FORTUNATO Substance Over Form

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1 Sabino Fortunato Inquadramento sistematico del principio “substance over form” SOMMARIO: 1. Diritto e ragioneria: forma e sostanza nella rappresentazione contabile. – 2. Il principio di prevalenza della sostanza sulla forma (substance over form) e le fattispecie che lo esprimono. – 3. Il dibattito sulla codificazione del principio negli USA e in Gran Bretagna: l’esigenza di contrastare prassi manipolative ed elusive delle regole contabili e la rinnovata attenzione alla clausola generale. – 4. Il significato del principio nella “faithful presentation” del Framework IAS/IFRS. L’approccio patrimonialistico e le nozioni di attività e passività, costi e ricavi collegate al flusso o deflusso dei benefici economici futuri. – 5. L’apparente carattere di principio generale della substance over form e la sostanziale portata applicativa eccezionale del principio rispetto ai singoli principi contabili internazionali (la cd. “gerarchia rovesciata”). – 6. La ancor più eccezionale portata del principio nel sistema delle regole e principi contabili nazionali. 1. Ripercorrere le ragioni del progressivo emergere nel diritto contabile del “principio di prevalenza della sostanza sulla forma” significa interrogarsi sul rapporto fra diritto e ragioneria in merito alla rappresentazione degli eventi di gestione di un complesso produttivo e sulla funzione che il sistema delle scritture contabili e il bilancio d’impresa sono ivi chiamati ad assolvere. In questa prospettiva si è mosso chi, occupandosi del tema in un lavoro monografico di carattere aziendalistico, ha inteso rivendicare l’autonomia della

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Il principio di prevalenza della sostanza sulla forma

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Sabino Fortunato

Inquadramento sistematico del principio “substance over form”

SOMMARIO: 1. Diritto e ragioneria: forma e sostanza nella rappresentazione contabile. – 2. Il principio di prevalenza della sostanza sulla forma (substance over form) e le fattispecie che lo esprimono. – 3. Il dibattito sulla codificazione del principio negli USA e in Gran Bretagna: l’esigenza di contrastare prassi manipolative ed elusive delle regole contabili e la rinnovata attenzione alla clausola generale. – 4. Il significato del principio nella “faithful presentation” del Framework IAS/IFRS. L’approccio patrimonialistico e le nozioni di attività e passività, costi e ricavi collegate al flusso o deflusso dei benefici economici futuri. – 5. L’apparente carattere di principio generale della substance over form e la sostanziale portata applicativa eccezionale del principio rispetto ai singoli principi contabili internazionali (la cd. “gerarchia rovesciata”). – 6. La ancor più eccezionale portata del principio nel sistema delle regole e principi contabili nazionali.

1. Ripercorrere le ragioni del progressivo emergere nel diritto contabile del “principio di prevalenza della sostanza sulla forma” significa interrogarsi sul rapporto fra diritto e ragioneria in merito alla rappresentazione degli eventi di gestione di un complesso produttivo e sulla funzione che il sistema delle scritture contabili e il bilancio d’impresa sono ivi chiamati ad assolvere.

In questa prospettiva si è mosso chi, occupandosi del tema in un lavoro monografico di carattere aziendalistico, ha inteso rivendicare l’autonomia della scienza ragionieristica nel determinare - anche ai fini del “bilancio pubblico” giuridicamente rilevante - l’oggetto, insomma il contenuto, delle registrazioni contabili e del bilancio in particolare1. La Ragioneria – secondo questa linea di pensiero - nasce e si mantiene autonoma dall’influenza del diritto sino a tutto il Seicento, quando comincia ad insinuarsi – dapprima con le ordinanze di Luigi XIV e di poi più decisamente con gli sviluppi della scuola di logismografia del Cerboni – la “concezione legalistica” della contabilità mediante la spinta “personalizzazione” dei conti destinati a registrare diritti e obblighi soggettivi e in funzione di tutela

1 G. ALBERTINAZZI, Sostanza e forma nel bilancio di esercizio, Milano, 2002, 39 ss. L’Autore insiste nell’affermare che la legge nel nostro ordinamento non chiarisce affatto quale sia l’oggetto della rappresentazione del bilancio, a ciò non essendo sufficiente la sola clausola generale che fa riferimento alla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società, posto che non si precisa se la rappresentazione debba cadere sul “patrimonio” in senso giuridico e sue variazioni parimenti giuridiche o sul “patrimonio” in senso aziendalistico autonomamente definito dalla Ragioneria secondo le “proprie necessità logiche” (156-158).

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soprattutto dei terzi creditori. Concezione invero ben presto contrastata sul piano stesso degli studi ragionieristici dalle critiche patrimonialistiche del Besta e reddituali dello Zappa che ponevano in luce la nozione di patrimonio aziendale in senso dinamico quale “capitale-disponibilità”, a prescindere dal titolo giuridico di proprietà dei cespiti che lo compongono; concezione tuttavia che – pur senza le radicalizzazioni del Cerboni – ha nondimeno guadagnato sempre più terreno nel Novecento in tutte le legislazioni dell’Europa continentale, ove il bilancio d’esercizio è stato vieppiù piegato ai bisogni organizzativi soprattutto dell’impresa collettiva.

Il mondo anglosassone ha vissuto quella relazione con molto più pragmatismo, valorizzando soprattutto l’aspetto informativo del bilancio indirizzato al mercato del risparmio2 e sviluppando singoli e spesso disorganici principi contabili, per cominciare a porsi molto più tardi questioni di inquadramento teorico e sistematico mediante l’elaborazione di Quadri concettuali o Framework che si vengono definendo fra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso (ma che sono attualmente in fase di sostanziale revisione anche nella prospettiva dell’auspicata convergenza tra IFRS e SFAS).

E’ in questo ambito che si colloca il recente dibattito sulla definizione e sulla portata del principio “substance over form”.

Di questa singolare tensione che il principio in oggetto è capace di accendere fra giuristi ed aziendalisti è testimone l’incipit di uno degli ultimi contributi in argomento del compianto Giovanni Colombo. Egli osserva che “non pochi giuristi sembrano scandalizzati dal fatto che nel codice civile sia stata (o, a seconda dell’interpretazione accolta, stia per essere) introdotta una norma che impone di privilegiare, nella redazione del bilancio, “la rappresentazione della sostanza economica rispetto alla forma giuridica dell’operazione”. E “tuttavia, a ben vedere, - prosegue Colombo – la necessità di tener conto, nel bilancio, della sostanza economica piuttosto che degli effetti giuridici dei negozi conclusi dall’imprenditore non è una scoperta recente”; per poi concludere che, anzi, “da sempre… il bilancio è retto dal principio della rappresentazione della sostanza economica, non di

2 E tuttavia, ancora agli inizi del Novecento, anche negli Stati Uniti è diffusa la Proprietary Theory che ricostruisce la contabilità in termini di rappresentazione di risorse sotto il controllo diretto del proprietario dell’impresa e non disdegna la personificazione dei conti cara alle tesi del Cerboni. Vedi in questo senso C.E. SPRAGUE, The Philosophy of Accounts, V ed., New York, 1922. Alla necessità di una rendicontazione esterna comincia invece a far riferimento la successiva Entity Theory con lo sviluppo del managerialismo. Cfr. S. ZAMBON, Entità e proprietà nei bilanci di esercizio, Padova, 1996, 122 ss.; A.M. BISCOTTI, Sistemi contabili, trasparenza informativa e prevalenza della sostanza sulla forma, Padova, 2009, 113 ss.

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un’analitica rappresentazione di rapporti giuridici… pur se è vero che la sostanza economica deve, a sua volta, essere fondata su rapporti giuridici”3.

