori invecepossono essere modificati.

Un importante e sottovalutato fattore di ri-schio non modificabile è la storia pregressa dieventi cerebrovascolari ischemici.

• è dimostrata la correlazione tra valori pres-sori elevati e complicazioni cardiovascola-ri totali e cerebrovascolari in particolare;

• ha un’alta prevalenza nella popolazione;• si può ridurre significativamente attraver-

so l’uso di farmaci antipertensivi (disponi-bili, efficaci e ben tollerati) oltre che coninterventi non farmacologici.

Le classificazioni della pressione arteriosasono quelle proposte dal Joint National Com-mittee americano, dalle Società Europee del-la Ipertensione (ESH) e di Cardiologia (ESC)e dal Comitato congiunto Società Internazio-nale dell’Ipertensione - Organizzazione Mon-diale della Sanità.

Esse unanimemente definiscono un sog-getto normoteso quando presenta valori si-stolici inferiori a 140 mmHg e valori diastoli-ci inferiori a 90 mmHg (seppure con diversesfumature). Al di sopra di questi valori unsoggetto viene definito iperteso.

Tutte le linee-guida sono comunque con-cordi sulle definizioni di «pre-ipertensione» o«pressione normale-alta» che comportano

12

M O D U L O 1

3

4

I FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI

I fattori di rischio modificabili possono esserecorretti attraverso un cambiamento dello stiledi vita o un intervento di tipo farmacologico. Illoro riconoscimento è alla base della preven-zione dell’ictus, sia primaria che secondaria.

I fattori di rischio modificabili ben docu-mentati sono elencati nella slide 3.

IPERTENSIONE ARTERIOSA

L’ipertensione arteriosa è certamente tra ipiù importanti fattori di rischio modificabili(anche nei soggetti anziani) perché:

APPROFONDIMENTI

Un importante riferimento nella letteratura scientifica sui fattori di rischio dell’ictus cerebrale è costituitodai Conference Proceedings della American Heart Association (AHA). Parte di quanto detto sui fattori dirischio è stato tratto dal multidisciplinary Consensus Statement della National Stroke Association e dal-lo Statement for healthcare professionals dello Stroke Council of the American Heart Association. Inol-tre, nello specifico, sono state considerate le ultime Linee guida dell’AHA sulla prevenzione primaria.1

Page 31: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

comunque un incremento significativo del ri-schio di ictus.

Tra le varie forme di ipertensione arterio-sa, soprattutto nell’anziano, particolare rilie-vo viene accordato oggi all’ipertensione si-stolica isolata.

Il paziente iperteso spesso è portatore di al-tri fattori di rischio, e la presenza di più fatto-ri di rischio per la malattia aterosclerotica ac-centua in maniera esponenziale il rischio del-le complicazioni cardio- e cerebrovascolari.

nello specifico, le condizioni associate ai di-versi livelli di rischio.

FIBRILLAZIONE ATRIALE

La fibrillazione atriale (FA) è il disturbo delritmo più frequente, dopo le aritmie extrasi-stoliche.

L’incidenza e prevalenza aumentano conl’età e, dopo i 55 anni, in ogni decade succes-siva di vita, la sua incidenza raddoppia.

I dati epidemiologici evidenziano che la fi-brillazione atriale è responsabile dell’85%degli ictus dovuti ad aritmie cardiache e di ol-tre il 50% delle forme cardiogene in senso la-to. Oltre il 50% degli ictus associati a fibrilla-zione atriale si manifesta in pazienti con più di75 anni.

Il rischio di ictus nella fibrillazione atrialenon è lo stesso per tutte le condizioni, ma èpiù elevato in presenza di stenosi mitralica,ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemicaacuta (11-18%) e cronica, cardiomiopatia di-latativa, cardiomiopatia ipertrofica, scom-penso cardiocircolatorio, ipertrofia ventrico-lare sinistra, diabete mellito e ipertiroidismo.

13

S e s s i o n e 2 1/2

5

6

CARDIOPATIE

Una quota non trascurabile degli ictus ische-mici clinicamente manifesti ha origine cardio-embolica.

In base ai fenomeni cardioembolici si di-stinguono soggetti ad alto rischio e soggetti abasso rischio di ictus. La tabella 1 riporta,

Tabella 1 - AFFEZIONI CARDIOEMBOLICHE ASSOCIATE

A RISCHIO DI ICTUS (CRITERI DEL TOAST)2

Maggior rischio Condizioni associate con rischio elevato di ictus cardioembolico:fibrillazione atriale (non isolata), protesi valvolare meccanica, ste-nosi mitralica con fibrillazione atriale, trombo in atrio e/o auricolasinistri, sick sinus syndrome, infarto miocardico acuto recente (<4settimane), trombo ventricolare sinistro, mixoma atriale, endocar-dite infettiva, cardiomiopatia dilatativa, acinesia di parete del ven-tricolo sinistro.

Minor rischio Condizioni associate con basso rischio di ictus iniziale o ricorrenteo non dimostrate con sicurezza come sorgenti di cardioembolismo:prolasso della valvola mitralica, calcificazione dell’anulus mitrali-co, stenosi mitralica senza fibrillazione atriale, ecocontrasto spon-taneo in atrio sinistro, forame ovale pervio, aneurisma del settointeratriale, stenosi aortica calcifica, flutter atriale, fibrillazioneatriale isolata (lone), protesi valvolare biologica, endocardite trom-botica non batterica, scompenso cardiaco congestizio, ipocinesiasegmentaria del ventricolo sinistro, infarto del miocardio (>4 set-timane, <6 mesi).

Page 32: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

DIABETE

Studi caso-controllo e indagini prospettichehanno dimostrato che il rischio di ictus au-menta da 1,8 a 6 volte nei diabetici rispetto ainon diabetici.

Questo effetto è da ricercare verosimil-mente nella patologia macro- e microvasco-lare associata al diabete mellito.

IPEROMOCISTEINEMIA

Studi caso-controllo hanno mostrato unaforte associazione tra ictus e livelli moderata-mente elevati di omocisteina, misurati sia incondizioni basali che dopo test da carico conmetionina.

Il trattamento per l’iperomocisteinemianon ha però dimostrato di ridurre il rischio diictus. Le recenti Linee-guida dell’AmericanHeart Association sottolineano che non esi-stono ad oggi dati sufficienti per raccoman-dare un trattamento specifico (che dovrebberidurre il rischio di un primo evento ischemi-co cerebrale) anche se, a breve (nel corso del2009), saranno disponibili i dati dello studioVITATOPS su 6.000 pazienti, e si potrà direuna parola definitiva sull’uso delle vitaminenella prevenzione dell’ictus.

L’uso di acido folico e di vitamine del grup-po B in pazienti con livelli elevati di omoci-steina può comunque essere utile.

IPERTROFIA VENTRICOLARE SINISTRA

La relazione fra ipertrofia ventricolare sini-stra e rischio di ictus è controversa.

Lo studio di Framingham ha dimostratoche l’ipertrofia ventricolare sinistra, diagno-sticata elettrocardiograficamente, è associa-ta a un’incidenza più elevata di ictus (oltreche di mortalità e morbosità per altri eventi

cardiovascolari).3 Il rischio relativo di ictus èrisultato di oltre 5 volte superiore negli uomi-ni e di 6,5 volte nelle donne, rispetto ai pa-zienti con elettrocardiogramma normale.

Sebbene i risultati dei diversi studi sianoconcordi nell’indicare l’ipertrofia ventricola-re sinistra come fattore di rischio per eventicerebrovascolari, Koren et al. non hanno in-vece osservato, fra pazienti con normale mas-sa miocardica e pazienti con ipertrofia ven-tricolare sinistra, alcuna differenza significa-tiva nel numero di eventi cerebrovascolari.4

Un recente lavoro di Devereux et al., nel-l’ambito dello studio LIFE (Losartan Inter-vention For End Point Reduction in Hyper-tension),5 ha dimostrato che, nei pazienti incui il trattamento antiipertensivo si associavaa una riduzione della massa ventricolare sini-stra, il rischio di sviluppare un ictus si ridu-ceva significativamente (in maniera parallelaal rischio di infarto miocardico o a morte car-diovascolare). La riduzione del rischio sem-brava indipendente dal risultato ottenuto suivalori pressori e dal trattamento farmacolo-gico a cui i pazienti erano stati assegnati.

14

M O D U L O 1

APPROFONDIMENTI

I livelli plasmatici di omocisteina (che deriva dall’aminoacido essenziale metionina) sono influenzati dafattori genetici che regolano la sintesi di enzimi coinvolti nel suo metabolismo (cistationina b-sintetasi,5-10 metilentetraidrofolato reduttasi), e dall’apporto dietetico di vitamina B6, B12 e acido folico.

7

Page 33: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

STENOSI CAROTIDEA ASINTOMATICA

Diversi studi documentano una correlazionetra rischio di ictus ischemico e grado di ste-nosi carotidea in soggetti asintomatici.6

Il rischio di ictus per una stenosi asinto-matica del 70% varia dall’1 al 3% in funzionedelle caratteristiche della lesione (maggiorenelle placche ipoecogene e miste), fino a pun-te del 4,3% per anno in pazienti con combi-nazione di più fattori di rischio.

Da altri studi emerge anche il ruolo dellospessore intima-media della carotide comefattore predittivo di eventi vascolari.7 L’au-mento di spessore della carotide, misuratoecograficamente, è risultato direttamentecorrelato a un aumento del rischio di infartomiocardico e di ictus in anziani senza storia dimalattia cardiovascolare.

ATTACCHI ISCHEMICI TRANSITORI (TIA)

L’ictus ischemico è preceduto spesso da unattacco ischemico transitorio (TIA) che, an-che se non comporta disabilità, rappresentasicuramente un campanello d’allarme.

Circa il 15-30% dei pazienti con ictusischemico riferisce in anamnesi un pregressoTIA, che può verificarsi nello stesso giornodell’ictus (nel 17% dei casi), il giorno prima(nel 9% dei casi) o entro i 7 giorni preceden-ti (nel 43% dei casi).

In un recente studio di popolazione,8 il ri-schio di ictus dopo un TIA si aggira intornoall’8-10% a 7 giorni, all’11,5% a un mese e al17,3% a 3 mesi.

ABUSO DI ALCOOL

Anche l’abuso di alcool aumenta il rischio diictus. Alcuni studi recenti9 indicano che l’as-

sociazione tra consumo di alcool e ictus ische-mico determina un apparente effetto protet-tivo per coloro che consumano meno di 24grammi di alcool al giorno, ma un significati-vo aumento del rischio per consumi superio-ri ai 60 grammi giornalieri.

Per quanto riguarda invece l’ictus emorra-gico i dati disponibili indicano un aumento delrischio nei forti bevitori. L’aumento del ri-schio è lineare e raggiunge i valori più elevatinei consumatori abituali di dosi giornaliere dialcool superiori ai 60 grammi.

FUMO DI SIGARETTE

È ormai provato che il fumo di sigaretta è unimportante fattore di rischio per l’ictus. Il ri-schio declina dopo la sospensione del fumo.

Alcuni dati ultrasonografici mostranoun’associazione fra patologia carotidea e fu-mo. La nicotina e il monossido di carboniopossono, infatti, danneggiare il sistema va-scolare in molteplici modi.

15

S e s s i o n e 2 1/2

APPROFONDIMENTI

Il rischio relativo di infarto miocardico o ictus (aggiustato per sesso e per età) per il quintile con spes-sore più elevato rispetto al quintile inferiore è di 3,87.L’aterosclerosi carotidea asintomatica inoltre viene considerata un marker di aterosclerosi sistemica ecoronarica in particolare. Il rischio di infarto miocardico può risultare in media anche superiore a quellodi ictus nel follow-up a lungo termine del paziente con stenosi carotidea asintomatica.

8

Page 34: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

RIDOTTA ATTIVITÀ FISICA

Anche la sedentarietà e la scarsa attività fisi-ca sono associate a un incremento del rischiodi ictus, in entrambe le forme, ischemica edemorragica.

tus, anche se progressivamente più evidente,resta non completamente dimostrata.

Gli studi prospettici disponibili evidenzia-no un valore predittivo indipendente, per l’ic-tus ischemico, di valori elevati di colesterole-mia totale (>7 mmol/l) e ancor più dei bassilivelli di colesterolo HDL, sia negli uomini chenelle donne.10

Altri studi prospettici hanno riportato an-che l’associazione inversa tra livelli plasmati-ci di colesterolo HDL e rischio di ictus ische-mico, indipendentemente dalla concentrazio-ne di colesterolo totale e dalla presenza di al-tri fattori di rischio, in modo particolarmenteforte negli uomini, ma presente comunqueanche fra le donne (con maggior rischio di ic-tus soprattutto per livelli di colesterolo HDLinferiori, nell’uomo, a 30-35 mg/dl).11

Sembrano esistere comunque evidenzesolide12 per la correlazione tra ictus e livelli dilipidi in relazione alle complicanze ischemi-che ma non a quelle emorragiche.

Altri studi clinici13 hanno da tempo evi-denziato una ridotta incidenza di ictus, per ef-fetto della somministrazione di statine, in in-dividui con precedenti episodi di malattia co-ronarica. Questo dato è stato non solo recen-temente confermato, ma anche validato inpazienti ad alto rischio cardiovascolare, indi-pendentemente dalla presenza di un prece-dente evento.

OBESITÀ

Ad oggi esistono posizioni contrastanti nelconsiderare l’obesità un fattore di rischio bendocumentato. Numerosi studi la documenta-no. Alcuni, ad esempio, evidenziano che aogni unità di incremento dell’Indice di massacorporea (IMC) si associa un aumento del4% del rischio di ictus ischemico e del 6% diictus emorragico.

D’altra parte, però, proprio l’elevata ete-rogeneità degli studi, la mancanza di una sti-ma assoluta del rischio associato e la forte in-terdipendenza con altri fattori di rischio bendocumentati (l’ipertensione, il diabete, la fi-brillazione atriale e l’ipercolesterolemia) sug-

16

M O D U L O 1

9

10

DISLIPIDEMIA

L’ipercolesterolemia, per le malattie corona-riche, è il più importante fattore di rischiomodificabile, mentre l’associazione con l’ic-

ALTRI FATTORI DI RISCHIO O PATOLOGIEASSOCIATE

Vi sono altri fattori che probabilmente au-mentano il rischio di ictus e rientrano tra i co-siddetti fattori di rischio modificabili non

completamente documentati. La slide 9 li riporta in elenco.

Page 35: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

geriscono di mantenere ancora l’obesità sog-getta a valutazione di impatto assoluto.

SINDROME METABOLICA

La sindrome metabolica costituisce un im-portante fattore di rischio per le patologiecardiovascolari su base aterogenetica e per ildiabete mellito di tipo 2.

I soggetti affetti da sindrome metabolicavedono aumentare il loro rischio cardiova-scolare e di ictus da 1,5 a 3 volte. In partico-lare, SPREAD evidenzia come lavori recentiabbiano messo in evidenza la sua associazio-ne con l’incidenza di ictus ischemico.14

schio indipendente per la comparsa di ictusembolico.

Negli ultimi anni è stato dimostrato unpossibile nesso di causalità tra l’insorgenza diictus embolico e l’aterosclerosi dell’arco aor-tico distale (soprattutto per placche aortichecomplicate con spessore >4 mm, ulcerazionie trombosi sovrapposta).

USO DI CONTRACCETTIVI ORALI

L’uso dei contraccettivi orali è correlato so-prattutto alle forme ischemiche nelle donnedopo i 35 anni, fumatrici e con pregressa sto-ria di ipertensione. Sembra anche particolar-mente elevato con l’uso di contraccettivi adalto contenuto di estrogeni (con dosaggio diestrogeni >50 mg).

In generale, dai dati della letteratura emer-ge che l’aumento del rischio di ictus nelledonne in età riproduttiva è basso, in relazio-ne alla bassa incidenza di tale patologia inquesta fascia di età.

I contraccettivi orali aumentano il rischioper gli eventi cerebrovascolari: l’aumento(modesto) del rischio può comunque essereridotto controllando gli altri fattori come l’i-pertensione arteriosa e il fumo di sigaretta (inparticolare nelle donne oltre i 35 anni).

17

S e s s i o n e 2 1/2

11

12

ALCUNE CARDIOPATIE (FORAME OVALE PERVIO,ANEURISMA SETTALE)

Numerosi studi evidenziano un’elevata preva-lenza di forame ovale pervio (FOP) e aneuri-sma del setto interatriale (ASI) in pazienti digiovane età affetti da ictus (in assenza di sicurielementi diagnostici) rispetto a soggetti dicontrollo. Il meccanismo patogenetico dell’ic-tus in presenza di FOP e ASI però non risultadel tutto chiaro: oltre all’embolia paradossavengono invocati la formazione di trombi insitu, specie in caso di ampio ASI, e un’inci-denza più elevata di fibrillazione atriale.

PLACCHE DELL’ARCO AORTICO

Le placche aterosclerotiche sono state recen-temente identificate come un fattore di ri-

TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA

Una recente analisi15 ha indagato l’associa-zione tra la terapia ormonale sostitutiva e il ri-

Page 36: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

schio di ictus e ha evidenziato un incrementodi oltre il 29% di rischio nei soggetti in terapiaormonale sostitutiva. In particolare, si è os-servato un aumento significativo del rischioper gli ictus totali e per gli ictus ischemici, manon per gli ictus emorragici o per i TIA. L’a-nalisi riportava anche un aumento significati-vo del rischio di ictus fatale o con peggioreprognosi.

SINDROME DELLE APNEE OSTRUTTIVE DEL SONNO

Questa patologia può costituire un fattore dirischio indipendente per l’ictus e giocare inol-tre un ruolo nello sviluppo di ipertensione ar-teriosa e di patologie cardiovascolari.

EMICRANIA

Studi recenti hanno evidenziato forti eviden-ze sul fatto che l’emicrania possa costituire unfattore di rischio per ictus ischemico. Il ri-schio risulta più alto, sia per l’emicrania conaura che per l’emicrania senza aura, nelledonne che fanno uso di contraccettivi orali.16

ANTICORPI ANTIFOSFOLIPIDI

Vari studi hanno dimostrato un’alta prevalen-za di anticorpi anticardiolipina in soggetti col-piti da ictus, di tutte le età.17 I pazienti con an-ticorpi antifosfolipidi risultano essere più gio-vani della media della popolazione con ictus.

FATTORI DELL’EMOSTASI

Alcuni studi hanno evidenziato un’associazio-ne fra mutazioni genetiche a carico di alcunifattori dell’emostasi e l’aumentato rischio diictus di tipo ischemico.

In particolare, elevati livelli di fibrinogenosembrano giocare un ruolo chiave, sia in sog-getti clinicamente sani che in pazienti conprecedenti eventi ischemici (forse per i loroeffetti sulla viscosità sulle piastrine e sull’ate-rogenesi per la deposizione di fibrina).

I livelli di fibrinogeno risultano associati an-che, in prospettiva, alla progressione delle ste-nosi carotidee e al rischio di ictus ricorrente.

INFEZIONI

Le infezioni acute e croniche possono contri-buire all’insorgenza di un ictus.

In particolare, le maggiori evidenze scien-tifiche mostrano il ruolo, nell’aumento del ri-schio per eventi ischemici, di bronchiti croni-che, infezioni croniche atipiche delle vie respi-ratorie, infezioni croniche in generale, possibi-li riacutizzazioni (con agenti quali Helicobac-

ter pylori e Cytomegalovirus) e parodontiti. La vaccinazione antiinfluenzale è risultata

protettiva nei confronti dell’insorgenza diictus.

Nei soggetti anziani si sono riscontrate as-

18

M O D U L O 1

APPROFONDIMENTI

La sindrome delle apnee morfeiche (OSAS) è un disturbo che colpisce circa il 4% della popolazione ge-nerale di media età, raggiungendo valori molto più elevati nella popolazione sopra i 60 anni (la percen-tuale supera il 20%). Si caratterizza per la presenza di ripetitivi e periodici episodi di ostruzione delle vie aeree alte durante ilsonno. A causa della notevole frammentazione del sonno conseguente al disturbo, i pazienti affetti daOSAS possono presentare, come unico sintomo della malattia, una eccessiva sonnolenza diurna (spes-so sottostimata).

13

Page 37: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

sociazioni fra il rischio di ictus e patologie in-fettive respiratorie (da Chlamydia pneumo-

niae, Mycoplasma pneumoniae e Legio-

nella pneumophyla).In età pediatrica invece sono riportati ictus

tra bimbi affetti da Mycoplasma pneumo-

niae.

catori specifici importanti per individuaresoggetti a elevato rischio di ictus.

ETÀ

L’età è il più importante fattore di rischio di ic-tus indipendente. L’incidenza di ictus aumen-ta infatti drasticamente soprattutto dopo i 65anni e, dopo i 55 anni, il rischio raddoppiaogni 10 anni, per entrambi i sessi. A 80 annidunque il rischio di incorrere in un evento ic-tale è 30 volte maggiore rispetto a quello cor-so a 50 anni.

GENERE

Gli uomini mostrano un tasso di incidenza di1,25 maggiore rispetto alle donne, anche se lamortalità annua per ictus vede prevalere ilsesso femminile (in relazione al fatto che ledonne sopravvivono più a lungo).

GENETICA

Una storia familiare positiva per malattia ce-rebrovascolare è spesso considerata un fat-tore di rischio importante.

Il ruolo dei fattori genetici nell’ictus puòessere diretto o mediato. Nel primo caso le al-terazioni genetiche sono direttamente legateall’insorgenza dell’ictus, nel secondo, la ge-netica contribuisce parzialmente, attraversola combinazione con altri fattori di rischio,classici o nuovi.

19

S e s s i o n e 2 1/2

14

15

USO DI DROGHE

I dati epidemiologici relativi all’incidenza diictus nei consumatori di droghe sono scarsi.

Sembra possibile comunque che l’uso didroghe si associ a un aumento di rischio. Inparticolare, l’uso di cocaina può favorire l’in-sorgenza sia di emorragie che di ischemie ce-rebrali.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Negli ultimi anni alcuni studi hanno eviden-ziato una correlazione diretta tra l’incidenzadi ictus ischemico e i livelli di inquinanti at-mosferici. Tra gli inquinanti atmosferici piùrappresentativi vi sono l’ossido nitrico (NO2)e polveri sottili (PM10), anche se monossidodi carbonio (CO), ozono (O3) e anidride solfo-rosa (SO2) giocano un ruolo importante.

I FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI

L’età, il genere e le caratteristiche genetichesono classificabili come fattori di rischio nonmodificabili. Rappresentano però degli indi-

Page 38: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

20

M O D U L O 1

APPROFONDIMENTI

Nel caso specifico dell’ictus emorragico, la genetica gioca un ruolo importante: l’ereditarietà della pa-tologia aneurismatica, delle malformazioni artero-venose e degli angiomi cavernosi pone spesso davantia diagnosi precoci nei parenti del paziente con ictus. Questa considerazione solleva senza dubbio im-portanti questioni bioetiche legate alla mancanza di successive proposte preventive o terapeutiche. Sa-rebbe importante, soprattutto in ambito formativo, affrontare questi problemi, considerando anche il pre-sente e il futuro della genetica e delle biotecnologie, diagnostiche e terapeutiche.

16

18

17

Valutazione del rischiocerebrovascolare

L’identificazione del rischio cerebrovascolareè uno degli obiettivi principali della preven-zione individuale e costituisce la premessaper interventi diretti a ridurre i fattori di ri-schio modificabili.

In presenza di più fattori, il rischio cere-brovascolare può aumentare sia perché l’ef-fetto di ogni singolo fattore di rischio si mol-tiplica, sia perché i vari fattori possono inte-ragire gli uni con gli altri, potenziandosi.

Per poter delineare il profilo di rischio diogni singolo paziente e correggere precoce-mente i fattori suscettibili di un interventopreventivo è importante quindi riconoscere ilrischio legato alle diverse associazioni di piùfattori. La figura 1 mostra la complessità delquadro dei fattori potenziali che possono gio-care un ruolo nel provocare la malattia.

Attualmente sono disponibili tabelle chedescrivono la probabilità di subire un ictuscon un punteggio che tiene conto della con-

comitanza di più fattori di rischio e della lorogravità.

Per identificare i pazienti ad alto rischio diictus entro una settimana dal verificarsi di unTIA, è stato proposto l’impiego, nella praticaclinica, di un punteggio denominato ABCD2

elaborato sulla base della elevata predittivitàdella combinazione di cinque fattori: (A) età,(B) pressione arteriosa, (C) caratteristiche

Page 39: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

cliniche, (D) durata dei sintomi e presenza didiabete. Nei pazienti con TIA il punteggioABCD2 classifica il rischio di ictus a 2 giorni co-me: basso (0-3), moderato (4-5) e alto (6-7).

Esiste anche lo schema prognostico deno-minato CHADS2, in grado di identificare inmaniera accurata pazienti con fibrillazioneatriale a basso, medio ed elevato rischio di svi-luppare un ictus cerebrale ischemico.

CHADS è un acronimo di congestive

heart failure, hypertension, age over 75

years, diabetes and previous stroke. Come illustra la slide 19, a un pregresso

evento cerebrovascolare viene assegnato unpunteggio di 2; un punto viene assegnato in-vece a ciascun altro fattore di rischio.

La slide 20 mostra come ai soggetti conpunteggio 0 si attribuisce un rischio stimatodi sviluppare un ictus dell’1,9%, che aumen-ta progressivamente con l’aumento del pun-

21

S e s s i o n e 2 1/2

19

FIGURA 1

Identifying Those at Riskfor atherothrombosis. Da: Inspire, 2006

teggio, fino al 18,2% per anno in quelli con unpunteggio di 6.

Per la valutazione del rischio di un primoictus sono disponibili diversi algoritmi e car-te, ma, in realtà, difficilmente si riesce a cat-turare la complessità delle interazioni fra i

Page 40: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

singoli fattori di rischio e gli effetti dei princi-pali fattori stratificati per età, genere, etnia earea geografica.

Il Framingham stroke profile utilizzacome predittori i fattori di rischio (riportati intabella 2), fornisce un punteggio (da 0 a 10)per ciascun fattore e stima il rischio cumula-

tivo di ictus per i successivi 10 anni, specificoper genere (si veda la tabella 3).

Questo profilo di rischio, anche se ampia-mente utilizzato, presenta numerosi limiti eva quindi considerato con cautela, in attesa disue ulteriori validazioni (specifiche e riferitealla popolazione italiana) o dello sviluppo di

22

M O D U L O 1

22

2120

Page 41: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

23

S e s s i o n e 2 1/2

Tab

ell

a2.

PR

OF

ILO

DI

RIS

CH

IO D

AI

DA

TI

DI

FR

AM

ING

HA

M1

8

Pun

ti

0

+1

+2

+3

+4

+5

+6

+7

+8

+9

+10

Uom

ini

Età

(ann

i) 54-5

657-5

9

60-6

2

63-6

566-6

869-7

273-7

576-7

879-8

1

82-8

4

85

Pres

sion

e ar

terio

sa s

isto

lica

non

trat

tata

(m

mH

g)97-1

05

106-1

15

116-1

25

126-1

35

136-1

45

146-1

55

156-1

65

166-1

75

176-1

85

186-1

95

196-2

05

Pres

sion

e ar

terio

sa s

isto

lica

trat

tata

(m

mH

g)97-1

05

106-1

12

113-1

17

118-1

23

124-1

29

130-1

35

136-1

42

143-1

50

151-1

61

162-1

76

177-2

05

Dia

bete

No

Fum

o di

sig

aret

taN

oS

ìM

alat

tia c

ardi

ovas

cola

re*

No

Fibr

illaz

ione

atr

iale

No

Iper

trof

ia v

entr

icol

o si

nist

ro a

ll’EC

GN

oS

ì

Pun

ti

0

+1

+2

+3

+4

+5

+6

+7

+8

+9

+10

Don

ne

Età

(ann

i) 54-5

6

57-5

9

60-6

2

63-6

4

65-6

7

68-7

0

71-7

3

74-7

6

77-7

8

79-8

1

82-8

4

Pres

sion

e ar

terio

sa s

isto

lica

non

trat

tata

(m

mH

g)95-1

06

107-1

18

119-1

30

131-1

43

144-1

55

156-1

67

168-1

80

181-1

92

193-2

04

205-2

16

Pres

sion

e ar

terio

sa s

isto

lica

trat

tata

(m

mH

g)

95-1

06

107-1

13

114-1

19

120-1

25

126-1

31

132-1

39

140-1

48

149-1

60

161-2

04

205-2

16

Dia

bete

N

o S

ì Fu

mo

di s

igar

etta

No

Mal

attia

car

diov

asco

lare

*N

oS

ìFi

brill

azio

ne a

tria

leN

oS

ìIp

ertr

ofia

ven

tric

olo

sini

stro

all’

ECG

No

* M

alat

tia c

ardi

ovas

cola

re ind

ica

angi

na p

ecto

ris,

insu

ffic

ienz

a co

rona

rica,

cla

udic

atio

int

erm

itten

s, o

ins

uffic

ienz

a ca

rdia

ca c

onge

stiz

ia.

