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Franco Giacobini Angela Goodwin Come far parlare la Bibbia Ipotesi di un Laboratorio della Parola SOCIETÀ BIBLICA BRITANNICA & FORESTIERA

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Franco GiacobiniAngela Goodwin

Come far parlare la Bibbia

Ipotesi di un Laboratorio della Parola

SOCIETÀ BIBLICA BRITANNICA & FORESTIERA

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Franco GiacobiniAngela Goodwin

Come far parlare la Bibbia

Ipotesi di un Laboratorio della Parola

Società Biblica Britannica & Forestiera

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CONFEZIONE DIRE LA PAROLA

ISBN 88-237-8025-X

© copyright 1996 SOCIETÀ BIBLICA BRITANNICA & FORESTIERA

Via Quattro Novembre 107, 00187 RomaProprietà letteraria riservata

I testi biblici sono tratti prevalentemente da Parola del Signore. La Bibbia.Traduzione interconfessionale in lingua corrente,LDC~ABU, 1985.

Le foto di Gassman sono di Diletta D’Andrea.Le foto di Franco Giacobini e Angela Goodwin sono dello Studio Dario Tassa.

Le musiche contenute nella registrazione Un racconto di Vittorio Gassman sono di Roberto Musto.Tecnici del suono:Giacomo De Caterini e Roberta Bistocchi.

Riproduzione delle cassette e confezionamentoDurema srl, Milano

Ufficio stampaTiziana Donat Cattin

Progetto e realizzazione grafica dei volumetti:Typo di Alessandro Bramucci.

Finito di stampare nel maggio 1996dalla tipolitografia Bellastampa di Stefano Perelli, Roma

Questo volume fa parte della confezione Dire la Parola e non è vendibile separatamente.

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Sommario

Prima di tutto... 9Presentazione 11

I. PREMESSA

1. Come è nata l’idea 152. Un’esperienza parallela 203. Come usare questo libro 23

II. LAVORO SU SE STESSI

1. Voce e parola [respirazione • modulazione del suono] 272. L’immaginazione [se • circostanze date] 39

III. LAVORO SUL TESTO

1. Analisi del testo 512. Sottotesto 563. Memoria emotiva 70

IV. «LECTIO DIVINA»

1. Il significato letterale. La «collatio» 872. L’approfondimento del senso. La «ruminatio» e la «meditatio» 913. Verso la preghiera e la contemplazione. La «contemplatio» 94

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V. CONCLUSIONE

Una lezione di Alonso Schökel 97Un saluto al lettore 101

APPENDICE

1. Preghiera dell’attore 1052. Una scena da «Troppo vera per essere buona»

di George Bernard Shaw 1073. Articolo dal «Popolo» del 3 marzo1982 1154. Programma del Laboratorio della Parola

presso il Collegio di S. Isidoro (1985/86) 1195. Invito per il Laboratorio della Parola

presso la Comunità Valdese di piazza Cavour (1992) 123

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Figlio mio, sta’ attento a un’altra cosa:non si finisce mai di scrivere libri...

[Qoelet 12, 12]

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Prima di tutto...

Angela Goodwin e Franco Giacobini devono informare il lettore che, di quan-to leggerà nelle pagine che seguono, di veramente «loro» c’è assai poco. L’ini-ziativa è dell’editore Valdo Bertalot, le idee sono dei Padri della Chiesa e di Sta-nislavskij. Quanto poi al linguaggio, molto è dovuto alla revisione di CarlaFrova, Roberto Musto e Mara La Posta. Grazie a Vittorio Gassman per il suoalto contributo, a Luis Alonso Schökel, a Innocenzo Gargano, a Rosanna Co-stantini, a Franca Long, a Maria Bonafede. E già da ora un’infinita riconoscen-za a chi di voi ci aiuterà a migliorare le prossime edizioni.

E soprattutto siamo grati allo Spirito Santo che soffierà su tutti noi, per-ché la Parola di Dio si possa comunicare sempre e ovunque restino anche duesoli uomini sulla terra.

Angela e Franco

COME FAR PARLARE LA BIBBIA

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Presentazione

La motivazione alla base di questa iniziativa è la gioia di riuscire, attraverso la-propria voce, a far parlare la Parola di Dio. Gli attori Franco Giacobini e An-gela Goodwin descrivono come gioiosamente si può dire, narrare la Bibbia al-la luce della loro lunga esperienza professionale e della loro coraggiosa e ca-parbia iniziativa di leggere la Bibbia, soprattutto il Vangelo di Marco, ovunquenel nostro paese da oltre dodici anni.

La semplicità, la competenza, la coerenza e la ricchezza dei loro suggeri-menti, sia scritti in questo volume sia esposti nelle due audiocassette contenutenella confezione Dire la Parola, rivelano il loro impegno, continuo negli anni,vissuto con gioie e dolori, speranza e sofferenza, per comunicare sempre me-glio la Parola di Dio tramite lo strumento della voce.

La Società Biblica Britannica & Forestiera desidera ringraziare FrancoGiacobini e Angela Goodwin per questo prezioso e continuo lavoro di comu-nicazione biblica, un caso unico per la sua costanza nel panorama culturale eteatrale italiano.

La peculiarità di questa esperienza ha motivato la Società Biblica a chie-dere a Franco Giacobini e Angela Goodwin di raccontare come si fa a farparlare la Bibbia per condividere questa gioia con quanti altri sono deside-rosi di narrare la Parola.

Grazie alla loro generosa disponibilità, presentiamo questo volume e leaudiocassette che lo accompagnano.

Vittorio Gassman, inoltre, ha accolto l’invito di Franco Giacobini e An-gela Goodwin di contribuire a questa iniziativa e nel suo Un racconto espone,evoca ed esemplifica gli elementi principali dell’arte del dire ~ arte che egliesprime e onora con grande professionalità da oltre cinquant’anni ~ leggendobrani della Bibbia e testi di poesia.

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Nello spirito di questa iniziativa di condividere tale esperienza comuni-cativa, invito tutti coloro che lo desiderano a segnalare la presenza di «Labora-tori della Parola», già esistenti o che stanno per nascere, a Franco Giacobini eAngela Goodwin, inviando alla Società Biblica le loro indicazioni.

A nome della Società Biblica ringrazio vivamente tutti coloro che han-no collaborato a realizzare questa iniziativa e, insieme a loro, esprimo l’augu-rio che il nostro fare aiuti molti a dire la Parola con gioia.

Valdo Bertalot

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I. PREMESSA

TITOLO PARTE

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1. Come è nata l’idea

Da anni si avverte un certo malessere, un disagio sottaciuto, nel culto delle co-munità cristiane: sia chi comunica sia chi ascolta non è in grado di farlo sem-pre in modo efficace. Questa realtà sconcertante, nella liturgia cattolica e nelculto evangelico della domenica, è un problema complesso. Le rare volte che siè voluto affrontare la delicata questione è emerso un dato allarmante. Nel 1977i salesiani di Torino, e nel 1986 un gruppo di catechisti a Roma, hanno svoltoun’inchiesta.All’uscita dalle varie Messe della Domenica, veniva posta ai fede-li una sola domanda: «Scusi, che cosa diceva il Vangelo, oggi?». L’89 per centonon ricordava nulla.

Accettare l’invito dell’editore Valdo Bertalot di raccogliere in poche car-telle l’esperienza di due anni del «Laboratorio della Parola»,1 presso la comu-nità Valdese di Piazza Cavour a Roma, significava assecondare la mia tenden-za a buttarmi in avventure impossibili. Anche salire su un palcoscenico e leg-gere per due ore, senza intervallo, tutto intero un Vangelo, appariva impresa as-surda e soprattutto velleitaria. Era la prima volta, dopo trent’anni di lavoro nelteatro, nel cinema, alla televisione e alla radio, che sceglievo io il testo. Da quelmomento magico ho cominciato ad amare la Bibbia, che poi è diventata unabella trappola dalla quale non uscirò più. Poter utilizzare il mestiere dell’atto-re, cioè la tecnica della parola per dire ciò che penso e ciò in cui credo, è statoper me come rinascere, uscire dalla prigione del mestiere, sentendomi utile ein armonia con quel desiderio di fede che non mi ha mai lasciato. Mi sciolsi daun contratto due mesi prima della sua scadenza perché saturo, ormai, del bla-bla in cui ero vissuto per trent’anni. Mi ritrovai accomunato dalla stessa ricer-ca spirituale con altri attori tra cui si inserì il commediografo cattolico Diego

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1Appendice 5.

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Fabbri. Nacque Al Dio Ignoto, documento teatrale testimone della svolta di uo-mini e donne che, ad un certo punto del loro mestiere, ridanno alla loro paro-la la forza della Parola.

L’avventura del Vangelo di Marco è cominciata il 18 gennaio 1981 al Tea-tro Giulio Cesare di Roma. È grazie a quella esperienza diretta che ho scoper-to il fascino, il magnetismo di quelle parole: esse hanno una loro forza, una lo-ro autonomia che si trasmette a dispetto delle carenze e della inadeguatezza dichi le ripete. Centomila ascoltatori in trecentocinquantasei serate di Marco,nella traduzione interconfessionale in lingua corrente, e centocinquantaduerepliche di un Collage della Bibbia a tre voci con Angela Goodwin e AndreaBosic. Le due operazioni hanno toccato moltissime città italiane. Nel carcere diPiacenza fui molto sorpreso quando, terminata la lettura del Vangelo nel re-parto maschile, una commissione del reparto femminile chiese al Direttoreche venisse eseguita anche per loro. Le quattro ore più belle della mia vita.

Al teatro Gustavo Modena di Trento, un’ora prima della lettura, mi di-cono che alla stessa ora del Vangelo di Marco c’è, in televisione, la partita di cal-cio Roma-Liverpool, finale della coppa dei Campioni... «Quattro mesi fa nonpotevamo prevederlo» dicevano. Ma alle venti e trenta il teatro era tutto esau-rito con ottanta persone in piedi ai lati della sala e altre rimandate indietro.

Una sera, al teatro Giulio Cesare di Roma, per la prima volta, le 1500 pol-trone erano tutte vuote. Uscivo avvilito quando vidi entrare due suore. Raggian-te, vado loro incontro: «Accomodatevi, avete da scegliere tra 1500 poltrone.Vimanda la Provvidenza!». «Noi siamo suore della Provvidenza». Erano due stu-diose del Vangelo di Marco che andavano a teatro per la prima volta; avevanopreso tre mezzi. È difficile dimenticare la gioia provata nel vedere due suorinein quella enorme platea vuota.

Quando invece c’è un apparato organizzativo, tutto cambia. Al teatroValdocco di Torino gestito dai coeditori dell’Alleanza Biblica Universale, i Sa-lesiani della LDC, dei quali leggevo la traduzione interconfessionale in linguacorrente, ho toccato il massimo delle presenze in una sera: 750 persone. Ave-vano distribuito quindicimila volantini. La serata era esaltante. Ma ancora piùesaltante fu quando eseguii la lettura per una sola persona. Proposi infatti alla

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Badessa del convento di clausura delle suore camaldolesi di far rompere il si-lenzio, che durava da 42 anni, a Suor Nazarena con le 14.541 parole di Marco.Io stavo dietro la porta socchiusa della sua stanza mentre lei ascoltava dall’al-tra parte. Le lacrime mi scendevano incontrollate durante le due ore della let-tura: non mi era mai successo prima e non ho mai capito il perché. L’unica ipo-tesi è che per la prima volta ho ascoltato anch’io veramente quelle parole: for-se è stata proprio lei ad aprire le mie orecchie. La presenza di Suor Nazarenaemanava una tale purezza che turbava il mio inconscio: vedevo davanti a metutta la mia vita, i miei tradimenti, la mia situazione di peccato; mi ha fatto ildono delle lacrime. Di quelle due ore non ricordo altro. Quella commozioneriemerge di tanto in tanto, quando leggo il Vangelo di Marco. La «memoriaemotiva» è qualcosa di simile, ma ne accenneremo più avanti.

Ho sperato che altri continuassero questa operazione, facessero a lorovolta «parlare» la Sacra Scrittura e, dopo quindici anni, nell’estate del 1995,quattro attori hanno finalmente letto a Prato i quattro Vangeli nel testo integra-le. Diventerà un documento televisivo unico che mi auguro riesca a contagiarealtri giovani. Accanto alle letture, il laboratorio. Il primo risale al 1985;2 era na-to di ritorno da un viaggio in Israele. Leggere Marco sul Monte Tabor a qua-rantacinque giovani catechisti romani e i passi del Vangelo negli stessi luoghidove aveva parlato Gesù è un’emozione che ti resta dentro le ossa. Alla fine delviaggio alcuni dei ragazzi mi chiesero di aiutarli a migliorare le loro letture del-la domenica, in chiesa. Nonostante fossi totalmente privo di capacità didatti-che, con i giovani mi salvavo sempre, perché li coinvolgevo col mio amore perla Parola di Cristo. La preghiera dell’attore,3 scritta da me in un momento deci-sivo della mia vita, esprime questo mio amore che vorrei fosse ancora oggi ilmotore e il senso di ogni mio lavoro e anche di questo al quale mi accingo.

Nel cammino di tutti, anche dei più distratti, c’è spesso la sensazione discoprire delle «sottotracce», percepire dei «segni». Infatti, per l’esame di am-missione all’Accademia d’arte drammatica, avevo portato una scena di Geor-

COME È NATA L’IDEA

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2Appendice 4.3Appendice 1.

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ge Bernard Shaw:4 un sergente di Sua Maestà britannica che ama e scopre laverità della Bibbia. Un’altra sincronicità che Jung definirebbe «acasuale» ful’aiuto di Vittorio Gassman,5 che un giorno mi disse: «Franco, viene gente ateatro? Se vuoi ti regalo un mio lunedì di riposo e vengo a recitare il Paradisoprima della tua lettura». I giornali scoprirono così che, per la prima volta, in unteatro romano, insieme a Shakespeare, Pirandello e Molière c’era anche il Van-gelo di Marco. Ritrovarmi oggi con Gassman sotto lo stesso tetto della SocietàBiblica Britannica & Forestiera [SBBF] non è certamente un caso.

Nei versetti 10 e 11 del capitolo 55 di Isaia c’è la sintesi più luminosa dicome l’intervento di Dio sulla terra, sul destino dell’uomo, rinnovi il dono del-la vita. Isaia ci dà la misura della potenza della Parola di Dio che trasforma ra-dicalmente il senso del nostro esistere. In quei pochi versi riusciamo a sentirecome questa Parola diventi presenza dello Spirito. Nel quotidiano si perdespesso il valore di questo veicolo divino che è la Parola delle Sacre Scritture.Ritrovarlo è un obiettivo difficile ma possibile, lo vedremo.

All’università di Udine, alcuni anni fa, dopo la lettura del Collage dellaBibbia che include alcuni brani dell’Antico e del Nuovo Testamento, il VescovoBattisti, alla presenza di un centinaio di studenti disse con entusiasmo: «È laprima volta che ho goduto la bellezza e la tensione drammatica di testi cono-sciuti da sempre. Perché in seminario non ci insegnano l’uso della Parola?».Ho incontrato molti parroci, nel mio peregrinare, che sentivano la stessa ne-cessità, colpiti dal silenzio tesissimo durante le due ore della lettura del Marco.

Questo «libro parlante» vuole essere un primo passo per affrontare lavastità del problema, e il suo obiettivo è aiutare a recuperare il senso delle pa-role attraverso l’armonia della loro vibrazione sonora. Il metodo di Stanislav-skij, a questo proposito, diventa un riferimento fondamentale. L’accostamentodel libro di Stanislavskij Il lavoro dell’attore 6 con le letture della Bibbia in chie-sa potrà sembrare un anacronismo, ma vi renderete conto di quanto quelle

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4Appendice 2 (la scena è registrata al termine della cassetta).5Appendice 3.6K. STANISLAVSKIJ, Il lavoro dell'attore, Laterza, Bari 1968, 19752.

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quattro o cinque regolette, rubate di sana pianta dal testo del grande maestrorusso, siano un felice incontro per il lettore privo di una base tecnica. Ne sco-priremo la sorprendente funzionalità quando tenteremo insieme di applicarepraticamente gli esercizi. Per i più giovani, Stanislavskij, contemporaneo diCecov, è forse sconosciuto, ma tutti conosciamo Marlon Brando, Dustin Hoff-man, Paul Newman, Robert De Niro. Tutti vengono dalla scuola dell’Actors’Studio di New York, dove il processo di identificazione con il testo da interpre-tare ha la radice nel metodo di Stanislavskij. Nelle applicazioni pratiche cheesemplificheremo sul nastro tenteremo, se pure a livello divulgativo e schema-tico, di dimostrare come un altro elemento indispensabile per la nostra ricer-ca sia la Lectio Divina, un antico insegnamento dei Padri della Chiesa. La col-latio, la ruminatio, la meditatio, la contemplatio fanno parte della frequentazio-ne quotidiana della Sacra Scrittura, necessaria per tutti coloro che nel cultodomenicale comunicano all’assemblea la Parola di Dio.

Parlando degli attori Albert Camus diceva: «Tronconi umani che espri-mono grandezza». A noi comunicatori della Sacra Scrittura il compito di pre-parare lo «strumento» perché questo, grazie allo Spirito Santo, possa avvenire.

Questi primi rudimenti per l’uso della Parola nella liturgia o nel cultopotrebbero accendere piccoli focolai dando vita a tanti «Laboratori della Pa-rola». Il lavoro che vi proponiamo, una lotta contro i limiti della nostra fisicitàper il servizio della domenica, dovrà accompagnarci dal lunedì al sabato. Eze-chiele, nei versetti 1-14 del capitolo 37, ci ha chiarito meglio di ogni altro ilsenso del nostro lavoro.

Franco Giacobini

COME È NATA L’IDEA

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2. Un’esperienza parallela

Conobbi Franco Giacobini per la traduzione dall’inglese di un libro di spiri-tualità indiana che richiedeva almeno una conoscenza superficiale della filo-sofia orientale che io avevo acquisita attraverso la lettura di testi.

Mentre Franco Giacobini portava in tutta Italia la lettura di Marco, ed iostessa partecipavo con lui alle letture bibliche e ai «Laboratori della Parola»,ebbi occasione di fare un’esperienza molto diversa, ma in qualche modo pa-rallela. In seguito a una lettura drammatizzata del Collage della Bibbia esegui-ta alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» di Roma, mifu chiesto di aiutare alcune allieve a mettere in scena uno spettacolo, comeusavano fare ogni anno per una loro ricorrenza. Nonostante abbia una lungaesperienza in questo campo, non avevo mai «messo in scena» alcunché. Hotentennato un po’, ma poiché si trattava solo di aiutarle in un loro progetto, in-fine acconsentii, sia spinta dalla curiosità di vedere delle suore all’opera su unpalcoscenico, sia per mettere me stessa alla prova. Il testo da loro scelto era Unuomo per tutte le stagioni di Robert Bolt, dove tutti i ruoli sono maschili! E arendermi la cosa più interessante era la varietà di pronunce; infatti alcune del-le suore coinvolte provenivano da diverse nazioni, e quelle italiane da svariateregioni. Il loro entusiasmo e la loro disponibilità mi conquistarono e mi acce-sero alla sfida. Con un incontro settimanale (purtroppo facoltativo) di dueore, nell’arco di quattro mesi circa, ottenemmo risultati insperati.

Cominciammo con una lettura informativa del testo per stabilire la di-stribuzione dei ruoli: si evidenziò immediatamente la carenza delle voci, ingran parte timide, asfittiche, o piene ma dure. La voce sembrava non apparte-nere al corpo, la cui rigidità fu causa di non pochi problemi – e non parlo quidi movimenti da fare in scena poiché lo spettacolo era sotto forma di letturadrammatizzata. Appena sottolineai questo aspetto, le suore cominciarono a

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guardarmi perplesse e incredule, sebbene sempre aperte all’ascolto. Pur appar-tenendo ad un Istituto religioso molto avanzato per il tipo di studi e per l’a-pertura alle innovazioni (prevedono tra l’altro anche corsi di ginnastica), essemostravano una marcata riluttanza ad accettare l’uso del corpo per comuni-care. Insegnare loro a respirare ad arte per ottenere voci più robuste, rotonde,armoniose e atte a piegarsi ai toni interpretativi è stato il mio proponimentofondamentale, ma anche il meno riconosciuto nella sua importanza. La voce,infatti, viene prodotta dalla spinta del fiato che a sua volta ha bisogno di mu-scoli addestrati per sostenere le intonazioni necessarie all’interpretazione. Perun lungo periodo fu uno stridìo di vocette perforanti o di miagolii biascicantisillabe ingoiate più che pronunciate.