Al giurista “convertito” alle esigenze dell’economia fa peraltro da inatteso contrappunto un valoroso aziendalista come Enrico Cavalieri che, tutto all’opposto, sottolinea come “la logica delle rilevazioni nella contabilità ufficiale (giornale delle operazioni) e, conseguentemente, la rappresentazione delle operazioni nel bilancio di esercizio, hanno sempre trovato, per diverse ragioni, il loro fondamento nell’osservazione degli effetti giuridici delle operazioni stesse” e che “tale tradizionale orientamento di fondo, che ha sempre guidato l’impostazione contabile e le evidenze di bilancio, viene certamente superato dalle nuove disposizioni che… pongono l’aspetto giuridico su un piano di minor rilievo rispetto a quello informativo, volto ad assicurare rappresentazioni sostanziali e non formali delle situazioni economica, finanziaria e patrimoniale prodotte dalle operazioni aziendali”4.

Insomma, a chi dar ragione? Il principio di prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica è implicito al nostro sistema di rilevazione contabile, è un “corollario” – come alcuni sostengono – della clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta (true and fair view) oppure ha una effettiva carica innovativa – come altri ritengono – sì da modificare profondamente la tradizionale rappresentazione contabile e di bilancio delle operazioni gestorie del patrimonio aziendale5?

Prima di tentare di fornire una risposta adeguata al quesito, può essere utile verificare in quali fattispecie il principio viene invocato e come e perché nasce l’esigenza di una sua formalizzazione o codificazione.

3 G.E. COLOMBO, Il principio “substance over form”, in E. BOCCHINI (a cura di), Diritto della contabilità delle imprese e principi contabili internazionali, ESI, 2009, 39 ss.4 E. CAVALIERI, Considerazioni sul principio di “prevalenza della sostanza sulla forma”, in E. BOCCHINI, (nt.1), 53 ss.5 Ricorda, del resto, R. MAGLIO, Il principio contabile della prevalenza della sostanza sulla forma, Padova, 1998, 39 ss. che anche in Gran Bretagna, ove peraltro il principio è espressamente codificato con il FRS 5 del 1994 (Reporting the Substance of Transactions), nella fase dei lavori preparatori non mancò la polemica presa di posizione della Law Society che con un documento critico (Off-Balance Sheet Financing and Window Dressing) proponeva di rappresentare nel bilancio la forma delle operazioni e di affidare alle note le informazioni integrative sulla sostanza economica. Tanto a riprova che la convinzione corrente anche in Gran Bretagna è stata tradizionalmente legata alla rilevazione degli effetti giuridici, piuttosto che economici, delle transazioni negoziali. Cfr. anche R. ALDWINCKLE, Off Balance Sheet Finance: the Legal View, in Accountancy, June 1987, 19-20; D. TWEEDIE-J. KELLAS, Off-Balance Sheet Financing, ivi, April 1987, 91-94. Diversamente orientato parrebbe G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 119. Ad un “fenomeno rappresentativo totalmente nuovo… che viene comunemente indicato come esplicazione… del principio di prevalenza della sostanza sulla forma” fa riferimento I. VACCA, Gli IAS/IFRS e il principio della prevalenza della sostanza sulla forma: effetti sul bilancio e sul principio di derivazione nella determinazione del reddito d’impresa, in AA.VV., IAS/IFRS. La modernizzazione del diritto contabile in Italia, Milano, 2007, 217 (nonchè già in Riv. dir. trib., 2006, I, 757 ss.).

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2. In un ormai classico inventario redatto da Philip Meyer negli anni Settanta del secolo scorso con riferimento agli US GAAP vengono individuate ben 27 diverse applicazioni del principio (cui si aggiungono altre sei possibili ipotesi)6. La maggior parte di tali applicazioni sono considerate implicite espressioni del principio, né peraltro viene offerta una sua definizione che ne segni chiaramente i confini.

Nel vigente quadro dei principi contabili internazionali è possibile identificare probabilmente una ventina di esemplificazioni, anch’esse non sempre espressamente definite tali dal principio contabile che le contiene7.

Un primo gruppo di operazioni in cui si invoca la necessità di superare il dato giuridico-formale al fine di contabilizzarne gli effetti economico-sostanziali sono i negozi caratterizzati da clausole spesso atipiche o i negozi collegati che assolvono ad una funzione di finanziamento con trasferimento o mantenimento di un bene in proprietà ma in sostanziale funzione di garanzia del finanziatore. Si tratta del ben noto leasing finanziario (IAS 17)8 e del cd. leasing di ritorno (sale and lease-back)9; ma anche del riporto e della compravendita (perlopiù di strumenti finanziari, ma non solo) con obbligo o anche solo facoltà di retrocessione a termine (cd. pronti contro termine)10; della cessione di crediti pro solvendo o di factoring con possibilità di rivalsa11.

6 Ph.E. MEYER, A Framework for Understanding “Substance over Form” in Accounting, in The Accounting Review, 51,1, Jan. 1976, 80 ss.7 E vedi anche per questi rilievi G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 84-85.8 Cfr. M. VENUTI, Il principio “substance over form” nel bilancio IAS/IFRS (II parte), in Le società, 2008, 428 ss. (e già in AA.VV., (nt. 6), 279 ss.). Negli US GAAP cfr lo SFAS 13. Vedi anche R. MAGLIO, (nt. 5), 24 s. Com’è noto, nel nostro ordinamento il leasing finanziario si contabilizza con il metodo patrimoniale e non finanziario.9 R. MAGLIO, (nt. 5), 24 nota 61; ma v. anche G.E. COLOMBO, (nt. 3), 41 e 48. Negli US GAAP cfr lo SFAS 28. 10 Così nello IAS 18 e nello IAS 32. Ma si veda anche negli US GAAP lo SFAS 49 e in Gran Bretagna i “sale and repurchase agreements” del FRS 5. In Italia per il mondo non IAS, dopo la riforma societaria del 2003, cfr. gli artt. 2424-bis, co. 5, 2425-bis, co. 3, e 2427, n. 6-ter, c.c. Ricorda G.E. COLOMBO, (nt. 3), 41 che già nel 1994 il Principio contabile dei dottori commercialisti richiamava il riporto, ma assumeva una posizione prudente sul sale and lease-back e contraria, in forza della normativa civilistica, sul leasing finanziario. M. VENUTI, (nt. 8), 431 evidenzia che il sistema codicistico prevede l’iscrizione del cespite nel bilancio del venditore solo quando vi è “obbligo” e non “facoltà” di retrocessione, il che solleva dubbi sul trattamento da riservare a quest’ultima ipotesi. E’ propenso a far applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma anche a questa ipotesi G.E. COLOMBO, cit., 49, “quando le condizioni economiche dell’operazione facciano ritenere che la vendita abbia funzione di garanzia di un finanziamento”.11 Così G.E. COLOMBO, (nt. 3), 49 che vi ricomprende anche le cessioni pro soluto, che siano stipulate “con clausole che limitino il rischio del factor sì da comportare la permanenza in capo al cedente della parte prevalente del rischio di insolvenza del debitore”. Negli US GAAP v. lo SFAS 77, di poi sostituito dallo SFAS 125. In Gran Bretagna cfr. il FRS 5.

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In altre ipotesi si tratta di casi in cui la contabilizzazione mira a far emergere il titolare effettivo del cespite, come nella intestazione fiduciaria di beni o crediti12 ovvero nelle operazioni di finanziamento – anche solo di firma – in pool13; o l’effettiva allocazione del controllo come nelle “business combination”14 o nel consolidamento delle SPE’s pur non partecipate o non adeguatamente partecipate ovvero di beni utilizzati o partecipazioni in joint ventures (IAS 31)15 o, secondo alcuni, nella costruzione stessa del “bilancio consolidato”16.

