Frammenti Di Storia Bondeno 1940-2010_001

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Le prime 50 pagine di un testo di storia locale su Bondeno, dal 1940 al 2010.

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FRAMMENTI DI STORIA LOCALE

BONDENO 1940-2010

 Persone ed avvenimenti

 di settant’anni della comunità di Bondeno

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In copertina: foto del Consiglio Comunale di Bondeno eletto il 7 aprile 1946

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Frammenti di Storia Locale

Bondeno 1940-2010

INDICE

Prefazione di Massimo Sgarbi ........................................................................ pag. 5

Presentazione di Bracciano Lodi .................................................................... pag. 7

Prima parte: relazioni

Anna Maria Quarzi: gli anni della guerra e della ricostruzione ............... pag. 9

Edmo Mori: gli anni della ripresa economica ........................................ pag. 19

Bracciano Lodi: gli anni dei grandi investimenti ..................................... pag. 32

Claudio Campini: gli anni dei grandi cambiamenti .................................. pag. 40

Giulio Poletti: gli anni delle grandi difficoltà .......................................... pag. 49

Giovanni Nardini: gli anni della sinistra all’opposizione ........................ pag. 54

Seconda parte: interviste e testimonianze

Un testimone del tempo: il pittore Alberto Cavallari ............................... pag. 67

Le lotte bracciantili .................................................................................. pag. 71

La cooperazione agricola ......................................................................... pag. 101

La cooperazione di consumo ................................................................... pag. 106

L’evoluzione delle attività produttive ...................................................... pag. 114

La cava di sabbia di Settepolesini ............................................................ pag. 117

La Società Filarmonica G. Verdi di Scortichino ....................................... pag 129

Il pittore Carlo Tassi ................................................................................ pag. 136

Celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia .......................................... pag. 140

Terza parte: documenti .................................................................................. pag. 144

Rassegna fotografica ...................................................................................... pag. 219

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PREFAZIONE

Questa pubblicazione, voluta dall’attuale gruppo dirigente del PD di Bondeno,

vuole essere un omaggio al nostro territorio ed alle sue genti che qui hanno

vissuto ed operato, in vari campi, negli ultimi 70 anni, per la crescita di questa

comunità.

Vuole in sostanza far rivivere, dalla viva voce di molti dei protagonisti di tale

periodo, fatti, avvenimenti, episodi, sacrifici e decisioni assunte, in particolare

da chi ha avuto responsabilità nel governo locale ed in vari settori della vita

civile ed economica di Bondeno. Per non dimenticare.

Certo non vi è stata e non vi è la pretesa di scrivere la storia di Bondeno nella

sua interezza, ma di riportare “frammenti di storia” che, collegati insieme,

compongono un mosaico ricco di persone e fatti utili a capire il carattere e

l’identità di questa comunità.

Tutto ciò è riportato con un’ ottica di parte?

Forse nella scelta degli interlocutori, perché ognuno di noi è figlio della propria

storia politica, culturale, ideale e familiare.Ciò nonostante però non vi è faziosità, né pregiudizio, ma rigoroso rispetto dei

fatti e degli avvenimenti occorsi durante il periodo indagato.

Periodo tra l’altro che si intreccia inevitabilmente con la storia del nostro Paese,

di cui quest’anno si festeggiano i 150 anni dell’Unita’d’Italia.

Ecco, il nostro vuole essere un piccolo, ma peculiare contributo nei confronti

di questo percorso nazionale in cui anche Bondeno è inserito con le sue

specificità.

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa

opera, in particolare Bracciano Lodi ed Edmo Mori che, con tanta passione e

competenza, hanno curato la raccolta di testimonianze e documentazioni.

Infine l’auspicio che anche altri possano trovare stimoli e suggerimenti per

arricchire ulteriormente la conoscenza della storia di questa comunità, per

meglio proiettarla verso il futuro.

Per quanto ci riguarda cercheremo di fare la nostra parte.

Massimo SgarbiSegretario PD Bondeno

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PRESENTAZIONE

Quando la Segreteria comunale del P.D. di Bondeno mi ha chiesto di raccogliere

documentazioni e testimonianze per una pubblicazione che ripercorresse le

vicende di Bondeno negli ultimi 70 anni, ho accolto con entusiasmo e con

preoccupazione tale proposta.

Entusiasmo perché sono da sempre legato a questo territorio e le sue genti e

perché ho vissuto intensamente una parte di questo periodo; con preoccupazione

perché temevo di non essere all’altezza delle aspettative.

Poi ho iniziato, impostando il lavoro in modo semplice, ma col passare del

tempo sempre più articolato, soprattutto ricercando la collaborazione di tante

persone che hanno voluto dare il loro prezioso contributo.

Anzitutto coinvolgendo i relatori del convegno, promosso dal P.D. di Bondeno,

nel mese di novembre 2010, le cui relazioni costituiscono la prima parte

dell’opera.

La seconda parte comprende la raccolta di interviste e testimonianze, molte

inedite ed altre già pubblicate in passato, di protagonisti della vita sociale ed

economica di Bondeno, nel corso di questi 70 anni.Infine, la terza parte, riporta documenti relativi a fatti rilevanti per Bondeno,

accaduti nel periodo esplorato, in particolare riferiti alle scelte politiche e

programmatiche compiute dalle Amministrazioni comunali che si sono

succedute dalla Liberazione ai giorni nostri.

A tale riguardo un contributo decisivo è venuto da Edmo Mori che, con la sua

competenza di ricercatore e la sua passione verso la storia locale, ha messo a

disposizione di questa pubblicazione documenti ed elaborazioni preziose per

la riuscita dell’opera.

Desidero ringraziare il gruppo dirigente del P.D. di Bondeno per aver sostenuto

questa iniziativa e tutti coloro che, con la loro disponibilità e collaborazione,

hanno consentito la realizzazione dell’opera il cui titolo “frammenti di storia

locale” sta a significare che si tratta solamente di una parte di ciò che è accaduto

nel corso di 70 anni della vita di questa bella comunità ma che, a nostro avviso,

rappresenta una parte importante della storia recente di Bondeno e non

sufficientemente conosciuta.

Bracciano Lodi

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PRIMA PARTE: RELAZIONI

Anna Maria QuarziDirettrice dell’Istituto di Storia

contemporanea di Ferrara

Gli anni della guerra e della ricostruzione

Per una comunità è importante ricordare, conoscere la propria storia ed interagire

con essa: questo sia per comprendere da dove si viene, quali sono le nostre

radici, ma soprattutto per meglio capire dove andare.

Ripercorrere, seppur a grandi linee, la storia delle genti e del territorio di

Bondeno negli anni quaranta e cinquanta dello scorso secolo è un po’ rivivere

la storia dell’intero Paese, con in più le peculiarità e le specificità che hannocaratterizzato le vicende di questo importante comune ferrarese.

Com’era Bondeno in quegli anni? Come viveva la gente?

Il territorio dal punto di vista economico era caratterizzato quasi esclusivamente

dall’agricoltura, dalla grande proprietà terriera come del resto tutta la provincia

di Ferrara, con una forte presenza di braccianti che vivevano in condizioni

economiche molto precarie (negli anni cinquanta si parla di 120.000 braccianti

in tutta la provincia ferrarese, un numero esorbitante come ricorderà Spero

Ghedini nel suo libro autobiografico “Uno dei centoventimila”). Povertà,

disoccupazione, come è noto gli avventizi in autunno e inverno non lavoravano,

sono gli elementi che caratterizzano tutta la prima metà del novecento. L’unica

industria era quella dello zuccherificio, nato nel 1911 e di proprietà della Società

saccarifera di Genova.

Dal punto di vista politico, fin dai primi del ‘900 vi era una forte componente

socialista e quando nel 1921 nacque a Livorno il Partito Comunista d’Italia,

molti socialisti bondenesi aderirono al nuovo partito, tra cui Luigi Bagnolati,

uno dei fondatori e dirigenti della Federazione comunista di Ferrara. Nel 1919si era costitutio anche il Partito Popolare.

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Personaggio di grande spessore, il bracciante Bagnolati divenne capolega a

Burana nel 1920 e collocatore comunale presso la Camera del Lavoro di

Bondeno. Nel 1921 fu duramente bastonato dai fascisti a Burana che in quel

periodo assaltavano le case del popolo e le sedi delle leghe. Dirigente politico

capace e attivo nel 1926 fu inviato a Lione al III congresso del Partito Comunistad’Italia, successivamente venne eletto membro del Comitato Centrale del

Partito. Arrestato dai fascisti a Milano nel 1927 fu condannato dal Tribunale

Speciale a 15 anni di reclusione. Scarcerato nel 1935 fu chiamato a Parigi dal

Centro Estero del Partito Comunista dove continuò la lotta contro il regime

fascista, collaborando al quotidiano antifascista “ La voce degli Italiani” e

dirigendo i patronati per i carcerati politici. Dopo l’occupazione tedesca

collaborò con i comunisti francesi di Le Mans. Tornò in Italia nel 1945 a

Liberazione avvenuta e continuò a dedicare al partito la sua attività. Ha scritto

un prezioso libro di memorie dal titolo “Origini della Federazione comunista ferrarese – Memorie e documenti”.Nonostante le violenze fasciste, che come abbiamo sopra detto colpirono

pesantemente il bondenese nel biennio 1921/1920 anche dopo lo scioglimento

dei partiti democratici e la definitiva nascita della dittatura, il tessuto delle

idee socialiste e rivoluzionarie a Bondeno non morì di certo, come del resto in

tutto il ferrarese.

Certo, i principali esponenti della sinistra, come Bagnolati, dovettero andarsene,scappare, nascondersi, ma le loro idee rimasero nell’animo degli uomini e

delle donne, si susseguirono manifestazioni di braccianti, di lavoratori: un primo

vero e proprio antifascismo militante che si espresse attraverso scioperi illegali,

festeggiamenti del primo maggio, festa dei lavoratori, che come è noto era

stata abolita.

Alle manifestazioni il fascismo rispose con le persecuzioni politiche, i soprusi,

le angherie nei confronti dei socialisti, dei comunisti, e anche dei cattolici(ricordiamo il circolo femminile cattolico che si era costituito il quel periodo

a Santa Bianca e ad Ospitale e il circolo giovanile “Adolfo Nardi di San Biagio

che furono duramente attaccati dai fascisti). Rispose con le violenze soprattutto

nei confronti del movimento sindacale e cooperativo che in tutto il territorio di

Bondeno era particolarmente ben organizzato. Non mancarono fatti di sangue

come l’uccisione di un iscritto al partito comunista, Angelo Ghedini, come

riporta la “Gazzetta Ferrarese” del 3 gennaio del 1922.

Ancora nel 1924 dopo il delitto Matteotti, scrive Bagnolati, ci furono tentativi

da parte dei comunisti di organizzare manifestazioni di dissenso, in particolare

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a Burana definita dai fascisti “covo di comunisti”. Dopo un violento scontro

fra antifascisti e fascisti nel dicembre 1924 vennero arrestati 32 lavoratori e

portati in carcere. Quattro fra cui una donna, Carina Poletti restarono in carcere

fino al processo che si svolse nel gennaio 1925. Fra gli imputati oltre alla

Poletti c’erano Arrigo Gavioli,Giovanni Marchetti, Celso Pasqualini, SanteTassi, Carlo Vincenti, Fernando Zoboli che diventeranno esponenti importanti

della Resistenza nel bondenese.

Nel 1937 la persistenza dell’opposizione antifascista, che il regime non era

riuscito a debellare, è confermata tra l’altro da un singolare intervento del

prete di Salvatonica che a seguito della forte epidemia di tifo scoppiata nella

zona, anziché mettere in guardia la gente circa lo stato dell’acqua del Po, in

una predica incolpò dell’epidemia la diffusione di volantini, volti a protestarecontro la guerra di Spagna, distribuiti a suo dire, dai “bolsevichi” di quel

territorio. Naturalmente ci furono altri preti, quello di Santa Bianca per esempio

che invece non esitarono a denunciare pubblicamente le condizioni della

popolazione e ad assumere atteggiamenti di opposizione al fascismo.

I volantini di cui parla il prete di Salvatonica uscivano da una stamperia

clandestina dotata di un primitivo ciclostile, organizzata da Spero Ghedini e

dalla moglie Giuseppina Pacetti. Ghedini aveva sostituito alla guida del partito

comunista Bagnolati, che era, come sopraddetto, in carcere condannato a

quindici anni dal Tribunale Speciale,

Anche Spero Ghedini nel 1938 per la sua attività “sovversiva” fu arrestato

assieme ad altre cinque persone, accusate di distribuire il giornale  L’Unità. A

tutti vennero inflitte pesanti condanne.

Spero Ghedini, personaggio di spicco dell’antifascismo e della Resistenza

non solo ferrarese, uomo capace e acuto politico, negli anni cinquanta sarà

eletto sindaco di Ferrara. Come Bagnolati, dopo una giovanile adesione al

Partito Socialista Italiano, nel 1930 si avvicinerà al Partito Comunista d’Italia

fino ad aderirvi completamente. A causa della sua attività nel campodell’antifascismo, come abbiamo detto, nel gennaio 1938 fu arrestato e

condannato dal Tribunale Speciale a 8 anni di carcere. Tornato in libertà il 28

agosto 1943 in seguito alla caduta del Fascismo, riprese immediatamente

l’attività politica a Bondeno ma, a causa dell’omicidio del federale del Partito

Fascista Repubblicano di Ferrara Igino Ghisellini nel novembre 1943, sapendo

di essere ricercato entrò in clandestinità. Inviato in Veneto a Rovigo e poi a

Bologna partecipò alla lotta partigiana. Nel novembre 1944 fu nominato

responsabile del PCI ferrarese e commissario, assumendo poi l’incarico disegretario della Federazione ferrarese del PCI e responsabile delle formazioni

partigiane della provincia fino alla Liberazione.

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Con la promulgazione delle leggi razziali contro gli ebrei, nel 1938, il regime

espresse appieno il vero volto della dittatura che discrimina i suoi cittadini

e anche gli abitanti di Bondeno ne risentirono le assurde conseguenze come la

revoca da parte del Comune, della cittadinanza onoraria all’architetto Arrigo

Minerbi, solo perché ebreo, cittadinanza che gli era stata conferita con grandeenfasi, solo pochi anni prima, per aver realizzato il monumento ai caduti della

prima guerra mondiale.

Con lo scoppio della guerra il 10 giugno 1940 si intensificarono le persecuzioni

contro gli oppositori del regime, contro gli aderenti ad associazioni eversive, o

comunque coloro sospettati di essere contro la guerra e gli arresti furono

numerosissimi.