Page 42: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

ulteriori strumenti di valutazione più affida-bili e semplici da usare.

ESEMPIO PRATICO PER IL CALCOLO DEL PUNTEGGIO DI RISCHIO

Sono disponibili tabelle che esprimono la pro-babilità e il rischio assoluto di subire un ictusischemico in pazienti con recente stenosi ca-rotidea sintomatica.

Un esempio di carta di rischio19 è quello in-dicato nella slide 22.

Attraverso queste schede è possibile cal-colare il rischio di un evento ictale tenendoconto del sesso del soggetto, dell’età, del gra-do di stenosi carotidea e del tipo di stenosi(ulcerata o liscia).

STANDARDIZZAZIONE PER LA MISURAZIONEDEI FATTORI DI RISCHIO

Per applicare le tabelle e punteggi di ri-schio cerebrovascolare, i fattori di rischioconsiderati devono essere misurati seguendouna metodologia standardizzata. Nella slide23 sono riassunte le caratteristiche che defi-niscono un soggetto «fumatore», «diabetico»e «normoteso».

24

M O D U L O 1

24

Tabella 3. PROFILO DI RISCHIO DAI DATI DI FRAMINGHAM - PROBABILITÀ A 10 ANNI18

Punti Uomini Donne Punti Uomini Donne

1 3 1 16 22 19 2 3 1 17 26 23 3 4 2 18 29 27 4 4 2 19 33 32 5 5 2 20 37 37 6 5 3 21 42 43 7 6 4 22 47 50 8 7 4 23 52 57 9 8 5 24 57 64

10 10 6 25 63 71 11 11 8 26 68 78 12 13 9 27 74 84 13 15 11 28 79 14 17 13 29 84 15 20 16 30 88

23

Per la pressione arteriosa esistono diversemetodologie di rilevazione quindi, a maggiorragione, occorre standardizzare la procedura.Gli accorgimenti più importanti sono rias-sunti nella slide 24 e riguardano la velocità di

Page 43: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

gonfiaggio del manicotto (di 2 mmHg al se-condo), l’adeguatezza del bracciale rispetto albraccio, il posizionamento del fonendoscopio(che non deve essere sotto il manicotto). Ènecessario inoltre effettuare la misurazione albraccio destro o al braccio con la pressione si-stolica più elevata (in caso di pulsus diffe-

rens) e ripeterla a distanza di 5 minuti.

Riferimenti bibliografici

1. Goldstein LB, Adams R, Alberts MJ. Primaryprevention of ischemic stroke: a guidelinefrom the American Heart Association/Ameri-can Stroke Association Stroke Council, 2006.Citato in SPREAD – Stroke Prevention andEducational Awareness Diffusion, «Ictus ce-rebrale: Linee guida italiane di prevenzione etrattamento». Quinta edizione. Febbraio2007, cap. 6, nota 11, p. 123.

2. SPREAD, cit., p. 102.3. Kannel WB, Wolf PA, Verter J. Manifestations

of coronary disease predisposing to stroke.The Framingham Study. JAMA 1983; 250:2942-6. Citato in SPREAD, cit., cap. 6, nota148, p. 127.

4. Koren MJ, Devereux RB, Casale PN et al. Re-lation of left ventricular mass and geometry tomorbidity and mortality in uncomplicated es-sential hypertension. Ann Intern Med 1991;114: 345-52. Citato in SPREAD, cit., cap. 6,nota 153, p. 127.

5. Devereux RB, Wachtell K, Gerdts E et al. Pro-gnostic significance of left ventricular masschange during treatment of hypertension. JA-MA 2004; 292: 2350-6. Citato in SPREAD, cit.,cap. 6, nota 156, p. 127.

6. Norris JW, Zhu CZ, Bornstein NM et al. Va-scular risk of asymptomatic carotid stenosis.Stroke 1991; 22: 1485-90. Citato in SPREAD,cit., cap. 6, nota 110, p. 126.

7. O’Leary DH, Polak JF, Kronmal RA et al. forThe Cardiovascular Health Study Collaborati-ve Research Group. Carotid artery intima me-dia thickness as a risk factor for myocardial in-farction and stroke in older adults. N Engl JMed 1999; 340: 14-22. Citato in SPREAD, cit.,cap. 6, nota 113, p. 126.

8. Coull AJ, Lovett JK, Rothwell PM. Oxford Va-scular Study. Population based study of early

risk of stroke after transient ischaemic attackor minor stroke: implications for public edu-cation and organisation of services. BMJ 2004;328: 326. Citato in SPREAD, cit., cap. 6, nota106, p. 126.

9. Reynolds K, Lewis B, Nolen JD et al. Alcoholconsumption and risk of stroke: a meta-analy-sis. JAMA 2003; 289: 579-88. Citato inSPREAD, cit., cap. 6, nota 158, p. 127.

10. Tra i più recenti: Zhang X, Patel A, Horibe H etal. Cholesterol, coronary heart disease, andstroke in the Asia Pacific region. Asia PacificCohort Studies Collaboration. Int J Epidemiol2003; 32: 563-72; Horenstein RB, Smith DE,Mosca L. Cholesterol predicts stroke morta-lity in the Women’s Pooling Project. Stroke2002; 33: 1863-8. Citati in SPREAD, cit., cap.6, note 172-5, p. 128.

11. Per citarne alcuni: Wannamethee SG, ShaperAG, Ebrahim S. HDL-cholesterol, total chole-sterol, and the risk of stroke in middle-agedBritish men. Stroke 2000; 31: 1882-8; SoyamaY, Miura K, Morikawa Y et al. Oyabe Study. Hi-gh-density lipoprotein cholesterol and risk ofstroke in Japanese men and women: the Oya-be Study. Stroke 2003; 34: 863-8. Citati inSPREAD, cit., cap. 6, note 173, 176-8, p. 128.

12. Iso H, Jacobs Jr DR, Wentworth D, Neaton JD,Cohen JD for the MRFIT Research Group. Se-rum cholesterol levels and six-year mortalityfrom stroke in 350, 977 men screened for themultiple risk factor intervention trial. NewEngl J Med 1989; 320: 904-10; Yano K, ReedDM, MacLean CJ. Serum Cholesterol and He-morrhagic Stroke in the Honolulu Heart Pro-gram. Stroke 1989; 20; 1460-5. Citati inSPREAD, cit., cap. 6, nota 27, p. 118, e cap. 7,nota 80, p. 165.

13. Randomised trial of cholesterol lowering in4444 patients with coronary heart disease:the Scandinavian Simvastatin Survival Study(4S). Lancet 1994; 344: 1383-9; Sacks FM,Pfeffer MA, Moye LA et al. The effect of pra-vastatin on coronary events after myocardialinfarction in patients with average cholesterollevels: Cholesterol and Recurrent EventsTrial investigators. N Engl J Med 1996; 335:1001-9. Citati in SPREAD, cit., cap. 6, note179-80, p. 128.

14. Isomaa B, Almgren P, Tuomi T et al. Cardio-vascular morbidity and mortality associatedwith the metabolic syndrome. Diabetes Care

25

S e s s i o n e 2 1/2

Page 44: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

2001; 24: 683-9; Alexander CM, LandsmanPB, Teutsch SM et al. Third National Healthand Nutrition Examination Survey (NHANESIII); National Cholesterol Education Program(NCEP). NCEP-defined metabolic syndrome,diabetes, and prevalence of coronary heart di-sease among NHANES III participants age 50years and older. Diabetes 2003; 52: 1210-4. Ci-tati in SPREAD, cit., cap. 6, note 201-2, p. 129.

15. Bath PMW, Gray LJ. Association between hor-mone replacement therapy and subsequentstroke: a meta-analysis. MJ 2005; 330: 342-5.Citato in SPREAD, cit., cap. 6, nota 234, p. 130.

16. Tra i più recenti: Kurth T, Slomke MA, KaseCS et al. Migraine, headache, and the risk ofstroke in women: a prospective study. Neuro-logy 2005; 64: 1020-6; Etminan M, Takkouche

B, Isorna FC et al. Risk of ischaemic stroke inpeople with migraine: systematic review andmeta-analysis of observational studies. BMJ2005; 330: 63-6. Citati in SPREAD, cit., cap. 6,note 286-8, p. 131.

17. Si veda ad esempio Kessler C, Spitzer C, Stau-ske D et al. The apolipoprotein E and b-fibri-nogen G/A-455 gene polymorphisms are as-sociated with ischemic stroke involving large-vessel disease. Arterioscler Thromb Vasc Biol1997; 17: 2880-4. Citato in SPREAD, cit., cap.6, nota 255, p. 130.

18. SPREAD, cit., p. 122.19. Rothwell M, Mehta Z., Sally CH, Gutnikov SA

et al. From subgroups to individuals: generalprinciples and the example of carotid endar-terectomy. Lancet 2005; 365: 256-65.

26

M O D U L O 1

Letture consigliate(Modulo 1, Sessione 2)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e

trattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitoli 6, 7.

Page 45: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Modulo 2Strategie preventive e assistenziali

Page 46: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 47: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

In questa sessione saranno trattate le due di-verse strategie di prevenzione dell’ictus: unarivolta alla popolazione generale e l’altra, alcontrario, ai singoli soggetti ad alto rischio.

Nella slide 1 vengono sintetizzati gli obiet-tivi di apprendimento di questa parte specifi-ca del corso. Al termine, il lettore/partecipan-te conoscerà a fondo i due approcci alla pre-venzione (distinguendo i target a cui si rivol-gono, gli obiettivi e gli strumenti per raggiun-gerli) e ne saprà esporre i relativi punti diforza e di debolezza.

L’importanza della prevenzioneprimaria e secondaria dell’ictus

Dati recenti sulla popolazione italiana1 indi-cano che negli ultimi vent’anni l’incidenza diprimi ictus è diminuita del 29%, sia per ictusischemici sia per ictus emorragici, ma non perl’emorragia subaracnoidea. Tale riduzione èstata osservata nonostante un indice di invec-chiamento della popolazione con età supe-riore ai 75 anni pari al 33%.

La riduzione dell’incidenza interessa in par-ticolare gli ictus disabilitanti e fatali. La per-centuale di mortalità a trenta giorni è invece ri-masta la stessa (dal 17,2% è passata al 17,8%).

29

2/1Sessione 2.1LE STRATEGIE DI PREVENZIONE PER IL CONTROLLO DEI FATTORI DI RISCHIO

1 2

Page 48: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

È plausibile comunque attribuire questariduzione all’aumento e al miglioramento del-le strategie preventive, a un miglior controllodei fattori di rischio vascolare e al ruolo dellachirurgia vascolare, anche per il considere-vole numero di interventi chirurgici eseguitiper stenosi della carotide.

scolare nei successivi dieci anni) o «stra-tegia individuale sul rischio elevato» cheimpone, una volta conosciuti e identificatii fattori di rischio, la loro correzione e il lo-ro controllo.

30

M O D U L O 2

3

4

La prevenzione primaria

La prevenzione primaria dell’ictus, che co-mincia con il controllo e trattamento dei fat-tori di rischio, si realizza attraverso due fon-damentali «tipi» di strategie preventive, chesono, di fatto, complementari:

• l’approccio «di massa» o «strategia di mas-sa nella popolazione» che ha l’obiettivo dipromuovere stili di vita adeguati nell’inte-ra popolazione e diminuire così il livellomedio dei fattori di rischio principali;

• l’approccio al singolo soggetto ad alto ri-schio (che ha una probabilità superiore al20% di incorrere in un evento cerebrova-

APPROFONDIMENTI

Nei pazienti senza fattori di rischio identificabili o non direttamente correlabili all’evento cerebrovasco-lare recente è importante ricercare altri possibili fattori causali, eventualmente avvalendosi della com-petenza di centri qualificati. Nello specifico, andrebbe approfondita la genesi dell’ischemia cerebrale fo-cale ipotizzando meccanismi diversi da quello embolico, aterotrombotico anche in relazione alle causemeno frequenti (come la dissecazione arteriosa e la vasculite).

Tutti gli operatori sanitari sono chiamati apartecipare allo sforzo per prevenire l’ictus.

In particolare, i medici di medicina gene-rale hanno maggiori possibilità di svolgereun’azione preventiva efficace sulla popola-zione, principalmente per due ragioni:

• offrono un’assistenza primaria continua,completa e orientata alla prevenzione a li-vello comunitario;

• sono profondamente radicati nel territoriodi competenza e conoscono personalmen-te i propri pazienti e spesso i loro familiari.

Si collocano quindi a metà strada fra l’uo-mo e il suo «habitat sociale» e la medicina tec-nologica e sofisticata dei luoghi di cura spe-cialistici.

Page 49: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Il loro intervento in programmi, progetti eprotocolli di prevenzione sanitaria e di pro-mozione della salute è dunque fondamentale.

A questo punto è importante chiedersi:qual è l’età in cui la prevenzione e la promo-zione di stili di vita sani risultano più efficaci?L’età adulta? adolescenziale? pediatrica?

Nell’ultimo decennio, ad esempio, l’obesitàinfantile è aumentata significativamente, so-prattutto a causa di una minore attività fisicadei bambini (dovuta alla scarsità di spazi aper-ti e al maggior uso di televisione e al compu-ter). L’educazione a stili di vita considerati sa-lutari potrebbe dunque rivelarsi efficace già inquesta fase, risultando oltretutto preventivaanche nei confronti dei disturbi dell’alimenta-zione, sempre più frequenti nell’età adole-scenziale. Anche i pediatri quindi dovrebberoessere coinvolti nelle attività di formazione.

Le strategie preventive dovrebbero inoltreattuarsi in certe fasi della vita che presuppon-gono un drastico cambiamento di certe abi-tudini: ad esempio, l’inizio di una convivenza,la nascita di un figlio, separazioni o lutti, tra-sferimenti, pensionamenti, o particolari espe-rienze.

le condizioni socio-economiche, culturali eambientali: la prevenzione è il frutto dell’in-terazione di azioni intraprese a più livelli dif-ferenti. Lo schema riportato nella slide 5 illu-stra chiaramente tali interazioni.

31

S e s s i o n e 1 2/1

5

6

In generale è chiaro che l’efficacia di un in-tervento preventivo non dipende soltanto dalsingolo individuo, dal suo stile di vita o dallasua buona volontà, ma soprattutto dalle retisociali che ha attorno, dalle personali condi-zioni di vita e di lavoro e, più in generale, dal-

LA STRATEGIA DI MASSA NELLA POPOLAZIONE

La prevenzione primaria diretta alla popola-zione in generale si basa su un’opportunainformazione sulla malattia e su un’educazio-ne a stili di vita adeguati per ridurre l’inci-denza e il tasso di mortalità associati all’ictus.

La slide 6 riporta in breve l’elenco dellemodifiche degli stili di vita che riducono il ri-schio di ictus:

• smettere di fumare riduce il rischio neisoggetti di qualsiasi età e nei fumatori siamoderati che forti;

• svolgere attività fisica graduale, di lieve-moderata intensità e di tipo aerobico, nel-la maggior parte dei giorni della settimana,preferibilmente ogni giorno;

• mantenere un peso corporeo salutare, au-mentando gradualmente il livello di atti-vità fisica, il consumo di frutta e verdura econtrollando l’apporto di grassi e dolciumi;

• ridurre l’apporto di sale nella dieta a non ol-tre i 6 grammi di sale (2,4 g di sodio) al gior-no, evitando cibi a elevato contenuto di sa-le, limitandone l’uso nella preparazione de-gli alimenti e non aggiungendo sale a tavola;

Page 50: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• ridurre il consumo di grassi e condimentidi origine animale, sostituendoli con quel-li di origine vegetale (in particolare olio ex-travergine di oliva) e utilizzando i condi-menti preferibilmente a crudo;

• consumare pesce dalle 2 alle 4 volte a set-timana (complessivamente almeno 400 g),quale fonte di acidi grassi polinsaturi del-la serie omega-3;

• consumare 3 porzioni di verdura e 2 por-zioni di frutta al giorno, e con regolarità,cereali integrali e legumi, quali fonti dienergia, proteine di origine vegetale, fibraalimentare, vitamine, minerali (potassio,magnesio e calcio);

• consumare regolarmente latte e alimentiderivati, scegliendo prodotti con bassocontenuto lipidico;

• per i consumatori abituali di bevande al-coliche, ridurre l’assunzione di alcool anon più di due bicchieri di vino al giorno (oquantità di alcool equivalenti) nei maschie a un bicchiere nelle donne non in gravi-danza, preferibilmente durante i pastiprincipali (in assenza di controindicazionimetaboliche).

andare incontro a un ictus. L’obiettivo è di ri-conoscere i fattori di rischio, correggerli econtrollarli.

Oltre a puntare alla modifica degli stili divita, di cui abbiamo già parlato, si mira a rag-giungere il controllo dei fattori di rischio,spesso attraverso trattamenti farmacologici.

La strategia individuale si applica sia inprevenzione primaria che in prevenzione se-condaria. Quest’ultima, come vedremo nelModulo 3, si avvale anche di trattamenti, oltreche di tipo farmacologico, di tipo chirurgico.

32

M O D U L O 2

7

8

LA STRATEGIA INDIVIDUALE SUL RISCHIO ELEVATO

Con la strategia dell’alto rischio si agisce suuna parte della popolazione totale, cioè sugliindividui che presentano un rischio elevato di

Le slide 8-10 riportano alcuni esempi di te-rapia associati a specifiche condizioni del pa-ziente.

Nel caso di pazienti ipertesi il tratta-mento dell’ipertensione arteriosa, sia sistolicache diastolica, riduce il rischio di ictus indi-pendentemente dall’età del soggetto e dalgrado di ipertensione, ed è pertanto indicatoin tutti gli ipertesi.

L’obiettivo suggerito dalle Linee-guida èuna pressione <130 e <80 mmHg nei diabeti-ci e almeno <140 e <90 mmHg – o decisamen-te più bassi se tollerati – in tutti i soggetti iper-tesi.

Nel paziente con fibrillazione atriale as-sociata a valvulopatia è indicata la terapiaanticoagulante orale (TAO) con valori di INR(International Normalised Ratio) compre-si tra 2 e 3.

Page 51: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Nel paziente con fibrillazione atriale

non valvolare a elevato rischio di ictus (inpresenza cioè di almeno una delle seguenticaratteristiche: pregresso ictus, TIA, stenosimitralica, protesi valvolari) oppure con più diun fattore di rischio moderato (età superioreai 75 anni, funzione sistolica del ventricolo si-nistro moderatamente o gravemente ridotta,storia di ipertensione o diabete mellito) è in-trapresa una terapia anticoagulante in mododa mantenere un valore di INR fra 2 e 3.

In alternativa alla terapia anticoagulante siutilizza l’aspirina che risulta efficace nei sog-getti con età compresa fra 65 e i 75 anni e inassenza di altri fattori di rischio.

Se i pazienti hanno fibrillazione atriale

persistente o parossistica e un’età inferio-re ai 65 anni viene consigliato l’impiego di ASA.

Nei pazienti più a basso rischio la scelta fraterapia anticoagulante e ASA deve essere fat-

ta a livello individuale tenendo conto, unavolta fornita un’informazione corretta, com-pleta e comprensibile, anche delle preferen-ze del paziente.

33

S e s s i o n e 1 2/1

9

10

APPROFONDIMENTI

L’ictus, accompagnato da significativa aterosclerosi carotidea, rappresenta un indice di alto rischio perulteriori eventi cerebro/cardiovascolari e, per questo motivo, è consigliato il trattamento farmacologicose i valori di colesterolo LDL sono superiori a 130 mg/dl, con l’obiettivo di abbassarli a 100 mg/dl. Lo studio HPS (Heart Protection Study) condotto su soggetti di età compresa fra i 40 e gli 80 anni, ad al-to rischio per patologie vascolari e affetti da coronaropatie, arteriopatie ostruttive o diabete, assegnatiin modo randomizzato a 40 mg/die di simvastatina o placebo, per un periodo di 5 anni, ha dimostratouna significativa riduzione degli ictus fatali e non fatali nel gruppo in trattamento attivo, di eventi coro-narici maggiori corrispondenti a una riduzione del 25% del rischio di ictus fatali e non fatali, e di altri end-point (eventi vascolari maggiori) corrispondenti a riduzione del 24% del rischio di eventi vascolari mag-giori. L’effetto era presente anche nei soggetti con livelli di colesterolo LDL inferiori a 3 mmol/l (116mg/dl) o livelli di colesterolemia totale inferiori a 5,0 mmol/l (193 mg/dl).2

Nel paziente con protesi valvolari car-

diache meccaniche è indicata la terapia anti-coagulante orale con valori di INR tra 3,0 e 4,5.

Nel paziente coronaropatico con cole-

sterolo elevato è indicato il trattamento conle statine.

Nel paziente diabetico di età superioreai 30 anni, con un fattore di rischio aggiuntivo,in prevenzione primaria è indicato l’uso del-l’aspirina. Il riconoscimento e la terapia deldiabete mellito sono, in ogni caso, indicati perla riduzione del rischio di ictus.

Page 52: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

VANTAGGI DELLA STRATEGIA DI POPOLAZIONE

I vantaggi della strategia di popolazione sonoevidenziati nella slide 11. È una strategia di ti-po radicale in quanto agisce direttamente sul-le cause della malattia; offre grandi potenzia-lità per l’intera popolazione e risulta appro-priata dal punto di vista comportamentale(se una sana abitudine di vita diventa normacomportamentale accettata dalla collettività,saranno più alte le probabilità che il compor-tamento venga accolto dal singolo e integra-to nella sua vita). Tale strategia inoltre ridu-ce l’impatto dei potenziali fattori di rischionella popolazione generale (nella quale ancheun intervento modesto può assumere unagrande valenza clinica, in ragione della mag-giore numerosità assoluta di eventi rispettoalla popolazione ad alto rischio).

PUNTI DEBOLI DELLA STRATEGIA DI POPOLAZIONE

Questa strategia offre però solo un minimobeneficio ai singoli individui (molte personeresteranno sane nel corso della propria vitaindipendentemente dall’adozione di stili divita salutari). È il cosiddetto «paradosso del-la prevenzione»: una misura preventiva checomporta grandi benefici per la comunità inrealtà offre poco al singolo componente dellacollettività.

Inoltre la sua attuazione non incontra soli-tamente una grande gratificazione e motiva-zione da parte del medico curante né dell’as-sistito, in quanto il successo della strategia èil «non evento» (nella pratica clinica invece siè abituati a identificare il successo con «la ri-soluzione di un evento avvenuto»). Esistedunque un rapporto beneficio/rischio scon-veniente a breve termine, anche se impor-tante a lungo termine.

34

M O D U L O 2

11

13

12

VANTAGGI DELLA STRATEGIA DELL’ALTO RISCHIO

La strategia dell’alto rischio implica inveceun intervento tarato e appropriato per l’indi-viduo (ad esempio un intervento per smette-re di fumare diretto a un soggetto fumatorecon bronchite), con l’obiettivo di arrivare adassumere uno stile di vita sano. Gli interventidi questo tipo gratificano il medico, perchémigliorano a breve termine le condizioni delpaziente e, nello stesso tempo, valorizzano la

Page 53: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

motivazione del paziente, perché agisconosui suoi specifici bisogni.

In termini di costi-efficacia le risorse sonobene utilizzate: si investono tempo e presta-zioni mediche dove il bisogno, e quindi ancheil beneficio, è maggiore.

La prevenzione secondaria nei soggetti con precedenteTIA/ictus

In generale in ambito preventivo e, in parti-colare, nell’ambito della prevenzione secon-daria, è bene ricordare che uno dei maggiorifattori di rischio di recidiva e di deteriora-mento cognitivo è rappresentato dall’averavuto in precedenza un TIA o un ictus.

Per la prevenzione secondaria di ictus e al-tri eventi cardiovascolari nei pazienti con ic-tus ischemico non cardioembolico o TIA lenuove Linee-guida americane AHA/ASA con-fermano innanzitutto la necessità del con-trollo dei fattori di rischio, così come in pre-venzione primaria.

Di seguito, ecco alcuni cenni di terapia:

• il trattamento antipertensivo è raccoman-dato, sia per la prevenzione di ictus ricor-rente che per la prevenzione di altri even-ti vascolari, nelle persone che hanno avu-to un ictus ischemico o TIA. Il beneficio delcontrollo pressorio risulta evidente peruna riduzione media della pressione si-sto/diastolica di 10/5 mmHg fino a livelli dipressione arteriosa di 120/70 mmHg ecoinvolge sia la popolazione ipertesa chequella normotesa (Studio PROGRESS).3 Idati di intervento suggeriscono l’efficaciaprevalente del controllo pressorio, indi-pendente dalla natura dell’intervento,

35

S e s s i o n e 1 2/1

14

15

PUNTI DEBOLI DELLA STRATEGIA DELL’ALTO RISCHIO

La medicalizzazione della prevenzione, cioèl’applicazione delle conoscenze e delle tec-nologie mediche alla prevenzione, è uno deirischi legati a questo tipo di strategia preven-tiva.

I successi raggiunti possono essere inoltrepalliativi e temporanei: infatti la prevenzionenon agisce sulle cause della malattia, ma si li-mita a intervenire sugli individui a rischio.

La prevenzione dell’alto rischio è poi ina-deguata dal punto di vista del comportamen-to: gli stili di vita sono vincolati da norme so-ciali; se si suggerisce all’individuo di mangia-re meno o di smettere di fumare si rischia diporlo in contrasto con le abitudini diffuse nelsuo contesto sociale.

Infine, il reale contributo di questa strate-gia al controllo dell’ictus nella popolazionepuò rivelarsi di scarsa entità.

Page 54: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

mentre sono disponibili evidenze aggiun-tive a favore della combinazione di ACE-inibitori e diuretici (Studio PROGRESS) odi sartani (studio MOSES);4

• nei diabetici è raccomandato un maggiorcontrollo della pressione e del livello di glu-cosio (Hb A1c dovrebbe essere inferiore al7%) e di lipidi. I farmaci di prima scelta so-no gli ACE-inibitori e i bloccanti del recet-tore dell’angiotensina 2, in quanto miglio-rano il controllo pressorio, riducono l’inci-denza di ictus e rallentano il danno renale;

• nei pazienti con ictus ischemico atero-sclerotico e TIA e con alti livelli di cole-sterolo, è raccomandata la forte riduzionedella colesterolemia con statine ad altedosi,5 per diminuire il rischio di ictus edeventi cardiovascolari. I livelli di LDL de-

vono essere inferiori a 70 mg/dl soprattut-to nelle persone con fattori di rischio mul-tipli e, in particolare, nei pazienti corona-ropatici;

• per i pazienti con FA persistente o inter-mittente si consiglia l’uso di anticoagulan-ti con warfarin (INR 2,5, range tra 2-3), neipazienti che non possono assumere anti-coagulanti si consiglia aspirina 325 mg.

• nel caso di pazienti con infarto e trombomurale in atrio sinistro evidenziato da im-magini, si raccomanda l’uso di anticoagu-lanti con INR 2- 3;

• in presenza di cardiomiopatia si consigliawarfarin (INR 2-3) o antiaggreganti;

• per pazienti con ictus ischemico non car-dioembolico o TIA, gli agenti antiaggre-ganti sono raccomandati al posto degli an-ticoagulanti.

