Formulazione assiomatica della Termodinamica

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Universit` a degli Studi di Pisa Facolt` a di Scienze Matematiche Fisiche e naturali Corso di Laurea in Fisica Anno Accademico 2002-2003 Tesi di Laurea Formulazione assiomatica della Termodinamica Candidato: Giuseppe De Nittis Relatore: Chiar.mo Prof. Enore Guadagnini

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Page 1: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Universita degli Studi di Pisa

Facolta di Scienze Matematiche Fisiche e naturali

Corso di Laurea in Fisica

Anno Accademico 2002-2003

Tesi di Laurea

Formulazione assiomatica della

Termodinamica

Candidato:Giuseppe De Nittis

Relatore:Chiar.mo Prof. Enore Guadagnini

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Ai miei genitori

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Sintesi dei risultati

Uno dei concetti fondamentali della fisica e quello di stato del sistema: lo statodi un sistema e definito da tutto cio che serve per caratterizzare completamentee riproducibilmente la situazione sperimentale osservabile; le quantita che defi-niscono lo stato di un sistema riguardano, quindi, solo grandezze controllabili emisurabili. In virtu di cio, e una situazione molto comune in fisica, ritenere chelo stato di un sistema possa essere determinato univocamente dai valori assuntida n variabili reali indipendenti x1, . . . , xn. Studiare la fisica di un sistema signi-fica indagare le leggi di trasformazione alle quali il sistema deve ubbidire quandocompie una transizione tra due stati. Per comprendere come un sistema possaevolvere tra due stati “lontani e fondamentale conoscere prima come il sistematransita tra stati “molto vicini in seguito ad una trasformazione infinitesima.Se il sistema evolve dallo stato x1, . . . , xn allo stato x1 + dx1, . . . , xn + dxn,possiamo assumere che la variazione di una generica variabile dipendente F siaesprimibile cone una sovrapposizione lineare degli spostamenti infinitesimi dxi

nel modo seguente:

δF (x1, . . . , xn) =

n∑

i=1

gi(x1, . . . , xn)dxi, (1)

dove i coefficienti gi sono, in genere, funzioni sufficientemente regolari dellevariabili di stato x1, . . . , xn. Matematicamente l’espressione (1) prende il nomedi 1-forma. Se esiste una funzione a valori reali F = F (x1, . . . , xn) tale chegi = ∂F/∂xi allora la (1) diviene

δF =

n∑

i=1

∂F

∂xi

dxi = dF, (2)

ossia la 1-forma e il differenziale esatto della funzione F ; in questo caso si parladi 1-forma esatta.In fisica teorica, spesso si e soliti ricondurre le leggi fisiche che determinanol’evoluzione del sistema ad equazioni differenziali del tipo

δF =n∑

i=1

gi dxi = 0. (3)

La (3) prende il nome di equazione di Pfaff; risolvere una tale equazione significatrovare una curva γ ∈ R

n, parametrizzata da ~x(t) = (x1(t), . . . , xn(t)), tale che

δF (~x(t)) =n∑

i=1

gi(~x(t))dxi

dt

t

= 0. (4)

i

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Fisicamente la curva γ descrive la successione di stati attraversati dal sistemadurante la trasformazione.Quando δF e una 1-forma esatta, l’integrale generale dell’equazione (3) e fornitodalla famiglia di superfici equipotenziali ΣC le quali sono definite dall’equazioneF (x1, . . . , xn) = C con C ∈ R. Poiche le superfici ΣC non si possono intersecarein nessun punto, in questo caso le curve γ, soluzioni dell’equazione di Pfaff(3), non possono mai connettere due stati che appartengono a superfici diverse.Fisicamente questo equivale ad affermare che esistono stati infinitamente viciniallo stato di partenza che non potranno mai essere raggiunti dal sistema inseguito ad una trasformazione; diremo che un tale sistema e soggetto ad unacondizione di irraggiungibilita.La condizione di esattezza della 1-forma δF non e la richiesta piu generaleaffinche l’equazione (3) possa ammettere come soluzione generale delle superficiequipotenziali. Data una 1-forma δF ′ non esatta, sotto opportune condizioni,e possibile determinare una funzione a valori reali µ = µ(x1, . . . , xn) 6= 0 taleche µδF ′ = dF e un differenziale esatto; la funzione µ prende il nome di fattoreintegrante ed una equazione di Pfaff δF ′ = 0, per cui δF ′ ammette un fattoreintegrante, viene detta olonoma. Se

δF ′ =

n∑

i=1

g′i dxi = 0 (5)

e un’equazione di Pfaff olonoma per cui µδF ′ = dF , allora deve valere ancheche

µδF ′ =

n∑

i=1

µg′i dxi = dF = 0 (6)

e quindi tutte le curve γ che sono soluzione della (5) devono risolvere anchela (6) ed in definitiva, devono giacere sulle superfici equipotenziali definite daF (x1, . . . , xn) = C. Ovviamente anche nel caso in cui il sistema fisico sia de-scritto da un’equazione olonoma, esso e soggetto ad una condizione di irrag-giungibilita; punti appartenenti a superfici equipotenziali distinte non possonoessere connessi tra loro.Sicuramente la condizione di olonomia dell’equazione (3) garantisce che per ilsistema deve valere una condizione di irraggiungibilita; Caratheodory dimostroche in realta vale anche il viceversa. Il I Teorema di Caratheodory afferma chese vi sono punti infinitamente vicini che non possono essere collegati con unacurva soluzione dell’equazione (3), allora quest’ultima deve essere necessaria-mente olonoma.Il I Teorema di Caratheodory trova la sua piu naturale applicazione alla termo-dinamica dei sistemi ad n gradi di liberta. Durante una trasformazione reversi-bile, il calore infinitesimo che il sistema termodinamico scambia con l’esterno edato da

δQ =

n∑

i=1

gi(x1, . . . , xn) dxi, (7)

quindi e esprimibile in termini di una 1-forma che, generalmente, non e esatta.Tra tutte le trasformazioni termodinamiche reversibili, quelle che sono ancheadiabatiche devono soddisfare l’equazione di Pfaff

δQ =n∑

i=1

gi dxi = 0. (8)

ii

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Come conseguenza di ripetute osservazioni sperimentali e lecito postulare che,infinitamente vicino ad ogni stato di equilibrio di un sistema termodinamico,vi sono altri stati di equilibrio che non sono raggiungibili tramite trasforma-zioni adiabatiche 1; questa e esattamente una condizione di irraggiungibilitasull’equazione di Pfaff (8). Se si accetta questa ipotesi, allora, come immediataconseguenza del Teorema di Caratheodory, deve esistere un fattore integranteµ che rende esatta la quantita δQ, ossia tale che dS = µδQ; la funzione distato S prende il nome di entropia del sistema e come conseguenza della olo-nomicita della (8), segue che le trasformazioni adiabatiche reversibili giaccionosopra superfici isoentropiche. Inoltre, richiedendo che in seguito all’accoppia-mento termico due sistemi raggiungono la stessa temperatura, e possibile di-mostrare 2 che il fattore integrante µ deve essere una funzione universale dellasola temperatura θ del sistema considerato; in questo caso sara indicato conµ = 1/T (θ). Per l’arbitrarieta sulla scelta della scala termometrica, e possibiledefinire una nuova scala delle temperature, chiamata scala Kelvin, tramite larelazione T = T (θ). In definitiva, postulando che i sistemi termodinamici sia-no soggetti ad una condizione di irraggiungibilita adiabatica, come inevitabileconseguenza delle proprieta delle equazioni di Pfaff, deve esistere la funzione distato entropia, definita da dS = δQ/T per trasformazioni reversibili.I risultati cosı ottenuti non aggiungono nulla di nuovo alle conoscenze della ter-modinamica “tradizionale, tuttavia il lavoro di Caratheodory sintetizza tuttele conseguenze fisiche in un’unica, rigorosa teoria matematica; l’esistenza dellesuperfici isoentropiche non dipende dalle proprieta dei cicli di Carnot (fonda-mentali nel lavoro di Clausius), essa e una conseguenza naturale delle proprietadelle equazioni di Pfaff che sono alla base della descrizione dei fenomeni termo-dinamici.Infine, rafforzando il postulato di irraggiungibilita adiabatica 3, e possibile recu-perare la legge dell’aumento dell’entropia includendo, in tal modo, nello schemamatematico di Caratheodory, la descrizione dei fenomeno irreversibili .

1Come sara dimostrato nel Paragrafo 3.3, la richiesta di irraggiungibilita e gia contenutanell’enunciato del II Principio della termodinamica dato da Kelvin e Planck, e come tale nonaggiunge nulla di nuovo alle ipotesi minime che stanno alla base della formulazione classicadella termodinamica.

2Questo e il contenuto del II Teorema di Caratheodory.3Anche la versione “forte del postulato e gia contenuta nell’enunciato di Kelvin-Planck.

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Prefazione

La termodinamica, come disciplina fisica, nasce ufficialmente con la pubblica-zione degli studi di S. Carnot nel 1824. Solo negli anni che vanno dal 1850al 1856, tuttavia, tale disciplina assume una formulazione coerente e moderna,soprattutto grazie ai lavori di Clausius e Kelvin (con i quali si rinuncia defini-tivamente all’idea del calorico). Nel 1890, come risultato degli studi di Planck,viene riconosciuto il ruolo fondamentale che ha il concetto di entropia nellacomprensione dei fenomeni termodinamici; con questo fatto la termodinamicariceve la formulazione, pressoche definitiva, tuttora studiata nei vari corsi di fisi-ca. Tuttavia la termodinamica classica (ossia quella nata dai lavori di Clausius,Kelvin e Planck) si basa su principi di carattere fenomenologico ed ingegneristi-co, come, ad esempio, appare evidente dagli enunciati del II Principio dati daClausius e da Kelvin e Planck. Questo faceva sı che la termodinamica sfuggissealla pretesa, tipicamente ottocentesca, di voler ricondurre tutti i fenomeni fisicia principi semplici e di tipo meccanico-matematico. Inoltre la termodinamicadi Clausius, Kelvin e Planck utilizzava una matematica eccessivamente semplicerinunciando, quasi totalmente, agli strumenti del calcolo infinitesimale (comead esempio l’utilizzo di equazioni differenziali) e questo appariva come un limiteper una piu profonda comprensione dei principi termodinamici stessi. Spintoda queste premesse, nel 1908, M. Born incito il giovane matematico greco C.Caratheodory a studiare una nuova formulazione della termodinamica, che des-se a questa disciplina una veste puramente teorica. I’impegno di Caratheodorysi concretizzo in un articolo pubblicato 4 nel 1909. In questo lavoro egli apportadelle importanti innovazioni; per la prima volta si introducono le equazioni dif-ferenziali in termodinamica e per la prima volta si formula una teoria fisica inmaniera totalmente assiomatica. In particolare l’enunciato fenomenologico delII Principio dato da Kelvin viene sostituito da un’ipotesi esclusivamente mate-matica.Il proponimento del presente lavoro e quello di esporre, in maniera semplice erigorosa, le idee di Caratheodory che stanno alla base della formulazione as-siomatica della termodinamica. L’esposizione degli argomenti e stata suddivisain tre capitoli: il Cap.1 e di carattere esclusivamente matematico ed e dedicatoall’esposizione dei concetti matematici necessari per comprendere e dimostrarei due Teoremi di Caratheodory; in particolare si espone la teoria delle equazionidi Pfaff e si discutono le condizioni di esistenza del fattore integrante fino adarrivare a dare una completa caratterizzazione delle equazioni pfaffiane olono-me esclusivamente in termini di una condizione di irraggiungibilita; il Cap.2 e

4C. Caratheodory: Untersuchungen uber die Grundlagen der Thermodynamik, Math. Ann.

67, 355 (1909).

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dedicato alla formulazione assiomatica della termodinamica che si basa sull’as-sunzione di alcune semplici ipotesi lavorative alle quali vengono affiancati treassiomi basilari (i tre Principi della termodinamica); dall’enunciato di Cara-theodory del II Principio, grazie ai due Teoremi di Caratheodory, si dimostral’esistenza di superfici isoentropiche e vengono recuperati tutti i risultati propridella termodinamica classica; nel Cap.3 si confronta l’impostazione classica conla formulazione assiomatica e tale obbiettivo raggiunto tramite un confronto tral’enunciato di Kelvin-Planck ed il Principio di irraggiungibilita di Caratheodory;al fine di evidenziare le differenze concettuali che intercorrono tra l’approccioclassico e quello assiomatico, verra esposta, in maniera sintetica, la teoria delfattore integrante di Clausius, basata sui cicli di Carnot.

G. De Nittis

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Indice

1 I teoremi di Caratheodory 11.1 Superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1.1 Gli insiemi di livello ed il teorema di Dini . . . . . . . . . 11.1.2 Il Piano tangente ad una superficie . . . . . . . . . . . . . 2

1.2 Curve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2.1 Definizioni generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2.2 Curve appartenenti ad una superficie . . . . . . . . . . . . 51.2.3 Differenziazione lungo una curva . . . . . . . . . . . . . . 7

1.3 Le 1-forme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.3.1 Definizione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.3.2 1-forme esatte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.3.3 L’integrale di linea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.3.4 Il fattore integrante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.3.5 Cambiamento di coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.3.6 Condizioni per l’esistenza del fattore integrante . . . . . . 16

1.4 Le equazioni di Pfaff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191.4.1 Il problema di Pfaff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191.4.2 Interpretazione geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . 201.4.3 I teoremi di Caratheodory . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2 Gli assiomi della termodinamica 282.1 Concetti introduttivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.1.1 Sistemi termodinamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282.1.2 L’equilibrio termodinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . 292.1.3 Variabili intensive e variabili estensive . . . . . . . . . . . 292.1.4 Sistemi accoppiati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

2.2 La temperatura empirica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322.2.1 Il principio zero della termodinamica . . . . . . . . . . . . 322.2.2 Il concetto di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.3 Lavoro e calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 352.3.1 Il lavoro per i sistemi termodinamici . . . . . . . . . . . . 352.3.2 Trasformazioni quasi-statiche . . . . . . . . . . . . . . . . 362.3.3 Forze generalizzate e lavoro termodinamico . . . . . . . . 372.3.4 Il primo principio della termodinamica; il concetto di calore 39

2.4 L’entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 422.4.1 Processi reversibili ed irreversibili . . . . . . . . . . . . . . 422.4.2 Il primo principio in forma differenziale . . . . . . . . . . 432.4.3 Il secondo principio della termodinamica; l’entropia . . . . 44

vi

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2.4.4 Variazione di entropia nei processi reali . . . . . . . . . . 472.5 I cicli termodinamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

2.5.1 La disuguaglianza di Clausius . . . . . . . . . . . . . . . . 492.5.2 Il rendimento di un ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 512.5.3 Il ciclo di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

3 Termodinamica classica e termodinamica assiomatica 543.1 Gli enunciati classici del II Principio . . . . . . . . . . . . . . . . 543.2 La teoria del fattore integrante di Clausius . . . . . . . . . . . . . 543.3 Vantaggi di una formulazione assiomatica . . . . . . . . . . . . . 59

Bibliografia 62

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Capitolo 1

I teoremi di Caratheodory

1.1 Superfici

1.1.1 Gli insiemi di livello ed il teorema di Dini

Sia A ∈ Rn un generico insieme aperto e connesso 1; data una funzione φ : R

n ⊇A → R, l’equazione

φ(~x) = φ(x1, . . . , xn) = C, C ∈ R (1.1)

determina una relazione in Rn. L’insieme ΣC = ~x ∈ A ⊆ R

n | φ(~x) = Cdei punti di R

n che soddisfano la (1.1) prende il nome di insieme di livello diφ. L’insieme ΣC e interpretabile come l’intersezione del grafico di y = φ(~x) conl’iperpiano y = C; al variare di C in R la (1.1) individua una famiglia continuadi insiemi di livello di φ. Se la funzione φ e monodroma in A (ossia se assumeun unico valore nel punto considerato), allora i due generici insiemi di livelloΣC e ΣC′ , con C 6= C′ non avranno alcun punto in comune.Puo succedere, sotto opportune condizioni, che la (1.1) sia esplicitabile (almenolocalmente) rispetto ad una delle n variabili x1, . . . , xn, che indicheremo con xi;quando cio accade e possibile risolvere la (1.1) ricavando xi in funzione dellerestanti n − 1 variabili x1, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn. In questo caso ΣC coincide(almeno localmente) con il grafico di una funzione di n− 1 variabili della forma

z ≡ xi = χ(i)(x1, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn). (1.2)

Le funzioni tipo χ(i) (il pedice i indica che e stata esplicitata la i-esima va-riabile) sono definite in modo implicito dall’equazione (1.1). Formalizziamoquanto detto con una definizione precisa. Sia ~x = (x1, . . . , xn) ∈ R

n, indi-cheremo con ~x = (x1, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn) ∈ R

n−1 la restrizione del vettoreposizione ~x all’ipersuperfice (n − 1)-dimensionale relativa agli assi coordinatix1, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn; possiamo introdurre la seguente

Definizione 1 (funzione implicita) Sia φ : Rn ⊇ A → R. La fuzione z ≡

xi = χ(i)(~x), con ~x ∈ B ⊆ Rn−1, si dice definita implicitamente dall’equazione

(1.1) se accade che:

1Nel seguito, salvo avviso contrario, con il simbolo A indicheremo sempre un sottoinsiemedi R

n aperto e connesso.

1

Page 11: Formulazione assiomatica della Termodinamica

• il grafico di χ(i) e contenuto in A, ossia

Graf [χ(i)] ⊂ A;

• per ogni ~x ∈ B deve valere che

φ(~x, χ(i)(~x)) = C.

Le condizioni sufficienti a garantire esistenza ed unicita di una funzione implicitasono contenuti nel seguente, importante

Teorema 1 (delle funzioni implicite) Sia φ : Rn ⊇ A → R; se accade che

• φ e ∂φ∂xi

sono continue in A;

• nel punto ~y = (~y, yi) ∈ A si ha

φ(~y) = φ(~y, yi) = C e∂φ

∂xi

~y

6= 0;

allora esiste un intorno B ⊂ Rn−1 di ~y ed un’unica funzione χ(i) tale che

χ(i)(~y) = yi e φ(~x, χ(i)(~x)) = C ∀ ~x ∈ B.

Inoltre, se vale che

• φ e di classe C1(A) 2;

allora χ(i) e di classe C1(B) e, per ogni k 6= i, vale la seguente formula:

∂χ(i)

∂xk

~x

= −

∂φ∂xk

∂φ∂xi

(~x,χ(i)(~x))

∀ ~x ∈ B. (1.3)

Per una dimostrazione del Teorema delle funzioni implicite si puo consultare[Pagani-Salsa, volume I, pg. 404].Dall’enunciato del teorema segue che la regolarita della funzione φ si trasferiscealla funzione χ(i), ossia se φ ∈ Ck(A), allora χ(i) ∈ C

k(I).

1.1.2 Il Piano tangente ad una superficie

Il Teorema delle funzioni implicite permette di dare una notevole caratterizza-zione degli insiemi di livello ΣC , relativi ad equazioni del tipo (1.1), nel caso incui la funzione φ sia almeno di classe C1. Nell’intorno dei punti in cui accadeche

~∇φ ≡

(

∂φ

∂x1, . . . ,

∂φ

∂xn

)

6= 0, (1.4)

l’insieme ΣC e il grafico di una funzione del tipo (1.2) di classe C1. Chiameremoregolari tutti i punti di R

n che verificano la (1.4) mentre chiameremo singolari

quei punti per cui ~∇φ = 0. Inoltre, diamo la seguente

2La funzione φ e di classe C1(A) se tutte le derivate parziali ∂φ∂xk

con k = 1, . . . , n esistono

e sono continue in A.

2

Page 12: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Definizione 2 (funzione regolare) Sia φ : Rn ⊇ A → R una funzione di

classe C1(A); se tutti i punti di A sono regolari per φ, allora diremo che φ euna funzione regolare su A.

