FRONTIERE DELLA PSICOSOMATICA - Armando …...stità è soltanto una vittoria fittizia, una vittoria...

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AA.VV. a cura di Fabrizio Franchi FRONTIERE DELLA PSICOSOMATICA ARMANDO EDITORE

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AA.VV.

a cura di Fabrizio Franchi

FRONTIEREDELLA PSICOSOMATICA

ARMANDOEDITORE

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Sommario

IntroduzioneCorpo e pensiero freudiano dalle origini a Chiozza 7FABRIZIO FRANCHI

Bibliografia 72

Storia della Psicosomatica Psicoanalitica in Argentina 75ANA EMILIA JURAGA

La situazione storica 75

L’Associazione Psicoanalitica Argentina (APA) 76

Note biografiche dei primi psicoanalisti argentini 78

La relazione mente-corpo 81

La relazione mente-corpo e la capacità di simbolizzare 90

Il pensiero di David Liberman 91

La scuola di Luis Chiozza 95

La mia esperienza clinica con la teoria di Luis Chiozza 102

Il gruppo di Fabrizio Franchi 111

Bibliografia 120

La malattia e il gruppo 123ALESSANDRO BRUNI

Un primitivo rito psicosomatico 123

Declinazioni del rito 124

Un’inversione di prospettiva nei riti di guarigione del singolo 126

La nostra versione modificata per il setting della patobiografia 129

Bibliografia 134

Continuità e contiguità nel pensiero di Winnicott e di Gaddini. Riflessioni sul rapporto corpo-mente-corpo 137ROSA D’AGOSTINO

Winnicott e l’esistenza psicosomatica 137

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Gaddini e il continuum corpo-mente-corpo 149

Le nuove patologie psicosomatiche 159

Percorsi terapeutici 162

Bibliografia 169

Note 173

Alessitimia: Il mondo opaco delle emozioni 175ROBERTA DI LASCIO

Un percorso attraverso il concetto di Alessitimia 175

Assonanze, emozioni e pensieri nella clinica della Alessitimia 188

Considerazioni conclusive 195

Bibliografia 197

Note 199

Nuovi problemi: la trasmissione transgenerazionale 201STEFANIA PALLOTTA

Bibliografia 223

Esiste una linea di confine tra la mente e il corpo? 227ALESSANDRO BRUNI

Il vissuto quotidiano 227

L’idea di una linea di confine 228

I confini di Gaia 229

La frattura 231

“Gnòthi se autòn”, Conosci te stesso 234

La visione di Freud 235

La scelta di Bion 241

Big Bangs e Black Holes. Le cisti neurali 249

Prima era l’emozione 251

Un incontro tra Bion e Jung. Sognare il corpo 252

Il pensiero può agire sui neuroni? 255

Specchio delle mie brame 262

Fisiologia fantastica della dicotomia 265

In-conclusione 267

Bibliografia 267

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IntroduzioneCorpo e pensiero freudiano dalle origini a ChiozzaFABRIZIO FRANCHI

Uno può credere di conoscere qualcosa,ma non conosce ancora in che modobisogna conoscere.

San Paolo, prima lettera ai Corinti 8,2

Egli non si accontentava di esporre con una specie di ritmo

inebriante cose universalmente note ma di solito avvolte nel si-

lenzio; distruggeva illusioni, faceva trionfare inesorabilmente la

conoscenza, non accettava la fede sentimentale nella dignità dei

capelli d’argento e nell’angelica purezza dei bambini. D’altronde

portava con la giacca da passeggio il colletto floscio e i sandali

sui calzini grigi, particolari che davano un’impressione di serietà

e di idealismo, anche se Castorp ne rimase un po’ urtato. Mentre

in base a libri e fogli sciolti che aveva davanti a sé sulla tavola

confortava le sue asserzioni con esempi e aneddoti e alcune vol-

te recitava persino poesie, Krokowski descriveva paurose forme

d’amore, varianti eccentriche, dolorose e raccapriccianti, della

sua presenza e onnipotenza. È, diceva, fra tutti gli istinti naturali

il più instabile e compromesso, tendente a fondamentali aberra-

zioni e scellerate perversioni, né c’era da stupirsi: questo potente

impulso non è infatti semplice, bensì per sua natura variamente

composto, e per quanto sia legittimo nel suo complesso… risulta

composto di sole storture. Ma siccome, e giustamente, continuò

Krokowski, ci si rifiuta di dedurre dalla stortura delle componen-

ti la stortura dell’intero, si è necessariamente costretti ad attribui-

re una parte della legittimità, se non proprio tutta, anche alla sin-

gola stortura. Postulato logico, questo, al quale pregava gli ascol-

tatori di attenersi. Ma ci sono resistenze psichiche e correttivi,

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istinti buoni e regolatori, di natura… per poco non diceva borghe-se, quelli che con la loro azione accomodante e restrittiva fondo-no le componenti assurde nel tutto utile e regolare… procedimen-to assai frequente e auspicabile, il cui risultato però (aggiunse ildottore in tono un po’ sprezzante) non riguarda il medico e il pen-satore. In un altro caso invece questo procedimento non riesce,non vuole e non deve riuscire, e chi – domandò Krokowski – chipotrebbe dire se questo non rappresenti eventualmente il caso piùnobile, spiritualmente più pregevole? In questo caso infatti i duegruppi di forze, tanto lo stimolo dell’amore quanto quegli impul-si avversi, tra i quali vanno citati in particolare il pudore e la ri-pugnanza, possiedono una straordinaria tensione passionale chesorpassa la consueta misura borghese, e la battaglia tra di essi,condotta negli abissi dell’anima, impedisce che gli impulsi errativengano recinti, resi innocui, inciviliti, come richiede l’usuale ar-monia, la regolamentare vita amorosa. Questo contrasto tra i po-teri della castità e dell’amore – poiché di questo si tratta – comeva a finire? Finisce apparentemente con la vittoria della castità.Timore, decenza, pudico ribrezzo, tremante bisogno di purezzasopprimono l’amore, lo tengono incatenato nelle tenebre, lascia-no che i suoi confusi postulati si affaccino alla coscienza ed en-trino in azione semmai in parte, ma neanche lontanamente contutta la loro varietà e potenza. Se non che questa vittoria della ca-stità è soltanto una vittoria fittizia, una vittoria di Pirro, perchél’imperio dell’amore non può essere imbavagliato, violentato,l’amore represso non è morto, ma vive e nella tenebra, nel segre-to profondo cerca sempre di attuarsi, sfonda la castità e ricompa-re, sia pure sotto forma mutata, irriconoscibile… E quale è mai laforma, la maschera sotto la quale ricompare l’amore non ammes-so e rattenuto? Così domandò il dottor Krokowski facendo scor-rere lo sguardo lungo le file come se aspettasse davvero la rispo-sta dai suoi ascoltatori. Oh, la risposta doveva darla lui, dopo aver

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detto già tante cose. Nessuno lo sapeva tranne lui, e lui, gli si leg-geva in faccia, avrebbe dato anche questa risposta. Con gli occhiardenti, il pallore cereo, la barba nera, e con quei sandali da fratesopra i calzini di lana grigia, pareva simboleggiasse in persona labattaglia tra castità e passione, della quale aveva parlato. Questafu per lo meno l’impressione di Castorp, mentre, come tutti, conla massima attenzione aspettava di apprendere sotto che forma ri-compaia l’amore represso. Le donne trattenevano quasi il respiro.L’avvocato Paravant si scosse rapidamente ancora una voltal’orecchio affinché al momento buono fosse aperto e capace di af-ferrare. E a questo punto Krokowski disse: “Sotto la mascheradella malattia!”. Il sintomo morboso, disse, sarebbe attività amo-rosa camuffata e ogni malattia amore trasmutato.