La Resistenza si innestò quindi su un tessuto proveniente da lontano ed ebbe

sostegno in larga parte della popolazione di Bondeno, in modi e forme diverse,

ma essenziali per potersi organizzare.

Ciò sta a dimostrare come, nonostante la repressione, l’avversione contro il

fascismo e le idee di libertà non fossero mai morte e continuavano a circolare.

E si intensificavano durante i primi anni della devastante guerra, non certo

voluta dalla maggioranza della popolazione.

Il 25 luglio del 1943, dopo lo sbarco in Sicilia degli Alleati, cadde il fascismo,

Mussolini venne arrestato e portato in stato di fermo sul Gran Sasso. Il Reincaricò il Generale Badoglio di formare un nuovo Governo.

Si ebbero manifestazioni di piazza in tutto il territorio bondenese, caratterizzate

da grande gioia, nella convinzione che la guerra fosse finita.

Adriano Merighi, giovane operaio saccarifero, racconta nel suo diario

dell’epoca, consegnato all’ANPI di Bondeno, che corse a casa della sua ex

maestra, l’unica in paese ad avere la radio, per ascoltare il proclama di Badoglio

e della gioia che provò a quelle parole assieme ai suoi compagni

Dopo l’euforia, però, una grande delusione: la guerra continuava, molti giovani

bondenesi si trovavano nei vari fronti di guerra, la gente mancava delle cose

essenziali, privazioni e miseria erano all’ordine del giorno.

Gli avvenimenti successivi sono ben noti: l’otto settembre 1943 venne firmato

l’armistizio. I tedeschi già dal 9 settembre occuparono Ferrara e si insediarono

in tutta la provincia. Il 24 settembre venne fondata la Repubblica Sociale , la

repubblica di Salò con capo Mussolini che era stato nel frattempo liberato dai

tedeschi. L’Italia si trovò divisa in due parti: il centro sud che veniva liberato

dagli angloamericani ed il nord con una nuova dittatura nelle mani dei tedeschi.

Il Paese vivrà i due anni più terribili della sua storia.

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La guerra con il suo carico di rovine: morte, distruzione, fame, continuava . Il

fascismo repubblicano alleato degli occupanti tedeschi mostrava il volto più

feroce della dittatura. Si costituirono in tanta parte dell’Italia del nord i gruppi

partigiani per reagire e resistere a questo terribile stato di cose e tanta gente

seppe subito da che parte schierarsi. Solo con l’aiuto di larga parte dellapopolazione la Resistenza riuscì ad organizzarsi e ad agire.

Nacquero moti spontanei contro la guerra, si organizzarono scioperi nelle

campagne e le cronache dell’epoca citano diversi episodi di protesta in tutto il

territorio di Bondeno.

Ma due mesi dopo l’8 settembre, un terribile eccidio segnò la storia della

nostra provincia e le conseguenze furono devastanti per tutto il territorio.

All’alba del 15 novembre 1943, infatti, presso il Castello Estense di Ferrara e

sulle mura vennero fucilati 11 cittadini innocenti per vendicare l’assassinio

del Federale Igino Ghisellini, il cui cadavere era stato trovato il giorno

precedente presso Castel d’Argile vicino a Cento.

Si tratta del primo eccidio di guerra civile in cui non i tedeschi, bensì i fascisti,

furono fautori del crimine. Ebbe risonanza a livello nazionale ed il giorno

dopo Il Corriere della Sera titolava “ Ferrarizzare l’Italia”!

L’eccidio Estense è stato immortalato nel racconto di Giorgio Bassani “Una

notte del ‘43" e nel film di Florestano Vancini “La lunga notte del ‘43" .La strage di castello Estense fu un colpo durissimo per la Resistenza che si

stava organizzando e che ne risentì a lungo. Molti dirigenti dovettero

allontanarsi e i nuovi inviati da Bologna furono costretti ad operare per qualche

tempo in condizioni difficilissime.

Nei primi del 1944, anche se con difficoltà, i resistenti si organizzano

capillarmente anche nel territorio di Bondeno, come è ben documentato dalle

interviste di alcuni protagonisti inserite nella pubblicazione dal titolo Le vocidella libertà, a cura di Alberto Vincenzi realizzata per conto dell’ANPI di

Bondeno nel 2005.

Nel 1944 si costitutì la 35° brigata Garibaldi “Bruno Rizzieri” che operò nelle

zone di Ferrara, Bondeno, Vigarano, Mirabello, Poggiorenatico, Cento,

Sant’Agostino, Jolanda di Savoia, Tresigallo, Formignana, Ro, Berra, Copparo.

Nel bondenese si costutirono i primi G.A.P. (Gruppi di Azione Partigiana),

uno ad Ospitale, e due a Scortichino.

Nella primavera-estate 1944 in tutto le campagne bondenesi si registrarono

scioperi e proteste. In piena guerra e sotto la Repubblica di Salò i braccianti,

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gli operai protestavano, lottavano apparentemente per motivi economici ma le

loro erano vere e proprie manifestazioni antifasciste: il 2 giugno a Stellata,

circa duecento donne compartecipanti dell’azienda Achille Sani incrociarono

le braccia, il 21 giugno a Gavello, Pilastri e Burana gli operai sospesero la

mietitura.Queste proteste ancora una volta dimostravano che il movimento antifascista

degli inizi degli anni venti non si era mai sopito. Sempre in quell’estate 1944

ci fu una vera e propria battaglia del grano: alla richiesta dei tedeschi di grossi

quantitativi di grano, gli uomini e le donne della Resistenza si mobilitarono.

La parola d’ordine: non un chicco di grano ai tedeschi! Vennero fatte saltare

trebbiatrici, sabotati i raccolti e nel contempo continuarono gli atti di guerriglia

con sabotaggi alla linea Suzzara – Ferrara, ai fili del telefono, ai depositi di

armi e mezzi sulle rive del Po.

L’inverno 1944-1945 fu durissimo, come in tutta la provincia; nel bondesano

si susseguirono rastrellamenti e arresti da parte dei nazifascisti che colpivano

con ferocia inaudita, ormai pesantemente sconfitti in vari fronti di guerra. A

Burana il 17 dicembre 1944 furono arrestate 72 persone, fra il gennaio e il

febbraio 1945 sempre a Burana altre 14. Rastrellamenti venivano effettuati

quasi giornalmente. Il Comitato di Liberazione (CLN) locale rispose a questi

tragici avvenimenti con l’organizzazione di una vera e propria giornata

insurrezionale: la famosa manifestazione del 18 febbraio 1945 quando unnumeroso gruppo di donne provenienti da diverse frazioni andarono nella

piazza di Bondeno, entrarono in municipio e bruciarono i registri di leva su cui

erano iscritti i nomi dei giovani che dovevano essere inviati alla guerra o

deportati in Germania. La giornata fu preparata e organizzata dal CLN che

riuniva esponenti di tutti i partiti antifascisti.

Questa giornata rappresentò il culmine dell’esperienza antifascista della zona

anche e soprattutto per il lungo lavoro di preparazione che coinvolse sia i

partigiani incaricati di proteggere la manifestazione, sia la popolazione interache solidarizzava fortemente. Un episodio di resistenza partigiana che vide

protagoniste le donne. Più di 200 donne assalirono, dunque, il municipio,

bruciarono le carte annonarie e i registri di leva per evitare che i loro cari

venissero arruolati dalla Repubblica Sociale ed esposero il Tricolore senza lo

stemma sabaudo.

Nel 2005 a sessantanni dal 18 febbraio 1945 ad alcune di quelle straordinarie

protagoniste è stata conferita una medaglia da parte dell’ANPI. Una di loro

Elvira Bosi ricordando la giornata dirà “ Ho salvato così mio fratello e miomarito. Alla fine non era rimasto più nessun nome da reclutare. Eravamotantissime a correre su per le scale del municipio e a buttare giù dal balcone

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tutto quello che ci capitava per mano. Nella mia vita ho avuti tanti ricordi,molti ne ho perduti, ma giornate come quella non si possono dimenticare. È stata una bella lotta. All’arrivo dei fascisti poi siamo scappate. E loro cicorrevano dietro».

Non tutte purtroppo riuscirono a fuggire. Cinque donne rimasero ferite, unadecina fu arrestata. Queste ultime furono portate nella caserma dei Carabinieri

e di qui trasferite al carcere di Ferrara, dove subirono torture. Tante ebbero a

subire per lunghi anni le conseguenze di quei maltrattamenti. Per riavere le

proprie mogli e le proprie sorelle i familiari sostarono per diversi giorni davanti

alla caserma, finché non furono rilasciate. Nel frattempo un gruppo di partigiani

sequestrò il Podestà di Bondeno, che fu lasciato libero a patto che fossero

liberate le donne condotte in carcere.La giornata, come abbiamo affermato, fu

possibile grazie ad una ampia rete organizzativa e a quel substrato ideale e

politico che, come abbiamo visto, non era mai andato disperso durante i lunghi

anni del fascismo.

Bondeno, che cominciò a subire bombardamenti dalla fine di febbraio, fu

liberata il 24 aprile 1945 e gli Alleati che entrarono nella cittadina trovarono

già insediato il CLN comunale che era riuscito ad aver ragione dei nazifascisti

prima dell’arrivo delle truppe alleate.

Gli scontri fra partigiani e fascisti e tedeschi tra il 21 e il 25 aprile erano stati

violentissimi e vi lasciarono la vita ben 18 partigiani bondenesi.

I tedeschi in ritirata avevano fatto saltare i ponti in particolare nel territoriodella bonifica di Burana. Furono giorni terribili, i tedeschi in ritirata lasciavano

terra bruciata .

Il giorno 26 aprile il Comitato provvisorio di Liberazione Nazionale presentava

al Governatore alleato la lista degli eleggibili fra i rappresentanti di tutti i

partiti antifascisti, per la Giunta comunale di Bondeno:

Sindaco Cavallari ArturoAssessori effettivi Tassinari Demetrio (vicesindaco)

Guandalini Anselmo

Zerbini Ercoliano

Poletti Curzio

Assessori supplenti Guerzoni Armando

Melloni Cesare

La dittatura era finita, il paese si avviava verso la democrazia.

Era finita anche la guerra e aveva lasciato distruzione, morti, feriti, miseria:

molti giovani non tornarono più, le campagne erano distrutte.

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C’era gioia, ma anche disperazione. Bisognava ricostruire un Paese non solo

dalle macerie fisiche , economiche ma anche da quelle psicologiche e morali.

Prima di tutto bisognava costruire le istituzioni democratiche e darsi la forma

di governo.

Il 2 giugno del 1946 si votò il referendum per la Monarchia o la Repubblica,tra l’altro fu la prima votazione in cui poterono esprimere il loro voto anche le

donne.

Questo avvenimento vide una partecipazione altissima di elettori. Le immagini

dell’epoca riportano lunghe file gioiose di uomini e donne davanti ai seggi,

spesso nella campagne, ci raccontano, mariti e mogli uscivano insieme per la

prima volta. Tutto questo testimonia la voglia di partecipazione, il desiderio di

sentirsi cittadini in un paese finalmente con libere elezioni.

A Bondeno vinse ampiamente il voto a sostegno della Repubblica.

Poco prima, il 7 aprile dello stesso anno 1946 , c’erano state le elezioni

amministrative: la sinistra formata da PCI e PSI ebbe la maggioranza assoluta

dei consensi ed il nuovo Consiglio Comunale elesse Sindaco Ercoliano Zerbini,

vecchio socialista di Gavello.

Si era festeggiato in una Bondeno imbandierata il primo 1° maggio. Quel 1°

maggio del 1946, ad un anno dalla Liberazione assunse un particolare

significato.”1° maggio Festa del Lavoro è il grido appassionato che sentiamo

 fin dalla nostra infanzia sulla bocca dei nostri braccianti, delle nostre donne,di tutti i nostri lavoratori” scriverà Sperò Ghedini, su La Nuova Scintilla del

28 aprile 1946.

Quindi da un lato una grande voglia di vivere, di affermazione e dall’altro

grandi problemi economici e di lavoro.

I danni della guerra avevano causato allagamenti diffusi nelle zone di recente

bonificazione, bombardati i ponti sul Po, le zone industriali, le ferrovie. E iproblemi della “questione agraria” per Bondeno e per tutto il ferrarese si

riproponevano con forza. Nella provincia un esercito di 100.000 senza lavoro

premeva su di un asfittico scenario produttivo.

Contestualmente veniva meno un elemento tipico della produzione agricola

ferrarese: la canapa. Ragioni di mercato portarono al tracollo e con la fine

della canapa finisce la filiera industriale collegata: canapifici, cordami, tessitura

domestica, pettinatura.

Sono anni di violenti scontri sociali e lotte agrarie durissime. Con le elezioni

del 1948 le sinistre vengono espulse dal Governo e si acuisce quanto sopra

affermato.

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Il biennio 1948/1949 rappresenta un momento di altissimo scontro, in cui si

esprime la volontà dei lavoratori agricoli di non piegare il capo. Si susseguirono

gli scioperi.

Lo scontro tra gli agrari e le masse bracciantili fu molto violento: nel 1948, il24 novembre, in una manifestazione in piazza a Bondeno, per richiedere la

gestione diretta del collocamento al lavoro, la “Celere” sparò ad altezza d’

uomo e rimase ucciso Fernando Erculei e feriti altri 10 manifestanti.

L’altro sciopero, che durò mesi e sconvolse non solo il bondenese ma l’intera

provincia, fu quello del 1949 che durò mesi, si chiedevano salari migliori,

riconoscimento del collocamento. Anche durante questo sciopero lo scontro

fu durissimo; nella zona di Argenta perse la vita l’operaia Maria Margotti,

anche in questa caso la polizia aveva sparato ad altezza d’uomo.

Negli stessi anni ci fu un tentativo di trasformare la compartecipazione in

“Collettivo integrale”, in cui tutti i lavori sono messi in comune.

Il Collettivo è stato una particolare forma di organizzazione, adottata dal

bracciantato che trovò la sua ragione d’essere in quella sollecitudine prestata

nell’immediato dopoguerra alle possibili nuove forme di organizzazione del

lavoro agricolo.

Non fu una scoperta, una cosa che emerse, che nacque da sé improvvisamente,

ma fu piuttosto una concreta e tempestiva interpretazione delle esigenze

bracciantili e trasse senso e sostanza dalle tradizioni organizzative locali.