Se ~y = (~y, yi) e un punto in cui la funzione φ e regolare allora, poiche χ(i) e C1 inun intorno di ~y, la funzione χ(i) deve ammette in tale intorno l’aprossimazionelineare del primo ordine data da

χ(i)(~x) = χ(i)(~y) +∑

k 6=i

∂χ(i)

∂xk

~y

(xk − yk) + o(‖~x− ~y‖). (1.5)

Osserviamo che la funzione

xi = χ(i)(~y) +∑

k 6=i

∂χ(i)

∂xk

~y

(xk − yk) (1.6)

ha come grafico in Rn una iperpiano (n− 1)-dimensionale passante per il punto

~y = (~y, yi) e la (1.5) equivale ad affermare che essa e la funzione lineare (o meglioaffine) che meglio approssima χ(i) in un intorno di ~y. L’iperpiano affine definitodall’equazione (1.6) prende il nome di piano tangente al grafico di χ(i) nel punto~y = (~y, yi). Quindi, come conseguenza del Teorema delle funzioni implicite,segue che l’iperpiano affine (1.6) e tangente all’insieme di livello ΣC nel punto~y; inoltre ricordando che χ(i)(~y) = yi ed utilizzando la formula (1.3), l’equazione(1.6) per il piano tangente puo essere riscritta in una forma simmetrica rispettoa tutte le variabili nel modo seguente:

n∑

k=1

∂φ

∂xk

~y

(xk − yk) = ~∇φ(~y) · (~x− ~y) = 0. (1.7)

L’equazione (1.7) ci permette di fare le seguenti, importanti, considerazioni:

1. se φ e almeno di classe C1(A), allora in tutti i punti regolari per φ l’in-sieme di livello ΣC e localmente approssimabile con un iperpiano (n −1)-dimensionale definito dall’equazione (1.7);

2. se ~y ∈ ΣC e un punto regolare per la funzione φ allora il vettore ~∇φ(~y) eortogonale al piano tangente in ~y all’insieme di livello ΣC ; in questo casosi usa dire che il vettore ~∇φ(~y) e ortogonale a ΣC in ~y;

3. se tutti i punti di ΣC sono regolari per φ, allora ΣC ammette un pianotangente in ogni punto; diremo in questo caso che l’insieme ΣC e liscio echiameremo ΣC superficie equipotenziale o di livello di φ;

4. se la funzione φ : Rn ⊇ A → R e regolare e monodroma in A, allora il

campo vettoriale gradiente definito da

~∇φ : Rn ⊇ A → R

n

gode della proprieta di essere ortogonale alle superfici equipotenziali di φ.

3

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1.2 Curve

1.2.1 Definizioni generali

Sia γ un sottoinsieme di Rn e supponiamo che esista una funzione continua

~x : [a, b] ⊇ R→ Rn, con [a, b] intervallo della retta reale, tale che l’immagine di

~x sia appunto γ; diremo allora che ~x e una parametrizzazione dell’insieme γ. Eevidente che un medesimo insieme γ puo avere piu di una parametrizzazione.

Definizione 3 (curva e curva chiusa) Chiameremo curva in Rn un sottoin-

sieme γ ⊂ Rn munito di una parametrizzazione ~x = ~x(t) = (x1(t), . . . , xn(t))

con t ∈ [a, b] ⊆ R. Diremo che γ e una curva chiusa se accade che ~x(a) = ~x(b).

Chiameremo l’insieme γ sostegno della curva. Una curva, quindi, deve esseresempre determinata dalla coppia sostegno-parametrizzazione. In accordo allaDefinizione 2 vale la

Definizione 4 (curva regolare) Diremo che la curva γ, parametrizzata da~x = ~x(t) con t ∈ [a, b], e regolare se:

• ~x e almeno di classe C1([a, b]);

• per ogni t ∈ [a, b]

~v(t) ≡d~x

dt

t

6= 0.

Il vettore ~v = d~xdt

=(

dx1

dt, . . . , dxn

dt

)

prende il nome di vettore tangente alla curvaγ o anche vettore velocita. Il nome e giustificato dal fatto che il sottospazioaffine di equazione

~ξ(τ) = ~x(t0) + τd~x

dt

t0

= ~x(t0) + τ~v(t0) τ ∈ R

descrive la retta tangente al sostegno della curva nel punto ~x(t0).

Definizione 5 (curva integrale) Sia γ una curva regolare parametrizzata da~x : [a, b] → R

n. Diremo che γ e una curva integrale per il campo vettoriale~F : A ⊇ R

n → Rn se, per ogni t ∈ [a, b], sono verificate le seguenti condizioni:

• ~x(t) ∈ A;

• ~v(t) = ~F (~x(t)).

Le proprieta delle curve integrali sono espresse nel seguente

Lemma 1 Se il campo vettoriale ~F = ~F (~x) e di classe Ck(A) con k ≥ 1, allora:

1. per ogni punto ~x0 ∈ A passa una ed una sola curva integrale γ(~x0; t) delcampo 3;

2. sul proprio intervallo di definizione, la parametrizzazione di tale curva edi classe Ck+1;

3Le ipotesi assunte sono sovrabbondanti: per l’esistenza e necessario che il campo ~F siacontinuo, mentre per l’unicita occorre assumere che esso sia localmente lipschitziano.

4

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3. le curve γ(~x0; t) sono di classe C1 rispetto alla variabile ~x0.

DimostrazioneDaremo solo un breve accenno della dimostrazione:1. Consideriamo la curva integrale γ(~x0; t) parametrizzata da ~x = ~x(t) tale che~x0 = ~x(t0); per definizione di curva integrale essa deve soddisfare

d~x

dt

t

= ~F (~x(t))

~x(t0) = ~x0.

(1.8)

Quindi si tratta di un tipico problema di Cauchy con dato iniziale (t0, ~x0) edil Teorema di esistenza ed unicita afferma che in un intorno [t0 − δ1, t0 + δ2] lacurva soluzione ~x = ~x(t) esiste ed e unica. In oltre l’intervallo di definizionepuo essere sempre prolungato ad un intervallo massimale [a, b]. Indicheremocon γ(~x0; t) la curva soluzione definita sull’intervallo massimale relativa al datoiniziale ~x0 e parametrizzata nel parametro t.2. Per cio che riguarda la regolarita della parametrizzazione ~x = ~x(t) osservia-mo che essa deve essere sicuramente continua poiche per ogni t deve esistere laderivata. Osserviamo che date due funzioni f e h rispettivamente di classe Cp

e Cq la funzione composta (f h) sara di classe Cr con r = minp, q. Dallaprima delle (1.8) risulta che se si assume la funzione ~x = ~x(t) di classe Cp conp < k allora al fuzione composta che compare a secondo membro sara di classeCp e poiche questa e la derivata della parametrizzazione ~x = ~x(t) risulta che laparametrizzazione stessa deve essere di classe Cp+1. Possiamo allora iterare ilragionamento fino a ottenere che se la funzione ~F e di classe Ck allora la curvasoluzione ammettera una parametrizzazione di classe Ck+1.3. Il Teorema sulla dipendenza continua dai dati iniziali asserisce che se γ(~x0; t)

e γ(~x′0; t) sono due curve soluzione del problema (1.8) parametrizzate rispetti-

vamente da ~x = ~x(t) e ~x′ = ~x′(t) con condizioni iniziali ~x0 = ~x(t0) e ~x′0 = ~x′(t0)allora vale che

||~x(t)− ~x′(t)|| ≤ ||~x0 − ~x′0|| e

L(b−a) ∀t ∈ [a, b];

dove L e una opportuna costante. Questo prova che la curva γ(~x0; t) e sicura-mente continua nel parametro ~x0. Inoltre e possibile dimostrare che la curvadeve essere anche derivabile con continuita rispetto a ~x0.

Si puo consultare [Pagani-Salsa, volume II, cap. 4] per una dimostrazioneprecisa del precedente Lemma . Il Lemma 1 dice che l’insieme A puo essererappresentato come unione disgiunta di tutte le curve integrali del campo ~F ;questo si esprime dicendo che la famiglia delle curve integrali costituisce unafogliazione di A.

1.2.2 Curve appartenenti ad una superficie

Definizione 6 Dato l’insieme di livello ΣC descritto dall’equazione φ(~x) = C,diremo che la curva parametrizzata da ~x = ~x(t) giace su ΣC se il sostegno γdella curva e tutto contenuto in ΣC , ossia se

φ(~x(t)) = C ∀ t ∈ [a, b].

5

Page 15: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Consideriamo la superficie di livello ΣC definita da φ(~x) = C e sia γ unacurva regolare appartenente a tale superficie e parametrizzata da ~x = ~x(t)con t ∈ [a, b]; la restrizione della funzione φ sul sostegno della curva fornisceun’applicazione dall’intervallo [a, b] in R definita da

[a, b] ∋ t→ (φ ~x)(t) ≡ φ(~x(t)) ∈ R.

Poiche la curva γ giace sulla superficie la funzione composta (φ ~x) assumesempre il valore costante C e quindi, usando la regola di derivazioni per funzionicomposte, si ha

0 =d

dt(φ ~x) =

n∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk

dt= ~∇φ · ~v ∀ t ∈ [a, b]. (1.9)

Dalla (1.9) si deduce che il vettore velocita ~v = ~v(t) e sempre ortogonale al

vettore ~∇φ applicato in ~x = ~x(t) e quindi giace nel piano tangente in quel puntoalla superficie ΣC . Viceversa vale anche la seguente

Proposizione 1 Sia φ : Rn ⊇ A → R una funzione regolare in A. Se la curva

regolare γ ⊂ A, parametrizzata da ~x = ~x(t), soddisfa all’equazione differenziale

n∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk

dt= ~∇φ · ~v = 0 (1.10)

allora γ giace su di una superficie equipotenziale di φ.

DimostrazioneBasta osservare che il primo membro della (1.10), se valutato lungo la curva ~x =~x(t), e la derivata rispetto a t della funzione di una variabile (φ~x)(t) = φ(~x(t)).La condizione di annullamento allora equivale a φ(~x(t)) = C con C ∈ R. Ciomostra che la curva γ deve appartenere ad una superficie equipotenziale di φ.

Abbiamo visto che il vettore velocita di una curva che giace su di una superficieequipotenziale ΣC appartiene al piano tangente alla superficie stessa, questo cipermette di dare una nuova caratterizzazione per il piano tangente. Il pianotangente in un punto a ΣC e l’insieme di tutti i vettori velocita di tutte lepossibili curve contenute in ΣC che passano per il punto considerato. Quantoaffermato e il contenuto della seguente

Proposizione 2 Sia ~x0 un punto appartenente ad una superficie regolare ΣC

definita da φ(~x) = C; se ~v e un vettore applicato in ~x0 ed appartenete al pianotangente a ΣC in ~x0, allora esiste una curva appartenete alla superficie, passanteper ~x0 e che in ~x0 possiede un vettore velocita uguale a ~v.

DimostrazioneConsideriamo il seguente campo vettoriale

~F (~x) = ~v −

(

~v · ~∇φ(~x)

||~∇φ(~x)||2

)

~∇φ(~x).

6

Page 16: Formulazione assiomatica della Termodinamica

In ogni punto della superficie il campo ~F e ortogonale al campo gradiente (equindi giace nel piano tangente), infatti

~F (~x) · ~∇φ(~x) = ~v · ~∇φ(~x)−

(

~v · ~∇φ(~x)

||~∇φ(~x)||2

)

||~∇φ(~x)||2 = 0.

Inoltre ~F (~x0) = ~v poiche, per ipotesi, ~v · ~∇φ(~x0) = 0. Poiche il campo ~F econtinuo (in virtu del fatto che φ e, per ipotesi, almeno C1 e quindi il campogradiente e continuo), esso ammettera una curva integrale ~x = ~x(t) tale che~x(0) = ~x0. Allora, in base alla Definizione 5 si ha che:

• la curva ha in ~x0 velocita pari a

d~x

dt

t=0

= ~F (~x0) = ~v;

• valutando la derivata di (φ ~x) lungo la curva

d(φ ~x)

dt

t

= ~∇φ(~x(t)) ·d~x

dt

t

= ~∇φ(~x(t)) · ~F (~x(t)) = 0.

In particolare si ottiene che l’espressione φ(~x(t)) assume un valore costante lungola curva e poiche, per ipotesi, φ(~x0) = C il valore di questa costante risultaessere appunto C. Questo prova che la curva integrale ~x = ~x(t) appartiene allasuperficie equipotenziale ΣC .

1.2.3 Differenziazione lungo una curva

Sia φ : Rn ⊇ A → R una funzione C1(A) e sia γ una curva regolare contenuta in

A e parametrizzata da ~x = ~x(t) con t ∈ [a, b]. La restrizione della funzione φ allacurva γ fornisce un’applicazione da [a, b] in R. Indicando con dφ il differenzialedi questa applicazione 4 si ottiene che

dφ =

(

n∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk

dt

)

dt =

n∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk (1.11)

dove dxk =(

dxk

dt

)

dt e il differenziale della funzione di una variabile xk = xk(t).L’espressione (1.11) fornisce l’incremento infinitesimo della funzione φ quandosi compie uno spostamento infinitesimo lungo la curva ~x = ~x(t). La (1.11) puoessere scritta nella seguente forma piu sintetica

dφ = ~∇φ · d~x. (1.12)

Il vettore d~x = (dx1, . . . , dxn) prende il nome di vettore spostamento infinite-simo; esso e un vettore di lunghezza indeterminata (nel senso che rappresentauna quantita infinitesima) ed indica la direzione lungo la quale si compie la

4Il differenziale di una funzione f : R 7→ R e definito da df =“

dfdt

dt; questa relazione dice

che l’incremento infinitesimo df della funzione f e proporzionale all’incremento infinitesimodella variabile indipendente t, con coefficiente di proporzionalita dato dalla derivata di f .

7

Page 17: Formulazione assiomatica della Termodinamica

variazione. Se si valuta la variazione infinitesima della funzione φ lungo unaqualsiasi curva che giace su di una superficie equipotenziale ΣC si ottiene chedφ = 0 dato che il valore di φ e costante lungo dette curve; questo implica che

dφ = ~∇φ · d~x = 0. (1.13)

Viceversa tutte le curve che soddisfano l’equazione (1.13) devono avere la pro-prieta che qualunque spostamento infinitesimo lungo esse avviene in direzioneortogonale al gradiente di φ, ossia tali spostamenti sono sempre contenuti neipiani tangenti ad una superficie equipotenziale di φ; inoltre, dato che lungo ognicurva, per definizione vale che d~x = dt ~v, risulta che le equazioni (1.10) e (1.13)sono perfettamente equivalenti ed ammettono come soluzioni tutte le curve chegiacciono sulle superfici equipotenziali di φ. Tuttavia, poiche come conseguenzadella Proposizione 2 i piani tangenti alle superfici equipotenziali coincidono congli insiemi di tutti i vettori velocita di tutte le curve contenute sulla superficiestessa, e poiche ~v ∝ d~x, il problema della soluzione dell’equazione (1.13) puoessere ricondotto al problema della ricerca di quelle superfici che ammettono inogni punto piano tangente ortogonale a ~∇φ; tali superfici sono appunto tuttequelle descritte da φ(~x) = C al variare di C in R, ossia l’intera famiglia disuperfici equipotenziali ΣC .

1.3 Le 1-forme

1.3.1 Definizione generale

Sia ~g : Rn ⊇ A → R

n un campo vettoriale non singolare (ossia che non si annullain nessun punto di A) e di classe C1(A) 5. Indicando con d~x = (dx1, . . . , dxn) ilvettore spostamento infinitesimo possiamo introdurre la seguente

Definizione 7 (1-forma) Chiameremo forma differenziale lineare o piu breve-mente 1-forma associata al campo vettoriale ~g l’espressione formale

ω(~x) = ~g(~x) · d~x =

n∑

k=1

gk(~x)dxk. (1.14)

1.3.2 1-forme esatte

Se il il campo ~g = ~g(~x) e ottenibile come gradiente di una funzione scalare

φ : Rn ⊇ A → R, ossia se vale che ~g(~x) = ~∇φ(~x), diremo che φ e una funzione

potenziale per il campo ~g; in tal caso il campo vettoriale prende il nome di campoconservativo. Osserviamo, banalmente, che se φ e una funzione potenziale peril campo ~g allora anche la funzione φ′ = φ + c, con c generica costante reale,e una funzione potenziale per ~g; se un campo vettoriale ammette una funzionepotenziale, allora essa e sempre definita a meno di una costante arbitraria.

5Il campo vettoriale ~g e di classe C1(A) se ogni componente gk = gk(~x) e di classe C1(A)

ossia se gk ammette in A tutte le derivate parziali ∂gk

∂xi

(con i = 1, . . . , n) che devono essere,

inoltre, continue. Nel seguito, salvo avviso contrario, supporremo sempre che il generico campo~g sia C1(A) e non singolare.

8

Page 18: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Poiche per ipotesi il campo ~g e di classe C1(A), affinche φ possa essere unafunzione potenziale per ~g, e necessario almeno che φ sia di classe C2(A) 6.

Definizione 8 (1-forma esatta) Sia ω una 1-forma associata al campo ~g; seφ e una funzione potenziale per il campo ~g diremo che ω e una 1-forma esatta.

Dalla Definizione 8 segue che se ω e esatta e se φ e la funzione potenzialeper ~g, allora in accordo alla (1.12) possiamo scrivere

ω = ~g · d~x = ~∇φ · d~x = dφ.

Quindi una 1-forma esatta coincide sempre con il differenziale di una funzionescalare φ che sia almeno di classe C2. Una condizione necessaria per l’esattezzadi una 1-forma e espressa dalla seguente

Proposizione 3 Sia ω una 1-forma associata al campo ~g = (g1, . . . , gn). Se ωe una forma esatta, allora in A deve valere che

∂gi

∂xk

=∂gk

∂xi

∀ i, k = 1, . . . , n. (1.15)

DimostrazioneLe n relazioni che si ottengono dalle (1.15) ponendo i = k sono delle banaliidentita, quindi supponiamo che i 6= k. poiche per ipotesi ω e esatta, esiste unafunzione potenziale φ ∈ C2(A) tale che

gi =∂φ

∂xi

e gk =∂φ

∂xk

.

Poiche φ ∈ C2(A), si puo applicare il Teorema di Schwarz sull’invertibilitadell’ordine di derivazione e quindi

∂gi

∂xk

=∂2φ

∂xk∂xi

=∂2φ

∂xi∂xk

=∂gk

∂xi

.

Cio prova l’asserto.

Per un fissato n le (1.15) rappresenta un sistema di n(n − 1)/2 equazioni in-dipendenti, tante quante sono le coppie di indici distinti i 6= k che e possibileottenere da un insieme di n indici 7. Un campo vettoriale che soddisfa le (1.15)viene detto irrotazionale; l’enunciato della Proposizione 3 puo essere riformulatonel seguente modo; se la 1-forma ω e esatta, allora il campo vettoriale ~g ad essaassociato deve essere irrotazionale. Va tenuto presente che in generale non valel’inverso (ameno di fare alcune ipotesi sul dominio di definizione).Facciamo alcuni esempi:

6Quindi φ deve ammettere in A tutte le derivate parziali seconde ∂2φ∂xi∂xk

(con i, k =

1, . . . , n) che devono essere, inoltre, continue.7Piu in generale dato un insieme di n oggetti distinti (ad esempio n indici) siamo interessati

a contare quanti sottoinsiemi di m ≤ n oggetti distinti si possono ottenere. Abbiamo n scelteper il primo, n − 1 per il secondo e cosı di seguito fino ad avere n − m + 1 scelte per l’ultimooggetto. Infine, poiche non siamo interessati a contare sottoinsiemi che differiscono solo per lapermutazione dei m elementi, dobbiamo dividere il risultato del conteggio per m!. In definitiva

il numero dei possibili sottoinsiemi en(n−1)...(n−m+1)

m!.

9

Page 19: Formulazione assiomatica della Termodinamica

• In dimensione n = 2 sia ~g(x1, x2) = (g1, g2) un campo vettoriale; le con-dizioni di irrotazionalita (1.15) si riducono all’unica equazione non banale∂g1/∂x2 = ∂g2/∂x1.