Ci si può chiedere perché, piuttosto che alla descrizione tecni-camente più appropriata di un’opera di teoria psicoanalitica, ab-biamo affidato l’enunciazione di ciò che illustra l’impianto psico-dinamico dell’isteria alle parole del dottor Krokowski, personag-gio letterario del sanatorio di Davos, in La Montagna Incantatadi Thomas Mann. La ragione principale risiede nell’efficacia enel potere evocativo di una pagina dovuta alla penna di un gran-dissimo scrittore, rispetto all’astrattezza di un qualsiasi testo dot-trinale. Ma vi è un altro motivo e ci torneremo fra breve.

Veniamo al nostro discorso.Gli Studi sull’Isteria1 – e dunque il corpo con la sua condizio-

ne alterata – fondano lo statuto della psicoanalisi fin dall’atto del-la sua nascita. Già da quelle prime osservazioni la psicoanalisiandava mettendo a punto il modello iniziale di una realtà psico-linguistica. Il dispositivo dell’isteria da conversione concepito daFreud (più oltre indicata da noi semplicemente come “isteria”) èquello ben noto che troviamo più tardi precisato anche nella Me-tapsicologia:2 attraverso lo stimolo della sensazione la pulsione

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viene diretta alla sua meta e al suo oggetto. Ora, la rappresenta-zione può essere rimossa ma non così l’affetto che richiede co-munque la sua scarica. Quando lo stimolo pulsionale trova la viasbarrata dal Super-Io, avverte Freud, l’apparato psichico provve-derà a fornirgli una rappresentazione sostitutiva.

Vi sono molte rilevanti originalità che ora vedremo in questo

schema, anche più dello schema in se stesso. Delineare le regole

e condizioni in cui prenda vita un conflitto con la sua forza non

era una novità di cui Freud potesse vantare l’esclusiva. Goethe3,

per esempio, aveva asserito che “i tormenti più grandi e più fre-

quenti a cui l’uomo può essere esposto nascono dai conflitti, in-

siti in ciascuno tra il dovere e il volere, tra il dovere e il compie-

re e infine tra il volere e il compiere. Sono questi che nel corso

della vita mettono spesso in difficoltà”. Ora, consideriamo la pre-

cisazione di Goethe che il dovere “è dispotico”, il volere “è inve-

ce libero [anche nel senso di “libertino”, n.d.a.] “e favorisce il

singolo”. Quanto al compiere, è del tutto evidente come esso sia

rappresentazione di contenuti psichici che sono tradotti in fatti,

che sono concretamente portati a termine. Tutto ciò permette di

porre in asse i concetti di Goethe con quelli di Freud, ricavando-

ne una sorprendente corrispondenza: il dovere col Super-Io, il

volere con l’Es. Analoga è la sorte del compiere, il quale viene a

corrispondere all’Io. Infatti, schiacciato tra le immani potenze

del Super-Io e dell’Es, nell’edificio freudiano l’Io non potrebbe

dir la sua, se non fosse che, pur travolto dalla tempesta come una

foglia al vento, esso custodisce gelosamente una sua arma poten-

tissima: è il solo ad avere il controllo della motricità. Per dirla in

termini banali, per affermare le loro pretese il Super-Io e l’Es,

debbono ingraziarselo e stabilire con lui un’alleanza: senza la

motricità non si fa (non si compie) alcunché. Vediamo dunque

che il ruolo di motori delle turbolenze psichiche viene individua-

to e descritto da Goethe con incredibile precisione rispetto ai

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concetti del padre della psicoanalisi. Il tutto laddove l’intero ar-

co della vita di Goethe (1749-1832) precedette di molto quella di

Freud.

Tuttavia, pur restando ammirati dalla lucidità precorritrice del

poeta tedesco, la sistemazione dottrinale freudiana ha altri meri-

ti oltre la dinamica dello schema in se stesso. Essi riguardano il

fatto assolutamente innovativo che Freud lavorava con concetti

bi-funzionali i quali alludevano in parallelo a fenomeni psichici

e fenomeni corporei. Di questa doppia valenza sono intrisi con-

cetti come affetto o pulsione. Su quest’aspetto si ritornerà nella

presente trattazione: vorremmo anzi che essa ne risultasse per-

meata in modo inequivocabile, tanto è l’importanza che annettia-

mo a tale precipuità freudiana. Il conflitto delle isteriche avviene

sul campo di battaglia del corpo, e noi siamo dell’idea che la con-

nessione psicosomatica che Freud descriveva nell’individuo deb-

ba essere considerata in tutta la medicina. Il corpo vi è attore di

primo piano perché esso assume in sé funzioni linguistiche, non

limitandosi ad essere un innocent bystander. Ciò è stato qui so-

pra chiamato una concezione psicolinguistica della realtà soma-

tica. Al contrario le formulazioni di Goethe sono con tutta evi-

denza pensieri intellettuali o comunque – per allargarne al mas-

simo la definizione – esclusivi processi animici. E di tale lega è

anche il loro scontrarsi.

Va infine avvertito che il paradigma di Freud fu pensato comeinnescato dal desiderio proibito: l’isterica ha fantasticamente ache fare con un corpo potentemente erotizzato. Essa mobilitaun’energia sessuale matura e le contromisure difensive sono nel-l’ordine del rimosso, non dello scisso o del negato. Per quello cheFreud poteva teorizzare con i termini di mente e psiche, la rappre-sentazione corporea simbolica deve partire da un’immagine co-munque mentalizzabile; sia nel senso che il progetto dell’imma-gine si forma nella mente, sia nel senso che questa deve poi poter

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essere “spettatrice” della messa in scena realizzata (le gaddinianefantasie “sul” corpo).