Riferimenti bibliografici

1. Rothwell PM, Coull AJ, Giles MF, Howard SCet al. Oxford Vascular Study. Change in strokeincidence, mortality, case-fatality, severity,and risk factors in Oxfordshire, UK from 1981to 2004 (Oxford Vascular Study). Lancet2004; 363: 1925-33. Citato in SPREAD –Stroke Prevention and Educational Aware-ness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guidaitaliane di prevenzione e trattamento». Quin-ta edizione. Febbraio 2007, cap. 7, nota 1, p.161.

2. MRC/BHF Heart Protection Study of chole-sterol lowering with simvastatin in 20,536high-risk individuals: a randomised placebo-controlled trial. Lancet 2002; 360: 7-22.

3. PROGRESS Collaborative Group. Randomi-sed trial of a perindopril-based blood-pres-sure-lowering regimen among 6,105 indivi-duals with previous stroke or transient ische-mic attack. Lancet 2001; 358: 1033-41.

4. Schrader J, Luders S, Kulschewski A et al.MOSES Study Group. Morbidity and mortalityafter stroke, eprosartan compared with ni-trendipine for secondary prevention: princi-pal results of a prospective randomized con-trolled study (MOSES). Stroke 2005; 36:1218-26. Epub 2005.

36

M O D U L O 2

16

17

Page 55: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

5. Amarenco P, Bogousslavsky J, Callahan A etal. Stroke Prevention by Aggressive Reduc-tion in Cholesterol Levels (SPARCL) Investi-

gators. High-dose atorvastatin after stroke ortransient ischemic attack. The SPARCL inve-stigators. N Engl J Med 2006; 355: 549-59.

37

S e s s i o n e 1 2/1

Letture consigliate(Modulo 2, Sessione 1)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione etrattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitoli 7, 12.

Page 56: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 57: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi dellasessione

Nell’ambito della presa in carico del soggettocolpito da ictus, il ricovero in specifiche areedi degenza dedicate, la precoce e completapresa in carico da parte di un team multidi-sciplinare, il rapido accesso alla diagnosticaper immagini e il precoce avvio degli inter-venti terapeutici migliorano la sopravvivenzae diminuiscono il rischio di disabilità nel sog-getto con ictus.

In questa sessione si affronta la comples-sità del percorso assistenziale, partendo dalriconoscimento dei primi segni della malattia

fino al ritorno al domicilio. La sessione ri-percorre le fasi specifiche dell’assistenza, checomprendono i momenti immediatamenteprecedenti l’arrivo in ospedale, il successivoricovero, la diagnosi, le scelte terapeutiche, lafase di stato e gli strumenti della riabilita-zione.

Al termine della sessione i partecipanti sa-ranno in grado di descrivere queste differen-ti tappe, riassunte nella slide, e di orientarsifra le diverse possibili articolazioni del per-corso assistenziale (la fase post-ospedalierasarà invece affrontata nella prima sessionedel Modulo 4).

39

2/2Sessione 2.2LE STRATEGIE ASSISTENZIALI IN FASE ACUTA

1

2

Page 58: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Fase pre-ospedaliera

Nella fase pre-ospedaliera sono coinvolte nu-merose figure, professionisti sanitari e non. Illoro ruolo si gioca, da un lato, nel riconosci-mento più o meno precoce dei sintomi riferi-bili all’ictus, dall’altro, nel provvedere al tra-sporto in ospedale avendo cura, se possibile,di identificare la struttura più idonea ai biso-gni del paziente.

giungono rapidamente una struttura dedica-ta, anche quelli più gravi, presentano miglio-ri esiti in termini di sopravvivenza e di ridu-zione della disabilità.

Purtroppo la maggior parte dei cittadininon è a conoscenza dei segni o sintomi del dan-no cerebrale e solamente un terzo dei pazien-ti si rende conto di essere colpito da ictus. Èimportante quindi che i cittadini siano messinelle condizioni di riconoscere i segnali di undeficit neurologico focale, motorio o sensitivo,per lo più monolaterale, sia esso isolato oppu-re combinato con afasia, disartria, emianopsia,atassia e alterazione dello stato di coscienza, aesordio improvviso. Qualora il paziente, i suoifamiliari o chiunque altro presente all’eventosospettino l’insorgenza di un ictus, risulta fon-damentale il ricorso immediato al pronto soc-corso, con segnalazione alla centrale operativa(ad esempio il 118), se necessario.

40

M O D U L O 2

3

5

4

I pazienti stessi, i familiari, i medici di me-dicina generale, i medici di continuità assi-stenziale (come la guardia medica) e i medicidel 118 hanno una funzione cruciale nel ri-durre il ritardo tra l’esordio dell’ictus, l’arrivoin ospedale, la valutazione iniziale e l’even-tuale trattamento: tutti i pazienti che rag-

I medici di medicina generale (MMG) e glioperatori di guardia medica svolgono un ruo-lo essenziale in questa fase: è molto probabi-le infatti che siano loro a gestire il primo con-tatto telefonico con il paziente o i suoi fami-liari. Durante il colloquio telefonico, per valu-tare la situazione (in particolare i tre punti ri-portati nella slide 5: la presenza di una paresifacciale, di un deficit motorio degli arti supe-riori e di anomalie del linguaggio), il medicodovrebbe tenere presente la Cincinnati

prehospital stroke scale (CPSS).

Page 59: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Anche gli operatori del 118 devono essereaddestrati a riconoscere i segni e i sintomidell’ictus. Durante il trasporto in ospedalesono tenuti a effettuare un primo inquadra-mento attraverso la valutazione dell’attivitàrespiratoria, della situazione emodinamica,dei parametri vitali e dello stato di coscienza,utilizzando, oltre la scala di Cincinnati, anchela Glasgow coma scale (GCS).

Nello specifico, l’approccio assistenzialedi primo intervento deve:

• individuare i casi in cui l’esordio dei sinto-mi è avvenuto entro 6 ore dall’arrivo delpersonale dell’ambulanza;

• ricercare eventuali traumatismi cranici ocervicali per diagnosi differenziale dell’ic-tus;

• assicurare la pervietà delle vie aeree e pro-curare un accesso venoso.

È inoltre compito degli operatori, duranteil tragitto verso il pronto soccorso, notificarel’arrivo del paziente e segnalare sia i rilievi de-rivati dalla applicazione della Scala di Cincin-nati e della Scala del coma di Glasgow, sia iltempo d’esordio dei sintomi: questi elementisono essenziali per una rapida valutazioneintra-ospedaliera e per il coordinamento del-le fasi necessarie all’inizio dei trattamenti (so-prattutto quando la loro diversa applicabilitàdipende dai tempi).

Nel caso in cui non tutti i presidi ospeda-lieri offrano gli stessi standard diagnostici e/oassistenziali, l’Azienda sanitaria locale deveprovvedere a fornire chiare istruzioni al per-sonale del 118 per consentire il ricovero pres-so la struttura più idonea.

41

S e s s i o n e 2 2/2

6

7

8

Quest’ultima valuta, attraverso l’assegna-zione di un punteggio, tre specifiche funzioni:la risposta verbale del soggetto, l’aperturadegli occhi e la risposta motoria (si veda la ta-bella riportata nella slide 6).

Page 60: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Se abbiamo ampiamente descritto alcuneoperazioni essenziali nella fase pre-ospeda-liera per garantire il riconoscimento dei primisegnali di ictus e l’invio tempestivo nellestrutture idonee, non abbiamo però ancoramesso in evidenza alcune azioni che è impor-tante evitare in questo specifico momento.

Ecco di seguito alcune raccomandazionida seguire in questa fase:

• NON somministrare soluzioni glucosate;• NON somministrare sedativi;• NON somministrare ca-antagonisti (dimi-

nuiscono troppo velocemente la pressionearteriosa);

• NON reidratare in modo eccessivo;• NON somministrare diuretici osmotici (es.

mannitolo) ;• NON somministrare terapia antitromboti-

ca (ASA, eparina, ecc.);

Fase ospedaliera

Attualmente, nonostante le evidenze dellaletteratura, il paziente con ictus viene ricove-rato in diversi reparti: medicina d’urgenza,nei letti comuni di reparti medici o neurolo-gici, in sezioni specifiche per l’assistenza al-l’ictus o ancora, in una quota molto ridotta, inunità intensive con assistenza respiratoria.

multidisciplinare, composto da infermieri, fi-sioterapisti e medici dediti alle malattie cere-brovascolari.

Tra gli aspetti qualificanti delle stroke unit

ritroviamo: la multiprofessionalità dell’équi-pe, l’utilizzo di linee-guida e protocolli per ladiagnosi, il trattamento e la prevenzione del-le complicanze, l’approccio integrato medicoe riabilitativo, la formazione continua del per-sonale e le attività educative rivolte ai pa-zienti e alle loro famiglie.

42

M O D U L O 2

9

10

La stroke unit è un reparto di 4-16 letti de-dicato ai pazienti con ictus, seguiti da un team

Secondo le raccomandazioni pubblicatedall’EUSI (European Stroke Initiative)1 e, piùrecentemente, dall’ESO (European Stroke Or-ganisation),2 le aree di degenza dedicate ai pa-zienti con ictus si distinguono in tre tipologie:

• stroke unit per acuti con degenza moltobreve e rapidi trasferimenti in riabilitazione;

• stroke unit miste per la fase acuta e l’ini-zio precoce di riabilitazione, dove la dimis-sione avviene con un programma di riabi-litazione e di prevenzione secondaria;

• reparti di medicina riabilitativa dedicati apazienti esclusivamente con esiti di ictusstabilizzati.

Solo per le ultime due modalità assisten-ziali esistono evidenze di efficacia, mentremancano dati sufficientemente numerosi perquelle di primo tipo, nelle quali vanno co-munque assicurate la riabilitazione precoce ele tecniche esperte di nursing.

Page 61: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Poiché l’ictus deve essere considerato etrattato come un’emergenza, ogni stroke

unit che riceve i pazienti dovrebbe garantirela presenza di alcuni requisiti essenziali:

• valutazione immediata da parte di perso-nale medico esperto;

• tomografia computerizzata (TC) cerebra-le disponibile in urgenza 24 ore;

• laboratorio di analisi disponibile in urgen-za 24 ore;

• eco-Doppler TSA entro le 24 ore;• valutazione da parte di fisiatri entro 24-48

ore.

È infatti importante assicurare la TC di-sponibile 24 ore su 24, il laboratorio semprefunzionante per esami ematici (compresiquelli dell’emostasi) e consulenze cardiologi-che e neurologiche immediate. La dotazionestrumentale dovrebbe completarsi con lapossibilità di studiare con gli ultrasuoni lapervietà dei vasi del collo e intracranici e lecavità cardiache.

Dalla revisione sistematica Cochrane del2004 di 23 studi randomizzati controllati(4.911 pazienti inclusi) è risultato che i pa-zienti trattati in centri che offrivano unastroke care dedicata avevano una prognosimigliore (in termini di sopravvivenza e disa-bilità) rispetto a quelli ricoverati in altri re-parti sprovvisti di modalità assistenziali ad

hoc.3 Degli studi inclusi, uno solo aveva con-

frontato l’assistenza di un reparto di cura tra-dizionale con un’assistenza intensiva dedica-ta, limitata alla fase acuta dell’ictus (acute

unit), mentre negli altri studi la stroke care

era stata erogata all’interno di reparti classi-ficati come «unità miste acute e riabilitative»(comprehensive units) o «unità a improntaprincipalmente riabilitativa» (rehabilitation

units).I dati della revisione Cochrane suggeri-

scono pertanto che, all’interno del concettodi stroke care, il modello organizzativo assi-stenziale basato sulla presenza di specifichearee di degenza dedicate all’ictus è più effi-cace rispetto a un modello che consente il ri-covero dei pazienti in diverse unità operative.Pur tenendo conto delle differenti caratteri-stiche di ogni singola realtà locale, è impor-tante comunque porre, come riferimento, lostandard organizzativo della comprehensive

stroke care (area di degenza per il tratta-mento in fase acuta e per la riabilitazione pre-coce), quale modello più idoneo anche a ga-ranzia della continuità e integrazione assi-stenziale.

Anche la Stroke Unit Trialist Collabora-tion (SUTC), così come l’EUSI, suddivide letipologie di reparti dedicati per pazienti conictus in:4

• stroke units per acuti per pazienti in faseacuta con dimissione precoce (entro 7giorni);

43

S e s s i o n e 2 2/2

11 12

Page 62: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• stroke units riabilitative per pazienti dopola fase acuta (generalmente dopo 7 o piùgiorni), focalizzate sugli aspetti riabilitativi;

• stroke units miste (acuta-riabilitativa)per pazienti in fase acuta, in cui viene ese-

guita anche la terapia riabilitativa (con ri-coveri di alcune settimane).

Le misure assistenziali che fanno di unastroke unit una vera risorsa per il paziente ele componenti essenziali che la rendono talesono riassunte nella tabella 1.

Il vantaggio offerto da questi aspetti assi-stenziali della stroke care potrebbe spiegarei risultati della revisione sistematica Cochra-ne: prevenzione di un decesso ogni 33 pa-zienti trattati e, al rientro a domicilio, in con-dizioni di autonomia funzionale, di un caso inpiù ogni 20 trattati. I benefici si sono riscon-trati in tutti i pazienti senza differenze di ses-so, età, tipo e gravità del deficit.

Ancora a favore di un modello di assisten-za dedicata, interviene uno studio osservazio-nale condotto in Italia nel periodo 2000-2004

44

M O D U L O 2

13

Tabella 1. ASPETTI SPECIFICI DEL MODELLO «STROKE CARE» COMUNI A DIVERSI STUDI CLINICI

CHE NE HANNO MOSTRATO L’EFFICACIA5 6

Valutazione e monitoraggioMedico Sistematicità di anamnesi clinica e visita medica

Esami di routine (bio-umorali, ematologici, ECG, TC)Indagini su pazienti selezionati (Doppler carotideo, ecocardiogramma, RMN)

Infermieristico Necessità assistenziali generali, segni vitali, valutazione della disfagia, bilancioidrico, valutazione del rischio di decubiti, monitoraggio neurologico

Riabilitativo Valutazione del deficit e delle limitazioni funzionali

Gestione precoceGestione delle necessità Gestione accurata dell’alimentazione e del bilancio idrico (spesso infusione ev fisiologiche di soluzione fisiologica nelle prime 12-24 ore)

Monitoraggio e trattamento di infezioni, febbre, ipossia, iperglicemia.Mobilizzazione precoce Provvedimenti precoci per far raggiungere al paziente la posizione seduta ed

eretta e per permettere la deambulazioneAssistenza infermieristica Accurata posturazione e prevenzione dei decubiti

Gestione della disfagiaEvitare cateterizzazione vescicale quando possibile

Riabilitazione in team multidisciplinareProcesso riabilitativo Incontri multidisciplinari formali settimanali (oltre a incontri informali)

Riabilitazione precoce, individuazione degli obiettivi, coinvolgimento dei familiariStretta collaborazione tra assistenza infermieristica e altre forme di assistenzamultidisciplinareAccessibilità a informazioni sull’ictus, sulle possibilità di recupero e sulla dispo-nibilità di servizi

Pianificazione della dimissione Valutazione precoce dei bisogni alla dimissionePiano di dimissione coinvolgente il paziente e i familiari

Page 63: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

su 260 ospedali di sette regioni. Lo studio hacoinvolto 11.572 pazienti con diagnosi di ictuscerebrale acuto, ricoverati, entro 48 ore dal-l’insorgenza dei sintomi, in stroke units

(4.936) o in altri reparti (6.636), con l’obiet-tivo di confrontare gli esiti a lungo termine deipazienti (mortalità e disabilità a 2 anni dal-l’ammissione in ospedale). I risultati mostra-no che l’assistenza in stroke unit è associatacon la diminuzione della probabilità di morteo di disabilità alla fine del follow-up.7

Diagnosi

L’intervento clinico al paziente con sospettoictus cerebrale che arriva in ospedale deve es-

sere rapido e deve comprendere un esamegenerale obiettivo, un inquadramento neuro-logico dettagliato e una valutazione car-dioangiologica approfondita.

Un inquadramento neurologico precoce estandardizzato garantisce una gestione corret-ta e qualitativamente avanzata del paziente.

DIAGNOSTICA CLINICA

L’importanza dell’inquadramento clinico pre-coce non è legata esclusivamente alla possi-bilità di intraprendere una terapia tromboli-tica e/o neuroprotettiva e, nei casi in cui èpossibile, chirurgica ed endovascolare, maanche alla necessità di attuare una preven-zione precoce di un possibile deterioramento

45

S e s s i o n e 2 2/2

14 15

APPROFONDIMENTI

Un ampio studio norvegese randomizzato ha mostrato come il ricovero in stroke unit combinata abbiaridotto la mortalità del 46% rispetto al ricovero in medicina generale.8 La revisione Cochrane del 20089

ha evidenziato che i pazienti ricoverati in stroke unit hanno maggiore probabilità di sopravvivenza, di tor-nare a casa e riacquistare l’autonomia. Non vi sono indicazioni per limitare l’accesso dei pazienti in ba-se al sesso, l’età e la severità dell’ictus. I vantaggi assoluti che si hanno in seguito al ricovero in strokeunit giustificano la riorganizzazione dei servizi e l’allocazione delle risorse. In considerazione della riduzione della mortalità e disabilità post-ictale in seguito al ricovero nelle strokeunits, in uno studio del 200710 è stato somministrato un questionario sulla cura dei pazienti con ictusa 83 esperti europei per evidenziare gli elementi principali dei centri per il trattamento globale dello stroke(CSC - comprehensive stroke centres), dei centri di prima assistenza (PSC - primary stroke centres) e deireparti ospedalieri che ospitano pazienti con ictus acuto (AHW - any hospital ward). Dal questionario èemerso che per più del 75% degli esperti era assolutamente necessaria, per il CSC e PSC, la presenzadi 8 elementi: team multidisciplinare, infermieri addestrati, TAC al cervello 24h/7gg, priorità della TACper i pazienti con ictus, Doppler extracranico, trattamento trombolitico con rt-PA (recombinant tissue pla-sminogen activator), monitoraggio elettrocardiografico, dipartimento di emergenza.

Page 64: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

del quadro neurologico e di complicanze neu-rologiche e/o mediche.

L’inquadramento clinico serve a:

• confermare che il deficit neurologico fo-cale sia di natura vascolare;

• definire il territorio arterioso coinvolto;• misurare la gravità del quadro clinico;• definire la comorbilità cardiovascolare e

internistica; • avviare, entro i limiti temporali che identi-

ficano la finestra terapeutica, il tratta-mento più appropriato.

schio e le patologie concomitanti che facilita-no il riconoscimento del meccanismo fisiopa-togenetico.

L’esame obiettivo generale mira, in pri-ma istanza, a valutare la gravità del deficitneurologico anche mediante scale neurologi-che; successivamente, la valutazione car-dioangiologica permette di identificare lepossibili complicanze cardiovascolari e inter-nistiche. Durante la visita va misurata la pres-sione arteriosa a entrambi gli arti superiori edeffettuate l’auscultazione a livello cardiaco ein regione cervicale e sottoclavicolare e lapalpazione bilaterale del polso femorale, po-pliteo e pedidio.

46

M O D U L O 2

16

17

18

Un’accurata anamnesi mira a definire lecaratteristiche temporali e topografiche deisintomi, produrre un inquadramento diagno-stico differenziale e identificare i fattori di ri-

DIAGNOSTICA NEURORADIOLOGICA

La diagnostica strumentale nella valutazionedell’ictus in fase acuta riveste un ruolo fonda-mentale per un corretto inquadramento sianosografico che terapeutico. Questo soprat-tutto se si considera l’attuale impegno nellosviluppo e nell’applicazione di trattamenti fi-brinolitici, intra-arteriosi o sistemici, per ri-canalizzare segmenti arteriosi occlusi in unafase molto precoce nella quale il danno pa-renchimale dell’encefalo non si è ancora veri-ficato.

Il riconoscimento precoce dei segni inizia-li di danno cerebrale, ancora potenzialmentereversibile, avviene attraverso l’utilizzo di tec-niche non invasive, quali la TC e la RM, e ha

Page 65: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

chiaramente importanti implicazioni tera-peutiche.

La TC cerebrale in fase acuta rappresental’indagine strumentale d’elezione perché èampiamente disponibile, facilmente esegui-bile e offre una risposta adeguata a esigenzediagnostiche specifiche (figura 1). I segni pre-coci alla TC servono invece a far sospettareuna diversa ora di insorgenza dell’evento.

La TC deve mostrare in fase iperacuta unreperto negativo o una lesione focale paren-chimale recente, congrua rispetto al quadroclinico; tale relazione anatomo-clinica deveessere confermata nella fase di stato.

Nella fase acuta la RM rappresenta il mi-gliore esame per lo studio della fisiopatologiadell’ictus, ma non è necessaria dal punto di vi-sta pratico.

L’angio-TC e l’angio-RM sono utilizzate incaso di sospetto clinico di trombosi dei seni ve-nosi e di dissecazione extra- o intracranica.

L’angiografia cerebrale invece è difficil-mente praticabile nella fase iperacuta dell’ic-tus, ma va eseguita in caso di emorragia su-baracnoidea o sospetto di malformazione ate-rovenosa.

documentare, con sufficiente accuratezza, inpazienti con ictus ischemico anche acuto, unapatologia stenosante o occlusiva a carico deivasi extracranici.

L’estrema facilità di esecuzione delle inda-gini Doppler consente di individuare, in pochiminuti, stenosi o trombosi a carico dell’ACIextracranica alla sua origine o delle arterievertebrali extracraniche.

Altra metodica ultrasonografica è il Dop-

pler transcranico (DTC) che consente dimisurare la velocità ematica e la direzione diflusso nella porzione prossimale delle princi-pali arterie intracraniche, permettendo distudiare le stenosi intracraniche, ma anche lapervietà del forame ovale. L’esame può esse-re effettuato a letto e ripetuto tutte le volteche si ritiene necessario o utilizzato per mo-nitoraggio continuo; inoltre risulta meno co-stoso di altre metodiche.

DIAGNOSTICA DI LABORATORIO E CARDIOVASCOLARE

All’ingresso in ospedale vanno effettuati esa-

mi ematochimici per individuare alcuni de-gli stati patologici ormai ben definiti come fat-

47

FIGURA 1

Wikipedia in linguainglese, alla voce Stroke,«Emorragia intracranicaalla scansione TC»

S e s s i o n e 2 2/2

19

DIAGNOSTICA NEUROSONOLOGICA

Nella diagnostica neurosonologica l’eco-co-

lor Doppler dei tronchi sopraortici

(TSA) è una metodica semplice, a basso co-sto, riproducibile, non invasiva, in grado di

Page 66: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

tori di rischio, più o meno forti, di malattia ce-rebrovascolare (diabete, stati infettivo-in-fiammatori), nonché di alcune patologie (col-lagenopatie, coagulopatie) da indirizzare ver-so accertamenti specifici.

Esami di questo tipo consentono di orien-tarsi verso decisioni terapeutiche specifiche,ma anche di identificare un evento patoge-netico piuttosto che un altro e di effettuarediagnosi differenziali rispetto ad altre condi-zioni di patologia encefalica.

La diagnostica cardiovascolare prevedel’effettuazione dell’ECG in urgenza per la va-lutazione iniziale dei pazienti con ictus o TIAnell’ambito del processo di diagnosi patoge-netica. L’ecocardiogramma transtoracico e/o

transesofageo va utilizzato essenzialmentenella diagnostica d’elezione, soprattutto neipazienti con ictus ischemico, risultando tal-volta indispensabile per indirizzare le terapiedi prevenzione secondaria. Non è invece in-dicato in emergenza, in quanto non aiuta aguidare le scelte terapeutiche immediate. L’e-secuzione dell’ECG holter è indicata solo incasi selezionati.

Infine menzioniamo la radiografia del to-race, che pur non essendo un esame di routi-ne viene eseguita per valutare la presenza discompenso cardiaco, polmonite ab ingestis oaltre patologie cardiache o polmonari chepossono complicare il decorso e condiziona-re il trattamento.

48

M O D U L O 2

APPROFONDIMENTI

Il DTC può evidenziare la stenosi e l’occlusione della carotide intracranica a livello del sifone, del seg-mento prossimale (M1) della arteria cerebrale media, delle arterie vertebrali intracraniche, dell’arteriabasilare prossimale e del segmento prossimale (P1) dell’arteria cerebrale posteriore. Inoltre il Dopplertranscranico ha dimostrato di poter documentare con sufficiente accuratezza, in caso di monitoraggiodell’ictus ischemico acuto, i processi di ricanalizzazione delle arterie intracraniche maggiori (specie l’ar-teria cerebrale media) in rapporto a processi di trombolisi spontanea.

APPROFONDIMENTI

Gli esami ematochimici raccomandati e comunemente eseguiti sono: esame emocromocitometrico conpiastrine e glicemia, elettroliti sierici, creatininemia, azoto ureico, proteine totali, bilirubina, transaminasi,tempo di protrombina, PTT (tempo di tromboplastina parziale, utile per evidenziare un LAC - anticorpi lu-pus anticoagulanti) e il fibrinogeno, questi ultimi entrambi punti di riferimento per le modificazioni indotteeventualmente da eparina o rt-PA.

20 21

Page 67: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

basa essenzialmente sulla terapia tromboliti-ca endovenosa con rt-PA entro i tempi appe-na indicati, con lo scopo di riperfondere il va-so occluso nei tempi più brevi possibili. È di-mostrato, appunto, come l’efficacia di questaterapia diminuisca progressivamente con ilpassare del tempo (già dopo 3 ore).

49

S e s s i o n e 2 2/2

22

24

23

Terapia

ICTUS ISCHEMICO

La slide 22 riassume i trattamenti specificidell’ictus ischemico.

TERAPIA TROMBOLITICA ENDOVENOSA

Un decreto del 2003 del Ministero della Salu-te11 (come anche una successiva determina-zione dell’Agenzia italiana del farmaco)12 au-torizza in Italia l’utilizzo dell’ACTILYSE (Alte-plase) per il trattamento dell’ictus ischemicoentro 3 ore dall’esordio dei sintomi, deman-dando alle Regioni e alle Province autonomel’identificazione dei centri idonei, in base alpossesso dei requisiti specifici richiesti (di cuiparleremo in seguito).

Infatti il trattamento dell’ictus ischemico si

Due metanalisi dei risultati dei quattro stu-di13 14 hanno mostrato come, malgrado unamaggiore incidenza di trasformazione emor-ragica sintomatica, l’rt-PA riduca in modo si-gnificativo l’incidenza dell’end-point combi-nato morte/dipendenza, e non solo nei pa-zienti trattati entro 3 ore, ma anche in quellitrattati fra 3 e 6 ore e, quindi, in tutti i pazien-ti trattati entro le 6 ore. Questo significa cheper ogni 1.000 pazienti trattati con rt-PA, 57 diquelli trattati entro 6 ore e 140 di quelli trat-tati entro 3 ore evitano morte o dipendenza a3 mesi, malgrado la comparsa di emorragia se-condaria sintomatica in 77 pazienti in più(non fatale in 48 casi, fatale in 29 casi) quan-do trattati entro 6 ore.

Tenendo in considerazione che le trasfor-mazioni emorragiche sintomatiche compren-dono anche quelle fatali che, a loro volta, so-no già incluse nell’end-point combinato mor-te/dipendenza a 3 mesi, ne consegue che, mal-grado l’rt-PA abbia un indice terapeutico re-lativamente ridotto, il rapporto rischio/beneficio risulta a favore di questi ultimi.

Page 68: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

in dettaglio le caratteristiche organizzativeche i centri clinici in generale debbono posse-dere per poter essere autorizzati a effettuareil trattamento. La slide 26 li riassume.

I centri devono essere anche in grado diminimizzare l’intervallo di tempo fra l’arrivodel paziente e l’inizio del trattamento, assicu-rare una monitorizzazione accurata dellapressione arteriosa e dello stato neurologicodurante il trattamento e per le 24-48 ore suc-cessive e, infine, intervenire tempestivamen-te in caso di complicanze.