Si sviluppò soprattutto nella zona di Bondeno e di Argenta, in cui le tradizioni

sindacali del bracciantato, rimasero solide e anzi si arricchirono nonostante i

reiterati tentativi compiuti dal fascismo di fiaccare e svuotare di valore le

conquiste e il patrimonio di lotta di queste popolazioni.

I collettivi, a Bondeno, videro impegnati tanti lavoratori e le loro rappresentanzepolitiche e sindacali, che furono protagonisti di tante battaglie, improntate alla

solidarietà ed all’equità, per fronteggiare la grande miseria.

Il decennio 1940-1950, con lo sciopero del 1954 (lo sciopero dei 120.000

braccianti “la battaglia” del falcetto), sembra chiudere un’epoca: la solidarietà

che si era creata fra i braccianti e i ceti medi fece sì che venissero accettate

dalla Confida le richieste dei lavoratori.

Quegli uomini e quelle donne, che seppero conquistare diritti sociali, che si

batterono per loro dignità di liberi lavoratori, ci hanno indicato la strada da

seguire per essere cittadini consapevoli.

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Edmo Mori

Ex Comandante della Polizia

Municipale di Bondeno

Gli anni della ripresa economica

Ho assunto servizio alla fine di settembre del 1957, dopo che il Consiglio

Comunale in seduta ordinaria ha proclamato la graduatoria del pubblico

concorso al quale avevo partecipato nei mesi di giugno e luglio precedenti.

Il ruolo assegnatomi è stato quello di Responsabile della Polizia Municipale,

delle attività produttive e della Nettezza Urbana del Comune di Bondeno.

L’organico del comune di quei tempi era formato da alcune persone già in

servizio da prima della guerra, mentre la maggioranza era entrata per chiamata

o per concorso nel dopoguerra. Anche il Corpo della P.M. e l’organico del neo

costituito reparto della N.U. erano costituiti da operatori già in età matura, maposso assicuravi di aver trovato in tutti la più ampia disponibilità, che costituisce

il requisito indispensabile perché il lavoro affidato ad un gruppo persegua

risultati positivi. Le caratteristiche del mio lavoro hanno poi fatto si che

prendessi immediato contatto con i componenti della Giunta e particolarmente

col Sindaco, capo dell’amministrazione comunale, ufficiale di governo e, nel

caso di Bondeno, Autorità Locale di Pubblica Sicurezza nei confronti del quale

la P. M. ha un doppio rapporto di subordinazione perché gli agenti della P.M.

sono dipendenti del comune, ma, come agenti di P.S., hanno un rapporto didipendenza diretta dall’autorità di P.S. Di fronte al sindaco ho prestato la

“promessa solenne” ed in seguito sono passato da quell’ufficio ogni giorno

per prendere nota delle necessità che esulavano dai compiti ordinari previsti

dalla legge comunale e provinciale e dal regolamento speciale del corpo della

P.M. Gli anni Cinquanta recavano ancora i segni del dopoguerra. Il comune

era uscito dal conflitto in ginocchio. Strade in dissesto, acquedotto funzionante

a singhiozzo, disoccupazione a livelli impressionanti, appena mitigata dai

contratti agricoli di mano d’opera obbligatoria (la discussa imponibile che

tante proteste ha sollevato fra gli agricoltori), dalle brevi assunzioni di pochi

operai presso gli stabilimenti della Saccarifera Lombarda e della S.A.T.P.A.A.

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per le campagne delle barbabietole e del pomodoro e dai pochi “Cantieri Scuola”

finanziati dal Ministero del Lavoro che i bondenesi avevano battezzato col

nome di “Papin” perché la retribuzione per un giorno di lavoro ammontava a

seicento lire, appena sufficienti per un piatto di minestra. L’unico grande cantiere

di quegli anni era stato quello aperto proprio dal comune (per la precisione dalConsorzio fra i comuni di Bondeno e Ficarlo) per la ricostruzione del ponte

sul Po, bombardato dagli alleati nel 1944 e sostituito da un passo natante dal

1946 al 1954. La ricostruzione della struttura, realizzata con barche in

calcestruzzo armato costruite sul posto dall’Impresa Galliera Fedoro di

Bondeno, ha richiesto un impegno complessivo a carico del consorzio, fra

barche, impalcato e testate di 160.000.000 milioni, ma il lavoro restava

tragicamente scarso per una popolazione residente di quasi 30.000 abitanti,

più della metà della quale non aveva diritto all’assistenza, per cui assistenza

medica, farmaceutica ed ospedaliera erano poste a carico del comune sulla

scorta dei ben noti “Elenchi dei Poveri”.

In quei tempi, l’ufficio del Sindaco non disponeva di un servizio di segreteria

particolare per disciplinare gli orari ed il ricevimento del pubblico, e gli uffici

del Sindaco e del Vice-Sindaco erano meta abituale di disperati che chiedevano

aiuto per loro stessi e per i loro familiari, per problemi di abitazione, di lavoro

e di salute. E proprio da una situazione in ambito sanitario è scaturita la prima

esperienza diretta che ho vissuto e della quale voglio farvi un cenno.

Il Palazzo Comunale, ospitava ovviamente i vari uffici e fra questi unambulatorio dell’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia nel quale operava

un’assistente dell’ente per le vaccinazioni obbligatorie della prima infanzia,

disciplinate dalla legge n. 891/1939 e dal Decreto del Capo del Governo 7

marzo 1940. L’ambulatorio, meglio noto come “Consultorio”, svolgeva

un’attività molto intensa perché la natalità aveva valori molto più alti rispetto

ad oggi ed era controllato dall’Ufficiale Sanitario, medico di base delle frazioni

di Scortichino e Gavello che, a tempo parziale, svolgeva la funzione di ufficiale

sanitario col controllo quindi anche dell’O.N.M.I. L’alimentazione principaledell’infanzia era allora costituita dal latte, ma non il prodotto pastorizzato,

scremato o sterilizzato delle varie marche in commercio oggi, ma latte di stalla,

venduto dalle reggitrici delle aziende del territorio, bollito a scopo profilattico

prima del consumo, che nonostante il controllato sul piano igienico compiuto

con un’intensa attività di prelievo di campioni effettuata sia dalla Polizia

Municipale che dagli agenti dell’Ufficio del Medico Provinciale operante presso

la Prefettura di Ferrara, era responsabile di tante affezioni intestinali. Sindaco

e Vice – Sindaco, di fronte alla disperazione degli amministrati seguivano il

fenomeno con particolare attenzione, ne discutevano ampiamente con

l’Ufficiale Sanitario convenendo che una delle cause, se non la principale di

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quanto stava avvenendo ai danni dei bambini poteva esser legato alla qualità

del latte. Le raccomandazioni fatte alle mamme per scongiurare il diffondersi

della malattia e quelle rivolte agli agricoltori, tramite le associazioni di categoria

perché l’alimentazione del bestiame fosse compiuta con prodotti sani e perché

la mungitura delle vacche che avevano partorito non fosse anticipata daldesiderio di guadagnare qualche giorno nel commercio del latte, sembravano

non approdare ad alcun miglioramento, per cui l’apertura di un “Centro per la

raccolta e la pastorizzazione del latte”, operata da un privato in un complesso

appositamente costruito in Via per Zerbinate (Borgo Scala) ha indotto

l’Amministrazione Comunale ad adottare un provvedimento di divieto della

vendita del latte di stalla per uso alimentare e disposto, con apposita ordinanza

adottata dal Sindaco in applicazione delle norme contenute nella legge del

1929, che per uso alimentare fosse posto in commercio solo latte pastorizzato.

Il provvedimento ha scatenato, come era previsto, la disapprovazione degli

agricoltori ed anche quella della cittadinanza che aveva un rapporto consolidato

con i numerosi produttori del territorio. La protesta, nonostante l’ampia

campagna di informazione compiuta con i mezzi allora a disposizione

(manifesti), sembrava non potesse essere placata, ma la Giunta, confortata

dall’Ufficiale Sanitario, ha creduto alla validità della strada intrapresa ed

avvalendosi della collaborazione della Polizia Municipale, utilizzata con

continuità in un assiduo lavoro di controllo sull’intero territorio, in capo a

poco più di anno ha visto l’affermazione della nuova regolamentazioneconfortata peraltro dal graduale calo delle affezioni che avevano colpito i

bambini.

Il latte, come detto, costituiva un elemento importante nel ciclo alimentare

degli anni Cinquanta, ma Bondeno aveva anche quello dell’acqua potabile,

di ottima qualità perché proveniente dalle sorgenti (fontanili) di Castelfranco,

ma scarsa per le necessità della popolazione e mancante nella maggior parte

del forese, servito, ma solo dove era stato possibile portare le condotte, mediante

fontanelle pubbliche presso le quali si attingeva il prodotto mediante secchi,solo a ciò destinati, bidoni metallici e damigiane di vetro, ma in quantità non

superiore a cinquanta litri per persona, così come stabiliva il Regolamento

Comunale per il Civico Acquedotto, con l’aggiunta della disposizione sanitaria

che proibiva di collegare al rubinetto qualsiasi tipo di conduttura per non

inquinare, nell’eventualità di un calo di pressione, l’intera condotta. La vicenda

dell’acquedotto di Bondeno aveva origini lontane, essendo iniziata nel 1893

quando il comune di Ferrara aveva opposto un secco rifiuto alla richiesta fatta

per portare una conduttura da Ferrara a Bondeno. Un successivo esperimento

di estrazione di acqua da un pozzo artesiano, così come era stato fatto dal

comune di Finale Emilia, non aveva dato buoni risultati, per cui nel 1905, non

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senza difficoltà, è stato possibile entrare nel Consorzio Acquedotto già operante

fra i comuni di Crevalcore e Finale Emilia. Nel dopoguerra, la lunga condotta

costruita sul posto mediante elementi tubolari in cemento, a distanza di oltre

mezzo secolo stava manifestando numerose anomalie dipendenti da vistose

perdite, da improvvise rotture, dalla sezione del tubo, calcolato e costruitosulla base dei consumi dei primi anni del Novecento ed infine perché Bondeno

era il comune più lontano fra quelli costituenti il consorzio. Nel 1959

l’Amministrazione si è ha fatta perciò carico del grave problema, nonostante

proprio in quegli anni avesse impegnato il bilancio comunale per dare una

piccola risposta alla carenza di alloggi trasformando l’ex teatro comunale P.

Ferrari in alloggi popolari, costruendo quattro case bifamiliari nel rione

sanissimo (assegnate poi a 16 famiglie), cedendo alcune aree del rione

Santissimo all’I.N.A. – CASE per i condomini di Via della Resistenza ed

all’ente UNRA - CASE per l’erezione di casette nell’area urbanizzata in quei

tempi nella campagna Cestarella, chiamata dal nome del proprietario “Piano

Borri”, da assegnare agli sfollati delle case allagate dalla piena del Panaro e

del Po del 1951, temporaneamente alloggiati presso le scuole di Piazza A.

Moro. Era questa la situazione quando è stato sottoposto all’esame del Consiglio

Comunale il problema “acquedotto” ottenendo dal consesso ampio mandato

per la progettazione di un nuovo impianto e per il successivo distacco di

Bondeno dal consorzio con i comuni di Crevalcore e Finale Emilia.

Per inquadrare il problema degl’investimenti comunali in opere pubblichebisogna ricordare che la parte “Entrata” del bilancio di quei tempi era costituita

dai tributi comunali, i più importanti dei quali erano l’Imposta di Consumo

(il così detto Dazio riscosso da un appaltatore) e l’Imposta di Famiglia, applicata

e riscossa direttamente che, come stabiliva l’articolo 107 del T.U. della Finanza

Locale, colpiva i redditi delle famiglie ed ogni altro indice di apparente agiatezza

delle stesse. Lo Stato non era in grado di erogare fondi ai comuni e l’accesso

ai mutui per la costruzione di nuove opere pubbliche non era facile perché era

ancora in atto la ricostruzione. L’Amministrazione Comunale ha alloradimostrato coraggio e determinazione perché contemporaneamente al progetto

di un nuovo acquedotto ha dovuto far fronte alla costruzione di nuovi plessi

scolastici elementari per le località di “Corpus Domini”, “Guattarella”,

“Lezzine” e per la frazione di Scortichino, ai quali ha fatto seguito la costruzione

di un nuovo immobile per l’Istituto di Avviamento Professionale di tipo Agrario

T. Bonati di Bondeno capoluogo, ospitato fin dagli anni Trenta del Novecento

nell’immobile comunale di Via Vittorio Veneto, successiva sede della “Scuola

Media Unica” e poi della Sezione staccata del Liceo Scientifico Roiti, ma in

attesa di trasferimento per poter disporre di un maggior numero di aule e di

adeguati campi sperimentali.

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Lo studio del progetto dell’acquedotto è stato affidato all’Ingegner Achille

Bonora, direttore dell’Ufficio Tecnico della Provincia, che aveva progettato il

plesso delle Scuole elementari di Piazza A. Moro nel 1926, la Torre Piezometrica

di Piazza Martiri nel 1938 e la facciata della Chiesa Arcipretale nel 1939. Il

professionista, assumendo come parametro di riferimento il consumo di acquapotabile del 1959 moltiplicato PER CENTO, ha consegnato gli elaborati

prevedenti: la perforazione di pozzi nella golena destra del Po a Stellata; la

costruzione di una centrale di depurazione del tipo a sabbia e di una torre

piezometrica sulla destra dell’argine del Po in località Malcatone e di una

condotta di collegamento fra la torre piezometrica di Stellata e quella di Bondeno

da realizzare con un tubo del diametro di 325 millimetri. L’opera, finanziata a

carico di più esercizi è stata approvata dal Consiglio Comunale il 24 ottobre

1959 e con lo stesso provvedimento è stato approvata un mandato relativo

alla costruzione di diverse condotte di distribuzione a beneficio del forese che,

in determinate zone, non poteva utilizzare nemmeno le acque dei pozzi perché

erano cariche di gas metano. Nell’attesa del compimento delle opere di presa,

della condotta e dell’esercizio provvisorio dell’impianto, considerato che la

qualità dell’acqua fornita dai pozzi, anche se ricca di ferro, era da considerare

potabile, per rendere meno difficile la vita dei cittadini è stata acquistato un

carro botte, destinato al rifornimento di acqua alle utenze del forese non servite

e per il servizio primaverile-estivo di “innaffiamento delle strade bianche”.