Gli Studi sull’Isteria furono elaborati con Breuer nel 1892-1895. Dall’ottobre1885 al febbraio 1886 Freud aveva fatto il suointernato nel reparto di Charcot alla Salpêtrière. In quegli anni, so-prattutto nei quattro mesi di esperienza a Parigi che furono fatidi-ci per lui, per la psicoanalisi, ed io aggiungerei per la medicina tut-ta, Freud mise le basi del suo edificio teorico che poi ritroviamo intutti gli scritti successivi: sebbene abbandonando l’isteria e l’ener-gia sessuale matura, ed affrontando invece disturbi mentali piùprofondi e più gravi, i fenomeni psichici appaiano più complessidel semplice gioco desiderio-rimozione-spostamento, il nucleo diquesta dinamica ricorre come un paradigma. Ma qual’era l’am-biente professionale ed umano in cui esso nacque?

La Salpêtrière era un vecchio ospedale in disarmo che la pas-sione di Charcot volle rimettere in funzione: quantunque il repar-to di Charcot non fosse un’istituzione specialistica sensu strictu(una medicina specialistica nel vero senso della parola la vedre-mo sorgere solo negli anni ’30 del XX secolo), gli assistiti delneurologo francese erano in gran parte rappresentati da isteriche.Maestro brillantissimo Charcot mostrava platealmente i suoiesperimenti con l’ipnosi e metteva in luce i moltissimi indizi se-condo cui l’isteria aveva a che fare con l’autosuggestione e, piùin generale, con una causa psichica. Addirittura, l’induzione diesperienze ipnotiche con i nevrotici rivelava che questa praticapoteva produrre nei soggetti paralisi parziali, contrazioni, aneste-sie ed in genere molti altri fenomeni del tutto corrispondenti aisintomi presentati spontaneamente nei loro attacchi da questi am-malati.

Così anche quando Freud tornò a Vienna, il suo campo d’os-servazione si concentrò sulle isteriche. Queste erano quasi tuttedonne caratterizzate da una personalità improntata a mitomania,

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esibizionismo, egocentrismo, teatralità. I loro sintomi, oltre allecitate paralisi transitorie, alle anestesie e parestesie, si esprimeva-no come dolori, distorsioni senso-percettive, tempeste neurove-getative. Una menzione particolare merita il grande attacco simil-epilettico, che rappresentava la più eclatante delle condizioni il-lustrate da Charcot: tipicamente le pazienti rosse in viso e vigili,seppur con un atteggiamento attonito, non manifestavano preoc-cupazione. Soprattutto mancava l’“anatomicità” dei gruppi mu-scolari interessati alla grottesca drammatizzazione convulsiva(estensori prevalenti sui flessori).

Freud andava sempre più comprendendo e sistemando concet-tualmente il valore rappresentativo dei sintomi localizzati e del-l’attacco. Questo si presta a dare espressione a numerose istanze:è un’affermazione narcisistica della paziente e contemporanea-mente costei vi realizza un’imperiosa domanda di attenzione; dalpunto di vista dell’economia libidinale l’attacco rappresenta unequivalente orgasmico, sia nel senso dell’energia veicolata dallascarica, sia negli aspetti più propriamente simbolici: foga musco-lare, eccitazione, spasmodicità.

Insomma di tutto questo il giovane neuropatologo viennese siera impregnato presso il reparto di Charcot, tutto questo lo avevaimpressionato e gli aveva fatto venire il desiderio di contribuireall’avanzamento delle conoscenze su una tale particolarissimacondizione. Ciò che vogliamo dire è che – pur non facendo unascelta consapevole verso una cultura medica settoriale, per laquale per altro i tempi come abbiamo detto non erano neppurematuri – di fatto Freud fu profondamente condizionato da Char-cot ed attratto dalla discussione che si svolgeva a quel tempo trai personaggi più eminenti che si interessavano alle malattie psi-chiche.

Perché Freud rimase legato a queste e non si pose il problemadel rapporto fra psichismo e le malattie organiche della medicina

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generale? Perché non lavorò ad un’unità fra psiche e soma? È pervia di questa domanda che abbiamo scelto di partire dal dottorKrokowski di Thomas Mann, giacché egli dice cose che si appli-cherebbero a un caso di isteria, ma parla a malati tubercoloticiche, con le varie forme e i vari stadi del loro morbo, si avvianotutti a morire nel sanatorio di Davos. “Ogni malattia [sarebbe]amore trasmutato”. Ed è ancora per questa ragione che abbiamoasserito come “quei quattro mesi di esperienza di Freud a Parigifurono fatidici non soltanto per lui e per la psicoanalisi, ma in re-altà per la medicina tutta”.

Legata alla metodologia euristica delle scienze naturali la me-dicina si trovava ora di fronte a un’affermazione nuova; che ciòche non ha spiegazione etiologico-classificativa può avere unaspiegazione allusiva. In altre parole le scienze positive potevanotrovarsi di fronte alla realtà che il mondo animato è regolato an-che dal linguaggio e che i viventi non potevano essere omologatialla realtà di semplice materia mossa da leggi. Torneremo prestis-simo ad approfondire questo tema.

Intanto il carattere precipuo delle pazienti di Freud, la reversibi-lità dei loro sintomi, l’esibizionismo che le distanziava dai comu-ni pazienti della medicina interna facilitava la presa di distanza daparte di questa. Si cominciò a congetturare che una cosa era l’“im-magine corporea”, altra cosa il “funzionamento somatico” vero eproprio. Si fece strada lentamente la scomunica che la scienza me-dica ha lanciato sulla psicosomatica: quella cioè di non trattare diveri malati ma di pazienti con patologie puramente funzionali,quando non addirittura di malati immaginari: sul malato funziona-le grava l’onere della prova. Che impari ad essere un “organico”!

Freud ebbe di fronte a quest’ampliamento d’orizzonte un at-teggiamento ambiguo. Accoglieva con favore l’interesse che al-cuni dei suoi allievi (Jelliffe, Groddeck e soprattutto Deutsch)coltivavano per le malattie del corpo interpretate alla luce delle

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dinamiche psichiche. Il caso di Groddeck è poi esemplare. Seb-bene questi fosse un teorico assai modesto, il suo Libro dell’Es4

(termine di cui Freud è debitore al discepolo che a sua volta l’ave-va tratto da Nietszche) prospetta l’immagine di un gigantesco ser-batoio di forze magmatiche che si serve del corpo come mappa dirappresentazioni simboliche. A quest’uomo schivo il maestroscrisse: “Devo avanzare le mie pretese su di Lei, devo affermareche Lei è uno splendido analista che ha afferrato in modo decisi-vo la sostanza della questione”5. E nel 1923, recensendo la pub-blicazione del Libro dell’Es affermerà:6 “Questo piccolo libro miè molto caro. Ritengo sia un’azione meritoria mettere continua-mente sotto il naso delle persone i fondamenti dell’analisi”. L’in-dizio più significativo dell’opinione di Freud è poi ricavabile dal-la sua risposta a Pfister che condannava Groddeck come eretico:“Sono decisamente schierato con Groddeck contro la vostra ri-spettabilità”.