La somministrazione sicura del tratta-mento richiede, inoltre, che la selezione deipazienti sia accurata, secondo le controindi-cazioni (riportate nelle caratteristiche delprodotto), in modo da ottimizzare il tratta-mento (in termini di costi e benefici).

Nei centri con provata esperienza di neuro-radiologia interventistica, in caso di occlusionedei tronchi arteriosi maggiori (carotide inter-na, tronco principale dell’arteria cerebrale me-dia, arteria basilare) con elevato rischio dimorte o gravi esiti funzionali, possono essereutilizzate, oltre al trattamento chirurgico o en-dovascolare, tecniche avanzate con l’uso difarmaci trombolitici per via arteriosa, associa-te o meno a manovre meccaniche (angioplasti-ca, tromboaspirazioni, recupero del trombo).

La trombectomia della carotide extracra-nica consente di riaprire rapidamente la ca-rotide e può essere completata con terapia fi-brinolitica loco-regionale intra-operatoria.

50

M O D U L O 2

25 26

Recentemente, i ricercatori dello studioECASS15 hanno valutato l’efficacia e la sicu-rezza di Alteplase, somministrato tra le 3 e le4,5 ore dopo l’insorgenza dell’ictus.

Nello studio sono stati arruolati 821 pa-zienti con ictus ischemico acuto, di età com-presa tra 18 e gli 80 anni, ai quali è stato asse-gnato in modo casuale il trattamento con Al-teplase per via endovenosa (0,9 mg per kg dipeso corporeo) oppure con placebo (418 so-no stati assegnati al gruppo Alteplase e 403 algruppo placebo).

Il tempo mediano per la somministrazionedi Alteplase è stato di 3 ore e 59 minuti.

Un maggior numero di pazienti del gruppoAlteplase ha presentato un outcome favore-vole rispetto al gruppo placebo (52,4% vs45,2%).

All’analisi finale, l’outcome è risultato mi-gliorato con Alteplase, rispetto al placebo.

L’incidenza di emorragia intracranica si èrilevata più alta nei pazienti trattati con Alte-plase rispetto al placebo, mentre la mortalitànon differiva in modo significativo tra i duegruppi (7,7% e 8,4%, rispettivamente), cosìcome la presenza di altri gravi eventi avversi.

La trombolisi endovena deve essere utiliz-zata esclusivamente da medici con documen-tata esperienza nella diagnosi e nella gestionedell’ictus, che operano sulla base di specificiprotocolli di trattamento.

Il Ministero della Salute, ponendo l’accentosulla sicurezza del trattamento, ha pubblicato

Page 69: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

TERAPIA ANTITROMBOTICA COME TERAPIASPECIFICA

Negli ultimi anni l’uso di anticoagulanti e diASA come terapia dell’infarto cerebrale è sta-to ampiamente sperimentato.

Il trattamento con ASA 160 o 300 mg algiorno (preferenzialmente 300 mg al giorno,secondo il gruppo Spread) si rivela indicato intutti i pazienti con ictus ischemico acuto,tranne in quelli candidati al trattamentotrombolitico (nei quali può essere iniziato do-po 24 ore) o al trattamento anticoagulante.

Nelle prime 48 ore dall’esordio è importan-te monitorare costantemente i pazienti. Circa

51

S e s s i o n e 2 2/2

27

APPROFONDIMENTI

Anche l’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, in una determinazione del novembre 2007, ha definito al-cune condizioni relative all’uso del rt-PA e in particolare:

• l’impiego a carico del Servizio sanitario nazionale delle specialità medicinali a base di Alteplase peril trattamento dell’ictus ischemico (le informazioni sono contenute nella scheda tecnica e nelle strokeunit, così come definite nel decreto ministeriale del luglio 2003);

• il ruolo delle Regioni e le Province autonome nell’identificare centri idonei; • l’uso ottimale in pazienti selezionati.

Condizioni per un uso ottimale dell’Alteplase:

• trattamento entro tre ore dalla comparsa dei sintomi;• 0,9 mg per kg di peso corporeo (dose massima 90 mg) come dose ottimale;• pazienti altamente selezionati, con rigorosa osservazione delle controindicazioni riportate nel RCP

(riassunto caratteristiche del prodotto);• prescrizione e uso riservato a medici esperti nella gestione del paziente con ictus acuto, all’interno

di una appropriata équipe e in un centro clinico-sanitario dedicato, dotato di tutte le strumentazioninecessarie. In particolare la TAC cerebrale deve essere disponibile 24 ore su 24 e deve essere sem-pre valutata da medici esperti.

Per quanto riguarda i criteri di esclusione della trombolisi, come ad esempio l’età superiore agli 80 an-ni, non ci sono dati di evidenza. Infatti, l’età è stata considerata a priori un criterio di esclusione in qua-si tutti gli studi randomizzati controllati sulla trombolisi sistemica, con la sola eccezione dello studio delNINDS (National Institute of Neurological Disorders and Stroke)16 nel quale, però, il numero dei pazien-ti ultraottantenni era troppo esiguo per consentire conclusioni definitive. Pertanto sussiste incertezza in merito al trattamento di pazienti così anziani, nei quali l’incidenza di ic-tus è molto elevata, le conseguenze disabilitanti molto gravi e, di conseguenza, è potenzialmente gran-de – ma non dimostrato – il beneficio della terapia. Questo e altri motivi di incertezza (importanza dei segni precoci di lesione alla TC cerebrale, possibilitàche la finestra terapeutica sia più ampia) espressi dal gruppo Cochrane17 sono il presupposto dello stu-dio randomizzato controllato IST 3 (International Stroke Trial), tuttora in corso, finalizzato a rivalutare, suuna casistica molto ampia, il rapporto rischio/beneficio del trattamento somministrato fino a 6 ore dal-l’esordio dei sintomi.

Page 70: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

il 25% di loro infatti peggiora durante le prime24-48 ore di ricovero. Va considerata inoltrela difficoltà, nella maggior parte dei casi, diprevedere la comparsa di deterioramentoneurologico improvviso.

Da ciò risulta evidente che tutti i pazientidevono essere considerati a rischio.

In breve, nelle prime 48 ore dall’esordio diun ictus è necessario:

• controllare le funzioni vitali e lo stato neu-rologico;

• prevenire le infezioni urinarie e polmonari; • considerare lo stato nutrizionale del pa-

ziente e riconoscere la presenza eventualedi un disturbo della deglutizione (disfagia);

• in pazienti a rischio elevato, prevenire letrombosi venose profonde;

• garantire la mobilizzazione del pazientegià nelle prime ore dopo l’ictus.

ICTUS IN FASE ACUTA

TRATTAMENTO ANTIPERTENSIVO

L’ipertensione arteriosa è molto frequente inpazienti con ictus acuto (in più dell’80% deicasi).18 Molte sono le cause che possono in-nalzare i valori pressori: l’ictus stesso, il riem-pimento vescicale, il dolore, un’ipertensionepreesistente, la risposta fisiologica all’ipossiacerebrale o l’ipertensione intracranica. I va-lori pressori spesso si normalizzano, non ap-pena il paziente viene lasciato riposare in am-

biente tranquillo, o la vescica viene svuotata,o il dolore controllato.

Anche se l’ipertensione è un esito moltofrequente nel paziente con ictus, general-mente il suo trattamento non deve essere ini-ziato precocemente: in questa fase, infatti, ènecessario garantire un flusso di perfusionecerebrale sufficiente alla sopravvivenza dellapenombra ischemica, non protetta dai mec-canismi di autoregolazione. Non esiste anco-ra inoltre una gestione ottimale definita del-l’ipertensione,19 in quanto non vi è ancorasufficiente evidenza per valutare l’effetto sul-l’esito conseguente a una modifica della pres-sione arteriosa in fase acuta.20

In caso di ipertensione marcata, la sua cor-rezione deve avvenire gradualmente e concautela, per evitare una risposta esagerata altrattamento antipertensivo e un possibilepeggioramento neurologico.21

Non sono disponibili ad oggi valori defini-tivi sui cut-off pressori per l’indicazione altrattamento urgente dell’ipertensione nell’ic-tus acuto. Tuttavia, sulla base delle evidenzee consensus finora ottenuti, è possibile iden-tificare un algoritmo22 operativo così sche-matizzato:

• nei pazienti con ictus ischemico acuto epressione sistolica <185 mmHg e diastoli-ca <105 mmHg, la terapia antipertensivanon è usualmente indicata;

• se il valore di pressione sistolica è di 185-

52

M O D U L O 2

28 29

Page 71: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

220 mmHg e diastolica di 105-120 mmHg,la terapia d’emergenza dovrebbe essere ri-mandata, se non coesiste una insufficienzaventricolare sinistra, una dissecazione aor-tica o un infarto miocardico acuto;

• se i valori di pressione sistolica sono >220mmHg e la pressione diastolica è tra 121-140 mmHg, è necessario somministrareun farmaco antipertensivo facilmente do-sabile come il labetalolo (10 mg ev in 1-2minuti). Tale dose può essere ripetuta oraddoppiata ogni 10-20 minuti fino a undosaggio cumulativo di 300 mg. Il labeta-lolo è sconsigliato nei pazienti con asma,scompenso cardiaco o gravi turbe dellaconduzione. In questi casi può essere usa-to l’urapidil;

• non è indicato l’uso di calcio-antagonistiper via sublinguale, per la rischiosa rapi-dità d’azione di questo tipo di sommini-strazione.

Una terapia antipertensiva precoce è indi-cata in caso di ipertensione associata a tra-sformazione emorragica.

iniziare in tempi rapidi una adeguata terapiaantibiotica.

TRATTAMENTO DELL’IPERGLICEMIA

All’esordio dell’ictus circa il 10-20% dei pa-zienti con livelli normali di emoglobina glicosi-lata presenta valori iperglicemici come rispo-sta ormonale precoce all’ischemia cerebrale.23

Inoltre una percentuale rilevante dei pa-zienti con ictus (dall’8 al 20%) ha una storia didiabete mellito o presenta un diabete nonprecedentemente diagnosticato (dal 5 al 28%dei casi).24

Non è stata definita ancora comunque unacorrelazione univoca tra iperglicemia in faseacuta e peggioramento dell’esito dell’ictus.

L’iperglicemia dovrebbe essere correttacon terapia insulinica;25 il valore soglia di gli-cemia consigliato e adottato in alcuni centri eindicato dalle linee guida europee è >200mg/dl o 10 mmol/l (causando una certa ambi-guità, dato che 10 mmol/l corrispondono a180 mg/dl).26

TRATTAMENTO DELL’IPERTENSIONEENDOCRANICA

L’aumento della pressione endocranica è si-curamente rilevante in questi pazienti e, al-meno teoricamente, potrebbe essere impor-tante monitorizzarne i valori. Le metodicheper farlo però sono invasive e non prive dipossibili complicazioni. Ad esempio, gli agen-ti osmotici (come il mannitolo o il glicerolo)possono ridurre l’ipertensione endocranica,ma, al tempo stesso, provocare effetti colla-terali, inducendo ipotensione, ipokaliemia,insufficienza renale da iperosmolarità, emoli-si e scompenso cardiaco.

Alcuni studi clinici controllati, su un pic-colo numero di pazienti, sembrano averneevidenziato l’efficacia nell’ictus acuto, ma nonnelle emorragie cerebrali.27 Tuttavia, questaterapia è generalmente utilizzata (eventual-mente con aggiunta di furosemide, 10 mgogni 2-8 ore) nei pazienti con emorragia ce-rebrale in presenza di un deterioramento del-la coscienza.

53

S e s s i o n e 2 2/2

30

TERAPIA ANTIPIRETICA

È opportuno mantenere i livelli di tempera-tura entro valori normali (inferiori a 37°) uti-lizzando, se necessario, preferibilmente il pa-racetamolo. In caso di febbre è appropriatoeseguire esami colturali su urine, escreatobronchiale e sangue e, in caso di infezione,

Page 72: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Non ci sono evidenze sul beneficio legatoall’uso dei corticosteroidi in caso di emorragiacerebrale. Alcuni pazienti richiedono seda-zione con propofol, benzodiazepine o morfina.Se questo non basta, si può ricorrere al comabarbiturico: il tiopental riduce rapidamente ivalori di pressione endocranica, probabil-mente riducendo il flusso e il volume cerebra-le. Le alte dosi di barbiturico (massima dose10 mg/kg al giorno) provocano però ipoten-sione sistemica. Per le dosi di mantenimentosono consigliati 0,3-0,6 mg/kg al giorno.

È indicata:

• in presenza di crisi subentranti (stato dimale epilettico) con ev lorazepam 0,1mg/kg a 2 mg/min (se lo stato epiletticonon si risolve è indicata fenitoina – 20mg/kg – con somministrazione lenta diret-tamente ev);

• in caso di crisi ad esordio tardivo (dopo 15-30 giorni) come profilassi dell’epilessia.

54

M O D U L O 2

31

32

TERAPIA ANTIEPILETTICA

In una serie clinica comprendente 761 pa-zienti sono state osservate crisi epiletticheprecoci nel 4,2% dei casi e, nell’8,1%, crisi en-tro 30 giorni dall’esordio.

L’epilessia sembra associarsi più frequente-mente alla localizzazione lobare dell’emorragia.

Le crisi epilettiche, se intervengono, vannotrattate immediatamente perché rischiano didestabilizzare i pazienti in situazione critica;non è però consigliata una terapia preventiva.

Quindi, possiamo riassumere schematica-mente che la terapia antiepilettica non è indi-cata:

• nella fase acuta dell’ictus come profilassidell’epilessia;

• in presenza di una singola crisi nella faseacuta dell’ictus.

TERAPIA CAROTIDEA IN URGENZA

Con la chirurgia carotidea nel paziente con ic-tus acuto sono stati ottenuti risultati positivi eincoraggianti soprattutto in pazienti con gra-do di stenosi elevato (70-90%) con o senzaplacca ulcerata, con trombosi acuta (<24 h) ein caso di TIA recidivante o crescendo TIA. Imaggiori benefici si hanno se il trattamento av-viene entro 72 ore dall’ictus o almeno entro 14giorni, per la prevenzione della recidiva.

ANTIAGGREGANTI E ANTICOAGULANTI NELLA PREVENZIONE DELLE RECIDIVE

La terapia antiaggregante piastrinica rappre-senta il trattamento di scelta nella prevenzio-ne secondaria nei pazienti con ictus ischemi-co, con l’eccezione dei casi in cui si è docu-mentata una fonte cardioembolica.

Il trattamento con ASA è indicato a dosicomprese tra 100 e 325 mg al giorno nei pa-zienti con ictus atero-trombotico o lacunare.

Page 73: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

L’efficacia degli anticoagulanti orali nellaprevenzione del cardioembolismo è stata di-mostrata da numerosi studi clinici controllati.

La TAO può essere iniziata con una mode-rata dose di induzione (5-10 mg di warfa-rin).28 L’uso di elevate dosi di carico (20-40mg di warfarin) non presenta vantaggi ri-spetto alle dosi più ridotte, anzi, rende più dif-ficile la stabilizzazione del dosaggio ed è po-tenzialmente pericolosa.

In particolare, in pazienti con fibrillazioneatriale non valvolare, è indicata la terapia an-ticoagulante orale con INR da mantenere fra2 e 3.

In pazienti con altra eziologia cardioem-bolica (valvulopatie con o senza fibrillazioneatriale, protesi valvolari), ad alto rischio di re-cidiva precoce, è indicata la terapia anticoa-gulante orale, con obiettivo di mantenere INRfra 2 e 3 (valvulopatie con o senza fibrillazio-ne atriale), o fra 2,5 e 3,5 (protesi valvolarimeccaniche).

55

S e s s i o n e 2 2/2

33

35

34

In pazienti con eziologia cardioembolica(in assenza di controindicazioni) è indicatoiniziare il trattamento anticoagulante oraletra le 48 ore e i 14 giorni tenendo conto dellagravità clinica, dell’estensione della lesionealle neuroimmagini e del rischio precoce direcidiva sulla base della situazione cardiaca(definita anche con ecocardiografia).

ICTUS EMORRAGICO

EMORRAGIA INTRACEREBRALE SPONTANEA

Per questa forma specifica di ictus emorragi-co il trattamento medico ha l’obiettivo di man-tenere le funzioni vitali in condizioni di nor-malità e correggere le eventuali alterazioniche si manifestano nel paziente con emorra-gia.29 Nella slide 35 sono riassunti i trattamen-ti. Di alcuni di essi abbiamo già parlato, qui diseguito affrontiamo sinteticamente gli altri.

TRATTAMENTO ANTIPERTENSIVO

Se la proposta di ridurre la pressione del pa-ziente in fase acuta ha l’obiettivo di favorire lafine del sanguinamento in atto, è vero ancheche la pressione sistemica elevata può contri-buire a migliorare la perfusione delle zone pe-ri-ematoma compresse e ischemiche.

Page 74: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Le raccomandazioni delle Linee-guida del-la AHA/ASA del 2007 perciò diversificanol’approccio terapeutico sulla base non solodei valori pressori, ma anche della situazioneclinica.

Nell’emorragia cerebrale il controllo dellapressione arteriosa si differenzia in base ai va-lori assunti dalla pressione sanguigna.

Come è riportato nella slide 36:

• con pressione sistolica >180 o pressionediastolica >105 è indicata una riduzionedella pressione con farmaci per via endo-venosa, di breve durata d’azione e con mi-nimo effetto vaso-dilatatore cerebrale, adesempio labetalolo oppure uradipil;

• con pressione sistolica >230 o pressionediastolica >140 viene utilizzato il nitro-prussiato di sodio in infusione endovenosacontinua oppure uradipil;

• se pressione sistolica <180 o pressionediastolica <105 è bene non trattare.

Secondo il recente studio INTERACT, lariduzione della pressione arteriosa sistolica aldi sotto del valore di 140 mmHg ridurrebbel’espansione dell’ematoma intracerebrale.30

FATTORE VII

I dati sull’utilizzo del fattore VII nella gestio-ne dell’emorragia sono contrastanti.

Uno studio che ha utilizzato tre dosi di fat-tore VII ricombinante attivato (rFVIIa; 40, 80

e 160 µg/kg), somministrato entro 4 ore dal-l’esordio dell’emorragia cerebrale, ha mo-strato una significativa efficacia complessivanel limitare la progressione di volume degliematomi intracerebrali, nel ridurre la morta-lità e migliorare gli esiti. Apparentemente glieffetti sembravano proporzionali alla dosesomministrata.31

I risultati dello studio FAST sono statiesposti allo European Stroke Congress (ESC)a Glasgow nella primavera del 2007.

A differenza dei promettenti risultati preli-minari della prima fase dello studio, la nuovaricerca sul fattore VII nel trattamento dell’e-morragia intracerebrale ha dimostrato chenon ci sono benefici nell’utilizzo di tale fattore.

Nell’aprile 2007 a Boston, al congresso an-nuale della American Academy of Neurology,sono stati presentati i dati (non ancora pub-blicati) del nuovo studio sul fattore VII nell’e-morragia intraparenchimale spontanea. I ri-sultati sono stati negativi: non si è dunque di-mostrata alcuna efficacia del trattamento siaper mortalità che per disabilità.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Comporta la rimozione chirurgica dell’ema-toma con l’obiettivo di ridurre il danno sul pa-renchima cerebrale:

• diminuendo l’effetto massa;• bloccando la cascata dei prodotti tossici

derivanti dall’emorragia;

56

M O D U L O 2

36 37

Page 75: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• prevenendo il possibile ingrandimentodell’ematoma che può avvenire nelle pri-me ore dell’emorragia.

I candidati all’intervento sono i pazienticon ematoma cerebellare di dimensioni su-periori ai 3 cm e i pazienti giovani, con ema-toma lobare e deterioramento progressivodelle condizioni neurologiche emorragicheintracerebrali associate ad aneurismi o a mal-formazioni artero-venose (se accessibili chi-rurgicamente).

Al contrario, l’intervento non è indicato inpazienti con piccoli ematomi e in soggetti instato di coma profondo.

EMORRAGIA SUBARACNOIDEA DA ANEURISMA (ESA)

In caso di rottura di un aneurisma cerebrale, iltrattamento endovascolare o chirurgico di-venta necessario: la probabilità di un nuovosanguinamento è infatti estremamente eleva-ta (del 20% entro 14 giorni, del 30% entro 30giorni, del 40% entro 180 giorni, con una pro-babilità di recidiva di rottura del 3% per anno).

Il risanguinamento è un’evenienza estre-mamente grave, essendo responsabile di cir-ca il 30% delle prognosi sfavorevoli per mor-talità e morbosità. È evidente quindi la ne-cessità di un trattamento adeguato (endova-scolare o chirurgico) per escludere questemalformazioni.

Le indicazioni al trattamento endovasco-

lare o chirurgico variano in rapporto alla pre-sentazione clinica (nel caso di un aneurismanon sanguinante, un’emorragia subaracnoi-dea, o di un effetto compressivo), all’età delpaziente e alle caratteristiche dell’aneurisma(le dimensioni, la localizzazione, l’aspettomorfologico).

Attualmente il trattamento endovascolare,in base ai dati più recenti, è considerato piùsicuro dell’intervento chirurgico. In passatoinvece era utilizzato prevalentemente daineurochirurghi nei casi ritenuti ad alto ri-schio operatorio, negli aneurismi del circoloposteriore, nei pazienti anziani e in generalein tutti i pazienti con importanti fattori dirischio.

La chirurgia costituisce dunque il tratta-mento alternativo al trattamento endovasco-lare nei pazienti giovani, portatori di aneuri-smi del circolo anteriore, non giganti e, in ge-nerale, in tutti i pazienti a basso rischio chi-rurgico.

In questi casi il trattamento chirurgico as-sicura basse complicanze e consente, in circal’85-90% dei casi, di escludere (con clip), inmaniera completa e definitiva, l’aneurisma.

I risultati chirurgici sono comunque stret-tamente correlati alle condizioni neurologi-che, alla localizzazione e dimensioni dellasacca aneurismatica, all’età del paziente, allecondizioni cliniche generali. La prognosi ri-sulta migliore nel caso di aneurismi non rotti.

57

S e s s i o n e 2 2/2

38 39

Page 76: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• favorire il recupero delle abilità compro-messe dall’ictus allo scopo di promuovereil reinserimento sociale e di utilizzare le ca-pacità operative residue.

In particolare gli ultimi tre obiettivi sonoobiettivi a lungo termine e prevedono un’at-tività riabilitativa specifica e un piano di assi-stenza continua.

Riferimenti bibliografici

1. European Stroke Initiative Recommendationsfor Stroke Management. 2002. Citato inSPREAD – Stroke Prevention and Educatio-nal Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Li-nee guida italiane di prevenzione e tratta-mento». Quinta edizione. Febbraio 2007, cap.8, nota 29, p. 187.

2. Linee Guida europee per la gestione e il trat-tamento degli ictus ischemici e degli attacchiischemici transitori, European Stroke Orga-nisation, 2008.

3. Stroke Unit Trialists’ Collaboration. Organi-sed inpatient (stroke unit) care for stroke(Cochrane Review). The Cochrane Library.Issue 4, 2004. Citato in DGR 1720/2007. Bol-lettino Ufficiale della Regione Emilia-Roma-gna n. 42, 17 marzo 2008.

4. Stroke Unit Trialists’ Collaboration. Organi-sed inpatient (stroke unit) care for stroke(Cochrane Review). The Cochrane Library.Issue 4, 2007.

5. Langhorne P, Pollock A. What are the compo-nents of effective stroke unit care? AgeAgeing 2002; 31(5): 365-71.

6. Langhorne P, Dennis MS. Stroke units: thenext 10 years. Lancet 2004; 363: 834-5.

7. Candelise L, Gattinoni M, Bersano A et al., onbehalf of the PROSIT Study Group. Stroke-unit care for acute stroke patients: an obser-vational follow-up study. Lancet 2007; 369:299-305.

8. Ronning OM et al. Stroke units versus generalmedical wards. I Twelve and eigthteen monthsurvival. A randomized, controlled trial.Stroke 1998; 29: 58-62.

9. Govan L, Weir CJ, Langhorne P for the StrokeUnit Trialists’ Collaboration, Organized Inpa-tient (Stroke Unit) Care for Stroke, Cochranecorner, 2008.

58

M O D U L O 2

40

Fase di stato

Abbiamo visto come gli elementi fondamen-tali della fase acuta dell’ictus stiano nella ge-stione assistenziale mirata al pronto ricono-scimento della malattia e nella prevenzione ocura delle sue possibili complicanze.

È noto come circa il 25% dei pazienti conictus peggiori durante le prime 24-48 ore di ri-covero, un rimanente 10% dopo 96 ore, e inuna minoranza di casi dopo una settimanadall’esordio dei sintomi. La fase acuta si esten-de dunque per tutto questo periodo, in cui po-trebbe verificarsi un peggioramento. Inoltre,vista la difficoltà, nella maggior parte dei casi,di prevedere la comparsa di deterioramentoneurologico, tutti i pazienti sono considerati arischio.

È in questa specifica fase che la gestionegenerale del paziente secondo protocolli stan-dardizzati può modificare significativamentel’evoluzione clinica.

In generale si interviene per:

• minimizzare il rischio di morte del pazien-te per cause cerebrali, cardiocircolatorie,respiratorie, infettive, metaboliche;

• contenere gli esiti della malattia limitandoil danno cerebrale e le sue conseguenze;

• evitare le recidive di danno vascolare del-l’encefalo;

• limitare la comorbosità conseguente aldanno neurologico, alle condizioni cardio-circolatorie e all’immobilità;

Page 77: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

10. Leys D, Ringelstein EB, Kaste M et al. for theEuropean Stroke Initiative executive com-mittee, The Main Components of Stroke UnitCare: Results of a European Expert Survey.Cerebrovasc Dis 2007; 23: 344-52.

11. Decreto del Ministero della salute del 24 luglio2003, Gazzetta Ufficiale 190, 18 agosto 2003.

12. Determinazione n. 1/AE. Gazzetta Ufficiale278, 29 novembre 2007.

13. Wardlaw JM, del Zoppo G, Yamaguchi T.Thrombolysis for acute ischaemic stroke(Cochrane Review). The Cochrane Library,Issue 4, 1999.

14. Hacke W, Brott T, Caplan L et al. Thromboly-sis in acute ischemic stroke: controlled trialsand clinical experience. Neurology 1999; 53(Suppl.): 3-14.

15. Hacke W et al. Thrombolysis with Alteplase 3to 4.5 Hours after Acute Ischemic Stroke. NEngl J Med 2008; 359: 1317-29.

16. The National Institute of Neurological Dis-orders and Stroke – rt-PA Stroke Study Group.Tissue plasminogen activator for acute ische-mic stroke. N Engl J Med 1995; 333: 1581-7.

17. Wardlaw JM, del Zoppo G, Yamaguchi T.Thrombolysis for acute ischaemic stroke(Cochrane Review). The Cochrane Library,Issue 4, 1999.

18. Oppenheimer S, Hachinski V. Complication ofacute stroke. Lancet 1992; 339: 721-4.

19. Powers WJ. Acute hypertension after stroke:the scientific basis for treatment decisions.Neurology 1993; 43: 461-7.

20. Blood pressure in Acute Stroke Collaboration(BASC). Interventions for deliberately alte-ring blood pressure in acute stroke (Cochra-ne Review). The Cochrane Database of Sy-stematic Reviews 2005, Issue 3.

21. Harms H, Wiegand F, Megow D et al. Acutetreatment of hypertension increases infarctsizes in spontaneously hypertensive rats.Neuroreport 2000; 11: 355-9.

22. Stroke coding guide of the American Aca-

demy of Neurology. Algorithm for emergencytreatment of blood pressure in patients withischemic stroke 2007.

23. van Kooten F, Hoogerbrugge N, Naarding P etal. Hyperglycemia in the acute phase is notcaused by stress. Stroke 1993; 24: 1129-32.

24. Toni D, Sacchetti ML, Argentino C et al. Doeshyperglycemia play a role in the outcome ofacute ischemic stroke patients? J Neurol1992; 239: 382-6.