In altre ipotesi ancora si tratta di qualificare come passività o patrimonio netto determinati strumenti finanziari o anche solo loro componenti, come nel caso di una azione privilegiata che dia diritto al rimborso obbligatorio per un ammontare anche solo determinabile (passività finanziaria) o nel caso di obbligazioni convertibili tenendo conto della valorizzazione del diritto alla conversione o comunque del minor debito rispetto ad una obbligazione non convertibile in tutto di pari contenuto, quale elemento di patrimonio netto (IAS 32)17; o di escludere da ogni contabilizzazione entità prive di consistenza economica come le “azioni proprie” o al contrario di imporre la contabilizzazione di operazioni pur non ancora eseguite da entrambe le parti come i derivati (IAS 39)18; o di definire i criteri di contabilizzazione dei ricavi in generale, tenendo conto non tanto del momento di conclusione del contratto o della formale vendita di beni ma del momento di trasferimento all’acquirente dei rischi e dei benefici significativi connessi (IAS 18)19, o specificatamente dei ricavi per i lavori su ordinazione (IAS 11) o per le prestazioni di

12 G.E. COLOMBO, (nt. 3), 48; ma già con ampia argomentazione in un parere pro-veritate G.B. PORTALE, Fiducia”romanistica” e “prevalenza della sostanza sulla forma” nel bilancio bancario d’esercizio, in BBTC, 2001, 356 ss.13 Cfr. in particolare nell’ordinamento italiano il Provvedimento della Banca d’Italia del 16 gennaio 1995 (che sostituisce il precedente del 31 luglio 1992) contenente “Istruzioni per la redazione del bilancio dell’impresa e del bilancio consolidato delle banche e delle società capogruppo di gruppi bancari”. E’ noto che attualmente le banche applicano gli IAS/IFRS.14 Cfr. IAS 22 e IFRS 3. 15 Cfr. G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 91 s.16 Cfr. E. LAGHI – A. GIORNETTI (a cura di), La “prevalenza della sostanza sulla forma” nella redazione del bilancio, in AA.VV., Abuso del diritto in campo tributario, Roma, 2009, 347 ss. in particolare 354.17 Cfr. R. MAGLIO, (nt. 5), 27 ss.; G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 92 s.; e G.E. COLOMBO, (nt. 3), 49, il quale ritiene “più incerta… la risposta al quesito se il principio in esame consenta di iscrivere in bilancio le obbligazioni convertibili, emesse dalla società, non interamente come debito bensì, in parte, come componente del patrimonio netto”. Lo IAS 32 considera parte del netto la differenza fra la minore onerosità dell’obbligazione convertibile e il maggior costo della obbligazione normale, poiché la prima – in presenza del diritto di conversione – presenta un tasso di interesse ridotto rispetto alla seconda, per cui il debito di restituzione connesso alla prima è iscritto ad un valore inferiore a quello del debito di restituzione connesso alla seconda. Colombo è propenso a considerare tale impostazione come corretta, assimilandola alla iscrizione di un debito attualizzato, per il quale si dovrà procedere a iscrivere nel netto la differenza fra il valore nominale e il minor valore del debito attualizzato. 18 Così sempre G.E. COLOMBO, (nt. 3), 48; e sugli strumenti finanziari in generale M. VENUTI, (nt. 8), 431 ss.19 G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 87 ss.; M. VENUTI, (nt. 8), 427 s.

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servizi; o ancor più in generale di definire le nozioni stesse di “attività” e “passività” da iscrivere in bilancio (si veda nello stesso Framework e nello IAS 38 per gli Intangible Assets20).

Alla “substance of the relationship” si fa riferimento per imporre informazioni integrative nelle note quando si tratta di operazioni con parti correlate (fra soggetti appartenenti al medesimo gruppo o con esponenti in potenziale conflitto di interessi) (IAS 24)21; o per giustificare la compensazione di debiti e crediti o costi e ricavi in contrasto con l’altrimenti generale divieto di compensazione di partite.

Le fattispecie, come si può notare, appaiono le più eterogenee possibili sia sul piano delle ipotesi enucleate22 sia sul piano delle conseguenze in merito alla rilevazione in contabilità. Il più delle volte il principio “substance over form” giustifica una analisi “a monte” dell’evento o degli eventi di gestione ed una loro scomposizione in sede di “recognition” o “derecognition”, insomma di iscrizione o cancellazione di attività e/o passività, di costi e/o ricavi; talvolta determina l’applicazione di un certo criterio di valutazione (“measurement”) o di consolidamento piuttosto che di un altro; spesso impone solo o anche informazioni integrative (“disclosure”) nelle note di bilancio.

Anche i tentativi di classificazione che sono stati sin qui compiuti si ispirano a criteri non sempre sufficientemente omogenei.

Meyer, per esempio, nel suo inventario del 1976 utilizza due criteri di classificazione incrociandoli fra di loro per ricavarne quattro categorie di casi: il primo criterio è il fondamento economico dell’operazione, inteso come eventi e circostanze la cui rappresentazione contabile è influenzata da caratteristiche di sostanziale proprietà effettiva al momento della data di bilancio (substantial effective ownership characteristics) o eventi e circostanze la cui rappresentazione è determinata dalla sostanza delle qualità dei risultati attesi in futuro (substance of expected outcome characteristics); il secondo è collegato alla modalità con cui si perviene alla rappresentazione contabile e cioè attraverso la “riesposizione” di una transazione esistente (Restatement of Existing Transaction) o l’imputazione ad una transazione (o complesso di transazioni) del tutto diversa(e) da quella formalmente

20 G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 94.21 G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 90 s.22 Anche R. MAGLIO, (nt. 5), 23 ritiene che “gli organismi contabili americani, come pure lo IASC, abbiano applicato il concetto della substance over form a fattispecie eterogenee ed in maniera non sempre coerente”.

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posta in essere (Imputation of Different Transaction(s)). Il britannico FRS n. 5 del 1994 (che è l’unico principio contabile nazionale ad aver codificato estesamente la prevalenza della sostanza sulla forma), con riguardo soprattutto alle “operazioni complesse”, fa riferimento ad una tripartizione: a) casi in cui, per effetto di clausole negoziali, esiste una separazione fra proprietà (formale) e controllo (economico) della risorsa; b) casi in cui, a seguito di operazioni collegate, l’effetto sull’economia dell’impresa può essere determinato solo da una valutazione congiunta e unitaria di tali operazioni; c) casi in cui, per effetto di opzioni o condizioni reciproche o incrociate, si rende altamente probabile la futura acquisizione del controllo di una risorsa o l’insorgenza di obbligazioni23.

Nonostante le indubbie difficoltà classificatorie, sembra scorgersi in filigrana il leit motiv che attraversa le varie applicazioni: la rappresentazione in bilancio e ancor prima la registrazione nella contabilità ufficiale24 degli eventi di gestione deve dare rilievo non tanto agli effetti giuridici degli atti negoziali posti in essere nel corso di tali eventi, ma agli effetti economici che scaturiscono da una valutazione complessiva delle clausole negoziali e/o di negozi collegati e/o da circostanze anche solo di fatto commercialmente vincolanti. Ovviamente sarà necessario tornare sul punto in termini un po’ più analitici, anche solo per chiarire cosa debba intendersi per “effetti economici” piuttosto che “giuridici”25.

3. Ma come e perché, ci si chiedeva in premessa, si è venuta sempre più affermando l’esigenza di formalizzare e codificare il principio di prevalenza della sostanza sulla forma?

E’ affermazione tradizionale che il principio trova origine nei Paesi anglosassoni ove sarebbe considerato “uno dei requisiti fondamentali del bilancio”26. Sta di fatto, tuttavia, che negli Stati Uniti esso si trova semplicemente accennato a partire solo dal 1970 nello Statement n. 4 dell’APB (Basic Concepts) non più in vigore, quasi come una constatazione di fatto piuttosto che come un

23 La classificazione viene sostanzialmente ripresa da E. CAVALIERI, (nt. 4), 56. 24 Ma vedi per questo secondo aspetto la diversa opinione di E. CAVALIERI, (nt. 4), 57-59.25 Prevalenza della sostanza (economica) sulla forma (giuridica) sta dunque a indicare prevalenza degli effetti economici sul patrimonio aziendale rispetto agli effetti giuridici di una o più transazioni o di eventi di gestione più in generale, e non prevalenza sulla normativa legale che disciplina il bilancio d’esercizio. Su questo rilievo v. le giuste osservazioni di R. MAGLIO, (nt. 5), 9 in nota 11.26 R. MAGLIO, (nt. 5), 13.