In base a tutto ciò non si può certo dire che Freud fosse disin-teressato alla psicosomatica. Anche se non contribuì personal-mente allo sviluppo di quest’area nei suoi scritti, però, dobbiamoindagare la presenza di cambiamenti importanti. Una prima novi-tà di rilievo compare nel 19017 e sarà ripresa nel 19108 con il con-cetto di “compiacenza somatica” che allentava le maglie della pa-togenesi dell’isteria. Un sintomo corporeo (per esempio la tossedi Dora) può essere simbolicamente così adeguato a rappresenta-re un linguaggio psichico da essere libidicamente desiderato, at-tratto, coltivato a dispetto del suo essere un danno per l’organi-smo. La psiche “difende” l’opportunità simbolica di un disturbocorporeo che le serve come metafora addirittura alleandosi con lamalattia. È un concetto che verrà incontro a tutti gli allievi e a Fe-renczi9 i quali, per fare spazio all’intervento della psiche nellemalattie organiche, parlavano di isterizzazione della malattia. Laformulazione freudiana di compiacenza somatica non è da poco,

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induce a porre nella sua generalità il problema del potere espres-sivo del corpo e della sua particolare attitudine a significare il ri-mosso. Poiché press’a poco in quegli anni Freud sostiene chepossono funzionare come zone erogene tutti gli organi10, verrà acostituirsi quello che è chiamato propriamente Organsprache, lin-guaggio d’organo, come è denominato ne L’Inconscio2. Questinuovi contributi sono epocali perché (lo dice lo stesso termine)segnano la linea di transizione tra l’io-che-parla-con-l’organo,come poteva bastare all’isteria o all’ipocondria, e il vero e pro-prio organo-che-parla.

Il dualismo è però ribadito, “ogni sintomo isterico necessitadell’apporto di ambedue le parti [un origine psichica e un’originesomatica]”. Nella Metapsicologia Freud dirà: “Lo studio dellefonti pulsionali non appartiene più alla psicologia” e persino inInibizione, sintomo e angoscia11 ripete l’esistenza di un confine:“Con la domanda circa l’origine di quest’angoscia, e degli affettiin generale, noi abbandoniamo il terreno che appartiene inconte-stabilmente alla psicologia”. Insomma, per quanto riguarda le or-dinarie malattie del corpo non vi fu un significativo pronuncia-mento sulla loro anche parziale psichicità, un tentativo di teoriz-zazione di un modello psicosomatico largamente applicabile.

Eppure, dentro di lui qualcosa andava facendosi strada nellateoria delle dinamiche pulsionali.

A distanza di una trentina d’anni dai primi studi, in Inibizione,sintomo e angoscia troviamo ad esempio che il meccanismo clas-sico messo a punto per l’isteria viene invocato anche in altre pa-tologie nevrotiche, nevrosi ossessive, depressioni: dunque la di-namica basilare per cui il sintomo ha la sua origine nel moto pul-sionale ostacolato dalla rimozione non è più specifica della con-dizione isterica; anche se è vero che, entro queste diverse diagno-si, il meccanismo dell’impedimento della funzione efficace vieneancora denominato “impedimento isterico”.

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Vi è però finalmente una novità basilare. Freud ci dice che ilmoto pulsionale può trovare

un contenuto guastato che non è neanche più riconoscibile co-

me soddisfacimento. Quando tale sostituzione si compie non si

verifica alcuna sensazione piacevole […] La rimozione mostra la

sua potenza anche in un altro punto. Il processo di sostituzione

viene tenuto lontano, se possibile, dalla scarica mediante motili-

tà; anche laddove ciò non riesce, esso deve esaurirsi nel muta-

mento del proprio corpo, e non può incidere sul mondo esterno,

gli è vietato convertirsi in azione.

Qui quel “guastato” suggerisce proprio che la rimozione possaattaccare anche l’affetto, il che è difforme dai postulati originari.Conseguentemente, come si indovinava nel concetto di Organ-sprache, è del tutto plausibile che il freudiano “mutamento delproprio corpo” riguardi ormai il corpo biologico, il funzionamen-to somatico, non più soltanto l’immagine corporea.

Si memorizzi questo passaggio che consideriamo il punto chia-ve, perché lo sviluppo ulteriore dell’argomentazione, che poi è sol-tanto un chiarimento di questo pensiero, rappresenterà la rivoluzio-ne psicosomatica compiuta, e dunque il cardine fondamentale percoloro, si badi, i quali pensano che dietro la somatizzazione vi siauna vita emotiva intensa. Tuttavia, prima di far combaciare il pen-siero freudiano con quello di chi ha voluto più chiaramente espli-citarlo, ci corre il dovere di citare l’ultimo capoverso fondamenta-le nel rapporto elusivo tra Freud e la psicosomatica.

Nel Capitolo IV del Compendio di Psicoanalisi (1938)12, l’ul-tima opera del maestro, troviamo questa riflessione:

Per giudizio unanime questi processi coscienti [percezioni,

sentimenti, processi di pensiero e atti di volontà] non danno luo-

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go a serie in sé conchiuse e ininterrotte; non si potrebbe quindi

fare a meno di ammettere l’esistenza di processi fisici o somati-

ci concomitanti allo psichico, ai quali bisognerebbe ascrivere una

completezza maggiore di quella delle sequenze psichiche, dal

momento che alcuni di essi hanno in parallelo dei processi co-

scienti ed altri invece no. Viene naturale quindi porre l’accento in

psicologia su questi processi somatici, riconoscere in essi il vero

e proprio psichico e cercare per i processi coscienti un altro tipo

di caratterizzazione.

La psicoanalisi deve fare proprio questo, consistendo in ciò la

sua seconda ipotesi fondamentale [OSF p. 572] [il richiamo è nel

testo]. La psicoanalisi reputa che i presunti processi concomitan-

ti di natura somatica costituiscano il vero e proprio psichico, e in

ciò prescinde a tutta prima dalla qualità della coscienza.

Il passo è oscuro e vediamo subito il perché. Ma quella doppiaasserzione di Freud “riconoscere in essi [nei processi somatici] ilvero e proprio psichico” e “La psicoanalisi reputa che i presuntiprocessi concomitanti di natura somatica costituiscano il vero eproprio psichico” è un’esca appetitosa e molte bocche la mordo-no, soprattutto fra seguaci di Chiozza, argentini e non.