25. Lindsberg PJ, Roine RO. Hyperglycemia inacute stroke. Stroke 2004; 35: 363-4.

26. Hack W, Kaste M, Bogousslavsky J et al. Eu-ropean Stroke Initiative Executive Com-mittee and the EUSI Writing Committee. Eu-ropean Stroke Initiative. Recommendationsfor Stroke Management – update 2003. Cere-brovasc Dis 2003; 16: 311-37.

27. McKissock W, Richardson A, Taylor J. Primaryintracerebral hemorrhage: a controlled trial ofsurgical and conservative treatment in 180 un-selected cases. Lancet 1961; 2: 222-226. Cita-to in SPREAD, cit., cap. 10, nota 208, p. 266.

28. Joshua B, Hirsh J, Fuster V. Guide to anticoa-gulant therapy. Circulation 1994; 89: 1469-80.

29. Bederson JB, Sander Connolly E et al. Guide-lines for the Management of Aneurysmal Sub-arachnoid Hemorrhage: A Statement forHealthcare Professionals from a Special Wri-ting Group of the Stroke Council, AmericanHeart Association. Stroke 2009; 40: 994-1025.

30. Anderson CS, Huang Y, Wang JG et al. Inten-sive blood pressure reduction in acute cere-bral haemorrhage trial (INTERACT): a ran-domised pilot trial. Lancet Neurol 2008; 7 (5):391-99.

31. Mayer SA, Brun NC, Begtrup K et al. Recom-binant Activated Factor VII Intracerebral He-morrhage Trial Investigators. Recombinantactivated factor VII for acute intracerebralhemorrhage. N Engl J Med 2005; 352: 777-785. Citato in SPREAD, cit., cap. 10, nota 200,p. 266.

59

S e s s i o n e 2 2/2

Page 78: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

60

M O D U L O 2

Letture consigliate(Modulo 2, Sessione 2)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e

trattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitoli 8-11.

Guidelines for stroke managementhttp://www.eso-stroke.org/

Page 79: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Modulo 3La prevenzione secondaria

Page 80: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 81: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

La prevenzione secondaria racchiude tuttiquegli interventi che vengono utilizzati, a li-vello individuale, per impedire il verificarsi diun nuovo episodio di ictus.

Nelle sessioni precedenti abbiamo de-scritto alcune delle azioni specifiche tese amodificare, nel paziente, un comportamento,uno stile di vita, un’abitudine; nella preven-zione secondaria rientrano anche i tratta-menti farmacologici e gli interventi chirurgi-ci effettuati per prevenire la comparsa di re-cidive.

In generale, in Italia, le misure di preven-zione secondaria sono ampiamente sottouti-lizzate. Sono pertanto necessarie iniziativeche contribuiscano a migliorare la pratica cli-nica.

Questa sessione descrive le tecniche dicontrollo farmacologico a lungo termine, en-trando nello specifico dei singoli trattamenti.

I partecipanti, al termine della sessione,sapranno:

• delineare le tecniche di controllo farma-cologico a lungo termine;

• descrivere la terapia farmacologica nellediverse condizioni cliniche.

63

3/1Sessione 3.1LA TERAPIA FARMACOLOGICA

1

2

Page 82: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Considerazioni sull’impiego di trattamenti farmacologici

Ogni strategia preventiva deve possedere al-cune specifiche caratteristiche per essererealmente efficace. L’accordo tra il medico eil paziente sulle strategie da usare e sugliobiettivi da raggiungere è un elemento chenon può mancare.

Per costruire l’accordo e la convinta ade-sione dei pazienti al trattamento farmacolo-gico è necessaria una corretta e sempliceinformazione sui rischi futuri, sul possibile ri-petersi dei disturbi e sulla protezione otteni-bile con le misure consigliate.

Alcuni specifici trattamenti farmacologici,anche se molto efficaci, pongono però pro-blemi, a volte non facili, di rapporto rischio/beneficio e, soprattutto, impongono un mo-nitoraggio clinico e laboratoristico non sem-pre disponibile. È il caso ad esempio della te-rapia anticoagulante nei pazienti con fibrilla-zione atriale per la prevenzione dell’ictusischemico. L’indicazione a questo trattamen-to deve essere posta solo dopo un’attenta e ri-gorosa analisi del caso e con il consenso(informato) del paziente.

la prevenzione di eventi vascolari gravi (mor-te vascolare, infarto miocardico e ictus nonfatali) con una riduzione del 22% del rischiodi ictus non fatale. La revisione conferma lamaggiore efficacia delle dosi di ASA tra 325 e75 mg al giorno, e considera non ancora con-vincenti le dosi inferiori a 75 mg.

ASA

L’obiettivo più importante, nell’ambito di unprogramma di prevenzione secondaria di lun-ga durata, è quello di ottenere dal paziente laconcordance, che, come approfondiremo inseguito, è qualcosa di più della compliance:è la completa condivisione del programma dicura.

Nel caso dell’ASA né la compliance né laconcordance sono obiettivi semplici da rag-giungere: la bassa tollerabilità del farmaco,l’incidenza e la gravità delle reazioni avversee il dosaggio e il numero di somministrazioniquotidiane possono creare forti resistenze altrattamento.

In considerazione della relativa minore in-cidenza di effetti collaterali e della migliorecompliance, la dose più utilizzata dai mediciamericani è di 325 mg. In Italia, invece, la ten-denza prevalente - sulla quale il gruppoSpread concorda - è più prossima all’approc-cio olandese e svedese e prevede, per la pre-venzione secondaria a lungo termine, l’im-piego di 100 mg al giorno.

CLOPIDOGREL

Nei TIA e nell’ictus ischemico non cardioem-bolico è indicato il trattamento antiaggregan-te con clopidogrel 75 mg al giorno.

Il clopidogrel è indicato come alternativanel caso ASA sia inefficace o non tollerato.

TICLOPIDINA

Nei TIA e nell’ictus ischemico non cardioem-bolico è indicato il trattamento antiaggregan-te con ticlopidina (500 mg al giorno), cheperò presenta un profilo di sicurezza meno fa-vorevole in confronto al clopidogrel, e quindi

64

M O D U L O 3

3

Indicazioni farmacologiche

ANTIAGGREGANTI PIASTRINICI

L’ultima metanalisi del 2002 dell’Antithrom-botic Trialist’s Collaboration1 ha confermatol’efficacia degli antiaggreganti piastrinici per

Page 83: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

richiede il controllo dell’emocromo ogni duesettimane per i primi tre mesi.

L’uso della ticlopidina deve essere riserva-to solo a pazienti con intolleranza all’ASA onei casi in cui l’ASA risulti inefficace nel pre-venire ulteriori eventi ischemici: infatti, inprevenzione secondaria, l’efficacia della ti-clopidina sembra essere solo lievemente su-periore a quella dell’ASA, ma presenta mag-giori effetti collaterali, richiede un controlloematologico periodico (attualmente si rac-comanda due volte al mese nei primi tre me-si) e ha un costo più elevato. Inoltre, non è ac-certata la sua efficacia nel prevenire l’infartodel miocardio, la principale causa di morte neipazienti con pregresso TIA.

ASSOCIAZIONI DI ANTIAGGREGANTI

ASA - DIPIRIDAMOLO

L’associazione ASA 50 mg al giorno più dipi-ridamolo a lento rilascio 400 mg al giorno èpiù efficace di ASA da sola (con NNT - num-

ber needed to treat, numero necessario da

trattare - pari a 100), quindi è indicata neiTIA e nell’ictus ischemico non cardioemboli-co. Secondo il gruppo Spread l’associazioneASA più dipiridamolo è indicata come alter-nativa all’ASA, che rimane comunque la pri-ma scelta.

ASA - CLOPIDOGREL

L’associazione di ASA e clopidogrel non è in-dicata invece per prevenire le recidive di ictusischemico: comporta infatti un aumento deirischi emorragici senza un aumento dei be-nefici presumibili.

ANTICOAGULANTI ORALI

L’efficacia degli anticoagulanti orali nella pre-venzione del cardioembolismo è stata dimo-strata da numerosi studi clinici controllati. Al-cuni studi hanno mostrato come, nella mag-gior parte delle indicazioni, range terapeuti-ci pari a INR 2-3 siano altrettanto efficaci dirange più elevati (INR 3≤4,5), ma associaticon minor rischio di sanguinamento.5

65

S e s s i o n e 1 3/1

APPROFONDIMENTI

Nello studio di Hakley,2 in pazienti con precedente TIA o ictus, l’uso di clopidogrel ha determinato unariduzione del rischio assoluto pari allo 0,5 % per anno con NNT (number needed to treat - numero ne-cessario da trattare) pari a 200. Infatti se il rischio annuale di eventi vascolari gravi in pazienti con precedente TIA o ictus è del 6,1% neisoggetti che assumono aspirina, il clopidogrel riduce il rischio relativo dall’8,78 al 5,6% per anno. Nello studio CAPRIE (Clopidogrel versus aspirin in patients at risk of ischaemic events)3 è stata con-frontata l’efficacia del clopidogrel (75 mg/die) con quella dell’ASA (325 mg/die) nel ridurre l’incidenzadell’end-point composito (ictus ischemico, infarto del miocardio e morte per cause vascolari). 9.185 pazienti sono stati seguiti per un massimo di 3 anni dopo un recente evento vascolare: in un ter-zo dei casi si trattava di un pregresso minor stroke, in un terzo di un pregresso infarto del miocardio e inun altro terzo di segni o sintomi di arteriopatia periferica. L’incidenza dell’end-point primario composito (ictus ischemico fatale e non fatale, infarto miocardico fa-tale e non fatale, o morte per altra causa vascolare) nel gruppo trattato con clopidogrel è stata del 5,32%per anno, rispetto al 5,83% nel gruppo trattato con ASA, con riduzione assoluta dello 0,51% per anno. Il clopidogrel è risultato pertanto in grado di ridurre gli eventi studiati di un ulteriore 8,7% (relativo) rispettoall’ASA. Ulteriori sottoanalisi dello studio CAPRIE hanno incluso nell’anamnesi specifiche categorie come i dia-betici o quelli con precedenti eventi ischemici. CAPRIE, come studio di confronto in pazienti con preesistente aterosclerosi sintomatica in tre diversi di-stretti (cuore, cervello, arti inferiori), ha indicato che l’impiego del clopidogrel comportava un guadagnorispetto ad ASA. Infatti valutando l’end-point composito rappresentato da infarto miocardio, ictus ische-mico e morte cerebrale, la riduzione del rischio assoluto è risultata pari al 3,4% e, aggiungendo ai pre-cedenti end-point anche il ricovero per ischemie, la riduzione del rischio è risultata del 3,9%.

Page 84: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

La TAO può essere iniziata con una dosemoderata di induzione (5-10 mg di warfarin o4-8 mg di acecumarolo). L’uso di elevate dosidi carico (20-40 mg di warfarin) non presen-ta vantaggi rispetto a dosi più ridotte.

Per una ottimale sicurezza ed efficacia del-la TAO occorre che i pazienti siano periodi-camente controllati, sia dal punto di vista cli-nico che laboratoristico. La sorveglianza deipazienti in terapia anticoagulante richiededunque operazioni di guida e di controllo cherichiedono una specializzazione e una grandeesperienza del personale medico e paramedi-co. Questa convergenza di attività e compe-tenze si ritrova senza dubbio in centri specia-lizzati (Centri per la sorveglianza degli anti-coagulanti) che si occupano del trattamentodelle condizioni tromboemboliche: una realtàche comincia ad affermarsi anche in Italia, alpari di altri paesi europei.

TERAPIA ANTIPERTENSIVA

Nei pazienti con pregresso ictus o TIA è indica-to il controllo dell’ipertensione arteriosa attra-

66

M O D U L O 3

APPROFONDIMENTI

L’ESPS-2 (European Stroke Prevention Study-2)4 ha valutato l’efficacia del dipiridamolo, dell’ASA a bas-so dosaggio e della loro associazione, rispetto a placebo. L’analisi ha dimostrato l’efficacia dell’ASA edel dipiridamolo nel prevenire nuovi episodi di ictus e l’end-point ictus più morte in pazienti con pregressiTIA o minor stroke. Il dipiridamolo da solo ha mostrato un’efficacia paragonabile a quella dell’ASA: ri-spettivamente una riduzione del 16,3% del rischio relativo (corrispondente a 26 episodi di ictus evitatiper 1.000 pazienti trattati per un periodo di due anni con dipiridamolo) e del 18,1% (corrispondente a29 episodi di ictus evitati per 1.000 pazienti trattati per un periodo di due anni) con l’ASA. L’associazionedipiridamolo-ASA è risultata più efficace dei due farmaci somministrati singolarmente nel prevenire nuo-vi episodi ischemici cerebrali (riduzione del rischio relativo di ictus del 37% rispetto al gruppo placebo,pari a 58 episodi di ictus evitati per 1.000 pazienti trattati per un periodo di due anni).Una recente metanalisi degli studi randomizzati controllati sull’utilizzo del dipiridamolo con o senza ASAper la prevenzione secondaria di ictus o TIA ha mostrato una riduzione significativa del 18% di recidivadi ictus con dipiridamolo rispetto al placebo e, se associato ad ASA, del 39% rispetto al placebo; oppu-re del 22% dell’associazione rispetto ad ASA da solo e del 26% rispetto a dipiridamolo da solo. Il dipiri-damolo in associazione con ASA riduce quindi in modo significativo la recidiva di ictus in pazienti con unprecedente evento cerebrovascolare acuto.Infine lo studio ESPRIT (European and Australasian Stroke Prevention in Reversible Ischemia Trial)6 haposto a confronto la combinazione di ASA e dipiridamolo con il solo ASA in monoterapia. La dose di ASAvariava tra 30 e 325 mg (la dose mediana risultava di 75 mg/die) così come quella del dipiridamolo chenell’83% dei casi era rappresentata da 400 mg in forma a rilascio prolungato. Lo scopo dello studio era quello di valutare l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti in soggetti che aves-sero sofferto di un TIA o di un minore stroke da più di una settimana dall’esordio di tale evento e da nonoltre sei mesi. Il follow-up medio era di 3,5 anni e si registrava una significativa riduzione del 20% nel-l’analisi intention-to-treat dell’end-point primario (morte vascolare, ictus non fatale, infarto miocardiconon fatale ed emorragie maggiori) nei pazienti assegnati alla combinazione ASA e dipiridamolo rispettoal gruppo trattato con solo ASA. La differenza assoluta di rischio era 1,0% per anno, con NNT di 100. Nel-l’analisi on treatment il beneficio si è ridotto, perdendo la significatività statistica. Le curve di distribu-zione degli eventi nel tempo hanno permesso di osservare un beneficio dopo il secondo anno di terapia.

4

Page 85: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

verso farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina, calcio antagonisti e diuretici.

Nella scelta dei farmaci antipertensivi gio-ca un ruolo importante la presenza eventua-le di specifiche patologie associate, ad esem-pio il diabete associato a proteinuria (pre-senza di proteine nelle urine), segno di ini-ziale danno renale. In questi casi la scelta diACE-inibitori o di bloccanti il sistema angio-tensina-renina diventa prioritaria. L’aggiuntadi diuretici tiazidici o indapamide è spessonecessaria.

In modo simile, il ricorso ai beta-bloccantipuò essere reso necessario per la compre-senza di coronaropatia. Tuttavia l’effetto pro-tettivo sulle manifestazioni cerebrovascolaririsulta dipendente dal calo dei valori presso-ri anche se alcune classi di farmaci, in parti-colare sartani e calcio antagonisti, sembranoin grado di esercitare un effetto protettivo ad-dizionale al controllo pressorio.

UTILIZZO DELLE STATINE

Nei casi di ictus e TIA con alto rischio vasco-lare, non necessariamente con colesteroloelevato, è indicato l’utilizzo di statine, perchédeterminano una riduzione degli eventiischemici maggiori.

TERAPIA FARMACOLOGICA IN PARTICOLARI CONDIZIONI CLINICHE

ATTACCHI ISCHEMICI TRANSITORI E ICTUSMINORE

L’efficacia associata all’uso degli anticoagu-lanti orali, nella prevenzione secondaria del-l’ictus aterotrombotico, non è stata ancorachiaramente accertata, a differenza della sua

67

S e s s i o n e 1 3/1

APPROFONDIMENTI

Lo studio HPS (Heart Protection Study) ha mostrato un effetto benefico della simvastatina (40 mg/die)nei pazienti ad alto rischio vascolare, anche con colesterolo nella norma.7Questo studio è stato condotto per 5 anni su 20.536 pazienti, tra 40 e 80 anni, con precedenti di coro-naropatia o ipertensione trattata, o arteriopatia periferica o diabete mellito, e valori di colesterolo tota-le ≥135 mg/dl.Per l’ictus il trattamento è risultato molto efficace: ha comportato una riduzione del 25% di primo ictus. L’impiego della simvastatina si è dimostrato efficace anche nella prevenzione secondaria, in pazienti arischio di vasculopatia (anche se non coronaropatici), mentre non è stata dimostrata la sua efficacia nel-la prevenzione secondaria in pazienti a rischio di vasculopatia, anche se non coronaropatici.Lo studio SPARCL (Stroke Prevention by Aggressive Reduction in Cholesterol Levels),8 studio multicen-trico, prospettico, randomizzato, realizzato in doppio cieco ha coinvolto 4.731 pazienti con TIA o ictus,colesterolo LDL tra 100 e 190 mg/dl, senza malattia coronarica. Dopo 4,9 anni di trattamento con ator-vastatina (80 mg), la diminuzione assoluta di ictus e TIA è stata del 2,2% e del 3,5% per gli eventi car-diovascolari. Il beneficio clinico della statina è stato limitato alla prevenzione della recidiva di ictus ische-mico, mentre non si sono osservati effetti significativi nella prevenzione delle forme emorragiche.Nei pazienti trattati con questo farmaco si sono però riscontrati aumenti persistenti di transaminasi. L’a-torvastatina si è dimostrata ben tollerata, nonostante l’incidenza persistente di aumento delle transa-minasi, nel 2,2% dei casi in confronto allo 0,5% del placebo. Lo studio SPARCL è il primo studio che ha dimostrato che un trattamento con statine è in grado di ridurreil rischio di ictus fatale, anche in assenza di coronaropatia.

5

Page 86: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

efficacia dimostrata nella prevenzione del-l’ictus cardioembolico. Considerazioni di tipofisiopatologico ne suggeriscono l’utilizzo incaso di fallimento delle terapie antiaggregan-ti, ma mancano dati conclusivi. L’uso di anti-coagulanti orali quindi è sconsigliato, in quan-to equivalenti agli antiaggreganti in termini dibenefici per INR tra 2-3, ma con rischio dicomplicanze emorragiche quando si superal’INR di 3.

FIBRILLAZIONE ATRIALE NON VALVOLARE (FANV)

Il trattamento elettivo nella prevenzione se-condaria dell’ictus, in pazienti con fibrillazio-ne atriale non valvolare, è rappresentato dal-la terapia anticoagulante orale con INR tra 2e 3.

La terapia con antiaggreganti piastrinici ri-mane comunque un’alternativa proponibile,sebbene meno efficace, in pazienti con con-troindicazioni all’uso di anticoagulanti orali.

La difficile accettazione del trattamentoda parte del paziente (dovuta al rischio diemorragie secondarie alla terapia) e le even-tuali complicanze emorragiche riducono ilnumero delle situazioni in cui si ricorre all’u-so di dicumarolici. Diventa necessario quindiindividuare i casi con più alta probabilità em-bolica in cui il trattamento con dicumarolicidiviene indispensabile.

Uno schema di riferimento, riassunto nel-la slide, può essere quello proposto da Lip:9

• in caso di rischio alto (8-12% annuo) èindicato il trattamento con warfarin conINR 2-3 in pazienti con pregresso TIA/ic-tus, pazienti diabetici o ipertesi di età su-periore ai 75 anni, e in pazienti con valvu-lopatia, insufficienza cardiaca, patologiatiroidea o disfunzione ventricolare sinistraall’ecocardiogramma;

• in caso di rischio moderato (4% annuo)è indicato il trattamento con warfarin oASA, a seconda della clinica e dell’ecocar-diogramma, in pazienti con meno di 65 an-ni con diabete, ipertensione arteriosa, ar-teriopatia periferica, cardiopatia ischemi-ca, o in pazienti con più di 65 anni che nonrientrano nel rischio alto;

• in caso di rischio basso (1% annuo) è in-dicato il trattamento con ASA per pazien-ti con meno di 65 anni senza precedenticardioembolici, ipertensione, diabete o al-tri fattori di rischio.

FANV E STENOSI CAROTIDEA

L’incidenza di stenosi carotidea ipsilateralenei pazienti con ictus e FANV è stimata intor-no al 15%. Nel singolo paziente può esseredifficile stabilire l’eziologia cardioembolica ocarotidea responsabile dell’ictus.

In questi casi è possibile suggerire le se-guenti raccomandazioni per la prevenzionesecondaria dopo un ictus:

• la TAO (INR 2-3) è indicata in tutti i pa-

68

M O D U L O 3

6 7

Page 87: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

zienti, indipendentemente dal grado e dal-la morfologia della lesione carotidea(EAFT - European atrial fibrillation

trial);• la terapia antiaggregante piastrinica con

ASA (325 mg) o indobufene (200 mg x 2)è indicata nei pazienti con controindica-zione per la TAO o elevato rischio trom-boembolico (EAFT e SIFA - Studio Italia-no Fibrillazione Atriale).

Anche se gli studi NASCET (North Ame-

rican Symptomatic Carotid Endarterec-

tomy Trial, di cui parleremo nella prossimasessione) e ECST (European Carotid Sur-

gery Trial)10 hanno escluso i pazienti con fi-brillazione atriale, la chirurgia della carotidepotrebbe essere indicata in presenza di ste-nosi carotidea maggiore del 70% congruente.

La decisione sul trattamento quindi deveessere presa empiricamente nei singoli casi.

CARDIOMIOPATIA DILATATIVA

Nei soggetti che presentano cardiomiopatiadilatativa, in presenza di fibrillazione atriale,trombo ventricolare sinistro o pregressoevento tromboembolico è indicato l’utilizzodella terapia anticoagulante orale.

Nei pazienti con cardiomiopatia dilatativae ictus vi sono indicazioni sicure alla profilas-si tromboembolica con TAO (INR 2-3) a lun-go termine. Deve essere tuttavia tenuto pre-sente che la TAO, in questi pazienti, può com-

portare un rischio emorragico particolar-mente elevato. È per questa ragione che lagestione della TAO deve essere particolar-mente accurata. Per ridurre al minimo il ri-schio di complicanze emorragiche, è racco-mandabile che i pazienti vengano seguitipresso i Centri per la sorveglianza della TAO.

69

S e s s i o n e 1 3/1

8

9

FORAME OVALE PERVIO ED EMBOLIAPARADOSSA

Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e fora-me ovale pervio, esenti da trombosi venoseprofonde e al primo evento tromboembolico,è indicato il trattamento con ASA.

Per i soggetti con ictus o TIA con:

• forame ovale pervio (FOP) associato adASI (aneurisma del setto interatriale) eprimo evento,

• FOP isolato e TVP (trombosi venosaprofonda) o diatesi trombofilica,

• FOP isolato, con shunt di grosse dimen-sioni e multipli eventi ischemici,

dopo avere escluso altre eziologie, è indicatoscegliere, sulla base del rapporto tra rischi ebenefici, tra terapia anticoagulante (INR 2-3)e la chiusura transcatetere.

Nei casi di ictus o TIA con:

• FOP associato ad ASI al primo evento, macon TVP o diatesi trombofilica e controin-dicazioni alla TAO,

Page 88: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• FOP con sintomatologia recidivante no-nostante TAO,

dopo avere escluso altre eziologie, è indicatala chiusura transcatetere e, in caso di falli-mento, la chiusura chirurgica.

PLACCHE DELL’ARCO AORTICO

Le placche aterosclerotiche dell’aorta toraci-ca sono state recentemente riconosciute co-me causa importante di ictus ed embolia peri-ferica. La prevalenza di ateromi aortici nei pa-zienti con ictus è tra il 21 e il 27%. Il rischio diictus a un anno in pazienti con severe placchedell’arco aortico osservate all’ecocardiografiatrans-esofagea varierebbe dal 10 al 12% in ba-se a quanto riportato da 3 studi indipendenti,e il loro trattamento profilattico, prima di unbypass coronarico o di una sostituzione val-volare, può essere pericoloso e non indicato,salvo nei casi in cui non risulti indispensabileai fini dell’intervento cardochirurgico; sonodescritti tuttavia casi affetti da ripetuti episo-di di ischemia cerebrale trattati con successo,in presenza di trombi endoluminali.11 Ad ogginon ci sono studi randomizzati che comparinoil trattamento chirurgico a quello medico.

Le possibili strategie terapeutiche nei pa-zienti con ictus e placche aortiche compren-dono gli antiaggreganti piastrinici, la terapiaanticoagulante orale, le statine e la rimozionechirurgica dell’ateroma. Quest’ultima vieneeffettuata per ragioni tecniche durante inter-venti di chirurgia valvolare aortica, e presen-ta comunque un rischio operatorio di ictus, eun rischio a distanza di formazione aneuri-smatica (che è stata osservata in elevata per-centuale nei pazienti sottoposti ad endarte-rectomia dell’aorta addominale, interventoestremamente diffuso negli anni Settanta eOttanta, ma oggi quasi abbandonato).

70

M O D U L O 3

10

10

PROTESI VALVOLARI CARDIACHE

Nei casi di ictus in soggetti portatori di prote-si valvolari sono proponibili le seguenti rac-comandazioni:

• nei pazienti con protesi valvolari biologi-che, che al momento dell’ictus sono in trat-tamento con ASA, è indicata una TAO alungo termine;

• nei pazienti con protesi valvolari meccani-che in cui l’ictus si sia verificato in corso diuna TAO a intensità inadeguata è opportu-no riprendere la TAO ad intensità ottimale(INR 2,5-3,5 per le protesi a disco singolo odoppio emidisco e INR 3-4,5 per le protesia palla e le protesi multiple);

• nei pazienti con protesi meccaniche chehanno embolizzato malgrado una TAOadeguata, è consigliabile l’associazione al-la TAO di ASA (100 mg) o, in alternativa,dipiridamolo 400 mg al giorno;

• in tutti i pazienti con protesi in cui si è ve-rificato un ictus è raccomandabile l’esecu-zione dell’ecocardiografia transesofageaper la ricerca di un’eventuale trombosi val-volare protesica.

Page 89: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Riferimenti bibliografici

1. Antithrombotic Trialist’s Collaboration. Col-laborative meta-analysis of randomised trialsof antiplatelet therapy for prevention ofdeath, myocardial infarction, and stroke inhigh risk patients. BMJ 2002; 324: 71-86. Ci-tato in SPREAD – Stroke Prevention and Edu-cational Awareness Diffusion, «Ictus cerebra-le: Linee guida italiane di prevenzione e trat-tamento». Quinta edizione. Febbraio 2007,cap. 12, nota 22, p. 342.

2. Hankey GJ. Is clopidogrel the antiplateletdrug of choice for high-risk patients withstroke/tia?: no. Journal of thrombosis andhaemostasis 2005; 3: 1137-40.

3. CAPRIE Steering Committee: A randomised,blinded, trial of clopidogrel versus aspirin inpatients at risk of ischaemic events (CAPRIE).Lancet 1996; 348: 1329-39. Citato in SPREAD,cit., cap. 12, nota 33, p. 342.

4. European Stroke Prevention Study (ESPS-2)Working Group. Secondary stroke preven-tion: aspirin/dipyridamole combination is su-perior to either agent alone and to placebo. JNeurol Sci 1996; 143: 1-13.

5. Si veda ad esempio Nuova Guida alla Terapiacon Anticoagulanti Orali. Raccomandazionidella Federazione Centri di Sorveglianza An-

ticoagulanti (FCSA), n. 5. Seconda edizione.Settembre 1997. Citata in SPREAD, cit., nota101, p. 344.

6. Halkes PH et al. The ESPRIT study group.Aspirin plus dipyridamole versus aspirinalone after cerebral ischemia of arterial ori-gin (ESPRIT): randomized controlled trial.Lancet 2006; 367: 1665-73.

7. MRC/BHF Heart Protection Study of chole-sterol lowering with simvastatin in 20,536 hi-gh-risk individuals: a randomised placebo-controlled trial. Lancet 2002; 360: 7-22.