• In dimensione n = 3 sia ~g(x1, x2, x3) = (g1, g2, g3) un campo vettoria-le; le tre condizioni di irrotazionalita (1.15) non banali possono essere

sinteticamente riassunte dall’equazione vettoriale rot ~g ≡ ~∇× ~g = 0.

1.3.3 L’integrale di linea

Sia ω una 1-forma associata al campo vettoriale ~g e sia γ una curva regolarecontenuta in A e parametrizzata da ~x = ~x(t) con t ∈ [a, b]; possiamo introdurrela seguente

Definizione 9 Chiameremo integrale curvilineo di ω lungo γ la seguente es-pressione:

γ

ω ≡

∫ b

a

~g(~x(t)) · ~v(t)dt (1.16)

dove ~v = ~v(t) e il campo di velocita della curva γ associato alla parametrizza-zione ~x = ~x(t).

Il valore dell’integrale di linea (1.16) non dipende dal tipo di parametrizzazionedata alla curva γ ma solo dal verso di percorrenza di tale curva. Supponiamo chet sia una funzione continua e strettamente monotona di un nuovo parametro t′ ∈[c, d], ossia t = t(t′) e sia, inoltre, ~y(t′) = ~x(t(t′)) la nuova parametrizzazione.Vale che

~wdt′ =d~y

dt′dt′ =

d~x

dt

dt

dt′dt′ =

d~x

dtdt = ~vdt.

Se γ e la curva parametrizzata in t mentre γ′ quella parametrizzata in t′ valeche

γ′

ω =

∫ d

c

~g(~y(t′)) · ~w(t′)dt′ =

∫ t(d)

t(c)

~g(~x(t)) · ~v(t)dt = ±

γ

ω,

dove si ha il segno + se t e una funzione strettamente crescente di t′ per cuit(c) = a e t(d) = b (la curva viene percorsa nello stesso verso secondo ambo leparametrizzazioni), mentre si ha il segno − se t e strettamente decrescente percui t(c) = b e t(d) = a (le due parametrizzazioni si differenziano per il verso dipercorrenza della curva).Quando l’integrale di linea (1.16) viene valutato lungo una curva chiusa γ essosi indica con il simbolo

γω.

Proposizione 4 Sia ω una 1-forma esatta che ammette una funzione poten-ziale φ. Se γ e una curva parametrizzata da ~x = ~x(t) con t ∈ [a, b] e tale che

~x(a) = ~x′ e ~x(b) = ~x′′, allora

γ

ω = φ( ~x′′)− φ(~x′),

ossia il valore dell’integrale dipende solo dagli estremi della curva, indipenden-temente dalla curva scelta.

10

Page 20: Formulazione assiomatica della Termodinamica

DimostrazionePoiche, per ipotesi, il campo ~g e conservativo ed in particolare coincide con ilcampo gradiente di φ si ha che

~g(~x(t)) · ~v(t) =dφ

dt

~x(t)

.

Quindi∫

γ

ω =

∫ b

a

dt

~x(t)

dt = φ(~x(t))|ba = φ( ~x′′)− φ(~x′)

Cio conclude la dimostrazione.

Come ovvia conseguenza della Proposizione appena dimostrata segue che l’inte-grale di linea di una 1-forma esatta su ogni curva chiusa si annulla identicamente.Si dimostra che vale anche il viceversa, ossia che se l’integrale di linea di una1-forma si annulla identicamente su tutte le curve chiuse contenute in A, al-lora la 1-forma e esatta in A; una dimostrazione di questo asserto e data in[Pagani-Salsa, volume II, pg. 47].

1.3.4 Il fattore integrante

Sia ω una 1-forma associata al campo vettoriale ~g ∈ C1(A);

Definizione 10 (fattore integrante) Se la 1-forma

ω(~x) =

n∑

k=1

gk(~x)dxk

non e esatta e se esiste una funzione µ : Rn ⊇ A → R tale che:

• µ e di classe C1(A);

• µ(~x) 6= 0 per ogni ~x ∈ A;

• la forma

ω′(~x) = µ(~x)ω(~x) =n∑

k=1

µ(~x)gk(~x)dxk

e esatta;

allora diremo che la funzione µ e un fattore integrante per la 1-forma ω.

Vediamo a quali condizioni deve obbedire un campo ~g affinche la 1-forma adesso associato ammetti un fattore integrante. Se µ e un fattore integrante pre la1-forma ω = ~g ·d~x allora µω e una forma esatta e dalla Proposizione 3 segue cheil campo µ~g deve essere irrotazionale. Applicando le condizioni di irrotazionalita(1.15) al campo µ~g si ottiene che

∂xk

(µgi) =∂

∂xi

(µgk)

µ∂gi

∂xk

+ gi

∂µ

∂xk

= µ∂gk

∂xi

+ gk

∂µ

∂xi

µ

[

∂gi

∂xk

−∂gk

∂xi

]

= gk

∂µ

∂xi

− gi

∂µ

∂xk

i, k = 1, · · · , n. (1.17)

11

Page 21: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Le (1.17) rappresentano un sistema di n(n − 1)/2 equazioni differenziali indi-pendenti che devono essere simultaneamente verificate dal fattore integrante µ.Consideriamo tre indici distinti s, k, i e scriviamo le tre seguenti relazioni

gsµ

[

∂gi

∂xk

−∂gk

∂xi

]

= gsgk

∂µ

∂xi

− gsgi

∂µ

∂xk

gkµ

[

∂gs

∂xi

−∂gi

∂xs

]

= gkgi

∂µ

∂xs

− gkgs

∂µ

∂xi

giµ

[

∂gk

∂xs

−∂gs

∂xk

]

= gigs

∂µ

∂xk

− gigk

∂µ

∂xs

che sommate membro a membro, ricordando che µ 6= 0, forniscono

gs

[

∂gi

∂xk

−∂gk

∂xi

]

+ gk

[

∂gs

∂xi

−∂gi

∂xs

]

+ gi

[

∂gk

∂xs

−∂gs

∂xk

]

= 0 (1.18)

che indicheremo anche con il simbolo

Dsik~x [~g] = 0

dove Dsik~x ha il significato di operatore differenziale sul campo ~g. Le (1.18)

rappresentano un insieme di n(n − 1)(n − 2)/6 condizioni indipendenti (cfr.nota 7) per il campo vettoriale ~g, necessarie affinche la 1-forma ad esso associatoammetti un fattore integrante; per tale motivo esse sono chiamate condizionidi completa integrabilita. Osserviamo che se ω e una 1-forma esatta relativaal campo irrotazionale ~g, allora le (1.18) sono banalmente verificate, mentre le(1.17) si riducono a

gk

∂µ

∂xi

= gi

∂µ

∂xk

i 6= k = 1, . . . , n

che, in modo ovvio, ammettono come soluzione tutte le funzioni del tipo µ(~x) = ccon c costante reale.

Lemma 2 Sia ~g un generico campo vettoriali su A e α ∈ C1(A) una funzionescalare; allora Dsik

~x si comporta come un operatore omogeneo di grado 1 rispettoalla moltiplicazione per una funzione scalare.

DimostrazioneLa dimostrazione si riduce ad un conto diretto;

gs

[

∂(αgi)

∂xk

−∂(αgk)

∂xi

]

= gs

[

gi

∂α

∂xk

− gk

∂α

∂xi

]

+ αgs

[

∂gi

∂xk

−∂gk

∂xi

]

.

Se si sommano tre termini di questo tipo con gli indici messi a rotazione gliaddendi contenenti le derivate parziali di α si annullano a vicenda e quindi siottiene che

Dsik~x [α~g] = αDsik

~x [~g] (1.19)

Cio conclude la dimostrazione.

Come immediata conseguenza del Lemma 2 e evidente che se il campo ~g soddisfale condizioni di completa integrabilita, allora le soddisfa anche ogni campo della

12

Page 22: Formulazione assiomatica della Termodinamica

forma µ~g.Ha senso scrivere le condizioni (1.18) solo nel caso in cui si ha a che fare concampi vettoriali di dimensione n ≥ 3 (infatti servono almeno tre indici distinti);come vedremo nel Paragrafo 1.3.6, cio deriva dal fatto che per n = 2 ogni 1-formaammette sempre un fattore integrante e quindi se vi fossero condizioni tipo le(1.18), esse dovrebbero essere banalmente verificate da ogni campo vettorialebidimensionale.Nel caso n = 3 le (1.18) si riducono ad un’unica condizione non banale sullecomponenti del campo ~g = (g1, g2, g3) che puo essere scritta sinteticamente

come (~∇× ~g) · ~g = 0.Se una 1-forma ammette un fattore integrante allora essa possiede tutta una

famiglia di fattori integrante; in altre parole la scelta del fattore integrante peruna 1-forma non e univoca. Questo e il contenuto del seguente

Teorema 2 Sia ω una 1-forma relativa al campo vettoriale ~g su A e sia µ unfattore integrante per ω. Per definizione di fattore integrante il campo vettorialeµ~g si puo esprimere come il gradiente di una funzione potenziale φ. Se Ψ : R→R e una generica funzione continua che ammette come primitiva la funzione ψ,allora

µ′(~x) = Ψ(φ(~x))µ(~x)

e un nuovo fattore integrante per ω ed il campo µ′~g ammettera come funzionepotenziale

φ′(~x) = (ψ φ)(~x) ≡ ψ(φ(~x)).

DimostrazioneLa 1-forma µω e il differenziale della funzione potenziale φ, ossia µω = dφ. Con-sideriamo la funzione composta φ′(~x) = (ψ φ)(~x) ≡ ψ(φ(~x)) dove la funzioneψ : R→ R e definita per ipotesi da

ψ(ξ) =

Ψ(ξ)dξ.

Poiche Ψ e continua in R si ha che ψ ∈ C1(R) e quindi la funzione compostaφ′ = ψ φ e sicuramente differenziabile. Per la regola di differenziazione dellefunzioni composte si ottiene che

dφ′ = d(ψ φ) =dψ

dφ(~∇φ · d~x) = Ψ(φ)dφ.

In definitiva vale che Ψ(φ)µω = Ψ(φ)dφ = dφ′ e cio mostra che µ′ = Ψ(φ)µ eun nuovo fattore integrante per ω.

1.3.5 Cambiamento di coordinate

Ogni punto di Rn puo essere messo in corrispondenza biunivoca con una n-

upla di numeri reali; stabilire una tale corrispondenza significa definire quelloche si chiama un sistema di coordinate. Ovviamente i modi in cui e possibilecostruire una sistema di coordinate sono molteplici e puo essere interessantestudiare le relazioni che intercorrono tra due diversi sistemi di coordinate. Inquesto paragrafo discuteremo brevemente il comportamento delle 1-forme sotto

13

Page 23: Formulazione assiomatica della Termodinamica

cambiamenti di coordinate. Consideriamo i due sistemi di coordinate X =x1, . . . , xn ed Y = y1, . . . , yn definiti in un aperto A ⊆ R

n; chiameremocambiamento di coordinate ogni funzione Φ : Y → X che sia biunivoca edalmeno di classe C1 insieme alla sua inversa. In genere rappresenteremo uncambiamento di coordinate nel seguente modo

x1 = x1(y1, . . . , yn)...

...xn = xn(y1, . . . , yn)

o piu sinteticamente scrivendo ~x = Φ(~y). Un campo vettoriale su un sottoinsie-me di R

n e un oggetto astratto nel senso che e definito in modo indipendentedalla particolare scelta di coordinate e questo vale ovviamente anche per le 1-forme. Supponiamo che ω = ω(x1, . . . , xn) sia una 1-forma rappresentata nelsistema di coordinate X mentre Ω = Ω(y1, . . . , yn) sia la sua rappresentazionenel sistema di coordinate Y , ossia

ω(x1, . . . , xn)Φ←→ Ω(y1, . . . , yn)

q q∑n

k=1 gk(x1, . . . , xn)dxk

∑nk=1Gk(y1, . . . , yn)dyk

(1.20)

Siamo interessati a determinare la relazione che intercorre tra i campi ~g =~g(x1, . . . , xn) e ~G = ~G(y1, . . . , yn) affinche il diagramma (1.20) sia soddisfatto.Poiche se xk = xk(y1, . . . , yn), allora

dxk =

n∑

s=1

∂xk

∂ys

dys

deve valere che

ω(Φ(~y)) =

n∑

k=1

gk(Φ(~y))dxk =

n∑

k=1

gk

(

n∑

s=1

∂xk

∂ys

dys

)

=n∑

s=1

(

n∑

k=1

gk

∂xk

∂ys

)

dys =n∑

s=1

Gs(~y)dys

= Ω(~y)

dove si e posto

Gs(~y) =

n∑

k=1

gk

∂xk

∂ys

Φ(~y)

. (1.21)

La (1.21) rappresenta la regola di trasformazione che permette di esprimere lostesso campo vettoriale in diversi sistemi di coordinate; essa e la nota legge ditrasformazione dei vettori cartesiani.

Lemma 3 Siano ~g e ~G lo stesso campo vettoriale espresso rispettivamente neisistemi di coordinate X ed Y ; se ~g soddisfa le equazioni (1.18) rispetto alle

coordinate X allora ~G soddisfa le medesime equazioni rispetto alle coordinateY .

14

Page 24: Formulazione assiomatica della Termodinamica

DimostrazioneDalla (1.21) si ottiene

∂Gi

∂yk

=∂

∂yk

(

n∑

t=1

gt

∂xt

∂yi

)

=

n∑

t=1

(

∂gt

∂yk

∂xt

∂yi

)

+

n∑

t=1

(

gt

∂2xt

∂yk∂yi

)

.

Allora, eliminando le derivate seconde in virtu del Teorema di Schwarz, vale che

∂Gi

∂yk

−∂Gk

∂yi

=

n∑

t=1

[

∂gt

∂yk

∂xt

∂yi

−∂gt

∂yi

∂xt

∂yk

]

ed osservando che∂gt

∂yk

=

n∑

p=1

∂gt

∂xp

∂xp

∂yk

possiamo, infine, scrivere

∂Gi

∂yk

−∂Gk

∂yi

=n∑

t,p=1

∂gt

∂xp

[

∂xp

∂yk

∂xt

∂yi

−∂xp

∂yi

∂xt

∂yk

]

=n∑

t,p=1

[

∂gt

∂xp

−∂gp

∂xt

]

∂xp

∂yk

∂xt

∂yi

.

Questa relazione esprime la legge di trasformazione di un tensore cartesiano dirango due. Utilizzando l’ultima equazione, la (1.21) ed il fatto che gli indici disommatoria sono muti si ha

Gs

[

∂Gi

∂yk

−∂Gk

∂yi

]

=

(

n∑

m=1

gm

∂xm

∂ys

)

n∑

t,p=1

[

∂gt

∂xp

−∂gp

∂xt

]

∂xp

∂yk

∂xt

∂yi

=

n∑

m,t,p=1

gm

[

∂gt

∂xp

−∂gp

∂xt

]

∂xm

∂ys

∂xp

∂yk

∂xt

∂yi

.

La precedente relazione e la regola di trasformazione di un tensore cartesiano dirango tre. Utilizzando il fatto che gli indici m, t, p sono muti, si verifica che

Dsik~y [~G] =

n∑

m,t,p=1

(

Dmtp~x [~g]

) ∂xm

∂ys

∂xp

∂yk

∂xt

∂yi

(1.22)

Per ipotesi gli addendi sotto il segno di sommatoria nel secondo membro della(1.22) sono tutti nulli e quindi risulta nullo pure il primo membro; questo con-clude la dimostrazione.

Il lemma 3 sostanzialmente asserisce che la completa integrabilita di un campodi vettori e una proprieta indipendente dal particolare sistema di coordinate,ossia e una caratteristica intrinseca del campo vettoriale stesso. D’altra parteanche l’ammettere un fattore integrante e una proprieta intrinseca; per i cam-pi che posseggono un fattore integrante il Lemma 3 puo essere dedotto comeconseguenza diretta dell’esistenza di un fattore integrante.

15

Page 25: Formulazione assiomatica della Termodinamica

1.3.6 Condizioni per l’esistenza del fattore integrante

Nel Paragrafo 1.3.4 abbiamo dedotto che le equazioni (1.18) sono condizioninecessaria affinche la 1-forma ω associata al un campo vettoriale ~g ammetti unfattore integrante; nel presente paragrafo mostreremo come le (1.18) fornisconoanche una condizione sufficiente per l’esistenza del fattore integrante. Comepremessa a questo risultato generale dimostreremo che tutte le 1-forme in di-mensione n = 2 ammettono sempre un fattore integrante; questo e il contenutodel seguente

Lemma 4 Sia ω(x1, x2) = g1(x1, x2)dx1 +g2(x1, x2)dx2 una 1-forma associataal campo vettoriale ~g = (g1, g2) : R

2 ⊇ A → R2, allora la 1-forma ω ammette

sempre un fattore integrante µ = µ(x1, x2).

DimostrazioneConsideriamo la seguente equazione differenziale

ω(x1, x2) = g1(x1, x2)dx1 + g2(x1, x2)dx2 = 0 (1.23)

Cerchiamo una curva soluzione della (1.23) parametrizzata da (x1(t), x2(t)). Se(v1(t), v2(t)) e il campo di velocita associato a tale curva l’equazione (1.23)diviene

g1(x1(t), x2(t))v1(t) + g2(x1(t), x2(t))v2(t) = 0.

Quindi le curve soluzioni della (1.23) hanno in ogni punto vettore velocita or-togonale al campo (g1, g2). Se in un sottoinsieme di R

2 si definisce un cam-po vettoriale non singolare, allora in ogni punto di tale sottoinsieme rimaneunivocamente determinato il sottospazio unidimensionale ortogonale al campo;quindi, dato il campo (g1, g2), e possibile costruire in modo univoco (a menodell’inversione del verso di tutti i vettori) un campo di versori continuo (v1, v2)ortogonale a (g1, g2) nel modo seguente:

(v1, v2) =1

(g1)2 + (g2)2(g2,−g1) (1.24)

A meno di tutte le possibili riparametrizzazioni, tutte le curve soluzioni del-l’equazione (1.23) sono tutte e sole le curve integrali del campo (1.24). Inoltredalla (1.24) risulta evidente che il campo (v1, v2) e di classe C1(A) come il campo(g1, g2); quindi ci troviamo nelle ipotesi del Lemma 1 che ci assicura che l’insiemedelle curve soluzione dell’equazione (1.23) costituisce una fogliazione di A. Siaγ(~x ′; t) la generica curva soluzione parametrizzata da (x1, x2) = (x1(t), x2(t))con t ∈ [a, b] e passante per il punto ~x ′ = (x′1, x

′2) quando t = t0 . Sia Γ una

curva trasversa a tutte le curve soluzione, ossia una curva regolare che inter-seca tutte le curve soluzione e tale che in nessun punto il suo vettore velocitae parallelo al campo (v1, v2); indichiamo con ~x = (x1(s), x2(s)) con s ∈ [c, d]la parametrizzazione della curva Γ. Dal Lemma 1 segue che la generica curvasoluzione γ(~x ′; t) e di classe C1 sia rispetto al parametro t che al dato iniziale~x ′; la funzione composta Φ ≡ γ(~x(s); t) tale che Φ : [c, d] × [a, b] → A ⊆ R

2

associa in modo biunivoco alla coppia (s′, t′) il punto di coordinate (x1, x2) chela curva γ(~x(s′); t′), relativa al dato iniziale ~x(s′) ∈ Γ, tocca per t = t′. Lafunzione Φ risulta di classe C1 rispetto ad entrambe le variabili s e t e quindie un cambio di coordinate, differenziabile con continuita, tra le variabili locali

16

Page 26: Formulazione assiomatica della Termodinamica

(s, t) e le variabili cartesiane (x1, x2)8. Nel piano s, t le curve soluzioni γ(~x ′; t)

diventano le rette s = r con r costante reale. Sia f : [c, d] × [a, b] → R unagenerica funzione almeno di classe C1, tale che f(s, t) = f(s). La funzione fassume valore costante lungo le curve soluzioni; per un cambiamento di variabilisi ottiene

φ(x1, x2) ≡ f(Φ−1(x1, x2)). (1.25)

Supponiamo che fissato s′, per ogni t valga che f(s′, t) = f(s′) = C; per la(1.25) deve accadere che

C = φ(x1, x2) = f(Φ−1(x1, x2)) = f(s′, t) ∀t ∈ [a, b].