Di Luis Chiozza verremo a parlare, ma prima tentiamo di com-prendere qualcosa di questo passaggio dell’ultimo Freud. Eglisembra dire che c’è un piano psichico chiaramente costituito daprocessi mentali e ne enumera alcuni. La congruità di questi pro-cessi è diversa perché alcuni di essi hanno collegamento con l’in-conscio, altri solo con la volontarietà. Occorrerebbe allora mette-re l’accento sui processi somatici collegati con l’inconscio e rele-gare in un altro ambito i processi di coscienza. Ma quali fenome-ni somatici possono mai avere collegamenti con l’inconscio,mentre altri analoghi non lo hanno? Non c’è traccia di un’allusio-ne ad una sintomatologia somatica, a un qualsiasi quadro patolo-

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gico. Quell’asciutto “processi concomitanti di natura somatica”fa venire in mente che qui Freud non parli di un disturbo del cor-po, bensì di qualcosa di più generale attinente all’ordinaria vitamentale, per cui alcuni processi che hanno riscontro nell’incon-scio sono segretamente significanti, altri invece possono apparirepiù vuoti.

Una realtà che si potrebbe definire così è il lavoro stesso delcervello e degli organi da questo “innervati” (processi somatici),catena segretamente significante quando rimanga inconscia.

Qui Freud utilizza il concetto di chiave d’innervazione soma-tica, concetto che sarà centrale nella teorizzazione di Chiozza(vedi oltre). Il grande apporto di quest’osservazione freudiana inqueste parole, non ci pare quello di sostenere che i processi so-matici costituiscano il vero e proprio psichico come realtà gene-rale e come attribuzione permanente. Piuttosto Freud disegna unagitarsi dello psichico tra il cervello e la periferia, entro quellacascata di fattori che oggi si conoscono come neurologici, endo-crinologici e immunologici, i quali, partendo dal cervello, varia-mente attivano gli organi del corpo secondo le esigenze della vi-ta inconscia. Dinamismo, questo, che investe la materia corporeaanche quando non siamo in grado di vederlo, a differenza di queiprocessi cerebrali che si rivelano nella volontarietà della co-scienza.

Freud ha accantonato l’astrattezza e il formalismo del concet-to di emozione di cui ancora molto tempo dopo si lamentavaWinnicott13 protestando che la scienza medica ch’era stata perlui oggetto di studio sapeva dar conto solo di un corpo mutilatodell’emotività, un corpo neutralizzato: “Veniva fatto ogni sforzoper eliminare variabili quali le emozioni ed io ritenevo che glianimali, così come gli esseri umani, venivano trattati come sefossero sempre in una condizione neutrale riguardo alla vitaistintuale”.

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A rafforzare l’idea che questa potrebbe essere la spiegazione,ci soccorre un rimando dell’autore nel testo, rimando che riportaad una pagina del Capitolo I della stessa opera. Cosa vi appren-diamo? Nelle primissime righe troviamo scritto:

Di ciò che chiamiamo la nostra psiche (o vita psichica) ci so-

no note due cose: innanzitutto l’organo fisico e il suo scenario, il

cervello (o sistema nervoso) e, in secondo luogo, i nostri atti di

coscienza che sono dati immediatamente e che nessuna descri-

zione potrebbe farci comprendere più da vicino […] Noi suppo-

niamo che la vita psichica sia la funzione di un apparato al qua-

le ascriviamo estensione spaziale e struttura composita.

Non resta che leggere il brano del Capitolo IV del Compendio

alla luce di queste parole introduttive.Però perché Freud non fu chiaro a proposito del rapporto fra

psiche e malattie organiche? Perché si sottrasse sempre ad asser-zioni inequivocabili circa l’unità tra psiche e soma in qualunqueambito dell’umano ammalarsi?

Molti inclinano a pensare che l’enfasi data alla sessualità, inspecial modo alla sessualità infantile, fosse già un sufficienteguanto di sfida che Freud aveva lanciato alla società e alla scien-za della propria epoca. Ora una seconda eresia, la “psichicità” delcorpo, sarebbe forse stata troppo anche per un lottatore come lui.Noi pure abbiamo sposato questa tesi quando abbiamo scritto14:avesse Freud disquisito sulla sessualità restando con chi si accon-tentava di occuparsi dell’anima, i medici dei pazzi, i mistici, i poe-ti – i saltimbanchi insomma, che com’è noto non devono essereseppelliti in terra consacrata – la dottrina psicoanalitica non sareb-be apparsa lo scandalo che fu. Ma parlare da uomo di scienza edattribuire ad un “ineffabile” il potere di tirare i fili della materiaconcreta, questo non poteva che irrigidire la scienza medica.

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Sarebbe davvero stato così aspro lo scontro? In noi questa con-vinzione si è attenuata. Come abbiamo visto, una medicina spe-cialistica vera e propria sorse nel periodo interbellico del secoloscorso. È la medicina specialistica a instillare il convincimentoche una malattia è processo morboso di un organo e dei tessuti lo-cali, anziché un’alterazione patologica dell’insieme organismico.Sino alla fine del XIX secolo i medici non pensavano in questitermini. Nel 1846 Walshe15 scriveva:

Sebbene la supposta influenza dell’inquietudine mentale non

sia mai stata fatta oggetto di dimostrazione, sarebbe vano negare

che è frequente osservare fatti molto convincenti rispetto al ruo-

lo della mente nell’insorgere di questa malattia [il cancro]. Io

stesso mi sono imbattuto in casi nei quali la connessione appari-

va così chiara e decisiva che dubitare della sua realtà sarebbe

sembrata una lotta contro la ragione

E James Paget15 gli faceva eco (1870):

Sono così frequenti i casi in cui l’ansia, una speranza frustra-

ta o una delusione sono rapidamente seguiti da una crescita o dal-

la comparsa di un cancro, che non si può dubitare del fatto che la

depressione mentale sia una pesante concausa aggiunta ad altre

che favorisce lo sviluppo di una neoplasia (cfr. il caso clinico il-

lustrato a p. 34)

Vogliamo notare che si tratta degli anni in cui nasce la prestigio-sa rivista Lancet, i suddetti medici cominciano a usare un linguag-gio scientifico e Paget era un grande ricercatore, il cui nome rimar-rà legato al cancro del seno con lesioni eczematoidi del capezzolo.Non era dunque una medicina minore quella che avrebbe avuto lecategorie mentali per ascoltare Freud. Ma egli non azzardò.

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Oggi siamo convinti che non azzardò perché il mito dellascientificità era in lui piuttosto che rappresentare un rischio di po-lemica in seno alla comunità dei medici. Freud si sentiva uno deivalorosi uomini di scienza attraverso i quali la medicina del suotempo stava facendo grandi passi avanti, come Wirchow, comePasteur, Koch, e teneva molto a questo prestigio. Anzi, vista daisuoi occhi, la psicoanalisi rappresentava proprio lo sforzo merito-rio di rendere scientifico un approccio alla psiche che doveva es-sere sottratto alle mani dei ciarlatani. Non per nulla Fenichel16, unallievo della prim’ora, poteva scrivere:

Le scienze naturali sorsero e progredirono attraverso uno svi-

luppo graduale in cui il pensiero scientifico prevale su quello ma-

gico […] La psicoanalisi rappresenta in questa lotta un passo de-

finitivo verso la realizzazione di una psicologia scientifica.

