FRANCESCO PETRARCA -...

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FRANCESCO PETRARCA La vita Francesco Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304 da una famiglia borghese di origine fiorentina. Nacque ad Arezzo poiché il padre, notaio di professione ed appartenente ai guelfi bianchi, fu costretto all’esilio dai guelfi neri. Nel 1312 la famiglia di Petrarca, per avere una condizione economica più stabile, si trasferì ad Avignone, sede allora del papato. Nel 1316 Petrarca iniziò gli studi di diritto all’università di Montpellier; quattro anni dopo si trasferì, con il fratello Gherardo, in uno dei centri universitari più importanti d’Europa: l’università di Bologna. Il padre avrebbe voluto che Petrarca intraprendesse la carriera giuridica; tuttavia la cosa che Petrarca amava di più era la letteratura. Difatti, sin dal periodo bolognese, iniziò a comporre i suoi primi versi in volgare. Nel 1326, in seguito alla morte del padre, lasciò gli studi per ritornare ad Avignone dove condusse una vita dissipata, cosa che lo fece apprezzare agli aristocratici del luogo, tuttavia non tralasciando gli studi classici. Gli scrittori del passato che più apprezzava erano Virgilio e Cicerone. Petrarca oltre ad un profondo apprezzamento verso i classici possedeva una grande spiritualità cristiana, portava infatti sempre con se un libro: “Le confessioni di sant’Agostino”. Il culto dei classici e la spiritualità cristiana furono il grande punto di disaccordo interiore che afflisse Petrarca, punto al quale cercò più volte di trovare una soluzione tuttavia senza mai riuscirvi. La lingua con la quale si esprimeva abitualmente era il latino accanto al quale sviluppò la poesia lirica in volgare. L’uso di questa lingua nelle liriche rappresentava per lui un omaggio alla tradizione poetica italiana. Seguendo la scia dei poeti precedenti, tutte le poesie scritte da Petrarca ruotano attorno ad una figura femminile: Laura. Sulla reale esistenza di Laura sono sorte diverse discussioni che hanno portato anche a dubitare della sua esistenza pensando che fosse un’allegoria di Petrarca. Pur facendo una vita mondana Petrarca aveva la necessità di una vita tranquilla dal punto di vista economico e l’unico modo di averla, non esercitando una vera professione, era quella di intraprendere la carriera ecclesiastica. Per questo motivo prese gli ordini minori che gli permisero, grazie al cardinale Giovanni Colonna ed al vescovo Giacomo Colonna, di accedere a cariche molto ben pagate. Alla voglia di una stabilità economica si contrappose in Petrarca una grande voglia di conoscere e di viaggiare. Durante i suoi viaggi restò affascinato dalle rovine dei tempi passati e si impegnò nella riscoperta dei libri classici, ritenuti perduti, conservati nei monasteri. In un secondo periodo, alla voglia di viaggiare si contrappose la voglia di meditare, di conoscersi meglio. Simbolo di questa voglia è l’episodio del monte Ventoso quando, in meditazione con il fratello Gherardo, viene colpito da una frase tratta dalle “Confessioni di sant’Agostino”. Culmine del suo periodo di meditazione è il periodo del suo ritiro a Valchiusa, dove fu più prolifica la sua produzione letteraria. In seguito al periodo di meditazione Petrarca volle avere alcuni riconoscimenti personali per le sue doti di intelletto e poetiche. Ciò avvenne nel 1341 quando a Roma, sul Campidoglio, venne incoronato con l’alloro. Dopo all’incoronazione poetica Petrarca attraversò una profonda crisi religiosa dovuta al ritiro del fratello Gherardo, considerato dal poeta come suo alter ego, nella certosa di Montrieux. Petrarca fu tentato di ritirarsi come il fratello ma la nascita della figlia Francesca gli fece comprendere le sue debolezze terrene che lo resero consapevole di non poter essere un buon religioso. Fu proprio in questo periodo che nacque in Petrarca il dissidio interiore al quale non riuscì mai a trovare una soluzione. Petrarca iniziò inoltre a dedicarsi alla vita politica poiché riteneva che le persone dotate di intelletto dovessero contribuire alla vita sociale e politica. Si interessò in maniera entusiasmante dell’avventura compiuta da Cola di Rienzo, il cui scopo era quello di restaurare la repubblica