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imperativo (“di solito la sostanza economica degli eventi da contabilizzare concorda con la forma giuridica (legal form). Talvolta, comunque, sostanza e forma divergono. I contabili enfatizzano la sostanza degli eventi piuttosto che la loro forma sì che l’informazione fornita meglio rifletta le attività economiche rappresentate”: par. 127)27. Del resto il principio non viene ritenuto degno di autonoma considerazione nel “Quadro concettuale” dei GAAP americani, posto che non è neppure indicato nello Statement of Financial Accounting Concepts No. 2 del FASB, dedicato alle caratteristiche qualitative dell’informazione contabile, con la seguente (ambigua) giustificazione, relegata peraltro nell’Appendice B del documento: “Substance over form is an idea that also has its proponents, but it is not included because it would be redundant. The quality of reliability and, in particular, of representational faithfulness leaves no room for accounting representations that subordinate substance to form. Substance over form is, in any case, a rather vague idea that defies precise definition”. Insomma per un verso il principio è considerato “ridondante” rispetto alla qualità della “reliability” e soprattutto della “faithful representation”, che non lascerebbe spazio a contabilizzazioni in cui la sostanza sia subordinata alla forma; per altro verso quel principio è considerato una “alquanto vaga idea” che “resiste” ad una “definizione precisa”. Né l’atteggiamento del FASB sembra mutato anche nell’attuale processo di convergenza con il Framework dello IASB, di cui si dirà più oltre.

Non minori resistenze si sono avute in Gran Bretagna, ove pure il principio ha trovato accoglienza nei Gaap locali come Financial Reporting Standard n. 5 nel 1994, dopo un pressoché decennale dibattito partito con la Technical Release 603 dell’ICAEW del 1985, proseguito con ben tre Exposure Draft rispettivamente del 1988, del 1990 e del 199328, per approdare finalmente alla stesura definitiva del citato Standard. La codificazione del principio è stata occasionata dalla volontà di contrastare fenomeni manipolativi ed elusivi delle regole contabili (window dressing) che si venivano sempre più diffondendo agli inizi degli anni Ottanta, fenomeni spesso tesi a mascherare l’effettivo indebitamento complessivo 27 Analogamente R. MAGLIO, (nt. 5), 14 parla di “funzione descrittiva” dello Statement e ricorda che nell’ARB n. 38 del 1949 (dedicato alle locazioni finanziarie) e nell’ARB n. 51 del 1959 (dedicato al bilancio consolidato) il riferimento al principio “substance over form” è del tutto implicito. L’approccio parzialmente “normativo” tenuto dal successivo Trueblood Commettee Report del 1973 (promosso dall’AICPA) non si è mai tradotto in uno Statement vincolante. Per analoghe valutazioni sull’ APB Statement n. 4 anche A.M. BISCOTTI, (nt. 2), 124; e H. KAPNICK, Value-based accounting. Evolution or devolution, 1976, 1 ss.28 Cfr. ASC, Exposure Draft n. 42 – Accounting for Special Purpose Transactions, March 1988; ASC, Exposure Draft n. 49 – Reflecting the Substance of Transactions in Assets and Liabilities, May 1990; ASB, Financial Reporting Exposure Draft n. 4: Reporting the Substance of Transactions, December 1993.

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dell’impresa (off-balance sheet financing) mediante operazioni di vendita di attivi - che il venditore continuava ad utilizzare - accompagnate da accordi collaterali di retrocessione, così celando sostanzialmente un prestito garantito dal trasferimento della proprietà dell’attivo ed il relativo rimborso con il pagamento del prezzo del riacquisto. Né le ipotesi di “contabilità creativa” si limitavano a questa sola fattispecie. Peraltro la legislazione societaria e gli Standard inglesi conoscono la clausola generale della “true and fair view” che il principio di prevalenza della sostanza sulla forma dovrebbe essere diretto ad attuare, clausola generale e sovraordinata che è invece ignota al sistema degli standard contabili americani.

Il dibattito si è comunque riacceso proprio negli Stati Uniti dopo lo scandalo Enron e dopo la recente grande recessione, ancora in funzione antielusiva delle regole contabili correttamente applicate. Alcuni Autori hanno osservato che se nel caso Enron si fosse applicato il principio “substance over form”, investitori e creditori si sarebbero trovati di fronte ad una ben più realistica rappresentazione della situazione finanziaria ed economica della società, così rendendosi potenzialmente evitabile quello che è diventato uno dei più grandi fallimenti nella storia degli Stati Uniti29. Molti rimproverano al sistema contabile americano di seguire un Rules-Based Standards Approach piuttosto che un Principles-Based Standards Approach, insomma di esigere il rispetto di regole molto dettagliate che tuttavia si prestano ad essere aggirate con aggiustamenti quantitativi per sfuggire al rispetto sostanziale di quelle stesse regole. Nel caso Enron, com’è noto, la Corporation ha potuto celare il proprio effettivo colossale indebitamento per non aver dovuto consolidare numerose SPE’s nel rispetto formale di limiti quantitativi dettati dai GAAP allora in vigore30.

E’ in questa alternativa che si colloca altresì un eventuale più spinto riconoscimento del principio “substance over form”. Si osserva di recente che SEC e FASB si stanno sempre più orientando verso un sistema Principles-based Standards, considerato il programma di convergenza con gli IAS-IFRS. I Rules-based Standards tendono sì a minimizzare gli equivoci e l’utilizzo di “professional judgment”; ma, considerato che essi prevedono numerose eccezioni e soglie quantitative di applicabilità, finiscono inevitabilmente per raggiungere un elevato livello di complessità spesso portando a trattamenti contabili divergenti per transazioni simili

29 Cfr. C.R. BAKER-R. HAYES, Reflecting form over substance: the case of Enron Corp., in Critical Perspectives on Accounting, 15, 2004, 767 ss.30 Vedi in proposito anche A.M. BISCOTTI, (nt. 2), 97 ss.

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e si prestano ad abusi poiché le società mirano ad una conformità puramente tecnica piuttosto che al rispetto degli obiettivi sottostanti le regole. D’altro canto i Principles-only Standards si riducono ad ampie linee guida con limitate direttive di attuazione, la cui ambiguità esige l’esercizio di un significativo giudizio discrezionale da parte dei redattori e degli stessi revisori, riducendo la coerenza applicativa degli standard contabili. Di qui la preferenza per i Principles-based Standards che dovrebbero risolvere i deficit degli altri due approcci: (i) statuendo chiaramente gli obiettivi contabili sottostanti; (ii) riducendo al minimo le eccezioni; (iii) fornendo sufficienti dettagli e la struttura per garantire alle società un’applicazione coerente degli standard; (iv) evitando l’utilizzo di test quantitativi (percentage tests).

Nella medesima direzione spinge altresì la rinnovata attenzione verso la clausola generale della “true and fair view”. Ma che il principio di prevalenza della sostanza sulla forma costituisca un semplice corollario della clausola overriding di rappresentazione veritiera e corretta non è affatto pacifico ed è in parte considerato non auspicabile né coerente con la portata che si intende riconoscere al principio medesimo. Anche su questo aspetto occorrerà tornare in sede di ricostruzione sistematica. Ciò che preme evidenziare in questo momento è la indeterminatezza della clausola generale che non consente di trarre automaticamente da essa quale sia il modello di rappresentazione contabile da privilegiare, quello legalistico o quello economico o piuttosto una soluzione intermedia. Ciò dipende da molteplici fattori che vanno ricavati dal complesso delle disposizioni nel cui contesto tanto la clausola generale quanto il principio substance over form sono destinati ad inserirsi. Per convincersi di ciò basti pensare ai bilanci di liquidazione: nessuno vorrà negare che anch’essi devono soggiacere alla clausola generale della chiarezza, veridicità e correttezza; ma è evidente che i postulati e le convenzioni di base mutano completamente, sì che essi non sono di per sé ricavabili dalla clausola generale, ma piuttosto dai fini per cui il bilancio di liquidazione viene redatto.