E poi era nel suo stile che, nell’immensa mole dei suoi scritti,accanto agli argomenti definiti, fossero mantenute parti proble-matiche, soluzioni ancora aperte. Dopotutto Ortega y Gasset17 os-serva che questo è il vero indizio di scientificità:

La medicina non è una scienza […] Essa si rivolge alla scien-

za per sfruttare tutti quei risultati che le sembrano utili, ma lascia

cadere tutto il resto. E lascia cadere in particolare ciò che è più

caratteristico della scienza: l’esercizio del dubbio e l’approccio

problematico.

Non comprese Freud che non era più il tempo delle scienzesaldamente ancorate ai nostri sensi “euclidei”. Una schiera di gi-ganti, tra cui lui era il primo, con Einstein, Poincaré, Schrödinger,Bohr, Heisemberg avrebbero presto segnato la transizione assaicritica tra due immagini del mondo: dalla concezione classica, so-

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lida, realistica, a quella inquietante, contraddittoria, non omolo-gabile all’esperienza sensoriale propria delle nuove acquisizioni.

I decenni che seguirono furono caratterizzati da un andamentoimprevedibile delle vicende della psicosomatica. Da un lato l’iste-ria da conversione andò diminuendo la sua incidenza fino a scom-parire quasi del tutto nell’epoca contemporanea. Nel mondo attua-le che, almeno superficialmente, concede assai più alla soddisfa-zione del piacere ma assai meno alle relazioni maturative, un ine-vitabile processo di patomorfosi ha fatto sì che l’isteria classicanon sia quasi più reperibile. Verosimilmente ciò dipende dal fattoche il corpo dell’isterica all’epoca di Freud era compresso entro lecamicie di forza di gonne lunghe, plissettature sui décolletés delcorpetto che finivano in gorgierine, colori scuri, capelli raccolti,movenze composte; esso non ha nulla a che vedere col corpo deinostri tempi a è stato concesso ogni eccesso dai corpi enfatizzatima vuoti di Sorrentino fino alla franca patologia (corpo aggredito,corpo manipolato, corpo narcisisticamente esibito). Questo cam-biamento ha sparigliato i vecchi modelli e indotto un ripensamen-to teorico-clinico che merita qualche commento.

A farsi assai rara è stata soprattutto la presenza di un’area cor-porea che fa da rappresentazione in chiave simbolica. L’istericoviene oggi individuato sulla base di alcuni elementi sintomatici ecomportamentali presenti nella maggior parte dei pazienti conquesta stigmata: (a) un’insistente pressione all’interno della co-municazione di fantasie sessuali genitali o pre-genitali (soprattut-to orali e falliche), che possono essere consce o inconsce: dettefantasie sono enfatizzate e frequentemente colpevolizzate; (b)l’erotizzazone della parola così come di ogni altro linguaggio esi-bizionistico e seduttivo; (c) corrispondentemente, una potentissi-ma attitudine proiettiva con intensi fenomeni transferali/contro-transferali di gestione spesso assai impegnativa da parte dell’in-terlocutore/terapeuta. I primi due punti sono vissuti con un ric-

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chissimo investimento del corpo che, tutto insieme, pare aver pre-so il posto dell’organo di conversione. Ma è chiaro che così ilprofilo della malattia è meno precisabile.

Alcuni studiosi hanno rimesso in questione l’intera diagnosi diisteria. Brenman per esempio ravvisa nella sindrome dell’istericauna difesa contro un nucleo psicotico nascosto18. Egli sostieneche, tramite l’arruolamento seduttivo, in questi pazienti la partefunzionante della personalità sarebbe perennemente impegnata afar apparire una normale capacità di rapporti con gli oggetti del-la realtà esterna per evitare, attraverso il diniego psicotico, un’in-combente catastrofe psichica.

Se intesa in senso ultimativo l’ipotesi di Brenman non ci sem-bra condivisibile. Vien da chiedersi se le costruzioni psichiche dalui descritte conducano, come egli asserisce, a un’isteria sma-scherata nella sua realtà profonda di psicosi oppure piuttosto al-l’osservazione di alcuni comuni psicotici i quali sono organizza-

ti come isterici.Nel maggio-giugno del 1961 Sami-Ali19 pubblicava sulla Re-

vue Française de Psychanalise l’interessante caso di Agnese.

La prima cosa che ci vien detta è che essa è in preda a un sen-

so di follia incombente e che vive impulsi distruttivi di gettarsi

nel vuoto […] Compare presto la scena primaria evocata nel-

l’analisi. Ad otto anni, in una notte di tempesta, Agnese si rifugia

nel letto dei genitori. Là, trattenendo il respiro, sente suo padre

sputare e sua madre che dice freddamente “Sbrigati!” […] Agne-

se vuole a qualunque costo “essere in transfert positivo per il

buon esito del trattamento”. Comincia ad immaginare uno stato

in cui sarà riempita da davanti e da dietro, “poiché l’ano è un

vuoto che reclama un pieno” […] Durante una seduta in cui ode

dietro di sé un leggero rumore di strofinamento si agita: “Ho vo-

glia di gridarle di fermarsi e insieme di continuare […] Sento che

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lei fa l’amore con una donna” […] In sogno [lei stessa] fa l’amo-

re con una donna e non si imbarazza della presenza di una ragaz-

zina che ha un pene della taglia di quello di un toro. Lei che so-

gna è simultaneamente il padre che possiede il pene, la bambina

che guarda e la madre che gode […] In un altro sogno essa vede

la madre subire un’intubazione gastrica e si allontana con un for-

te senso di nausea. Se per un verso questo materiale rimanda

semplicemente alla fellatio, l’associazione di Agnese è anche con

l’ingozzarsi delle oche in campagna e con la morte di una di es-

se, quando, per sbaglio, il padre le infilò l’imbuto nella trachea

invece che nell’esofago […] Ed ecco comparire in un sogno im-

portante un oggetto fantastico carico d’angoscia, un animale col

becco, la “gousse africana” [il termine “gousse” significa lette-

ralmente “spicchio d’aglio” ma il suono in francese vale per “le-

sbica”] […] “La “gousse africana” è sicuramente il pene di mio

padre che avrò desiderato di vedere” afferma Agnese. Ma sicco-

me gousse significa anche lesbica si ha a che fare con un ogget-

to maschile e femminile, ambivalente […]. Ancora in un sogno

ha l’impressione di “un uccello di morte che plana in cerchi sem-

pre più vicini, uno sparviero che cerca una preda. È sicuramente

mia madre, che vuole divorare il mio sesso perché io non possa

più desiderare mio padre”. Ma se l’uccello predatore diventa il

padre: “Io voglio essere morsa nel sesso con grande desiderio, fin

dentro la pancia” […] Viene riferito senza specificazioni che

Agnese ha a questo punto un “attacco di anoressia mentale”.