8. Amarenco P, Bogousslavsky J, Callahan A etal. Stroke Prevention by Aggressive Reduc-tion in Cholesterol Levels (SPARCL) Investi-gators. High-dose atorvastatin after stroke ortransient ischemic attack. The SPARCL inve-stigators. N Engl J Med 2006; 355: 549-59.

9. Lip GYH. Thromboprophylaxis for atrial fi-brillation. Lancet 1999; 353: 4-6. Citato inSPREAD, cit., cap. 12, nota 159, p. 346.

10. European Carotid Surgery Trialists’ Collabo-rative Group.MRC European Carotid SurgeryTrial:interim results for symptomatic patientswith severe (70-99%) or with mild (0-29%)carotid stenosis. Lancet 1991; 337: 1235-43.

11. Kronzon I, Tunick PA. Aortic AtheroscleroticDisease and Stroke. Circulation. 2006; 114:63-75.

71

S e s s i o n e 1 3/1

Letture consigliate(Modulo 3, Sessione 1)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e

trattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitolo 12.

Page 90: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 91: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

La chirurgia carotidea ha un ruolo fonda-mentale nella prevenzione primaria e secon-daria dell’ictus cerebrale ischemico. La bifor-cazione carotidea è il distretto anatomico piùfacilmente raggiungibile da metodiche dia-gnostiche e chirurgiche ed è anche la sede piùfrequente della patologia ateroscleroticacoinvolta nell’ischemia cerebrale su base ate-rotromboembolica.

Questa sessione affronta dunque il temadella terapia chirurgica della patologia steno-ostruttiva su base aterosclerotica della caro-

tide extracranica, come terapia preventivadell’ictus cerebrale ischemico. I partecipanti,al termine della sessione, sapranno delinearele tecniche chirurgiche più indicate e discri-minare quali procedure chirurgiche applica-re in condizioni cliniche specifiche.

73

3/2Sessione 3.2LA TERAPIA CHIRURGICA

1

2

Indicazioni chirurgiche

STENOSI CAROTIDEA SINTOMATICA

I pazienti con stenosi carotidea sintomaticasono maggiormente a rischio di ictus rispettoa quelli con stenosi carotidea asintomatica dipari grado e sembrano trarre dalla chirurgia il

Page 92: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

massimo beneficio in termini di prevenzionedi eventi ischemici cerebrali.

Lo studio NASCET ha dimostrato infattiche l’endoarterectomia carotidea è sicura-mente efficace nella riduzione del rischio ipsi-laterale di ictus, quando il grado di stenosi èsuperiore al 70%.1

Nel caso di stenosi carotidea sintomaticainferiore al 50% sono stati dimostrati invecesvantaggi per il metodo chirurgico (con il me-todo NASCET, il grado di stenosi è calcolatocome rapporto tra il diametro del lume resi-duo, in corrispondenza della stenosi, e il dia-metro totale del vaso, a valle della lesione).2L’endoarteriectomia carotidea è indicata nel-la stenosi sintomatica compresa fra il 50 e il69% (valutata con il metodo NASCET), an-che se il vantaggio rispetto alla terapia medi-ca, modesto nei primi anni di follow-up, di-venta più evidente negli anni successivi.

Sembra comunque che l’intervento sia piùefficace in sottogruppi di pazienti con rischiodi ictus più elevato (in presenza di un eventorecente, con sintomi cerebrali e non oculari,placca ulcerata, di sesso maschile e con etàpiù avanzata).3

cercato di valutare quali fattori potessero me-glio predire il beneficio dell’intervento, maanche il rischio operatorio intrinseco.4 Il mo-dello elaborato ha identificato alcuni fattoripredittivi di peggiore prognosi in assenza diintervento, e altri predittivi di maggior rischiochirurgico, trasformati in punteggio. Se l’NNTglobale per stenosi da 70 a 99% è 14, esso di-viene 100 in caso di un punteggio inferiore a4, mentre diviene 3 in caso si raggiungano o sisuperino i 4 punti. Il punteggio viene così as-segnato:

• un punto viene dato per evento cerebralepiuttosto che oculare, per irregolarità disuperficie della placca ateromasica caroti-dea, per eventi negli ultimi due mesi e perogni decile di stenosi da 80 a 99%;

• viene tolto invece 0,5, mezzo punto, persesso femminile, per malattia vascolareperiferica e per pressione sistolica mag-giore di 180 mmHg.

Man mano che nuove evidenze si rende-ranno disponibili sarà necessario considerarenuovi fattori ed elaborare nuovi modelli.

74

M O D U L O 3

34

Il grado di stenosi rimane ancora il princi-pale fattore predittivo di rischio cerebrova-scolare della lesione carotidea e, quindi, ilprincipale fattore di indicazione alla corre-zione chirurgica, anche se non sembra esseresufficiente. Rothwell e collaboratori hanno

STENOSI CAROTIDEA ASINTOMATICA

L’indicazione chirurgica nei soggetti con ste-nosi carotidea asintomatica resta ancora oggimolto discussa, anche se lo studio ACAS(Asymptomatic carotid atherosclerosis

Page 93: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

study) ha riscontrato un beneficio dopo l’en-doarterectomia carotidea in soggetti con ste-nosi carotidea uguale o superiore al 60%,«asintomatici».5 Il beneficio si è avuto peròsolo dopo il secondo anno di follow-up ed è ri-sultato più marcato a cinque anni dall’inter-vento e solo alla condizione di un tasso dicomplicanze perioperatorie (per convenzio-ne, fino a un mese dall’intervento) gravi (ic-tus invalidanti o morte) inferiore al 3%.

Basandosi sui risultati dello studio ACAS,una review di Linee-guida e il Consensus

Statement multidisciplinare della NationalStroke Association hanno confermato la rac-comandazione dell’American Heart Associa-tion per l’indicazione all’endoarterectomiacarotidea (EC) in lesioni carotidee asintoma-tiche di almeno 60% di stenosi, con un rischioperioperatorio di complicanze gravi (morte,ictus) accettabile inferiore al 3%.6

Pertanto l’endoarterectomia carotideanon dovrebbe essere raccomandata routina-riamente, ma attraverso l’identificazione disottogruppi ad alto rischio.

ficio della chirurgia si mostra però solo a 5 an-ni dall’intervento, con dimezzamento statisti-camente significativo di incidenza di ictus incaso di EC (6% circa vs 12% circa, con ridu-zione di rischio assoluta pari a 1,2% all’anno).

Dall’analisi dell’ACST emerge il vantaggiodella chirurgia:

• sia negli uomini, con significatività stati-stica, sia nelle donne, senza significativitàstatistica (mentre l’ACAS non mostra al-cun beneficio della chirurgia nelle donne);

• maggiore in caso di ipercolesterolemia,minore, ma significativo, anche in caso dinormocolesterolemia;

• con significatività statistica sia per steno-si inferiori a 80% che per stenosi tra 80% e99% (mentre l’ACAS mostra scarso bene-ficio della chirurgia per stenosi serrate);

• per pressione arteriosa sistolica maggioreo minore di 160 mmHg, senza differenzastatisticamente significativa;

• per placche ecograficamente di tipo soft odi tipo hard, senza differenza statistica-mente significativa;

• per presenza o meno di diabete mellito, diischemia miocardica, di occlusione caroti-dea controlaterale, di sintomi controlate-rali, di intervento controlaterale, senza dif-ferenze statisticamente significative.

75

S e s s i o n e 2 3/2

5

6

Di più recente pubblicazione, l’ACST(Asymptomatic carotid surgery trial)7

conferma il netto beneficio della chirurgianei confronti della terapia medica conserva-tiva in pazienti di età inferiore a 75 anni constenosi carotidea asintomatica uguale o su-periore al 70%. Anche per l’ACST tale bene-

Una recente revisione Cochrane8 sull’effi-cacia dell’EC nella stenosi asintomatica portain definitiva alle seguenti conclusioni:

Page 94: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• malgrado un rischio perioperatorio di ictuse di morte di circa il 3%, la EC riduce il ri-schio assoluto di ictus (ipsilaterale, ma an-che controlaterale) dell’1% per anno neiprimi anni dopo l’intervento;

• la riduzione potrebbe essere maggiore conun follow-up più lungo;

• se il tasso di complicanze maggiori peri-operatorie fosse più elevato, ogni beneficiodella chirurgia si annullerebbe (è peraltroverosimile che il reale tasso di complican-ze, oggi, nei migliori centri italiani, sia piùbasso, e che il beneficio sia tanto maggio-re quanto più si riduce questo tasso ri-spetto al 3%);

• le donne sembrano non giovarsi tanto del-l’intervento, ma questa tendenza potrebbeessere smentita da un follow-up più lungo;

• i dati sul fattore età non sono chiari, emancano informazioni sufficienti sul fat-tore «grado di stenosi»;

• appare quindi prioritario acquisire nuovidati, prolungando il follow-up e includen-do nuovi pazienti negli studi in corso.

INDAGINE CARDIOLOGICA

L’indagine cardiologica deve essere condottain modo scrupoloso: la malattia coronarica in-fatti si associa spesso ad arteriopatia caroti-dea stenosante, e in modo silente, contri-buendo in larga misura a determinare la mor-talità perioperatoria, nonostante la terapiamedica.

Nei pazienti in grado di eseguire un eser-cizio fisico, le indagini di scelta sono il test er-gometrico e la scintigrafia miocardica da sfor-zo, che, utilizzati in sequenza, consentono diidentificare una cardiopatia ischemica silen-te tra il 25 e il 40% dei pazienti cerebrovasco-lari. Nei pazienti non in grado di eseguire l’e-sercizio fisico possono essere eseguiti test al-ternativi, come la scintigrafia miocardica altallio-dipiridamolo, o l’ecocardiografia con di-piridamolo o dobutamina.

La coronarografia si esegue in pazienti adalto rischio per la presenza di:

• angina e/o ischemia a bassa soglia al testergometrico;

• estesi difetti reversibili di perfusione allascintigrafia miocardica;

• aree multiple di asinergia segmentaria al-l’ecocardiografia da stress.

Lesioni coronariche gravi sono riscontra-bili nel 65% della popolazione globale dei pa-zienti con malattia cerebrovascolare extra-cranica e nel 40% di quelli senza sintomi dicardiopatia ischemica.

76

M O D U L O 3

7

8

TEST DIAGNOSTICI PRE-OPERATORI

I pazienti con un’arteriopatia carotidea steno-sante ostruttiva presentano la patologia anchein altri distretti: diventa quindi necessario, alfine del miglior risultato chirurgico, procede-re a una valutazione globale del paziente.

Page 95: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Nei pazienti candidati alla rivascolarizza-zione carotidea e coronarica è indicato dare laprecedenza al distretto più compromesso cli-nicamente.

In caso di precedenza della rivascolarizza-zione carotidea è indicato lo stenting in con-comitanza di una cardiopatia severa sinto-matica, mentre è indicata l’endoarteriectomiain concomitanza di una cardiopatia moderata.

Nei pazienti con patologia concomitantecarotidea e coronarica è particolarmente in-dicato un approccio multidisciplinare (car-diologico, neurologico, chirurgico vascolare/endovascolare, cardiochirurgico, anestesio-logico) per la scelta della precedenza del di-stretto da rivascolarizzare (carotideo o coro-narico) e per l’indicazione del tipo di rivasco-larizzazione carotidea (endoarteriectomia ostenting).

DIAGNOSTICA CEREBRALE

Oggi la tomografia computerizzata del cranioè il test diagnostico fondamentale nella valu-tazione preoperatoria dello stato anatomicodel cervello: è in grado di rilevare lesioni, ede-mi, aree emorragiche e ischemico-infartuali.

La tomografia computerizzata è importan-te anche dal punto di vista prognostico oltreche diagnostico ed è utile per stabilire, neisoggetti sintomatici, il timing operatorio.

In pazienti con TIA o ictus minore, conTC normale o con minime lesioni è indicatal’endoarterectomia carotidea quanto più pre-coce possibile.

Pazienti con lesioni estese alla TC, conesiti di ictus maggiore disabilitante, anche secon normale livello di coscienza, sono invecead alto rischio di complicanze in caso di in-tervento di endoarteriectomia carotidea, spe-cie se precoce.

Pertanto nei pazienti con stenosi caroti-dea, candidati alla terapia chirurgica, è indi-cata una TC preoperatoria dell’encefalo, es-senziale in caso di ictus o TIA precedente ecomunque utile in caso di asintomaticità.

77

S e s s i o n e 2 3/2

9

11

10

DIAGNOSTICA DELLA STENOSI CAROTIDEA

L’eco-Doppler, grazie alla sua non invasivitàe alta sensibilità e specificità, risulta esserel’esame diagnostico più idoneo, più efficace equindi più indicato, in prima istanza, a dia-gnosticare la stenosi carotidea e quindi a se-

Page 96: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

lezionare quei pazienti candidati alla terapiachirurgica.

L’eco-Doppler deve essere eseguito da unoperatore esperto che abbia validato tale me-todica, per confronto con l’angiografia e/ocon il reperto operatorio, e stabilito la sua af-fidabilità.

L’eco-Doppler dei tronchi sovraortici, pur-ché validato in precedenza, può essere indi-cato come unico esame, prima della chirurgiadella carotide, specie nel paziente con TIA oictus minore recente, entro l’ultima settima-na, e con stenosi carotidea congrua superio-re a 70% (in questo caso si ha massima affi-dabilità dell’esame e massimo beneficio dellachirurgia).

bassa rispetto alla biforcazione carotidea olesioni multiple dei tronchi sovraortici (inquesti casi la sola indagine con ultrasuoni,anche se supportata da eco-Doppler trans-cranico, può risultare insufficiente).

Inoltre il gruppo di Tampa9 ha tentato didefinire in maniera chiara il ruolo dell’angio-RM come metodica di neuroimmagini alter-nativa all’angiografia nei casi di insufficienteaffidabilità dell’eco-color Doppler. Il lavoro,oltre a confermare gli elevati valori di sensi-bilità, specificità, valore predittivo positivo enegativo dell’angio-RM, ha dimostrato un ele-vato tasso di concordanza tra angio-RM edeco-color Doppler.

78

M O D U L O 3

12 13

In certi casi, oltre all’eco-Doppler dei tron-chi sovraortici, è importante seguire ancheun’angio-RM con mezzo di contrasto oppure,in mancanza di questa, un’angio-TC (purchévalidata):

• nei pazienti con TIA o ictus minore verifi-catosi oltre l’ultima settimana o con steno-si carotidea congrua di grado inferiore al70% (qui il beneficio della chirurgia è mi-nore);

• nei pazienti in cui sia dubbio il grado di ste-nosi carotidea, specie se asintomatica (inquesto caso l’indicazione alla chirurgia èmeno netta);

• nei pazienti con sospetto di lesione alta o

STENTING CAROTIDEO

In alternativa alla tradizionale EC, è stataproposta l’angioplastica percutanea translu-minale (PTA) con stenting primario della ca-rotide extracranica.

Questa metodica offre alcuni evidenti van-taggi:

• si evitano i rischi connessi all’interventochirurgico sui nervi cranici e ai danni este-tici legati alla cicatrice e quindi all’aneste-sia generale (nel caso in cui l’EC si condu-ce in anestesia generale – recenti studihanno dimostrato l’equivalenza dei due ti-pi di anestesia in corso di EC),10 all’acces-

Page 97: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

so chirurgico al collo e al possibile danno dinervi cranici, e al tempo di clampaggio piùprolungato;

• consente il trattamento di lesioni menoaccessibili con la chirurgia tradizionale;

• richiede un tempo di procedura più breve; • richiede al paziente un minor impegno.

C’è comunque chi sottolinea i rischi dellostenting, in particolare, il rischio di emboliz-zazione cerebrale durante e immediatamen-te dopo; non è indicato inoltre nelle personeche, a breve, debbono essere sottoposte a in-tervento chirurgico in cui sia controindicatala doppia antiaggregazione.

presenza di lesioni ateromasiche, spessocalcifiche, importanti a livello della viad’accesso o di passaggio dei dispositivi (alivello aorto-iliaco-femorale, succlaveare,dell’arco aortico) o in quadri morfopatolo-gici particolari, come l’arco aortico parti-colarmente angolato e la marcata tortuo-sità del tronco sovraortico interessato;

• in caso di comorbosità cardiache, lo stent-

ing sembra essere più sicuro in pazienticon malattia cardiaca grave, specie primadi un intervento a cuore aperto, mentre inpazienti con malattia cardiaca non grave(inclusi quelli con angina stabile, modera-ta valvulopatia e moderata disfunzioneventricolare sinistra), l’EC può essere ese-guita con una certa sicurezza.

Per decidere che tipo di rivascolarizzazio-ne effettuare nei pazienti con comorbositàcardiache è necessario un approccio multi-specialistico (neurologico, cardiologico, car-diochirurgico, chirurgico vascolare, aneste-siologico).

Per convenzione, per «gravi comorbiditàcardiache» si intendono:

• lo scompenso cardiaco congestizio e/o lasevera disfunzione ventricolare sinistra;

• un intervento cardiochirurgico nelle seisettimane precedenti;

• un infarto miocardico nelle quattro setti-mane precedenti;

• l’angina instabile.

79

S e s s i o n e 2 3/2

14

15

Le evidenze attuali non sono sufficientiper consigliare il passaggio dall’endoarteriec-tomia alle procedure endovascolari per la cor-rezione chirurgica di routine della stenosi ca-rotidea.

Narins e Illig in una recente revisione si-stematica11 sulla scelta tra EC e stenting so-no giunti alle seguenti conclusioni:

• lo stenting è da preferire in caso di pre-senza di tracheostomia, di collo ostile, diparalisi del nervo laringeo controlaterale,di biforcazione alta, stenosi a estensionecraniale e dopo radioterapia al collo;

• la procedura di stenting non è indicata inalcune situazioni abbastanza frequenti, so-prattutto in età avanzata, per esempio in

Page 98: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

In ogni caso, nella pratica clinica è neces-sario garantire un adeguato controllo di qua-lità procedurale.

A questo proposito un consensus da par-te di società scientifiche americane12 ha ap-provato un documento in cui, in caso di stent-

ing carotideo, si raccomanda agli operatori dipossedere una sufficiente esperienza o sotto-porsi almeno a un addestramento formativoin pratiche angioneuroradiologiche; di posse-dere o acquisire una competenza adeguatanelle problematiche riguardanti la diagnosi ela terapia della patologia cerebrovascolare edi assicurare al paziente standard e livelliadeguati di qualità procedurale.

manageriale, e quindi sottoposte al consensodel paziente, opportunamente informato.

Vengono anche definiti alcuni parametriper la qualificazione dell’operatore in caso distenting: un addestramento di almeno 150procedure diagnostiche dei tronchi sovraor-tici, di cui almeno 100 come primo operatore,e di almeno 75 procedure di stenting caroti-deo, di cui almeno 50 come primo operatoree, inoltre, almeno 50 procedure all’anno per ilmantenimento della qualificazione.

L’indicazione e la scelta della proceduradeve tener conto inoltre dei rischi locali peri-procedurali di entrambe le procedure nel pa-ziente, delle sue preferenze e delle risorse lo-cali, ricorrendo, se necessario, a un centrocollegato più esperto in quella procedura eper quella particolare tipologia di paziente.

80

M O D U L O 3

16

17Recentemente è stato pubblicato su Stroke

un primo documento di consensus italianosullo stenting carotideo, da parte delle princi-pali società scientifiche nazionali interessate,in commissione congiunta con l’ICCS (Italianconsensus on carotid stenting) – SPREAD.13

In questo documento viene espressa la rac-comandazione secondo cui in ogni centro, ingrado di offrire sia l’EC che lo stenting, è in-dicato allestire delle procedure operativestandard (SOP) per promuovere e facilitareuna scelta condivisa della procedura, specienei casi dubbi, almeno da un neurologo, unmedico esperto in prevenzione e gestione del-l’ictus, un esperto in neuroimmagini, unesperto in chirurgia vascolare e uno in proce-dure endovascolari, coordinati da una figura

FOLLOW-UP POST-CHIRURGICOENDOVASCOLARE DELLA STENOSICAROTIDEA

Il follow-up è eseguito, nella maggior parte deicentri, mediante tecniche ultrasonografiche ein particolare mediante eco (color) Doppler,utilizzando le altre metodiche diagnostiche(come la TC o l’angio-RM con mezzo di con-trasto e, in casi eccezionali, l’angiografia) neicasi dubbi e sintomatici (in cui si presume op-portuna la correzione della re-stenosi).

Non esiste comunque un protocollo di con-trollo postoperatorio condiviso. È tuttaviaopinione e abitudine comune eseguire, dopo

Page 99: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

chirurgia della carotide, un follow-up me-diante eco-Doppler dei tronchi sovraortici, a3 mesi dall’intervento e poi (in assenza dievolutività omolaterale o controlaterale) a 6mesi, a un anno e, successivamente, con ca-denza annuale. Dopo lo stenting carotideo èopportuno eseguire eco-Doppler dei tronchisovraortici alla dimissione, a un mese e, suc-cessivamente, secondo lo stesso timing del-la TEA (si veda in Letture consigliate il sitodella Società Italiana Diagnostica Vascolare).

Riferimenti bibliografici

1. Alamowitch S, Eliasziw M, Algra A for the NA-SCET group. Risk, causes and prevention ofischaemic stroke in elderly patients with symp-tomatic internal carotid stenosis. Lancet 2001;357: 1154-60. Citato in SPREAD – Stroke Pre-vention and Educational Awareness Diffusion,«Ictus cerebrale: Linee guida italiane di pre-venzione e trattamento». Quinta edizione.Febbraio 2007, cap. 13, nota 9, p. 377.

2. Alamowitch S, Eliasziw M, Algra A, op. cit. 3. Consensus Statement del Royal College of

Physician 1998, European Carotid SurgeryTrial.

4. Rothwell PM, Warlow CP. Prediction of bene-fit from carotid endarterectomy in individualpatients: a risk-modelling study. Lancet 1999;353: 2105-10.

5. Executive Committee for the AsymptomaticCarotid Atherosclerosis Study. Endarterec-tomy for asymptomatic carotid artery steno-sis. JAMA 1995; 273: 1421-8. Citato inSPREAD, cit., cap. 13, nota 21, p. 377.

6. Gorelick PB, Sacco RL, Smith DB et al. Pre-vention of a First Stroke. A review of Guideli-nes and a Multidiscplinary Consensus State-ment from the National Stroke Association.JAMA 1999; 281: 1112-20.

7. MRC Asymptomatic Carotid Surgery Trial(ACST) Collaborative Group. Prevention ofdisabling and fatal strokes by successful ca-rotid endarterectomy in patients without re-cent neurological symptoms: randomisedcontrolled trial. Lancet 2004; 363: 1491-502.

8. Chambers BR et al. Carotid endarterectomyfor asymptomatic carotid stenosis. CochraneDatabase. Syst Rev 2005. Issue 4.

9. Back MR, Wilson JS, Rushing G et al. Magne-tic resonance angiography is an accurate ima-ging ajunct to duplex ultrasound scan in pa-tient selection for carotid endarterectomy. JVasc Surg 2000; 32: 429-38.

10. GALA Trial Collaborative Group. Generalanaesthesia versus local anaesthesia for caro-tid surgery (GALA): a multicentre, randomi-sed controlled trial. Lancet 2008; 372: 2132-42.

11. Narins CR, Illig KA. Patient selection for ca-rotid stenting versus endarterectomy: A sy-stematic review. J Vasc Surg 2006; 44: 661-72.Citato in SPREAD, cit., cap 13, nota 73, p. 378.

12. Connors J, Sacks D, Furlan A et al. Training,competency, and credentialing standards fordiagnostic cervicocerebral angiography, ca-rotid stenting, and cerebrovascular interven-tion. Neurology 2005; 64: 190-8. Citato inSPREAD, cit., cap 13, nota 186, p. 381.

13. Cremonesi A et al. Carotid artery stenting: fir-st consensus document of the ICCS-SPREADJoint Committee. Stroke 2006; 37: 2400-9.

81

S e s s i o n e 2 3/2

Letture consigliate(Modulo 3, Sessione 2)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e

trattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitolo 13.

Società italiana di diagnostica vascolarehttp://www.sidv.net/linee/default.htm

Page 100: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 101: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Modulo 4Assistenza al paziente e alla famiglia nel post-ictus

Page 102: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 103: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

In questa sessione si vuole affrontare la com-plessità della rete assistenziale nel post- ictus.Abbiamo precedentemente descritto le mo-dalità assistenziali tipiche della fase acuta,partendo dal riconoscimento dei primi segnidella malattia fino alla stabilizzazione dellecondizioni del paziente.

Ora ci occuperemo invece delle specifi-cità del percorso assistenziale tipico della fa-se post-ospedaliera.

Al termine della sessione, i partecipanti sa-ranno in grado di orientarsi fra le diverse pos-

sibili articolazioni di questo percorso (domi-cilio, RSA – residenze sanitarie assistenziali,ambulatori).

85

4/1Sessione 4.1RIABILITAZIONE E CONTINUITÀ ASSISTENZIALE

1

2

Già durante la fase di stabilizzazione, lestrategie assistenziali volte a favorire un rein-serimento del paziente nel contesto familiaree sociale assumono un ruolo importante.1 Ne-gli ultimi anni sono stati condotti studi per va-lutare se una dimissione precoce garantiscaun migliore recupero delle abilità funzionali edella vita di relazione. Una recente metanali-si2 ha valutato i risultati di 11 studi clinici ran-domizzati sull’efficacia di una dimissione pre-

Page 104: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

coce associata a un’integrazione tra assisten-za ospedaliera e territoriale (ESD – Early

supported discharge) rispetto a sistemi dicura convenzionali. L’indicatore di esito prin-cipale considerato dagli autori è la combina-zione di morte o dipendenza funzionale ri-portata al termine del follow-up dei singolistudi. I risultati mostrano che, rispetto a si-stemi di cura convenzionali, l’assistenza ba-sata sulla ESD permette a 6 (IC 95% 1-10) pa-zienti in più di riguadagnare l’indipendenzafunzionale ogni 100 pazienti trattati. Non sisono invece riscontrate differenze in terminidi sopravvivenza tra i pazienti sottoposti adassistenza convenzionale e ESD. Questo datosembra indicare che la prognosi quoad vitam

dei pazienti con ictus si decida durante le fa-si più precoci della stroke care.

no inserite in una rete assistenziale comples-sa e quindi in collegamento fra loro.

86

M O D U L O 4

3

4

La riabilitazione del paziente con ictus

La definizione, che la slide 3 sintetizza, descri-ve la riabilitazione come «un processo di so-luzione dei problemi e di educazione nel cor-so del quale si porta una persona a raggiun-gere il miglior livello di vita possibile sul pianofisico, funzionale, sociale ed emozionale, conla minor restrizione possibile delle sue scelteoperative, pur nell’ambito della limitazionedella sua menomazione e della quantità e qua-lità di risorse disponibili».3 4

Le attività sanitarie di tipo riabilitativo so-

La riabilitazione necessita di un percorsosocio-sanitario integrato che implichi cioè unaforte connessione dei programmi di interven-to sanitario con interventi sociali, i primi piùorientati allo sviluppo delle risorse individua-li, mentre i secondi tesi a rendere disponibilie valorizzare le potenzialità ambientali.

Il percorso integrato dovrebbe amplificaree rinforzare l’intervento riabilitativo stesso,consentendo l’inserimento o il reinserimentodel paziente disabile nei diversi cicli della vi-ta sociale e il miglioramento della sua qualitàdella vita.

Il processo riabilitativo riguarda, quindi,oltre agli aspetti strettamente clinici, anchedimensioni psicologiche e sociali.

5

Page 105: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Secondo quando definito dalle Linee guidanazionali5 possiamo distinguere gli interven-ti, a seconda della loro tipologia e complessitàe della quantità e qualità di risorse che ri-chiedono, in attività di riabilitazione intensi-va ed estensiva.

nel caso presenti invece caratteristiche di bas-so rischio d’instabilità, risulta più appropriatoun percorso verso strutture residenziali pro-tette (RSA) o verso il proprio domicilio.