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FRANCESCO PETRARCA

La vita Francesco Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304 da una famiglia borghese di origine fiorentina. Nacque ad Arezzo poiché il padre, notaio di professione ed appartenente ai guelfi bianchi, fu costretto all’esilio dai guelfi neri. Nel 1312 la famiglia di Petrarca, per avere una condizione economica più stabile, si trasferì ad Avignone, sede allora del papato. Nel 1316 Petrarca iniziò gli studi di diritto all’università di Montpellier; quattro anni dopo si trasferì, con il fratello Gherardo, in uno dei centri universitari più importanti d’Europa: l’università di Bologna. Il padre avrebbe voluto che Petrarca intraprendesse la carriera giuridica; tuttavia la cosa che Petrarca amava di più era la letteratura. Difatti, sin dal periodo bolognese, iniziò a comporre i suoi primi versi in volgare. Nel 1326, in seguito alla morte del padre, lasciò gli studi per ritornare ad Avignone dove condusse una vita dissipata, cosa che lo fece apprezzare agli aristocratici del luogo, tuttavia non tralasciando gli studi classici. Gli scrittori del passato che più apprezzava erano Virgilio e Cicerone. Petrarca oltre ad un profondo apprezzamento verso i classici possedeva una grande spiritualità cristiana, portava infatti sempre con se un libro: “Le confessioni di sant’Agostino”. Il culto dei classici e la spiritualità cristiana furono il grande punto di disaccordo interiore che afflisse Petrarca, punto al quale cercò più volte di trovare una soluzione tuttavia senza mai riuscirvi. La lingua con la quale si esprimeva abitualmente era il latino accanto al quale sviluppò la poesia lirica in volgare. L’uso di questa lingua nelle liriche rappresentava per lui un omaggio alla tradizione poetica italiana. Seguendo la scia dei poeti precedenti, tutte le poesie scritte da Petrarca ruotano attorno ad una figura femminile: Laura. Sulla reale esistenza di Laura sono sorte diverse discussioni che hanno portato anche a dubitare della sua esistenza pensando che fosse un’allegoria di Petrarca. Pur facendo una vita mondana Petrarca aveva la necessità di una vita tranquilla dal punto di vista economico e l’unico modo di averla, non esercitando una vera professione, era quella di intraprendere la carriera ecclesiastica. Per questo motivo prese gli ordini minori che gli permisero, grazie al cardinale Giovanni Colonna ed al vescovo Giacomo Colonna, di accedere a cariche molto ben pagate. Alla voglia di una stabilità economica si contrappose in Petrarca una grande voglia di conoscere e di viaggiare. Durante i suoi viaggi restò affascinato dalle rovine dei tempi passati e si impegnò nella riscoperta dei libri classici, ritenuti perduti, conservati nei monasteri. In un secondo periodo, alla voglia di viaggiare si contrappose la voglia di meditare, di conoscersi meglio. Simbolo di questa voglia è l’episodio del monte Ventoso quando, in meditazione con il fratello Gherardo, viene colpito da una frase tratta dalle “Confessioni di sant’Agostino”. Culmine del suo periodo di meditazione è il periodo del suo ritiro a Valchiusa, dove fu più prolifica la sua produzione letteraria. In seguito al periodo di meditazione Petrarca volle avere alcuni riconoscimenti personali per le sue doti di intelletto e poetiche. Ciò avvenne nel 1341 quando a Roma, sul Campidoglio, venne incoronato con l’alloro. Dopo all’incoronazione poetica Petrarca attraversò una profonda crisi religiosa dovuta al ritiro del fratello Gherardo, considerato dal poeta come suo alter ego, nella certosa di Montrieux. Petrarca fu tentato di ritirarsi come il fratello ma la nascita della figlia Francesca gli fece comprendere le sue debolezze terrene che lo resero consapevole di non poter essere un buon religioso. Fu proprio in questo periodo che nacque in Petrarca il dissidio interiore al quale non riuscì mai a trovare una soluzione. Petrarca iniziò inoltre a dedicarsi alla vita politica poiché riteneva che le persone dotate di intelletto dovessero contribuire alla vita sociale e politica. Si interessò in maniera entusiasmante dell’avventura compiuta da Cola di Rienzo, il cui scopo era quello di restaurare la repubblica