A quest’ultimo proposito va sottolineato che nel mese di giugno del 1959 havisto la luce, dopo una gestazione durata alcuni anni, il “Nuovo Codice della

Strada”. Era un provvedimento atteso da tempo per omogeneizzare a livello

nazionale comportamenti e segnaletica, allora disciplinati dai Regolamenti

Comunali di Polizia Urbana, diversi da comune a comune. Il nuovo testo ha

fornito quanto auspicato, ma la nuova classificazione delle strade inserita come

parte integrante dello stesso ha previsto tre sole categorie, ossia quella delle

strade Statali, delle strade Provinciali e quella delle Comunali, omettendo le

“CONSORZIALI” che, nel caso di comuni di bonifica come Bondeno,costituivano quasi lo sviluppo maggiore e ciò col particolare, non trascurabile,

che i contributi corrisposti come tassa scoli da parte degli utenti del territorio

continuavano ad essere versati “PER INTERO” nelle Casse dei Consorzi.

Il comune ha dovuto, quindi, farsi carico di un nuovo e pesante onere e vi dirò,

nell’ambito delle vicende che ho vissuto, che nei giorni successivi all’entrata

in vigore del Nuovo Codice della Strada, unitamente al Sindaco, all’Ingegnere

dell’Ufficio Tecnico Comunale, al Vice-Segretario ed al Capo Cantoniere ho

presenziato ad un sopralluogo sulla strada, poi inserita nella toponomastica

comunale con la denominazione di “Comunale – Cittadino”, fra Settepolesini

e Salvatonica, perché secondo le indicazione del Consorzio Primo Circondario,

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dal quale proveniva, avrebbe dovuto essere ghiaiata fin dal 1926, cioè da quando

erano stati eseguiti i lavori di bonifica del comprensorio, ed invece era uno

stradone campestre, coperto appena da un leggero strato di sabbia.

In aggiunta a tanti problemi complessi e di difficile soluzione, fin dal 1959

erano frattanto iniziati i lavori di ampliamento dell’Ospedale Civile F.lliBorselli, costola del comune, amministrato da un consiglio autonomo nominato

dal Consiglio Comunale, ma dotato di una buona autonomia finanziaria

derivante dall’introito delle rette e dagli affitti dei vari fondi che G. Borselli

aveva lasciato in eredità al comune di Bondeno, unitamente alla sua villa, a

fine Ottocento. Gli interventi sul complesso iniziati in quegli anni sono

proseguiti in seguito all’approvazione di ulteriori progetti nel 1964, 1969, 1973,

1974, 1975 (sopraelevazione) e praticamente fino al 1990 quando il numero

dei posti letto ha raggiunto quota 220. Con l’arrivo degli anni Novanta sono

però divenute operative le nuove norme regionali in materia di ospedali ed in

relazione a ciò la struttura, fiore all’occhiello del paese è stata gradatamente

ridimensionata e portata alle condizioni attuali.

Fra tante vicissitudini, l’anno 1960 ha segnato una data particolare per il comune

di Bondeno che, grazie alla trasmissione televisiva “Campanile Sera” è balzato

agli onori della cronaca nazionale. La segnalazione fatta dalla RAI al comune,

a distanza di poche settimane dalle selezioni compiute per individuare i

rappresentanti da inviare a Milano ha destato una certa sorpresa negli

amministratori anche se l’amministrazione conosceva i tempi della RAI, perchénegli anni precedenti aveva organizzato a Bondeno alcune registrazioni

radiofoniche denominate “Il microfono è vostro”, impiegando come luogo di

registrazione la sala del Consiglio Comunale. Il Sindaco del tempo, Pasqualini,

informato il Consiglio di quanto stava accadendo ha voluto prendere visione

di ciò che significava l’allestimento di una manifestazione televisiva, per cui,

unitamente al Vice Segretario Comunale, all’Ingegnere dirigente ed al

sottoscritto, ha organizzato una spedizione a Legnago, cittadina in gara nella

stessa settimana nella quale era giunto l’avviso di partecipazione per Bondeno.Giunti a Legnago e raggiunto il municipio per annunciare al sindaco i motivi

della visita, il gruppo ha dovuto attendere che lo stesso sindaco terminasse il

proprio turno di lavoro presso la stazione ferroviaria ove ricopriva il ruolo di

“Capo Stazione”, quindi, in sua compagnia è stata guardata la trasmissione

mediante un televisore installato nella piazza di fianco al municipio ed osservato

il grande allestimento predisposto dal comune per l’occasione. L’ incontro che

ha posto di fronte le squadre di Legnago e della cittadina di Aversa ha visto la

sconfitta di Legnago per cui, alla fine della trasmissione, quando l’annunciatore

della RAI ha segnalato che il giovedì successivo il comune sfidante di Aversa

sarebbe stato Bondeno, la delegazione bondenese è stata colta da grande gioia

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per aver udito per la prima volta il nome di Bondeno alla televisione, alla

quale ha fatto comunque seguito tutta la preoccupazione relativa

all’organizzazione di un evento tanto impegnativo. I lavori di allestimento

hanno avuto inizio il venerdì della stessa settimana con la costruzione di un

grande palco sistemato di fronte alla rivendita di giornali delle sorelle Zucchinie la posa di diverse linee telefoniche straordinarie per collegare il banco degli

esperti del palco con quelli dei due “Pensatoi” allestiti presso la sala del

Consiglio Comunale e presso la Canonica. Grazie alla bravura dei ragazzi

bondenesi inviati alla sede RAI di Milano (Carlo Zagni, Laura Bignozzi e

Lorenza Meletti), alla disponibilità di tanti volontari che hanno dimostrato

insospettate capacità nei più svariati settori e ad una buona dose di fortuna,

Bondeno ha battuto, una dopo l’altra, le città di Aversa, Fermo, Bitonto ed è

stato a sua volta battuto, ma in maniera molto discutibile dalla città di Volterra

che, forse, per farsi perdonare l’ingiusta vittoria ha fatto dono al comune di

una bella scultura in alabastro tuttora conservata. I cinque gettoni d’oro assegnati

sono stati ritirati e depositati presso il “Cavò” della Cassa di Risparmio, col

proposito di conservarli come trofeo, ma a distanza di pochi mesi, necessità di

bilancio ne hanno imposto la vendita a prezzo d’oro, allora quotato Lire 900 al

grammo. La ripresa televisiva di Campanile Sera ha permesso di inquadrare

una grande festa collettiva, partecipata dai bondenesi del centro, del forese e

da cittadini dei paesi vicini, ma ha messo in evidenza, in modo impietoso il

pessimo stato della piazza principale del paese. Il problema “piazza” eraall’esame del consiglio da diversi anni, ma le ristrettezze del bilancio avevano

costretto di dare priorità ad altre spese per cui solo nel 1964 il Consiglio ha

approvato il progetto elaborato dall’Ufficio Tecnico del Comune per la

ricostruzione dell’opera (fognature, condotte acqua e gas, impianto elettrico,

nuova illuminazione e pavimentazione mediante trachite per i marciapiedi e

cubetti di porfido per il piano viabile) con un impegno di 100.000 milioni di

lire. Il lavoro, col sistema dell’asta pubblica è stato assegnato alla Società

Cooperativa Selciatori e Sterratori di Bologna che in 24 mesi, ha completatola sua opera, compresa la ricostruzione del collettore fognante di collegamento

fra la piazza ed il collettore di Via Mazzini – Via Battisti, costruito nel 1914.

I materiali che costituivano la vecchia pavimentazione, risalenti al 1761, sono

stati pazientemente recuperati e depositati nel magazzino comunale in attesa

di reimpiego, ma il 4 novembre 1966, dopo due giorni e due notti di apprensioni

trascorsi ai bordi del canale collettore delle acque basse della Bonifica di

Crevalcore (fra lo stabilimento MA-REF e Santa Bianca) e le campagne

comprese fra lo stesso canale ed il Cavo Napoleonico, gli sforzi compiuti dal

personale dei Consorzi Palata-Pepoli e di Burana, da quello del comune e da

tanti volontari non sono riusciti a contenere l’impeto delle acque di piena che

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alle ore 16 hanno provocato la rottura dell’argine destro del canale di fronte al

fondo denominato Barchessa, provocando la conseguente sommersione delle

campagne e delle case ricadenti fra la strada Bondeno-Santa Bianca ed il Cavo

Napoleonico. La rotta, non ha fatto vittime grazie alla tempestiva evacuazione

degli abitanti compiuta dal personale dei consorzi e del comune e, le acque,dopo aver raggiunto in maniera tumultuosa l’argine destro del cavo si sono

riversate nel canale Emissario del Serraglio di Santa Bianca per aver esito nel

Canale Emissario di Burana attraverso la Chiavica funzionante alle spalle del

Camposanto locale. La corrente delle acque di rotta, in maniera rumorosa e

violenta hanno attraversato lo specchio del Canale Emissario di Burana ed

investito l’argine opposto all’altezza del Bar – Pizzeria “Brek – Point”.

La pressione della corrente ha avuto come conseguenza l’apertura di una grande

frana ai danni dell’argine investito tanto da far temere l’imminente crollo anche

della sovrastante strada. Il sindaco, avvertito dal personale del Consorzio di

Burana ha preso immediata visione della drammatica situazione e, dopo un

breve consulto con i tecnici dello stesso consorzio e con l’ingegnere comunale,

assumendo una decisione che sarebbe rientrate fra le sue competenze, ma solo

nel 1985 con l’approvazione della legge sulla Protezione Civile, ha deciso

che il materiale recuperato dal disfacimento della piazza Garibaldi fosse

scaricato nell’ampia voragine apertasi nell’argine del Canale Emissario di

Burana. In quella voragine sono così stati sepolti i resti dell’antica piazza, ma

è stato scongiurato il crollo della strada ed evitati danni maggiori al rioneadiacente.

L’anno 1966 ha visto anche l’epilogo dei numerosi tentativi operati dal Sindaco

presso il Provveditorato degli Studi di Ferrara e presso il Ministero della

Pubblica Istruzione per portare a Bondeno una scuola di tipo industriale. Le

richieste, motivate dal disagio imposto ai Bondenesi, costretti a frequentare le

lontane scuole industriali di Ferrara (Corso Poledrelli), la scomoda scuola

“Taddia” di Cento e l’ancora più scomodo Istituto Professionale di Castelmassa

hanno ricevuto sistematica riposta negativa, ma alla fine del 1965, gli sforzidel sindaco Borsari sono stati premiati dall’arrivo a Bondeno di una scuola

professionale, l’Istituto Addestramento Lavoratori, dipendente dal Ministero

del Lavoro, che per ragioni di urgenza è stato collocato in alcuni locali del

Centro Sociale 2000. Avviati immediatamente due corsi per meccanici generici

e disegnatori meccanici, nel 1969 la scuola ha ottenuto una propria sede nei

locali acquistati appositamente dal comune in Via per Zerbinate, n. 31, con un

impegno finanziario di Lire 98.000.000, aumentati di ulteriori 22.000.000 per

l’adattamento della struttura, appena ultimata, ma concepita come laboratorio

di produzione di antenne per la televisione. Le prime attrezzature per far partire

la scuola sono state offerte da artigiani ed industriali locali sensibilizzati

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dall’Amministrazione Comunale e dall’ottimo lavoro compiuto dalla sezione

locale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato. La sede nazionale

dell’I. A. L. ha fornito poi le attrezzature per la specializzazione di

“congegnatore meccanico” e nel 1972 la gestione della scuola è stata trasferita

alla Regione Emilia – Romagna con passaggio alla stessa degli oneri relativialla “Formazione Professionale” che ha permesso di dare attuazione al

riconoscimento pieno del “Diritto allo Studio”. Nel 1975 i qualificati della

scuola hanno raggiunto quota 368, ma gli anni successivi, nonostante

l’inserimento dei nuovi corsi per disegno-cad e l’impiego di computer, hanno

visto un continuo calo degli iscritti al punto che nell’estate del 2010, tutte le

attrezzature sono state trasferite presso le scuole di Ferrara.

Sempre nel settore scolastico, fin dal 1963/64, per impulso del comune era

nata la sezione staccata dell’Istituto L. Einaudi di Ferrara per “Segretarid’Azienda”, collocata nei locali dell’ex macello e poi caserma di Via Vittorio

Veneto. La scuola, nei primi tempi di funzionamento, oltre ai locali ha

beneficiato del servizio di custodia e pulizia ed ha svolto con successo corsi

per segretari d’azienda fino all’anno scolastico 1990/91. Con l’anno 1991/92

è stato avviato un nuovo corso ad indirizzo “economico-aziendale-turistico”,

articolato su cinque anni, ma il successo riscosso dalla scuola anche con i

corsi precedenti aveva indotto il comune ad effettuarne la completa

ristrutturazione fin dal 1977/78.

Ancora nel settore scuola, l’Amministrazione comunale, affiancata da un gruppo

di cittadini, con l’anno scolastico 1970/71 è riuscita ad ottenere l’avvio del

corso superiore del “Liceo Scientifico” come sezione staccata del liceo Roiti

di Ferrara. La scuola è stata ospitata nei locali comunali di Via Vittorio Veneto,

n. 29, già adibiti a Scuola di Avviamento Professionale di tipo Agrario fin

dagli anni Trenta, poi dall’anno scolastico 1962/63 a sede della “Scuola Media

Unica”, in esecuzione della riforma scolastica. Il plesso, sede del solo liceo

scientifico dall’anno scolastico 1972/73, è stato completamente ristrutturato a

spese dell’Amministrazione Comunale nel 1984/85 portandone la capienza a5 aule normali, 4 speciali, 1 biblioteca e 1 sala insegnanti.