Questo significa che l’insieme dei punti per cui φ(x1, x2) = C e esattamente ilsostegno della curva soluzione γ(~x(s′); t). Al variare di C tutte le curve soluzionepossono essere espresse come superfici equipotenziali della funzione φ che percostruzione e di classe C1(A). Segue che il campo (g1, g2) e ortogonale in tuttii punti alle superfici equipotenziali di φ e quindi e parallelo in ogni punto algradiente di φ, ossia

µ(g1, g2) =

(

∂φ

∂x1,∂φ

∂x2

)

dove µ = µ(x1, x2) e una opportuna funzione di classe C1 che non si annullamai in A. Questo equivale a dire che il campo (g1, g2) ammette come fattoreintegrante µ; cio conclude la dimostrazione.

Il fattore integrante µ = µ(x1, x2) va determinato risolvendo il sistema di equa-zioni differenziali (1.17) che per n = 2 si riduce all’unica equazione differenzialedel primo ordine

µ

[

∂g2∂x1−∂g1∂x2

]

= g1∂µ

∂x2− g2

∂µ

∂x1

che, in virtu del Lemma 4 deve ammettere una soluzione.Siamo ora in grado di dimostrare il seguente

Teorema 3 ia ω una 1-forma associata al campo vettoriale ~g : Rn ⊇ A → R

n

di classe C1(A). Condizione necessaria e sufficiente affinche ω ammetta unfattore integrante e che il campo ~g soddisfi il sistema di equazioni (1.18).

DimostrazioneNel Paragrafo 1.3.4 il sistema di equazioni (1.18) e stato dedotto come condi-zione necessaria per l’esistenza del fattore integrante di ω; mostriamo come essorappresenti anche una condizione sufficiente. Supponiamo che la 1-forma

ω(x1, . . . , xn) =

n∑

k=1

gk(x1, . . . , xn)dxk (1.26)

sia tale che il campo ~g = (g1, . . . , gn) soddisfi le relazioni (1.18) che qui riscri-viamo

gs

[

∂gi

∂xk

−∂gk

∂xi

]

+ gk

[

∂gs

∂xi

−∂gi

∂xs

]

+ gi

[

∂gk

∂xs

−∂gs

∂xk

]

= 0.

8Si osservi che l’arbitrarieta nella scelta dell’arco tarsverso Γ e della sua parametrizzazionecon s equivale all’arbitrarieta nella scelta di diverse coordinate locali (s, t) nelle quali e possibileesprimere la fogliazione come insieme di rette s = const.

17

Page 27: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Nell’espressione (1.26) manteniamo costanti le variabili x1, . . . , xn−2 e facciamovariare solo le variabili xn−1, xn; in altre parole consideriamo la restrizione della1-forma ω al generico piano bidimensionale xn−1, xn. Ristretta su tale iperpiano,la (1.26) diviene

ω(λ, xn−1, xn) = gn−1(λ, xn−1, xn)dxn−1 + gn(λ, xn−1, xn)dxn (1.27)

dove con il parametro λ indichiamo l’insieme delle n − 2 variabili x1, . . . , xn−2

che manteniamo costanti. La (1.27), per ogni valore del parametro λ, descriveuna 1-forma in due dimensioni; allora per il Lemma 4 esistono sempre un fattoreintegrante µ = µ(λ, xn−1, xn) ed una funzione φ = φ(λ, xn−1, xn) (ovviamentesia µ che φ devono dipendere dal parametro λ) tali che

µ(λ, xn−1, xn)ω(λ, xn−1, xn) =∂φ

∂xn−1dxn−1 +

∂φ

∂xn

dxn. (1.28)

Se ora consideriamo il parametro λ libero di variare otteniamo che µ e φ sonofunzioni di tutte le n variabili x1, . . . , xn ed in particolare si ha che

∂φ

∂xn−1dxn−1 +

∂φ

∂xn

dxn = dφ−

n−2∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk.

Inserendo la (1.27) nella (1.28) ed usando la precedente uguaglianza si ottiene

gn−1dxn−1 + gndxn =1

µ

[

dφ−

n−2∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk

]

dove, ora, gn−1, gn, µ e φ vanno considerate come funzioni di tutte le n variabilix1, . . . , xn. Facendo uso dell’ultima espressione possiamo riscrivere la (1.26) nelseguente modo

ω =

n−2∑

k=1

gkdxk +1

µ

[

dφ−

n−2∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk

]

da cui

µω =

n−2∑

k=1

[

µgk −∂φ

∂xk

]

dxk + dφ. (1.29)

A questo punto e conveniente operare un cambiamento di variabili(x1, . . . , xn)→ (y1, . . . , yn) definito da

yk = yk(x1, . . . , xn) = xk se k = 1, . . . , n− 2, n

yn−1 = yn−1(x1, . . . , xn) = φ(x1, . . . , xn).

In tale modo per gli incrementi infinitesimi si avra che dyn−1 = dφ mentredyk = dxk per k = 1, . . . , n− 2, n. Infine ponendo

Gk =

[

µgk −∂φ

∂xk

]

k = 1, . . . , n− 2

la (1.29) assume la forma

Ω = µω =n−2∑

k=1

Gkdyk + dyn−1. (1.30)

18

Page 28: Formulazione assiomatica della Termodinamica

La 1-forma Ω espressa dalla (1.30) possiede un addendo in meno rispetto alla1-forma originaria ω definita dalla (1.26); tuttavia, almeno in apparenza, lefunzioni Gk e quindi Ω dovrebbero dipendere da tutte le n variabili y1, . . . , yn.Inoltre dalla (1.30) risulta evidente che la la 1-forma ω ammette un fattoreintegrante se e solo se lo ammette anche Ω, infatti siamo passati dalla (1.26)alla (1.30) solo tramite passaggi algebrici. Sempre dalla (1.30) si vede che il

campo vettoriale ~G = (G1, . . . , Gn) si ottiene a partire dal campo vettorialeµ~g = (µg1, . . . , µgn) tramite il cambio di variabili (x1, . . . , xn) → (y1, . . . , yn);

questo, in base ai Lemmi 2 e 3, ci assicura che il campo ~G soddisfa le relazioni(1.18) relativamente alle variabili y1, . . . , yn in quanto, per ipotesi, il campo ~gle soddisfa relativamente alle variabili x1, . . . , xn. Scriviamo queste condizioniper il campo ~G:

Gs

[

∂Gi

∂yk

−∂Gk

∂yi

]

+Gk

[

∂Gs

∂yi

−∂Gi

∂ys

]

+Gi

[

∂Gk

∂ys

−∂Gs

∂yk

]

= 0. (1.31)

Se nella (1.31) poniamo i = n − 1 e k = n, ricordando che in base alla (1.30)deve essere Gn−1 = 1 e Gn = 0, si ottiene che

∂Gs

∂yn

= 0 ∀ s = 1, . . . , n

ossia nessuna componente del campo dipende da yn. Questo significa che Ω euna 1-forma di dimensione n− 1 associata ad un campo vettoriale ~G : R

n−1 ⊇A → R

n−1 che continua a soddisfare le condizioni (1.18). Con il procedimentousato abbiamo ricondotto il problema iniziale n-dimensionale ad un equivalenteproblema (n − 1)-dimensionale. Iterando la tecnica n − 2 volte ci si riconducead una 1-forma bidimensionale equivalente a quella di partenza; poiche, perquanto dimostrato nel lemma 4, una 1-forma in dimensione 2 ammette sempreun fattore integrante, allora anche la 1-forma di partenza ω deve ammettereun fattore integrante sotto l’unica condizione di dover soddisfare le (1.18). Cioconclude la dimostrazione.

La dimostrazione del Teorema 3 qui riportata ricalca quella data in [Honig, pg.75].

1.4 Le equazioni di Pfaff

1.4.1 Il problema di Pfaff

Consideriamo su Rn la 1-forma ω relativa al generico campo vettoriale ~g.

Definizione 11 (equazione di Pfaff) Data la 1-forma ω chiameremo equa-zione di Pfaff o anche espressione pfaffiana la seguente equazione differenziale:

ω(~x) =

n∑

k=1

gk(~x)dxk = 0. (1.32)

Il problema di Pfaff consiste nella ricerca di quelle curve regolari γ ⊂ A cherisolvono l’equazione (1.32), ossia di quelle curve γ parametrizzate da ~x = ~x(t)con t ∈ [a, b] tali che ω(t) = ω(~x(t)) = 0 per ogni valore di t. Data un’equazionedi Pfaff chiameremo curva di Pfaff ogni curva soluzione di tale equazione.

19

Page 29: Formulazione assiomatica della Termodinamica

1.4.2 Interpretazione geometrica

Supponiamo che la curva γ ⊂ A con parametrizzazione ~x = ~x(t) con t ∈ [a, b]sia una curva soluzione per l’equazione di Pfaff (1.32), allora deve valere che

0 = ω(~x(t)) =

n∑

k=1

gk(~x(t))

(

dxk

dt

)

dt =

(

n∑

k=1

gk(~x(t))vk(t)

)

dt,

ossia ~g(~x(t))·~v(t) = 0 per ogni t ∈ [a, b] dove ~v = ~v(t) e il vettore velocita relativoalla curva γ. In definitiva le curve di Pfaff relative all’equazione (1.32) sono tuttee sole le curve che posseggono in ogni punto un vettore velocita ortogonale alcampo di vettori ~g. In effetti l’equazione (1.32), che possiamo riscrivere come~g · d~x = 0, definisce in ogni punto dell’insieme di definizione A il sottospazioortogonale al vettore ~g valutato nello stesso punto; tale sottospazio avra sempredimensione n− 1 poiche per ipotesi il campo ~g e assunto non singolare. Questosignifica anche che l’equazione (1.32) determina in ogni punto diA, n−1 possibilidirezioni indipendenti per gli spostamenti infinitesimi d~x.

L’equazione di Pfaff esatta

Supponiamo che la 1-forma ω che compare nell’equazione di Pfaff (1.32) siaesatta ossia che il campo vettoriale ~g sia il gradiente di una funzione regolare φ;in questo caso diremo che l’equazione di Pfaff e esatta e la (1.32) si riduce a

0 = ω =

n∑

k=1

∂φ

∂xk

dxk = ~∇φ · ~x = dφ. (1.33)

Per quanto discusso nel Paragrafo 1.2.3 le curve di Pfaff relative ad un’equazionedi Pfaff esatta sono tutte e sole le curve che giacciono sulle superfici equipoten-ziali ΣC definite dall’equazione φ(~x) = C; quindi nel caso di equazioni esatte ilproblema di Pfaff si riduce alla determinazione stessa delle superfici equipoten-ziali ΣC . Poiche per ipotesi il campo vettoriale ~∇φ e regolare allora la funzioneφ = φ(~x) non puo assumere valore costante su tutto un intorno di A, infattise cio accadesse in un tale intorno il gradiente si annullerebbe 9. Da questosegue che se ~x0 e un punto appartenente alla superficie equipotenziale ΣC inogni intorno di tale punto esistono punti che non appartengono a ΣC e quindiin ogni intorno (piccolo a piacere) di ~x0 vi sono punti che non possono essereraggiunti da ~x0 percorrendo una curva di Pfaff soluzione dell’equazione esatta(1.33).

L’equazione di Pfaff olonoma

Consideriamo ora il caso in cui la 1-forma ω che compare nell’espressione pfaffia-na (1.32) ammetti un fattore integrante µ; in questo caso diremo che l’equazionedi Pfaff e olonoma. Se la curva γ e soluzione dell’equazione

ω(~x) =

n∑

k=1

gk(~x)dxk = 0

9Cio puo essere giustificato ricordando che il gradiente di una funzione di piu variabilipunta nella direzione di massima crescita per la funzione.

20

Page 30: Formulazione assiomatica della Termodinamica

e se µ = µ(~x) e una generica funzione di classe C1(A) tale da non annullarsi maiin A, allora γ sara anche soluzione dell’equazione

ω′(~x) = µ(~x)ω(~x) = µ(~x)

n∑

k=1

gk(~x)dxk = 0.

Ora, se µ e un fattore integrante di ω, cio significa che il campo µ~g e il gradientedi una funzione regolare φ e la precedente equazione si riduce ad una espressionetipo la (1.33). Quindi, in virtu della discussione precedente, la curva γ devenecessariamente appartenere ad una superficie equipotenziale ΣC della funzioneφ = φ(~x). Quanto affermato ha un’interpretazione geometrica immediata. Unacurva di Pfaff possiede in ogni punto un vettore velocita ortogonale al campo~g; se tale campo ammette un fattore integrante significa che esso, a meno diessere opportunamente riscalato in ogni punto, e fondamentalmente un campogradiente, ossia ~g = µ−1~∇φ. Ora in ogni punto del dominio lo spazio ortogonalea ~g coincide con quello ortogonale a ~∇φ e quindi coincide con i piani tangenti allesuperfici equipotenziali definite da φ(~x) = C; quindi i vettori velocita della curvaγ apparteranno a tali piani tangenti e la curva stessa dovra necessariamentegiacere su di una superficie equipotenziale. Anche nel caso di equazioni olonomeil problema di Pfaff si riduce alla determinazione stessa di tutte le superficiequipotenziali ΣC relative ad una determinata funzione φ. Possiamo dimostrarela seguente

Proposizione 5 Consideriamo il generico punto ~x0 ∈ A, allora in ogni intornopiccolo a piacere di ~x0 vi sono punti che non possono essere raggiunti da ~x0

percorrendo una curva soluzione di un’equazione di Pfaff olonoma.

DimostrazioneL’asserto e sicuramente vero per le curve soluzioni di un’equazione esatta; la di-mostrazione e conclusa osservando che tutte le curve soluzioni di un’equazioneolonoma sono anche soluzioni di un’opportuna equazione esatta ottenuta mol-tiplicando la prima per il fattore integrante.

Un’ottima discussione sul significato e sull’interpretazione geometrica delle equa-zioni di Pfaff si trova in [Afanassjeva, appendice I ].

1.4.3 I teoremi di Caratheodory

In questo paragrafo caratterizzeremo le equazioni di Pfaff in base al comporta-mento delle curve soluzione; prima di fare questo introduciamo la

Definizione 12 (condizione di irraggiungibilita) Sia ~g un campo di vetto-ri regolare definito nell’aperto A di R

n; diremo che l’equazione di Pfaff

ω(~x) =

n∑

k=1

gk(~x)dxk = 0 (1.34)

soddisfa la condizione di irraggiungibilita se, comunque scelto un punto ~x0 edun suo intorno U ⊂ A piccolo a piacere, vi sono punti appartenenti ad Uche non possono essere raggiunti a partire da ~x0 lungo una curva γ soluzionedell’equazione (1.34).

21

Page 31: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Grazie alla Proposizione 5 si e visto che se un’equazione di Pfaff e olonoma, oin particolar modo esatta, allora essa soddisfa la condizione di irraggiungibilita.Con un lavoro di grande rilievo Caratheodory riuscı a dimostrare che la condi-zione di irraggiungibilita non e solo necessaria affinche una espressione pfaffianasia olonoma, ma costituisce anche una condizione sufficiente; in questo modol’irraggiungibilita caratterizza in modo completo le equazioni di Pfaff olonome.

Teorema 4 (I Teorema di Caratheodory) Se l’espressione pfaffiana(1.34) soddisfa la condizione di irraggiungibilita, allora essa e olonoma, ossiaammette un fattore integrante.

DimostrazioneSia γ una curva soluzione per l’equazione (1.34) parametrizzata da ~x = ~x(t) cont ∈ [a, b] e siano Pα e Pβ due punti appartenenti a tale curva rispettivamente dicoordinate

~xα = ~x(tα), ~xβ = ~x(tβ) a ≤ tα < tβ ≤ b.

Sia ϕ una seconda curva soluzione per la (1.34) tale da intersecare la curva γnel punto Pα e che si differenzia da quest’ultima per una quantita infinitesima;parametrizzeremo ϕ nel seguente modo

~y(t) = ~x(t) + ε~ξ(t) t ∈ [a, b]

dove ε > 0 e un parametro formale che assumeremo piccolo mentre ~ξ = ~ξ(t) e

una parametrizzazione regolare soggetta alla condizione ~ξ(tα) = 0. Indicheremocon

~v(t) =d~x

dt

t

~u(t) =d~y

dt

t

~w(t) =d~ξ

dt

t

i campi di velocita relativi alle diverse parametrizzazioni e deve valere che ~u(t) =~v(t) + ε~w(t). Poiche per ipotesi sia γ che ϕ sono soluzioni dell’equazione (1.34)si avra che

n∑

k=1

gk(~x(t))vk(t) = 0 (1.35)

n∑

k=1

gk(~x(t) + ε~ξ(t))[vk(t) + εwk(t)] = 0. (1.36)

Espandiamo in serie di Taylor nel parametro ε la componente gk nella (1.36)fino al primo ordine in ε.

gk(~x(t) + ε~ξ(t)) = gk(~x(t)) + ε

n∑

i=0

∂gk

∂xi

~x(t)

ξi(t) + o(ε).

22

Page 32: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Inserendo questa espressione nella (1.36), tenendo conto della (1.35) e esplici-tando solo i termini del primo ordine in ε si ha

0 = εn∑

k=1

gk(~x(t))wk(t) + εn∑

k,i=0

∂gk

∂xi

~x(t)

ξi(t)vk(t) + o(ε).

Dividendo tutto per ε e facendo il limite per ε→ 0 otteniamo il risultato esatto

n∑

k=1

gk(~x(t))wk(t) +

n∑

k,i=0

∂gk

∂xi

~x(t)

ξi(t)vk(t) = 0. (1.37)

La (1.37) e un’equazione per le componenti della funzione ~ξ e quindi esprimeuna condizione di dipendenza per una di tale componenti in funzione delle altre.Se si fissano in modo arbitrario le funzioni ξ1, . . . , ξn−1 (e quindi le derivatew1, . . . , wn−1) la (1.37) da la condizione che la componente ξn deve soddisfare.Per semplificare la notazione rinunceremo ad esplicitare la dipendenza dallevariabili ricordando che il campo ~g e valutato lungo la curva γ e che le funzioni~x e ~ξ con le loro derivate ~v e ~w dipendono dal parametro t. Riscriviamo la (1.37)nel seguente modo:

gn

dξndt

+

(

n∑

k=1

∂gk

∂xn

vk

)

ξn = −

n−1∑

k=1

gkwk −

n−1∑

i=1

(

n∑

k=1

∂gk

∂xi

vk

)

ξi; (1.38)

quest’ultima e un’equazione differenziale lineare del primo ordine per la funzioneξn.Sia λ = λ(t) una generica funzione di classe C1(A) e calcoliamo lungo la curvaγ la derivata della funzione λgnξn;

d

dt(λgnξn) = λgn

dξndt

+ λ

(

n∑

k=1

∂gn

∂xk

vk

)

ξn +dλ

dtgnξn. (1.39)

Possiamo supporre, senza perdere di generalita che lungo la curva γ la com-ponente gk del campo vettoriale non si annulli mai; qualora questo dovesseaccadere potremmo sempre ripetere il ragionamento per un’altra componentedi ~g, infatti poiche il campo e supposto non singolare, lungo ogni tratto di γ vie sempre qualche componente di ~g non nulla. Se si impone alla funzione λ disoddisfare la relazione

dt=

λ

gn

n∑

k=1

[

∂gk

∂xn

−∂gn

∂xk

]

vk (1.40)

il secondo membro della (1.39) coincidere con λ-volte il primo membro della(1.38); quindi se lungo la curva γ la funzione λ soddisfa la condizione (1.40) siha che

d

dt(λgnξn) = −λ

[

n−1∑

k=1

gkwk +

n−1∑

i=1

(

n∑

k=1

∂gk

∂xi

vk

)

ξi

]

.