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romana, tanto da volerlo incontrare per poterlo aiutare; tuttavia, venendo a conoscenza della degenerazione delle opere compiute dal Cola , rinunciò al sostegno promesso. Nel 1347 lasciò Avignone per trasferirsi nuovamente in Italia. Nel 1350, durante un soggiorno nella città di Firenze, venne a conoscenza di Giovanni Boccaccio del quale divenne un grande amico. Nel 1353 divenne “ospite illustre” dei Visconti di Milano. Ed è proprio nella città lombarda, grazie al grande otium letterario di cui poté godere, la sua produzione letterario fu molto prolifica. Nel 1367 si trasferì a Padova, presso i da Carrara, dove morì il 19 luglio 1374 accudito dalla figlia Francesca.

Petrarca come nuova figura di intellettuale Petrarca non rientra più nella categoria degli “intellettuali comunali”, cioè di quegli intellettuali legati profondamente al loro ambiente comunale come lo era Dante, ma bensì nella categoria degli “ intellettuali cosmopoliti”, cioè di quegli intellettuali che non sono radicati nel loro comune ma che desiderano viaggiare per scoprire nuove cose. Petrarca ricorre spesso all’utilizzo del volgare nelle sue opere; ciò si può ricondurre ad un suo ideale “nazionalistico” e non “comunale”. Oltre ad essere un intellettuale cosmopolita, Petrarca appartiene alla categoria degli “intellettuali cortigiani” . Riconosce infatti l’istituzione della signoria e la sostiene con un suo impegno in prima persona, fornendo consigli grazie alle sue doti di intelletto. Tuttavia, pur essendo un intellettuale cortigiano, non rinuncia alla sua autonomia; difatti non si vincola a nessuno. Tutto ciò è possibile in quanto la sia economia è sostenuta della rendite ecclesiastiche. Questa caratteristica sarà propria dei chierici che si dedicheranno a tempo pieno agli studi non dovendosi guadagnare da vivere. Nell’epoca in cui visse Petrarca, la letteratura veniva considerata come la massima manifestazione dell’uomo. Secondo il poeta stesso, colui che praticava la letteratura, il letterato, aveva il compito di far riapprezzare i classici, caratteristica che sarà alla base dell’Umanesimo. Per Petrarca inoltre tutte le arti letterarie non dovevano avere dei fini pratici, non dovevano essere quindi delle “arti meccaniche”, ma dovevano essere utili per dare inizio a delle riflessioni interiori. Le opere religiose e morali La maggior parte delle opere di Petrarca sono scritte il latino; le uniche che scrisse il volgare, opere che gli diedero maggiore popolarità, furono: il “Canzonieri” ed i “Trionfi” . Le opere scritte in latino si possono suddividere in due gruppi: le opere “religiose – morali” e quelle “umanistiche”. Le più importanti opere appartenenti al primo gruppo sono: • “ Invectivae contra medicum quendam ” ( “Invettive contro un medico ” ),

“ De sui ipsius et multorum ignorantia ” ( “Sull’ig noranza propria e degli altri ” ); In queste due opere Petrarca esprime il rifiuto per la filosofia aristotelica ( la “Scolastica” ), che secondo il poeta catalogava in concetti astratti tutta la realtà, affermando che la vera filosofia era quella basata sul modello di sant’Agostino che mirava ad esplorare la coscienza di ogni uomo.

• “ Secretum ” ( “ Il conflitto segreto dei miei affanni ” ) È un’opera scritta durante la profonda crisi religiosa che colpì il poeta. La caratteristica fondamentale dell’opera è la dinamicità. È divisa in tre libri. In essa viene narrato un dialogo tra Petrarca stesso e sant’Agostino alla presenza di una donna bellissima, allegoria della verità, che non prende mai parola. Il santo è l’allegoria della coscienza mentre il poeta sta a rappresentare l’uomo peccatore.