Anche far capire l’importanza di calarsi nei personaggi, facendo uso delvissuto personale non è stato facile. La riluttanza delle mie «allieve» a imme-desimarsi in personaggi che esprimevano cattiveria, ambiguità, disonestà, ge-losia, infedeltà o addirittura a rivestire i panni del Principe della terra, Satana,sebbene comprensibile, mi diede qualche momento di sconforto. Sarei mai ar-rivata a parlare degli accenti nella frase, dell’uso della pausa leggera o prolun-gata, dei ritmi, del sottotesto? Quell’anno infatti non ci arrivai, ma ottenemmocomunque un risultato: tutte le persone che avevano partecipato all’esperien-za si aprirono alla fine, in misure diverse, all’acquisizione di nuove capacità etecniche. Lo spettacolo risultò molto dignitoso nell’insieme, ma soprattuttodenso di emozioni. Qualche cosa, nella comunicazione, era veramente succes-so. Le ore, anche se poche, dedicate alle esercitazioni e alle prove, e il proposi-to di non cedere a quello che sembrava impossibile, aveva, se non altro, cam-biato il loro modo di porsi di fronte ad una lettura in pubblico; che non è un«leggere correttamente», ma è un «interpretare», affinché la vera comunica-zione avvenga. Non si tratta di curare soltanto la dizione, come vuole il luogocomune, ma di abbandonare le proprie difese e predisporsi, o ancora di più,esporsi perché il senso e l’emozione del testo arrivino. Non ho mai acconsen-tito alla chiusura o all’apertura eccessiva e a volte errata delle vocali «o» ed «e»delle pugliesi, calabresi o milanesi, che, insieme alle pur graziose storpiaturedelle suore africane, spagnole o di altre provenienze, venivano costantemente

UN’ESPERIENZA PARALLELA

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e affettuosamente corrette. I veri problemi erano altrove, e su questi decidem-mo di impostare il lavoro: la sincerità, l’espressione, la capacità di sentire e co-municare emozioni.

Incoraggiate da questa prima prova, abbiamo continuato insieme amettere in scena letture-spettacolo di testi impegnativi: Le notti della Verna diItalo Alighiero Chiusano, Al Dio ignoto di Diego Fabbri, brani dall’Antico eNuovo Testamento, scritti di Simone Weil, scene di argomento biblico o spiri-tuale da Marlowe, MacLeish, Hebbel, Becket, Racine ed altri. Ultimamente, al-le suore si sono uniti laici, ragazzi e ragazze, che frequentano la facoltà.

Intanto, durante i momenti quotidiani di preghiera o i riti religiosi co-munitari, coloro che avevano spontaneamente aderito all’avvenimento annua-le (un numero esiguo rispetto all’intero corpo delle suore ospitate dalla Fa-coltà) introducevano un modo diverso, più espressivo e partecipato, delle let-ture ad alta voce. Proprio per questo motivo ho pensato che la mia esperienza«teatrale» potesse servire come introduzione ad uno scritto destinato alla let-tura liturgica, nella speranza che sempre più numerosi lettori decidano di de-dicare un po’ del loro tempo ai testi sacri, a «come far parlare la Bibbia».

Angela Goodwin

PREMESSA

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3. Come usare questo libro

Il presente lavoro si articola in tre nuclei fondamentali. I primi due sono ispira-ti al libro Il lavoro dell’attore di Stanislavskij. Nel primo, Il lavoro su se stessi, par-leremo del funzionamento dell’apparato vocale e del processo immaginativo.Nel secondo, Il lavoro sul testo, vedremo che cosa fare per rendere viva la paro-la stampata attraverso l’analisi del testo e gli strumenti che consentono l’imme-desimazione nel racconto. Il terzo nucleo consiste nella presentazione semplicee sintetica dell’antico metodo dei Padri della Chiesa: la Lectio Divina. Faremoriferimento al libro di Innocenzo Gargano Iniziazione alla «lectio divina».7

Nel leggere queste pagine, troverete 27 esercizi. Per un’ovvia esigenza diapprendimento è opportuno rispettare l’ordine degli esercizi,ciascuno dei qua-li è contrassegnato da un numero progressivo.

Nelle cassette accluse sono contenute esemplificazioni registrate di cia-scun esercizio, tranne che per i numeri 17, 28, 29 e 30.

Nella registrazione dell’esercizio 24 i brani di I Timoteo 2, 1-7 e Luca 16,1-13 sono erroneamente annunciati come I Timoteo 2, 1-8 e Luca 16, 1-8.

PREMESSA

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7 I. GARGANO, Iniziazione alla «lectio divina», Edizioni Dehoniane, Bologna 1992.

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II. LAVORO SU SE STESSI

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1. Voce e parola

Penso che il «lettore» della Bibbia in Chiesa, o chiunque legga o parli in pub-blico, usando per di più il microfono, raramente si sia posto il problema dellavoce. Se è vero che il suo pensiero, o la comprensione di ciò che legge, sonofondamentali, è anche vero che il mezzo con cui comunica non può essere tra-scurato. Spesso si sentono voci asfittiche, timide, monotone, rigide, che nonriescono a sostenere una frase o a colorire le parole con i sentimenti, le inten-zioni e le emozioni che il brano vuole comunicare.

Alla base dell’uso corretto ed efficace della voce c’è una respirazioneadeguata. Per pochi essa è un dono naturale, ma esercizi appropriati possonomigliorarla. Ne proporrò tre fondamentali che, se eseguiti con costanza, da-ranno risultati certi.

La respirazione

Assicuratevi anzitutto che i muscoli particolarmente coinvolti nella respirazio-ne siano rilassati. Gli organi della respirazione, e quindi della fonazione, sonoil naso, la bocca, la faringe, la laringe, le corde vocali, i polmoni e il diaframma.Eseguite qualche lenta e morbida rotazione delle braccia, delle spalle, della te-sta. Rilassate le labbra, la lingua e le mascelle con qualche movimento adatto(lo sbadiglio o la sua meccanica è ottimo a questo fine).

Provate ad osservare il percorso che l’aria fa nell’inspirazione e nell’e-spirazione, e notate il movimento dei muscoli addominali e della cassa toraci-ca. In posizione eretta, ma non rigida, divaricate i piedi quanto l’ampiezza delbacino ed eseguite i seguenti esercizi.

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RESPIRAZIONE 1� 1.1 Inspirate lentamente e profondamente per il naso, tenendo le mani sui fianchi.� 1.2 Trattenete il fiato a bocca aperta per tre secondi.� 1.3 Espirate lentamente per la bocca pronunciando una leggera «s» e regolando l’e-

missione del fiato, che dovrebbe avere un percorso uniforme, con la contrazionedei muscoli addominali.

� 1.4 Ripetete l’esercizio inspirando per la bocca.

� Dieci volte mattina e sera per alcuni giorni, fino a quando non avrete individuatol’azione del diaframma e delle costole fluttuanti.

RESPIRAZIONE 2� 2.1 Inspirate lentamente e profondamente per il naso, portando, con lo stesso ritmo

del respiro, le braccia aperte all’altezza delle spalle, con le palme in giù.� 2.2 Trattenete il fiato a bocca aperta per tre secondi.� 2.3 Espirate lentamente per la bocca, riportando le braccia nella posizione iniziale.� 2.4 Ripetete l’esercizio inspirando per la bocca.

� Inizio e fine di ogni movimento inspiratorio ed espiratorio devono coincidere coninizio e fine di ogni movimento delle braccia. Dieci volte mattino e sera.

RESPIRAZIONE 3� 3.1 Inspirate lentamente e profondamente per il naso, portando le braccia in alto

con le palme rivolte in dentro, facendo attenzione a non alzare le spalle.� 3.2 In tale posizione trattenete il fiato a bocca aperta per tre secondi.� 3.3 Ruotate le palme in fuori.� 3.4 Espirate lentamente per la bocca, riportando le braccia nella posizione iniziale.� 3.5 Ripetete l’esercizio inspirando per la bocca.

� Inizio e fine di ogni movimento inspiratorio ed espiratorio devono coincidere coninizio e fine di ogni movimento delle braccia. Otto volte mattino e sera.

Nell’eseguire gli esercizi è importante che la respirazione avvenga nellaparte addominale e basso toracica senza impegnare la zona pettorale ele spalle. Le prime volte riuscirà difficile «sentire» il diaframma. Si con-siglia, all’inizio, di distendersi sul letto o sul pavimento, con una manosul ventre e l’altra sul petto assicurandosi che la zona pettorale non siacoinvolta. L’uso delle braccia negli esercizi 2 e 3 serve ad aprire via via lacassa toracica sino alla sua massima espansione.

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La modulazione del suono

Per articolare la modulazione sonora nella lettura è necessario di-stinguere sei elementi: timbro, volume, ritmo, accento, pausa, tono.

� Il timbro Il timbro è la qualità essenziale della voce, la sua corposità, il suospessore e la ricchezza di risonanze: queste qualità si sviluppano conla ricerca costante. Importante è l’ascolto delle voci altrui per impa-rare a distinguere i vari timbri e il diverso suono delle voci di gola, ditesta, di naso, di petto. Si tratta di imposta-re la voce cominciando con modulazionibasse. Non conta la forza purché l’appog-gio della voce sia giusto.

a. Pronunciate la vocale é (chiusa) a voce sommessa e gola rilassata pro-lungando il suono della vocale per tutta la durata del fiato.

b. Passate alle altre vocali, una per fiato, in questo ordine: è, a, ò, ó, u, i.

c. Pronunciate tutte le vocali di seguito in un solo fiato: é è a ò ó u i.

d. Mettete la consonante m davanti alla vocale é pronunciandola in unsolo fiato e continuate con ogni altra vocale, sempre con un solo fiatociascuna: mè, ma, mò, mó, mu, mi.

e. Ripetete l’esercizio con la consonante n davanti ad ogni vocale: né, nè,na, nò, nó, nu, ni notando la risonanza nelle fosse nasali.

f. Pronunciate in un solo fiato: mé mè ma mò mó mu mi.

� Il volume Il volume è l’intensità sonora. Esso si misura in decibel ed è propor-zionato alla spinta del fiato. La potenza della voce è in stretta relazio-ne alla quantità di aria incamerata nei polmoni e alla elasticità deldiaframma che opera come un mantice spingendo il fiato verso lecorde vocali.

VOCE E PAROLA

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A partire dal prossimo eserciziosiete pregati di accompagnare al-la lettura l’ascolto della cassetta.

ESERCIZIO

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a. Iniziate con la sillaba mé emessa sommessamente e aumentate via viail volume.

b. Continuate con le altre sillabe, una per fiato: mè, ma, mò, mó, mu, mi.

c. Pronunciate l’intera serie mé mè ma mò mó mu mi in un solo fiatomuovendo la testa morbidamente in senso circolare per mantenere lagola rilassata.

� Il ritmoIl ritmo viene determinato dalla variazione di velocità con cui ven-gono pronunciate le parole in un tempo fisso. Per ovviare all’uso dimetronomi o cronometri, useremo come tempo la durata di un fiato.

a. Pronunciate i numeri da uno a dieci in un solo fiato.

b. Pronunciate per due volte di seguito i numeri da uno a dieci in un solofiato, poi per tre volte, quattro volte fino a quante ne può contenere unsolo fiato mantenendo la chiarezza della dizione.

Ascoltate la cassetta in cui sono registrati due brani del Vangelo di Marco,per mostrare l’uso di ritmi diversi. La scelta dell’esecuzione con questi ritmi èovviamente personale.

Questo è l’inizio del Vangelo, il lieto messaggio di Gesù, che è il Cristo e ilfiglio di Dio. Nel libro del Profeta Isaia, Dio dice: «Io mando il mio messag-gero davanti a te a preparare la tua strada. È la voce di uno che grida neldeserto: preparate la via per il Signore, spianate i suoi sentieri!». Ed ecco,proprio come aveva scritto il profeta, un giorno Giovanni il Battezzatorevenne nel deserto e cominciò a dire: «Cambiate vita, fatevi battezzare eDio perdonerà i vostri peccati!». La gente andava da lui: venivano in mas-sa da Gerusalemme e da tutta la regione della Giudea, confessavano pub-blicamente i loro peccati ed egli li battezzava nel fiume Giordano. Gio-vanni aveva un vestito fatto di peli di cammello e portava attorno ai fian-chi una cintura di cuoio; mangiava cavallette e miele selvatico. Alla follaannunziava: «Dopo di me sta per venire colui che è più potente di me; ionon sono degno nemmeno di abbassarmi a slacciargli i sandali. Io vi bat-tezzo soltanto con acqua, egli invece vi battezzerà con lo Spirito Santo».

LAVORO SU SE STESSI

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ESERCIZIO

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3ESERCIZIO

3

�Marco1, 1-8

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Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la regione, fino alle tre delpomeriggio. Alle tre Gesù gridò molto forte: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?»che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Alcuni deipresenti udirono e dissero: «Sentite, chiama il profeta Elia». Un tale corsea prendere una spugna, la bagnò nell’aceto, la fissò in cima a una cannae cercava di far bere Gesù. Diceva: «Aspettate. Vediamo se viene il profe-ta Elia a toglierlo dalla croce!». Ma Gesù diede un forte grido e morì. Allo-ra il grande velo appeso al tempio si squarciò in due, da cima a fondo.L’ufficiale romano che stava di fronte alla croce, vedendo come Gesù eramorto, disse: «Quest’uomo era davvero Figlio di Dio!». Alcune donne era-no là e guardavano da lontano: c’erano Maria Maddalena, Maria madre diGiacomo (il più giovane) e di Joses, e anche Salome. Esse avevano segui-to e aiutato Gesù fin da quando era in Galilea. E c’erano anche molte al-tre donne che erano venute con lui a Gerusalemme.

� L’accento Come l’accento tonale battendo su una sillaba della parola ne defini-sce il significato, così una parola può essere accentuata in una fraseper chiarirne il significato.

Dopo aver analizzato il testo (come verrà spiegato nel capito-lo «Analisi del testo»), si decidono le «parole chiave» e lì si pone l’ac-cento dando al resto della frase minor rilievo (ciò si otterrà leggen-dolo in un tono più basso, ma senza fretta).

Nell’accentuare una parola nella frase si verificherà un’infles-sione e probabilmente anche un leggero rallentamento.

«Non voglio parlare con te»Ascoltate la cassetta in cui la frase è pronunciata accentuando divolta in volta una diversa parola:

Non voglio parlare con te [sottolinea la volontà]

Non voglio parlare con te [forse preferisce scrivere]

Non voglio parlare con te[con altri forse sì]

VOCE E PAROLA

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Marco15, 33-41

ESERCIZIO

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«È ora di spalancare le porte alla nostra libertà personale»

Provate ad accentuare ogni parola possibile e poi ascoltate laversione nella cassetta.

«Vieni con Luigi, giovedì, a parlare con me?»

Accentuate ogni parola possibile e poi ascoltate la cassetta.

� La pausaLa pausa non è mai un vuoto. È un silenzio, una sospensione del suo-no spesso più significativa di una stessa parola, perché contiene sen-timenti ed emozioni che danno vita al pensiero della frase. È una pau-sa attiva e ricca di contenuto interiore. Chiarisce un pensiero nonespresso, un’emozione forte. Ma solo una pausa vissuta riuscirà a nonessere un buco, un vuoto. Sorvoliamo sulle pause di punteggiaturarammentandovi di «... parlare logicamente e coerentemente con legiuste pause e inflessione determinate dalla punteggiatura».

Ascoltate la registrazione ponendo attenzione al valore interpretativo dellepause [una pausa breve è segnalata con /, una pausa lunga con //].

a. Arrivò anche / Gesù [Marco 1, 9]

Rimasi sbalordita e / gli dissi di sì

Ho aperto al mio amore / ma è partito [Cantico 5, 6]

b. Gesù vide // il cielo spalancarsi // e lo Spirito Santo scendere su di lui come una colomba [Marco 1, 10]

Gesù diede un forte grido // e morì [Marco 15, 37]

«Ritorna, non posso vivere senza di te»

Mettete una pausa prima, o prima e dopo, la parola che volete ca-ricare di maggiore emozione, poi ascoltate la cassetta.

Davanti alla pausa si verificherà un’inflessione di sospensione verso l’al-to, che sarà più o meno lunga a seconda della carica che volete darle.

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8ESERCIZIO

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� Il tonoIl tono è quell’inflessione della voce con cui si esprime gioia, dolore,indifferenza, ironia ecc.

Riportiamo un brano di Stanislavskij:

Aaaa... sentite che attraverso il limpido suono di questa vocalesi esprime un sentimento della nostra anima? Questo suono èlegato a qualche intensa rievocazione interiore, che ha bisognodi manifestarsi, e prorompe libero, senza indugi.

Ma Aaaa... può avere un suono diverso, più cupo, chiuso,che non esce fuori libero, ma resta dentro di noi, risuonandocon echi funesti come in una caverna o in una tomba.

Ed ecco l’Aaaa... astuto, che scivola fuori come un’anguil-la, investe l’ascoltatore e penetra nel suo animo come un caccia-vite. L’Aaaa... grave che cala dentro di noi come il «piombo» fu-so nel pozzo.

Non sentite che attraverso queste onde sonore esce qual-cosa dalla vostra anima?

Non sono più vocali vuote, hanno un contenuto spiritua-le, cioè sono un piccolo brano dell’animo umano...

Se le vocali sono un fiume, le consonanti ne sono le sponde.

Ecco che le singole lettere o parole così valorizzate, insieme aritmo, accento, pausa, ecc., faranno rivivere il pensiero dello scrittore.

Pronunciate la vocale a in ciascuno dei modi presentati da Stanislavskij.Ascoltate poi l’esercizio eseguito nella cassetta.

VOCE E PAROLA

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Pronunciate con toni che esprimano vari stati d’animo [gioia, tenerezza, tristezza, angoscia, indifferenza, rabbia, paura] le seguenti parole:

cielonotte

vivereciao

perchéamore

Eseguite l’esercizio, poi confrontatevi con la registrazione.

Provate con la modulazione del tono ad esprimere il suono che il se-guente verso onomatopeico vuole imitare:

Il rombo rimbomba giù giù per la cupa caluraConfrontate l’esecuzione registrata.

Alcuni suggerimenti per ottenere una buona dizione.

• Ponete mente ai suoni facendo attenzione che ogni sillaba della pa-rola sia pronunciata per intero, che le vocali siano chiare e le conso-nanti non siano né troppo marcate né deboli.

• Curate la sonorità del finale della parola: spesso viene mangiato.

Ecco un esercizio che vi preparerà ad un buon comportamento fonetico.Leggete il seguente versetto dell’Esodo, scandendo e sillabando lenta-mente le parole su un solo tono e senza nessuna inflessione:In quel tempo Mosè portava al pascolo il gregge di suo suocero Ietro

[Esodo 3, 1]Ascoltate la cassetta.

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ESERCIZIO

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ESERCIZIO

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Spesso le consonanti r e s, specie se unite ad altre consonanti, vengonopronunciate con trascuratezza. Eccone alcune sulle quali esercitarsi ripe-tendole spesso:

ristorarsi ristuccare struccare ristretto

ritrovarsi reinnestare reiterare irrorare

trasbordare arretrare protrarre prostrarsi

irriverente irridere

borsa corsa terso dorso

Persia perso Israele denso

pensa prensile versatile insensato

insperato inscenare inscindibile inscritto

ispirarsi scansione consorzio Cistercensi

insidiare inserzionista sregolato sragionare

sradicare sdrammatizzare sdrucitura sdraio

Ascoltate la cassetta.