4. E’ possibile allora che il quadro che si prospetta nel nostro ordinamento si configuri a “geometria variabile”, nel senso che la collocazione del principio “substance over form” possa avere un significato ed una portata differenziata a seconda del contesto normativo in cui esso si inserisce.

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E’ noto che nel nostro ordinamento dobbiamo attualmente distinguere un “mondo Ias/Ifrs compliance” da un “mondo Ias/Ifrs non compliance”, un complesso di imprese che applicano i principi contabili internazionali (obbligatoriamente o facoltativamente) a seguito di omologazione mediante Regolamenti comunitari e un complesso di imprese che applicano le norme codicistiche che trovano fondamento nelle direttive comunitarie di armonizzazione. Il discorso non può essere, dunque, unitario.

Negli IAS/IFRS il principio è espressamente affermato nel “Framework for the preparation and presentation of financial statements”, adottato nel 1990 (ma si veda pure l’originaria versione del 1978), laddove, dopo aver definito le finalità assegnate al bilancio redatto per “scopi generali” nonché le “assunzioni fondamentali” (identificate nel principio del going concern e nel principio di competenza economica – accrual basis –) e le “caratteristiche qualitative” del documento (identificate nella comprensibilità, significatività/rilevanza, attendibilità e prudenza), si precisano ulteriormente i requisiti che rendono “attendibile” (reliable) il bilancio medesimo. L’attendibilità comporta che l’informazione sia priva di errori significativi e possa essere utilizzata come “fedele rappresentazione” di ciò che intende rappresentare. Proprio al fine di realizzare la “faithful presentation” (“if information is to represent faithfully the transactions and other events that it purports to represent”) occorre che le transazioni e gli altri eventi di gestione siano contabilizzati e presentati in base alla loro “sostanza e realtà economica” e non puramente in base alla loro “forma legale” (“it is necessary that they are accounted for and presented in accordance with their substance and economic relity and not merely their legal form)” (par. 35). Nell’esemplificare, il Framework fa l’ipotesi della vendita di un bene a condizioni tali che tuttavia l’alienante continua a godere dei futuri benefici economici connessi al cespite. La vendita, e cioè la rappresentazione di un “trasferimento di proprietà” in tali circostanze, non rappresenterebbe “faithfully” la transazione intercorsa.

Non v’è dubbio che l’indicata formulazione del principio evidenzia molteplici criticità:

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a) il suo contenuto non è agevolmente ricostruibile, dovendosi ancora chiarire cosa debba intendersi per “sostanza e realtà economica” della transazione od evento a fronte della sua “forma giuridica”31;

b) “not merely” significa che la forma giuridica non può essere completamente trascurata, ma che non è il solo elemento di cui tener conto ai fini della contabilizzazione;

c) un timido aiuto ci fornisce la esemplificazione compiuta, secondo cui il trasferimento di proprietà (elemento o effetto giuridico) di un cespite non implica di per sé trasferimento della sua sostanza economica, insomma l’operazione non può essere contabilmente rappresentata come “vendita” se non si accompagna altresì al trasferimento dei “benefici economici futuri” ricavabili dal bene (elemento o effetto economico);

d) d’altro canto il principio viene formulato come un “di cui” della “reliability” e in particolare della “faithful presentation”, come una componente di una caratteristica qualitativa dell’informazione finanziaria. Ma la “faithful presentation” sembra tradursi soprattutto nel rispetto della corretta applicazione dei singoli principi contabili (questa è certamente l’interpretazione più accreditata negli USA).

In verità il principio sembra acquistare contorni più definiti solo se viene collegato a quanto ricavabile dalla esemplificazione sub c), che considera elemento essenziale del trasferimento dell’attivo il trasferimento dei correlati “benefici economici futuri”. E’ allora alla nozione di “attività” e “passività” che occorre riferirsi per comprendere più compiutamente il significato del principio in questione32. E infatti, nella parte in cui il “Framework” procede a individuare la definizione di attività, passività e patrimonio netto (asset, liability, equity), il principio viene espressamente richiamato, nel senso che, nel valutare se una posta debba qualificarsi nell’uno o nell’altro modo, occorre fare attenzione alla sua sottostante “sostanza e realtà economica e non puramente alla sua forma legale” (“in assessing wether an item meets the definition of an asset, liability or equity, attention needs to be given to its underlying substance and economic reality and not merely its legal

31 Osserva I. VACCA, (nt. 5), 219:” In effetti, affermare che la rappresentazione è fedele quando è conforme alla sostanza e realtà economica delinea un riferimento assiomatico non facile da cogliere, perché è proprio il concetto di sostanza e realtà economica che risulta manchevole di una sua definizione”. 32 M. VENUTI, Il principio “substance over form” nel bilancio IAS/IFRS (I parte), in Le società, 2008, 283 considera le definizioni di attività e passività come una prima applicazione del principio substance over form.

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form”). Le indicate nozioni vengono definite nel “Framework” nei termini che seguono (par. 49):

a) sono attività le risorse “controllate” dall’impresa, in conseguenza di eventi passati, dalle quali sono attesi benefici economici futuri33;

b) sono passività le obbligazioni attuali derivanti da eventi passati, il cui adempimento comporta il deflusso di risorse cui sono associati benefici economici34.

Ciò che preme evidenziare è che in queste definizioni non sembrano avere spazio nozioni “giuridiche”, nel senso che la definizione non fa leva su un “diritto” giuridicamente protetto su un determinato cespite ovvero su una “obbligazione” il cui adempimento è assistito da una tutela giuridica, bensì sulla capacità del cespite di produrre un flusso di benefici economici e sul controllo in entrata o in uscita dei detti flussi. L’idoneità del cespite alla “probabile” produzione di flussi economici realizza le condizioni di “esistenza” dell’attivo o del passivo; la disponibilità esclusiva, sorretta anche solo da situazioni di fatto, unitamente alla attendibile valutazione che se ne può fare costituiscono le ulteriori condizioni di iscrivibilità (recognition o derecognition) del cespite o anche solo di parte dello stesso35. Insomma, il diritto di proprietà non è necessario né sufficiente al riconoscimento dell’attivo, essendo a tal fine essenziale il conseguimento dei benefici economici correlati al bene: si può essere proprietari ma non far proprie le utilità correlabili al bene; si può non avere il titolo di proprietà e tuttavia avere la piena disponibilità dei benefici economici ritraibili dal bene (par. 57). Analogamente l’obbligazione giuridica non è necessaria al riconoscimento di una passività, ove l’impresa per politica aziendale intenda adempiere a pagamenti non giuridicamente dovuti ma solo commercialmente opportuni (garanzie per prodotti difettosi al di là dei termini legali e negoziali; indennizzi ambientali per eventi giuridicamente non risarcibili) (cd. obbligazioni implicite) (par. 60).

La nozione di “patrimonio di bilancio” che emerge è una nozione ben distante da quella di patrimonio in senso giuridico36 e ovviamente da quella del cd.

33 “An asset is a resource controlled by the enterprise as a result of past events and from which future economic benefits are expected to flow to the enterprise”.34 “A liability is a present obligation of the enterprise arising from past events, the settlement of which is expected to result in an outflow from the enterprise of resources embodying economic benefits”.35 Cfr. G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 81.36 E’ la tesi che fa capo a E. BOCCHINI, Manuale di diritto della contabilità delle imprese, 2° ed.,Torino, 1995, 209-222, ove si afferma che “in conclusione, il bilancio, a ben vedere, anche per il diritto, non è un sistema di cespiti, ma di valori. E poiché questi valori derivano dalla qualificazione che l’ordinamento giuridico fa dei diritti soggettivi sui cespiti

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patrimonio espropriabile37; ma è altresì non coincidente, benché prossima, con la nozione di patrimonio che si basa sulla teoria della cd. “appartenenza economica”, cara alla dottrina germanica e presso di noi accolta autorevolmente da Giovanni Colombo38, teoria che fa leva sulla “disponibilità definitiva” del bene pur sempre “fondata su rapporti giuridici”. Il paradigma recepito dai principi contabili internazionali è chiaramente di tipo patrimonialistico, piuttosto che reddituale: il prius non è il reddito prodotto, ma il riconoscimento di una attività o passività per effetto degli eventi di gestione e le variazioni che questi determinano sulle attività o passività in essere, da cui si originano costi e ricavi.