Integrando la precedente espressione tra tα e t e ricordando che la parametriz-zazione ~ξ si annulla per t = tα, vale che

λgnξn|ttα

= λgnξn = −

∫ t

λ

[

n−1∑

k=1

gkwk +n−1∑

i=1

(

n∑

k=1

∂gk

∂xi

vk

)

ξi

]

dt. (1.41)

23

Page 33: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Poiched

dt

(

n−1∑

k=1

gkξk

)

=

n−1∑

k=1

(

n∑

i=1

∂gk

∂xi

vi

)

ξk +

n−1∑

k=1

gkwk

dato che gli indici delle sommatorie sono muti, possiamo riscrivere l’integrale(1.41) nel modo seguente

λgnξn = −

∫ t

[

λd

dt

(

n−1∑

k=1

gkξk

)

+ λn∑

k=1

n−1∑

i=1

[

∂gk

∂xi

−∂gi

∂xk

]

vkξi

]

dt. (1.42)

Tramite un’integrazione per parte si ottiene

∫ t

λd

dt

(

n−1∑

k=1

gkξk

)

dt = λn−1∑

k=1

gkξk

t

∫ t

dt

(

n−1∑

k=1

gkξk

)

dt

che ricordando il vincolo ξk(tα) = 0 ed imponendo la condizione (1.40) che laderivata rispetto a t di λ deve soddisfare, diventa

∫ t

λd

dt

(

n−1∑

k=1

gkξk

)

dt = λ

n−1∑

k=1

gkξk−

∫ t

λ

gn

n∑

k=1

[

∂gk

∂xn

−∂gn

∂xk

]

vk

(

n−1∑

i=1

giξi

)

dt.

Inserendo quest’ultima espressione nel secondo membro della (1.42) otteniamo

λgnξn = −λ

n−1∑

k=1

gkξk −

∫ t

−λ

gn

n∑

k=1

n−1∑

i=1

gi

[

∂gk

∂xn

−∂gn

∂xk

]

vkξi

+ λ

n∑

k=1

n−1∑

i=1

[

∂gk

∂xi

−∂gi

∂xk

]

vkξi

dt

= −λ

n−1∑

k=1

gkξk −

n∑

k=1

n−1∑

i=1

∫ t

λ

gn

vkξi

gi

[

∂gn

∂xk

−∂gk

∂xn

]

+ gn

[

∂gk

∂xi

−∂gi

∂xk

]

dt. (1.43)

Osserviamo che e possibile aggiungere nella (1.43), senza variarne il valore, untermine del tipo

n∑

k=1

n−1∑

i=1

∫ t

λ

gn

vkξigk

[

∂gi

∂xn

−∂gn

∂xi

]

(1.44)

infatti esso puo essere riscritto nel seguente modo

n−1∑

i=1

∫ t

λ

gn

ξi

(

n∑

k=1

gkvk

)

[

∂gi

∂xn

−∂gn

∂xi

]

= 0

dove l’annullamento e giustificato dal fatto che lungo la curva di Pfaff γ iltermine tra parentesi tonde si annulla identicamente. Sommando la (1.44) alla(1.43), infine otteniamo che lungo la curva γ deve valere

ξn =n−1∑

k=1

gk

gn

ξk −1

λgn

n∑

k=1

n−1∑

i=1

∫ t

λ

gn

vkξi Dink~x [~g] dt. (1.45)

24

Page 34: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Discutiamo l’equazione (1.45); il valore della funzione ξn in tβ non dipendesolo dai valori che assumono per tβ le funzioni ξ1, . . . , ξn−1 (che compaiononel primo addendo di destra) ma anche dai valori che tali funzioni assumonoin tutto l’intervallo tα ≤ t ≤ tβ (dato che esse compaiono sotto il segno diintegrale che deve essere valutato tra gli estremi tα e tβ). Poiche la scelta dellefunzioni ξ1, . . . , ξn−1 e totalmente arbitraria cio comporta che anche il valore

di ~ξ(tβ) puo essere scelto arbitrariamente; infatti comunque si fissino i valori diξ1(tβ), . . . , ξn−1(tβ) il valore di ξn(tβ) dipende da come si definiscono le funzioniξ1, . . . , ξn−1 e quindi puo essere variato con continuita. Questo comporta che lacurva soluzione ϕ puo connettere il punto Pα con un generico punto che si trovain un intorno di Pα e questo contraddice la condizione di irraggiungibilita cheavevamo assunto valido per ipotesi. Quindi, affinche le ipotesi siano soddisfatte,dobbiamo richiedere che nel membro di destra della (1.45) il termine contenentel’integrale sia identicamente nullo. Ovviamente questo non puo essere ottenutoimponendo che siano nulle le funzioni ξ1, . . . , ξn−1 ne, tantomeno, che sia nullala funzione λ. Quello che ha senso e richiedere che siano verificate le relazioni

n∑

k=1

Dink~x [~g] vk = 0 i = 1, . . . , n− 1; (1.46)

Se queste condizioni vengono soddisfatte, il valore di ξn(tβ) dipendera solo daglin− 1 valori ξ1(tβ), . . . , ξn−1(tβ). Questo limita l’insieme dei possibili valori che

puo assumere ~ξ(tβ) e quindi il numero dei punti raggiungibili da Pα tramiteuna curva soluzione. Le relazioni (1.46) devono valere lungo una qualsiasi curvasoluzione dell’equazione di Pfaff e quindi per una arbitraria scelta del campo divelocita ~v = (v1, . . . , vn) che sia conforme alla richiesta di ortogonalita con ilcampo ~g. Questo comporta che in tutto il dominio di definizione dell’equazionedi Pfaff, comunque scelti tre diversi indici i, n, k deve valere

Dink~x [~g] = 0,

questa condizione, in base al Teorema 3, assicura che l’equazione (1.34) sia olo-noma. Questo conclude la dimostrazione.

Quindi il I Teorema di Caratheodory da una completa caratterizzazione del-l’olonomia nel senso che tutte e sole le equazioni di Pfaff olonome soddisfanola condizione di irraggiungibilita. La dimostrazione appena data e tratta da[Honig, pg. 78], una dimostrazione alternativa, di carattere unicamente geome-trico, e data in [Wilson].Di fondamentale importanza per gli argomenti che saranno trattati nel seguitoe il

Teorema 5 (II Teorema di Caratheodory) Consideriamo le due seguenti1-forme ω1 = ω1(x1, . . . , xn−1, τ) e ω2 = ω2(y1, . . . , ym−1, τ) entrambe dipen-denti dalla una stessa coordinata τ 10. Supponiamo che ω1 ed ω2 ammettanorispettivamente µ1 e µ2 come fattori integranti ed inoltre supponiamo che la1-forma ω = ω1 + ω2 ammetta, pur’ essa, un fattore integrante µ; sotto queste

10Questa condizione equivale a richiedere che tra le n variabili da cui dipende ω1 e le m

da cui dipende ω2 deve sussistere una relazione del tipo τ1(x1, . . . , xn) = τ2(y1, . . . , ym) = τ

dove τ1 e τ2 sono funzioni sufficientemente regolari da poter essere invertite rispettivamentein funzione di xn ed ym.

25

Page 35: Formulazione assiomatica della Termodinamica

condizioni ω, ω1 e ω2 ammettono uno stesso fattore integrante che risulta essereuna funzione della sola variabile τ .

DimostrazioneDalla relazione

ω(x1, . . . , xn−1, y1, . . . , ym−1, τ) = ω1(x1, . . . , xn−1, τ) + ω(y1, . . . , ym−1, τ)

segue che1

µdφ =

1

µ1dφ1 +

1

µ2dφ2

dove con ovvio significato si e posto

dφ = µω, dφ1 = µ1ω1, dφ2 = µ2ω2.

Quindi deve valere che

dφ =µ

µ1dφ1 +

µ

µ2dφ2. (1.47)

Le funzioni φ1 e µ1 dipendono dalle variabili (x1, . . . , xn−1, τ), le funzioni φ2 e µ2

dipendono dalle variabili (y1, . . . , ym−1, τ) ed infine le funzioni φ e µ dipendonodalle variabili (x1, . . . , xn−1, y1, . . . , ym−1, τ). Le funzioni φ1 e φ2 sono regolariper ipotesi e quindi possono essere usate per indurre il seguente cambiamentodi coordinate

(x1, . . . , xn−1, τ)

(y1, . . . , ym−1, τ)−→

(x1, . . . , xn−2, φ1, τ)

(y1, . . . , ym−2, φ2, τ).(1.48)

Sotto il cambiamento di coordinate (1.48) la funzione φ deve dipendere dallevariabili (x1, . . . , xn−2, φ1, y1, . . . , ym−2, φ2, τ), ma dall’equazione (1.47) segueche le derivate parziali di φ rispetto a x1, . . . , xn−2, y1, . . . , ym−2 e τ sono tuttenulle, ossia φ dipende solo da φ1 e φ2 e vale che

∂φ

∂φ1=

µ

µ1,

∂φ

∂φ2=

µ

µ2.

Poiche φ deve dipendere solo da φ1 e φ2 segue che per soddisfare la (1.47),anche i rapporti µ/µ1 e µ/µ2 devono dipendere solo da φ1 e φ2. Se µ dipendessedalle coordinate x1, . . . , xn−2, il rapporto µ/µ2 dovrebbe continuare a dipendereda queste coordinate poiche il fattore integrante µ2 al piu puo dipendere dallecoordinate y1, . . . , ym−2 e quindi non vi sarebbe modo di eliminare la dipendenzada x1, . . . , xn−2; questo significa che φ e indipendente da x1, . . . , xn−2 e poicheanche il rapporto µ/µ1 deve essere indipendente da tali variabili segue che ancheµ1 non puo dipendere da x1, . . . , xn−2. Un analogo ragionamento vale anche peril set di variabili y1, . . . , ym−2, e alla fine risulta che

µ = µ(φ1, φ2, τ), µ1 = µ1(φ1, τ), µ2 = µ2(φ2, τ).

Come e evidente le tre funzioni µ, µ1 e µ2 possono ancora dipendere da τ , ma irapporti µ/µ1 e µ/µ2 non devono dipendere da tale variabile; questa condizionee verificata se µ, µ1 e µ2 ammettono una stessa dipendenza funzionale da τ in

26

Page 36: Formulazione assiomatica della Termodinamica

modo tale che questa dipendenza possa essere annullata nei rapporti. Quindi sideve avere che

µ = T (τ)η(φ1, φ2), µ1 = T (τ)η1(φ1), µ2 = T (τ)η2(φ2),

dove la funzione T = T (τ) e la medesima per i tre fattori integranti. Quindipossiamo scrivere che

T (τ)ω =1

η(φ1, φ2)dφ, T (τ)ω1 =

1

η1(φ1)dφ1, T (τ)ω2 =

1

η2(φ2)dφ2.

Dalla condizione ω = ω1 + ω2 segue che

1

η(φ1, φ2)dφ =

1

η1(φ1)dφ1 +

1

η2(φ2)dφ2

e quindi1

η(φ1, φ2)

∂φ

∂φ1=

1

η1(φ1),

1

η(φ1, φ2)

∂φ

∂φ2=

1

η2(φ2). (1.49)

Derivando la prima delle (1.49) rispetto a φ2 e la seconda rispetto a φ1 esottraendo membro a membro si ottiene che

∂φ2

(

1

η

)

∂φ

∂φ1−

∂φ1

(

1

η

)

∂φ

∂φ2= 0

da cui, avendo calcolato le derivata di 1/η si ricava

∂η

∂φ2

∂φ

∂φ1−

∂η

∂φ1

∂φ

∂φ2= 0 (1.50)

La (1.52) esprime l’annullamento del determinante jacobiano ∂(η, φ)/∂(φ1, φ2) equesto e sufficiente per affermare che η e φ sono funzionalmente dipendenti, ossiache possiamo considerare η unicamente funzione di φ. Con questa osservazionepossiamo scrivere

T (τ)ω =1

η(φ)dφ, T (τ)ω1 =

1

η1(φ1)dφ1, T (τ)ω2 =

1

η2(φ2)dφ2. (1.51)

Poiche le funzioni η, η1 ed η2 sono sufficientemente regolari per essere integrabili,possiamo porre

Φ(φ) =

η(φ), Φ1(φ1) =

dφ1

η1(φ1), Φ2(φ2) =

dφ2

η2(φ2).

Avendo definite queste nuove funzioni le (1.52) si possono riscrivere come

T (τ)ω = dΦ, T (τ)ω1 = dΦ1, T (τ)ω2 = dΦ2 (1.52)

e questo conclude la dimostrazione.

La precedente dimostrazione e una generalizzazione al caso di n variabili delladimostrazione che si trova in [Wilson].

27

Page 37: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Capitolo 2

Gli assiomi della

termodinamica

2.1 Concetti introduttivi

2.1.1 Sistemi termodinamici

Lo studio di un generico fenomeno fisico viene sempre effettuato su di una zonalimitata di spazio o su una porzione finita di materia di tutto l’universo. Laparte presa in esame prende il nome di sistema mentre tutto cio che vi e aldi fuori di essa viene denominato col termine ambiente esterno. Ogni porzionedi un sistema prende il nome di sottosistema. La fisica di un sistema consistenello studio delle trasformazioni che il sistema subisce a causa delle interazionicon l’ambiente esterno. Un tale studio necessita della definizione di grandezzemisurabili, associate al comportamento del sistema; queste quantita vengonogeneralmente denominate coordinate. La termodinamica si propone di descri-vere il comportamento di un sistema da un punto di vista macroscopico ossiariferendosi semplicemente alle caratteristiche globali ed ai comportamenti sularga scala del sistema. La descrizione di un sistema termodinamico richiedela definizione di quelle che chiameremo coordinate macroscopiche o coordinatetermodinamiche o piu spesso variabili termodinamiche. Sistemi termodinami-ci diversi saranno descritti da diverse variabili termodinamiche; tuttavia tuttele variabili termodinamiche sono accomunate dalle seguenti caratteristiche diorigine sperimentale:

• Non implicano ipotesi particolari sulla struttura del materia di cui ilsistema e costituito.

• Per una descrizione macroscopica completa del sistema e necessario defini-re un numero finito n, generalmente piccolo 1, di coordinate.

• I valori delle coordinate devono essere misurabili direttamente.

1L’aggettivo “piccolo e da intendersi rispetto al numero di Avogadro N = 6, 022045× 1023

che rappresenta il numero caratteristico di gradi di liberta nella descrizione microscopica diun sistema.

28

Page 38: Formulazione assiomatica della Termodinamica

• Il valore delle coordinate termodinamiche puo essere variato in modocontinuo e all’occorrenza anche di quantita infinitesime.

2.1.2 L’equilibrio termodinamico

Eun dato di fatto che per ogni sistema termodinamico esiste un insieme minimodi variabili i cui valori determinano univocamente lo stato del sistema. Quandole variabili termodinamiche che descrivono il sistema conservano un valore co-stante fintanto che vengono preservate le stesse condizioni esterne, diremo che ilsistema si trova in uno stato di equilibrio termodinamico. Quindi se non si han-no modifiche dell’ambiente esterno uno stato di equilibrio dovrebbe conservarsiindefinitamente. Puo accadere che, in seguito ad una variazione delle condizioneesterne, il sistema passi da uno stato di equilibrio iniziale, individuato da undeterminato valore delle variabili termodinamiche, ad un nuovo stato di equili-brio specificato da valori diversi delle variabili termodinamiche; quando succedequesto diremo che il sistema ha subito una trasformazione termodinamica. Du-rante una trasformazione il sistema si trova in stati di non equilibrio; in questistati non e piu possibile definire le coordinate termodinamiche del sistema 2.Come conseguenza di tutte le osservazioni fatte possiamo formulare la seguente

Ipotesi 1 Ad ogni sistema termodinamico X e associato un insieme minimodi n variabili termodinamiche indipendenti il cui valore fissa in modo univocogli stati di equilibrio del sistema. Una volta fissate le n variabili indipendenti,ogni stato di equilibrio e in corrispondenza biunivoca con una n-upla di numerireali ~x = (x1, . . . , xn). L’insieme di tutti i possibili stati di equilibrio di X verrarappresentato da un sottoinsieme A di R

n. Si fa l’ipotesi che A sia un insiemelimitato, aperto e connesso 3.

Poiche gli stati di equilibrio di X sono in corrispondenza biunivoca con i punti diA, allora A e isomorfo all’insieme degli stati di equilibrio del sistema; in questosenso col simbolo A indicheremo sia il sottoinsieme di R

n che l’insieme deglistati fisici di equilibrio di X .Il numero n di coordinate indipendenti prende il nome di numero di gradi diliberta e costituisce una caratteristica del particolare sistema considerato. Ov-viamente il numero di gradi di liberta del sistema non puo cambiare in seguitoa trasformazioni termodinamiche.

2.1.3 Variabili intensive e variabili estensive

Le variabili termodinamiche si possono dividere in due grandi famiglie:

2Quando un sistema e in uno stato di non equilibrio molte grandezza termodinamichenon sono neanche piu misurabili. La descrizione di uno stato di non equilibrio richiederebbel’ausilio di un numero di parametri estremamente maggiore rispetto al piccolo numero dicoordinate termodinamiche che serve a descrivere gli stati di equilibrio.

3l’ipotesi che A sia limitato deriva dall’osservazione che oltre certi valori delle coordinatetermodinamiche i sistemi reali collassano. La frontiera di A, che indicheremo con ∂A, ecostituita dai punti di R

n che corrispondono agli stati in cui il sistema inizia a collassare;poiche questi stati non possono essere di equilibrio (dopo il collasso il sistema potrebbe anchenon esistere piu) deve succedere che ∂A∩A = ∅ e questo significa che A e un insieme aperto.L’ipotesi di connessione equivale ad ammettere che qualsiasi coppia di stati di equilibrio puoessere collegata tramite una successione continua di stati di equilibrio intermedi.

29

Page 39: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Variabili intensive. Sono quelle variabili il cui valore non e legato alle dimen-sioni del sistema ne alla quantita di materia di cui il sistema e costituito.Se una variabile intensiva assume lo stesso valore su ogni sottosistema,anche arbitrariamente piccolo, allora si dice che l’intero sistema e omo-geneo rispetto alla data variabile. Se si considera un sistema omogeneocome unione di sottosistemi infinitamente piccoli, in linea di principio hasenso attribuire lo stesso valore delle variabili intensive ad ogni punto delsistema 4. Un sistema termodinamico puo essere costituito dall’unionedi piu sottosistemi omogenei ognuno dei quali possiede un diverso valoredella data coordinata intensiva.

Variabili estensive. Si tratta di quelle variabili il cui valore dipende dalle dimen-sioni del sistema. Il valore che tali variabili assumono sull’intero sistemae uguale alla somma dei valori che esse assumono sui diversi sottosistemidi cui il sistema di partenza e costituito; per tale motivo queste variabiliprendono il nome anche di variabili additive.

Generalmente accade che le variabili intensive caratterizzano lo stato della so-stanza che costituisce il sistema, mentre le variabili estensive sono determinatedalla struttura e dalla dimensione del sistema.

2.1.4 Sistemi accoppiati

Definizione di accoppiamento

Sperimentalmente si osserva che le trasformazioni termodinamiche di un datosistema possono influire direttamente sullo stato di equilibrio di altri sistemi.Consideriamo i due sistemi termodinamici X e Y i cui stati di equilibrio so-no rispettivamente caratterizzati dai valori delle variabili (x1, . . . , xn) ∈ AX e(y1, . . . , ym) ∈ AY . Se ogni stato di equilibrio del sistema X puo convivere conogni stato di equilibrio del sistema Y diremo che i due sistemi sono completa-mente isolati, al contrario se lo stato di equilibrio di uno dei due sistemi influiscesullo stato di equilibrio dell’altro, diremo che i due sistemi sono in contatto o,equivalentemente, che sono accoppiati. Possiamo considerare X e Y come duesottosistemi di un unico sistema termodinamico i cui stati di equilibrio sonodescritti dalle variabili (x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) ∈ AX ∪AY . Quando i sistemi Xe Y sono isolati, ovviamente il vettore (x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) puo assumere unqualsiasi valore in AX ∪AY . Si osserva, invece, che quando i sistemi X e Y sonoin contatto, lo stato di equilibrio simultaneo dei due sistemi non e piu descrittodal valore assunto dalle n + m variabili indipendenti (x1, . . . , xn, y1, . . . , ym),ma la specificazione di alcuni di questi valori determina univocamente anche irimanenti; in base a questo possiamo formulare la seguente

Ipotesi 2 Se i sistemi X e Y sono accoppiati allora, in uno stato di equilibrio si-multaneo, l’insieme delle variabili termodinamiche (x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) deve

4Si tratta di una ovvia idealizzazione concettuale, infatti le dimensioni dei sottosistemi nonpossono essere minori delle dimensioni dei costituenti intimi della materia ed in ogni caso isottosistemi devono essere sufficientemente grandi per ammettere ancora una descrizione intermini di variabili termodinamiche.