Ascoltate nella cassetta un brano con difficoltà di pronuncia dei gruppiconsonantici st e str.Ora esercitatevi con le seguenti parole:

streapstar

strepitosastregata

incastridestra

bistrotstrale

straripò

VOCE E PAROLA

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ESERCIZIO

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ESERCIZIO

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13

14

finestrastramazzi

strangolostramazzo

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Ascoltate nella cassetta un brano che presenta l’esatta pronuncia della c. 8

Spesso, per trascuratezza, la c viene trascinata fino a diventare sc.Ora esercitatevi nella pronuncia corretta della c nelle seguenti parole:

le ciocche riceverà abbacinata

recitare incamiciata velocemente

codice preciso disdicevole

Ascoltate nella cassetta un brano dove sono riuniti numerosi vocaboli cheincludono il suono del gruppo gli.Ora esercitatevi nella pronuncia corretta del gruppo consonantico glinelle seguenti parole:

moglie aglio foglia

miglio coglieva scoglio

chiederglielo

paglia tartagliava figliola

ciglia caviglie

vogliose smagliature ragliava

luglio spigliata

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ESERCIZIO

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8 Gli esercizi 14, 15 e 16 sono tratti da C. VENEZIANO, Manuale di dizione, Editrice Europa, Bari1989, pp. 126, 116, 125.

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Conclusione

Questi esercizi, anche se noiosi e ripetitivi, dovrebbero essere eseguiti ognigiorno per un tempo relativo alle doti naturali di ciascuno.

Per ottenere una buona dizione è indispensabile abituarsi a controllarela qualità del nostro linguaggio anche nel quotidiano.All’inizio potrà sembra-re affettazione ma poi diventerà naturale.

Una volta, quando si usava, si diceva che per portare un frac con natu-ralezza, ci volevano sette generazioni. Per proferire la Parola di Dio, dovrem-mo evitare la volgarità di linguaggio ogni giorno e metterci sempre in frac.

Stanislavskij dice:

I difetti di pronuncia e una cattiva dizione nella vita normale si possonosopportare. Diventano familiari. Ma pronunciare in scena dei suonantiversi sulla libertà, nobiltà o il puro amore, con una dizione volgare, of-fende o fa ridere. Lettere, sillabe o parole non sono state inventate dal-l’uomo, ci sono state suggerite dall’istinto, dalla natura, dal tempo, dalluogo, dalla vita. Dolore, freddo, gioia o paura, provocano in tutti, uomi-ni e bambini, uguali espressioni sonore. «Aaaaaa!», per esempio, ci puòessere strappato sia dalla paura che dall’estasi. Ogni suono che costitui-sce una parola ha un’anima, una natura e un contenuto che colui cheparla deve sentire. Se una parola non aderisce alla vita, se si pronunciaformalmente, meccanicamente, senza interesse e animazione, assomi-glia ad un cadavere che non ha più polso. Ogni parola viva ha un suo de-terminato aspetto e deve restare quale l’ha creata la natura.

Se l’uomo non sente l’anima del suono, non sentirà neanche quel-lo della parola, della frase, del pensiero... in quanto all’arte di educare lavoce ad esprimere con esattezza e bellezza le infinite sfumature del suo-no e del pensiero, dovete continuare a studiare per tutta la vita.

VOCE E PAROLA

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Concludiamo con una riflessione di Alonso Schökel, biblista:

L’autentica esistenza della Parola ispirata nella Chiesa dipende anchedai «lettori». Non ha qui valore una forma di negligenza che si appellaall’onnipotenza divina, perché si tratta della Parola, e la via dell’onnipo-tenza salvatrice è la via dell’incarnazione. Nella voce significativa edespressiva del lettore liturgico torna ad incarnarsi e ad esistere la Paroladi Dio; in questa rappresentazione orale essa si rende presente alla co-munità. Senza questa voce tutta la catena di autori, di scrittori, di tra-smettitori non sarebbe giunta al suo compimento.9

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9 A. SCHÖKEL, La Parola ispirata, Paideia, Brescia 1987, p. 281.

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2. L’immaginazione

Il lavoro su se stessi, dopo quello riguardante l’apparato vocale, fondamentalenella nostra ricerca, consiste nel rimettere in moto tutti gli stimoli possibili perriattivare la fantasia. Dobbiamo tornare bambini.

Indispensabile, per un processo di immedesimazione nel testo, è la ca-pacità di penetrare il racconto biblico rivivendone ogni dettaglio come se noistessi ne fossimo, in quel momento, testimoni diretti. I redattori biblici non di-cono tutto, non danno un quadro completo della situazione, dei caratteri e del-la vita dei personaggi.

L’evangelista Giovanni dice, al termine del suo racconto: «Gesù fece mol-te altre opere: se si scrivessero tutte, una per una, riempirebbero tanti libri. Iopenso che neanche il mondo intero potrebbe contenerli» [Giovanni 21, 25].

Per passare dalla «parola scritta» a quella «parlata», da un segno carta-ceo morto, ad un suono vivo, bisogna stimolare e alimentare il nostro mondoimmaginario. Spesso nella Bibbia gli autori narrano visioni. Quindi, anche noilettori della Bibbia dobbiamo stimolare continuamente le nostre facoltà visio-narie. La difficoltà sta nell’inchiodare quelle «parole ispirate» ad un tono di as-soluta sincerità. Non ha importanza se è bello o brutto il tono, è importanteche sia «vero». Per chi ha fede è certamente più facile raggiungere questo tonodi verità; ma resta l’impegno e la responsabilità di affinare gli strumenti voca-li, perché la comunicazione sia sempre più efficace.

Ogni nostra fantasia che si materializza nel suono della Parola biblicaprovoca un’azione reale nella nostra carne, nel corpo. Tutte le immagini men-tali accumulate aiutano a risvegliare l’attività interiore, l’impulso all’azione.Questo delicato processo alchemico giustifica la fatica di esercitazioni conti-nue. Non c’è limite. I nostri modestissimi appunti sono provocazioni, ma cia-scuno è libero di scegliere in questa ricerca la propria strada.

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Tra le esercitazioni che il metodo Stanislavskij prevede per svilupparel’immaginazione, ve ne proponiamo due: il «se» e le «circostanze date».

Il «se» è un’ipotesi, una leva che trasporta dalla realtà in un altro mon-do, un mondo immaginario, il solo nel quale possa avvenire la creazione;provoca un «dislocamento», uno «scatto», un modo diverso di vedere le co-se. Succede qualcosa per cui gli occhi cominciano a vedere in un altro modo,le orecchie a sentire altrimenti, la mente a valutare in un modo nuovo quelloche ci circonda.

Le «circostanze date» sono i fatti narrati nel testo, gli avvenimenti, l’e-poca, il momento e il posto dell’azione, le condizioni di vita. Insieme al «se»,che dà l’avvio all’immaginazione addormentata, esse aiutano a creare lo scat-to interiore.

Iniziamo di proposito con esercizi tratti dalla quotidianità per conclu-dere con un esempio dal testo biblico.

«Se »

Il gioco del «se», suggerito da Stanislavskij, in questo caso consiste nel ribalta-re radicalmente una situazione facilmente reperibile nella quotidianità.

Ecco un esempio di «se».

� In questo momento sono seduto qui, al mio tavolo, e sto prendendo ap-punti dal libro di Stanislavskij.

C’è un’aria frizzantina di fine settembre. Il cielo è terso. Incorniciati dal-la finestra vedo il cielo azzurro e la chioma di un verde spento di un ippoca-stano con foglie già ingiallite.

Sullo sfondo, un palazzo grigiastro con le persiane verdi aperte. Sonopieno di idee e di ciò che ho scritto. Angela, la mia compagna, è un aiuto pre-ziosissimo e lavoriamo in armonia.

«Se» invece di svolgersi a fine settembre la stessa circostanza si svolges-se ad agosto con 38 gradi, tutto cambierebbe.

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� Invece di vedere, dalla finestra, un albero quasi autunnale, ve-do un albero dalla chioma molto folta e di un verde intenso; il cielo èbiancastro a causa dell’afa; le finestre del palazzo di fronte sonochiuse perché gli abitanti sono in vacanza; sento il canto delle cicale;l’aria è immobile, il telefono squilla raramente perché gli amici nonsono a Roma; bevo spesso l’acqua che ho sul tavolo; sono depresso;il cestino è pieno di fogli strappati; sono sudato, mi sventolo e miasciugo di continuo il viso e il collo; non ho idee; ho litigato con lamia compagna e sto pensando di separarmi da lei.

Partendo da una circostanza reale immaginate un «se» descrivendo neipiù piccoli dettagli tutti i possibili sviluppi psicologici e realistici della«nuova» circostanza.

State percorrendo in macchina,di giorno, una strada di campagna: siete solo.Osservate il cielo, gli alberi, le case, tutto ciò che vi circonda;ascoltate i suoni, i rumori.

Come cambierebbe la situazione se fosse notte invece che giorno?se il cielo si fosse coperto di nubi?se accadesse un incidente imprevisto?se invece che solo, foste in compagnia?

Ecco un possibile sviluppo di questo esercizio, limitatamente alla primasituazione e alla seconda situazione.

• GiornoSono le otto di mattina.Sto percorrendo con la mia «Mini» una stradina di campagna che fian-cheggia la vecchia strada Roma~Ostia. La strada è molto stretta.Il cielo è di un azzurro smagliante, le case all’orizzonte e lungo il sentieroriflettono il sole sui muri gialli e sui vetri delle finestre.I lati della stradina non hanno bordi, sono la continuazione dei campicoltivati a vigna. Vedo alberi da frutta e qualche cipresso, come a segna-

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re un confine. Un cane randagio mi taglia la strada, trotterellando tran-quillo: è piccolo, pelo bianco con macchie nere, muso di volpino, certa-mente un bastardo. Entra nella vigna. Lo ritrovo più avanti, insieme a treo quattro gatti che si rincorrono felici. Lui abbaia agitato.Sto attraversando un ponticello: sotto c’è un fossato con poca acqua. Unmerlo si sta dissetando. Sento il richiamo di un altro merlo. Sulla destra,davanti ad una casa di campagna rossa, due bambini piccoli giocano perterra, mentre un uomo in maniche di camicia, con il berretto in testa,riempie un secchio d’acqua alla fontana.Si sente lontano una musica di radio. È tutto calmo intorno, idilliaco.

• NotteSono le dieci di sera.Procedo molto adagio perché, nonostante la luce dei fari, distinguo po-co. Il cielo è nero. Non c’è luna, non ci sono stelle. Solo buio.Il nero continua giù, fino ai lati della stradina, non si vede se al di là ci sia-no campi coltivati o arbusti. Sento il miagolio rabbioso di alcuni gatti. Houna sensazione di freddo. Le case in lontananza si indovinano solo perqualche luce di televisore alle finestre: sensazione spettrale. Tutto sem-bra immobile, misterioso. Di tanto in tanto un fruscio.Improvvisamente, sul ponticello stretto che attraverso cautamente, miappare una sagoma di uomo che viene verso di me. Nonostante la sta-gione, mi pare che indossi un cappotto lungo e pesante. Abbasso le luci,e accelero un po’. Alla mia destra una casa rossastra illuminata da una lu-cetta bassissima sulla porta spalancata.Anche le finestre sono aperte,mabuie. All’esterno, qualche utensile, la sagoma di una carriola, disordinecome se gli abitanti avessero abbandonato il luogo all’improvviso.

Completate l’esercizio, sviluppando le altre situazioni.

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«Circostanze date»

Immaginate a modo vostro le «circostanze» prese dal testo. Questocostituirà il presupposto della vita dei personaggi e delle circostanzein cui si trovano. Dovete credere sinceramente che possa esistere unavita simile nella realtà.Allora nasceranno dentro di voi passioni veree sensazioni verosimili.

Per esercitare l’immaginazione, per sviluppare le circostanze date si puòpartire anche da una stampa, un quadro, un’immagine qualsiasi.

Osservate accuratamente questa immagine,prendete nota nella vostra mente dei particolari in essa contenuti,poi cercate di rivedernel’immagine ad occhi chiusi.Fate vostro l’ambiente,entrate voi stessi nel contesto.Fatelo vivere attraverso la vista,l’udito, la sensazione di caldo, di freddo ed altro.Immaginate di essere la figura al centro oppure datele un’identità e chiedetevida dove viene,dove sta andando...

L’IMMAGINAZONE

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Provate a scrivere un vostro sviluppo delle «circostanze date» e poi...ascoltate nella cassetta la nostra proposta riprodotta qui di seguito.

� È autunno, cammino lungo un viale fiancheggiato da alberi, forsebetulle, forse pioppi [non so che alberi siano]. Sono molto ariosi,leggeri. Un fresco venticello soffia tra le foglie. Il cielo è coperto,ma l’aria non è pesante. È il crepuscolo. La luce si fa a mano a ma-no più fioca. Sento il richiamo di una civetta, un grido breve e in-tenso. Gli risponde il cinguettio di altri uccelli. C’è profumo di terrabagnata, aromatica: dev’essere piovuto di recente.Ecco da lontano il suono di una campana a morto. A volte sento ilrumore dei miei passi, lo strascichìo sulla ghiaietta e sulle pochefoglie secche,gialle, rosse,marroni sulla stradina.Ho brividi di fred-do, e mi stringo nel mantello. Sono uscita in fretta, quasi all’im-provviso, e non ho pensato a mettere le calze. Ero immersa neimiei pensieri tristi, e non m’ero accorta che il tempo passava.Vole-vo assolutamente essere presente all’ultimo saluto all’uomo cheavevo segretamente amato.

Adesso esercitate l’immaginazione sulle «circostanze» di un testo biblicoestremamente suggestivo, come il racconto di Marco 8, 1-10.Nella cassetta potrete ascoltare l’esempio di un possibile sviluppo dell’eser-cizio, che riportiamo di seguito.

Un’immensa radura con pochi alberi. Dopo il primo giorno lonta-no da casa, superata la prima impressione di incanto, che le paroledi questo strano profeta suscitavano in me, volevo ritornare a ca-sa. Sono un contadino, e ho fatto quindici chilometri a piedi, conmia moglie, per venire a sentire questo Gesù. Ho lasciato a casadue figli piccoli e i genitori vecchi, e c’è da mungere e zappare.

Mi ha parlato del profeta un uomo di cui avevo molta stima,e mi ha convinto a fare questo viaggio.Venendo qui ho trovato piùdi quattromila persone, che, come me, si erano accampate, con leloro bisacce, vicino ai pochi alberi. Manca l’acqua. Eravamo stanchidel viaggio, ma interessati alle parole di questo Nazareno, di cui

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non si capiva proprio tutto, che ti facevano sentire bene. Discutocon mia moglie delle cose da fare nei campi, dei figli.

Ora è proprio lei, che non voleva venire qui, a insistere perrimanere. Ho aspettato il secondo giorno, sperando che anche leisentisse il bisogno di tornare a casa. Anche perché il disagio didormire all’aperto, in mezzo a tutta questa folla, aumenta. La scor-ta di pane e formaggio è finita. Quello continua a parlare. Ma honotato che le donne e i suoi discepoli lo accudiscono e gli dannoda mangiare. Certo, la forza di quest’uomo è grande. Mi guardo in-torno, e la gente sorride, sembra non sentire il caldo, la fame, la se-te. Continuo ad ascoltare.

Il terzo giorno è successo qualcosa di strano. Ci hanno fattosedere per terra. Quelli che stavano col maestro si sono affrettati adistribuire pane fresco e pesci, che sembravano appena pescatidal mare.Abbiamo mangiato tutti,e abbondantemente.Qualcunoaveva sentito che quelli più vicini a Gesù non sapevano come tro-vare da mangiare, quando lui aveva detto che la gente gli facevapena (e infatti non mangiavamo da tre giorni...). Eppure io l’ho vi-sta, la gente, saziarsi: non solo, ma alla fine hanno raccolto persinogli avanzi. Ho detto a mia moglie che se un uomo così stesse al no-stro paese, nessuno zapperebbe più la terra: tanto ci pensa lui.

Improvvisamente ci ha lasciati, ed è andato, con i suoi, daun’altra parte.

Al ritorno – come ho detto, c’erano quindici chilometri perarrivare a casa – abbiamo discusso a lungo io e mia moglie, con unaccanimento insolito.Da quando ci siamo sposati non era mai suc-cesso. Lei ripeteva le poche cose che aveva capito, dai discorsi diquell’uomo strano. Io continuavo a non capire, ma ero inquieto.Dadove erano venuti quei quintali di pane e di pesce? Anch’io mi ri-cordavo di essermi sentito sereno, mentre ascoltavo le cose chediceva quell’uomo; eppure, so bene che se non sudo a zapparetutti i giorni non mangio. Mia moglie aveva lunghi silenzi, avevaperduto quella sua chiacchiera continua. Da allora anch’io ritornocon il pensiero a quei tre giorni, ma la fatica quotidiana non mipermette di pensare troppo.

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In quei giorni, ancora una volta, si era radunata una gran folla. Ve-dendo che non avevano più niente da mangiare, Gesù chiamò isuoi discepoli e disse: «Questa gente mi fa pena. Già da tre giornistanno con me e non hanno più niente da mangiare. Se li lasciotornare a casa digiuni, si sentiranno male lungo la strada, perchéalcuni vengono da lontano».

Gli risposero i discepoli: «Ma come è possibile, in questo luo-go deserto, trovare cibo per tutti?».

Gesù domandò: «Quanti pani avete?».Risposero: «Sette».Allora Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Poi prese i

sette pani, fece la preghiera di ringraziamento, li spezzò e li diedeai discepoli perché li distribuissero alla folla. Ed essi li distribuiro-no. Avevano anche alcuni pesci, pochi e piccoli. Gesù ringraziò Dioper quei pesci e disse di distribuire anche quelli.

Tutti mangiarono e ne ebbero abbastanza. Quando poi rac-colsero i pezzi avanzati, riempirono sette ceste. Le persone pre-senti erano circa quattromila.

Poi Gesù mandò a casa tutti, salì subito sulla barca insiemecon i suoi discepoli e andò nella regione di Dalmanùta.

• Descrivete il luogo deserto, i colori, i suoni o rumori, gli odo-ri, il clima,tutto quello che può trovarsi in una zona lontana daicentri abitati.

• Cercate di arricchire di particolari uno o più personaggi: dadove vengono,dove vanno.

• Immaginate Gesù stesso mentre guarda la folla e ha penaper la gente.

• «Gli risposero i discepoli». In quanti risposero? Con che to-no? Come erano vestiti?

• E così via.

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Marco8, 1-10

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Leggete questo frammento tratto da una lettera di Dostoevskij a NataliaFonvitzina e ascoltatelo registrato nella cassetta.

Fëdor Dostoevskij ~ Lettera a Natalia Fonvitzina ~ Anno 1854.

... Sono un figlio del secolo, un figlio della mancanza di fede e del dub-bio quotidiano e lo sono (questo lo so) fino al midollo. Quanti crudelitormenti mi è costato e mi costa tuttora quel desiderio della fede chenell’anima mi è tanto più forte quanto sono presenti in me motiva-zioni contrarie! Tuttavia Dio talvolta mi manda momenti nei quali misento assolutamente in pace.

In tali momenti io ho dato forma in me ad un simbolo di fedenel quale tutto è per me chiaro e santo. Questo simbolo è molto sem-plice, eccolo: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, dipiù ragionevole, di più coraggioso e di più perfetto di Cristo e con fer-vido amore ripetermi che non solo non c’è, ma non può esserci.Di più:se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori della verità, mi dimo-strasse che veramente la verità non è in Cristo, beh io preferirei lo stes-so restare con Cristo piuttosto che con la verità...

• Descrivete, partendo dalle cicostanze date dal brano e con l’aiuto del-la vostra immaginazione la figura dello scrittore,

il suo aspetto,la sua età,il suo carattere.

• Immaginate la sua stanza, il suo tavolo e tutto ciò che può aiutare acompletare l’ambiente.

• Chiedetevi a chi è indirizzata la lettera, chi è Natalia Fonvitzina, la suaetà, il suo carattere, le sue esperienze.

• Immaginate il luogo dove si trova mentre legge la lettera, la stagione,come è vestita.

• Provate a immaginare che relazione c’è o c’è stata tra lei e chi scrive.

• Quale può essere il movente della lettera? Si riferisce ad un accadi-mento preciso, ad una crisi di lei?

• Quali possono essere le ragioni che ora lo fanno parlare dell’amoreprofondo che ha per Cristo?

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Durante tutte le esercitazioni proposte, in cui la nostra fantasia si sbri-glia, è necessario seguire rigorosamente la logica dettata dal presupposto dipartenza. Fantasticare genericamente ci allontana dalla verosimiglianza e dal-la credibilità. La nostra immaginazione si deve ancorare a circostanze precise.Rispondiamo alle domande: dove? che cosa si vede? che cosa si ode? quando?per quale motivo? a quale scopo?