Gli anni Sessanta hanno visto poi il coinvolgimento dell’Amministrazione

Comunale in una vicenda che, purtroppo per il paese, non è ancora

completamente definita. Mi riferisco alla questione dell’Eridania Zuccherifici

Nazionali S.p.a., subentrata alla Società Saccarifera Lombarda. Prima

dell’inizio della campagna bieticola del 1968, la nuova società, sorprendendo

tutti ha deciso il ridimensionamento dell’organico operante nella fabbrica per

giungere in tempi brevi alla sua successiva chiusura. La decisione ha visto lapresa di posizione dei dipendenti e delle organizzazioni sindacali che hanno

deciso l’occupazione della sede, ai quali si è affiancato il Consiglio Comunale

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che discusso l’argomento ha deciso di restare in seduta permanente fino alla

conclusione della vertenza. Di fronte alla posizione assunta dalla società, il

sindaco, dopo aver ampiamente discusso il grave problema di fronte al Consiglio

Comunale, il 5 dicembre 1968 ha disposto la “requisizione” della struttura. A

fine mattinata, una delegazione formata dallo stesso Sindaco, da alcuniconsiglieri, dal Notaio Colombo Bignozzi invitato per formalizzare l’atto di

requisizione, dal Comandante della Stazione locale dei Carabinieri e dal

Comandante della Polizia Municipale, si è mossa alla volta dello stabilimento

e annunciati i motivi della propria presenza allo sbigottito personale della

direzione ha proceduto a formalizzare e notificare la “Requisizione”, dando

contemporaneamente mandato alla Polizia Municipale ed al personale della

società che si era schierato dalla parte del comune di assumere la custodia

costante del complesso. Fortuna ha voluto che, nell’occasione, il direttore del

laboratorio chimico si sia schierato dalla parte del comune sollevandolo

dall’onere della vigilanza del silos dello zucchero nel quale il prodotto era

conservato allo stato sfuso a centinaia di quintali, con l’assistenza di un

complesso sistema di controllo della temperatura e dell’umidità. Dopo diverse

settimane di autentica passione, rese ancora più preoccupanti dall’impugnazione

dell’atto di requisizione da parte della società, questa ha ritenuto di recedere

dai programmi annunciati e la situazione si è normalizzata tanto che negli

anni successivi lo stabilimento è stato completamente ristrutturato per portarne

la produzione giornaliera a 200.000 quintali/giorno di bietole macinate. Diquel magnifico complesso che dal 1912 ha rappresentato la ricchezza

dell’agricoltura locale e dell’ orgogliosa vittoria conseguita dal comune e dalle

OO.SS. nel 1968, purtroppo, ora restano 45 ettari di terreno brullo e, come

anticipato, la sola promessa di costruzione di alcuni complessi industriali.

Per concludere questa breve panoramica sui principali fatti ai quali ho avuto il

privilegio di assistere come testimone, voglio accennare brevemente ad un

intervento che ha avuto come protagonista il comune di Bondeno, e per lo

stesso, il sindaco Bergamini in prima persona. Mi riferisco alla ricostruzionedel Ponte sul Panaro fra Bondeno e San Giovanni. Il primo ponte stabile, su tre

arcate, era stato costruito dal comune nel 1761 sulla scorta di un progetto

elaborato dall’Architetto Ferrarese Ambrogio Baruffaldi con l’impegno di

10.102 Scudi, risultato tanto gravoso che a sussidio della spesa, il Pontefice

Clemente XIII ha dovuto accordare allo stesso comune la “Privativa” delle

“Basterie “ (spacci di farine, ecc.). L’opera, a causa delle cattive condizioni di

stabilità è stata sostituita a spese dell’Amministrazione Provinciale di Ferrara

nell’anno 1898, sulla scorta di un progetto fatto elaborare dal comune di

Bondeno all’Ingegner Ugo Arrivabene. L’impresa esecutrice della travata

metallica e dei piloni laterali in cemento armato è stata la Società Nazionale

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Officine di Savigliano che ha completato i lavori in otto mesi con una spesa di

Lire 225.000 fra costruzione del nuovo e demolizione del vecchio. Fatto saltare

dalle truppe tedesche in ritirata il 22 aprile 1945 è stato ricostruito, come ponte

provvisorio, nel 1945/46 dall’Amministrazione Provinciale, dal Comune di

Bondeno e dal Comitato di Liberazione Nazionale sulla scorta di un progettoelaborato dall’Ingegnere Achille Bonora con una spesa di Lire 2.780.000, ivi

comprese le spese di recupero del ferro riutilizzabile derivante dal ponte

demolito e l’acquisto del restante materiale, trasferito a Bondeno dalla dismesse

aviorimesse di Ferrara. Costruito con materiale di recupero, saldato con i mezzi

a disposizione nel 1945/46 ed appoggiato sui piloni in muratura del ponte del

1761 per ragione di contenimento dei costi, le sue condizioni, anche se la

portata è stata limitata fin dall’apertura ad un massimo di 15 Tonnellate sono

andate sempre più peggiorando, tanto che il 9 aprile 1971, dopo un accurato

esame delle strutture dell’impalcato, l’Amministrazione Provinciale ne ha

decretato la chiusura. I bondenesi del capoluogo, non ancora abituati all’impiego

della circonvallazione e del nuovo ponte costruito nei pressi dell’Ospedale

Borselli hanno dato vita ad una serie di proteste tanto da indurre il sindaco a

chiedere ed ottenere la riapertura al traffico della struttura con limitazione

della portata a due Tonnellate, sagoma limitata a metri due di larghezza e tre di

altezza e circolazione a senso unico alternato, regolata da semaforo. Le proteste,

dopo la parziale riattivazione della circolazione non si sono comunque placate,

tanto che il sindaco il 23 gennaio 1971 ha convocato un’assemblea pubblicanella sala del consiglio per discutere la vicenda con industriali, artigiani,

commercianti e cittadini comuni, interessati al transito per il trasporto dei loro

figli alle scuole. Trattandosi di un’assemblea pubblica, il sindaco ha chiesto al

sottoscritto di affiancarlo con la mansione di segretario, per cui ho avuto

occasione di assistere alle animate discussioni ed anche a quanto il sindaco ha

riferito a conclusione della seduta, sorprendendo tanto gl’intervenuti che il

verbalizzante. Come se si trattasse del problema più semplice del suo mandato,

il sindaco ha assicurato infatti che la circolazione limitata sul vecchio pontesarebbe stata mantenuta e che il comune avrebbe costruito un nuovo ponte a

proprie spese. L’impegnativo argomento è stato approvato nella seduta del

Consiglio Comunale del 14 giugno 1973 con una spesa di Lire 158.000.000,

calcolata sulla base della perizia dell’Ingegner Carmelo Galeotti

dell’Amministrazione Provinciale di Ferrara per quanto concerne il

posizionamento del nuovo ponte e del progetto dell’opera elaborato all’Ingegner

Pier Vincenzo Righi dell’Università di Bologna. Il 23 luglio 1974 ha avuto

luogo l’asta, alla quale però nessun concorrente si è presentato. In quel periodo

infatti era andata crescendo una preoccupante ascesa dei prezzi, determinata

dal rincaro dei prodotti petroliferi innescato dalla così detta “Crisi Energetica”

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che aveva indotto il governo nazionale ad emanare norme che proibivano la

circolazione festiva dei veicoli a motore. La seconda asta, con offerte in aumento

rispetto al prezzo iniziale ha avuto luogo il 23 novembre 1974 ed ha visto

vincitrice l’impresa dell’Ingegner Giuseppe Sarti & C. di Ferrara che ha

praticato un aumento sul prezzo base del 98,80 %. Direttore dei lavori è statonominato l’Ingegner Carlo Alberto Torri, al quale va riconosciuto il merito di

aver seguito il grande cantiere con impegno notevole e tale da permettere

l’eliminazione degli orribili sentieri a mezza costa realizzati dal Magistrato

per il Po nel 1952/53 in occasione della sopraelevazione degli argini del fiume

successivamente alla rotta del Po del 1951. Gli aggiustamenti hanno risolto

molti problemi di circolazione, di sicurezza ed estetici, ma hanno richiesto un

ulteriore finanziamento di Lire 40.364.800 che hanno portato il costo

complessivo dell’opera a Lire 340.364.800, ivi comprendendo anche la spesa

di demolizione del ponte provvisorio costruito nel 1945/46 e la risistemazione

dei due argini. L’apertura del ponte, avvenuta dopo il collaudo eseguito con

ottimi risultati il 31 agosto 1976, ha avuto luogo ufficialmente la seconda

domenica di ottobre in occasione della Fiera annuale, in una mattinata nebbiosa

rallegrata dai numerosi presenti intervenuti e da un carro di mele offerto

agl’intervenuti dal Cavalier Raffaele Benea, Presidente della Pro Loco. A

distanza di tanti anni da quell’assemblea pubblica, ogni volta in cui transito

sul magnifico manufatto, ne osservo le strutture con rinnovata ammirazione

ed il pensiero corre inevitabilmente a quel sindaco, al suo coraggio ed alladeterminazione che ha caratterizzato non la sola vicenda del ponte, ma la

conduzione dell’intero suo mandato alla guida del comune di Bondeno.

Per concludere, una ultima questione, che può sembrare marginale, che invece

ha mantenuto il comune in una posizione di incertezza PER OLTRE CENTO

ANNI.

Mi riferisco alla vicenda dello stemma comunale. Lo stemma di Bondeno ha

le sue origini in un privilegio accordato da Borso I d’Este nel 1452, ma l’atto

di concessione è stato purtroppo smarrito, per cui sulla sola scorta di alcunenotizie contenute nelle Memorie della Terra di Bondeno, scritte da Giacinto

Bonati nella seconda metà del Seicento, dopo l’Unità d’Italia (1869 – SINDACO

CARLO PIRONI), il Consiglio comunale ha adottato come suo stemma l’arme

antica di casa d’Este, caricata arbitrariamente con la corona ducale, senza mai

chiederne la regolarizzazione come è stato stabilito dalla normativa nazionale

sull’araldica civile emanata fin dal 1870. L’archivio comunale conserva un

corposo fascicolo intitolato “Stemma del Comune” che parte dal 1890, cioè da

una corrispondenza fra il sindaco Luciano Bignozzi e la Prefettura di Ferrara,

avente come oggetto l’uso legittimo dello stemma. Detto fascicolo, integrato

con atti di diversi fra sindaci, commissari prefettizi e podestà che si sono alternati

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alla guida del comune dall’Unità d’Italia al 1987, fornisce la prova che la

REGOLARIZZAZIONE del “Signum” nel quale si riconoscono il comune ed

i suoi cittadini è stato più volte avviato, ma sospeso al momento di trasmettere

la documentazione alla Consulta Araldica di Roma per non rinunciare all’uso

IRREGOLARE della corona d’oro in capo allo stemma in luogo di quellaturrita in argento spettante al comune. Nel 1987, poche settimane dopo che il

segretario generale era stato collocato in pensione per raggiunti limiti di età e,

nonostante la nomina provvisoria di un segretario a scavalco, la segreteria era

di fatto retta dalla vice-segretaria, il comando di P.M., deputato a predisporre i

servizi di scorta al Gonfalone, temendo che la partecipazione a cerimonie fuori

comune potesse dar luogo a provvedimenti di censura per la presenza sullo

stendardo di uno stemma non approvato, ha segnalato l’anomalia alla segreteria

ed al Sindaco e quest’ultimo, dimostrando il coraggio che era mancato ai suoi

numerosi predecessori ha disposto che fosse ripreso il fascicolo centenario

dello stemma per giungere in tempi ragionevoli alla sua regolarizzazione.

Ebbene, sono trascorsi tre anni da quel mandato e il 25 aprile 1990, nell’ambito

della cerimonia annuale della “Liberazione”, il Sindaco Lodi ha presentato

alla cittadinanza Stemma e Gonfalone, FINALMENTE APPROVATI

SECONDO LE NORME VIGENTI, concludendo così quanto i suoi

predecessori avevano rinviato per cento anni.

Agli inizi dell’anno 2009, il Segretario Generale del Comune Dottoressa Marina

Cesanelli ha ripreso in esame la pratica per la concessione del titolo di “Città”,lasciata sospesa all’atto dell’avviamento dell’iter per ottenere il decreto

riguardante lo stemma. La Giunta Municipale in data 9 luglio 2009 ha

formalizzato la richiesta di concessione del titolo di città, che inviata alla

Prefettura di Ferrara ha ottenuto parere favorevole il 23 giugno 2010. La

Presidenza della Repubblica, ai sensi dell’articolo 18 del Decreto Legislativo

18 agosto 2000, n. 267, ritenendo soddisfatte tutte le condizioni previste dalle

norme in vigore, sulla scorta della proposta del Ministero dell’Interno, il 2

dicembre 2010 ha finalmente emanato il decreto concessivo del titolo di “Città”al Comune di Bondeno. Pervenuto il decreto è stata avviata quindi la procedura

per ottenere l’atto di variazione dello stemma per l’inserimento nello stesso

della “CORONA D’ORO” (Turrita, formata da un cerchio d’oro, aperto da

otto pusterle, di cui cinque visibili, riunite da cordonate a muro sui margini

sostenute da otto torri, cinque delle quali visibili, riunite da cortine di muro, il

tutto d’oro e murate di nero) in sostituzione di quella appartenente allo stemma

concesso nel 1989, ossia della “CORONA D’ARGENTO”.

Il Comune ha organizzato l’otto aprile 2011 la cerimonia ufficiale per l’adozione

del nuovo gonfalone.

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Bracciano LodiEx Sindaco di Bondeno

Gli anni dei grandi investimenti

Desidero riportare alcuni dei fatti più rilevanti che hanno investito la nostra

comunità negli anni ’70 e ’80, sia riferiti all’attività dell’Amministrazione

comunale, sia riferiti alle vicende politiche locali di quel periodo.

Ho avuto la fortuna, l’onere e l’onore di essere stato Sindaco di Bondeno per

quasi 15 anni: dal 28 novembre del 1975 al 1° agosto del 1990; allora non

c’era il limite dei due mandati come ora, e non c’era nemmeno l’elezione

diretta del Sindaco, che, una volta eletto, prestava giuramento davanti al

Prefetto. La formula di legge era: “Giuro di essere fedele alla Repubblica

Italiana e al suo Capo, di osservare le leggi dello Stato e di adempiere alle mie

mansioni al solo scopo del pubblico bene.”

Ora invece il Sindaco presta giuramento davanti al Consiglio Comunale secondo

la nuova formula: “Giuro di osservare lealmente la Costituzione Italiana”.

Era il Consiglio Comunale che eleggeva il Sindaco con la maggioranza assoluta

dei consiglieri assegnati; all’epoca a Bondeno erano 30, eletti con il sistema

proporzionale, come prevedeva la legge elettorale di allora. La nuova legge

sulla elezione diretta del Sindaco e relativo premio di maggioranza è stataapprovata dal Parlamento nel 1993 ed è quella tuttora in vigore.

La Sinistra, rappresentata da PCI e PSI, che governava il Comune sin dal

dopoguerra, con una maggioranza amplissima (21 consiglieri su 30), in quegli

anni ebbe il coraggio di investire sulle giovani generazioni, e ciò non solo a

Bondeno. Ricordo il clamore che fece sulla stampa locale la nomina di Sindaci

poco più che ventenni oltre che a Bondeno, ad Argenta (Egidio Checcoli), a

Cento (Giuseppe Alberini), a Copparo (Alfredo Bertelli), a Portomaggiore

(Fernando Rossi), per citare solo alcuni casi ferraresi.Erano gli anni del PCI di Enrico Berlinguer, eletto segretario nazionale nel

1972, che ottenne un grande risultato elettorale nelle elezioni amministrative

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del 1975 e nelle politiche del 1976, anche a seguito del diritto di voto, per la

prima volta, ai diciottenni.