30

Page 40: Formulazione assiomatica della Termodinamica

soddisfare un sistema di relazioni del tipo

f1(x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) = 0...

...fk(x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) = 0

che da le condizioni di equilibrio per l’accoppiamento. Si assume che le funzionifi : AX ∪ AY → R, con i = 1, . . . , k, siano regolari in AX ∪ AY .

Il numero k viene detto ordine dell’ accoppiamento tra i due sistemi e rap-presenta il numero di variabilei che a causa dell’accoppiamento sono divenutedipendenti. Due sistemi completamente isolati sono tra loro in accoppiamentodi ordine zero.Molto importanti sono gli accoppiamenti semplici o del primo ordine, ossia icontatti per cui si ha una sola condizione di equilibrio. Un esempio di accop-piamento del primo ordine e dato dall’accoppiamento chimico che si instauratra due sistemi quando essi si scambiano reciprocamente solo materia; in questocaso se mX ed mY sono le masse dei due sistemi, la condizione di equilibrio saradefinita dall’equazione mX +mY = M , dove M rappresenta la massa totale deidue sistemi che ha un valore costante. Un secondo esempio di accoppiamentodel primo ordine e fornito dall’accoppiamento meccanico che si instaura tra duesistemi che esercitano reciprocamente uno sull’altro delle forze di tipo mecca-niche. Molto spesso al raggiungimento dell’equilibrio meccanico i due sistemihanno variato il loro volume (senza che pero si abbia variazione del volume to-tale occupato dai due sistemi); in questo caso se VX ed VY sono i volumi dei duesistemi, la condizione di equilibrio sara definita dall’equazione VX + VY = V ,dove V e il volume totale dei due sistemi.

Accoppiamento termico.

L’esperienza mostra che due sistemi termodinamici, incapaci di scambiarsi ma-teria e tali da non poter esercitare alcun tipo di forza l’uno sull’altro, possonoessere ancora capaci di interagire; ad esempio quando un recipiente contenetedel ghiaccio viene posto in contatto con una fiamma, quello che si osserva e cheil giaccio fonde. Un tale contatto, che ovviamente non e ne di tipo chimico netantomeno di tipo meccanico, viene chiamato accoppiamento termico. Questaosservazione ci consente di formulare la

Ipotesi 3 Esiste un’accoppiamento termodinamico del primo ordine che non ene di tipo chimico ne di tipo meccanico, esso prende il nome di accoppiamentotermico ed e mediato dallo scambio di una quantita chiamata calore.

Tra tutti i possibili accoppiamenti, l’accoppiamento termico e sicuramente quel-lo piu rilevante dal punto di vista termodinamico. Per il momento non faremonessuna ipotesi sulla natura del calore tranne che ritenerlo responsabile del-l’accoppiamento termico. Quando due sistemi sono separati da una parete cheimpedisce l’accoppiamento termico diremo che essi sono termicamente isolati .Le pareti che impediscono il contatto termico vengono dette adiabatiche mentrechiameremo diaterme quelle che lo permettono; ovviamente le pareti diatermedevono essere attraversabili dal calore mentre quelle adiabatiche devono essereimpermeabili al passaggio di calore. Tutti i processi che avvengono in un siste-ma separato dall’ambiente esterno tramite pareti adiabatiche sono detti processi

31

Page 41: Formulazione assiomatica della Termodinamica

adiabatici. Quando due sistemi termodinamici, che sono unicamente in reciprococontatto termico, raggiungono uno stato di equilibrio, allora essi sono in equili-brio termico. Diremo che un sistema termodinamico e termicamente omogeneose esso non contiene nessun sottosistema separato tramite pareti adiabatiche. Inquesto senso un sistema termicamente omogeneo e in contatto termico con ognisuo sottosistema; quando un sistema termicamente omogeneo e in uno stato diequilibrio allora e in equilibrio termico con ogni suo sottosistema.

2.2 La temperatura empirica

2.2.1 Il principio zero della termodinamica

Siano X e Y due sistemi termicamente omogenei perfettamente isolati tra loroe supponiamo che siano entrambi in contatto termico con un terzo sistema ter-micamente omogeneo Z; al raggiungimento dell’equilibrio, i sistemi X e Y sonoin equilibrio termico con Z. Supponiamo ora di mettere in contatto termico Xe Y; quello che sperimentalmente si osserva e che le variabili termodinamichedei due sistemi non cambiano valore, ossia X e Y sono gia in equilibrio termicotra loro. Questa osservazione, di valenza esclusivamente sperimentale, costitui-sce il contenuto della prima asserzione fondamentale per la formulazione dellatermodinamica, ossia:

Principio 1 (Principio zero della termodinamica) Se i due sistemi ter-micamente omogenei X e Y sono individualmente in equilibrio termico conun terzo sistema termicamente omogeneo Z, allora i sistemi X e Y sono inequilibrio termico tra loro.

Dato un sistema termodinamico X ha senso considerare tutti i possibili stati diequilibrio che esso in teoria puo assumere; da questo punto di vista e lo stessosistema termodinamico che puo esistere in uno qualsiasi di questi stati. E pos-sibile avere anche un secondo punto di vista: dato il sistema X consideriamotante copie virtuali, identiche, del sistema quanti sono i possibili stati di equi-librio raggiungibili da X ; quindi possiamo pensare che ognuna di queste copiepossa esistere in uno solo dei possibili stati di equilibrio (ogni copia si devetrovare in uno stato differente). Indicheremo con l’insieme di tutti i sistemitermodinamici termicamente omogenei in equilibrio, includendo nel conteggiotutte le possibili copie virtuali di ogni dato sistema fisico. Come conseguenzadel Principio zero otteniamo che:

Proposizione 6 L’equilibrio termico induce una relazione di equivalenza su .

DimostrazionePer definizione di equilibrio termico un sistema X e sicuramente in equilibriocon ogni suo sottosistema e quindi con se stesso (proprieta riflessiva); inoltre seX e in equilibrio con Y, allora banalmente Y sara in equilibrio con X (proprietasimmetrica). Resta da verificare l’ultima proprieta; supponiamo che X sia inequilibrio con Y che e a sua volta in equilibrio conZ. Per la proprieta simmetricaanche Z e in equilibrio con Y e per il Principio zero X e Z devono essere inequilibrio tra loro (proprieta transitiva). Cio conclude la dimostrazione.

Quindi l’equilibrio termico produce in modo naturale una partizione dell’insieme

32

Page 42: Formulazione assiomatica della Termodinamica

in classi di equivalenza formate da sistemi tutti in equilibrio termico tra loro.Indicheremo le classi di equivalenza con []r al variare del parametro r; devevalere che =

r[]r e []r⋂

[]r′ se r 6= r′.

2.2.2 Il concetto di temperatura

Gli insiemi isotermi

Consideriamo due sistemi termicamente omogenei X e Y in reciproco equilibriotermico. Supponiamo che il sistema Y sia mantenuto costantemente in uno statodi equilibrio descritto da (y′1, . . . , y

′m). Gli esperimenti mostrano che, in genere,

esiste tutta una collezione di stati in cui il sistema X si trova in equilibrio conlo stato (y′1, . . . , y

′m) del sistema Y. Indicheremo con Σ l’insieme di tutti gli

stati di equilibrio di X che sono in equilibrio termico con lo stato (y′1, . . . , y′m) .

Come ovvia conseguenza del Principio zero tutti gli stati di Σ (intesi come statidi copie virtuali di X ) devono essere in reciproco equilibrio termico. Quindi, gliinsiemi costruiti come Σ devono essere totalmente contenuti in un’unica classedi equivalenza in cui viene ripartito dalla relazione indotta dall’equilibriotermico. Supponiamo che X sia un sistema termodinamico ad n gradi di liberta;considerato come insieme dei punti rappresentativi degli stati di equilibrio, siha che Σ ⊂ AX ⊂ R

n (ricordiamo che con AX si indica l’insieme di tutti glistati di equilibrio del sistema X ). Σ prende il nome di insieme isotermo di X .Valgono le seguenti considerazioni:

• L’insieme AX e unione disgiunta di insiemi isotermi di X .

• Le classi di equivalenza []r in cui viene ripartito sono unione disgiuntadi insiemi isotermi di diversi sistemi fisici.

La temperatura empirica

Siano X , Y e Z tre sistemi termodinamici, termicamente omogenei ed in recipro-co equilibrio termico; siano (x1, . . . , xn), (y1, . . . , ym) e (z1, . . . , zs) i rispettivivalori delle variabili termodinamiche. Poiche per ipotesi il contatto termicoe descritto da un accoppiamento semplice, possiamo scrivere le condizioni diequilibrio termico tra le coppie di sistemi X -Z e Y-Z come segue:

fXZ(x1, . . . , xn, z1, . . . , zs) = 0

fYZ(y1, . . . , ym, z1, . . . , zs) = 0.(2.1)

Dato che le funzioni fXZ e fYZ sono, per ipotesi, regolari in virtu del Teorema diDini possiamo risolvere le (2.1) in modo da ottenere z1 in funzione delle restanticoordinate,

z1 = gXZ(x1, . . . , xn, z2, . . . , zs)

z1 = gYZ(y1, . . . , ym, z2, . . . , zs),

e quindi

gXZ(x1, . . . , xn, z2, . . . , zs)− gYZ(y1, . . . , ym, z2, . . . , zs) = 0. (2.2)

L’equazione (2.2) descrive la situazione di equilibrio termico simultaneo tra lecoppie di sistemi X -Z e Y-Z, tuttavia tale situazione, in virtu del Principio

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Page 43: Formulazione assiomatica della Termodinamica

zero, deve essere esprimibile come condizione di equilibrio tra X e Y e quindideve essere equivalente alla condizione

fXY(x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) = 0. (2.3)

Questo e possibile se anche la (2.2) si riduce ad una relazione che involve lesole variabili (x1, . . . , xn, y1, . . . , ym), quindi, la condizione di compatibilita trala (2.2) e la (2.3) richiede che deve valere

gXZ(x1, . . . , xn, z2, . . . , zs) = θX (x1, . . . , xn)α(z2, . . . , zs) + β(z2, . . . , zs)

gYZ(y1, . . . , ym, z2, . . . , zs) = θY(y1, . . . , ym)α(z2, . . . , zs) + β(z2, . . . , zs),

dove le funzioni α e β sono le stesse in ambo le equazioni. In virtu della (2.2) siha

θX (x1, . . . , xn) = θY(y1, . . . , ym).

Applicando lo stesso procedimento all’equilibrio tra le coppie X -Y e Z-Y, otte-niamo una relazione della forma

θX (x1, . . . , xn) = θY(y1, . . . , ym) = θZ(z1, . . . , zs). (2.4)

La (2.4) mostra che esiste una funzione per ogni insieme di coordinate chedeve assumere lo stesso valore per sistemi che sono reciprocamente in equilibriotermico. Il valore comune θ di queste funzione prende il nome di temperaturaempirica o piu brevemente di temperatura. Dalla (2.4) segue che tutti i sistemitermicamente omogenei in reciproco equilibrio termico, ossia tutti gli elementidi una stessa classe di equivalenza di , sono identificati da uno stesso valoredella temperatura e quindi la temperatura diviene il parametro caratterizzantedell’equilibrio termico. Consideriamo l’ equazione relativa al sistema X

θX (x1, . . . , xn) = θ; (2.5)

la (2.5) prende il nome di equazione di stato per il sistema X . Per un fissatovalore di θ l’insieme di n-uple che soddisfano la (2.5) coincide con l’insieme deipunti rappresentativi di tutte le copie virtuali di X in reciproco equilibrio termi-co e quindi identifica tutti i punti di un insieme isotermico. Poiche la funzioneθX e supposta regolare, la (2.5) dice che gli insiemi isotermici sono ipersuperficin−1 dimensionali contenute in R

n; chiameremo tali superfici superfici isotermi-che del sistema X e le indicheremo con il simbolo Σθ. Poiche θX e una funzioneregolare (e quindi continua), quando viene valutata sull’insieme (aperto e limi-tato e connesso ) AX essa ha come immagine un intervallo aperto di R. Allora,tramite l’equazione (2.5), si ottiene una corrispondenza biunivoca e continuatra la totalita delle superfici isotermiche e un intervallo aperto di R; questo cipermette di dare un ordinamento all’insieme delle temperature e cio ci consentedi stabilire quale tra due temperature e piu grande (o piccola) dell’altra.Un sistema termicamente omogeneo e in contatto termico con tutti i suoi pos-sibili sottosistemi e quando esso e all’equilibrio allora e in equilibrio termicocon tutti i suoi sottosistemi, piccoli che essi siano. Da questo segue che ognisottosistema di un sistema termicamente omogeneo e alla stessa temperaturae quindi, all’equilibrio, in ogni punto di un sistema termicamente omogeneo epossibile misurare la stessa temperatura. In definitiva un sistema termicamenteomogeneo e omogeneo rispetto alla variabile termodinamica temperatura.

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Page 44: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Il termometro

Cosı come abbiamo fatto per i sistemi X , Y e Z possiamo pensare di costrui-re, almeno in linea di principio, la funzione temperatura θK per ogni genericosistema termicamente omogeneo K; ovviamente tutte le funzioni temperaturadevono soddisfare una relazione tipo la (2.4) per gli stati di reciproco equilibrio.Tuttavia le funzioni θK possono essere anche estremamente diverse tra loro ecertamente puo risultare poco pratico dover costruire una infinita di funzioni perassegnare la temperatura dello stato di equilibrio di ogni sistema termodinamico.Vi e un metodo piu agevole che si basa sull’assunzione della seguente

Ipotesi 4 Esiste un sistema termodinamico T , termicamente omogeneo, chepuo essere messo in equilibrio termico con ogni stato di ogni sistema termodi-namico. Inoltre e nota la funzione temperatura θK di questo sistema. T prendeil nome di termometro.

Cio significa che in ogni classe di equivalenza []r di esiste almeno uno statodi equilibrio del sistema T . Possiamo costruire una funzione temperatura che euniversalmente valida per ogni sistema termodinamico. Consideriamo il genericosistema termicamente omogeneo K che si trova in uno stato di equilibrio termicodefinito dai valori (k1, . . . , kp). Supponiamo che questo stato di equilibrio sianella classe di equivalenza []r assieme allo stato (t1, . . . , tq) di T . Definiamola funzione Θ nel seguente modo

Θ(k1, . . . , kp) ≡ θT (t1, . . . , tq) = θr.

In questo modo si ha che Θ : → R ed inoltre e evidente che

Θ([]r) = θr,

ossia assume valore costante sulle classi di equivalenza di (che quindi, pos-sono essere labellate tramite il valore della temperatura). Ovviamente anchela definizione di Θ non e univoca; se h : R → R e una funzione strettamentemonotona allora anche Θ′ ≡ h Θ e un buona funzione temperatura universale.

2.3 Lavoro e calore

2.3.1 Il lavoro per i sistemi termodinamici

Il lavoro e un concetto puramente meccanico ed e legato allo spostamento di uncorpo sotto l’effetto di una forza; ad esempio si dice che un campo di forza ~fcompie su di un corpo un lavoro infinitesimo δW = ~f · d~x quando il corpo inesame subisce uno spostamento d~x della sua posizione5. Se un sistema termo-dinamico, considerato nel suo insieme, esercita sull’ambiente esterno una forzae se come conseguenza di cio si ha un qualunque spostamento, allora il lavorofatto o subito dal sistema prende il nome di lavoro esterno; ad esempio un gasche si espande in un cilindro chiuso da un pistone compie del lavoro esternosull’ambiente circostante. Il lavoro interno, invece, e quello che una parte delsistema compie sul resto del sistema; ad esempio l’interazione molecolare e causa

5Osserviamo che abbiamo usato il simbolo δW e non dW poiche il lavoro infinitesimo none, in generale, un differenziale esatto; il lavoro infinitesimo ha la struttura di una 1-forma.

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Page 45: Formulazione assiomatica della Termodinamica

di lavoro interno.Ai fini di una descrizione termodinamica, il lavoro interno compiuto dal sistemanon ha rilevanza, cio che conta e il lavoro prodotto dall’interazione del sistemacon l’ambiente esterno o con eventuali altri sistemi. Quando un sistema ter-modinamico compie del lavoro esterno, i cambiamenti che hanno luogo possonoessere descritti in termini della variazione dei valori delle coordinate termodina-miche. D’ora in poi con la parola lavoro intenderemo sempre il lavoro esterno.Se la forza che un sistema termodinamico esercita sull’ambiente circostante eequiversa allo spostamento che ne deriva, diremo che il sistema compie un certolavoro sull’ambiente esterno e tale lavoro e assunto convenzionalmente positivo;viceversa se lo spostamento ha verso opposto rispetto alla forza che il sistemaesercita sull’ambiente diremo che viene compiuto del lavoro sul sistema, e talelavoro e negativo.

2.3.2 Trasformazioni quasi-statiche

Consideriamo un sistema termodinamico X i cui stati di equilibrio sono descrittidalle coordinate (x1, . . . , xn) ∈ A ⊂ R

n. Se l’equilibrio viene rotto (ad esempioda una variazione delle condizioni esterne o dall’insorgere di nuovi accoppiamen-ti tra le diverse parti del sistema stesso) il sistema subira una trasformazionetermodinamica attraversando una successione continua di stati di non equili-brio, finche il processo non si arrestera con il raggiungimento di un nuovo statodi equilibrio. Nel Paragrafo 2.1.2, in virtu dell’Ipotesi 1, abbiamo ammessoche solo gli stati di equilibrio possano essere definiti univocamente dal valoreche assumono le n coordinate termodinamiche; rimane da capire cosa accadedurante gli stati di non equilibrio. Per semplicita supponiamo che X sia un si-stema omogeneo rispetto a tutte le sue variabili estensive; possiamo immaginareche l’intero sistema sia formato da un numero N molto grande di sottosistemi,

ognuno dei quali e descritto da n coordinate termodinamiche (x(i)1 , . . . , x

(i)n ) con

i = 1, . . . , N . Tutti questi sistemi devono essere accoppiati reciprocamente inmodo tale che all’equilibrio devono valere le seguenti relazioni

xk = x(1)k = . . . = x

(N)k (per le variabili intensive)

xk = x(1)k + . . .+ x

(N)k (per le variabili estensive).

In particolare possiamo scegliere la suddivisione in modo tale che all’equilibrioi sottosistemi siano tutti della stessa dimensione e con una uguale quantita dimateria in modo tale che deve valere

xk = x(1)k = . . . = x

(N)k (per le variabili intensive)

xk

N= x

(1)k = . . . = x

(N)k (per le variabili estensive).