Sviluppare e acuire una «vista interiore» ci permetterà di cogliere, dalleimmagini inventate, un’atmosfera, dei pensieri, dei sentimenti da cui nascel’impulso di agire. Questo invito di Stanislavskij sembra sia stato scritto per ilettori della Bibbia. Il nostro lavoro diventa una lotta contro i limiti della fisi-cità e deve accompagnarci dal lunedì al sabato per renderci pronti al serviziodella domenica mattina.

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III. LAVORO SUL TESTO

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1. Analisi del testo

L’analisi del testo consiste nell’individuare i concetti e le parole chiave, grazieai quali scoprire il senso del messaggio contenuto nel testo scritto.

Ogni volta che la Parola della Bibbia, che noi cristiani ascoltiamo da2000 anni, viene proclamata, dovrebbe trasformarsi in un «evento». Per unamisteriosa alchimia, questa stessa Parola arriva a ciascuno degli ascoltatori aseconda delle sue esigenze personali in quel momento. Per chiarire meglio l’e-videnza di questo fatto, porto l’esempio del prisma, che si studiava in fisica.Come un raggio di luce bianca, battendo su un lato del prisma, si scompone intanti raggi di vari colori che si proiettano uscendo dall’altro lato, così la Paroladella Scrittura arriva a ciascuno come indirizzata a lui personalmente.

La proclamazione del messaggio ha la sua massima efficacia se il lettorestesso ne è coinvolto in prima persona. Nessuno può comunicare alcunché dicui non sia consapevole e convinto. Purtroppo, come abbiamo già detto, c’è chigiustifica una lettura del testo sacro neutra, scolorita, con la reverenza che adesso si deve: ma spesso si tratta del tentativo di mascherare impreparazione eindifferenza. Il problema è difficile e non sarà certo la pochezza di questi ap-punti a risolverlo; ma l’urgenza è tale da giustificare il nostro tentativo.

Durante la liturgia cattolica e il culto protestante della domenica, ven-gono letti più brani della Scrittura, tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento.C’è sempre un filo che lega questi brani ed è dall’ascolto dell’omelia o del ser-mone che chi partecipa all’assemblea può cogliere il tema principale. Il com-pito di evidenziarlo spetta a chi presiede l’assemblea e prende la parola dopo leletture. Ma il lettore deve poter scoprire lui stesso il pensiero chiave che acco-muna i brani della Sacra Scrittura nella settimana che precede la domenica, di-panando i fili del tessuto e le venature principali e secondarie del testo attra-verso una ricerca personale. Il suo primo impegno deve essere quello di stabi-

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lire una interazione tra il testo e la sua esperienza soggettiva: così la parolaproclamata dal lettore si rifrangerà in modo diverso su ciascun ascoltatore.Ogni lettore diventa così l’interprete del brano da trasmettere, avendone indi-viduato egli stesso il punto nevralgico, la parola o frase chiave che costituisce ilperno su cui ruota la narrazione. C’è ovviamente il rischio di una interpreta-zione personale, ma questo avviene fatalmente ogni volta che c’è un passaggionella trasmissione di un messaggio. La traduzione dal testo originale nelle va-rie lingue e le svariate traduzioni in una stessa lingua evidenziano il problema.È sufficiente fare un esame comparativo per misurarne la complessità.

Nei primi secoli, accanto al lettore del testo biblico, che veniva letto sem-pre nella sua lingua originale, c’era un traduttore/divulgatore grazie al qualegli uditori erano messi in grado di capire immediatamente il messaggio nellalingua del posto. Queste traduzioni, raccolte, sono note come Targum. Unbuon lettore potrebbe, oggi, sostituire l’antica figura di quel traduttore.

Prendiamo come esempio un brano dal Vangelo di Marco. Utilizziamola «traduzione interconfessionale in lingua corrente» (TILC),10 per la semplicitàe l’immediatezza del suo linguaggio, che consente, più che nel caso di altre tra-duzioni, una immediata ricezione del testo per un ascoltatore contemporaneo.Dalla prima lettura informativa, notiamo che i sedici capitoli di Marco sonostati suddivisi, dagli editori stessi, in novantanove episodi.

L’esercitazione di partenza, qualunque sia la lunghezza del brano pre-scelto, consiste nello scoprirvi i concetti, le azioni principali, suddividendoloin blocchi, come tanti vagoni di uno stesso treno.

In ciascun blocco si sceglierà una parola chiave come fulcro concettua-le e/o narrativo: quella che più ci appassiona. Lo stesso metodo verrà usato inseguito nel capitolo sulla memoria emotiva.

Procederemo poi allo scavo dei singoli blocchi, per poi rimontarli insie-me e selezionare ulteriormente la frase chiave, concentrandoci su quella piùimportante in relazione a tutto l’arco narrativo del brano.

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10 Parola del Signore. La Bibbia. Traduzione interconfessionale in lingua corrente, LDC-ABU, Tori-no - Roma 1985.

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La difficoltà sta nel non prevaricare con le proprie emozioni eil proprio intendimento il «tema principale» che il redattore biblicovuole significare. Come dal «tema principale» è nato il testo, così dalsuo riconoscimento nasce la possibilità di ridare oggi vita e incisivitàal racconto antico. La vitalità e l’incisività dipendono dal coinvolgi-mento reale del lettore.

Prendiamo l’inizio del Vangelo di Marco, dove si parla della predicazionedel Battista e della chiamata dei primi seguaci.

All’interno di questo episodio la prima suddivisione da noi individuatacorrisponde ai versetti 4-5. Quanto alla frase chiave, è ovvio che tutto èimportante, ma per me l’accento batte sull’espressione «cambiate vita».Propongo di seguito tutta la suddivisione in blocchi, con le relative frasichiave. Ciascuno potrà giungere a scelte diverse, come risultato del pro-prio personale lavoro sul testo.

1, 4-5 primo bloccocambiate vita

1, 6 secondo bloccomangiava cavallette e miele selvatico

1, 7-8 terzo bloccovi battezzerà con lo Spirito Santo

1, 9-11 quarto bloccoIo ti ho mandato

1, 12-13 quinto bloccoviveva tra le bestie selvatiche

1, 14-15 sesto bloccoDio inaugura il suo regno

1, 16-18 settimo bloccovenite con me,vi farò diventare pescatori di uomini

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[...] un giorno Giovanni il Battezzatore venne nel deserto e cominciò adire: «Cambiate vita, fatevi battezzare e Dio perdonerà i vostri pecca-ti!». La gente andava da lui: venivano in massa da Gerusalemme e datutta la regione della Giudea,confessavano pubblicamente i loro pec-cati ed egli li battezzava nel fiume Giordano. //Giovanni aveva un vestito fatto di peli di cammello e portava attornoai fianchi una cintura di cuoio; mangiava cavallette e miele selvatico. //Alla folla annunziava: «Dopo di me sta per venire colui che è più po-tente di me; io non sono degno nemmeno di abbassarmi a slacciarglii sandali. Io vi battezzo soltanto con acqua, egli invece vi battezzeràcon lo Spirito Santo». //Proprio in quei giorni, da Nàzaret, un villaggio della Galilea, arrivò an-che Gesù e si fece battezzare da Giovanni nel fiume. Mentre uscivadall’acqua, Gesù vide il cielo aprirsi e lo Spirito Santo scendere su dilui come una colomba. Allora dal cielo venne una voce: «Tu sei il Figliomio, che io amo. Io ti ho mandato». //Subito dopo, lo Spirito di Dio fece andare Gesù nel deserto. Là egli ri-mase quaranta giorni, mentre Satana lo assaliva con le sue tentazioni.Viveva tra le bestie selvatiche e gli angeli si prendevano cura di lui. //Poi Giovanni il Battezzatore fu arrestato e messo in prigione. AlloraGesù andò nella regione della Galilea e cominciò a proclamare il van-gelo, il lieto messaggio che viene da Dio. Diceva: «Il tempo della sal-vezza è venuto: Dio inaugura il suo regno. Cambiate vita e credete inquesto lieto messaggio!». //Un giorno, mentre Gesù camminava lungo la riva del lago di Galilea,vide due pescatori che gettavano le reti: erano Simone e suo fratelloAndrea. Disse loro: «Venite con me, vi farò diventare pescatori di uo-mini». E quelli abbandonarono le reti e lo seguirono subito. //Poco più avanti, Gesù vide i due figli di Zebedèo: Giacomo e suo fra-tello Giovanni. Stavano sulla barca e riparavano le reti. Appena li vide,li chiamò. Essi lasciarono il padre nella barca con gli aiutanti e anda-rono dietro a Gesù.

Nella cassetta potrete ascoltare una lettura di questo brano in cui sono evi-denziate le parole chiave.

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Marco1, 4-20

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Un’analoga suddivisione in blocchi può essere applicata a qualsiasi altrotesto. Come secondo esempio abbiamo scelto Sapienza 9,13-18,nella tra-duzione della CEI.

9, 13 primo blocco conoscere

9, 14-15 secondo blocco incerte

9, 16 terzo blocco fatica

9, 17 quarto blocco Spirito Santo

9, 18 quinto blocco salvati

Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare checosa vuole il Signore? // I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni,perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argillagrava la mente dai molti pensieri. //A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo a fatica quelle aportata di mano, ma chi può rintracciare le cose del cielo? //Chi ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la sa-pienza e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall’alto? //Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furonoammaestrati in ciò che ti è gradito; essi furono salvati per mezzo del-la sapienza.

Nella lettura registrata sono evidenziate le parole chiave.

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Sapienza9, 13-18

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2. Sottotesto

Nel paragrafo precedente abbiamo gettato uno sguardo panoramico al testo,per tentarne un’analisi di superficie. Abbiamo visto come da una prima lettu-ra informativa si possa giungere a individuare una geografia delle parole, fis-sando qua e là dei paletti, le parole chiave, come punti di riferimento in unamappa topografica.

Ora, partendo dal testo verbale, procediamo ad una fase di scavo per ar-rivare al testo pre-verbale: cerchiamo di raggiungere il tema centrale, i signifi-cati, le immagini interiori, i pensieri dell’autore che si sono materializzati nel-le sue parole scritte. La ricerca del sottotesto, infatti, ci fa ripercorrere in sensoinverso il processo creativo dell’autore, risalire dalla parola scritta al pensierochiave, all’idea ispiratrice.

Ci rendiamo conto di usare impropriamente parole nostre per comuni-care un metodo che Stanislavskij ha messo a fuoco attraverso una lunga speri-mentazione. Pur utilizzando i capitoli di Il lavoro dell’attore che riteniamo siadattino più felicemente alle esigenze del lettore della Parola (quattro o cinque,sui ventiquattro che costituiscono l’intera opera), ci è difficile formulare delle«regole tecniche» precise. In ogni caso, è evidente che nessuna regola tecnica,per quanto raffinata, sarà sufficiente alla comprensione profonda della Scrittu-ra, in assenza di una sincera disposizione spirituale.

Nel momento in cui ricostruiamo, con l’esercizio del sottotesto, ciò cheil redattore biblico ha pensato, diventiamo noi stessi in qualche modo autori. Ènecessario imbrigliare la nostra immaginazione: non si tratta di divagare ri-spetto a quanto è scritto, di abbandonarsi a fantasie generiche non pertinentialla narrazione. Come per un investigatore, è necessario porsi continuamentedomande precise e concrete. Lo scopo della ricerca del sottotesto è di illumi-nare la zona d’ombra, tutto ciò che l’autore non ha scritto. Più si riesce ad ar-

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ricchire il testo, più si faranno rivivere le parole morte. I commentari e la lette-ratura apocrifa sono strumenti utili per questa ricerca.

Consideriamo un esempio. Nel Vangelo di Marco, capitolo 9, versetto 4,è scritto: «Poi i discepoli videro anche il profeta Elia e Mosè: stavano accanto aGesù e parlavano con lui». Che cosa vuol dirci l’autore Marco in quel momen-to misterioso, con la presenza di Elia e Mosè? Perché, sul monte Tabor, appaio-no proprio loro e non altri? In un libro di Romano Guardini, Il Signore,11 hotrovato una risposta per me esauriente: tanto Mosè che Elia, in modi diversi,sono mediatori tra un popolo ribelle e un Dio che vuole salvare: essi guidanoil popolo verso la liberazione, ma non ne vedranno il compimento. Anche Ge-sù pare subire lo stesso destino, ma, al contrario di Mosè e di Elia, lo fa con lasua decisione pienamente cosciente; con pura fermezza, entra in Gerusalem-me, e la sua morte diventa il compimento del Regno di Dio.

Continuiamo sulla falsariga dell’esempio, scrivendo il sottotesto di tuttol’episodio della trasfigurazione dal Vangelo di Marco 9,2-8. Camminiamoaccanto ai personaggi, interroghiamoli, nella speranza di capire che cosavuole comunicarci l’autore.

Ascoltate nell’audiocassetta la nostra proposta di lettura del sottotesto pri-ma, e del testo poi.

Prima di entrare nel sottotesto del brano scelto, è necessario ricor-dare quanto sia indispensabile studiare ogni volta il contesto:quanto precede è sempre illuminante.Nel caso nostro l’episodio è immediatamente preceduto (Marco 8,38 – 9, 1) da una perentoria e inequivocabile affermazione di Cri-sto: «Alcuni di voi qui presenti non moriranno prima di aver visto ilRegno di Dio che viene con potenza».Percorriamo il sottotesto immaginando come l’episodio della tra-sfigurazione possa essere stato vissuto da Pietro.

SOTTOTESTO

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NO

TAB

EN

E

11 R. GUARDINI, Il Signore, Vita e Pensiero, Milano 1988, pp.301-307.

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� Mi chiamo Pietro. Ho lasciato il lavoro di pescatore per seguire leorme di Gesù,e,benché ormai sia passato del tempo,non ho ancora chia-ro quel primo invito del maestro a diventare «pescatore di uomini». Perònon mi lamento. Il cambiamento radicale della mia vita mi elettrizza. Purnon capendo, mi sento felice. Ma c’è una piccola ombra. Non sopportol’invidia dei miei compagni: la sento pesare soprattutto quando il mae-stro sceglie me, Giacomo e Giovanni, e lascia da parte gli altri nove.

Il momento più sconvolgente della mia vita fu quella volta delmonte Tabor. Sì, ci aveva avvertiti sei giorni prima, con una frase che almomento nessuno aveva capito. Diceva: «Vi assicuro che alcuni di voi quipresenti non moriranno prima di aver visto il regno di Dio che viene conpotenza». Ricordo che molto spesso, quando Lui diceva cose importantiche non capivamo, nessuno di noi aveva il coraggio di fare domande.

Quella notte, era però quasi l’alba, ci sveglia e ordina solo a noi tredi seguirlo. Non siamo soliti discutere, e ancora assonnati cominciamo asalire sul monte.

Ognuno di noi si faceva domande. Io, vedendo Gesù particolar-mente silenzioso e teso, ero intimorito più degli altri. Ma non riuscivo apensare a nulla. La stanchezza fisica, il peso di quel risveglio in piena not-te si attutivano a mano a mano che salivamo. Sembrava che il sole nonvolesse sorgere. Fino a su, alla cima del monte, camminammo immersinel buio. Raramente ho sentito la paura del silenzio e della solitudine co-me quella volta.

Arrivati su, improvvisamente, quell’atmosfera rarefatta, quasi so-spesa nel vuoto, si illumina. Un chiarore abbagliante ci investe: il riverbe-ro non si poteva sopportare ad occhio nudo. Subito un senso di sgomen-to,di smarrimento pauroso.Solo dopo alcuni istanti, in cui il tempo è sem-brato fermarsi, siamo riusciti ad intravedere nella luce bianchissima lesembianze di Cristo. Non era proprio lui, l’immagine che ci era familiare:a stento riuscivamo a intravedere la sua sagoma.

Rimasi a lungo paralizzato.Adesso, che è passato molto tempo, e solo adesso, sono riuscito a

collegare quel fatto alla misteriosa frase di Gesù: «Alcuni di voi vedrannoil Regno di Dio prima di morire».

C’è di più. Io, che non ho mai creduto ai fantasmi, mi vedo appari-re poco dopo Elia e Mosè. Per un momento ho creduto di essere anch’ioun trapassato: ero morto, e stavo già in cielo.

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SOTTOTESTO

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Sono stati Giacomo e Giovanni, con la loro presenza, con la loropaura, a riportarmi di colpo sulla terra. Era tutto vero. Noi eravamo lì, incarne ed ossa, davanti a loro: benché fossero evanescenti, potevamo ve-derli parlare. Non sentivamo il suono delle parole, ma era chiaro che co-municavano tra di loro. D’un tratto non ebbi più paura. Lentamente il ter-rore iniziale si era trasformato in una beatitudine indicibile. Avevo di-menticato completamente la terra, mia moglie, tutto. Credo di aver capi-to, proprio in quell’attimo che cosa ci aspetta nell’eternità. E, come se ilsangue mi rifluisse di nuovo nelle vene, tentai di articolare delle parole.

Forse a darmi ancora la forza di parlare è stata la gioia di essere lì,uscito da me e immerso nella divinità. Quando noi, sulla terra, siamo at-traversati dalla felicità, vorremmo fermare il tempo.

Così mi sono fatto coraggio, e, quasi balbettando, ho proposto aGesù di restare lì, e di costruire tre tende per loro. A me bastava restare lì,non avevo più bisogno di nulla.

La conferma che non era un sogno è venuta subito dopo. Le no-stre orecchie hanno percepito con chiarezza la voce di Dio, le sue parole.La certezza che il mio Maestro non era uno dei tanti profeti, ma il Figlio diDio, io l’ho avuta ascoltando con le mie orecchie. E c’erano anche gli altridue, con me. Hanno sentito anche loro.

Però, non sapevo che tutto dovesse scomparire con la stessa im-mediatezza con cui era apparso. Le tre figure evanescenti si dissolvono.Resta soltanto Gesù. Il cammino sulla terra doveva continuare. Siamo ri-discesi nella realtà terrena.

Sei giorni dopo Gesù prese con sé tre discepoli, Pietro, Giacomo eGiovanni e li portò su un alto monte, in un luogo dove non c’eranessuno. Là, di fronte a loro, Gesù cambiò d’aspetto: i suoi abiti di-ventarono splendenti e bianchissimi. Nessuno a questo mondoavrebbe mai potuto farli diventar così bianchi a forza di lavarli. Poii discepoli videro anche il profeta Elia e Mosè: stavano accanto aGesù e parlavano con lui. Allora Pietro cominciò a parlare e disse aGesù: «Maestro, è bello per noi stare qui! Prepareremo tre tende:una per te, una per Mosè e una per Elia».

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Marco9, 2-8

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Parlava così, perché non sapeva che cosa dire. Infatti eranospaventati.

Poi apparve una nuvola che li avvolse con la sua ombra, edalla nuvola si fece sentire una voce: «Questo è il Figlio mio che ioamo. Ascoltatelo!».

I discepoli si guardarono subito attorno, ma non videro piùnessuno: con loro c’era solo Gesù.

� Ecco alcune domande possibili, poiché le analisi sono personali equindi infinite. Date le vostre risposte.

• Dove avviene l’azione? Descriverne i particolari ambientali: tempera-tura, odori, suoni, colori, fondale...

• Qual è l’aspetto dei personaggi?

• Da dove vengono?

• Perché sono proprio lì?

• Dove stanno andando?

• Che cosa stanno pensando?

• Quali sono i fatti secondari che non appaiono nel racconto?

• Che cosa può essere accaduto in quei sei giorni successivi al momen-to in cui Cristo disse: «Io vi assicuro che alcuni che sono qui presenti nonmoriranno, prima di aver visto il Regno di Dio che viene con potenza»?

• Perché Gesù prende con sé solo Pietro, Giacomo e Giovanni?

• Com’è il monte?

• Che sensazione dà a Pietro, Giacomo e Giovanni quell’isolamento?

• Che reazione hanno quando Gesù cambia d’aspetto?

• Come li colpisce la luminosità soprannaturale?

• Di che cosa parlano Gesù, Mosè ed Elia?

• Qual è lo stato d’animo di Pietro quando chiede di restare lì?

• Che cosa li spaventa maggiormente di quella teofania?

• Come reagiscono alla nube che li avvolge, nell’udire la voce di Dio?