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I libro: nel primo libro sant’Agostino rimprovera il poeta per la mancanza di volontà; II libro: nel secondo libro il santo rimprovera Petrarca per il suo più grande peccato:

l’ accidia; III libro: nel terzo libro sant’Agostino rimprovera il poeta per il suo desiderio di gloria

terrena e per il suo amore per Laura. In questo dialogo Petrarca cerca di raggiungere una pace interiore tuttavia non riuscendoci tanto da affermare la sua impossibilità di sconfiggere la sua natura di peccatore. Ed è proprio per questo motivo che Petrarca si differenzia da Dante il quale riuscì a superare gli ostacoli del passato, rappresentati in maniera allegorica dalla selva. Il latino utilizzato da Petrarca in quest’opera è limpido, armonioso e non contorto.

• “ De vita solitaria ” ( “ La vita solitaria ” ) In quest’opera Petrarca esalta la solitudine ma non quella dei monaci o degli eremiti, bensì quella in cui trovano ampio spazio la natura e soprattutto i libri . Sempre in quest’opera Petrarca afferma la mancanza di contrasti tra la cultura classica e la religione cristiana in quanto entrambe avvicinano a Dio: la prima con l’esercizio della poesia; la seconda col la preghiera.

• “ De otio religioso ” ( “ L’ozio dei religiosi ” ) Petrarca scrive quest’opera in seguito ad una visita al fratello nella certosa di Montrieux. Nell’opera il poeta esalta la vita dei monaci, visti allegoricamente come degli angeli, ma ribadendo la sua impossibilità, in quanto peccatore, di intraprendere una completa vita monastica.

Le opere umanistiche ed il rapporto tra Petrarca ed il mondo classico Petrarca aveva una profonda ammirazione per il mondo classico. Quest’ammirazione si differenziava da quella che possedeva Dante in quanto, quest’ultimo, come del resto tutti le persone colte caratterizzate da una cultura medievale, considerava i “classici” suoi contemporanei, mentre Petrarca, essendo dotato di senso storico, non immedesimava i grandi “classici” nella sua epoca. Ed è proprio da questa visione del mondo classico che nacque l’attività filologica di Petrarca. Egli infatti cercò di riportare alla luce tutti i documenti e le opere di autori, anche non molto famosi, che erano andati nel dimenticatoio. Tutto ciò gli fu possibile in quanto, durante i suoi viaggi nei vari monasteri riuscì a ritrovare quei manoscritti, copiati dagli amanuensi, che ormai si pensavano perduti. In uno di questi monasteri trovò alcune epistole di Cicerone che lo spinsero a riordinare tutte le sue lettere scritte in latino. La sua venerazione verso i classici lo spinse a riportare i testi antichi, da lui riscoperti, alle loro origini; in pratica iniziò a riscriverli cercando di eliminare tutti quegli errori dovuti ai copisti per riportarli alla loro integrità. Questa caratteristica del poeta fu poi alla base della futura corrente umanistica. Negli autori classici Petrarca vedeva degli uomini pieni di sapienza e dotati di una perfezione stilistica; ciò fece nascere in lui una sorta di nostalgia in quanto queste caratteristiche non erano più presenti nella sua epoca. Cercò quindi di immedesimarsi nel loro tempo cercando di emularli per placare questa forma di nostalgia.

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• Le raccolte epistolari Le epistole scritte da Petrarca erano delle vere e proprie opere letterarie; erano indirizzate ad altri intellettuali, a degli amici, a grandi signori o a degli ecclesiastici. Ci sono arrivati 24 libri di epistole familiari; 17 di senili e anche alcune lettere Sine nomine, cioè lettere senza una destinatario in quanto trattavano i problemi del poeta con la Chiesa. Nella sua azione di raccolta Petrarca rielaborò più volte le sue lettere cercando di eliminare ogni riferimento preciso sostituendolo con uno pseudonimo, proprio come si faceva nel mondo classico.