Per quanto mi riguarda accettai la proposta che mi fece il partito, attraverso il

segretario comunale del PCI Rino Rossi, nonostante le preoccupazioni dei

miei familiari. C’era in me, giovane appena laureato, un misto di curiosità, divoglia di fare, di sfida e, perché no, anche un forte attaccamento politico al

partito in cui militavo già da alcuni anni presso la Sezione di Scortichino il cui

segretario era Raul Corazzari.

Mi rendevo conto che prendevo in carico una eredità morale, politica, culturale

ed amministrativa molto impegnativa, ma sapevo anche di poter contare su

una forte collaborazione, a partire dal Sindaco che mi aveva preceduto: Nino

Bergamini.

Bergamini era stato eletto Sindaco dopo le elezioni amministrative del 1970 e

prima era stato dal 1960 al 1970 vice Sindaco con il Sindaco socialista Enzo

Borsari, entrambi originari di Scortichino.

Dal mio predecessore ereditai subito tre importanti opere da completare: il

nuovo ponte sul Panaro all’altezza di S. Giovanni, l’estendimento della rete di

metanizzazione in tutto il territorio comunale e la ristrutturazione della Rocca

Possente di Stellata, appena donata al Comune dalla famiglia Spisani, con

l’obbligo, da parte del Comune, di ristrutturarla, essendo in uno stato avanzato

di degrado.

Erano gli anni in cui, per volontà della Provincia, col contributo anche dellaRegione, e di alcuni Comuni ferraresi, si incominciavano a valorizzare le

“Delizie Estensi” sparse sul territorio ferrarese, tra cui il Castello della Mesola,

il palazzo di Belriguardo a Voghiera, il Verginese a Portomaggiore.

Tra i più convinti fautori di quelle scelte vi fu certamente l’allora Assessore

provinciale alla Cultura Vittorio Passerini.

Non nascondo che la scelta di ristrutturare “un rudere in golena del Po” come

era allora la Rocca Possente, destò qualche malumore in una parte dell’opinione

pubblica, ma se chiediamo ora, a distanza di quasi 40 anni, sono convinto chetroveremmo unanime consenso per quella scelta.

La seconda metà degli anni settanta ed i primi anni ottanta furono caratterizzati

da una forte crescita economica di Bondeno; in particolare era in grande

espansione il settore dell’artigianato, con la nascita di nuove imprese e

l’ampliamento di quelle esistenti.

La CNA di Bondeno divenne un punto di riferimento importante per tutto

questo mondo ed il Comune decise di realizzare nuove aree produttive: quelle

di Borgo Scala, di Scortichino e di Pilastri, utilizzando le specifiche leggi

regionali, per dare risposte a queste nuove esigenze, andando così ad integrare

le aree produttive già insediate sull’asse Ponti Spagna- Stellata.

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Voglio ricordare anche i forti investimenti che negli anni ‘80 Eridania fece

nello stabilimento di Bondeno, a beneficio dell’ambiente: la metanizzazione,

le vasche di decantazione delle acque di lavorazione ed i nuovi filtri del forno

calce. Ci fu poi tutto il tema dello smaltimento dei “codini”, la terra-tara, dopo

lo scarico dei mezzi di trasporto delle bietole. Non si potevano più trasportarein campagna, essendo classificati rifiuti speciali, allora si dovettero individuare

siti ove smaltire questi “rifiuti”.

Per alcune campagne saccarifere si andò a colmare una cava in golena del

Panaro, poi l’ex Fornace Grandi ed infine si realizzò la discarica presso la

cava Sei a Settepolesini.

Si avviò così in quegli anni la più consistente trasformazione di una parte del

nostro territorio comunale per una particolare coincidenza naturale: la

presenza di un paleoalveo del fiume Po, su cui è sorta la cava, tuttora in attivi-tà, confinante con un terreno argilloso su cui è stata ricavata la discarica.

Voglio ricordare altri importanti investimenti attuati direttamente dalla

Amministrazione comunale in quegli anni: la realizzazione del PEEP (piano

di edilizia economica popolare) nel quartiere del Sole e la conseguente costru-

zione di numerose case popolari d’intesa con lo IACP (Istituto autonomo case

popolari, oggi ACER); la costruzione del Centro sportivo Bihac; il rifacimen-

to della strada sull’argine Cagnette; la semaforizzazione dell’incrocio di Ponte

Rana; la ristrutturazione del palazzo comunale e la contemporanea acquisizione

del palazzo Tomasi, oggi sede dei Vigili Urbani ed il fienile retrostante, oggi

sede della pinacoteca; lo spostamento del canale Poretto ed il conseguente

acquisto del terreno retrostante il campo sportivo, oggi sede del centro natatorio

e della nuova scuola media; ciò ha comportato la riorganizzazione di tutto il

sistema fognario del quartiere e la realizzazione di un nuovo depuratore nei

pressi della località “Cestarella”.

In quegli anni fu superata la fase dei tributi comunali gestiti direttamente dai

Comuni; le tasse venivano introitate a livello statale (non si parlava ancora di

federalismo fiscale) e poi ogni anno, con specifico decreto legge, venivanodecisi i trasferimenti da assegnare ai Comuni, sulla base di criteri quali la

popolazione, il territorio, le entrate storiche,ecc.

In rapporto alle risorse assegnate, sia per la parte corrente che quella per

investimenti, il Comune elaborava i propri programmi.

A questo proposito voglio riprendere il tema dell’edilizia scolastica.

Nel periodo a cui mi riferisco, su questo settore, abbiamo più dismesso che

investito. Infatti laddove si andava riducendo la popolazione scolastica esubentravano le pluriclassi, d’intesa col Provveditore agli Studi, si procedeva

alla chiusura delle scuole, al loro riutilizzo o alienazione; ricordo le scuole

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della Redena a Gavello, S.Biagio (ora sede di case popolari), S. Bianca, Ponti

Spagna, Zerbinate, Ponte Rodoni, Guattarella.

Per andare incontro al disagio ed al malumore della gente fu attivato il servizio

di trasporto scolastico verso le scuole più vicine.

Ma in quegli anni venne realizzato anche un nuovo importante sevizio:l’apertura dell’Asilo nido: grazie alle battaglie del movimento femminile, in

particolare dell’UDI, e della sinistra; infatti il Parlamento approvò una legge

che finanziava la costruzione e l’apertura di questo importante servizio sociale,

e Bondeno si fece trovare preparato.

Proprio lo scorso anno sono stati festeggiati i trent’anni del Nido di Bondeno.

Strettamente legato al tema dell’edilizia scolastica vi era ovviamente la

questione della popolazione residente nel nostro Comune.

A tale proposito desidero esprimere una considerazione: gli anni che hanno

riguardato il periodo che va dal 1951al 1971 sono i più drammatici per il calo

di popolazione (ben 9.000 unità in 20 anni); popolazione costretta ad emigrare,

specialmente verso la Lombardia ed il Piemonte, a causa della mancanza di

lavoro. Poi il calo è diventato più contenuto, non più per il fenomeno migratorio,

ma a causa del calo delle nascite. Negli ultimi 10 anni la popolazione di Bondeno

è sostanzialmente stabile, ma a seguito anche dell’importante fenomeno

immigratorio.

Sempre in tema di servizi sociali negli anni ’80 vennero sciolte, con la riforma

sanitaria, le Fondazioni Socio-assistenziali (Ipab, Eca) ed i loro patrimoni e leloro attività passarono ai Comuni.

Nel caso di Bondeno tutto il patrimonio della Casa di riposo Bottazzi e la sua

gestione divenne di competenza del Comune che decise di ristrutturare

l’edificio, utilizzando le risorse ricavate dalle vendita di un fondo agricolo a

Massafiscaglia e di una parte del terreno della Zanluca, realizzando 42 posti

letto per persone anziane non più autosufficienti.

Due situazioni particolari voglio ancora ricordare.

La prima: il salvataggio della ferrovia Suzzara –Ferrara, grazie allacollaborazione con i Comuni interessati, le due Province di Ferrara e di

Mantova, le Regioni Emilia Romagna e Lombardia e l’allora Ministro dei

trasporti Carlo Bernini, originario di Bondeno e scomparso ai primi di gennaio

del 2011.

La seconda: la crisi idropotabile dovuta alla presenza di atrazina nei pozzi

dell’acquedotto di Stellata che alimentavano tutto il territorio comunale e la

conseguente chiusura, per alcuni giorni, dell’erogazione dell’acqua a fini

alimentari. Da quella esperienza così dura si diede poi vita ad una serie di

investimenti ed al collegamento della nostra rete idrica con Ferrara e l’alto

ferrarese onde superare i problemi derivati da quella crisi.

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Non soltanto di investimenti materiali è stato caratterizzato quel periodo, ma

anche di avvenimenti che sono oramai patrimonio di tutta la comunità di

Bondeno.

Mi riferisco al conferimento, nell’ottobre del 1979, della cittadinanza onorariaa Monsignor Guerrino Ferraresi, grande figura di storico e di intellettuale e

che ha scritto 4 volumi sulla storia di Bondeno, pubblicati a cura e spese del

Comune. E’ stato il terzo a ricevere la cittadinanza onoraria di Bondeno, dopo

Garibaldi e l’Architetto Arrigo Minerbi (che ha realizzato il monumento ai

caduti della 1° guerra mondiale).

Così come voglio ricordare la consegna della Medaglia di bronzo al Valor

Militare per attività partigiana al gonfalone del nostro Comune nell’aprile del

1980; il gemellaggio con la città bosniaca di Biahc nel 1982; i festeggiamenti

per il centenario della Società Filarmonica G.Verdi di Scortichino sempre nel

1982; ed infine l’ adozione del nuovo stemma del Comune di Bondeno, grazie

allo studio ed alle ricerche storiche dell’allora comandante dei Vigili Urbani

Edmo Mori, durante la manifestazione del 25 aprile del 1990.

Le relazioni politiche e sociali a Bondeno.

Ho già detto che in diverse elezioni amministrative il PCI da solo aveva lamaggioranza assoluta in Consiglio (16 consiglieri) ed è stato quasi sempre

alleato col PSI tranne un breve periodo.

Ciò è avvenuto dopo le elezioni comunali del 1970; in quell’occasione si

presentò al voto locale anche il PSIUP, partito nato a livello nazionale nel

1963 a seguito della scissione dal PSI, accusato di aver fatto un’alleanza troppo

schiacciata sulla Dc, nella coalizione di Centro Sinistra.

Il PCI di Bondeno, in quelle elezioni, ottenne 15 consiglieri, il PSIUP 1, i

socialisti 6, i socialdemocratici 1 e la DC 7.Il PSI di Bondeno, forse più per ragioni politiche nazionali che locali, decise

questa volta di non entrare in Giunta; così nacque una nuova maggioranza

composta da PCI e PSIUP con Sindaco Nino Bergamini e Vice Sindaco Azeglio

Negrini, vecchio compagno socialista di Stellata.

Tale alleanza durò fino alla primavera del 1973 quando il PSI di Bondeno

accettò l’invito a rientrare nella Giunta il cui assetto vide diventare Vice Sindaco

Alfio Ghedini, con la delega al bilancio e Negrini Assessore ai lavori pubblici.

Il PSI a Bondeno ha sempre avuto un buon insediamento elettorale, riuscendo

ad eleggere spesso 5 Consiglieri, specialmente coi voti del ceto medio

(commercianti, artigiani, professionisti).

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Poi 7 Consiglieri venivano eletti dalla DC (specialmente su indicazione della

Coldiretti). Infine 1 o 2 Consiglieri venivano espressi dal Partito

Socialdemocratico, il cui segretario comunale è stato per molti anni Alessandri

Vittorino; e poi un consigliere dell’MSI.

Come si può vedere, un quadro politico molto più semplificato rispetto a quelloattuale.

Le vicende politiche nazionali di quegli anni hanno creato qualche tensione

anche a livello locale, senza però provocare crisi nell’azione del buon governo

di Bondeno.

Certo una forte competizione, e non solo in campagna elettorale, c’era tra noi

e i socialisti, specialmente durante il periodo della gestione del PSI di Craxi ed

i forti contrasti col PCI di Berlinguer.

Se sul piano nazionale i due partiti della sinistra avevano diverse strategie

politiche: noi il Compromesso storico, loro l’alternativa socialista; poi noi

l’alternativa democratica ed il PSI l’alleanza con la DC di Forlani e De Mita,

a Bondeno vi era nel PSI il desiderio di togliere la maggioranza assoluta ai

comunisti per candidare un socialista alla carica di Sindaco.

Per la verità una alternanza alla guida del Comune c’è sempre stata; infatti dal

dopoguerra in poi si sono spesso succeduti Sindaci comunisti e socialisti e ciò

sulla base di accordi a livello provinciale.

Dopo le elezioni comunali infatti i due partiti della sinistra a livello provinciale,sulla base dei risultati elettorali, decidevano a quale delle due forze politiche

andava il Sindaco di un determinato Comune. Quasi tutti erano governati dalla

sinistra (tranne Masi Torello che non è mai stato di sinistra).

Era invalsa l’intesa che al maggior partito della sinistra spettava il Sindaco

della città di Ferrara, mentre al PSI andava la Presidenza della Provincia.

Come si vede si era lontano anni luce da ciò che capita ora!

Ma, tornando a Bondeno, era forte il radicamento della sinistra e la sua presenza

era ben distribuita su tutto il territorio comunale. Più forte il PCI nelle frazionirispetto al capoluogo e viceversa per il PSI.

Hanno collaborato con me in quegli anni, oltre a numerosi Assessori, tra cui

voglio ricordare Denni Paltrinieri, Luciano Ghisini ed Edvino Ferrari, tre vice

Sindaci: dal 1975 e fino al 1985 Alfio Ghedini, poi Bega Valentino ed infine

Daniele Biancardi che, dopo le elezioni amministrative del 1990, diventerà

Sindaco, con vice Sindaco Claudio Campini.

Un esempio di presenza popolare era lo svolgimento di numerose feste

dell’Unità su tutto il territorio comunale e quella dell’Avanti presso il Centro

2000. Direi che la festa dell’Unità di maggior fascino è stata quella realizzata

verso la metà degli anni ’80 nella golena del Po a Salvatonica.

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Molto robusto era anche il rapporto con le categorie sociali: dalle associazioni

di volontariato ai sindacati dei lavoratori, alle organizzazioni degli imprenditori.