LAVORO SUL TESTO

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Cercate di applicare la ricerca del sottotesto, facendo emergere con chia-rezza il tema centrale del Vangelo, ai quattro brani sottoelencati presi dauna liturgia domenicale. I personaggi biblici, nelle varie situazioni, parla-no, e da quelle parole bisogna risalire ai loro pensieri, ai sentimenti che lehanno originate. Si tratta di dotare i personaggi di una vita interiore cheguidi tutte le manifestazioni esteriori.Trovare una saldatura tra vissuto escritto è l’obbiettivo del lettore, affinché la Parola proclamata susciti at-tenzione e accoglienza in chi l’ascolta.

Ascoltate queste parole, voi che schiacciate i poveri e trattate gliumili come prigionieri di guerra. Proprio voi che dite: «Quant’èlungo il sabato! Ma quando finisce la festa della luna nuova? Noidobbiamo vendere il nostro grano! Possiamo aumentare i prezzi,falsificare le misure e truccare le bilance. Venderemo anche il gra-no di scarto! Ci saranno certamente dei poveri che non possonopagare i loro debiti, neppure per un paio di sandali. Allora li com-preremo come schiavi».

Per l’arroganza dei discendenti di Giacobbe il Signore hagiurato: Non dimenticherò mai i loro misfatti.

• Chi sono i protagonisti del brano?

• Dove e quando può avvenire l’azione?

• Perché Amos si trova lì?

• Quali sono gli aspetti negativi della società del tempo,contro i quali prende posizione il profeta?

• Come mai Amos è così determinato nel rimproverare i prepotenti?

SOTTOTESTO

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ESERCIZIO

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Amos8, 4-7

SOTTOTESTO

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Alleluia, gloria al Signore!

Felice l’uomo che ama il Signoree con gioia ubbidisce alle sue leggi.La sua famiglia sarà grande nel paese,i figli del giusto saranno benedetti.La sua casa vivrà nell’abbondanza.Dio sarà con lui generoso per sempre.Spunta nel buio una luce per i giusti:Dio clemente, pietoso e fedele.Chi è buono presta con larghezza e tratta i suoi affari onestamente.Il giusto non cadrà mai:rimarrà sempre vivo il suo ricordo.

Non teme di udire cattive notizie:ha la mente ferma, confida nel Signore.Con animo sereno, senza paura,attende la sconfitta dei suoi avversari.Dona con larghezza ai poveri,sarà potente e rispettato;Dio sarà con lui generoso per sempre! Il malvagio guarda con invidia,si rode e si consuma dalla rabbia,svanisce ogni sua speranza.

• In bocca a chi possiamo immaginare le espressioni del Salmo?

• Quali possono essere queste ingiustizie?

• Che cosa sperano i giusti dall’aiuto del Signore?

• Che speranze hanno per la società?

LAVORO SUL TESTO

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SOTTOTESTO

Salmo112

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Innanzi tutto ti raccomando che si facciano preghiere a Dio pertutti gli uomini: domande, suppliche e ringraziamenti. Bisognapregare per i re e per tutti quelli che hanno autorità, affinché sipossa vivere una vita tranquilla, in pace; una vita dignitosa e de-dicata a Dio.Tutto ciò è buono e piace a Dio nostro Salvatore. Eglivuole che tutti gli uomini arrivino alla salvezza e alla conoscenzadella verità.

Perché uno solo è Dio, e uno solo è il mediatore tra Dio e gliuomini: l’uomo Gesù Cristo. Egli ha dato la sua vita come prezzodel riscatto di tutti noi. A questo modo, nel tempo stabilito, egli hadato la prova che Dio vuol salvare tutti gli uomini.Per questo io so-no stato fatto messaggero e apostolo, con l’incarico di insegnareai pagani la fede e la verità. Sono sincero, non dico menzogne.

• A chi dobbiamo immaginare che siano rivolte queste parole?

• Perché Paolo si preoccupa tanto che la comunità preghi?

• Quali possono essere questi pericoli?

• Perché Paolo sente il bisogno di ricordare Cristo come unico mediatore tra Dio e gli uomini,e perché insiste sulla volontà di Dio di aprire a tutti gli uomini la salvezza?

• Che cosa spinge Paolo a ricordare la propria missione di annunciatore della parola?

SOTTOTESTO

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SOTTOTESTO

I Timoteo2, 1-7

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Gesù disse ai suoi discepoli: «C’era una volta un uomo molto riccoche aveva un amministratore. Un giorno alcuni andarono dal pa-drone e accusarono l’amministratore di aver sperperato i suoi be-ni. Il padrone chiamò l’amministratore e gli disse:“È vero quel chesento dire di te? Presentami i conti della tua amministrazione, per-ché da questo momento tu sei licenziato”.

«Allora l’amministratore pensò:“Che cosa farò, ora che il miopadrone mi ha licenziato? Di lavorare la terra non me la sento e dichiedere l’elemosina mi vergogno. Ma so io quel che farò! Farò inmodo che ci sia sempre qualcuno che mi accoglie in casa sua, an-che se mi viene tolta l’amministrazione”.

«Poi, a uno a uno, chiamò tutti quelli che avevano dei debiticon il suo padrone.

«Disse al primo:“Tu, quanto devi al mio padrone?”.«Quello rispose:“Gli devo cento barili d’olio”.«Ma l’amministratore gli disse:“Prendi il tuo foglio, mettiti

qui e scrivi cinquanta”.«Poi disse al secondo debitore:“E tu quanto devi al mio pa-

drone?”.«Quello rispose:“Io gli devo cento sacchi di grano”.«Ma l’amministratore gli disse:“Prendi il tuo foglio e scrivi

ottanta”.«Ebbene, sappiate che il padrone ammirò l’amministratore

disonesto, perché aveva agito con molta furbizia. Così, gli uominidi questo mondo, nei loro rapporti con gli altri, sono più astuti deifigli della luce.

«Io vi dico: ogni ricchezza puzza d’ingiustizia: voi usatela perfarvi degli amici; così, quando non avrete più ricchezze, i vostriamici vi accoglieranno presso Dio.

«Chi è fedele in cose di poco conto è fedele anche nelle co-se importanti. Al contrario, chi è disonesto nelle piccole cose è di-sonesto anche nelle cose importanti.

LAVORO SUL TESTO

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Luca16, 1-13

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«Perciò, se voi non siete stati fedeli nel modo di usare le ric-chezze di questo mondo chi vi affiderà le vere ricchezze? E se nonsiete stati fedeli nell’amministrare i beni degli altri, chi vi darà il be-ne che vi spetta?

«Nessun servitore può servire due padroni: perché, o ameràl’uno e odierà l’altro, oppure preferirà il primo e disprezzerà il se-condo. Non potete servire Dio e il denaro».

• Quali persone possiamo immaginare come ascolta-tori di questa parabola?

• Perché la parabola presenta l’amministratore diso-nesto in una luce in qualche modo positiva?

• Quale ammonimento potevano ricavare gli ascolta-tori da questa parabola?

L’analisi del sottotesto dei quattro brani precedenti [Amos 8, 4-7; Salmo 112;1 Timoteo 2, 1-7; Luca 16, 1-13] mette in evidenza come tema centrale co-mune la condanna della malvagità e dell’ingiustizia da parte di Dio, che as-sicura ai giusti la sua protezione.

Nel primo brano, egli manda il profeta a rimproverare i ricchi che op-primono il popolo.

Nel secondo, i giusti chiedono a Dio di assicurare loro una vita tran-quilla e di punire i disonesti.

Nel terzo, Paolo esorta a pregare per i re, perché esercitino corretta-mente la loro autorità, garantendo ai giusti protezione e serenità.

Nella parabola di Luca,si ricorda che ogni ricchezza puzza di ingiustizia.

Ascoltate la cassetta, in cui la lettura di ogni testo è seguita da quella del re-lativo sottotesto.

SOTTOTESTO

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SOTTOTESTO

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Nel 1992,nel Laboratorio della Parola presso la Comunità Valdese di Roma,sollecitati dallo spettacolo Moby Dick di Vittorio Gassman, abbiamo scel-to come esercitazione per il sottotesto il sermone del pastore luterano.

Nella cassetta potrete ascoltare il testo letto da Franco Giacobini, e il sotto-testo relativo scritto da Franca Long, che faceva parte del gruppo, letto daAngela Goodwin.

Amati compagni,prendete l’ultimo verso del primo capitolo di Gio-na: E Dio aveva preparato un gran pesce per inghiottire Giona. Qualiabissi dell’animo scandaglia la profonda sagola di Giona! Che grancosa è quel cantico dentro il ventre del pesce! È il racconto del pec-cato, della durezza di cuore, del castigo, del pentimento e, infine,della liberazione e della gioia. Come ogni peccato dell’uomo, ilpeccato di questo figlio fu nella disubbidienza cosciente al co-mando di Dio, un comando che egli trovò duro. Ma tutte le coseche Dio vuole da noi sono dure, ricordatelo! Ed è per questo chespesso Egli ci comanda invece di tentare con la persuasione. E seubbidiamo a Dio, noi dobbiamo disubbidire a noi stessi, ed è inquesta disubbidienza che consiste la difficoltà di ubbidire a Dio.

E con addosso questo peccato, Giona lo insulta ancor piùcercando di sfuggirgli. Cerca una nave per Tarsis, la moderna Cadi-ce, nell’illusione che una nave fatta da uomini possa condurlo inun paese dove non regni Dio! Vergognoso e con lo sguardo colpe-vole gironzola fra le navi come un ladro che voglia emigrare; trovafinalmente l’imbarco per Tarsis; i marinai lo guardano con sospet-to, il capitano gli chiede il triplo della somma consueta.

Ed eccolo a bordo; si rifugia nella cuccetta dall’aria stagnan-te, e fissa, come in un incubo, la lampada che oscilla obliqua dalsoffitto. «Ahimè! ~ sussurra gemendo ~ così dentro di me la miacoscienza pende dritta e brucia, ma le stanze dell’anima appaionotutte distorte».

Così, quella nave, amici, fu il primo fra tutti i contrabbandie-ri, e il contrabbando fu Giona. Ma il mare si ribella, esso non por-

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ESERCIZIO

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Il sermoneda«Moby Dick»di Melville

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terà il carico maledetto. Un tremendo fortunale si leva, mentreGiona dorme il suo sonno obbrobrioso, ignaro della tempesta, dellontano fragore della grande balena che già fende il mare sullesue tracce con la bocca spalancata. Il capitano lo scuote. «Che cre-di, tu che dormi? Levati!», mentre Giona atterrito vede il bompres-so che punta in alto e tosto si abbatte nell’abisso delle onde. E fi-nalmente, ai marinai che lo squadrano sempre più certi che sia luila causa della tempesta, Giona grida, come strappatagli dalla ma-no di Dio che lo stringe, la sua confessione:«Io sono un ebreo! E so-no la causa della tempesta... Prendetemi e gettatemi in mare!...».

E sotto l’incalzare dell’uragano gli uomini lo afferrano, e, co-me un’ancora, lo scaraventano tra i marosi. Istantaneamente, unabonaccia come d’olio esce da oriente, il mare è d’un tratto tran-quillo perché Giona si porta al fondo la burrasca, quasi inconsciodella propria caduta fin nel cuore dei mari, e si ritrova nelle ma-scelle d’avorio che la balena ha fatto scattare; una serie di chiavi-stelli imbiancati, a serrarlo nella sua prigione.

Allora, Giona fece orazione al Signore dalle interiora del pe-sce.Egli sentì, finalmente,che la sua punizione era meritata, invocòil perdono ma si disse grato del castigo.E Iddio parlò al pesce; e dalraccapricciante freddo buio del mare, la balena venne sferzando lacoda, verso il sole tiepido e le delizie della terra, a vomitare Gionasull’asciutto.

Questa, o compagni, è la grande lezione della storia di Gio-na, e guai a quel pilota del Dio vivente che la scorda, guai a coluiche non vuole essere sincero anche quando la salvezza è nel men-tire, colui che cerca di versare olio sulle acque quando Iddio le fer-menta in burrasca. Ma gioia, gioia fino all’alberetto per chi non ri-conosce legge,né Signore,se non il Signore suo Dio e che potrà di-re: «O Padre mio, ch’io conosco specialmente per la sferza, io quimuoio, mortale o immortale ch’io sia. Mi sono sforzato di esseretuo, più che di questo mondo o di me stesso. Eppure ciò non è nul-la: lascio l’eternità a te solo, poiché che cosa è l’uomo perché deb-ba sopravvivere a tutta la vita del suo Dio?».

SOTTOTESTO

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ⓦ Il pastore è un uomo alto, magro, tra i cinquantae i sessant’ anni, vestito di scuro: capelli biondo-grigi, volto scarno, sguardo intenso, espressionestanca, molte rughe. Il suo nome è David.

ⓦÈ venuto venti anni fa in questo paese sperduto del nord America, paesedi pescatori e di avventurieri di passaggio. È venuto, mandato dalla suachiesa, convinto di essere chiamato da Dio in questo luogo, forzato inqualche modo da questa sua convinzione a dimenticare i suoi desideri, anon tenere in conto i desideri della moglie, a non ascoltare il rammaricodegli amici che lo vedevano avviato al dottorato in teologia. Quando glifu proposta la sede pastorale, si trovava a Boston, aveva una buona co-munità, teneva conferenze, studiava, si impegnava per la soluzione deiproblemi sociali della città. Improvvisamente dovette decidere. La seraprese la sua Bibbia e lesse Ezechiele: «La mano dell’eterno fu sopra di mee l’Eterno mi trasportò... ». Non ebbe dubbi. Doveva accettare e partire.

ⓦSono passati venti anni: ha avuto a che fare con una comunità di gentesemplice, donne soprattutto, vedove «bianche» con i mariti marinai lon-tani gran parte dell’anno; ha avuto a che fare con il paese, gli stranieri dipassaggio, i marinai ubriachi e rissosi, le prostitute del porto; ha avuto ache fare con una moglie stanca, avvilita per la mancanza di figli, incupita.L’esistenza di David è stata segnata da dolori e da delusioni: conosce ladurezza della vita che capisce come durezza di Dio. La fede nel «suo» Si-gnore, però, non lo ha abbandonato, gli rende possibile la preghiera, ladomanda.

ⓦAl porto. Il cielo è limpido; soffia un forte vento. I marinai in partenza gri-dano, ridono, si insultano; c’è chiasso e movimento.Il pastore comincia a parlare nella disattenzione generale. All’inizio parlacon voce forte e col tono dell’ammaestratore (a causa della confusione,ma anche per abitudine al ruolo del predicatore).Durante il sermone il tono si fa più basso, intimo: prima parla al pubblico,poi soprattutto a se stesso. Il suo tono è sofferto: si avverte che sta attra-versando un momento difficile, di bilancio amaro.

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SOTTOTESTO

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ⓦAvviene che i marinai avvertono l’autenticità del pastore, e quasi senzaaccorgersene si fanno attenti alle sue parole: sono uomini rozzi e violen-ti, ma sanno riconoscere la sofferenza e l’onestà di chi non li giudica dal-l’alto, ma si pone accanto a loro, sotto il giudizio e l’amore di Dio; capi-scono che il racconto biblico è per loro, parla di loro.La seconda parte del sermone viene ascoltata nel silenzio.C’è comunicazione.

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3. Memoria emotiva

Svilupperemo ora l’intuizione del metodo di Stanislavskij definita memoriaemotiva, punto fondamentale e più complesso delle nostre esperienze del La-boratorio della Parola, con alcune esemplificazioni pratiche. La memoria emo-tiva è il punto d’incontro più alto e più ricco del metodo qui proposto, checoincide felicemente con le necessità di preparazione del lettore biblico. La for-za delle parole della Sacra Scrittura deve entrare nella nostra realtà e trasfor-marla. Quando però i trasmettitori di queste parole ci danno la sensazione diraccontare favole di altre galassie, non vissute, si rischia di trasformare l’as-semblea domenicale in un obitorio.

La memoria emotiva è quella che ci aiuta a ritrovare tutti i sentimenti giàvissuti. Infatti, come la memoria visiva fa rinascere davanti alla vista interiorecose dimenticate, paesaggi, figure, persone, così la memoria emotiva fa tornarein vita sentimenti già vissuti. Sembravano completamente dimenticati ma ba-sta un pensiero, un’immagine, ed ecco che ti afferrano di nuovo e tornano a vi-vere in te. A volte intensi, a volte più deboli. L’analogia da cercare e rivivere trai sentimenti dei personaggi del testo biblico e i sentimenti del lettore biblico èl’unico ponte attraverso il quale le esperienze personali, evocate dal testo, arri-veranno con l’incisività del vissuto a colui che ascolta. Il contributo che devedare il lettore col suo lavoro per appropriarsi sempre più del testo, in questaspecie di simbiosi, è l’attivazione del vissuto. Una simbiosi tra la vita interioredel lettore e la vita interiore dei vari personaggi biblici. Si tratta, in fondo, co-me bene dice Gerardo Guerrieri,12 di «esperienzializzare il testo», cioè di allea-re in un unico movimento creativo il fantastico e il vissuto, il letterale e l’ana-logico. Per non sclerotizzare la comunicazione con la ripetizione di brani già

LAVORO SUL TESTO

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12 G. GUERRIERI, Prefazione a K. Stanislavskij, Il lavoro dell’attore, cit.

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letti e riletti, l’unico mezzo è di riattivare l’esperienza.Anche se il nostro baga-glio esperienziale è modesto, l’importante è che si creino associazioni di im-magini e di sentimenti «veri». Dice Stanislavskij: «Una verità produce una ve-rità e mai una falsità una verità».

La credibilità delle parole è strettamente connessa alla vibrazione dellavoce, che è l’indicatore di chi siamo veramente. Ognuno di noi ha sedimenta-to il proprio vissuto in un misterioso magazzino che definiamo la memoria, edè da lì che emerge la nostra verità. Una verità interiore, vissuta, di emozioni piùo meno sofferte. Stanislavskij consiglia di essere attenti osservatori dei proprie degli altrui processi interiori, ed è sorprendente quando indica l’obiettivofondamentale, che sembra indirizzato a noi lettori della Bibbia: «[...] credere inmodo assoluto alla verità del testo come se fosse una propria verità, vivendolacome un nostro reale accadimento». È l’unica garanzia di autenticità ed effica-cia nel comunicare un testo. Chi ascolta percepisce il falso se chi trasmette noncrede al contenuto delle parole. «Leggere bene o male non importa, importaleggere vero». Spesso la falsità si manifesta in una esposizione enfatica che ma-schera l’insufficienza interiore.

Come arricchire l’archivio dove custodiamo la memoria emotiva sa-pendo che il tempo filtra e sfuma i contorni dei ricordi? Come fissare quei det-tagli, quelle sensazioni legate a certe atmosfere che influiscono su di noi e han-no un potere evocativo?

Gli stimoli per far riemergere i sentimenti depositati possono essere siaesterni che interni. La descrizione delle ossa secche, calcinate, in Ezechiele, puòessere animata dalla visione emotiva delle fosse dei cadaveri nella Bosnia che idossiers televisivi ci mostrano continuamente.Con un processo inverso,è il testostesso, così forte, così creativo, che da solo suscita in noi un processo di autoco-scienza. La rievocazione delle emozioni e dei sentimenti di una nostra esperien-za di gioia, di dolore, di serenità può essere molto più intensa che nel momentodel fatto accaduto, o viceversa. Quando i vari stimoli non funzionano, quandoil nostro bagaglio personale è povero di fronte alle mille situazioni che vivonoi personaggi della Bibbia, bisogna attingere alle esperienze indirette, che per va-rie vie (letture, racconti, spettacoli...) si sono depositate nella nostra memoria.

MEMORIA EMOTIVA

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Facciamo un esempio concreto: applichiamo l’esercizio della memoriaemotiva ad un brano di Ezechiele. In questo caso utilizzeremo un testoche abbiamo elaborato (con qualche libertà) come risultato di un esamecomparativo di varie traduzioni (TILC, CEI, concordata, riveduta, ecc.), anti-cipando in certo modo la collatio di cui si farà cenno nel capitolo dellaLectio Divina.