La continua aggressione che Agnese subisce da un mondo in-terno stralunato, e da un mondo esterno percepito sempre sul con-fine dell’allucinazione, fa del suo stato una condizione chiara-mente psicotica; e difatti l’autore presenta il caso come un contri-buto allo studio della depersonalizzazione. Vogliamo tuttavia sot-tolineare come la paziente ottemperi ai punti (a) e (b) che abbia-mo sopra citato; purtroppo nulla è possibile dire sul punto (c)

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giacché Sami-Ali (sorprendentemente!) non riporta alcunché cir-ca il controtransfert. Ma ci pare di indovinarlo dato che questomondo interiore improntato all’angoscia di una perversa senso-rialità, fantasticata a livello di tutte le parti corporee, è sottilmen-te disturbante persino per il lettore.

Vogliamo ora compiere una scorsa sul resoconto clinico di unaltro caso, la paziente che chiameremo X.

X è definita come una ragazza lunatica incline alle fantasie, al

sognare ad occhi aperti, nella quale a tali rapsodiche emozioni in-

teriori non fa riscontro un’inclinazione verso la realtà. Essa deve

affrontare la morte del padre […] La patologia corporea è abbon-

dante: tosse, strabismo convergente, paresi delle masse muscola-

ri. Per la paresi dei muscoli anteriori del collo alla fine la testa

può essere mossa solo se la paziente la preme all’indietro fra le

spalle alzate con un movimento di tutto il dorso. X soffre anche

di anopsia concentrica […] in un passo del resoconto balena un

accenno a un disturbo somatico più profondo quale l’anoressia

(“la ripugnanza per il cibo peggiorò”). Violente le tempeste neu-

rovegetative con i relativi affetti disforici (attrazione, paura, re-

pulsione, angoscia), le disfasie i paralinguismi di stampo media-

nico […] La paziente manifesta un alter ego “cattivo” ed allora

impreca, scaglia gli oggetti contro le persone, strappa loro i bot-

toni; oppure invece torna disponibile, allegra, collaborativa.

Concomitano distorsioni senso-percettive ed agiti sonnambolici:

“il suo riportarsi all’anno decorso aveva un’intensità tale da far-

le allucinare, nella nuova abitazione, la sua stanza di una volta, e

quando voleva andare alla porta urtava con forza contro la stufa,

che, rispetto alla finestra, occupava la stessa posizione della por-

ta nella stanza del vecchio appartamento”. X allucina, corre via,

tenta di salire su un albero e così via […] ha l’impressione di ve-

dersi crollare addosso una parete, incontra figure terrorizzanti,

teschi e scheletri. In una certa fase della sua storia sviluppa im-

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pulsi al suicidio “che fecero apparire sconsigliabile la dimora a

un terzo piano”. Tra le visioni ve n’è una, quella dei serpenti, che

mi pare rivesta un interesse particolare. L’allucinazione non è

esterna ma è pensata nel corpo: “serpenti neri, che tali le appari-

vano i propri capelli” e, più oltre, “il suo braccio destro, penden-

do dallo schienale della sedia, si era addormentato, era diventato

anestetico e paretico, e nell’osservarlo le dita si trasformano in

serpenti neri con tanti teschi”.

Anche questo caso, pur diverso da quello di Agnese, fa pensa-re ad un disturbo molto profondo della personalità. Le due donnecondividono per altro la massiccia proiezione del mondo interio-re sulla realtà, la paura di impazzire, le tendenze suicidarie ed ilcomparire di periodi che sembrerebbero di anoressia. Potremmoriconoscerle come due psicotiche. Rispetto alla sindrome isterica,X non esibisce un’insistente comunicazione di fantasie sessuali,genitali o pregenitali ma ciò sembra dovuto al fatto che il conte-sto socio-culturale non lo avrebbe consentito. Infatti avrete tuttiriconosciuto in X nient’altri che Berta Pappenheim, ovvero AnnaO., la più famosa delle isteriche degli Studi, curata da Breuer. Eb-bene, come abbiamo detto le allusioni sessuali possono esseremascherate: si pensi alle allucinazioni dei serpenti e a quel chim-

ney sweeping, coniato da Anna per designare la terapia, e che si-gnifica raschiare su e giù con un bastone un canale tubolare.Quanto al terzo elemento sindromico, la manipolazione proietti-va, anche se non vi sono ragguagli nel resoconto, fa fede la storiadei fatti. Breuer interruppe l’analisi e fuggì spaventato del tran-sfert amoroso della sua paziente, rivelando come egli non fosse ingrado di elaborare quella valanga di materiale proiettato.

Ma il riconoscimento dell’isteria di Anna, con i suoi corollari,nulla tolgono al fatto che ci appare come una malata mentale se-ria e non per caso essa dovette infine continuare cure psichiatri-

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che presso Ludwig Binswanger. Così ci si prospetta l’idea chemolti pazienti possono ospitare aree psicotiche (dopotutto posso-no farlo anche i sani!) e che alcuni di loro possono adottare con-tro di esse difese isteriche.

Certo, la citata patomorfosi rende rari i pazienti che presentinoi tratti classici, ossia la presenza di una parte del corpo usata co-me una rappresentazione, ma ciò come s’è detto riguarda menta-lità e comportamenti che si producono nel sociale, e non è un ca-so se l’isteria classica sembra sopravvivere in altre aree geo-cul-turali. A chi vi parla è capitato di assistere ad una celebrazione inonore della Palestina e dei suoi combattenti. Al culmine di unacrescente esaltazione emotiva, le giovani che stavano sul palco-scenico, furono tutte prese da un attacco isterico con effetto do-mino e con una notevole confusione nella sala. Quest’aneddoto ciricorda una cosa alquanto banale che dobbiamo rammentare ac-canto alle sottigliezze teoriche: ridotta in termini semplici l’iste-ria è pur sempre la manifestazione di una reazione femminile al-la soffocazione istintuale patita nelle società patriarcali arcaiche.Ed è lì che ancora la dovremmo andare a cercare.