87

S e s s i o n e 1 4/1

6

7

Nello specifico, si distinguono tre diversilivelli:

• attività di riabilitazione estensiva o di I li-vello, che rientra nelle attività sanitarieerogate a livello distrettuale;

• attività di riabilitazione intensiva di II li-vello;

• attività di riabilitazione intensiva di III li-vello o di alta specialità.

La riabilitazione intensiva è normalmenteeffettuata su posti letto di Codice 56. In as-senza di disponibilità presso la struttura di ri-covero, il paziente dovrà essere avviato a unastruttura riabilitativa idonea alla riabilitazio-ne intensiva.

La riabilitazione estensiva è normalmenteeffettuata su posti letto di lungodegenza diCodice 60 specificamente dedicati a questatipologia di riabilitazione.

Se il paziente presenta caratteristiche cli-niche di rischio di alta instabilità clinica, ilpercorso più appropriato è verso aree e/ostrutture di lungodegenza post-acuzie (LPA);

Un’alta percentuale dei soggetti colpiti daictus presenta una disabilità permanente. Idati epidemiologici italiani mostrano come ol-tre il 50% dei soggetti che sopravvivono pre-senti una disabilità nelle attività di base dellavita quotidiana (basic ADL: lavarsi, vestir-si/spogliarsi, mangiare, spostarsi dal letto allasedia e viceversa, andare al bagno, cammina-re) e potrebbe trarre giovamento da un trat-tamento riabilitativo.

Da quanto detto risulta evidente la neces-sità di strutturare un percorso riabilitativoche parta dall’immediato post-acuzie fino al-la fase del reinserimento sociale, utilizzandola rete dei servizi sociali e sanitari.

I compiti della medicina riabilitativa sonoriassunti nella slide 7.

La riabilitazione in fase acuta, coordi-nata dal fisiatra, ha come scopo quello di sud-dividere i pazienti in tre gruppi, in base allaprognosi di recupero.

L’appartenenza ai diversi gruppi sarà de-terminante nella scelta del tipo di interventoriabilitativo, come illustrato nelle slide 8 e 9.

L’obiettivo specifico della riabilitazione infase acuta, all’interno della stroke unit, con-siste nel garantire:6

Page 106: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• la realizzazione di programmi finalizzati aprevenire complicanze/secondarismi;

• la valutazione della disabilità complessiva(mediante l’utilizzo della scala di Rankin)e del relativo gradiente di modificabilità;

• l’avvio precoce del paziente alle altre strut-ture riabilitative ospedaliere e/o territo-riali e/o al proprio domicilio (dimissioneprotetta).

Questa prima fase si differenzia dalle pro-cedure proprie delle fasi riabilitative succes-sive perché:

• i programmi assistenziali realizzati al finedi prevenire il danno secondario hanno loscopo di limitare l’insorgenza di ulterioriproblemi clinici;

• le pratiche assistenziali sono attivate susoggetti in condizioni cliniche non stabi-lizzate;

• le attività assistenziali a fini preventivi so-no, in genere, uguali per tutti i soggetti(con rischio di danni secondari), e non«tagliate su misura» sulla base delle carat-teristiche individuali.

88

M O D U L O 4

8

11

9

10

La prima fase dell’assistenza a fini riabili-tativi si sovrappone cronologicamente agli in-terventi finalizzati alla prevenzione delle com-plicanze dovute alla situazione di immobiliz-zazione e ad altre menomazioni; di conse-guenza le azioni assistenziali sono mirate aconservare l’integrità cutanea, potenziare laprofilassi delle infezioni respiratorie ponendoattenzione alla disfagia, prevenire le cadute(dal letto e dalla carrozzina e durante i tra-sferimenti), le trombosi venose profonde e la

Page 107: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

spalla dolorosa, mantenendo una buona igie-ne articolare.

Questa fase mira inoltre alla formulazionedi una prognosi, ai fini dell’identificazionedelle esigenze assistenziali destinate al recu-pero, da attivare a breve e medio termine.

• la continuità assistenziale intra-ospedalie-ra e territoriale, e quindi il passaggio cor-retto e guidato alla fase post-acuzie speci-ficatamente riabilitativa, con l’obiettivo difavorire il miglior recupero funzionale pos-sibile e il reinserimento sociale attraversola rete dei servizi territoriali;

• la definizione di un progetto riabilitativoindividuale (che includa la presa in caricoglobale del paziente con la definizione diuno specifico progetto riabilitativo indivi-duale, da realizzarsi mediante l’attivazionedi programmi di rieducazione motoria, co-gnitiva, relazionale con garanzia di un ade-guato supporto psicologico).

89

S e s s i o n e 1 4/1

12

I programmi di riabilitazione all’internodella stroke unit tendono a coinvolgere il pa-ziente in prima persona nell’attività riabilita-tiva. A tal fine è necessario:

• aumentare la consapevolezza della malat-tia;

• promuovere il mantenimento dei contattiaffettivi e relazionali;

• formulare una prognosi;• facilitare la verticalizzazione;• promuovere la partecipazione all’attività

fisica e ai programmi assistenziali previstinelle varie ore della giornata;

• favorire la dimissione protetta al domicilio.

In generale, il trattamento riabilitativo è fi-nalizzato alla prevenzione dei danni secon-dari, al migliore recupero funzionale compa-tibile con le risorse biologiche, ambientali esocio-familiari del paziente.

Nell’ambito del modello organizzativostroke care l’intervento dovrà garantire:7 8

• la presa in carico riabilitativa precoce en-tro 48 ore dall’ingresso in ospedale;

13

14

La riabilitazione intensiva in post-acu-zie è indicata in caso di disabilità medio-gravein pazienti:9

Page 108: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• suscettibili di miglioramenti funzionali du-rante il ricovero;

• in condizioni cliniche che richiedono la di-sponibilità continuativa, nell’arco delle 24ore, di prestazioni diagnostico-terapeuti-che-riabilitative, per l’alto rischio di poten-ziale instabilità clinica, a elevata intensità;

• non autonomi nelle attività di base della vi-ta quotidiana (basic ADL), con punteggio3-5 alla scala di Rankin;10

• che necessitano e possono trarre vantaggioda un trattamento riabilitativo intensivo(almeno 3 ore al giorno con un approcciomultidisciplinare e multiprofessionale);

• non trasportabili e non gestibili al domici-lio.

adeguato supporto assistenziale verso i sog-getti in trattamento. L’intervento riabilitativoè di durata variabile, tra 1 e 3 ore giornaliereper paziente. È indicato nei pazienti con di-sabilità medio-grave e importante dipenden-za, non in grado di sostenere l’impegno ri-chiesto dalla riabilitazione intensiva. In que-sto caso si possono prevedere programmi me-no intensivi (1 ora al giorno minimo) integratida adeguati piani assistenziali. Al modificarsidelle condizioni cliniche può essere indicatoil passaggio a un setting riabilitativo di tipo in-tensivo.

90

M O D U L O 4

15

16

17

Molte sono le scale sviluppate in questi an-ni in grado di valutare la severità dell’ictus e difornire un importante fattore predittivo del-l’outcome, favorendo così un adeguato ap-proccio prognostico all’ictus. Tra queste lascala Rankin, più volte menzionata, è unostrumento utile alla misurazione della disabi-lità e del grado di dipendenza.

Essa infatti categorizza i pazienti in base al-la loro capacità di effettuare attività prece-dentemente svolte e la loro eventuale richie-sta di assistenza.

Le attività di riabilitazione estensiva

sono caratterizzate invece da un moderatoimpegno terapeutico-riabilitativo, ma con un

FASI DELL’ASSISTENZA RIABILITATIVA

Le attività assistenziali a fini riabilitativi han-no caratteristiche e obiettivi distinti a secon-da dell’epoca di intervento. Richiedono inol-

Page 109: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

tre il contributo di operatori diversi, in fun-zione degli obiettivi consentiti dalle condizio-ni cliniche del paziente, dal contesto intornoe dalle risorse assistenziali disponibili.

Di seguito riassumiamo le diverse finalitàdegli interventi, appartenenti a fasi distinte.Nella fase di acuzie si tende a prevenire idanni conseguenti all’immobilità e alla com-promissione funzionale (è detta infatti anche«fase di prevenzione del danno secondario»).

Nella fase immediatamente successiva

all’acuzie, la fase riabilitativa in senso stret-to, si garantisce la presa in carico del pazien-te con modalità intensiva o estensiva (in que-sto specifico momento, il quadro clinico delpaziente è stabilizzato e l’intervento riabilita-tivo mira a facilitare il recupero delle abilitàcompromesse).

Nella fase di completamento del pro-

cesso di recupero (previsto dal progettoriabilitativo) si realizzano interventi riabilita-tivi di tipo estensivo.

Nella fase del mantenimento si previe-ne la progressione della disabilità. Questa fa-se si protrae per tutta la sopravvivenza resi-dua del paziente e mira a:

• mantenere le prestazioni acquisite;• controllare periodicamente i fattori di ri-

schio di ulteriori eventi disabilitanti;• prevenire le compromissioni funzionali

causate dall’invecchiamento;• organizzare l’attività quotidiana sulla base

delle caratteristiche individuali e ambien-tali.

Considerando il percorso riabilitativo co-me un processo di apprendimento, è impor-tante segnalare alcune strategie fondamen-tali da applicare in questa fase (le slide 18-20le riportano sintetizzate):

• operare per obiettivi chiaramente indivi-duati e misurabili;

• sviluppare programmi riabilitativi da rea-lizzare nell’arco dell’intera giornata;

• operare in team con modalità interprofes-sionali;

• individuare il medico fisiatra responsabiledel progetto riabilitativo;

• attivare adeguati strumenti per la comuni-cazione scritta e orale (la cartella clinicaintegrata, le riunioni periodiche del team,attività di audit interno).

91

S e s s i o n e 1 4/1

18

19

Vi sono anche alcuni principi generali datenere in considerazione:

• le abilità e le conoscenze pratiche da ac-quisire devono risultare utili al pazientenell’attività comunemente espletata;

• le attività che il paziente è in grado di svol-gere dovrebbero essere ben definite e ri-correnti nell’attività della giornata;

• l’addestramento a una specifica prestazio-ne deve essere graduale e deve gratificareil paziente attraverso il raggiungimento diobiettivi prefissati;

• le istruzioni per il paziente devono esseredate in maniera chiara e comprensibile, at-

Page 110: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

traverso messaggi brevi, semplici e direttiallo scopo;

• i compiti assegnati al paziente debbonoessere mirati a raggiungere l’abilità che siintende recuperare;

• le fasi di apprendimento devono realizzar-si lentamente, tanto da garantire una cor-retta esecuzione dell’addestramento e lanecessaria sicurezza;

Programmi riabilitativi

Le «Linee di indirizzo per la definizione delpercorso assistenziale dei pazienti con ictuscerebrale»,11 in linea con le indicazioni delleLinee guida internazionali, stabiliscono i re-quisiti essenziali per i centri che trattano i pa-zienti con ictus. Tra questi figurano l’interdi-sciplinarietà e l’integrazione professionale tratutte le figure dell’équipe assistenziale, la pre-coce presa in carico riabilitativa attraverso lapredisposizione di un «progetto riabilitativoindividuale» e la disponibilità di una rete ria-bilitativa, al fine di garantire la continuità delprocesso assistenziale.

92

M O D U L O 4

20

22

21

• è opportuno rinforzare il comportamentoappreso dal paziente, attraverso un feed-

back fornito dal terapista o da appositastrumentazione;

• il paziente deve essere incoraggiato a uti-lizzare correntemente le prestazioni ac-quisite, negli intervalli fra le sedute di ad-destramento, sia nella sede di degenza siaa casa.

Il «progetto riabilitativo individuale», co-stituito dall’insieme di proposizioni elaboratedal team riabilitativo, è costruito secondo par-ticolari caratteristiche. Tiene conto infattidelle specificità degli individui assistiti (le lo-ro abilità residue e recuperabili, i bisogni, lepreferenze, la situazione personale, familiaree ambientale); coinvolge tutti gli operatoridel team (per concordare obiettivi comunievitando così che i vari trattamenti, erogati dasingoli operatori, siano in contrasto fra loro);include la descrizione della composizione delteam e del ruolo di ogni componente nel pro-getto; definisce la prognosi, le aspettative e lepriorità del paziente e dei suoi familiari rac-colte dal medico coordinatore in comunica-zione costante con il medico di famiglia.

Page 111: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Comprende inoltre il «programma riabili-tativo» che definisce le aree di interventospecifico, gli obiettivi a breve termine, le mo-dalità di erogazione, e identifica gli operatorida coinvolgere e le modalità di verifica degliinterventi.

L’importanza di una scrupolosa definizionedel programma riabilitativo sta nel fatto cheesso costituisce un elemento di verifica delprogetto riabilitativo.

In generale le indicazioni contenute nelprogramma riabilitativo riguardano: le mo-dalità di presa in carico da parte di una de-terminata struttura dell’area riabilitativa; in-terventi specifici da attuare durante il perio-do di presa in carico; gli obiettivi immediati ea breve termine da raggiungere; le modalità ei tempi di erogazione delle singole prestazio-ni previste; le misure di esito atteso appro-priate per la valutazione degli interventi; itempi di verifica di un dato esito; i singolioperatori coinvolti negli interventi; la verificaperiodica e relativi aggiornamenti; il costanteriferimento al progetto riabilitativo.

OBIETTIVI A BREVE MEDIO E LUNGO TERMINEDEGLI INTERVENTI RIABILITATIVI

In generale, l’intervento riabilitativo è orien-tato a facilitare nel paziente un apprendi-mento di competenze e abilità, sfruttandotutti i sistemi funzionali rimasti integri. L’o-biettivo ultimo infatti sta nel raggiungimentodel miglior controllo possibile della propria

persona e dell’ambiente circostante, ridu-cendo anche la percezione di malessere deri-vante dalle proprie limitazioni.

Gli obiettivi a breve e medio termine sonobasati sulle reali capacità di recupero e risul-tano quantificabili mediante misure di esitoclinico, preventivamente individuate; vengo-no stabiliti dal team riabilitativo e concordaticon il paziente o il suo caregiver. Risultanoinoltre correlati a tempi di realizzazione sti-mati al momento della formazione del pro-getto, e non sono necessariamente confinatia una specifica attività professionale.

Obiettivi a breve termine riguardano adesempio: il controllo del carico intorno alla li-nea mediana da seduti e poi da eretti; il ripri-stino dell’attenzione per l’apprendimento dinuove prestazioni; il raggiungimento e man-tenimento di una motivazione sufficiente acollaborare nella pratica terapeutica.

Costituiscono invece obiettivi a lungo ter-mine gli esiti relativi all’autonomia nelle basic

ADL, alla partecipazione e al reinserimentosociale (dal recupero dello status e del ruolosociale precedente, al ritorno alla attività la-vorativa e/o alle attività del tempo libero).Tali risultati sono definiti come «esito globa-le», cioè legati alla totalità degli interventiriabilitativi realizzati per una data persona.

La fase di acuzie termina con la dimissionedel paziente dalla struttura preposta.

Tutti i pazienti hanno necessità di un’assi-stenza medica continuativa e alcuni di loro

93

S e s s i o n e 1 4/1

23 24

Page 112: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

anche di un impegno protratto di riabilitazio-ne. Gli obiettivi dell’assistenza sanitaria a lun-go termine perciò comprendono:

• la limitazione della comorbosità e dellecomplicanze favorite dal danno cerebro-vascolare e dall’immobilità;

• la prevenzione delle recidive di ictus e del-la morte per cause cardiovascolari;

• la definizione della possibile evoluzionedella condizione di malattia e delle diverseattività compromesse dall’ictus allo scopodi organizzare un piano assistenziale a lun-go termine;

• il recupero dell’autonomia, anche al fine digarantire una adeguata partecipazione.

La riabilitazione intensiva si realizza quan-do le condizioni cliniche sono stabilizzate esono quindi disponibili nel paziente le risorsefisiche e psichiche per impegnarsi a fondonell’attività destinata al recupero.

Perché la rete riabilitativa funzioni occor-re definire bene i criteri di trasferibilità tra lestrutture e gli strumenti di comunicazioneda utilizzare, per facilitare il passaggio all’in-terno del percorso. Fin dal momento del ri-covero è necessario sviluppare un piano di di-missione che prepari la persona disabile alletappe successive del percorso.

La lettera di dimissione, primo anello dicongiunzione tra ospedale e territorio, rap-presenta uno strumento essenziale per atti-

vare sia la continuità terapeutica che le mi-sure idonee di prevenzione secondaria. Lalettera va inviata al medico di medicina gene-rale e alle altre strutture sanitarie interessa-te al percorso del paziente.

La dimissione è un processo che coinvolgeil singolo, ma anche i suoi caregiver e i servi-zi sociali. E deve tener conto delle risorse di-sponibili sia nel contesto familiare del pa-ziente che nelle strutture residenziali pre-senti nel territorio.

94

M O D U L O 4

25 26

27

Secondo le Linee guida dell’AHCPR(Agency for Health Care Policy and Re-search),12 la lettera di dimissione dovrebbecontenere alcune informazioni essenziali, in-dicate nelle slide, relative all’anamnesi del pa-ziente con descrizione della situazione pre-ic-tus e nel momento della presa in carico, al

Page 113: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

quadro clinico alla dimissione e ai programmiriabilitativi applicati, con eventuali prescri-zioni permanenti.

Tali valutazioni comprendono non solo gliaspetti clinici, ma anche quelli inerenti la qua-lità della vita del paziente, in termini relazio-nali e sociali; la slide 30 li sintetizza.

95

S e s s i o n e 1 4/1

28

30

31

29

La lettera di dimissione deve descrivereinoltre le modalità organizzative dell’assisten-za sanitaria domiciliare e riportate l’indicazio-ne degli ausili necessari; le eventuali proble-matiche cognitive, psicologiche e comporta-mentali del paziente, la terapia in corso; deveriportare infine le raccomandazioni per lacontinuità assistenziale di tipo clinico e riabi-litativo.

A distanza di un mese dalla dimissione eper almeno un anno, vengono eseguite dellevalutazioni sui progressi conseguiti dal pa-ziente nel percorso riabilitativo.

I progetti riabilitativi hanno lo scopo diprocurare il più alto livello di indipendenzafunzionale (fisica, psicologica e sociale) per lepersone con perdita di funzioni o di abilità do-vute all’ictus. Il miglioramento funzionale rag-giunto mediante un progetto riabilitativo in-dividuale e misurato in termini di autonomiaè usato come misura di efficacia del progettostesso.

Altro indicatore di successo è il ritorno delpaziente al suo domicilio pre-ricovero o a untipo di domicilio che permetta il più alto livel-lo di indipendenza possibile.

Page 114: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Riferimenti bibliografici

1. Delibera di Giunta 1720 del 16/11/2007 «Ap-provazione Linee di indirizzo per l’organizza-zione dell’assistenza integrata al paziente conictus – programma stroke care». BollettinoUfficiale della Regione Emilia-Romagna n. 42,17 marzo 2008.

2. Langhorne P, Taylor G, Murray G et al. Earlysupported discharge services for stroke pa-tients: a meta-analysis of individual patients’data. Lancet 2005; 365: 501-6.

3. Wade DT. Measurement and neurologicalrehabilitation. Oxford: Oxford UniversityPress, 1992. Citato in SPREAD – Stroke Pre-vention and Educational Awareness Diffu-sion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane diprevenzione e trattamento». Quinta edizione.Febbraio 2007, cap.14, nota 4, p. 418.

4. Organizzazione Mondiale della Sanità. Inter-national Classification of Functioning, Disabi-lity and Health (ICF-10), 2007.

5. Linee guida del Ministero della Sanità per leattività di riabilitazione. Conferenza perma-nente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e leProvince Autonome di Trento e Bolzano. Gaz-zetta Ufficiale 124, 30 maggio 1998.

6. Delibera di Giunta 1720 del 16/11/2007 «Ap-provazione Linee di indirizzo per l’organizza-

zione dell’assistenza integrata al paziente conictus – programma stroke care». BollettinoUfficiale della Regione Emilia-Romagna n. 42,17 marzo 2008.

7. Scottish Intercollegiate Guidelines Network(SIGN). Management of patients with stroke.Rehabilitation, Prevention and ManagementPlanning. Vol. 64, 2002.

8. Basaglia N. Progettare la riabilitazione. Mila-no: Edi-Ermes, 2002.

9. Linee guida del Ministro della Sanità per le at-tività di riabilitazione. Gazzetta Ufficiale 124,30 maggio 1998. Citato in DGR 1720/2007.Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Ro-magna n. 42, 17 marzo 2008.

10. Rankin J. Cerebral vascular accidents in pa-tients over the age of 60. Scott Med L 1957; 2:200-15. Citato in DGR 1720/2007. BollettinoUfficiale della Regione Emilia-Romagna n. 42,17 marzo 2008.

11. Conferenza Stato-Regioni, repertorio atti n.2195, 3 febbraio 2005.

12. Agency for Health Care Policy and Research.Post-Stroke Rehabilitation Guideline Panel.Post-Stroke Rehabilitation. Clinical PracticeGuideline no. 16. Rockville, Md: US Depart-ment of Health and Human Service, PublicHealth Service 1995.

96

M O D U L O 4

Letture consigliate(Modulo 4, Sessione 1)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione etrattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitoli 14, 15.

OMS, International Classification of Functioning, Disability and Health

http://www.who.int/classifications/icf/en/

Page 115: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Introduzione e obiettivi della sessione

In questa sessione vengono descritti i ruolidei diversi operatori coinvolti in tutte le tap-pe del percorso assistenziale e nella gestionedel paziente con ictus.

In particolare l’accento viene posto sulruolo del medico di medicina generale, cen-trale anche in prevenzione secondaria, nellacorrezione dei principali fattori di rischio,perché rappresenta il principale gestore del-la continuità assistenziale.

Ci occuperemo inoltre del necessario coin-volgimento, in tutte le fasi del percorso assi-

stenziale, non solo del paziente, ma anche deisuoi familiari.

Alla fine della sessione i partecipantiavranno chiari i ruoli giocati dalle diverse pro-fessionalità, nonché dalla famiglia, nella pre-sa in carico del soggetto colpito da ictus; co-nosceranno inoltre le strategie informativeed educative da indirizzare alle famiglie perottimizzare l’assistenza e il percorso riabilita-tivo e migliorare la qualità della vita del pa-ziente.

Nella slide 1 sono schematizzati questiobiettivi di apprendimento.

97

4/2Sessione 4.2L’APPROCCIO AL PAZIENTE E ALLA FAMIGLIA

1

2

Page 116: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Il ruolo della medicina generale

La medicina generale costituisce il puntochiave della prevenzione primaria e seconda-ria: è infatti definita dall’American Academyof Family Physicians come «la specialità me-dica che fornisce un’assistenza continuativa ecompleta all’individuo e alla famiglia».

A livello europeo, il Consensus Statement

2002 della Società europea di medicina gene-rale/medicina di famiglia (Wonca Europe) hastilato la definizione europea di medicina ge-nerale individuando le competenze fonda-mentali del medico: la medicina generale è de-scritta come «disciplina accademica e scienti-fica, con suoi propri contenuti educativi, conuna sua propria ricerca, con una sua propriabase di evidenze e di attività clinica; specializ-zazione clinica orientata alle cure primarie».

• sviluppa un approccio centrato sulla per-sona, orientato all’individuo, alla sua fami-glia e alla sua comunità;

• comprende un processo di consultazioneunico con relazioni che si sviluppano neltempo;

• è responsabile dell’erogazione della conti-nuità longitudinale delle cure, determina-te dalle necessità del paziente;

• gestisce simultaneamente problemi di sa-lute acuti e cronici;

• promuove la salute e il benessere median-te interventi appropriati ed efficaci;

• ha una specifica responsabilità per la salu-te della comunità;

• tratta i problemi di salute nelle loro di-mensioni fisiche, psicologiche, sociali, cul-turali ed esistenziali.

Anche in funzione del grado di conoscenzae vicinanza con i suoi pazienti e le loro famiglie,la partecipazione attiva del medico di medici-na generale alle attività di prevenzione e pro-mozione della del salute risulta strategica.

98

M O D U L O 4

3

4

In particolare sono state delineate alcunepeculiarità di questa disciplina (la slide 3 leriassume):

• è il punto di primo contatto medico nel-l’ambito del sistema sanitario che fornisceaccesso aperto e illimitato ai suoi utenti,trattando tutti i problemi di salute;

• fa un uso efficiente delle risorse sanitarieattraverso il coordinamento dell’assistenzae la collaborazione con altri professionistinel contesto delle cure primarie;

Il rapporto medico-paziente

La relazione tra il paziente, la sua famiglia e lediverse figure professionali coinvolte nella ge-stione del soggetto colpito da ictus assume unruolo fondamentale nella qualità di tutto ilpercorso assistenziale.

Con il passare degli anni l’approccio clini-

Page 117: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

co centrato sulla malattia ha lasciato il postoa un intervento centrato sul paziente comepersona, considerato nella sua totalità e conle sue specificità, cliniche e umane. Questocambiamento di paradigma risulta più evi-dente nella medicina generale che possiede,chiaramente, caratteristiche differenti rispet-to alla medicina d’ospedale e specialistica(quest’ultima, infatti, è centrata sulla malat-tia del singolo apparato, tralasciando spessola complessità e la multidimensionalità del-l’individuo).

Nelle attività di prevenzione questo cam-biamento di paradigma si traduce nella ricer-ca costante di una condivisione, tra il medicoe i suoi assistiti, delle strategie terapeuticheda utilizzare e degli obiettivi da raggiungere.

Questa operazione richiede però un’ap-profondita conoscenza dei problemi clinici edei rischi associati. Se i medici trovano, nellaformazione e nell’aggiornamento, strumentiadeguati, per i pazienti l’aumento della pro-pria consapevolezza e potere decisionale di-pende dalla comunicazione del medico.

Correttezza professionale, onestà intellet-tuale e capacità di informare rappresentanole virtù indispensabili per un medico che vo-glia ottenere la convinta adesione dei pazien-ti, definita dagli anglosassoni con il termineconcordance. L’obiettivo della relazione nonè più rappresentato solo dalla compliance,ovvero l’accettazione e la conseguente osser-vanza da parte del paziente delle prescrizio-ni del medico, ma dalla «condivisione» delprogramma di diagnosi e cura. Ciò è espres-sione di un nuovo modello del rapporto me-dico-paziente impostato su ascolto, comuni-cazione, comprensione, rispetto e alleanzaterapeutica che fa leva sulla motivazione delpaziente a cambiare abitudini e stili di vita.

La mancanza di motivazione nel pazienteinfatti vanifica anche il migliore programmadi educazione e il lavoro degli «insegnanti»più determinati.

In questo contesto, «educare il paziente»significa fornirgli gli strumenti necessari asoddisfare tutte le seguenti condizioni:

• conoscere i fattori di rischio di ictus;• accettare e convivere con l’episodio ische-

mico;• conoscere la malattia ischemica e sapere

cosa fare per tenerla sotto controllo;• partecipare attivamente alla gestione e al

controllo della malattia;• identificare i fattori che possono peggio-

rarla o aggravare i sintomi;• saper riconoscere i segni premonitori o i

sintomi del peggioramento;• seguire il piano terapeutico concordato

con il medico;• saper usare le medicine (sapere come e

quando assumerle).

99

S e s s i o n e 2 4/2

5

6

Page 118: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

La comunicazione del rischio

La comunicazione efficace tra il medico, ilpaziente e la sua famiglia deve essere consi-derata come una funzione medica fondamen-tale, per gli aspetti etici e per l’impatto sui ri-sultati assistenziali.

Instaurando un processo di comunicazio-ne interpersonale con il paziente, il medicopuò, in generale, non solo ottenere delle in-formazioni utili per avviare il percorso dia-gnostico e terapeutico, ma anche suscitare unbuon livello di soddisfazione e di consensoche può incidere positivamente sui risultaticlinici complessivi.

Nella comunicazione con i pazienti vi sonodegli atteggiamenti da adottare, altri da evi-tare, nell’ottica di avvicinarsi sempre di più al-le loro esigenze. Il medico deve sforzarsi dicapire il malessere dei pazienti, cercando dinon trascurare le loro emozioni, aspettative ele speranze di salute e cercando di coltivarerelazioni empatiche.