La mano del Signore si posò su di me, e il Signore mi condusse inspirito lasciandomi in una valle tutta coperta di ossa. //

Me le fece passare in rassegna: erano moltissime, nella conca dellavalle, secche.//

Allora mi disse: «Figlio d’uomo possono queste ossa rivivere?».Risposi: «Tu lo sai, Signore». //

Mi ordinò: «Esorcizza queste ossa:“Ossa calcinate ascoltate la pa-rola del Signore. Così dice il Signore a queste ossa: //

Ecco, io faccio entrare in voi lo Spirito e rivivrete. //

Vi innesterò tendini, farò crescere su di voi la carne, su di voi sten-derò la pelle. Poi vi infonderò lo spirito e rivivrete. Saprete che iosono il Signore”». //

Pronunciai l’esorcismo come mi era stato ordinato, e mentre lopronunciavo, sentii il rumore di qualcosa che si muoveva e le ossasi unirono tra loro, osso con osso. //

Guardai, ed ecco sopra di loro i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva. Ma non c’era spirito in loro. //

Allora il Signore mi disse: «Profetizza al soffio della vita, profetizzacon queste parole:“Così dice il Signore: soffio della vita, vieni daiquattro venti e soffia su questi morti perché rivivano”». //

Io profetai come il Signore mi aveva ordinato. Il soffio della vita pe-netrò in quei corpi ed essi ritornarono in vita e si alzarono in piedi:erano una moltitudine immensa. //

LAVORO SUL TESTO

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ESERCIZIO

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Ezechiele37, 1-14

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Il Signore mi disse: «Figlio d’uomo, queste ossa sono il mio popolo.Ecco,gli Israeliti dicono:“Le nostra ossa sono seccate, la nostra spe-ranza è svanita, siamo perduti”. //

Per questo profetizza:“Così dice il Signore: ecco, io apro le vostretombe, vi faccio uscire dai vostri sepolcri, popolo mio, e vi condu-co nella vostra terra, Israele. //

Così riconoscerete che io sono il Signore. Metterò il mio spirito invoi e voi rivivrete. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore.

È evidente che prima di iniziare il lavoro sul brano sarà necessario conte-stualizzare l’episodio delle «ossa secche», leggere cioè i capitoli prece-denti. Quale dunque il contesto del momento delle «ossa secche»? Essosarà già stato individuato dall’analisi del testo e del sottotesto.

Qui lo eplicitiamo perché l’analogia che troveremo nella «memo-ria emotiva» sia adeguata al significato che il testo vuole comunicare: Diosoccorre il suo popolo nonostante la sua durezza di cuore e prometteuna nuova vita per Israele che rinascerà appunto dalle ossa secche.

Per ogni blocco suggeriamo alcune possibili risposte alla doman-da: che cosa richiama dal mio vissuto questa immagine? Esse potrannoaiutare a rievocare dalla memoria emotiva di ciascuno situazioni concre-te. Tra queste si dovrà scegliere quella più appropriata a comunicare al-l’ascoltatore il significato più profondo dell’episodio biblico, arricchen-dola di contenuti emotivi personali.

37,1 La mano del Signore si posò su di me• Il ricordo di un avvenimento in cui provai un forte sentimento di fiducia.

• Il ricordo di un momento in cui fui chiamato a compiere qualcosa di importante.

• Il ricordo...

mi condusse in spirito...• Sorpresa per la forza che avverto dentro di me.

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• Timore di essere abbandonato.• Perplessità per una situazione nuova e inaspettata

in cui mi sono trovato....

...lasciandomi in una valle tutta coperta di ossa• Lo sgomento di fronte alle testimonianze dei campi di concentramento

• Sensazioni di vanità che si possono provare visitando un cimitero.

• Perplessità di fronte a nuovi compiti cui sono stato destinato.

...37,2 Me le fece passare in rassegna: erano moltissime,

nella conca della valle, secche• Il ricordo doloroso delle stragi della guerra.

• La tristezza per ciò che io ho fatto morire in me e attorno a me....

37,3 potranno queste ossa rivivere?• L’incertezza dell’al di là di fronte alla morte di una persona cara.

• La speranza di un miracolo....

Tu la sai, Signore• Il ricordo, in un momento di sfiducia, di essersi affidati ad altre persone

• La fiducia cieca di fronte ad alcune verità.• Il senso di ambivalenza di fronte a quanto un interlocutore chiede.

...37,4 Mi ordinò: Esorcizza queste ossa

• Il ricordo di momenti in cui sono stato chiamato a compiere azioni che ritenevo per me impossibili.

• Il ricordo di momenti in cui ho dovuto impormi per ottenere dagli altri ciò che volevo.

• Il senso di gratificazione per essere stato sceltoper una missione.

...

LAVORO SUL TESTO

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37, 5 faccio entrare in voi lo Spirito• Il ricordo dell’emozione provata leggendo un brano

della Sacra Scrittura, in cui avvertivo profondamente in me la presenza dello Spirito.

• Il ricordo di grandi momenti di sicurezza....

37, 6 farò crescere su di voi la carne• Il ricordo dell’aiuto dato a una persona.

• La gioia nell’aver risolto una situazione difficile....

37, 7 mentre lo pronunciavo, sentii il rumore di qualcosa che si muoveva• Soddisfazione e meraviglia

nel vedere che quanto speravo si sta realizzando.• Sorpresa e spavento per coincidenze inattese.

...37, 8 Ma non c’era spirito in loro

• Lo scoramento di fronte ad un fallimento.• L’incomprensione nonostante tutto l’impegno messo

nella comunicazione....

37, 9 soffio della vita, vieni dai quattro venti• La convinzione che la forza che sento in un momento cruciale

viene da un potere che mi trascende.• Il ricordo di un’esperienza felice, quando ho saputo cogliere

la bellezza del creato attorno a me....

37, 10 e si alzarono in piedi: erano una moltitudine immensa• L’esaltazione di un momento in cui assieme agli altri

ho partecipato ad un grande avvenimento.• La meraviglia di una grande gioia provata in comune.

...

MEMORIA EMOTIVA

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37, 11 gli Israeliti dicono: Le nostra ossa sono seccate,la nostra speranza è svanita, siamo perduti• Disperazione di fronte all’incapacità di accettare i miei limiti.

• Senso di smarrimento per quei momenti in cui sento mancarmi la fede.

...37, 12 ecco, io apro le vostre tombe, vi faccio uscire dai vostri sepolcri

• Il coraggio nel farsi carico dell’ingiustizia e nel denunciarla.• La gioia provata quando ho compiuto una buona azione.

...37,13 L’ho detto e lo farò

• La decisione di rimanere fedele ad una promessa.• L’impegno di continuare nonostante tante incertezze.

...

A conclusione di questo esercizio riportiamo la testimonianza personale di una«memoria emotiva» suggerita dal brano di Ezechiele.Come è sempre op-portuno e necessario fare, essa è stata preceduta dalla rilettura dei passidel profeta particolarmente utili a mettere a fuoco i momenti salienti delpersonaggio e della sua storia:1; 3; 5 ; 6; 7; 12; 17; 21 ; 23; 24, 15-17; 32, 17; 33, 1-16; 34, 1-16; 36.

Troverete le letture del brano biblico e della memoria emotiva registrate nel-la cassetta.

La mano del Signore si posò su di meLa sensazione precisa di essere preso di peso e staccato da tutto. Per al-cuni mesi, nel passato, ho dovuto interrompere tutte le mie attività nel-l’attesa di sapere se stavo per perdere la vista. Lo stupore di una serenaaccettazione.

mi condusse in spirito...Quella disgrazia inaspettata mi sembrò un «aiuto» per uscire finalmentedalla mia superficialità e cominciare un processo di interiorizzazione,troppe volte programmato, ma mai iniziato.

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...lasciandomi in una valle tutta ricoperta di ossaLa solitudine, l’isolamento forzato creavano uno spazio insolito, condi-zionamento ideale per l’esame di tutta una vita.

Me le fece passare in rassegna: erano moltissime, nella valle, secche, calcinateRiesaminai il mio passato. «Passai in rassegna», come in un grande cimi-tero, i miei morti: i genitori, gli amici, le donne amate.Tutti quelli che avreipotuto aiutare con la mia fede, quelli che ho ucciso con la mia indifferen-za (l’impegno del sacerdozio universale assunto con il battesimo...).

potranno queste ossa rivivere?La certezza della risurrezione, spesso l’ho perduta. Che cosa rimane delmio «credo»?

Tu lo sai, SignoreAnch’io rispondo eludendo la domanda, e continuerò a farlo.In questa risposta ritrovo l’ambiguità della mia debole speranza nel mi-stero imperscrutabile di Dio.

Mi ordinò: Esorcizza queste ossaPassato il pericolo di una cecità totale, con quella poca vista che mi rima-neva, ho continuato a fare il «lettore» della Bibbia in pubblico, su pagineriscritte in caratteri enormi.Non c’è nulla che mi faccia sentire vivo come il comunicare quelle paro-le. Ma non eseguo un ordine dall’alto: è una mia gratificazione, l’unica.Continuerò perché la Parola sia ascoltata, come esorcismo.

faccio entrare in voi lo SpiritoHo sperimentato la potenza e il magnetismo della Sacra Scrittura chepuò diventare presenza dello Spirito. È una sensazione che ti sembra ditoccare con mano, che ti entra nelle ossa.

farò crescere su di voi la carneHo visto con il tempo molti inaridire, ma anche altri «rinascere», e non c’ègioia più grande che far ritrovare un po’ di speranza, aiutare qualcuno ariprendere il gusto di vivere. Mi è successo raramente, ma quelle occasio-ni hanno dato senso alla mia vita.

MEMORIA EMOTIVA

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mentre lo pronunciavo sentii il rumore di qualcosa che si muovevaQuante volte, mentre annunciavo all’assemblea le parole della Scrittura,come per un effetto di sdoppiamento, mi sono distolto dalla mia funzio-ne di semplice annunziatore della parola, per interrogarmi sulla sua effi-cacia: desideravo che la forza di quelle parole agisse sulle persone cheascoltavano in quell’attimo stesso, concretamente, sul loro corpo, trasfor-mandole, risanandole.

soffio della vita, vieni dai quattro ventiHo avuto spesso la sensazione di essere un canale incrostato. Per dare ef-ficacia al suono delle parole sacre, è indispensabile pregare. Se non invo-co lo Spirito Santo tutti i giorni, non avrò la forza necessaria.

e si alzarono in piedi: erano una moltitudine immensaQuando, come in questo caso, non trovo un riferimento preciso nella me-moria emotiva, devo credere che queste parole, nel momento che le co-munico all’assemblea, sono un «evento». Devo credere che queste paro-le ridanno la vita a chi ascolta.

gli Israeliti dicono:Le nostre ossa sono seccate, la nostra speranza è svanita, siamo perduti

La sensazione di angoscia quando ho perso la speranza.Il deserto spirituale che avverto nelle persone che incontro è anche il ri-sultato della mia aridità.

ecco, io apro le vostre tombe, vi faccio uscire dai vostri sepolcriUna sensazione di rinascita l’ho ritrovata di ritorno da un viaggio in India.Il sepolcro dei miei egoismi, attaccamenti, passionalità, tipicamente occi-dentali, si stava sgretolando.Sentirmi per la prima volta libero, spogliato di tante inutili sovrastrutture,è stato come rinascere, uscire veramente da un sepolcro.

L’ho detto e lo faròLe mie insicurezze, i miei dubbi, serpeggiano sempre; anche quando «cre-do» nella parola di Dio, ne aspetto sempre gli effetti immediati, come unbambino capriccioso. Questi effetti spesso ritardano. Ma ho solo questasperanza: che Lui lo farà! Non posso perdere l’unica cosa che mi fa vivere.

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Esercitiamo la «memoria emotiva» su un brano della lettera di Paolo ai Romani.

Io penso che le sofferenze del tempo presente non siano assoluta-mente paragonabili alla gloria che Dio ci manifesterà. Tutto l’uni-verso aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio mo-strerà il vero volto dei suoi figli. Il creato è stato condannato a nonaver senso,non perché l’abbia voluto,ma a causa di chi ve lo ha tra-scinato. Vi è però una speranza: anch’esso sarà liberato dal poteredella corruzione, per partecipare alla libertà e alla gloria dei figli diDio.Noi sappiamo che fino a ora tutto il creato soffre e geme comeuna donna che partorisce. E non soltanto il creato, ma anche noi,che già abbiamo le primizie dello Spirito, soffriamo in noi stessiperché aspettiamo che Dio, liberandoci totalmente, manifesti chesiamo suoi figli. Perché è vero che siamo salvati, ma soltanto nellasperanza. E se quel che si spera si vede, non c’è più speranza, dalmomento che nessuno spera in ciò che già vede. Se invece speria-mo in ciò che non vediamo ancora, lo aspettiamo con pazienza.Allo stesso modo, anche lo Spirito viene in aiuto della nostra de-bolezza, perché noi non sappiamo neppure come dobbiamo pre-gare, mentre lo Spirito stesso prega Dio per noi con sospiri chenon si possono spiegare a parole. E Dio, che conosce i nostri cuori,conosce anche le intenzioni dello Spirito, che prega per i credenticome Dio vuole.Noi siamo sicuri di questo: Dio fa tendere ogni cosa al bene diquelli che lo amano, perché li ha chiamati in base al suo progettodi salvezza. Da sempre li ha conosciuti e amati, e da sempre li hadestinati a essere simili al Figlio suo, così che il Figlio sia il primo-genito fra molti fratelli. Ora, Dio che da sempre aveva preso per lo-ro questa decisione, li ha anche chiamati, li ha accolti come suoi, eli ha fatti partecipare alla sua gloria.Che cosa diremo dunque di fronte a questi fatti? Se Dio è per noi,chi sarà contro di noi? Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, malo ha dato per tutti noi; perciò, come potrebbe non darci ogni co-

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27Romani8, 18-38

ESERCIZIO

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sa insieme con lui? E chi potrà mai accusare quelli che Dio ha scel-ti? Nessuno, perché Dio li ha perdonati. Chi allora potrà condan-narli? Nessuno, perché Gesù Cristo è morto, anzi, egli è risuscitato,e ora si trova accanto a Dio, dove sostiene la nostra causa.Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse il dolore o l’ango-scia? La persecuzione o la fame o la miseria? I pericoli o la morteviolenta? Perciò la Bibbia dice:Per causa tua siamo messi a morteogni giorno e siamo trattati come pecoreportate al macello.Ma in tutte queste cose noi otteniamo la più completa vittoria,grazie a colui che ci ha amati. Io sono sicuro che né morte né vita,né angeli né altre autorità o potenza celeste, né il presente né l’av-venire, né forze del cielo, né forze della terra, niente e nessuno cipotrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Ge-sù, nostro Signore.

Ascoltate nella cassetta la lettura del brano di Paolo.Sviluppate una personale «memoria emotiva».

Al termine ascoltate la nostra elaborazione.

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Paolo dice che le sofferenze del tempo moderno non sono paragonabilialla gloria che si manifesterà in Dio. Come potrò leggere, io, queste paro-le, conoscendo solo il mio sogno della gloria di Dio? Le sofferenze le conosco, e so che, bene o male, sono sempre riuscita asopportarle e a superarle, purtroppo anche a dimenticarle, o ad evitarle,per poter sopravvivere. Ma la «gloria di Dio» mi evoca un’immagine cosìvaga e confusa che non potrò fare a meno di pronunciare queste parolecon esitazione e stupore.Mi conforta invece il pensiero che tutto l’universo è il progetto di Dio. An-ch’io, dunque un’infinitesima parte dell’universo, rientro nel suo progetto.Mi ricordo che durante la guerra, quando suonavano le sirene ed io scru-tavo il cielo per vedere se la minaccia era proprio lì, vicina, mi sollevavapensare che qualcuno si preoccupava della nostra sorte: la protezioneantiaerea, il capo dello stabile che ci guidava nel rifugio, le autorità poli-tiche che forse trattavano alla ricerca di una soluzione, di una fine delconflitto. E quando gli allarmi e le brutte notizie continuavano, di anno inanno, ricordo che di notte, dal finestrino della piccola stanza dove dormi-vo, guardavo a una «mia» stella, che avevo scelto in mezzo al cielo, e a leirivolgevo la mia preghiera, la mia speranza di salvezza.In quel momento, Dio era per me troppo grande e lontano, e Cristo mi fa-ceva paura con la sua croce. Chiedevo così a lei il perché di tutto il malenel mondo, quanto tempo ancora sarebbe durato il dolore di vivere, perme, per gli altri. La supplicavo di non sparire, di rendersi sempre visibile,di essere il mio porto sicuro. E quando ero con lei, io mi sentivo migliore,più buona,più meritevole; uscivo, in qualche modo,dalla mia confusione,attaccata a quel filo d’argento che mi univa a lei.Se mi avesse potuto par-lare, avrei fatto tutto quello che mi avrebbe detto, avrei affrontato gliostacoli con coraggio.Oggi, tanti anni dopo, la stella è sempre lì, è incredibile, e la guardo contenerezza e gratitudine. Il capo dello stabile e i capi di stato,ho capito chenon sono infallibili, anzi, a volte sono dannosi.Mi conforta, invece, il pensiero di Paolo sulla speranza. Quello che vedo,bello o brutto, non è tutta la verità; devo prestare fede all’anelito che sen-to verso Dio, che mi porta a sperare che la verità ci sarà rivelata.

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IV. «LECTIO DIVINA»

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Innocenzo Gargano, monaco Camaldolese, nel 1986 ci fece scoprire la «lectiodivina», un metodo antico e mai superato creato dai Padri della Chiesa per l’ac-costamento al testo della Sacra Scrittura. Su questo argomento oggi c’è un suolibro, Iniziazione alla «Lectio Divina», 13 che ritengo fondamentale per la nostraricerca. Sarebbe molto interessante ripercorrere tutto il cammino di questoesercizio spirituale, che è al centro del rapporto monastico con la Parola di Dio,e che è concepito come un’ascesa attraverso quattro gradini (collatio, rumina-tio, meditatio, contemplatio); ma a noi, che vogliamo offrire semplicemente unmetodo per riuscire a «far parlare la Bibbia» oggi, interessano soprattutto i pri-mi tre gradini, poiché l’ultimo, la contemplatio, esige una determinazione con-sapevole e una maturazione spirituale che vanno al di là di ogni tecnica.

Il nostro incontro con questa antica saggezza è, insieme a quello conStanislavskij, la seconda felice coincidenza per la nostra ricerca di strumentiindispensabili alla comunicazione della Sacra Scrittura.

Le coincidenze tra le indicazioni del metodo Stanislavskij e l’esperienzadella «Lectio Divina» descritta nel libro di Gargano sono sorprendenti. Le pre-messe del libro, poi, sembrano fatte anche per noi.

Da queste traiamo alcune indicazioni fondamentali. I primi ad ascolta-re la Parola di Dio siamo proprio noi, nello stesso momento in cui la pronun-ciamo nella proclamazione. Se però quelle parole non ci cambiano, attraversoun più o meno lento processo di conversione, il nostro annuncio missionarioperde di senso, è vanità.

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13 I. GARGANO, Iniziazione alla «Lectio divina», Edizioni Dehoniane, Bologna 1992.

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I Padri della Chiesa consideravano la Bibbia un organismo vivente, unapersona viva, con cui stabilire un profondo rapporto personale. Più ci coinvol-giamo con amore nel testo, più riusciremo a penetrare la verità che nasconde.Tutti, purché agiscano con sincerità e onestà, possono leggere la parola di Dio,perché essa è talmente forte che a ciascuno può comunicare qualche cosa, in-dipendentemente dalla sua fede: e questo è ciò che a sua volta il lettore comu-nica all’uditorio.

Seguiamo il percorso del metodo partendo dal primo gradino.

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1. Il significato letterale. La «collatio»

Per l’approfondimento del significato letterale occorre seguire un metodo checonsenta anzitutto di cogliere nel suo complesso il significato del testo, e in se-condo luogo di approfondirlo attraverso tecniche che possiamo definire di ti-po filologico.

Una lettura corsiva di tutta la Bibbia è il primo passo per acquisire fami-liarità con il testo. Leggere, rileggere, leggere, rileggere deve essere il nostroimpegno costante.

Per meglio padroneggiare il senso del testo, si possono eseguire vari eser-cizi di lettura, trascrizione, memorizzazione, ecc.

Leggete attentamente il brano seguente.

C’era molta gente attorno a Gesù. Allora egli ordinò ai discepoli diandare all’altra riva del lago.

Un maestro della legge gli si avvicinò e disse: «Maestro, ioverrò con te dovunque andrai».

Gesù gli rispose: «Le volpi hanno una tana e gli uccelli han-no un nido, ma il Figlio dell’uomo non ha un posto dove poter ri-posare».

Un altro dei discepoli disse a Gesù: «Signore, permettimi diandare prima a seppellire mio padre».

Ma Gesù gli rispose: «Vieni con me! e lascia che i morti sep-pelliscano i loro morti».