D’altro canto con l’individuazione di attività e passività così concepite, espresse in termini di idoneità a produrre un probabile flusso o un probabile deflusso di benefici economici futuri, si modificano i criteri tradizionali di “competenza economica”, fondati sul principio di dissimmetria fra costi e ricavi39: tanto per l’attivo quanto per il passivo, come allora per i connessi costi e ricavi, la “recognition” si fonda sempre e solo su un giudizio di “probabilità”, a differenza di quanto impone nel sistema codicistico il principio di prudenza, secondo cui l’attivo e i ricavi devono rispondere ad un test di “certezza”, applicandosi di contro il giudizio di probabilità alle sole passività ed ai costi.

Questo è il quadro concettuale che emerge dal Framework dello IASB, che rende allora – come è stato giustamente osservato – il principio della prevalenza della sostanza sulla forma forse ben più pervasivo della innovazione collegata

il bilancio è la rappresentazione di un sistema di diritti o, più correttamente, di un sistema di situazioni giuridiche soggettive attive e passive in esso iscritte” (215); a p. 217 l’espresso rifiuto della teoria della cd. appartenenza economica. La tesi viene ripresa, con qualche attenuazione, anche nella 3a ed. Diritto della contabilità delle imprese, 2, Bilancio d’esercizio, Torino, 2010, 107-122, ove l’A. si confronta con il principio “substance over form”. Qui ci si chiede se, “ove si ritenga che il principio “Substance over Form” riguardi non solo le valutazioni di bilancio, come letteralmente dice l’art. 2423 bis, 2à co., c.c., ma anche l’iscrizione in bilancio dei beni, occorre far capo alla “appartenenza economica” o alla “appartenenza giuridica”?” (117). La risposta fornita parte dalla constatazione che “di regola vi è simmetria tra situazione giuridica e situazione economica” e che “nei casi eccezionali, invece, nei quali la situazione sul piano giuridico-formale non corrisponde alla sostanza economica del fenomeno disciplinato, il legislatore, nel diritto contabile, autorizza il redattore del bilancio a superare le barriere giuridico-formali per riconoscere, limitatamente al bilancio, la prevalenza del potere economico-sostanziale sul bene, con le debite conseguenze in tema di iscrizione e valutazione di bilancio” (117). Ma “in ogni caso il ribaltamento del criterio giuridico-formale a favore di un criterio economico-sostanziale è eccezionale” (118).37 E’ la tesi, ormai del tutto abbandonata, di E. SIMONETTO, Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Padova, 1959, 262 ss.; ID., I bilanci, Padova, 1972, 96 ss.38 Il bilancio di esercizio, in Trattato Colombo-Portale, VII*, Torino, 1994, 182. Per una sintesi delle tre teorie qui accennate vedi M. VENUTI, (nt. 32), 283 ss.39 Anche le nozioni di ricavi e di costi si ricollegano agli elementi patrimoniali. I “ricavi” sono definiti come incrementi nei benefici economici di competenza dell’esercizio, che si manifestano come maggiori attività o minori passività; i “costi” come decrementi nei benefici economici di competenza dell’esercizio che si manifestano in termini di minori attività o maggiori passività.

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all’introduzione del fair value, più difficilmente neutralizzabile rispetto a quest’ultimo nelle sue manifestazioni concrete nell’ambito dei singoli principi contabili40. E ciò spiega perché il nostro legislatore tributario, con la legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244 che modifica l’art. 83 TUIR) e poi con il Decreto del Ministro del Tesoro del 1 aprile 2009, ha inteso superare il principio di neutralità ai fini tributari del mondo IAS compliance rispetto al mondo non IAS compliance, affermando il principio di derivazione rafforzata e dunque la prevalenza dei criteri IAS/IFRS di “qualificazione, imputazione temporale e classificazione” dei cespiti rispetto ai criteri adottati dal TUIR41.

Va detto comunque che il principio substance over form nell’accezione che si è delineata mantiene una forte carica di ambiguità ed amplia la discrezionalità dei redattori di bilancio. Indubbiamente i negozi tipici tendono a configurare effetti giuridici coincidenti con gli effetti economici; e tuttavia questo non è così evidente ove si pensi alle vicende del “riporto”. Lo spazio maggiore per il giudizio di difformità tra effetti giuridici ed effetti economici, intesi come allocazione dei flussi di benefici economici futuri connessi al bene, si presenta proprio nelle operazioni complesse, negozi caratterizzati da clausole atipiche o da collegamento funzionale. E non è sempre agevole decidere su chi ricada la più significativa allocazione dei benefici e dei rischi, sì da attribuire ad un soggetto piuttosto che all’altro l’attivo o il passivo ricollegabile all’operazione.

5. Al di là delle difficoltà applicative del principio nella sua portata generale, v’è poi da interrogarsi sulla sua concreta portata precettiva nell’ambito del sistema IAS/IFRS.

Funge in concreto quel principio da clausola sovraordinata ai singoli specifici principi contabili?

Al riguardo occorre ricordare che il Framework non è di per sé un principio contabile e che proprio per questa ragione non ha formato oggetto di omologazione da parte dei Regolamenti comunitari. E’ pur vero che esso è richiamato dallo IAS 1,

40 Vedi I. VACCA, (nt. 5), 213 ss.41 Sugli aspetti tributari cfr. sempre I. VACCA, (nt. 5), 211 ss.; ID., L’impatto degli IAS sul principio di derivazione dei redditi d’impresa dalle risultanze di bilancio, in Corr. trib., 2007, 3559 ss.; L. MIELE, Criterio della prevalenza della sostanza sulla forma e imponibile IRES per soggetti IAS, ivi, 2009, 345 ss. Cenni alla portata del D.M. del Tesoro 1.04.2009 in E. LAGHI – A. GIORNETTI, (nt. 16), 348 in nota 381.

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ma è altrettanto vero che è lo stesso Framework a delimitare il proprio ambito di applicazione in termini restrittivi. Nella parte iniziale il Framework chiarisce che i suoi destinatari sono: 1) lo stesso IASB nella emanazione dei futuri principi contabili e nell’armonizzazione di quelli esistenti; 2) gli standard setter nazionali nella loro attività di emanazione dei principi locali; 3) i redattori di bilancio nella interpretazione dei principi emanati e per la soluzione di problematiche non ancora affrontate in specifici principi; 4) i revisori per l’emanazione del proprio giudizio; 5) gli utilizzatori al fine di poter adeguatamente interpretare i bilanci. Ma alcuna sovraordinazione è prevista, tanto che al par. 2 si precisa che, nel caso di eventuali contrasti fra le previsioni di singoli principi contabili internazionali e le indicazioni del Framework, prevalgono le disposizioni del principio contabile e proprio perché il Framework non è a sua volta un principio contabile. V’è chi ha parlato, in proposito, di una “curiosa gerarchia rovesciata”, perché parrebbe che le disposizioni analitiche prevalgono sui principi generali42. D’altro canto, conformemente a quanto precede, il pur precettivo IAS 1 dispone sì che la “fair presentation” esige “la rappresentazione fedele degli effetti delle transazioni, altri eventi e condizioni in conformità alle definizioni e ai criteri di iscrivibilità per attività, passività, ricavi e costi stabiliti nel Framework”, ma prevede altresì che “l’applicazione degli IFRSs, con le informazioni integrative quando necessarie, è presunto che ponga capo a un bilancio che relizza una fair presentation” (IAS 1, par. 15)43. Insomma, come per la clausola generale codicistica, l’applicazione dei singoli specifici principi contabili dà concreta attuazione alla fair presentation e dunque al sub requisito della substance over form44.