Nei confronti del paziente e della sua fa-miglia devono essere adottati particolari ac-corgimenti comunicativi, sforzandosi di for-nire spiegazioni chiare, accertarsi sempre chei messaggi siano stati compresi, ascoltare i lo-ro bisogni, opinioni e aspettative e discuterecon loro il piano di trattamento.

Sono molte le occasioni in cui le parolehanno un peso determinante. Tra queste,quelle che vedono a confronto medico e pa-

ziente, e ancora di più, se il primo deve far le-va sulla motivazione del secondo, rispetto acambiamenti da attuare per evitare, nell’im-mediato futuro, di incorrere in una malattiache metterebbe a rischio la propria vita.

Il compito del medico è guidare la personaa una scelta informata: questa operazione èsicuramente più ardua quando si tratta diprevenire una malattia piuttosto che di curar-la. È qui che la forma del messaggio diventaimportante quanto il suo contenuto.

Le competenze scientifiche del medico de-vono quindi essere integrate con competen-ze comunicative e relazionali: il medico deveriuscire a cogliere la percezione del pazienterispetto al rischio che corre.

In generale, la comunicazione fra medico epaziente avviene nell’ambito di una relazioneprofessionale in cui i ruoli sono diversi e loscambio non avviene tra pari. Il rischio però èche tale scambio si trasformi in un passaggiounidirezionale di norme comportamentali einformazioni standardizzate da parte del me-dico «esperto» alla persona priva di cono-scenze mediche. In realtà, anche il paziente èda considerare un «esperto», perché fonteinesauribile di informazioni essenziali per l’a-gire medico, legate per esempio alla sua sto-ria clinica, alle sue abitudini e stili di vita.

Nello specifico, la comunicazione del ri-schio cerebrovascolare è un’operazione com-plessa: se è immediato infatti percepire unmalessere o comprendere l’importanza di unadiagnosi, non è altrettanto immediato avver-tire un rischio. È necessario dunque ricono-scere questa complessità nella percezionedel rischio cerebrovascolare da parte del pa-ziente e valutare i diversi fattori che la in-fluenzano.

Un soggetto potenzialmente esposto al ri-schio cerebrovascolare ha bisogno di acquisi-re informazioni chiare e conoscenze: di qui lanecessità di una relazione comunicativa ade-guata con il medico.

La percezione del rischio è il prodotto del-le capacità comunicative del medico e dellacomponente emozionale che ciascuno, in mo-

100

M O D U L O 4

7

Page 119: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

do soggettivo, associa al rischio, in relazioneanche alle oggettive condizioni di rischio e aquelle assistenziali.

La comunicazione del rischio deve servire asviluppare un atteggiamento appropriato al li-vello di rischio presente, che potrebbe definir-si come «preoccupazione informata e vigile».

Sono molti i fattori che possono influiresulla percezione del rischio da parte del pa-ziente. Ad esempio, dopo un disturbo del cir-colo cerebrale il paziente sarà allarmato evorrà conoscere, concretamente, cosa po-trebbe accadergli in caso di recidiva. In que-sto caso specifico, il paziente ha un’alta per-cezione del rischio e sarà facile, per il medico,ottenere un comportamento collaborativo. Inaltri casi invece, quando il livello della perce-zione soggettiva di rischio è basso (perché il

rischio è remoto), sarà più difficile per il me-dico ottenere, da parte del paziente, la modi-fica di un comportamento.

101

S e s s i o n e 2 4/2

8

10

9

Per agire attivamente sulla percezione sog-gettiva del rischio è necessario costruire un’al-leanza con un familiare (o caregiver), garan-tire una equilibrata e semplice informazionesui rischi futuri (meglio se sostenuta da datipercentuali), sia sulla possibile ripetizione deidisturbi che sulla protezione ottenibile con lemisure consigliate e, nel caso in cui il pazientene faccia richiesta, offrire nozioni di fisiopato-logia e dei meccanismi alla base della malattia.

È indispensabile inoltre che il medico attri-buisca al tempo dedicato all’informazione unvalore simile a quello usato per la diagnosi e laterapia, senza stancarsi di ripetere, nei mo-menti opportuni, consigli e raccomandazioni.

Il counselling

Le conoscenze teorico-pratiche sul counsel-

ling rappresentano un valore aggiunto allacompetenza professionale del medico eun’opportunità per attuare interventi centra-ti sulla persona.

Fare counselling vuol dire aiutare unapersona ad acquisire maggior fiducia nelleproprie capacità e a compiere le proprie scel-te in modo consapevole, decidendo il meglioper se stessa.

Page 120: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Nel counselling svolgono un ruolo fonda-mentale la conoscenza e l’applicazione deifondamenti della prassi comunicativa (la co-siddetta comunicazione verbale, non verbalee paraverbale) e delle strategie relazionali ecomunicative.

La comunicazione verbale riguarda i con-tenuti del messaggio: il linguaggio deve esse-re chiaro, comprensibile e adeguato alla per-sona; è importante spiegare i termini tecniciche vengono impiegati e verificare costante-mente che la persona abbia capito (informa-zione personalizzata).

La comunicazione non verbale si riferisceinvece alla gestualità, alla mimica facciale, alcomportamento nello spazio, mentre la mo-dalità di comunicazione paraverbale è deter-minata dal tono della voce, il timbro, dai so-spiri, dai silenzi.

L’efficacia della comunicazione si giocasulla coerenza e il rinforzo tra questi diversi li-velli. Se, ad esempio, durante il colloquio conil paziente, emergono discrepanze tra i con-tenuti espressi e il comportamento non ver-bale, l’efficacia della comunicazione può di-minuire notevolmente.

102

M O D U L O 4

11

13

12

In sintesi, le competenze e capacità che unmedico deve sviluppare per realizzare uncounselling efficace sono:

• l’empatia, ovvero la capacità di entrare nel-lo schema di riferimento dell’altra persona(di «mettersi nel panni dell’altro») e di ri-cavare informazioni dal suo punto di vistaper comprendere al meglio le sue richiestee i suoi bisogni;

• l’autoconsapevolezza, ossia la consapevo-lezza dei propri schemi di riferimento cul-turale, delle proprie motivazioni e perce-zioni, per riuscire a distinguerli da quellidegli altri;

• l’ascolto attivo, per creare un rapporto difiducia e collaborazione, premessa per unafutura alleanza con il paziente e una com-prensione dei suoi bisogni.

L’intervento di counselling può esserescandito da alcuni passaggi fondamentali:

• l’accoglienza, fondamentale per avviareuna relazione di collaborazione, di fiducia

Page 121: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

ed empatia, utile a motivare il paziente aimpegnarsi per raggiungere gli obiettiviconcordati;

• la fase dell’ascolto attivo, utile per capire ilpunto di vista dell’altro e cogliere le do-mande e i bisogni del paziente. In questafase il medico si limita ad ascoltare, a rifor-mulare, senza intervenire con le proprieconsiderazioni, gettando così le basi emo-tive adeguate per continuare il colloquio inmodo costruttivo;

• la delucidazione, tecnica che il medico ingenere applica nella parte conclusiva delcolloquio, in cui restituisce al paziente lesue percezioni, sottolineando anche leemozioni che accompagnano i contenuti.(«Mi sembra di cogliere dal suo sguardouno stato di preoccupazione», «Dalle sueparole ho l’impressione che lei abbia delleperplessità rispetto...»). È un feedback alpaziente che può aiutarlo a migliorare lacomprensione dei propri vissuti.

L’acquisizione delle conoscenze o tecni-che di base del counselling diventa, per ilmedico di medicina generale in particolare,una priorità del suo agire professionale.

Informazione ed educazione alla famiglia

Abbiamo visto come oggi nelle strutture perla gestione della fase acuta, oltre a una pron-

ta diagnosi e terapia, venga fornito un pro-gramma di cura e di assistenza riabilitativache pone il malato e la sua famiglia al centrodel lavoro di un gruppo multidisciplinare.

In questo contesto rientrano le attività diinformazione e di educazione che vengonorealizzate al fine di migliorare l’aderenza altrattamento medico, il processo di adatta-mento, la motivazione del paziente e l’effica-cia generale dell’intervento.

103

S e s s i o n e 2 4/2

14 15

16

Il ricovero urgente in ospedale di un mala-to colpito da ictus crea un particolare scom-piglio nella famiglia: l’impatto che il familiareha con il medico e il Servizio sanitario risulta,in questa fase delicata, determinante.

È importante che il medico responsabiledel gruppo multidisciplinare presenti in modochiaro la malattia in tutta la sua complessità e

Page 122: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

che rassicuri i familiari sulla presa in caricodel paziente. La consapevolezza della cen-tralità del malato nel lavoro quotidiano delgruppo di sanitari che se ne prende cura do-vrebbe accompagnare i familiari durante tut-te le fasi del percorso assistenziale (la degen-za, la dimissione, il trasferimento in altrestrutture post-acute come quelle riabilitative,sino al rientro a casa), facilitando la condivi-sione delle scelte terapeutiche.

L’obiettivo ultimo è quello di rendere la fa-miglia capace di stimolare e favorire nel pa-ziente il ritorno alla massima autonomia pos-sibile, per una migliore qualità della vita, con-tenendo le incertezze e le angosce iniziali,scatenate dall’evento inatteso.

La costante comunicazione del team mul-tidisciplinare con pazienti e familiari può es-sere garantita con la definizione di tempi eluoghi destinati a incontri formali, finalizzatia illustrare le possibilità pratiche a disposi-zione (dagli aiuti economici, al supporto psi-cologico e sociale) e a conoscere i loro bisognied esigenze.

• le risorse fornite dall’istituzione (ADI – as-sistenza domiciliare integrata, trasportoper day hospital e/o ambulatorio);

• le modalità di attivazione delle suddette ri-sorse, mettendoli in contatto con chi lecoordinerà;

• le tecniche per facilitare gli spostamenti etutte quelle indicazioni utili a favorire l’au-tonomia del paziente.

Questi momenti dovrebbero realizzarsinon solo su richiesta dei familiari, ma essereprogrammati già all’ingresso del paziente nel-la struttura di cura. L’obiettivo è fare in modoche i familiari acquisiscano una buona cono-scenza della malattia, la «padroneggino», rag-giungendo una sicurezza nell’assistere il ma-lato e nel sostenerlo durante la riabilitazione.

104

M O D U L O 4

17

18

In particolare in questi incontri dovrebbe-ro essere illustrati e discussi:

• il progetto riabilitativo e la collaborazionerichiesta ai familiari per portarlo a termine;

• le possibili soluzioni di problemi di più fre-quente riscontro nella gestione domicilia-re del paziente;

È importante inoltre che tali incontri sianomediati e gestiti da un singolo medico re-sponsabile (che può anche non essere lo stes-so durante le successive fasi del progetto ria-bilitativo) per evitare una comunicazioneframmentata, parziale e quindi scorretta.

L’informazione e il supporto offerto alla fa-miglia del paziente favoriscono la partecipa-zione dei familiari al percorso assistenziale emigliorano la loro qualità di vita, ma non inci-dono necessariamente sulle condizioni delpaziente. È necessario quindi un supportopiù mirato, teso alla costruzione di un rap-porto di fiducia con il team assistenziale, per

Page 123: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

incidere significativamente sul benessere psi-cologico del paziente e dei suoi caregiver.

Per chi assiste un malato è importantecondividere con il personale sanitario (infer-mieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali,medici) i diversi momenti di assistenza e cu-ra per riuscire poi a conquistare autonomia esicurezza nella gestione del paziente, una vol-ta rientrati a casa.

Alcuni studi sulla condizione psicologica difamiliari e pazienti colpiti da ictus hanno ri-portato la presenza diffusa di stati d’ansia edepressione, sottolineando però come unacorretta informazione sulla malattia, sulla ge-stione del malato e sui modi per affrontare ledifficoltà possano aiutare a contenerli.

Diventa necessario perciò che le famiglieapprendano i comportamenti corretti entroun clima di collaborazione che favorisca l’ac-cettazione delle difficoltà e della malattia econsenta di limitare l’ansia.

Essenziale infine è la discussione tra la fa-miglia e il gruppo multidisciplinare sugliobiettivi realmente raggiungibili dal paziente.

Gli operatori sanitari sono tenuti a rispon-dere a queste domande, per facilitare la com-prensione dell’evento ictale, la gestione delleconseguenze, collaborando con il paziente ela sua famiglia alla realizzazione di un’effica-ce prevenzione di complicanze o recidive.

105

S e s s i o n e 2 4/2

19

20

21

I protagonisti dell’attivitàassistenziale

I bisogni di conoscenza del soggetto che ha su-bito un ictus e dei suoi familiari toccano aspet-ti diversi, dal modo in cui si è verificato l’even-to, le sue conseguenze e i rischi di recidive,dalla necessità di modificare le proprie abitu-dini alle speranze per il futuro e la ricerca.

Lo scopo dei profili di assistenza, relativi al-le cure necessarie dopo l’ictus, riguarda l’atti-vazione di una pratica clinica corrente basatasu diversi aspetti:

• un’organizzazione di servizi efficienti, ca-ratterizzati da criteri di ammissione, trat-tamento e dimissione ben codificati e dal-l’impiego ottimale di tutte le risorse ne-cessarie al recupero;

• procedure assistenziali basate sull’evi-denza;

Page 124: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• il coinvolgimento di pazienti e familiarinell’attività di recupero, attraverso l’iden-tificazione dei ruoli di ogni componentedel processo assistenziale per ridurre l’im-patto delle disabilità sulle attività della vi-ta quotidiana del paziente;

• la disponibilità di informazioni sull’entitàdel problema clinico e sociale, sulle risor-se assistenziali, di personale e di materia-le, e sulla qualità di intervento dei diversioperatori.

Risulta evidente che le indicazioni ineren-ti l’assistenza dopo la fase acuta interessanotutti coloro che, a vario titolo e con diversecompetenze, possono contribuire ad allevia-re il peso individuale e sociale conseguenteall’evento ictale.

Ai diversi operatori professionali non me-dici, attivi in ambito riabilitativo, infermieri-stico, psicologico e sociale viene richiesto diacquisire competenze specifiche, così comeai diversi operatori medici, rappresentati daspecialisti più frequentemente coinvolti(neurologi), affiancati dai medici di medicinagenerale.

Il team deve preparare profili assistenzia-li specifici, con il supporto dei rappresentan-ti delle associazioni laiche interessate alleproblematiche dei soggetti che hanno subitoun danno cerebrovascolare.

Consideriamo ora singolarmente i diversioperatori coinvolti nell’assistenza all’ictus, siaall’interno delle strutture di ricovero e poisul territorio, pur nel quadro di una rete assi-stenziale eterogenea e multiprofessionale.

I TERAPISTI DELLA RIABILITAZIONE NEL POST-ICTUS

È indispensabile che il percorso riabilitativo-assistenziale del soggetto con ictus sia segui-to con ordinata organizzazione per evitare laperdita del continuum terapeutico, punto dirilievo sostanziale per il buon successo clini-co e riabilitativo.

Al fine di provvedere a una adeguata e va-lida presa in carico, abbiamo già visto come il

team riabilitativo abbia il compito di effet-tuare una valutazione globale delle risorsedel soggetto, sul versante biologico (proble-matiche internistiche, motorie, sensitive, co-gnitive), psicologico, affettivo e relazionale. Ènecessario, inoltre, comprenderne le reci-proche interazioni e la modificabilità al fine diindividuare obiettivi funzionali e di qualità divita e di predisporre i relativi percorsi e in-terventi.

Nel post-ictus il paziente a casa mantieneun contatto stretto con il terapista della ria-bilitazione che diventa il punto di contatto trail paziente, i suoi familiari e la rete di assisten-za territoriale (in primo luogo i MMG).

Il ruolo del terapista è complesso e artico-lato. Il suo compito non consiste solo nel ria-bilitare il paziente, ma anche nell’«addestra-re» i familiari alla corretta mobilizzazione delmalato. Il fisioterapista fornisce ai caregiver

indicazioni utili per sostenerlo nello svolgi-mento di alcune attività (camminare, man-giare, vestirsi, lavarsi…), assistendoli nei mo-menti in cui provano a mettere in pratica taliindicazioni.

Non solo, il terapista educa i familiari a ge-stire l’alimentazione del paziente, sia dal pun-to di vista nutrizionale sia in presenza di di-sturbi della deglutizione, e li sostiene nell’ac-quisizione di strategie utili a superare alcunedisabilità. Inoltre, è lui che spesso si accorgedel sopraggiungere di complicanze osteoarti-colari o di problemi di altro genere (cognitivi,

106

M O D U L O 4

22

Page 125: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

affettivi…) e che consiglia di rivolgersi al me-dico di famiglia o allo specialista.

Il ruolo dell’infermiere si gioca inoltre nel-le attività di educazione e addestramento delpaziente e la sua famiglia per la gestione deinormali compiti quotidiani, necessari a man-tenere un buon livello di qualità della vita e diautonomia.

107

S e s s i o n e 2 4/2

23

24

IL PERSONALE INFERMIERISTICO

Negli ultimi tempi, in modo sempre più fre-quente, è facile trovare inserita la figura del-l’infermiere come operatore al counselling

all’interno del gruppo multidisciplinare cheha in carico il paziente con ictus.

Le competenze richieste all’infermiere perquesto ruolo riguardano:

• la capacità di raccogliere un’anamnesi ac-curata;

• le conoscenze sul paziente e sulla famiglia; • la capacità di ricreare un ambiente in cui il

paziente e la famiglia possano esporretranquillamente le implicazioni relative al-la loro condizione e le loro scelte;

• la capacità di coordinamento;• l’impegno relazionale.

APPROFONDIMENTI

I primi risultati del progetto EuroAction1 dimostrano come un programma di prevenzione cardiovascola-re multidisciplinare, coordinato da infermieri in ospedali e in ambulatori di medicina generale e rivolto aipazienti e alle loro famiglie, possa ridurre il rischio di gravi malattie cardiovascolari (sono stati docu-mentati infatti miglioramenti nello stile di vita e fattori correlati).EuroAction è un modello di prevenzione di cardiologia che è stato attuato e valutato con successo, e puòessere utilizzato di routine nella pratica clinica non solo cardiovascolare.

IL NEUROLOGO

La figura del neurologo nell’assistenza al pa-ziente colpito da ictus assume un ruolo fon-damentale lungo tutto il percorso, a partiredalle prime fasi dell’evento ictale fino alla ria-bilitazione. In ogni fase assistenziale infatti ènecessaria la sua presenza e soprattutto la suacompetenza.

Il suo ruolo emerge in modo evidente difronte alle esigenze del paziente a cui è tenu-to a rispondere in ogni momento. È essenzia-le che conosca e sappia descrivere:

• l’evento ictale (la classificazione delle di-verse forme, le cause, le evoluzioni e il ri-schio di recidive);

Page 126: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• le complicanze dell’ictus e come prevenir-le (la disfagia con rischio di aspirazione emalnutrizione, l’alterato controllo sfinteri-co e le infezioni vie urinarie, la depressio-ne post-ictale, la demenza vascolare);

• le azioni da realizzare, in collaborazionecon il paziente, per prevenire le compli-canze. La mobilizzazione precoce (la possi-bilità di far muovere il paziente, già nelleprime ore dopo l’ictus) eseguita con il sup-porto di altre figure specialistiche e profes-sionali in particolare con gli operatori dellariabilitazione); la verifica delle condizionicardiovascolari e delle caratteristiche delladeglutizione, il trattamento di un eventua-le episodio depressivo, la predisposizione eallestimento di un «setting assistenziale»idoneo alle comorbilità del paziente;

108

M O D U L O 4

25

26

27

28

29

• il rischio di demenza vascolare. La demen-za a esordio post-ictale può essere dovutaa lesioni vascolari nei circuiti cerebrali, re-sponsabili dell’efficienza cognitiva, che si

Page 127: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

sommano al danno vascolare persistentecausando un carico lesionale critico; talecarico, associato ad un danno sottocorti-cale diffuso, determina una inefficienzadei meccanismi di compenso già attivati.La demenza può essere prevenuta attra-verso la prognosi del danno vascolare e ilmantenimento dell’efficienza cognitiva;

• le esigenze di follow-up in relazione al qua-dro clinico e alle procedure assistenzialiattivate per la valutazione dell’evoluzionedel danno cerebrale, il monitoraggio delprogetto riabilitativo, il controllo dei fatto-ri di rischio e delle condizioni cognitive.Tutti questi elementi sono definiti secondoun timing preciso e seguiti da operatorispecifici, secondo un approccio multidi-sciplinare.

109

S e s s i o n e 2 4/2

30

32

31

• i tempi di intervento medico e chirurgicoper prevenire le recidive. La terapia anti-trombotica immediata (a meno di pre-gresso danno emorragico in cui deve esse-re differita di 1-2 settimane), l’endoarte-rioctomia carotidea entro il primo mese(poiché è più efficace quanto più precoce-mente realizzata); la terapia antipertensi-va entro la prima settimana e la terapiaverso cause specifiche (arteriti, embolia,ecc.) quanto più precocemente possibile;

IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE

Si è parlato ampiamente della posizione privi-legiata del medico di medicina generale nellagestione della continuità assistenziale del sog-getto colpito da ictus. Il medico di medicinagenerale riprende in cura il paziente dopo l’e-vento acuto e ne sorveglia il ritorno a casa.

In questa fase l’intervento riabilitativo èteso a mantenere o a raggiungere un certo li-vello di autonomia nelle attività quotidiane delpaziente (anche attraverso interventi di tera-pia occupazionale) e a garantire il suo reinse-rimento sociale.

Nel momento in cui il paziente rientra nelsuo contesto familiare e sociale diventa de-terminante la collaborazione del medico dimedicina generale, da una parte con il gruppomultidisciplinare (che lo ha seguito nei rico-veri), dall’altra con la famiglia.

Nei riguardi della famiglia del malato, ilmedico ha il compito di informarla, orientar-la, indirizzarla, sostenerla rispetto alla gestio-

Page 128: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

ne dei disturbi comportamentali del paziente,alla corretta somministrazione dei farmaci, al-la presenza di nuovi farmaci sul mercato, aiservizi esistenti (loro ruolo, modalità operati-ve, funzione) e al riconoscimento di eventua-li invalidità.

La solidità del rapporto tra il medico di me-dicina generale e la famiglia è importanteprincipalmente perché garantisce la gestionedomiciliare di situazioni con equilibrio clinicoe assistenziale altrimenti precario (spesso nelcaso di pazienti con patologie plurime e cro-niche e qualche volta anche nel caso di pa-zienti con prognosi infausta a breve termine)e perché è condizione necessaria per l’attivitàdi counselling.

Attraverso la relazione con i familiari ilmedico deve e può informarli sulla situazioneattuale e sugli obiettivi da raggiungere; rassi-curarli, riconoscendo loro un ruolo di interlo-cutori; educarli nell’assistenza (somministra-zione di farmaci, cura della persona, trasferi-menti, deambulazione, comunicazione); as-segnare loro compiti specifici (far cammina-re il paziente, stimolarlo a comunicare e aesprimere i suoi bisogni). L’obiettivo ultimo èdi coinvolgerli nei processi decisionali, ren-derli suoi alleati nella ricerca delle miglioristrategie terapeutiche, soddisfacendo il lorolegittimo bisogno di agire per il benessere delproprio congiunto e migliorando, di fatto, laqualità dell’assistenza.

LE ASSOCIAZIONI LAICHE

Le associazioni laiche giocano un ruolo im-portante nel «destino» della persona colpitada ictus dopo la dimissione dalla strutturaospedaliera, soprattutto per la gestione di tut-ti gli aspetti relativi al carico della malattia perse stesso e per le persone che lo accudiscono.Associazioni come ALICE (Associazione perla lotta all’ictus cerebrale), presenti ormai innumerose regioni, si fanno spesso promotricidi corsi di formazione rivolti ai caregiver. Gliobiettivi che si prefiggono hanno ampio respi-ro, spaziando dalle azioni di prevenzione alsupporto post-ictus sul territorio.

In particolare:

• promuovono l’informazione sanitaria sull’ic-tus cerebrale, sui modi per prevenirlo e percurarlo, attraverso la produzione e la diffu-sione di materiale informativo, l’organizza-zione di conferenze pubbliche, dibattiti einiziative di sensibilizzazione della stampa edell’opinione pubblica al problema, in colla-borazione con servizi, istituti, enti e le altreassociazioni con obiettivi analoghi;

• collaborano con gli organismi preposti al-l’organizzazione di corsi di formazione e diaggiornamento per gli operatori socio-sa-nitari e per i volontari;

• danno voce alle esigenze del paziente e deisuoi familiari e li mettono in diretto con-tatto con le istituzioni e con gli altri inter-locutori (istituzionali e non);

110

M O D U L O 4

33 34

Page 129: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

• sostengono i familiari dei pazienti, aiutan-doli ad affrontare i primi momenti di soli-tudine e fornendo loro alcuni rudimenti diassistenza domiciliare;

• sostengono l’attivazione di servizi infor-mativi, di primo consiglio telefonico, di as-sistenza e consulenza psicologica, legale,sociale e medica;

• promuovono il collegamento tra operatoriprofessionali e pazienti o familiari per pre-venire o limitare i danni causati dalla ma-lattia;

• promuovono studi e ricerche sul tema einiziative di prevenzione rivolte soprattut-to alle persone maggiormente a rischio.

dare un contributo all’assistenza, anche incondizioni apparentemente precarie.

È utile identificare, generalmente all’in-terno della famiglia, la persona in grado di as-sumersi la responsabilità primaria nell’assi-stenza quotidiana del soggetto e di compren-dere i margini, se pur limitati, della sua auto-nomia, per aumentare e rafforzare le risorseresidue.

Alla famiglia deve essere offerto un sup-porto psicologico, in particolare in situazionidi stress che complicano l’assistenza. Talvol-ta un intervento mirato, anche se limitato, ot-tiene risultati significativi: la solitudine delcaregiver è una condizione frequente e uma-namente pesante, che può essere lenita conl’ascolto, la vicinanza, la comprensione, tal-volta con la rassicurazione che l’assistenzafornita è adeguata rispetto al bisogno.

La famiglia deve essere educata al care-

giving attraverso una formazione specificaper conoscere gli spazi che può e deve rico-prire e le modalità operative attraverso cuiraggiungere gli obiettivi del percorso assi-stenziale. Ai familiari è richiesta una parteci-pazione attiva ai programmi di recupero perapprendere i comportamenti necessari a ri-durre l’impatto delle limitazioni del pazientenelle attività quotidiane.

Riferimenti bibliografici

1. Wood DA, Kotseva K, Connolly S et al., onbehalf of EuroAction Study Group. Nurse-coordinated multidisciplinary, family-basedcardiovascular disease prevention program-me (EUROACTION) for patients with coro-nary heart disease and asymptomatic indivi-duals at high risk of cardiovascular disease: apaired, cluster-randomised controlled trial.Lancet 2008; 371: 1999-2012.

111

S e s s i o n e 2 4/2

35

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA NEL POST-ICTUS

Abbiamo già ampiamente parlato della neces-sità di coinvolgere la famiglia nella gestionedella persona colpita da ictus, fin dai primimomenti. Ma vediamo di riassumere i puntiprincipali di questa partecipazione.

La famiglia rappresenta, in ogni circostan-za, una potenzialità per fornire cure adegua-te. È quindi importante offrirle strumenti per

Page 130: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

112

M O D U L O 4

Letture consigliate(Modulo 4, Sessione 2)

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion, «Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e

trattamento». Quinta edizione. Febbraio 2007. Capitoli 14, 15 e Appendice II.

Page 131: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 132: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso
Page 133: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso

Finito di stampare nel mese di marzo 2009da Arti Grafiche Tris S.r.l.

via delle Case Rosse 23, 00131 Romaper conto de Il Pensiero Scientifico Editore, Roma

Page 134: G-PAC Guida formativa per la PREVENZIONE SECONDARIAbiblioteca.asmn.re.it/pubblicazioni/G-PAC Monografia.pdf · La formazione d’aula: accenni metodologici XIV Introduzione al corso