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28Matteo8, 18-22

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� Svolgete i seguenti esercizi:

• sottolineate con la matita le parole più importanti

• copiate più volte il testo

• se lavorate in gruppo, fatene una lettura drammatizzata assegnando aciascuno un personaggio

• imparate a memoria il testo

• fate un esame comparativo confrontando le diverse traduzioni: CEI, Ri-veduta, TILC, Nardini, ecc.

� Una volta acquisita familiarità con il testo si potranno appli-

care alcune tecniche filologiche:

Analisi grammaticaleOgni singola parola viene soppesata e definita; acquisisce quindi unaqualifica particolare. È importante porre attenzione alla radice di ognisingolo vocabolo.

Analisi logicaL’analisi logica ci consente di capire la razionalità, la consequenzialità diuna frase.Mette in evidenza le funzioni del sostantivo,che si definisce co-me soggetto, oggetto o complemento. Indica nel verbo il filo condutto-re, il denominatore comune che stabilisce i rapporti tra le varie compo-nenti della frase.

Analisi del periodoIndividuiamo nel periodo quel brano in cui l’autore precisa l’affermazio-ne principale, le sue coordinate, le subordinate e le frasi incidentali.

Analisi della proposizione principaleUna volta trovata l’affermazione centrale, soffermiamoci sul soggetto, ilpredicato e gli altri componenti della proposizione principale. Cerchia-mo i sinonimi per notare le variazioni di senso che si nascondono in unvocabolo. Ad esempio, per «rivelare»: «svelare», «chiarire», «manifestare».

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Analisi della strutturaSoffermiamo l’attenzione non più sui singoli vocaboli, ma su tutto il pe-riodo, tutto un episodio nel suo insieme, cercando di essere il più possi-bile rispettosi del testo. Ognuno di noi porta nella lettura la propria pre-comprensione, ma non deve illudersi che essa sia l’unica possibile.

Analisi delle parole e frasi secondarieMan mano che ci si inoltra nello studio, scopriamo come le parole checonsideravamo secondarie celino un pozzo di infiniti significati.

Procediamo all’analisi della struttura del brano di Matteo successivo aquello utilizzato per l’esercizio precedente:

Gesù salì in barca e i suoi discepoli lo accompagnarono. Improvvi-samente sul lago si scatenò una grande tempesta e le onde eranotanto alte che coprivano la barca. Ma Gesù dormiva. I discepoli siavvicinarono a lui e lo svegliarono gridando: «Signore, salvaci!Affondiamo!».

Gesù rispose: «Perché avete paura, uomini di poca fede?».Poi si alzò in piedi, sgridò il vento e l’acqua del lago, e allora

ci fu una grande calma.La gente rimase piena di stupore, e diceva: «Ma chi è costui?

Anche il vento e le onde del lago gli ubbidiscono!».

� Nella costruzione del racconto ci troviamo di fronte a due si-tuazioni, delle quali una è il rovescio dell’altra:

• Gesù e gli apostoli nella barca sommersi dalle onde del lago in tempe-sta: le forze del male che prevalgono;

• il ritorno della calma e la salvezza ritrovata dopo la tempesta.

La paura e la disperazione degli apostoli e la serenità di Gesù che, diceMarco, dorme su un cuscino.

IL SIGNIFICATO LETTERALE. LA «COLLATIO»

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29Matteo8, 23-27

ESERCIZIO

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� Al centro di questi due momenti emerge il senso della costru-zione narrativa. Esso si compendia nell’invocazione:

Salvaci Signore, siamo perduti.È questo grido degli apostoli che muove la potenza e l’amore divino.

� Nelle parabole, anche le zone cosiddette secondarie, che po-trebbero sembrare dei puntelli di supporto, hanno grande significato.Ogni momento drammatico è un tempo propizio alla preghiera. La solaParola di Gesù trasforma e domina le situazioni, ristabilisce l’equilibrio.

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2. L’approfondimento del senso.La «ruminatio» e la «meditatio»

Nei nostri modesti appunti dal metodo di Stanislavskij, vi facevamo notareche, per ottenere la massima efficacia nel comunicare un testo, dovrà essere lostesso lettore a scegliere, a suo giudizio, le parole o frasi chiave, cioè quelle chepiù lo colpiscono. Confrontiamo ora quanto scrive Gargano a pagina 55 delsuo libro. Ne riportiamo qui alcune righe.

Noi sappiamo che, almeno nella tradizione monastica, il testo, rispettatonel suo senso letterale, ha una gamma infinita di significati. Non è un’i-perbole dire infinita. I Padri antichi arrivano a questa affermazione par-tendo dal concetto stesso di Dio: trattandosi di parola di Dio, essa ha, inqualche modo, tutti gli attributi di Dio. Siccome Dio, per definizione, èsenza confini, anche la Parola, che viene dal fondo senza fondo che è ilmistero di Dio, deve essere infinita. Ecco perché nessuno può pretenderedi chiudere il senso di un testo della Scrittura: esso resta sempre aperto aciascuno e può e deve attingervi nella misura in cui è capace.

Meditare, per un credente, significa mettersi di fronte alla Bibbia con at-teggiamento di umiltà. Pur non comprendendo tutte le parole del testo, le con-serva nel suo cuore e le confronta dentro di sé. Il metodo della «lectio divina»prevede di approfondire il senso attraverso tre esercizi di meditazione.

a. Esercizio della raccolta (collatio)Mettete insieme tutte le parole o frasi analoghe a quelle parole chiave o

frasi chiave che avete scelte dal brano in esame. La ricchezza dell’assembla-mento dipenderà dalla vastità della conoscenza della Bibbia che, col tempo, ri-sulterà una miniera preziosissima.

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b. Esercizio della riflessione (ruminatio)Nel silenzio del vostro raccoglimento, elaborate e macerate le parole

raccolte; imitate l’ape che raccoglie qua e là il polline di vari fiori e restituisce ilmiele. La Parola di Dio ruminata e custodita con amore, si sviluppa dentro dinoi con una sua forza autonoma. È un seme che dà certamente frutto.

c. Esercizio del confronto (meditatio)Le parole bibliche, nell’accostamento con altre parole analoghe nel sen-

so, si chiarificano reciprocamente, e il riverbero di quel chiarore illumina an-che noi raccoglitori. Quando prenderemo coscienza che sono i nostri impedi-menti personali ad offuscare la luce della Parola di Dio, entreremo in crisi. Daquel momento, non riusciamo più a stare tranquilli.

Tornando a Matteo 8, 18-22, cercate di individuare la costruzione del bra-no. Ogni redattore biblico ha un suo stile legato ad una sua costruzionenarrativa: le fondamenta, le mura, i vari piani, il tetto.

Nel brano scelto è facile, per esempio, individuare, nei due detti diGesù, le fondamenta:

a. ...ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo b. ...seguimi e lascia i morti seppellire i morti.

Matteo vuole dirci chiaramente che cosa si rischia seguendo il Maestro.Siamo pronti, noi, a rinunciare al nostro benessere, alle nostre co-

mode tane che ci danno sicurezza? Chi sono i morti che seppelliscono i morti? Potrebbero essere coloro che vivono inseguendo solo i piaceri

della terra, quelli che non sono mai nati alla luce dello spirito. Oppure so-no coloro, forse i più, che lo rifiutano.

Ma perché Matteo inizia il racconto con l’ordine dato da Gesù aidiscepoli di passare all’altra riva del lago?

Questa potrebbe forse essere un’altra chiave della narrazione:passare il fiume, come ordine espresso nel testo allegoricamente, può si-gnificare per noi passare dalla schiavitù del peccato alla libertà dello Spi-

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30ESERCIZIO

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rito. Ci ricorda il passaggio del mar Rosso, ma allora le acque si aprironomiracolosamente. Ora, chi vuole seguire lo Spirito deve poterlo fare conla sua volontà.

E perché Gesù ordina ai suoi discepoli di passare all’altra riva da-vanti a tutta l’altra gente, invece di dirglielo in disparte, come fa in altrimomenti del Vangelo?

Forse per sottolineare che l’insegnamento è per tutti.

Anche se il brano è breve,le domande possono essere ancora molte.

L’APPROFONDIMENTO DEL SENSO

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3. Verso la preghiera e la contemplazione.La «contemplatio»

La « Lectio Divina » culmina in due momenti di altissimo significato spiritua-le: la preghiera e la contemplazione. La luce che sprigiona dalle Sacre Scritture,illuminando la nostra realtà quotidiana, determina una presa di coscienza checi induce a pregare: una prima forma di preghiera è il riconoscimento doloro-so della propria condizione di peccatore; accanto a questo la richiesta di aiutospirituale, e l’espressione della propria riconoscenza. La contemplazione è ilculmine della «lectio divina», il momento in cui, come dice Gargano, «ognunoha cercato di riporre ciò che gli sembrava più prezioso».

Ma a questo punto la necessità di familiarizzarsi con alcune «tecniche»,quelle che abbiamo cercato di suggerire al lettore della Parola Sacra, lascia ilposto all’esperienza più propriamente spirituale.

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V. CONCLUSIONE

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Una lezione di Alonso Schökel

Il 10 gennaio 1986 Alonso Schökel tenne presso il Collegio Sant’Isidoro deiFrancescani irlandesi di Roma la lezione inaugurale del Laboratorio della Pa-rola. Fra le mie esperienze di lettore del testo biblico, questo è certamente il ri-cordo più prezioso. L’analisi del testo che Schökel ci donò quella sera è ungioiello didattico, che, a distanza di dieci anni, non ha perso nulla della sua lu-centezza. Siamo felici di potervi far ascoltare dalla stessa voce di padre Schökelquesta lezione che, nel suo stile esemplare, può essere considerata l’espressio-ne più alta della ricerca di un lettore del testo biblico.

Vi rimandiamo all’ascolto della registrazione, chesegue nella cassetta la lettura del testo di Samuele.

Ioab figlio di Zeruia si accorse che Davide pensava ad Assalonne.Mandò a chiamare una donna saggia del villaggio di Tekoa e le disse:«Fingi di essere in lutto: non profumarti, mettiti l’abito da lutto, in-somma comportati come una che piange un morto da molti giorni.Poi va’ a parlare al re». E Ioab suggerì alla donna quel che doveva di-re. La donna di Tekoa andò dal re, lo salutò con l’inchino fino a terrae cominciò:

«Aiutami, o mio re!».«Che cosa ti occorre?».«Sono una povera vedova in lutto» rispose, «mio marito è

morto. Avevo due figli. Essi un giorno litigarono in campagna: nonc’era nessuno che li separasse, così uno ha colpito l’altro e l’ha ucci-so. Allora, o mio re, i parenti sono corsi da me a dirmi: “Consegnaci

CONCLUSIONE

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II Samuele14, 1-24

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l’assassino: dobbiamo ucciderlo per vendicare il fratello che ha am-mazzato; dobbiamo impedire che diventi lui l’erede”. Così, o mio re,spegneranno l’ultima speranza che mi resta, lasceranno il mio pove-ro marito senza un figlio che continui il suo nome».

«Torna a casa tranquilla» rispose Davide. «Provvederò io alcaso tuo».

«Mio signore» replicò la donna di Tekoa, «ogni responsabilitàricada su di me e sulla mia famiglia, non su di te e sulla tua corte».

«No» rispose il re, «se qualcuno avrà da dire qualcosa controdi te, mandalo qui e non ti infastidirà più».

«Allora» continuò la donna, «in nome del Signore tuo Dio, or-dina che la vendetta di sangue non aggravi la disgrazia e che non siaucciso anche l’altro mio figlio».

«Lo giuro per il Signore» rispose Davide. «Non permetteròche si tocchi un capello a tuo figlio».

«Posso dire ancora una parola al mio re?» insistette la donna.«Parla!».«Perché allora» disse la donna «non giudichi allo stesso modo

a favore del popolo di Dio? Dopo quanto hai detto a me, hai torto aimpedire il ritorno di quella persona che lasci in esilio. Quando mo-riamo, noi siamo come acqua versata per terra che non si può piùraccogliere. Ma Dio non vuole la morte, anzi può dare disposizioniperché l’esiliato ritorni nella sua terra. Ad ogni modo, io sono venu-ta a dirti queste cose, o mio re, perché la gente mi ha messo paura.Pur essendo una tua povera serva, speravo che tu avresti seguito ilmio consiglio. Pensavo che tu mi avresti ascoltata e liberata dalle ma-ni di chi vuol eliminare me e il mio unico figlio dall’eredità di Dio.Quanto a me, ero certa che la parola del mio re mi sarebbe stata diaiuto, perché il mio re è come un angelo di Dio e sa distinguere il be-ne dal male. Il Signore tuo Dio sia sempre con te!».

Il re allora chiese alla donna:«Adesso rispondimi con sincerità».

CONCLUSIONE

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«Domanda pure, o re» disse la donna.«C’è la mano di Ioab in tutto questo?» chiese Davide.«Com’è vero che tu sei vivo, o mio re, tu cogli sempre nel se-

gno. È proprio Ioab, il tuo generale, che mi ha ordinato di venire e miha suggerito tutte le parole che dovevo dirti. Ha fatto così per pre-sentarti i fatti in forma diversa, ma tu sei sapiente come un angelo diDio e capisci le cose di questo mondo».

Davide fece chiamare Ioab e gli disse:«Farò come suggerisci. Fa’ tornare il giovane Assalonne».Ioab si inchinò fino a terra e lo ringraziò: «Oggi, o mio re, hai

usato comprensione con me, tuo servo, perché hai deciso secondo ilmio suggerimento».

Poi Ioab andò a Ghesur e ricondusse Assalonne a Gerusalem-me. Il re ordinò che Assalonne andasse a casa sua senza presentarsida lui. Così Assalonne andò a casa senza incontrarsi con il re.

UNA LEZIONE DI ALONSO SCHÖKEL

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Un saluto al lettore

Caro Lettore,se Paolo dice che la nostra debolezza è la nostra forza, noi ci sal-

viamo. Nonostante la pochezza di questi appunti, c’è una cosa che vor-remmo essere riusciti a comunicarti: l’amore per la Bibbia. Tu, lettore deltesto sacro, di qualunque chiesa, estrazione culturale, età, prova a «farlaparlare». Anche se la farai conoscere ad una sola persona, avrai in ognicaso dato un significato alla tua esistenza.

Il nostro desiderio è che altri continuino nella strada che noi ab-biamo intrapreso. Abbiamo steso questi appunti come una semplice sol-lecitazione. Comincia da solo, anche se non trovi maestri, o strutture cheti aiutino: qualcuno ti si affiancherà. Se operi in una comunità, questasarà naturalmente il tuo «Laboratorio della Parola».

Teniamoci in contatto. Raccogliamo le varie esperienze di ricerca.Un punto di riferimento può essere la Casa editrice di questo volume:

Società Biblica Britannica & Forestieravia IV Novembre 107, 00187 Roma

Angela e Franco

COME FAR PARLARE LA BIBBIA

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APPENDICE

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1. Preghiera dell’attore

Signore, per lavorare, per compiere il mio mestiere di attore,ho usato solo parole di altri,per decifrarne il senso ho usato altre parole.Fa che per me pregare significhi imparare anche il silenzio.Signore, temo di averla solo parlata, la mia vita,e non so quanto ancora me ne resti da vivere veramente,ma so con certezza che ho un numero esatto e limitato di parole da dire,ancora prima di pronunciare l’ultima.Fa che siano testimonianza di te.Signore, fammi diventare artista che parla con mille voci, con mille toniche siano tutte variazioni della tua stessa Parola.Che la sua vibrazione mi trasformi, mi renda degno di te.Poiché senza di te, Signore Gesù Cristo, la vita è solo un brutto scherzo,e solo con te, autore ~ attore ~ spettatore,tutto prende un senso e una luce di verità.Persino il sipario, grazie a te, non calerà mai,e l’ultimo atto si concluderà con una serenità infinita.Signore, la mia riconoscenza umana ti si manifestiin ognuna delle parole che ancora mi rimangono.E così sia.

APPENDICE

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2. Troppo vera per essere buonadi George Bernard Shaw

Una scena dal testo ambientato in una colonia dell’impero britannico:l’incontro con una prostituta di un sergente di Sua Maestà, immersonella lettura della Bibbia.

DOLCEZZA (contemplandolo con passione)Ahem !

Il signore anziano alza la testa e ascolta. Il sergente alza lo sguardo.Vedendo la contessa balza in piedi e si mette sull’attenti.

DOLCEZZA (senza darsi nessun’aria) Non avete mica bisogno di alzarvi per me, sapete.

SERGENTE (con rigidezza)Prego vossignoria di scusarmi.Non sapevo della presenza di vossignoria.

DOLCEZZA

Non fate tante cerimonie, sergente. (Siede sul banco alla sua destra)Non perdete il vostro tempo. Questo paese dev’essere noioso per voi co-me lo è per me. Non credete che noi due potremmo divertirci un po’ sefossimo amici?

SERGENTE (con serio disdegno)No, mylady, io non posso. Ho visti molti di questi casi, quando ero inguerra; belle signore che pareva portassero la luce negli ospedali, e per-devano la loro testolina, e non facevano altro che scombussolare gli uo-mini. Io non sono del parere. Tenga il suo rango, che tengo il mio.

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DOLCEZZA

Il mio rango! Accidenti! Io non sono contessa, e sono stanca di far lacontessa. Non avete mai dubitato?

SERGENTE (tornando a sedersi e trattando Dolcezza da pari a pari)Perché avrei dovuto preoccuparmi a riguardo vostro? In ogni caso, qualunque ragazza abbastanza bella per colpire un contepuò diventare contessa!

DOLCEZZA

Oh! Dunque voi pensate che sono bella?

SERGENTE

Andiamo, se non siete una contessa, chi siete? Qual è il vostro gioco?

DOLCEZZA

Il gioco, caro, è che io ho un capriccio per voi... Io vi amo.

SERGENTE

Che me ne importa! Quand’uno ha il mio aspetto, non ha che da sce-gliere da sé.

DOLCEZZA

Non qui, caro. Nel raggio di quindici miglia non c’è che un’altra donnabianca, ed è una vera lady. Quella non vi guarderebbe.

SERGENTE

Bene, questo è un argomento; è un argomento da tener presente.

DOLCEZZA (serrandoglisi vicino)Sì, vero?

SERGENTE (sopportando l’atto, ma senza corrispondere)Questo caldo esercita sopra un uomo un’azione diabolica, non giova es-sere seri...

DOLCEZZA (facendo scorrere il braccio sotto il suo)Bene, non è naturale? Che necessità c’è di irritarsene?

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SERGENTE

Ma io non sono l’uomo che tratta la donna come una semplice neces-sità. Molti soldati lo fanno; per loro una donna non è più di un vaso dimarmellata, da consumarsi e metter da parte. Io, invece, non vedo la co-sa a questo modo; ammetto che c’è anche questo lato, e per la gente in-capace di meglio – semplici animali, potete dire – questo è il principio ela fine di ogni cosa; ma per me invece, questa è la parte minore.A me piace conoscere il pensiero di una donna; io amo esplorare la suamente, quanto il suo corpo.Vedete questi due libri nei quali ero immer-so quando vi siete avvicinata? Io li porto sempre con me; e sottopongo iproblemi ch’essi mi presentano ad ogni donna che incontro.

DOLCEZZA (con crescente sfiducia)Che cosa sono?

SERGENTE (indicandoli successivamente)La Bibbia e il Progresso del Pellegrino, da questo mondo a quello che hada venire.

DOLCEZZA (sgomenta, tentando di alzarsi)Oh! Mio Dio!

SERGENTE (tenendola rudemente per il cavo del gomito)No, non andate via. Sedete tranquilla e non nominate il nome di Dio in-vano. Se credete in lui, è una bestemmia, e se non credete è un contro-senso. Voi dovete imparare a esercitare la vostra mente. Che cos’è perl’uomo una donna che non pensa, se non una semplice convenienza?

DOLCEZZA

Io ho da esercitare abbastanza la mia mente per occuparmi dei miei af-fari; quello che vado cercando in voi ragazzo mio, è un po’ d’allegria.