(2.6)

Se in seguito ad un qualche fenomeno si ha rottura dell’equilibrio, le variabilitermodinamiche dei vari sottosistemi cominceranno a cambiare in maniera in-dipendente e la differenza di questi valori fara nascere nuovi accoppiamenti inmodo tale che la perturbazione si propaghera (con una velocita finita) nei diversipunti del sistema. Inoltre non e da escludere che a causa della rottura dell’equi-librio vi sia anche uno scambio di materia ed una variazione dei volumi dei vari

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Page 46: Formulazione assiomatica della Termodinamica

sottosistemi. Quindi lo stato di non equilibrio del sistema dovrebbe essere de-scritto ad ogni istante da un insieme molto grande di variabili termodinamiche;la descrizione risulta tanto piu accurata quanto maggiore e il numero N di sot-tosistemi presi in considerazione ma cosı facendo aumenta il numero degli nNparametri indipendenti necessari a descrivere il sistema totale. Inoltre il valoredi N non puo essere preso grande a piacere in quanto la materia ha una strut-tura intima che e discreta ed i vari sottosistemi devono essere sufficientementegrandi da poter essere considerati ancora sistemi termodinamici. Quindi unatale descrizione degli stati di non equilibrio, sara sempre approssimata seppurel’approssimazione risulta tanto migliore quanto il valore di N e grande.Se lo stato di equilibrio iniziale del sistema e descritto da un vettore ~x ∈ R

n,alla rottura dell’equilibrio, in ogni istante il sistema sara descritto da un vetto-re ~X = (~x(1), . . . , ~x(N)) ∈ R

nN . Lo spazio iniziale Rn, che chiameremo spazio

d’equilibrio e quindi un sottospazio dello spazio di trasformazione RnN e vie-

ne individuato dalle condizioni (2.6). Quindi, la piu generica trasformazionetermodinamica puo essere rappresentata da una curva in uno spazio di trasfor-mazione nN -dimensionale, che ha il punto iniziale e quello finale che giacenti inun sottospazio di equilibrio n-dimensionale.Possiamo pensare di considerare dei processi che avvengono in modo infinita-mente lento; in queste condizioni,ad ogni istante, tutti gli N sottosistemi avran-no valori molto prossimi delle variabili termodinamiche ed in questo senso ilpunto rappresentativo dello stato del sistema sara, ad ogni istante, infinitamen-te vicino al sottospazio di equilibrio R

n. Un processo infinitamente lento prendeil nome di trasformazione quasi-staticae poiche per un tale processo possiamoconfondere tutti gli stati di non equilibrio con stati di equilibrio, esso verrarappresentato da una curva continua contenuta in R

n. I processi quasi-staticipossono avvenire in due modi: si viene a creare un accoppiamento tra diverseparti del sistema che anno valori delle coordinate termodinamiche che differi-scono di una quantita infinitesima, in tal caso si parla di processi spontanei;le condizioni esterne subiscono una successione lenta di variazioni infinitesimi,in modo tale che, ad ogni istante, le forze non equilibrate dal sistema hannoun’intensita infinitesima, in tal caso si parla di processi forzati dall’esterno.Ovviamente il processo quasi-statico, ottenuto come limite di una trasforma-zione estremamente lenta, e solo una idealizzazione teorica, tuttavia essi sonoapprossimabili arbitrariamente bene.

2.3.3 Forze generalizzate e lavoro termodinamico

Fino ad ora abbiamo parlato di forze e di lavoro permutando il significato diqueste parole dai relativi concetti meccanici, in questo senso il lavoro compiu-to da un sistema termodinamico e sempre associato ad una variazione dellecoordinate geometriche del sistema stesso; tuttavia per una trattazione formalepuo essere utile dare delle definizioni generali. Consideriamo due sistemi ter-modinamici, indipendentemente in equilibrio, X e Y, definiti reciprocamentedagli insiemi di variabili termodinamiche ~x = (x1, . . . , xn) ed ~y = (y1, . . . , ym).Supponiamo che in seguito all’accoppiamento i due sistemi evolvano verso l’e-quilibrio variando solo le coordinate x1 e y1 secondo una relazione funzionaledel tipo g(x1, y1) = 0 e mantenendo costanti tutte le altre variabili6. Per il

6si tratta di un accoppiamento di ordine n + m − 1 in quanto la condizione di equilibrio efunzione di una sola variabile indipendente.

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Page 47: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Teorema delle funzioni implicite la condizione di equilibrio puo essere riscrittacome x1 = h(y1) e considerando y′1 = −h(y1) come nuova variabile termodina-mica per il sistema Y, la condizione di equilibrio si riduce a x1 + y′1 = 0. Aquesto punto, dimenticando l’apice per la variabile y′1, otteniamo la relazioneper le variazioni infinitesime dx1 +dy1 = 0. Per il raggiungimento dell’equilibriopossono verificarsi tre distinte ipotesi: x1 aumenta mentre y1 diminuisce; y1 au-menta mentre x1 diminuisce; x1 e y1 restano costanti. Ovviamente, nell’ultimocaso, i due sistemi erano in equilibrio anche prima di essere messi in contatto.Consideriamo due generiche funzioni positive fX = fX (~x) e fY = fY(~y) tali che

fX > fY se dx1 > 0 dy1 < 0fX < fY se dx1 < 0 dy1 > 0fX = fY se dx1 = 0 dy1 = 0;

(2.7)

una tale coppia di funzioni prende il nome di forze generalizzate 7 e le variabilix1 ed y1 prendono il nome di coordinate di deformazione. Se interpretiamofX come la forza che il sistema X applica sul sistema Y ed fY come la forzache il sistema Y applica sul sistema X , la (2.7) assume un ovvio significato: ilsistema che applica una forza maggiore sull’altro incrementa la propria variabilia discapito della diminuzione della variabile relativa dell’altro sistema; si haequilibrio quando le forze si bilanciano. Quindi possiamo pensare che l’equilibriodei due sistemi si determina per il reciproco effetto di queste forze. Per i processiquasi-statici deve accadere che la differenza delle due forze deve avere un valoreinfinitesimale.La quantita δWX = fXdx1 rappresenta il lavoro infinitesimo che il sistema Xcompie sul sistema Y per mezzo della forza generalizzata fX ; analogo significatoha l’espressione δWY = fYdy1 = −fYdx1. La quantita

δW = δWX − δWY = (fX − fY)dx1

da il lavoro infinitesimo totale compiuto all’interno del sistema composto da Xe Y; tale quantita e sempre positiva.Discutiamo il caso particolare in cui il sistema Y funge da ambiente esterno peril sistema X e supponiamo che quest’ultimo applichi sull’ambiente esterno uninsieme di forze generalizzate f1 = f1(~x); . . . ; fp = fp(~x) con p ≤ n, tale chela forza fi sia relativa alla variabile termodinamica xi (omettiamo il pedice Xnell’espressione delle forze poiche considereremo solo forze applicate dal sistemaX sull’esterno). Il lavoro infinitesimo che X compie sull’esterno e dato da

δW =

p∑

i=1

δWi =

p∑

i=1

fi(~x)dxi. (2.8)

La (2.8) ha la struttura di una 1-forma in Rn relativa ad un campo vettoriale

~f = ~f(~x) che eventualmente ha componenti costantemente nulle in relazione aquelle variabili termodinamiche che non subiscono variazioni. Supponiamo chesotto l’effetto di tali forze il sistema X passi dallo stato di equilibrio iniziale

7Osserviamo che le funzioni fX ed fY sono abbastanza arbitrarie in quanto sono definite ameno di una qualsiasi funzione strettamente crescente ϕ tale che f ′

X= (ϕfX ) e f ′

X= (ϕfX )

sono ancora due forze generalizzate. Questa arbitrarieta permette di operare la scelta piuconveniente nelle diverse situazioni pratiche.

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Page 48: Formulazione assiomatica della Termodinamica

~x = (x1, . . . , xn) ad uno stato di equilibrio finale ~x ′ = (x′1, . . . , x′n); possiamo

pensare che il lavoro totale compiuto sia dato da

W =

∫ ~x ′

~x

δW.

Ovviamente un tale integrale ha senso solo se le variabili termodinamiche, dacui dipende il lavoro infinitesimale δW , sono definite durante tutta la trasfor-mazione; quindi il calcolo del lavoro tramite il precedente integrale ha sensosolo per trasformazioni quasi-statiche. Sotto una trasformazione quasi-staticadovuta alle forze generalizzate fi che porta il sistema dallo stato ~x allo stato~x ′, viene compiuto un lavoro finito

W =

∫ ~x ′

~x

δW =

∫ ~x ′

~x

p∑

i=1

fi(~x)dxi. (2.9)

L’equazione (2.9) e l’integrale di linea di una 1-forma e per quanto visto nelParagrafo 1.3.3 il valore di W non dipende esclusivamente dagli estremi di in-tegrazione, ossia dagli stati iniziale e finale, ma dipende in modo essenziale dalpercorso lungo il quale l’integrale e calcolato. Fisicamente cio significa che il la-voro che un sistema termodinamico compie quando evolve tra due stati distinti,dipende in modo determinante dal tipo di trasformazione che esso subisce, ossiada tutti gli stati intermedi attraverso i quali esso passa. Ovvia conseguenzadi cio e che in una trasformazione ciclica, che riporta il sistema nello stato dipartenza, viene generalmente compiuto un lavoro non nullo. Tuttavia nel casoparticolare in cui il campo di forze generalizzate ~f sia conservativo e quindi illavoro infinitesimale e il differenziale di una funzione scalare ψ, otteniamo che

W =

∫ ~x ′

~x

δW =

∫ ~x ′

~x

dψ = ψ(~x ′)− ψ(~x),

ossia il lavoro dipende solo dagli stati iniziali e finali ed in un ciclo chiuso, illavoro compiuto da un tale sistema si annulla identicamente.

2.3.4 Il primo principio della termodinamica; il concetto

di calore

Abbiamo mostrato che l’effetto significativo che si osserva durante un processodi accoppiamento termico tra due sistemi e che i due corpi variano le loro tem-perature fino a che esse non assumono uno stesso valore; un tale processo puoessere interpretato in termini dello scambio di una quantita chiamata calore.Fino ad ora il calore e stato introdotto in maniera operativa nel modo seguente:il calore e l’ente che viene scambiato tra due sistemi in virtu di una differenza ditemperatura; il flusso di calore cessa al raggiungimento dell’equilibrio termico.Tuttavia una tale definizione non dice nulla circa l’essenza fisica di tale ente; ildiscorso che segue mirera a chiarire quale sia la natura del calore.Purche l’accoppiamento non sia di tipo termico, le variazioni di stato dell’am-biente circostante possono indurre trasformazioni termodinamiche anche in unsistema adiabatico. Quindi un sistema adiabatico puo essere accoppiato al-l’ambiente esterno in modo da poter produrre del lavoro. Come tipico esempiopossiamo considerare un gas contenuto in un recipiente adiabatico provvisto

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Page 49: Formulazione assiomatica della Termodinamica

di un pistone scorrevole, manovrabile dall’esterno. Applicando una opportunaforza e possibile comprimere il gas che tuttavia rimane termicamente isolatodurante tutta la trasformazione; in questo caso il sistema termodinamico hacompiuto un processo adiabatico per mezzo di un accoppiamento di tipo mec-canico con il mondo esterno ed ha compiuto un lavoro W che in generale none nullo. Innumerevoli esperimenti mostrano che quando un sistema adiabaticoX passa da uno stato iniziale ~x ad uno finale ~x ′ secondo una qualsiasi trasfor-mazione adiabatica, allora il lavoro compiuto W (~x → ~x ′) ha sempre lo stessovalore. Questa osservazione conduce a pensare che per sistemi adiabatici il la-voro compiuto durante una generica trasformazione adiabatica sia solo funzionedelle coordinate termodinamiche dello stato iniziale e di quello finale, indipen-dentemente dal percorso adiabatico che congiunge i due stati. Quindi in virtudi quanto detto nei paragrafi 1.3.3 e 2.3.3, il lavoro W (~x→ ~x ′) compiuto da unsistema adiabatico deve essere esprimibile in termini della differenza dei valoriassunti da una funzione di stato8 del sistema tra gli stati ~x e ~x ′; chiameremouna tale funzione energia interna e la indicheremo con U . quindi per un sistemaadiabatico che passa dallo stato ~x allo stato ~x ′ vale che

−W (~x→ ~x ′) = U(~x ′)− U(~x) (2.10)

dove il segno meno e stato introdotto in modo che quando il sistema compie unlavoro positivo, la sua energia interna diminuisce. Se interpretiamo la quantitaU(~x ′) − U(~x) come la variazione di energia del sistema, allora la (2.10) espri-me un principio di conservazione dell’energia tramite l’uguaglianza del lavoroadiabatico con la variazione di energia. Tuttavia la (2.10) esprime qualcosa inpiu; essa dice che esiste una funzione delle coordinate termodinamiche tale chela differenza tra due suoi valori rappresenta la variazione di energia del sistema.Quando il sistema compie trasformazioni non adiabatiche le considerazioni finoad ora fatte non valgono piu in quanto il lavoro compiuto non e piu funzionesolo degli stati iniziale e finale, ma dipende fortemente dalla particolare trasfor-mazione seguita. Il problema da risolvere e quello di riuscire a legare ancora illavoro compiuto con una funzione di stato del sistema in modo che sia anco-ra verificato un principio di conservazione dell’energia. La soluzione di un taleproblema si puo ottenere solo tramite l’introduzione di un’ipotesi; si postula cheper i sistemi termodinamici valga il

Principio 2 (I Principio della termodinamica) Per ogni sistema termodi-namico X esiste una funzione delle sole coordinate termodinamiche del sistema~x = (x1, . . . , xn) che chiamiamo energia interna e che indichiamo con U = U(~x).In un processo in cui il sistema passa da uno stato iniziale ~x ad uno finale ~x ′

la variazione di energia interna deve essere espressa da

U = U(~x ′)− U(~x)

indipendentemente dal tipo di trasformazione compiuta dal sistema. Inoltre, inun processo adiabatico in cui il sistema compie un lavoro Wad, deve valere che−Wad = U . Per finire supporremo che U sia una funzione regolare dellevariabili termodinamiche del sistema.

8Una funzione di stato e una funzione il cui valore dipende solo dal valore delle coordinatetermodinamiche che descrivono il sistema.

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Page 50: Formulazione assiomatica della Termodinamica

L’ultima richiesta probabilmente e solo un’idealizzazione ma permette una note-vole semplificazione della matematica. Osserviamo che il I Principio definiscesolo la differenza di energia interna e quindi definisce U a meno di una costanteadditiva priva di qualsiasi significato fondamentale.Resta da capire come sia possibile determinare la funzione U per quei sistemi chenon sono adiabaticamente isolati. Supponiamo che il sistema X possa evolveredallo stato iniziale ~x allo stato finale ~x ′ tramite due distinte trasformazioni,di cui una avviene in condizioni adiabatiche mentre l’altra in condizioni generi-che. Sia Wad il lavoro compiuto nella trasformazione adiabatica e W il lavorocompiuto nella trasformazione non adiabatica. In generale vale che Wad 6= W .PoniamoQ = W−Wad dove la funzione di deficit Q prende il nome di calore del-la trasformazione; poiche nel processo adiabatico deve valere cheU = −Wad epoiche la quantita U non dipende dalla trasformazione eseguita ma solo daglistati iniziale e finale, per il generico processo possiamo scrivere

Q = W +U ⇒ U = Q−W. (2.11)

Per qualunque trasformazione che connette gli stessi stati il valore di U esempre lo stesso sebbene la natura dell’interazione tra il sistema e l’ambientecircostante differisce per ogni diversa trasformazione; in questo senso le funzioniQ e W son intimamente legate al tipo di interazione che produce la trasforma-zione nel sistema. Dalla (2.11) segue che in un processo adiabatico deve valereche Q = 0; la condizione di annullamento del calore e quindi sufficiente perdeterminare la natura adiabatica di una trasformazione. L’equazione (2.11) ri-sponde alle domande rimaste ancora aperte riguardo alla natura fisica dell’entecalore; valgono le seguenti osservazioni:

1. Q e W sono due diverse manifestazioni dell’energia che viene scambiatatra il sistema termodinamico e l’ambiente circostante.

2. U e una funzione crescente di Q; se Q > 0 diremo che il calore fluisce nelsistema e cio comporta un aumento dell’energia interna, al contrario quan-do Q < 0 diremo che il calore defluisce dal sistema e a cio si accompagnauna diminuzione dell’energia interna.

3. U e una funzione decrescente di W ; se W > 0, ossia se il sistema compieun lavoro positivo sull’ambiente si ha una diminuzione dell’energia interna,al contrario quando W < 0, ossia quando il lavoro e compiuto sul sistema,si ha un aumento dell’energia interna.

4. Q e W non sono in generale funzioni di stato, solo la loro somma e unafunzione di stato e quindi non ha senso chiedersi quanto calore o quantolavoro un sistema possiede in un determinato stato; ogni stato del siste-ma puo essere raggiunto tramite diversi processi ognuno dei quali puoinvolvere diverse quantita di lavoro e calore.

Se si interpreta Q e W come forme di energia che vengono scambiate tra ilsistema e l’ambiente esterno durante un processo, bisogna pure ammettere chequalsiasi processo che avviene totalmente all’interno del sistema non ne puomodificare la sua energia interna. Quindi, come corollario del I Principio segueil

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Page 51: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Principio 3 (Conservazione dell’energia) In un sistema perfettamente iso-lato deve valere che U = 0, ossia l’energia interna e costante, qualsiasi sia ilprocesso che avviene internamente al sistema.

Un esempio paradigmatico di sistema perfettamente isolato e l’intero universo.

2.4 L’entropia

2.4.1 Processi reversibili ed irreversibili

Definiamo il significato di reversibilita di un processo:un processo reversibile e una trasformazione che si svolge in modo tale che allafine, sia il sistema, sia cio che localmente lo circonda, possono essere riportatiallo stato iniziale, senza produrre alcun cambiamento nel resto dell’universo;durante una tale trasformazione il sistema deve passare da stati infinitamentevicini a stati di equilibrio a causa di successive piccole variazioni delle condizioniesterne. La trasformazione inversa si deve poter ottenere invertendo l’ordinedelle variazioni subite dalle condizioni esterne. Una trasformazione che nonsoddisfa queste condizioni verra indicata come un processo irreversibile.Dalla definizione segue che una trasformazione reversibile e necessariamentequasi-statica, ma non vale il viceversa. Si osserva che la totalita dei processispontanei che avvengono in natura sono di tipo irreversibile ed e per questomotivo che le trasformazioni irreversibili vengono anche chiamate trasformazionireali. Alla base dell’irreversibilita vi sono sempre effetti dissipativi quali attrititra le parti in movimento del sistema, viscosita dei fluidi contenuti nel sistema,isteresi dei materiali sottoposti a forti stress, etc.; questi effetti dissipativi sonoresponsabili della trasformazione di parte del lavoro fatto dal sistema in unaforma di energia interna che non e piu recuperabile semplicemente ripercorrendoil processo nel senso inverso. Consideriamo una trasformazione quasi-staticairreversibile che porta il sistema termodinamico X dallo stato iniziale ~x ad unostato finale ~x ′ lungo il cammino γ. Per il I Principio deve valere che

U(~x ′)− U(~x) = Q(γ)−W (γ)

dove Q(γ) e W (γ) sono rispettivamente il calore scambiato con l’ambiente ester-no ed il lavoro fatto dal sistema durante la trasformazione γ; inoltre su un trattoinfinitesimo della trasformazione, se δQ e δW sono le quantita infinitesime dicalore e di lavoro che il sistema scambia, deve valere che

dU = δQ− δW. (2.12)

Dato che la trasformazione considerata e quasi-statica, poiche sono definiti tuttigli stati di equilibrio intermedi, deve valere che

Q(γ) =

γ

δQ

W (γ) =

γ

δW.

(2.13)

Supponiamo di forzare il processo quasi-statico inverso lungo il cammino −γ.poiche la trasformazione e irreversibile alla fine del processo inverso l’ambiente

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Page 52: Formulazione assiomatica della Termodinamica

esterno non puo tornare nello stato originario e quindi devono valere le seguentidisuguaglianze

Q(−γ) 6= −Q(γ)

W (−γ) 6= −W (γ)

(2.14)

dove Q(−γ) e W (−γ) sono il calore ed il lavoro che il sistema scambia lungo ilcammino inverso −γ. Dalle (2.13) ed (2.14) si ottiene che

−γ

δQ 6= −

γ

δQ

−γ

δW 6= −

γ

δW.