• La figura del letterato in Petrarca Secondo Petrarca in un intellettuale dovevano essere presenti diversi elementi: 1) una fede atta soltanto a “nobilitare l’animo”; 2) un distaccamento dai fastidi della vita quotidiana, in quanto potevano distrarlo dalla

“vita dello spirito”; 3) un’esistenza quieta, dedicata totalmente ai libri . Compito del letterato, secondo Petrarca, era quello di partecipare attivamente alla vita politica fornendo consigli ai vari signori.

• La separazione degli stili in Petrarca Nelle sue opere latine è presente una netta separazione degli stili, cosa che era andata perduta con Dante. Egli infatti non tratta più temi appartenenti alla realtà dotati di un “profilo basso” ma solo di argomenti “nobili” . Con questa caratteristica Petrarca anticipò quello che poi fu il Rinascimento.

• “ L’Africa ” L’opera in cui Petrarca esalta maggiormente l’ideale classico è “ L’Africa ”. È un poema epico scritto in latino che il poeta rivide più volte senza mai portarlo a termine. Argomento centrale del poema è la seconda guerra punica. Attraverso il racconto della guerra Petrarca esalta la grandezza di Roma ed in particolare di Scipione l’Africano.

• “ De viris illustribus ” ( “ Gli uomini illustri ” ) È un’opera storica , scritta in latino, che raccoglie le biografie di importanti personaggi dell’antica Roma, tra i quali spiccano Cesare e Catone. L’opera è caratterizzata da passaggi pessimistici riguardanti la miseria della vita umana e la fugacità della gloria terrena.

• “ Rerum memorandarum libri ” ( “ Fatti memorabili ” ) È un’opera storica nella quale sono raccolti degli aneddoti atti ad illustrare le virtù.

• “ Epistulae metricae ” ( “ Epistole in versi ” ) È una raccolta di lettere, scritte in versi, i cui argomenti centrali sono temi politici e morali. Rispecchiano il giudizio di Petrarca riguardo gli intellettuali, principalmente la loro funzione di consiglieri dei signori. Nelle varie lettere sono presenti anche le paure e le passioni del poeta come l’incombere della morte e l’amore per Laura.

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Il Canzoniere • Il rapporto tra Petrarca ed il volgare

Petrarca riteneva che il latino, essendo la lingua dei porti classici dei quali si riteneva il successore, avesse una maggiore dignità del volgare. Prediligeva il latino considerando le opere scritte in volgare delle bazzecole ( nugae ) anche se ciò va a cadere in contraddizione con la cura e la dedizione che il poeta aveva nello scriverle, avendo come intento primario quello di raggiungere la perfezione. Affermava la superiorità del latino in quanto era una lingua che aveva già raggiunto la massima perfezione e che poteva essere soltanto emulata, a differenza del volgare che, essendo ancora una lingua “ vergine ”, poteva essere modificato da chiunque con lo scopo di raggiungere la perfezione. Emblematica è l’affermazione del poeta nei riguardi della Commedia di Dante: “ se Dante avesse scritto la Commedia con la lingua antica avrebbe avuto ancora più fama ”. Il latino che utilizzava non era il latino medievale ma bensì un latino “ puro ” cioè quel latino utilizzato dai poeti classici. Cosi come il latino, il volgare che Petrarca utilizzava non era quello di Dante ma un volgare molto selezionato e raffinato.

• La formazione del Canzoniere Subito dopo aver iniziato a scrivere le sue prime opere, Petrarca iniziò a raccoglierle in redazioni. Gli studiosi ne hanno riportato alla luce ben nove. La redazione definitiva, quella completa, risale all’anno della morte del poeta. Essa è contenuta nel manoscritto Vaticano 3195 che è in parte scritto dal poeta stesso. Un altro importante manoscritto, scritto da Petrarca stesso, è “ Il codice degli abbozzi ”, in cui si possono notare le correzioni apportate dal poeta su alcuni dei suoi componimenti. Il titolo che Petrarca diede all’ultima raccolta dei suoi componimenti in volgare fu “ Rerum vulgarium fragmenta ” ( “ Frammenti di cose volgari ” ). La raccolta è comunemente chiamata “ Rime sparse ” o ancora più semplicemente “ Il canzoniere ”. Esso è composto da 366 componimenti, la maggior parte dei quali sono sonetti, ma anche da canzoni e ballate.