A tale riguardo c’era ancora una specie di “cinghia di trasmissione” tra i partiti

e le organizzazioni sociali: alla sinistra facevano riferimento la CGIL, parte

della UIL, la CNA, la Confesercenti, la Confederazione Italiana degliAgricoltori, la Lega delle Cooperative; mentre le altre Associazioni facevano

riferimento alla DC. Anche in questo caso è un mondo che non c’è più.

Verso la fine del mio ultimo mandato (1989-90) incominciarono gli scricchiolii

del sistema politico italiano, nato nel dopoguerra, e ciò a seguito di avvenimenti

nazionali (questione morale) ed internazionali (crollo del muro di Berlino).

Anche il PCI, benché non travolto da tangentopoli (che comunque mai ha

lambito Bondeno in tutte le sue componenti politiche), si pose con forza il

problema della sua identità e con l’allora segretario nazionale Achille Occhetto

incominciò ad affrontare (con la svolta della Bolognina il 12 novembre 1989)

il tema della sua trasformazione, esattamente 3 giorni dopo il crollo dl muro di

Berlino, per uscire definitivamente dalla tradizione del comunismo

internazionale. Infatti la proposta di Occhetto fu quella di dar vita ad un nuovo

partito della sinistra italiana ed europea, che entrasse nel solco della tradizione

socialista. Si compiva così un percorso avviato da Enrico Berlinguer quando,

nei primi anni ’80 affermò che “si era esaurita la spinta propulsiva della

Rivoluzione d’ottobre”.Si aprì a livello nazionale e locale una lunga e tormentata discussione, con un

fronte del “no” molto ampio (circa un terzo del partito), capeggiato da Pietro

Ingrao. Tale discussione, apertasi ufficialmente nel congresso straordinario

nel marzo del 1990 a Bologna, si concluse solamente ai primi di febbraio del

1991 col congresso di Rimini, a cui ho partecipato come delegato, ove nasce il

PDS (Partito Democratico di Sinistra), esattamente settanta anni dopo la nascita

del PCI; qualche giorno dopo a Roma sarà eletto segretario nazionale Achille

Occhetto. Una parte del partito non condivise tale scelta, quindi non entrò nelPDS, dando vita, negli stessi giorni, al Partito di Rifondazione Comunista.

La stragrande maggioranza dei compagni e delle compagne di Bondeno

aderirono al PDS, il cui segretario comunale divenne Giancarlo Saccomandi.

Per quanto mi riguarda condivisi in modo convinto la svolta della Bolognina e

la nascita del nuovo partito e, dopo aver concluso l’esperienza di Sindaco, fui

eletto consigliere provinciale e poi, nel febbraio 1992 sono diventato segretario

provinciale del PDS fino al marzo del 1997, anno in cui sono stato nominato

Assessore provinciale con Presidenti prima Paolo Siconolfi e poi Pier Giorgio

Dall’Acqua. Questa carica l’ ho mantenuta fino ad ottobre del 2007, quando

sono rientrato nel mio posto di lavoro in Hera, da cui ero in aspettativa, passando

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poi ad Amsefc spa, con la responsabilità del Servizio Verde e Disinfestazione

nel Comune di Ferrara.

I fatti politici nazionali, che hanno riguardato anche gli altri partiti storici italiani,

non ebbero influenza sul piano dell’azione della giunta comunale di Bondeno;

nella primavera del 1990, si andò a votare per il rinnovo del ConsiglioComunale, l’ultima volta con la vecchia legge elettorale, e la sinistra (PCI e

PSI) ottenne la maggioranza dei Consiglieri.

Questo, in estrema sintesi, i fatti più rilevanti di 15 anni recenti (1975-1990)

della storia della nostra comunità da cui emerge la ricchezza di questo territorio

e delle sue genti e di cui a mio avviso dobbiamo essere orgogliosi.

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Claudio CampiniEx Sindaco di Bondeno

Gli anni dei grandi cambiamenti

Nei primi anni ’90 gli eventi interni ed internazionali furono molti e incisero

notevolmente sulla vita politica ed economica del paese e di riflesso nella

nostra realtà.

Voglio iniziare con alcuni cenni personali, anche per valutare la differenza

nell’approccio alla politica da parte dei giovani di allora, molto diversa da

quella attuale.

La famiglia era il primo nucleo del partito e si cresceva ascoltando in casa

(perchè allora si parlava molto di più, c’era più dialogo, non c’era la televisione)

le problematiche dei genitori, dei nonni ecc....., le difficoltà a mettere insiemeil pranzo con la cena, il lavoro che non c’era o era insufficiente, si vedevano le

facce dei familiari preoccupati.

Si incominciava presto a doversi confrontare o ad essere partecipi di quelle

situazioni fin da bambini.

Si era già iscritti ai PIONIERI alle Elementari, poi la F.G.C.I. e infine si

approdava al P.C.I.

Era il percorso che quelli della mia generazione, appartenenti alla sinistra,

conoscono bene, ma che forse noi non abbiamo avuto la capacità o la possibilitàdi trasmettere ai nostri figli, almeno come elemento di conoscenza.

Nel 1968 avevo 21 anni, appena sposato, con un figlio, lavoravo da pochi mesi

alla BERZOINI, in attesa di trovare qualcosa che mi soddisfacesse di più,

avevo un salario di 85.000 lire al mese.

Un giorno venne a trovarmi il compagno Fidalmo Romagnoli, capolega del

sindacato a Scortichino, e mi propose di andare a lavorare per il sindacato, per

la C.G.I.L.,a fare il Capo Lega a Scortichino nella consapevolezza che poi

avrei avuto la possibilità di andare alla Camera del Lavoro di Bondeno o

addirittura a Ferrara.

Dopo tutti gli argomenti che potevano convincermi, mi disse che quello che

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avrei percepito erano 55.000 lire al mese, senza contributi, ma che mi avrebbero

fatto segnare 51 giornate in campagna per avere almeno “LA MUTUA”.

La mia risposta fu subito negativa, non si trattava solo di me, avevo una

famiglia........ Fidalmo parlò con mio nonno, comunista sin dal 1921, assieme

a Luigi Bagnolati, e mi disse, a tavola quando c’era anche mia moglie e i mieigenitori: “Devi accettare quello che ti hanno proposto, devi lavorare per la

CGIL, perchè quando il partito chiama bisogna andare.

Per quanto riguarda i soldi qui in casa si mangerà lo stesso, c’è stato chi ci ha

rimesso molto di più”.

Il 1° Maggio del 1968 cominciai a lavorare per la CGIL.

Ho voluto riportare questo episodio e queste parole, perchè sono quelle che mi

hanno accompagnato per tutta la mia vita politica, tant’è vero che la stessa

scelta la feci quando ero al Regionale della CGIL e mi chiesero di candidarmi

a Bondeno alle elezioni comunali del 1990.

Sapevo che avrei avuto uno stipendio inferiore ma dissi ancora di si.

Ho detto questo per mettere in evidenza quali erano gli ideali e i principi che

erano alla base delle scelte dei compagni, non certo l’interesse personale o la

convenienza economica come in molti casi avviene adesso, anche se non

sempre, per fortuna.

Fino agli anni ‘80 le scuole di partito e sindacali erano uno strumento

indispensabile nella formazione dei gruppi dirigenti.

Io stesso ho partecipato diverse volte a Roma, alle Frattocchie, ad Ariccia, acorsi di formazione che duravano anche 2 mesi e dove vigeva una disciplina

ferrea, ma da dove si usciva certamente più maturi e preparati ad affrontare i

duri compiti che si sarebbero presentati davanti.

Ci sono stati diversi avvenimenti che incisero in modo determinante nella storia

politica italiana e le conseguenze si sentirono anche da noi.

Nel 1990 fui eletto in Consiglio Comunale; la sinistra vinse le elezioni.

Allora il Consiglio era composto da 30 consiglieri, per i Comuni sopra i 15.000

abitanti. Il PCI ebbe 15 consiglieri, il PSI 5.Si diede vita ad una giunta di sinistra ma, in base all’accordo provinciale,

come si usava allora, si decise che a Bondeno il Sindaco dovesse essere

socialista, perciò Biancardi fu eletto Sindaco ed io Vice Sindaco.

Era un compito difficile però, perché significava per me e la mia componente

politica, avere comunque la maggiore responsabilità e la gente si aspettava

molto perchè ci aveva eletto e rappresentavamo la maggioranza della

popolazione.

Un altro aspetto secondo me negativo era l’immagine, che anche noi avevamo

contribuito a creare, di identificare negli amministratori una rappresentanza

del partito e che solo al partito doveva fare riferimento.

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In parte era vero, come era vero che sulle scelte importanti le decisioni venissero

prese in sede politica.

Su tangentopoli ricordo come iniziò: partì nel Febbraio del 1992 con l’arresto

di Mario Chiesa (PSI), scoperto mentre intascava bustarelle. Si aprì un’ indagine

che coinvolse i massimi esponenti, a tutti i livelli, dei partiti più importanti edel governo.

Ci furono indagati, arrestati, dimissioni e persino suicidi.

Le accuse erano quelle di corruzione, concussione, in particolare sulle procedure

degli appalti per lavori pubblici, e altre forme di tangenti come il finanziamento

illecito ai partiti.

Fu una fase difficile per il paese,per la democrazia, per i partiti, per la politica

in generale. IL PCI non fu coinvolto in quel marasma che si era creato,

nonostante ci siano stati molti tentativi di fare piazza pulita di tutti, dimostrando

che erano tutti uguali. Si era instaurato un clima di paura anche nei dirigenti e

negli amministratori onesti, perchè era sufficiente che qualcuno esprimesse

anche solo un dubbio sulla legittimità di un appalto, che scattava l’avviso di

garanzia che significava per quell’Amministratore la sua fine politica.

Ci fu, in quel periodo, un vero e proprio blocco degli investimenti pubblici e di

conseguenza un peggioramento della crisi economica, già pesante in tutto il

paese. A Bondeno abbiamo cercato di vincere questi timori, sicuri della nostra

onestà e trasparenza, non bloccando l’attività dell’amministrazione.

Voglio ricordare l’appalto, in pieno periodo tangentopoli, del servizio dismaltimento dei rifiuti solidi urbani, cassonettizzazione ecc....., per un importo

di 10 miliardi di lire in 10 anni, e poi la pista ciclabile fino a Borgo Scala,

l’ampliamento del cimitero di Bondeno, solo per citare alcuni dei lavori fra i

più importanti di quel periodo.

Le conseguenze di tangentopoli, con la cosiddetta “ Operazione Mani Pulite “,

hanno cambiato quasi totalmente la geografia politica del nostro paese ed anche

localmente. Nelle elezioni del 1995 ci trovammo sulla scheda partiti con

simboli nuovi e nuovi partiti, ma anche durante la consigliatura 1990/95 sicrearono gruppi consiliari diversi da quelli eletti nel 1990.

Partiti storici come la DC, il PSI, il PSDI, il PLI, il PRI, sparirono o furono

fortemente ridimensionati.

Tale fu il cambiamento che si parlò di uno spartiacque, di un passaggio dalla

prima alla seconda repubblica.

Questo sancì non solo un cambiamento o una svolta nella concezione e nel

ruolo della politica, ma una vera e propria crisi di rappresentatività degli stessi

partiti.

Politica, partiti e politici, venivano rappresentati dalla stampa e dai media come

un mondo a se, diverso, lontano , inaffidabile.

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Si è spinto e lavorato molto per dimostrare la complicità in generale di tutti e

quindi si doveva voltare pagina, che dalla politica bisognava stare alla larga,

che occorreva cambiare tutto e tutti, senza distinzioni in modo che anche il

nostro partito fosse mescolato ai ladri e ai corrotti.

Penso che non abbiamo saputo fino in fondo difendere il ruolo ed il valoredella politica, ridare credibilità e dignità ai partiti come strumento

indispensabile per l’esercizio della democrazia e ridare forza agli uomini onesti

e disponibili.

Io credo invece che ci siamo adeguati a quello che era diventato il modo comune

di pensare ed abbiamo iniziato la ricerca di nuovi dirigenti nella cosiddetta

“Società Civile”, atteggiamento che non mi è mai piaciuto molto, come se chi

ha fatto una scelta politica e ideale, chi ha lavorato per rafforzare il proprio

partito e i principi che rappresentava, non facesse parte della società civile.

Un altro avvenimento che sconvolse il mondo della sinistra e in particolare il

PCI, fu il crollo del muro di Berlino alla fine del 1989.

E’ una vicenda abbastanza recente su cui si sono scritti fiumi di parole e una

infinità di posizioni ed opinioni, quindi lo accenno soltanto.

Per noi non fu solo il crollo di un muro, ma il dissolversi di obiettivi come il

socialismo, punti di riferimento come i paesi socialisti, il fine per cui per tanti

anni abbiamo discusso, manifestato, lottato, per cui abbiamo sacrificato tanto,

alcuni la libertà e la stessa vita.Per noi più di un muro fu il crollo di valori e ideali che erano stati alla base del

movimento operaio e democratico del nostro paese fin dalla nascita del PCI

nel lontano 1921, quasi un secolo fa.

I giovani che non hanno vissuto come protagonisti quei periodi, che non hanno

potuto coltivare dentro di loro il seme della speranza in un mondo diverso e

giusto, la fiducia che ci faceva fremere così intensamente solo pensando che

alla fine sarebbe sorto quel sol dell’avvenire che ci aveva guidato nelle nostre

battaglie, o il brivido che sentivi in tutto il corpo o sentiamo ancora solamenteascoltando l’INTERNAZIONALE oppure l’ INNO DEI LAVORATORI, forse

non riescono a capire tutto ciò.

Ecco cosa ha significato per molti di noi il crollo di quel muro.

Ci fu in molti di noi sconcerto, delusione, a volte un insieme di rassegnazione

e di rabbia, anche se la maggior parte capì o subì la cosiddetta svolta della

Bolognina di Occhetto, tre giorni dopo il crollo del muro di Berlino.

Si costituì il PDS che però nelle prime elezioni del 1992 perse il 10% dei

propri consensi rispetto alle ultime elezioni col simbolo del PCI.

A Bondeno il PDS tenne, nel nostro Consiglio Comunale non ci furono

stravolgimenti e nelle elezioni del 1995 il centro-sinistra vinse di nuovo le

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elezioni al primo turno.

Le fasi successive, da PDS a DS, e infine al PD, sono gli ultimi passaggi, non

sempre indolori, dei cambiamenti, delle nuove alleanze, del nuovo modo di

fare politica su cui è ancora aperto un dibattito il cui esito mi auguro sia positivo

per il partito e per il paese.

Voglio ricordare un altro cambiamento, questa volta di carattere legislativo,

che ha modificato direi totalmente la gestione degli enti locali.