42 G. SAVIOLI, I principi contabili internazionali, Milano, 2008, 25.43 La versione italiana del par. 15, come da omologazione comunitaria, è la seguente: “I bilanci devono presentare attendibilmente la situazione patrimoniale-finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari di un’entità. Una presentazione attendibile richiede la rappresentazione fedele degli effetti di operazioni, altri fatti e condizioni in conformità alle definizioni e ai criteri di rilevazione di attività, passività, proventi e costi esposti nel Quadro sistematico. Si presume che l’applicazione degli IFRS, quando necessario integrati con informazioni aggiuntive, abbia come risultato un bilancio che fornisce una presentazione attendibile”.44 Il concetto è ribadito dal par. 17 IAS 1:” Praticamente in tutte le circostanze, un’entità ottiene una presentazione attendibile conformandosi con tutti gli IFRS applicabili. Una presentazione attendibile inoltre richiede che un’entità:(a) selezioni e applichi i principi contabili secondo quanto previsto dallo IAS 8 Principi contabili, Cambiamenti nelle stime contabili ed Errori. Lo IAS 8 definisce una gerarchia di fonti autorevoli alle quali la direzione aziendale fa riferimento nei casi in cui non vi sia un IFRS specificamente applicabile ad una voce;(b) presenti le informazioni, inclusi i principi contabili, in modo che sia fornita una informativa rilevante, attendibile, comparabile e comprensibile;(c) fornisca informazioni integrative aggiuntive quando la conformità con le specifiche disposizioni degli IFRS è insufficiente per permettere agli utilizzatori di comprendere l’impatto di particolari operazioni, altri fatti e condizioni sulla situazione patrimoniale-finanziaria e sul risultato economico dell’entità”.

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In verità è ben possibile che i redattori si convincano della necessità di derogare a qualche requisito richiesto in uno specifico principio contabile, ma ciò può avvenire solo “in the extremely rare circumstances in which management concludes that compliance with a requirement in an IFRS would be so misleading that it would conflict with the objective of financial statements set out in the Framework”, nel qual caso “the entity shall depart from that requirement in the manner set out in paragraph 20 if the relevant regulatory framework requires, or otherwise does not prohibit, such a departure” (IAS 1, par. 19)45.

In verità è molto dubbio che in ciò possa leggersi la possibilità di derogare allo specifico principio contabile ove esso, a giudizio dei redattori, risulti incompatibile con il principio della substance over form. La deroga è sostanzialmente limitata a “casi eccezionali” ed è motivata dal conflitto con le “finalità” (objective) del bilancio come definite nel Framework, piuttosto che con le caratteristiche qualitative dell’informazione richiesta. Lo scopo principale del bilancio è – secondo il Framework – fornire informazioni sulla futura “capacità dell’impresa di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti e sulla relativa tempistica e sul loro grado di certezza”46. Non è semplice ipotizzare un contrasto motivato dal principio di prevalenza della substance over form47.

45 La versione italiana da omologazione comunitaria è la seguente: “In circostanze estremamente rare in cui la direzione aziendale conclude che la conformità con una disposizione contenuta in un IFRS sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, l’entità deve disattendere tale disposizione secondo quanto esposto nel paragrafo 20 se il quadro sistematico di regolamentazione applicabile lo richiede o comunque non vieta tale deroga”. Se poi la deroga è vietata, il par. 23 dispone: “Nelle circostanze estremamente rare in cui la direzione aziendale conclude che la conformità con una disposizione di un IFRS sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, e tuttavia il quadro sistematico di regolamentazione applicabile nella fattispecie non consente la deroga dalla disposizione, l’entità deve, nella massima misura possibile, ridurre i relativi aspetti fuorvianti fornendo informazioni su:(a) il titolo dell’IFRS in questione, la natura della disposizione, e la ragione per cui la direzione aziendale ha concluso che la conformità con tale disposizione è nelle circostanze così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico; e(b) per ogni esercizio presentato, le rettifiche a ogni voce del bilancio che la direzione aziendale ha concluso sarebbero necessarie per ottenere una presentazione attendibile”.46 Analoga la definizione dello scopo del bilancio nel par. 9 dello IAS 1:” La finalità del bilancio è quella di fornire informazioni sulla situazione patrimoniale-finanziaria, sul risultato economico e sui flussi finanziari di un’entità che siano di utilità per una vasta gamma di utilizzatori nell’assumere decisioni di carattere economico. Il bilancio, inoltre, espone i risultati della gestione da parte della direzione aziendale delle risorse ad essa affidate”.47 E vedi per valutazioni differenziate R. MAGLIO, (nt. 5), 17 nota 37, il quale si esprime per la possibilità di deroga, ma con estrema cautela; G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 83, il quale invece ritiene che la deroga “non può essere giustificata dal fatto che le regole dei principi contabili non siano conformi alla prevalenza della sostanza sulla forma”; A.M. BISCOTTI, (nt. 2), 155 s., la quale, pur sottolineando la “presunzione quasi-assoluta” che il bilancio redatto secondo gli standard sia fair, evidenzia che la possibilità che questo non si verifichi è ricondotta a “circostanze estremamente rare”. Un indice nel senso di una possibile deroga per casi eccezionali è forse ricavabile dal par. 24, secondo cui: “Per le finalità di cui ai paragrafi 19-23, un elemento di informazione sarebbe in conflitto con le finalità del bilancio quando esso non rappresenta fedelmente le operazioni, altri fatti e condizioni che intende rappresentare, o si potrebbe

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Lo spazio applicativo del principio generale sembra semmai segnato dalla gerarchia indicata nello IAS 8, laddove ipotizzando un “vuoto normativo”, insomma l’assenza di uno specifico principio contabile applicabile, fa carico ai redattori di “sviluppare e applicare un principio al fine di dare un’informativa che… rifletta la sostanza economica delle operazioni … e non meramente la forma legale”.

Altro spazio applicativo è poi riservato in sede di interpretazione degli specifici principi contabili esistenti.

6. E quale portata è possibile attribuire al “nostro” principio nel mondo non-IAS compliance, insomma a tutte quelle imprese che applicano la sola disciplina codicistica?

Qui il tema si fa ancor più vago e complesso. Le imprese bancarie e finanziarie, per le quali il d.lgs. n. 87/1992 aveva affidato alla Banca d’Italia il potere di stabilire che i conti annuali fossero redatti “privilegiando, ove possibile, la rappresentazione della sostanza sulla forma”, sono ormai soggette agli IAS/IFRS. Ma non si può fare a meno di evidenziare con quanta cautela il principio venne introdotto nel sistema dei bilanci bancari armonizzati dalle direttive comunitarie, con una attuazione demandata all’autorità di vigilanza e comunque affidata ad una valutazione di compatibilità (“ove possibile”)48.