• L’amore per Laura Tema centrale del “ Canzoniere ” è l’amore del poeta verso una donna, Laura, conosciuta in una chiesa ad Avignone. Da un analisi dell’opera emerge che: 1) il rapporto di amore tra il poeta e Laura è molto tormentato; 2) l’amore verso Laura provoca nel poeta tutti i sentimenti possibili, dalla massima

esaltazione al profondo dolore, tuttavia senza che il poeta ne trovi uno stabile e duraturo.

Questa mancanza di stabilità si rispecchia nell’andamento dell’opera infatti: 1) il poeta, in un prima tempo, crea sulla donna delle immagini allegoriche ( lauro ); 2) successivamente contempla la figura dell’amata, creata dalla sua fantasia poiché è

sempre lontana; 3) infine il poeta, stanco di sopportare le pene e le speranze vane del’amore, cerca di

trovare una pace interiore, un sentimento stabile, elevando la sua preghiera a Dio. In seguito alla morte di Laura, avvenuta nel 1348, i sentimenti del poeta divennero ancora più instabili. Ai sentimenti precedenti si aggiunge un sentimento di smarrimento che è la causa principale della sua visione “ vuota ” del mondo. Lo smarrimento porta il poeta, in maniera nostalgica, a rivivere, attraverso la sua immaginazione ed i sogni, i momenti più belli trascorsi con l’amata. Comunque, in seguito alle frivolezze dei sogni, il poeta inizia a pensare all’incombere della morte non vista, tuttavia, come lo strumento attraverso il quale si possa mettere fine ai dissidi interiori. Venendo a mancare la funzione sterminatrice della morte il poeta cerca di

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trovare riparo in qualcosa di sicuro: il cielo, attraverso il quale Petrarca cerca di trovare la pace interiore. L’opera è divisa in due parti: 1) le “rime in vita”, cioè i componimenti risalenti al periodo precedente alla morte di

Laura era ancora in vita; 2) le “rime in morte”, cioè quei componimenti risalenti al periodo successivo alla morte

di Laura. •••• La figura di Laura

Lo scopo principale del poeta nella composizione dell’opera era quello di scrivere un libro, con l’inserimento di numerose liriche, che avesse una precisa vicenda. La vicenda raccontata è basata su un’esperienza realmente vissuta dal poeta che tuttavia deve essere vista come una “ trasfigurazione letteraria” nella quale la figura di Laura non è un personaggio reale; tuttavia il poeta, all’interno dell’opera, dà alcune descrizioni fisiche dell’amata che però ci forniscono soltanto una sua immagine astratta.

• Il paesaggio nell’opera Il paesaggio nel quale è ambientata l’opera è fortemente stilizzato, in particolar modo nelle sue forme e nei suoi colori. Da ciò scaturisce una mancanza di una realtà concreta. Questa mancanza del reale fa si che il “Canzoniere” si differenzi dalle opere di Dante il quale faceva rientrare nella categoria del reale tutto ciò che lo circondava; Petrarca invece considerava reale soltanto ciò che un uomo aveva dentro.