D’altro canto la medicina scientifica moderna, arricchita neisuoi strumenti tecnologici e farmacologici e tronfia dei suoi suc-cessi, ha effettivamente aumentato i suoi attacchi nei confrontidella psicoanalisi, attacchi ben più velenosi che quelli provenien-ti dalla morale, la quale all’epoca della Vienna fin de siècle pote-va prevedersi come il nemico più pericoloso. Nonostante ciò og-gi il confine tra funzionale ed organico è in gran parte evaporato.Già dagli anni trenta dello scorso secolo alcuni psicoanalisti sot-tolinearono la patogenesi classicamente psicosomatica di sei ma-lattie che pure hanno un concreto substrato anatomopatologico:l’ulcera peptica, l’asma bronchiale, l’ipertensione essenziale, latireotossicosi, la colite ulcerosa, l’artrite reumatoide nonché ilgruppo delle dermatiti atopiche e delle neurodermiti. A dispetto

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dei nemici delle interpretazioni psicogene, l’arruolamento neiquadri psicosomatici è continuato man mano che passavano i de-cenni. Tutti i clinici ammettono oggi fattori psichici nell’instau-rarsi di una tireopatia displastica o di una mastopatia fibrocistica.L’anoressia mentale è incontestabilmente un disturbo psichicosottratto da poco più di cinquant’anni alle numerosissime diagno-si errate di morbo di Simmonds; anche in questo caso l’originepsichica concomita con un radicamento dei sintomi nel corpo enell’equilibrio ormonale della donna. Sono in qualche misura psi-cosomatici un terzo dei disturbi ginecologici e probabilmente dueterzi dei quadri clinici dermatologici, dal lichen agli eczemi, allapsoriasi.

Con il 1938, l’anno del Compendio, si chiude un’epoca ed ilmondo sprofonda nella catastrofe del secondo conflitto mondia-le. Il periodo del dopoguerra vede nascere una quantità di nuovimodelli di pensiero; dopo la cerniera rappresentata da MelanieKlein (1882-1960) la psicoanalisi risorge con le opere di Winni-cott, di Gaddini, di Bion, di Rosenfeld, di Green e molti altri. Ildibattito sulla psicosomatica è in buona salute (de M’Uzan, Mar-ty, McDougall). Si pensa che parte del linguaggio della mente vi-ve immerso nel corpo, quest’ultimo diventa una sorta di protesidi pensieri non pensati. Prevale l’idea che la manifestazione psi-cosomatica sia legata ad un fallimento della vita emotiva piutto-sto che a una sua vivacità e portavoce di questa posizione si fasoprattutto la scuola francese (vedi il contributo di Roberta DiLascio).

Campione di questa anemotività, di questa vita fantasmago-rica spenta, è l’alessitimico che si colloca agli esatti antipodidell’isterico contemporaneo il quale investe tutto il corpo; unoè il nadir, l’altro lo zenit rispetto a tale carica di energia corpo-reizzata.

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Sul versante della medicina generale, come si è appena accen-nato, sempre più numerosi sono i quadri patologici che fanno con-getturare ai clinici l’influenza della psiche nell’insorgenza e nel de-corso dello stato morboso. Di più, sono ora gli stessi pazienti cheattirano l’attenzione dei medici sull’importanza dei loro problemiin questo campo e sull’urgenza di trovare soluzioni le quali tenga-no conto dell’integrazione di queste due realtà. Il riferimento alpensiero di Freud come modello unico si appanna. Non che eglinon rimanga l’inventore, l’innovatore e l’ipse dixit della psicoana-lisi. Ma la congerie di pubblicazioni che si rovesciano sui lettoricon intendimenti rinnovati apre una sensibilità a nuovi problemi.

Con gli apporti di Anna Freud, ma soprattutto di MelanieKlein, si sviluppa la psicoanalisi infantile. Il tema dominante è ilsuperamento della fase edipica e la ricerca più indietro, semprepiù indietro. Il confine dell’apparire di meccanismi psichici nonviene mai trovato, neppure con la stessa nascita fisica. Non solosi indaga la permeabilità psicologica nella vita fetale, ma comun-que nascendo cadiamo in un campo di forze che spesso fa inizia-re la nostra vita entro una cospirazione inconscia dell’ambientee/o dei genitori (la madre “morta”20 per esempio, o la madre as-sassina)21 volta ad incatenarci a un certo destino.

Con sfumature diverse molti degli autori moderni che si so-no occupati di psicosomatica hanno ricostruito l’embriologiadella mente, o più precisamente di quel che è lo svilupparsi del-lo pischesoma. La mente si desta pian piano nel bozzolo del cor-po. Una siffatta concezione fa coincidere la crescita psichicacon la crescita neurobiologica del sistema nervoso e delle suefunzioni, che sono legate alla fase di sviluppo dell’infante. Iproblemi coincidono con l’intervenire di ferite durante il pri-missimo periodo di armonizzazione della mente-corpo e conti-nuano durante tutta l’infanzia con conseguenze assai gravi pereffetto di insulti traumatici e/o deprivativi a cominciare dall’età

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precedente alla dentizione in cui si postulerebbe un’incapacitàdi simbolizzazione. Esistono comunque orientamenti di pensie-ro che considerano la simbolizzazione come universalmenteconnaturata alla materia biologica ed altri che ipotizzano unfantasma organizzatore inconscio, ordinatore di un sistema cheè a tutti gli effetti simbolico e mitopoietico in rapporto all’ap-partenenza ad una data stirpe genealogica.

Di questa psicopatologia degli anni post-bellici due sono i co-rollari. Innanzitutto tramonta definitivamente l’idea che la fru-strazione del piacere proibito sia il fattore patogeno per eccellen-za, essendo questo sostituito da ben più devastanti vissuti di an-goscia, paura, perdita. In secondo luogo, in analogia con le tema-tiche trans-generazionali, si cercano più o meno esplicitamente ilineamenti di un nuovo inconscio, più profondo di quello rimos-so, che verrà designato con vari nomi: originario, protomentaleecc. Il succo è comunque che i contenuti di quest’inconscio nonpossono venire pensati/ricordati/espressi-in-parole e che dunquesiano gestiti principalmente mediante dinamiche proiettive omesse in atto. Fu la Klein ad introdurre il concetto di identifica-zione proiettiva che rimane la più grande novità teorico-terapeu-tica della psicoanalisi post-freudiana. Concepita da lei all’iniziocome una fantasia onnipotente del bambino, nei successivi auto-ri diventerà un fenomeno ben reale di trasferimento di complessiideo-affettivi da mente a mente. Scrive Thomas Ogden:22

L’identificazione proiettiva non è un concetto meta-psicologi-

co. I fenomeni che essa descrive esistono nel regno dei pensieri,

dei sentimenti e del comportamento, non [corsivo nel testo] nel

regno delle ipotesi astratte sull’attività della mente. Che si usi o

non si usi questo termine, che si sia consci o no del significato

del concetto di identificazione proiettiva, nella clinica di fatto ci

imbattiamo continuamente nei fenomeni che esso descrive.

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