Dubbi ancor più decisi solleva la strana formula utilizzata dal legislatore della riforma societaria del 2003, quando ha collocato nell’ambito dei principi di redazione, e accanto al principio di prudenza e del going concern, anche quello secondo cui “la valutazione delle voci deve essere fatta… tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato”49. La legge ragionevolmente aspettare che rappresenti, e, di conseguenza, è probabile che avrebbe un effetto sulle decisioni economiche prese dagli utilizzatori del bilancio. Quando si valuta se la conformità a una disposizione specifica di un IFRS sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, la direzione aziendale considera:(a) perché le finalità del bilancio non sono state conseguite nelle particolari circostanze; e(b) come le circostanze dell’entità differiscono da quelle di altre entità che invece ottemperano alla disposizione. Se altre entità in circostanze simili ottemperano alla disposizione, vi è una presunzione relativa che la conformità dell’entità alla disposizione non sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico”.M. VENUTI, (nt. 32), 287 s. nota 55 evidenzia molteplici incoerenze contenute in specifici principi contabili rispetto al principio substance over form. 48 Cfr. R. MAGLIO, (nt. 5), 69 e 81 ss.; G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 164 ss.49 Sulle molteplici interpretazioni sollevate dalla formulazione dell’art. 2423-bis, n. 1, c.c. si rinvia a M. VENUTI, Il principio della funzione economica nella redazione del bilancio, in Le società, 2004, 146 ss. con ampi riferimenti

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delega non conteneva (e non contiene) una direttiva che consentisse di introdurre in generale il principio di prevalenza della sostanza sulla forma nella disciplina codicistica, ma solo una “specifica disciplina per il trattamento” di singole operazioni (quelle in valuta, gli strumenti finanziari derivati, i pronti contro termine, le operazioni di locazione finanziaria e altre operazioni finanziarie) (art. 6, lett. c legge n. 366/2001). Ed in effetti nel codice risultano introdotte disposizioni sui contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, che di certo costituiscono applicazione del noto principio; ma altresì disposizioni, come quelle sul leasing finanziario, che impongono ancora il metodo patrimoniale, relegando alla nota integrativa informazioni altresì sul metodo finanziario. Le specifiche ipotesi disciplinate non depongono affatto per un generale recepimento del principio di prevalenza della sostanza sulla forma nel nostro ordinamento50.

Né pare convincente che esso possa senz’altro ricavarsi dalla “funzione economica” che deve guidare il redattore nel valutare le voci di bilancio. E intanto perché il principio in questione ha poco a che fare con questioni di valutazione e ben più con questioni di iscrivibilità51; in secondo luogo perché l’argomento della cd. “ipotesi di non ridondanza del legislatore” finisce per provare troppo52. Si dice insomma che l’espressione non avrebbe alcuna portata innovativa, ove non comportasse il riconoscimento del principio in oggetto e la si riducesse a imporre una stima economica dei cespiti o comunque una stima correlata alla funzione produttiva assolta nell’ambito del complesso aziendale, posto che mai alcuno ha dubitato che i cespiti devono essere oggetto di tali processi valutativi in una impresa in funzionamento. Ma è pur vero che mai nessuno ha dubitato che rispetto ad una bibliografici, cui aggiungi sempre M. VENUTI, (nt. 32), 281 nota 20. Cfr. altresì E. LAGHI – A. GIORNETTI, (nt. 16), 358 ss.50 Considera senz’altro recepito nel nostro ordinamento il principio di prevalenza della sostanza sulla forma anche per il mondo non IAS come regola generale M. CARATOZZOLO, Il bilancio di esercizio, 2a ed., Milano, 2006, 177, pur riconoscendo che la formula utilizzata dal legislatore parrebbe riferirsi si soli fini della “valutazione in bilancio” degli elementi patrimoniali attivi e passivi, e tuttavia ritenendo che in tale evenienza la norma “rischia di divenire priva di una concreta portata normativa” (175). A conclusioni analoghe pervengono G.E. COLOMBO, Dalla chiarezza e precisione alla rappresentazione veritiera e corretta, in A. PALMA (a cura di), Il bilancio di esercizio, 4a ed., Milano, 2008, 96 ss. che parla comunque di formulazione “molto sfumata” e “vaga”; R. MAGLIO, Principio della funzione economica e operazioni non oggetto di disciplina legislativa, in Le società, 2005, 1225 ss. che ritiene il riconoscimento adotatto dal legislatore “volutamente temperato”; M. VENUTI, Il principio della funzione economica nella redazione del bilancio, ivi, 2004, 1467 ss. ove altri riferimenti. Sembra individuare nell’art. 2423-bis, n. 1, c.c. la fonte del principio di prevalenza della sostanza sulla forma nel diritto contabile nazionale anche E. BOCCHINI, (nt. 36), 98, ma ritenendolo non come regola generale bensì eccezionale. 51 Tutti riconoscono che la portata più pregnante del principio si gioca sul piano dei criteri di selezione dei beni iscrivibili in bilancio.52 Non credo meriti attenzione l’argomento fondato sui lavori preparatori, considerato che essi fanno riferimento ad una formulazione normativa non recepita. Quanto ai casi di attuazione del principio, sembra evidente che gli stessi possono interpretarsi o come affermazione di un principio generale o come disciplina eccezionale di ipotesi specifiche.

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impresa in funzionamento trovi applicazione il postulato della continuità aziendale e tuttavia esso viene da tempo espressamente previsto.

Ancor meno convincente è la tendenza a considerare quel principio implicito nella stessa clausola generale, come necessario corollario della rappresentazione veritiera e corretta, poiché – come già osservato – essa non definisce automaticamente l’oggetto, il contenuto della rappresentazione53.

Né il Principio contabile OIC 11 (che ha aggiornato nel 2005 il principio n. 11 del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti del 1994) può modificare il quadro legislativo. Il documento accoglie il principio sulla falsariga del Framework IASB, ma lo collega alla rappresentazione veritiera e corretta nella prospettiva della utilità informativa del bilancio per gli utilizzatori. Ma quanto sia fallace dedurre assiomaticamente quel principio dalla clausola generale si è già detto.

Del resto, anche gli autori che abbracciano l’interpretazione “innovativa” della funzione economica e/o la desumono dalla clausola generale, si affrettano a sottolineare che la vigenza di quel principio nel sistema codicistico non varrebbe a legittimare in esso tutte le soluzioni che nel sistema IAS/IFRS compliance sono considerate applicazione della prevalenza della sostanza sulla forma54. Non ne discenderebbe, insomma, che le obbligazioni convertibili si debbano scindere in una componente di debito e in una componente di netto; che le business combination possano trattarsi come acquisto di azienda anche quando la forma giuridica adottata sia la fusione.

53E vedi il dissenso di G. ALBERTINAZZI, (nt. 1), 39 ss. Tendono a considerare il principio in oggetto come espressione della clausola generale “true and fair view” G.E. COLOMBO, (nt. 38), 274; M. CARATOZZOLO, (nt. 50), 1a ed., 154; FIORI, Il principio della rappresentazione veritiera e corretta nella redazione del bilancio d’esercizio, Milano, 1999, 102; R. MAGLIO, (nt. 5), 88 ss.54 Così G.E. COLOMBO, I principi in tema di redazione del bilancio, in P. ABBADESSA-G.B. PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società, 3, Torino, 2007, 164 ss. L’illustre A., dopo aver dubitativamente accolto l’opinione che la formula dell’art. 2423 bis possa interpretarsi nel senso che “la contabilizzazione deve aderire, per quanto possibile, alla sostanza economica dell0’operazione”, precisa: “Va tuttavia subito soggiunto, per non ingenerare illusioni o equivoci, che, pur ove si ritenga teoricamente sostenibile quanto ho fin qui affermato, sarebbe assai dubbia la possibilità di trarne la conclusione pratica che, per ciò solo, qualsivoglia altra categoria di operazioni, per la quale l’applicazione del principio substance over form condurrebbe a contabilizzazione difformeda quella tradizionalmente accolta nel nostro sistema, debba essere ora contabilizzata in modo nuovo”(168-169).

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A me pare, in conclusione, come già sostenuto autorevolmente da altri55, che il principio substance over form non abbia trovato ancora accoglienza nel nostro diritto comune dei bilanci alla stregua di un “principio generale”, e che in tal modo si riconfermi al riguardo l’esistenza di un ordinamento contabile nazionale “a geometria variabile”.

55 M. BUSSOLETTI-P. DE BIASI, Commento sub art. 2423-bis, in G. NICCOLINI-A. STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali. Commentario, Napoli, 2004, 990 ss.; E. LAGHI–A. GIORNETTI, (nt. 16), 363, i quali affermano: “sembra chiaro che la scelta del legislatore della riforma sia stata quella di rifiutare un recepimento pieno del principio preferendo disciplinare specifiche fattispecie contabili in conformità ad esso, senza peraltro riconoscere alla ‘prevalenza della sostanza sulla forma’ dignità di principio generale di redazione del bilancio”.