• Il dissidio petrarchesco La poesia di Petrarca deve essere vista come un esame della coscienza interiore del poeta anche se il tema trattato, l’amore, non deve essere considerato come il punto da cui partire per iniziare un’esplorazione interiore a causa della “vergogna del peccato”. Ed è proprio per questo motivo che nel “Canzoniere” è presente il dissidio interiore del poeta: il piacere delle cose terrene e la volontà di dedicarsi a Dio; dissidio che può essere superato soltanto con il raggiungimento di una condizione di pace perfetta. Convinzione del poeta è quella che tutte le cose materiali, dalla gloria personale all’amore, sono cose prive di valore che potrebbero portare soltanto ad ulteriori delusioni. Sono proprie queste delusioni che convinceranno il poeta a cercare, tuttavia senza mai riuscirci, di abbandonare ogni vanità terrena per dedicarsi completamente a Dio, situazione che secondo il quale avrebbe garantito una condizione di pace e di salvezza dell’anima. Petrarca non riuscì mai ad imprimere questa svolta alla sua vita in quanto era troppo attaccato alle cose terrene. La sua voglia di conciliare il cielo e la terra era un’utopia che fu alla base della crisi della sua epoca, crisi che cercherà di essere superata nel Rinascimento con l’impiego della filosofia.

• Il superamento dei conflitti della forma A differenza della materia e degli argomenti, contorti e pieni di contraddizioni, la forma del “Canzoniere” è limpida, armoniosa e scorrevole. Ciò è possibile in quanto per il poeta i conflitti interiori non avevano niente a che vedere con la forma di un foglio. Difatti Petrarca, prima di scrivere su un foglio qualcosa, applica un filtro basato sui canoni classici. In ciascun testo di Petrarca, nel “Canzoniere” in particolare, non vi è traccia di una parola “grezza”.

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• La lingua e lo stile del “Canzoniere” Petrarca a differenza di Dante, che nella “Commedia” aveva inserito tutti gli stili senza effettuare nessuna cernita, opera una rigidissima selezione sugli stili, eliminando ogni aspetto riguardante la vita quotidiana. Dante poteva permettersi questa miscellanea in quanto aveva delle ottime basi sulla conoscenza della realtà, nella quale ciascun elemento aveva un compito preciso; Petrarca, non avendo questa solidità, mancanza dovuta alla rinuncia del poeta alla “Scolastica” (teoria filosofica sulla quale Dante fondava le sue conoscenze), considerava l’interiorità l’unica realtà certa. Ed è proprio per questo motivo che nelle sue opere il poeta elimina tutto ciò che si può ricondurre alla realtà esterna. Tuttavia il “reale” impiegato da Petrarca è sottoposto ad un’accurata selezione ed ad un’idealizzazione che sono frutto della sua crisi spirituale. Queste due operazioni si ripercuotono sui testi del poeta; infatti i vocaboli utilizzati sono molto pochi; nessuno di questi fa riferimento al reale ed il linguaggio è sempre lineare ed uniforme. È proprio per questo motivo che si parla di unilinguismo in Petrarca.

L’aspirazione all’unità: il “De remediis utriusque fortunae” ed “I trionfi” Il desiderio più grande di Petrarca era quello di superare i suoi dissidi interiori. Per cercare di fare ciò scrisse due opere caratterizzate da schemi tipicamente medievali: • il “De remediis utriusque fortunae” (“I rimedi della buona e della cattiva sorte”). È

un’opera scritta in latino nella quale il poeta prende in esame tutti i metodi attraverso i quali l’uomo può resistere alla buona ed alla cattiva sorte;

• “ I trionfi ”. È un poema scritto in volgare nel quale il poeta racconta di assistere alla sfilata

di varie figure che, allegoricamente, rappresenterebbero: l’Amore, la Pudicizia, la Morte, la Fama, il Tempo, l’Eternità. In questa sfilata si può ripercorrere tutta la vita del poeta, infatti: l’Amore rappresenta la passione per Laura; la Pudicizia rappresenta la capacità di Laura nel rifiutare le proposte del poeta; la Morte rappresenta la fine delle inquietudini del poeta in seguito alla morte dell’amata; la Fama rappresenta il desiderio di gloria terrena del poeta; il Tempo rappresenta quell’entità il cui scorrere cancella ogni cosa; l’Eternità rappresenta la pace eterna cui va ricercando il poeta. L’intento per il quale il poeta scrive quest’opera è quello di rinunciare al mondo per una pace del cielo. Tuttavia, non essendo dotato di una visione del mondo sicura, il suo vero intento, cioè quello di estendere la storia della sua opera all’intera umanità, fallisce. Il poema è rimasto incompiuto.