Mi riferisco alla legge n°142 del 1990 ( riguardante la riforma dell’ordinamento

delle autonomie locali) e alla legge n°81 del 1993 riguardante la riforma del

sistema elettorale con l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della

Provincia.

Tale sistema ha introdotto un metodo diverso, non solo nella elezione delSindaco, ma anche nella individuazione dei candidati e dei programmi a cui

questi fanno riferimento.

In positivo o in negativo fu comunque una svolta che, a mio parere, porta non

sempre ad eleggere i più capaci, i più impegnati, con più esperienza, ma a

volte solo i più conosciuti.

L’esempio più evidente fu, all’epoca, l’elezione del Sindaco di Cento.

Paolo Fava, illustre sconosciuto alla politica, è diventato popolare grazie ad

una fortunata trasmissione televisiva diretta da Pippo Baudo, questo gli consentì

di essere eletto Sindaco di Cento.

Pensate se a Napoli avessero potuto candidare Maradona.

Questo sistema, nei fatti, non costringe il candidato, così popolare, a cercare

nei partiti i programmi più consoni per quella città, ma sono gli stessi partiti a

cercare il personaggio popolare da appoggiare, in quanto offre maggiori

opportunità di venire eletto.

Il nuovo sistema elettorale non avrebbe consentito nel 1995 di (passatemi il

termine), “cambiare il Sindaco in corso d’opera”.

Infatti un Sindaco eletto direttamente dagli elettori può essere cambiato solocon nuove elezioni, mentre noi eravamo stati eletti con la legge precedente a

cui facevo riferimento prima.

Cosa è successo?

Ci siamo trovati di fronte ad un Sindaco socialista, sostenuto da una

maggioranza di sinistra, che stava organizzando la sua ricandidatura, però

con una lista civica alternativa alla coalizione che lo aveva eletto.

Abbiamo utilizzato la normativa esistente che consentiva al Consiglio

Comunale di votare la “SFIDUCIA COSTRUTTIVA” a Biancardi e quindi adeleggermi nuovo Sindaco di Bondeno.

Penso che l’operazione attuata in quell’occasione sia stata di grande intelligenza

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politica, perchè riuscimmo a sfiduciare un Sindaco senza rompere i rapporti

col suo partito, anzi dando vita ad una nuova giunta in cui io ero il nuovo

Sindaco e il vicesindaco era un altro socialista.

Dopo di me fu eletto , attraverso l’elezione diretta, Ettore Campi, con unanuova maggioranza e nuove alleanze.

Nel 1999 abbiamo perso il Comune, il centrodestra ha ottenuto un risultato

anche per loro inatteso.

Davide Verri fu eletto Sindaco di Bondeno, nonostante fosse uno dei maggiori

esponenti dell’ex MSI di dichiarata ispirazione fascista, poi di AN.

Furono fatte molte analisi e discussioni su quella sconfitta, molte e diverse le

opinioni.

Una delle motivazioni a cui maggiormente si faceva riferimento fu la questione

legata all’ Ospedale Borselli.

La mia opinione, e non da adesso, è che anche allora fummo succubi della

identificazione amministratori=partito.

La nostra posizione sul Borselli, fino alla fine della mia legislatura, era condivisa

dall’allora Direttore Generale dell’ASL provinciale Dott. Miozzo.

In marzo del 1995, in un consiglio comunale straordinario alla “sala 2000” , ci

fu l’impegno, espresso pubblicamente dalla Direzione dell’ ASL, che il nostro

ospedale avrebbe mantenuto per intero le sue funzioni fino a quando non fosse

terminato Cona, successivamente avremmo definito il nuovo ruolodell’ospedale di Bondeno.

L’unica riduzione che ci proposero fu di diminuire la chirurgia e l’ortopedia a

20 posti letto, anzichè 60.

Si cominciava già a fare progetti su cosa doveva rimanere di importante a

Bondeno, ma secondo me senza molta convinzione, conoscendo i tempi del

sistema pubblico.

Quella doveva rimanere la nostra posizione: Bondeno collegato ai tempi ed al

funzionamento di Cona.Sono passati 20 anni dalla deposizione della prima pietra di quella struttura e

i tempi di apertura si allungano ancora.

Il problema consiste nel fatto che è la Regione che stabilisce la razionalizzazione

della rete ospedaliera, Regione che noi amministriamo e l’Assessore alla Sanità

competente su queste scelte era del nostro partito. Questo è il problema.

Mantenere la nostra posizione, anche in contrasto con la Regione, probabilmente

sarebbe stato ugualmente perdente di fronte a scelte già fatte, ma almeno

avremmo dimostrato la nostra autonomia.

Non saremmo stati dalla parte della Regione , ma dalla parte delle esigenze del

nostro territorio.

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L’operazione silenziosa di smantellamento dall’interno era già cominciata da

tempo, nonostante le garanzie e gli impegni assunti.

Per questo, già nel 93/94, denunciavo pubblicamente i miei timori per

l’ospedale, le sedute dei Consigli comunali pubblici sulla sanità alla “sala 2000”,

snobbati e disertati dalla gente e dagli stessi operatori.Comunicati stampa e interviste dove si dava molto risalto alla richiesta

“Campini chiede aiuto per l’ospedale” in quanto già allora denunciavo quanto

stava avvenendo e le possibili prospettive dell’ospedale di Bondeno.

Infine un argomento che mi sta molto a cuore: il ruolo delle amministrazioni

di sinistra riferito agli insediamenti industriali a Bondeno e la chiusura di molte

aziende avvenute in questi anni.

L’accusa che ci è stata rivolta in più occasioni è che a Bondeno non si è mai

agevolato chi aveva intenzione di investire nella costruzione e nell’avviamento

di imprese produttive.

Non si è cioè favorita l’industrializzazione del nostro territorio creando un

tessuto economico capace di dare occupazione alla nostra gente.

Si è talmente sparsa questa critica che anche molti compagni e amici hanno

finito per condividere questa opinione.

Probabilmente credo che si siano anche fatti degli errori o delle sottovalutazioni,

si può sempre fare di meglio.

Io voglio però fare presente la situazione di Bondeno fino a 15/20 anni fa.

Si è fatta la scelta di individuare le aree da destinare ad insediamenti artigianalie della piccola e media industria non solo a Bondeno, ma anche a Scortichino

e Pilastri. Ci sono state agevolazioni e contributi di cui molte aziende hanno

usufruito. Abbiamo avuto aziende come la Bignozzi (oltre 200 dipendenti), la

Benzoini (circa 200), la FBM (100 circa), la Cavagion (100 circa), la Giordani

(oltre 100 in parte donne), la FIMA (circa 100, prevalntemente donne), inoltre

la Pandurara, le fornaci Grandi e Benzoini, diversi laboratori del tessile

abbigliamento (complessivamente centinaia di donne) e molte altre che non

ho citato come lo zuccherificio.QUESTE AZIENDE CI SONO STATE A BONDENO !!

Significa che hanno potuto insediarsi, non sono state ostacolate, ma aiutate.

Poi hanno chiuso.

Più di 1000-1500 posti di lavoro persi.

Colpa delle amministrazioni di sinistra?

Credo che anche qui vadano distinti i ruoli e le competenze.

I Comuni devono programmare e agevolare gli insediamenti delle imprese,

ma la responsabilità e la gestione delle aziende è dell’imprenditore che deve

organizzare il lavoro, stare al passo con il mercato e l’ammodernamento

tecnologico.

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Il problema vero è che per alcuni casi ci sono stati motivi non riconducibili

alle singole aziende, ma per la maggior parte è mancata la capacità

imprenditoriale, la capacità di gestire le proprie aziende, la voglia di impegnarsi

nel proprio settore.

Come ho detto in diverse occasioni alle stesse associazioni imprenditoriali,queste fabbriche non hanno chiuso perchè il Comune ha aumentato la tassa sui

rifiuti.

Le responsabilità e le motivazioni vanno ricercate altrove.

Gli anni ‘90 furono anche gli anni dello scoppio della guerra dei Balcani che

colpì in particolare la Bosnia Erzegovina.

Bondeno è gemellato, dal 1982, con BIHAC, una cittadina Bosniaca dove la

guerra è stata devastante.

Nella zona della Craina, dove c’è BIHAC, gli eventi bellici causarono morte e

distruzione e per alcuni anni è stato impossibile raggiungere i nostri amici, se

non attraverso le ambasciate di Zagabria in Croazia.

Attraverso canali non tradizionali, i più disparati, ci arrivavano notizie

drammatiche della situazione esistente a Bihac.

Abbiamo costituito, come Amministrazione, all’unanimità, il “Comitato pro

Bihac” per avere uno strumento più snello rispetto alla burocrazia dell’ente

pubblico.

Abbiamo cominciato ad organizzare la solidarietà attraverso la raccolta di fondi,

materiale e tutto quanto era necessario in quella situazione.Credo di poter dire che in quegli anni ho conosciuto ancora di più la sensibilità,

l’altruismo e lo spirito solidaristico della nostra gente.

La risposta è stata oltre ogni più rosea immaginazione.

Abbiamo organizzato 6 convogli con l’aiuto dell’Ambasciata Italiana a Zagabria

ed in particolare dell’amico Marco Beci responsabile della Cooperazione

Internazionale di quella Ambasciata.

Marco Beci è morto nell’eccidio di Nassiria in Irak, dove stava continuando

ad aiutare un popolo in difficoltà attraverso la Cooperazione.Un’ ultima considerazione, che è anche una preoccupazione.

Negli ultimi anni c’è stato un notevole mutamento nei modi di rapportarsi fra

le persone, nel sistema e nel modo di vivere, così come è cambiato il modo di

stimare il valore delle cose.

Si sono in sostanza stravolti i principi e i valori ai quali siamo stati abituati e

con i quali siamo cresciuti.

Lo dimostra anche la difficoltà a dialogare e capirsi con le nuove generazioni,

ma anche all’interno dello stesso partito.

Anche noi, non solo i giovani , abbiamo modificato la nostra scala di valori.

Anche noi siamo stati coinvolti e subiamo il messaggio che da ogni parte ci

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arriva: la convenienza ( ma chi me lo fa fare), la strada più breve ad ogni

prezzo, devo esserci devo apparire, il facile guadano (non sempre legale), non

guardiamo le regole, quante balle, io sono più furbo perchè frego gli altri,

l’intolleranza verso tutto quello che non mi interessa, non ascoltare nessuno

perchè io so.Queste sono le nuove regole dell’era Berlusconiana, ma noi non ne siamo

indenni, anche coloro che votano a sinistra vivono in questa società e devono

confrontarsi ogni giorno nelle scuola, nel mondo del lavoro, fra la gente con

questa nuova cultura.

Queste cose mi fanno paura e mi preoccupano.

Verso quale sistema di società stiamo andando incontro?

Questo individualismo sfrenato e l’adorazione del Dio denaro dove portano?

Quale mondo aspetta i nostri figli, nipoti, le nuove generazioni?

A queste domande e preoccupazioni, do le mie risposte, senza la presunzione

che siano le uniche o le migliori, ma solo le mie.

Come si riuscirà ad informare e formare i nuovi gruppi dirigenti, i giovani che

dovranno dirigere il partito, l’amministrazione e le nuove sfide che abbiamo

di fronte?

Credo che alla fonte di questa formazione, mentre si gettano le basi da cui

ripartire dopo il travagliato percorso di questi anni, sia necessario avere ben

presente su quale terreno poggiano le nostre fondamenta.

Sono convinto che i nostri giovani debbano parlare e pensare come costruire ilnostro, ma in particolare, il loro futuro; parlare di sviluppo economico, di scuola,

di lavoro, di programmazione e di tutte le problematiche sociali.

Ma credo che l’approccio a questi problemi e alla loro soluzione, sarà diverso

se avranno nel loro modo di essere e di pensare, quelle sensibilità, quelle

attenzioni, la cultura del rispetto degli altri, il saper ascoltare; ciò consentirà

loro di fare delle scelte senza chiedersi se per loro è conveniente ma se è giusto,

non se la strada è la più breve ma è la migliore, senza dare importanza se si

appare o meno, ma se c’è il risultato.Inoltre, di fronte ad opportunità disoneste, ci si deve ricordare che chi ruba

non è più furbo, è un ladro, che chi non approfitta delle occasioni che capitano

è onesto, non un coglione.

Dobbiamo riprendere a chiamare le cose con il proprio nome, rilanciando quei

valori che ricordavo prima.

Non dobbiamo arrenderci e rassegnarci ad un futuro tetro e buio, forse qualche

raggio di quel sol dell’avvenire è ancora possibile.

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Giulio PolettiEx Vice Sindaco di Bondeno

Gli anni delle grandi difficoltà

Dopo essere stato Assessore negli anni ‘80 col Sindaco Lodi, con l’elezione di

Ettore Campi a Sindaco di Bondeno nella primavera del 1995, sono stato

chiamato a svolgere il ruolo di Vice Sindaco, sino al termine di quella

consigliatura, in rappresentanza del PDS.

Con l’esplosione di tangentopoli agli inizi degli anni ’90, si è andato sgretolando

il sistema dei partiti che avevano caratterizzato la vita politica italiana fino a

quel momento; in particolare si è andato al superamento di due dei principali

partiti: la DC ed il PSI.Nel nostro Comune, una parte di socialisti si staccava dal proprio partito e

seguiva l’ex Sindaco Biancardi, che, sfiduciato nell’ultima fase del suo mandato,

si ricandidava a Sindaco attraverso una sua lista civica (Insieme per Bondeno).

Un’altra parte restava fedele all’ideale socialista, collocandosi nell’ambito del

centro sinistra, ed una terza componente confluì poi in Forza Italia.

Così pure la Democrazia Cristiana in parte confluì in Forza Italia , mentre una

parte si collocò in una area politica aperta al dialogo con la sinistra, attraverso

il PPI che a Ferrara aveva in Nino Cristofori e Paolo Siconolfi i principalirappresentanti.

Fu proprio dal dialogo tra i Democratici di Sinistra ed i Popolari che nacque la

proposta della candidatura a Sindaco del Professore Ettore Campi, di area

cattolica e politicamente vicino ai popolari.

Il risultato elettorale premiò questa scelta; Campi vinse la elezioni al primo

turno con il 56% dei consensi; il Partito di Rifondazione Comunista che non

aveva aderito alla coalizione di centro sinistra, e si era presentato con un suo

candidato, di fatto non si collocò all’opposizione, anzi, nel corso della

legislatura, mantenne, attraverso il suo consigliere Gabriele Giacomelli, un

atteggiamento di collaborazione.