SERGENTE

Perfettamente. Ma quando uomini e donne si cercano reciprocamenteper un po’ d’allegria, trovano poi di aver raccolto più di quanto cercava-

TROPPO VERA PER ESSERE BUONA

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no; perché uomini e donne hanno un piano superiore, precisamente co-me hanno un piano terreno; e voi non potete aver l’uno senza l’altro. Es-si tentano sempre di scindere, ma non vi riescono. Voi avete trovato lamia mente, così come il mio corpo e dovete esplorarla. Pensavate di po-ter trovare, in una faccia e una figura come la mia, la limitazione di ungorilla? Avete scoperto l’errore. Questo è tutto.

DOLCEZZA

Oh! Lasciatemi andare; ne ho abbastanza. Se avessi saputo che eravateun bigotto, me ne sarei stata lontana, ve lo dico io.Lasciatemi andare, volete?

SERGENTE

Aspettate un momento. La natura può aver impiegato me per trascinar-vi ad interessarvi delle cose dello spirito; e può profittare del vostro pia-cevole calore animale per stimolare la mia mente. Io desidero il vostrogiudizio: non dico che lo seguirò, ma può suggerirmi qualche cosa. Ve-dete, io sono disorientato, ho la mente turbata. Fui sempre un uomo re-ligioso, ma ora non vedo più chiaro come una volta.

DOLCEZZA

Sia lodato Dio!

SERGENTE

Guardate questi due libri. Io solevo credere in ogni loro parola, perchésembrava che non avessero nulla a che fare con la vita reale. Ma la guer-ra ci ha riportato a casa queste vecchie storie perfettamente reali, e allo-ra uno comincia a farsi delle domande.Vedete questo brano? (Accenna a una pagina del «Progresso del Pellegri-no»). È proprio nella prima pagina: «Io sono per certo informato chequesta nostra città sarà bruciata con fuoco dal cielo, e che nella spaven-tosa rovina saremo travolti tutti; io e te, moglie mia, e voi miei dolci fi-gli, eccetto che si trovi una via di scampo e ci si possa salvare». Bene,Londra e Parigi, Berlino e Roma e il resto, saranno bruciate con fuoco

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dal cielo, nella prossima guerra. Questo è certo. Sono tutte Città di Di-struzione. E i nostri uomini al governo stanno correndo attorno con ungran fardello di cadaveri e di debiti sulle spalle, gridando: «Che cosadobbiamo fare per essere salvati?».Questo è. Non più una storia in un libro, com’era sempre stata, ma la ve-rità di Dio nel mondo reale.E tutto il conforto che essi ottengono è: «Fug-gite dalla collera a venire». Ma dove debbono fuggire? Essi fanno discor-si a Ginevra o si raccolgono piacevolmente a Chequers in fin di settima-na, e si domandano l’un l’altro, come l’uomo nel libro: «Dove dobbiamofuggire?». E nessuno sa indicare dove.L’uomo nel libro dice: «Vedi lontano la luce risplendente?». Bene, oggi,lo spazio è disseminato d’astri splendenti e di luci brillanti: in parlamen-to, nei giornali, nelle chiese, e nei libri ch’essi chiamano Profili – Profilidi storia, di scienza e che so io – e malgrado tutto il loro agitarsi, noi stia-mo aspettando nella Città della Distruzione, come un branco di pecore,per la collera a venire.Il pensatore non disciplinato mi dirà che la via è diritta davanti a noi, etanto stretta che non possiamo sbagliare; ma egli comincia col chiama-re la nostra città il deserto del mondo. Bene, in un deserto la strada nonc’è, bisogna farla. Tutte le strade diritte sono fatte dai soldati, e i soldatinon vanno in cielo per quelle strade; molti di loro approdano in altroluogo. No, Giovanni; voi potete dir bene una storia, e si dice siate statoun soldato che ha tentato di fare il narratore di storie; ma i soldati chetentano di fare i narratori di storie per servizio, finiscono in catene; e co-sì voi. Ha passato dodici anni nelle prigioni di Bedford. Usava leggere laBibbia, in prigione, e...

DOLCEZZA.Bene, che cos’altro c’è da leggere, qui? La Bibbia è tutto quello che vidanno da leggere, in prigione.

SERGENTE

Come lo sapete?

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DOLCEZZA

Non vi preoccupate di come lo so. Non ha nulla a che vedere con voi.

SERGENTE

Nulla a che vedere con me? Non mi conoscete, ragazza mia. C’è chi vivolterebbe le spalle, ma per me la cosa più interessante al mondo è l’e-sperienza di una donna che è stata chiusa in una cella per anni, connient’altro che la Bibbia per lettura.

DOLCEZZA

Anni ! Di che cosa, state parlando? Il periodo più lungo passato in prigione è stato di nove mesi, e se qual-cuno dice un giorno di più è un bugiardo.

SERGENTE (ponendo la mano sulla Bibbia)Avrete potuto leggere la Bibbia dal principio alla fine, in nove mesi.

DOLCEZZA

A leggerne soltanto un po’ si diventa pazzi di malinconia. Non ha servi-to ad altro che a farmi aumentare la punizione.Il cappellano m’aveva chiesto perché ero dentro, e io gli ho risposto:«Per aver spogliato gli Egiziani: e c’è il capitolo e il versetto apposta nel-la Bibbia».E il cappellano è andato a far rapporto contro di me, quel porco! e hoperduto sette giorni di condono.

SERGENTE

L’avete meritato. Io non approvo, spogliare gli Egiziani. Prima dellaguerra era qualche cosa di santo, ma ora vedo chiaramente che non è al-tro che furto.

DOLCEZZA (urtata)Oh! Non dovete dir così! Quello che intendo è che se Mosè ha potutofarlo, perché non potrei farlo io?

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SERGENTE

Se questo è l’effetto che ha sulla vostra mente, è un effetto cattivo! Eppure molte delle parole della Bibbia sono giuste: «Rendi giustizia;ama la pietà, e cammina umilmente davanti al tuo Dio».Questo si adatterebbe assai bene agli uomini, se volessero considerarlonei regolamenti dell’Esercito! Ma tutte queste ruberie e massacri dei ne-mici senza quartiere, e offrire sacrifici umani, e pensare che potete farequel che volete a un altro popolo perché voi siete gli eletti del Signore, equesto credere di essere nella ragione mentre gli altri sono nel torto; cheeffetto fa tutto questo, quando avete vissuto quattro anni di realtà dei fat-ti, invece di leggerne semplicemente! No, dannazione; noi siamo uominicivili, e se anche poté essere accettata da quei vecchi ebrei, questa non èreligione. E se non lo è, dove siamo noi? È questo che vorrei sapere.

DOLCEZZA.Ed è questo tutto ciò che vi tiene occupato? Sedere qui, e pensare cosecome questa?

SERGENTE

Bene; qualcuno deve pensarci, se no, cosa si diverrebbe tutti? Gli ufficia-li non vogliono pensarci; il colonnello va in giro a fare acquerelli; i su-balterni vanno fuori e cacciano gli uccelli o le gazzelle o giocano al «po-lo». Essi vogliono fuggire dalla collera; non ci pensano. Quando non vo-gliono fare il loro dovere come militari, io devo provvedere per loro.E la stessa cosa è coi nostri doveri religiosi: è affare del cappellano, e nonmio; ma se avete un cappellano veramente religioso, egli non crede aniente delle vecchie cose, e se avete un cappellano gentiluomo, si preoc-cupa di mostrarvi che è un vero «sportsman» e non un prete dalla boc-ca melata; così io devo risolvere da me stesso tutti i miei dubbi.

DOLCEZZA

Bene, Dio aiuti la donna che vi sposerà. È tutto quello che ho da dirvi. Ionon posso chiamarvi un uomo. (Si alza rapidamente per sfuggirgli)

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SERGENTE (pure alzandosi e stringendola in un caloroso abbraccio)Non un uomo, eh! (La bacia) Che cosa provate adesso?

DOLCEZZA (dibattendosi, ma non molto energicamente)Volete lasciarmi andare? Ora non vi desidero più.

SERGENTE .Se vi bacio una mezza dozzina di volte, mi desidererete come non aveteancora desiderato nessuno. È una dura verità, per la natura umana, maè uno dei fatti sui quali la religione deve passar sopra.

DOLCEZZA

Oh! Bene, baciatemi e finitela. Non potrete mica baciarmi e parlare direligione allo stesso tempo?

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3. Vangelo e Dante un atto d’amore[«Il Popolo», mercoledì 3 marzo 1982]

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VITTORIO GASSMAN è stato «pre-sentatore» d’eccezione, lunedì,

di una delle letture del Vangelo diMarco che ormai da molti mesi stasvolgendo, a Roma al teatro GiulioCesare e in altre città, Franco Giaco-bini. Apparso per primo in palcosce-nico, davanti a un pubblico del qualefacevano parte non pochi giovani (ea questo proposito si deve notare cheil prezzo del biglietto, 6.000 e 4.000 li-re, non era molto alla portata dei ra-gazzi: ma l’iniziativa, come si sa, hascopo di beneficenza), Gassman havoluto specificare il suo «ruolo grega-rio». Era la sua antica amicizia conGiacobini che l’aveva portato su quel-la ribalta, dove si compie innanzi tut-to un lavoro di testimonianza.

Lo strumento principe del teatro,la parola, è fondamentale anche inquesta lettura, per più motivi straor-dinaria. E qui Gassman ha voluto sot-tolineare, in Giacobini, la «forza del-l’irrazionale», una capacità che, se ri-guarda tutti gli attori, nell’amico può

assumere forme ed espressioni di unfuoco particolare,come nell’attivitàche ha deciso da tempo di svolgere eche è fatta di certezze, di amore e dicoraggio. Non ha taciuto, Gassman,alcune «liti violente» che in passatosono esplose tra lui e Giacobini (dellequali è traccia anche nella sua recen-te, fortunata autobiografia) e infinequesta reciproca e affettuosa disponi-bilità, che ha anche portato Giacobininella Bottega del teatro di Gassman.

L’illustre ospite, attualmente im-pegnato come si sa a Roma in rappre-sentazioni di un Otello di autunnaliumori ma dove larga parte hanno igiovani, che ottiene caldi consensi, hapoi detto Dante. Il poeta, tra quelliche preferisce, ha ricordato, che an-cora una volta può essere tramite frala Terra e il Cielo, fra noi e i Vangeli.«Vergine madre...»: l’ultimo cantodel Paradiso ha trovato in Gassmanechi di luminosa, raccolta misura.Al-la fine è scoppiato un lungo applauso.Poi Gassman ha detto la prima metà

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del XXXIII canto dell’Inferno (e questoricorso del tre, del trentatré, ha ag-giunto con accento di segreta sapien-za, può essere non causale). «La boc-ca sollevò dal fiero pasto...»: il rac-conto si è riproposto con la sua cupae dispiegata drammaticità. Di nuovoun lungo applauso alla fine.

Quindi è intervenuto Giacobini aleggere Marco. Il meno elaborato deiVangeli, che nel racconto reca laconi-che asprezze e immagini di una dol-cezza infinita. La «cronaca» dei mira-coli ha ritrovato uno spazio e un tem-po nitidissimo e misterioso: Giacobi-ni ne è lettore espressivo, inteso a met-tere in evidenza il fiorire dei partico-lari – la natura, il linguaggio dei dialo-ghi – entro l’alta temperie spirituale.

È stato ancora una volta seguitocon molta attenzione lungo le dueparti in cui la lettura è scandita. E allafine ha ottenuto vivissimi consensi.L’incasso sarà devoluto, come è noto,alle Missionarie della Carità di madreTeresa di Calcutta per le loro iniziati-

ve a soccorso di tutti i diseredati e de-gli anziani. Ma un valore singolare, dilà degli scopi benefici, hanno questeletture del Vangelo fatte in teatri e inaltri spazi, come invito alla conoscen-za e alla riflessione, come contributoeducativo quando non sia anche uncontributo religioso.

Sergio Surchi

VANGELO E DANTE UN ATTO D’AMORE

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Nella foto: a sinistra Franco Giacobi-ni, a destra Vittorio Gassman.

(foto di Paolo Porto)

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4. Il Laboratorio della Parolaal Collegio di S. Isidoro [il programma]

SCUOLA DI TEATROLA SCALETTA

in collaborazione conLA COMPAGNIA DELLA PAROLA

IL COLLEGIO SANT’ISIDOROdei Francescani Irlandesi

con il patrocinio diMINISTERO TURISMO E SPETTACOLO

ASSESSORATO ALLA CULTURA REGIONE LAZIOVICARIATO DI ROMA

presenta

IL LABORATORIODELLA PAROLA

Anno Accademico 1985-86Via del Collegio Romano, 1

00186 Roma – Tel (06) 679.72.05

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Come la pioggia e la neve- dice il Signore -scendono dal cielo e non vi ritornanosenza avere irrigato la terra,senza averla fecondata e fatta germogliare,perché dia il seme al seminatoree pane da mangiare,così sarà della parolauscita dalla mia bocca:non ritornerà a me senza effetto,senza aver operato ciò che desideroe senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.

[Isaia 55, 10-11]

Il Laboratorio della Parola è nato per migliorare la preparazione dei lettori dellaSacra Scrittura nella liturgia domenicale e per sensibilizzare l’ascolto dei fedeli.Offrire ad ogni parrocchia un supporto alla liturgia alla catechesi e all’evange-lizzazione ma anche una specializzazione per animatori culturali, religiosi e lai-ci. Due obiettivi: l’approfondimento della conoscenza dei testi biblici come ri-scoperta della potenza della Parola e un «settimanale parlato» come sperimen-tazione di un modello di azione drammatica, focalizzando le indicazioni delVangelo nella realtà quotidiana di ciascuno di noi.

Franco Giacobini

Il programma di lavoro sarà così articolato:

ESEGESI BIBLICAStudio analitico delle Sacre Scritture così suddiviso:a) Antico Testamento

Professor Luis Alonso Schökel S.J. del Pontificio Istituto Biblico.b) Nuovo Testamento

Monsignor Natalino Zagotto del Vicariato di Roma.c) La Parola di Dio nella Liturgia dopo il Concilio Vaticano II.

Padre Luca Brandolini del Vicariato di Roma.d) Lectio Divina – Metodo degli antichi Padri del deserto.

Professor Innocenzo Gargano O.B.S. Cam. del Pontificio Istituto Orientale.e) Ermeneutica

Professor Prosper Grech dell’Università Internazionale Augustinianum.

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DIZIONETecnica dell’uso della parola applicata ai testi biblici.Angela Goodwin: attriceFranco Giacobini: attore

LA DINAMICA DELLA CREATIVITÀGraduale scoperta dell’«Io» attraverso la presa di coscienza e la conoscenzadel proprio mondo fantastico con la mediazione delle forme simboliche del-la creatività.Tecniche utilizzate: training-autogeno,esercizi psicomotori, ana-lisi dell’uso della voce, esercitazioni sulla musica, sulla gestualità, la scrittura.Lo scopo è quello di provocare, liberando le potenzialità espressive, l’inte-grazione tra il mondo fantastico ed emotivo, sul piano del vissuto, e i daticulturali.Professor Roberto Musto,docente al Conservatorio di Musica di Alessandria.

METODO STANISLAVSKIJDel metodo si privilegiano le specifiche esercitazioni relative alle improvvi-sazioni così definite: «Come se», «situazione data», «memoria emotiva». Sipuò così ricostruire, con azioni sceniche dialogate, il materiale delle espe-rienze personali vissute nel quotidiano riferite alle tematiche del Vangelodella domenica. In una fase successiva, ciò darà vita ad una forma di psico-dramma intesa come ricerca della propria identità religiosa.Leopoldo Machina Grifeo: regista Franco Giacobini: attore

SETTIMANALE PARLATOLe esperienze quotidiane personali relative alle tematiche del Van-gelo della domenica, raccolte in un collettivo redazionale, si trasfor-meranno in scene dialogate come sperimentazione drammatizzata,da rappresentare alle comunità parrocchiali per facilitare l’annuncioe l’assimilazione delle 52 tematiche evangeliche dell’anno liturgico.Leopoldo Machina Grifeo: regista Franco Giacobini: attore

LABORATORIO DELLA PAROLA

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Attività collaterali

1) LETTURE DRAMMATIZZATELetture di alcuni brani o libri interi della Bibbia: Giobbe, Qoelet, Cantico deiCantici, Apocalisse, da eseguire in pubblico.

2) CASSETTA AUDIOVISIVATutta l’esperienza del Laboratorio della Parola sarà raccolta in una documen-tazione audiovisiva a scopo didattico illustrativo.Leopoldo Machina Grifeo: regista

3) CINEMA SACRO E PROFANO Virgilio Fantuzzi S.J. della Civiltà Cattolica.

4) INCHIESTA TELEVISIVAOriginale televisivo dal titolo: «La pratica religiosa degli italiani». Sceneggia-tura tratta dal libro: «La riforma liturgica in Italia. Realtà e speranze» a cura diMariano Magrassi ed altri, edizioni Messaggero di Padova.

5) INCONTRI CON PERSONALITÀ DELL’ARTE E DELLA CULTURASul tema «Antichi arcani e l’uomo oggi».

Il corso delle lezioni avrà una cadenza bisettimanale dal mese di Gennaio a Giugnoin orario serale. È previsto un numero limitato di partecipanti, per consentire a cia-scuno di essi un maggiore approfondimento; la selezione avverrà con un colloquiodi ammissione da lunedì 6 gennaio 1986 alle ore 20 presso il Collegio Sant’Isidoro deiFrancescani Irlandesi,Via degli Artisti n. 41. Saranno inoltre ammessi alcuni auditori.

Per informazioni rivolgersi:Teatro La ScalettaVia del Collegio Romano, 1 – Tel. (06) 679.72.05 - 678.31.48Centro Oratori Romani del VicariatoOre 9-13 – Tel. (06) 698.64.06Franco GiacobiniOre 20,30-22,00 – Tel. (06) 475.01.17Collegio Sant’IsidoroVia degli Artisti, 41 – Tel. (06) 465.359

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5. Il Laboratorio della Parolapresso la Comunità valdese di piazza Cavour[invito a partecipare alla progettazione]

Ogni discorso, ogni tentativo che intraprendiamo come comunità di credentiruota intorno alla Parola di Dio che noi riceviamo dalle Scritture e alla scom-messa che essa sia l’unica forza di cambiare la nostra vita. Ma il tempo, lo spa-zio che riusciamo a dedicare alla lettura e allo studio comunitario delle Scrit-ture sono sempre molto contratti. È quindi importante darci degli strumentiper la lettura e la comprensione dei testi biblici nel tentativo di valorizzare il piùpossibile il culto domenicale anche in vista di una partecipazione più corale.

Per questo motivo il Concistoro vorrebbe raccogliere la proposta delfratello Giacobini di dare avvio, accanto alle esperienze già in atto di studio eapprofondimento biblico, anche ad una sorta di «laboratorio della parola».

Dietro la parola «laboratorio» c’è l’idea della sperimentazione e dellaverifica, della voglia di misurarsi con la Scrittura, del provare a capirla in lun-go e in largo e in libertà, e c’è la scommessa che essa possa condurci e condur-re per sentieri inesplorati, che essa abbia delle novità per la nostra vita e per laprospettiva degli uomini e delle donne della nostra generazione.

Il laboratorio potrebbe concentrarsi mensilmente sui testi biblici di unculto domenicale, prevedendo tre fasi di lavoro.

a) Breve studio biblico di comprensione e inquadramento del testo.b) Settimanale parlato: tentativo di «vivere» il testo biblico nel suo im-

patto con le esperienze personali quotidiane e, al contempo, di rivivere e rime-morizzare le esperienze personali sulla base delle dinamiche e delle associa-zioni che il testo suscita. Uno degli sbocchi del settimanale parlato potrebbeessere il tentativo di offrire alla comunità una sorta di drammatizzazione deltesto sulla base delle testimonianze raccolte.

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c) Tecnica dell’uso della parola al fine di imparare a comunicare fin dalmomento della lettura biblica, nel modo più incisivo e diretto possibile. Que-sta «scuola» di lettura, preziosa per la comunicazione nel culto, potrebbe esse-re un prezioso tirocinio anche in vista di una lettura pubblica della Bibbia, adesempio nei pomeriggi di apertura del tempio o decidendo di offrire regolar-mente alla città una lettura integrale delle Scritture.

Si tratta di un progetto appena abbozzato, di un’idea che vorremmo po-ter realizzare ed è evidente che richiede impegno e investimento di energie perprendere forma.

Proponiamo di incontrarci Domenica 27 Settembre 1992 : dopo il cul-to potremo pranzare insieme e riflettere su questa proposta nel primo pome-riggio, alle 15.

Maria Bonafede

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