(2.15)

In virtu dei risultati ottenuti nel Paragrafo 1.3.3 le (2.15) hanno senso so-lo se si ammette che ne δQ ne δW siano 1-forme funzioni delle sole variabili~x = (x1, . . . , xn); tuttavia poiche queste espressioni rappresentano quantita infi-nitesime che devono variare con continuita durante la trasformazione dobbiamoammettere che esse dipendono anche da un set di parametri che indicheremocon λ il cui valore varia secondo il senso di percorrenza della trasformazione.Osservando che dalla (2.12) segue che la combinazione δQγ − δWγ non devedipendere dai parametri λ, possiamo scrivere che

δQ(~x, λ) = δQrev(~x) + δΥ(~x, λ)

δW (~x, λ) = δWrev(~x) + δΥ(~x, λ),

(2.16)

dove δQrev e δWrev sono delle 1-forme dipendenti dalle sole variabili termodi-namiche ~x e rappresentano, rispettivamente, le quantita infinitesime di calore ee di lavoro che il sistema e capace di ricevere o restituire interamente a secon-da che la trasformazione sia diretta o inversa. Il termine infinitesimo δΥ(~x, λ)rappresenta, su ogni tratto infinitesimo della trasformazione, la quantita di la-voro compiuto dal sistema che viene irrimediabilmente trasformata in calore acausa degli effetti dissipativi e che non e piu possibile riconvertire in lavoro.I parametri λ sono quindi legati alle cause di dissipazione e pertanto vengo-no detti parametri di dissipazione; ovviamente nel limite λ → 0 avremo cheδΥ→ 0 il che equivale ad affermare che se si annullano le cause di dissipazionela trasformazione quasi-statica diviene reversibile. Dato che gli effetti dissipa-tivi sono generalmente legati al comportamento microscopico della materia essinon possono essere interpretati in termini di grandezze termodinamiche, questogiustifica la necessita di introdurre i parametri di dissipazione λ che non dipen-dono dalle coordinate termodinamiche del sistema e che differenziano i processireversibili da quelli irreversibili.

2.4.2 Il primo principio in forma differenziale

Sia X un sistema termodinamico descritto dalle variabili ~x = (x1, . . . , xn); inuna trasformazione finita questo sistema scambiera con l’esterno una quantitadi calore Q che in virtu del I Principio si puo scrivere come Q = W + U .

43

Page 53: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Consideriamo una trasformazione infinitesima tra due stati di equilibrio infini-tamente vicini; poiche U e una funzione di stato dipendente unicamente dallevariabili termodinamiche ~x, la sua variazione infinitesima coincide con il suodifferenziale, ossia

dU =

n∑

i=1

∂U

∂xi

~x

dxi. (2.17)

Inoltre, in accordo alla (2.16)

δW = δWrev(~x) + δΥ(~x, λ) =

n∑

i=1

fi(~x)dxi + δΥ(~x, λ) (2.18)

dove, utilizzando la (2.8),si e espresso il lavoro infinitesimo reversibile in terminidelle forze generalizzate del sistema. Dalla (2.17) e dalla (2.18) segue che laquantita di calore scambiata e

δQ = dU + δW =

n∑

i=1

gi(~x)dxi + δΥ(~x, λ) (2.19)

dove si e posto

gi(~x) =∂U

∂xi

~x

+ fi(~x).

La (2.19) esprime il primo primo principio della termodinamica in forma diffe-renziale. Dalle (2.16) segue che δQrev = δQ− δΥ e quindi

δQrev =n∑

i=1

gi(~x)dxi; (2.20)

e evidente che il calore infinitesimo δQrev, scambiato in una trasformazioneinfinitesima reversibile, ha l’espressione di una 1-forma, anche se in generalenon e un differenziale esatto.In un processo adiabatico reversibile la quantita di calore che il sistema scambiadeve essere nulla e quindi dalla (2.19) si ottiene che

δQrev =

n∑

i=1

gi(~x)dxi = 0; (2.21)

quindi un sistema adiabatico evolve reversibilmente in modo tale da soddisfareun’equazione di Pfaff.

2.4.3 Il secondo principio della termodinamica; l’entropia

Come conseguenza di un gran numero di esperimenti effettuati sui piu vari siste-mi termodinamici e opportuno ritenere che i sistemi termodinamici soddisfanoil seguente

Principio 4 (II Principio della termodinamica; forma debole) Inprossimita di ogni stato di equilibrio di un sistema termodinamico esistono sta-ti infinitamente vicini che non possono essere raggiunti tramite un processoadiabatico reversibile.

44

Page 54: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Matematicamente questo equivale ad affermare che in prossimita del genericostato di equilibrio ~x del dato sistema termodinamico X vi sono stati ~x + d~xinfinitamente vicini che non possono essere raggiunti tramite una curva soluzionedell’equazione di Pfaff (2.21), che qui riscriviamo

δQ =n∑

i=1

gi(~x)dxi = 0.

In questa forma il II Principio della termodinamica ha lo stesso contenuto delPrincipio 12; per tale motivo il Principio 4, enunciato in questo modo, prendeanche il nome di Principio di irraggiungibilita adiabatica.Come conseguenza delle proprieta delle curve di Pfaff e quindi possibile appli-care il Teorema di Caratheodory (Teorema 4) alla 1-forma δQrev definita dalla(2.21); ne consegue che l’espressione pfaffiana e olonoma, ossia deve esistere unafunzione delle coordinate termodinamiche µ = µ(~x) che e un fattore integranteper δQ:

ds = µ δQrev. (2.22)

Al primo membro della (2.22) compare il differenziale esatto di una funzione distato del sistema; tale funzione che indichiamo con s = s(~x) prende il nome dientropia empirica.a questo punto e necessario dare un significato fisico alle funzioni µ ed s; perfare cio consideriamo due sistemi termicamente omogenei X ed Y e accoppiatitermicamente in modo da formare un unico sistema termicamente omogeneo Z.Al raggiungimento dell’equilibrio termico i due sistemi saranno descritti rispet-tivamente dalle coordinate termodinamiche (x1, . . . , xn−1, θ) e (y1, . . . , ym−1, θ)dove θ e la temperatura empirica comune ai due sistemi. Poiche in un genericoprocesso la quantita di calore QZ che il sistema composto Z scambia con l’ester-no e uguale alla somma dei calori QX e QY che i singoli sistemi X e Y scambianocon l’esterno, possiamo scrivere in seguito ad un processo infinitesimo che

δQZ = δQX + δQY ; (2.23)

limitiamoci a considerare un processo reversibile in cui δQZ , δQX e δQY sonole quantita reversibili di calore scambiato. Sia i due sistemi X e Y che il sistemacomposto Z sono soggetti singolarmente al II Principio della termodinamica ecome conseguenza di cio le 1-forme δQX , δQY e δQZ ammettono tutte un fattoreintegrante. Siamo nelle condizioni per poter applicare il Teorema 5 secondo cui

δQX = T (θ)φX (sX )dsX

δQX = T (θ)φY(sY)dsY

δQX = T (θ)φZ(sZ)dsZ ,

(2.24)

dove le funzioni di stato sX , sY ed sZ , sono le entropie empiriche dei vari sistemi.Introducendo le nuove funzioni

SX =

φX dsX , SY =

φYdsY , SZ =

φZdsZ ,

45

Page 55: Formulazione assiomatica della Termodinamica

le (2.24) diventano

δQX = T (θ)dSX

δQX = T (θ)dSY

δQX = T (θ)dSZ ,

(2.25)

e le funzioni di stato SX , SY ed SZ prendono il nome di entropie metriche opiu brevemente entropie. Poiche le considerazioni che abbiamo fatto continuanoa valere per una qualsiasi coppia di sistemi termicamente omogenei, possiamoconcludere che esiste un fattore integrante universale T = T (θ) relativo allaquantita di calore infinitesima δQ scambiata dal generico sistema termicamenteomogeneo, che conduce ad un’equazione di valore universale

dS =δQrev

T (θ)=

1

T (θ)

n∑

i=1

gi(~x)dxi, (2.26)

dove S e appunto l’entropia del sistema. Osserviamo che l’equazione (2.26)fissa solo il differenziale dell’entropia e quindi definisce la funzione di stato Sa meno di una costante additiva. La funzione T = T (θ) prende il nome difunzione temperatura assoluta e fissa una scala universale delle temperature cheprende il nome di scala delle temperature Kelvin; ovviamente come funzionedella temperatura empirica θ la forma funzionale di T dipende dalla scala in cuie misurata θ. Utilizzando la scala Kelvin la (2.26) assume la forma funzionalepiu semplice, ossia

dS =δQrev

T;

in questo senso la scala delle temperature Kelvin risulta essere una scala privile-giata rispetto all’infinita di diverse scale possibili di temperatura che e possibiledefinire.

Entropia di sistemi non termicamente omogenei

Consideriamo nuovamente i due sistemi termicamente omogenei X ed Y, incontatto termico in modo da formare un unico sistema termicamente omogeneoZ ; dalla (2.23) e dalle (2.25) segue che

dSZ = dSX + dSY ,

da cui tramite una semplice integrazione, ponendo le costanti di integrazioneuguali a zero, si ottiene

SZ = SX + SY . (2.27)

La (2.27) dice che l’entropia di un sistema termicamente omogeneo e la sommadelle entropie dei suoi singoli sottosistemi, e quindi l’entropia e una funzionedi stato additiva. possiamo usare questa proprieta dell’entropia per definire lafunzione entropia di un sistema non termicamente omogeneo. Sia X un siste-ma termodinamico formato dai sottosistemi termicamente omogenei X1, . . . ,Xp

alle rispettivamente alle temperature θ1, . . . , θp. In oltre sia Ti = T (θi) coni = 1, . . . , p la temperatura di ogni sottosistema espressa nella scala Kelvin.

46

Page 56: Formulazione assiomatica della Termodinamica

L’entropia del sistema X viene definita dall’equazione

dSX =

p∑

i=1

dSXi=

p∑

i=1

δQXi

T (θi)=

p∑

i=1

δQXi

Ti

.

2.4.4 Variazione di entropia nei processi reali

Le superfici isoentropiche

Per il momento ci siamo limitati a considerare processi reversibili che sono i soliprocessi per cui ha senso scrivere l’equazione (2.26)

δQrev = TdS.

Consideriamo un sistema termodinamico X descritto dalle coordinate termodi-namiche ~x = (x1, . . . , xn). Supponiamo che questo sistema subisca un genericoprocesso reversibile ed adiabatico; tale processo sara descritto da una curva nellospazio delle coordinate termodinamiche che deve soddisfare l’equazione di PfaffδQrev = 0; tuttavia una tale curva deve essere anche soluzione dell’equazionedifferenziale dS = 0 il che equivale ad affermare che un processo reversibile edadiabatico e descritto da una curva nello spazio delle coordinate termodinami-che che giace su una generica superficie definita dall’equazione S(~x) = S conS costante reale. Quindi in tutti i processi che sono reversibili ed adiabaticil’entropia mantiene un valore costante; tali processi vengono detti isoentropici,mentre le superfici ΣS definite dall’equazione S(~x) = S vengono dette super-fici isoentropiche. Due generici punti che giacciono su di una stessa superficieisoentropica possono essere collegati tramite una curva soluzione dell’equazioneδQrev = 0; questo equivale ad affermare che partendo da un dato stato inizialetramite trasformazioni reversibili ed adiabatiche si possono raggiungere tutti glistati possibili per i quali l’entropia assume lo stesso valore.

Il II Principio in forma forte

La diretta conseguenza del II Principio della termodinamica, enunciato nellaforma del Principio 4, e l’esistenza delle superfici isoentropiche da cui si ricavache durante una trasformazione adiabatica reversibile il sistema non varia la suaentropia. Tuttavia, dato in questa forma, il II Principio non da alcuna infor-mazione riguardo ai processi reali. Poiche la termodinamica deve essere capacedi dare una descrizione dei fenomeni naturali cio rende necessario enunciare ilII Principio in una forma piu generale:

Principio 5 (II Principio della termodinamica; forma forte) In prossi-mita di ogni stato di equilibrio di un sistema termodinamico esistono stati infini-tamente vicini che non possono essere raggiunti tramite nessun tipo di processoadiabatico.

Discutiamo le implicazioni del II Principio, dato nella forma del Principio 5,sul cambiamento di entropia in un sistema adiabaticamente isolato quando essocompie una trasformazione reale e finita. Supponiamo che il sistema termodi-namico X sia adiabaticamente isolato; il generico stato del sistema puo vienedescritto dalle coordinate termodinamiche ~x = (x1, . . . , xn) mentre S = S(~x)e il valore che l’entropia assume in tale stato. Lo stato di un tale sistema puo

47

Page 57: Formulazione assiomatica della Termodinamica

essere anche definito univocamente dal set di nuove variabili (x1, . . . , xn−1, S)dove l’entropia e assunta come una delle n variabili indipendenti; osserviamoche in queste nuove variabili le superfici isoentropiche ΣS coincidono con lafamiglia di piani definiti dalla condizione S(~x) = S al variare di S in R. Sup-poniamo che il sistema si trovi nello stato iniziale descritto dalle coordinate(x′1, . . . , x

′n−1, S

′) e che in seguito ad una generica trasformazione adiabatica (re-versibile o irreversibile) giunga nello stato finale (x′′1 , . . . , x

′′n−1, S

′′). Sia V ⊆ Rn

l’insieme di tutti i possibili stati raggiungibili dal sistema a partire dallo statoiniziale (x′1, . . . , x

′n−1, S

′) tramite una generica trasformazione adiabatica; ov-viamente se in V vi e uno stato per cui l’entropia vale S, allora V conterraanche tutta la superficie isoentropica relativa al valore S dell’entropia. Assu-meremo, ovviamente, che V sia un insieme limitato. Se si fissano solo le n − 1coordinate finali x′′1 , . . . , x

′′n−1 l’entropia dello stato finale risulta una funzione

continua della n-esima variabile, ossia S′′ = S′′(x′′1 , . . . , x′′n−1, xn) ≡ S′′(xn).

Consideriamo l’intervallo9 reale E definito da E = xn|(x′′1 , . . . , x

′′n−1, xn) ∈ V;

ovviamente anche E e un insieme limitato. Sia I ⊂ R il sottoinsieme definito daI = S′′(xn)|xn ∈ E; I e l’immagine di una funzione continua ristretta ad unintervallo limitato e per questo e esso stesso un intervallo limitato che ammette,quindi, un estremo superiore ed uno inferiore.

i) Mostriamo che il valore S′ che assume l’entropia nello stato iniziale deveappartenere a I. Se tramite una trasformazione adiabatica reversibile si varia-mo le n−1 coordinate iniziali x′1, . . . , x

′n−1 fino a portarle ai valori x′′1 , . . . , x

′′n−1,

il valore S′ dell’entropia non cambia poiche una tale trasformazione e necessa-riamente isoentropica; quindi S′ ∈ I.

ii) A questo punto possiamo dimostrare che S′ deve necessariamente essereun’estremo dell’insieme I. Supponiamo che S′ sia un punto interno ad I, alloratramite un processo adiabatico reale infinitesimo e possibile portare il sistemain uno stato finale (x′′1 , . . . , x

′′n−1, S

′′) per cui S′′ puo essere arbitrariamente vi-cino a S′. A questo punto tramite una trasformazione isoentropica si possonovariare arbitrariamente le restanti n − 1 coordinate (x′′1 , . . . , x

′′n−1) in modo da

raggiungere tutti i possibili stati che si trovano in un intorno arbitrariamen-te piccolo dello stato iniziale (x′1, . . . , x

′n−1, S

′). Questo tuttavia contraddiceil II Principio della termodinamica espresso in forma forte dall’enunciato delPrincipio 5. Per evitare di violare il II Principio dobbiamo ammettere che S′

sia un estremo dell’intervallo I, ossia, qualsiasi sia la trasformazione che portadallo stato iniziale (x′1, . . . , x

′n−1, S

′) a quello finale (x′′1 , . . . , x′′n−1, S

′′), si deveavere che o S′ ≥ S′′ oppure S′ ≤ S′′; lo stato iniziale deve poter raggiunge-re adiabaticamente o solo stati ad entropia maggiore o solo stati ad entropiaminore.

iii) Il seguente ragionamento mostrera che a prescindere dallo stato di par-tenza, puo verificarsi solo una delle due situazioni sopra esposte. Supponiamoche vi siano stati di partenza che possono raggiungere adiabaticamente stati adentropia maggiore, ed altri che possono raggiungere stati ad entropia minore.Ogni stato che puo raggiungere adiabaticamente solo stati ad entropia maggiore,deve a sua volta poter essere raggiunto solo da stati ad entropia minore e vicever-sa stati che possono raggiungere adiabaticamente solo stati ad entropia minoredevono poter essere raggiunti solo da stati che si trovano ad entropia maggiore;

9L’affermazione che E sia un intervallo segue dall’assunzione che le variabili termodinamichepossono essere variate con continuita; ad esempio si puo assumere che la coordinata xn siauna variabile geometrica che e possibile variare con continuita anche in un sistema adiabatico.

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Page 58: Formulazione assiomatica della Termodinamica

se cosı non fosse riusciremmo a trovare stati intermedi che connettono adiabati-camente stati con entropie sia maggiori che minori violando, quindi, il II Princi-pio. Consideriamo tutti i possibili stati che possono essere raggiunti tramite unatrasformazione adiabatica dallo stato (x′1, . . . , x

′n−1, S

′), e per tutti questi stativalga che S ≥ S′, dove S e l’entropia del generico stato raggiunto. Allo stessomodo consideriamo tutti i possibili stati che possono essere raggiunti dallo stato(x′′1 , . . . , x

′′n−1, S

′′) tramite una trasformazione adiabatica e supponiamo che perquesti stati valga S ≤ S′′. Consideriamo, infine, uno stato (x′′′1 , . . . , x

′′′n−1, S

′′′)per cui valga S′′ < S′′′ < S′; lo stato (x′′′1 , . . . , x

′′′n−1, S

′′′) deve essere adiabatica-mente inaccessibile sia da (x′1, . . . , x

′n−1, S

′) che da (x′′1 , . . . , x′′n−1, S

′′), tuttaviasia (x′1, . . . , x

′n−1, S

′) che (x′′1 , . . . , x′′n−1, S

′′) possono essere connessi adiabati-camente da (x′′′1 , . . . , x

′′′n−1, S

′′′). Quindi avremmo trovato uno stato che puoconnettere stati sia ad entropia maggiore che ad entropia minore violando cosıil II Principio. Per evitare una tale contraddizione bisogna scegliere la direzionedella disuguaglianza in modo unico per tutte le trasformazioni adiabatiche.

iv) Una tale scelta e basata sulla relazione δQrev = TdS; per convenzione siassume che T ≥ 0 e dS ≥ 0 in modo tale che se durante un processo reversibileil calore Q del sistema aumenta, allora il processo sara accompagnato da unaumento dell’entropia.

Come conseguenza delle precedenti considerazioni possiamo enunciare undiretto corollario del II Principio

Principio 6 (aumento dell’entropia) In una generica trasformazione adia-batica il valore dell’entropia non puo mai diminuire.

Il Principio 6 rivela l’importanza che assume l’entropia; la variazione di entropiafornisce una discriminante per i processi che possono avvenire spontaneamente inun sistema adiabaticamente o totalmente isolato. Per tali processi e necessarioche l’entropia dello stato finale del sistema sia maggiore di quella dello statoiniziale. Valgono le seguenti considerazioni:

• Quando un processo avviene in un sistema completamente isolato esso eincontrollabile dall’esterno e quindi procede in modo inarrestabile e spon-taneo. L’entropia di un tale sistema, durante questo processo spontaneo,cresce fino a quando il processo stesso si arresta ed il sistema raggiungel’equilibrio; a questo punto l’entropia ha raggiunto il suo massimo valore

• La condizione dS = 0 e soddisfatta solo dalle trasformazioni adiabatichee reversibili del sistema.

• A causa dell’accoppiamento con l’ambiente esterno, l’entropia del sistemapuo decrescere; tuttavia l’entropia totale del sistema considerato piu tuttol’ambiente esterno non puo diminuire dato che l’universo e consideratonella sua totalita un sistema completamente isolato. Ne consegue chel’entropia dell’universo tende ad aumentare.

2.5 I cicli termodinamici

2.5.1 La disuguaglianza di Clausius

Sia X un sistema termodinamico ad n gradi di liberta e siano ~x e ~x ′ i pun-ti rappresentativi di due stati di equilibrio infinitamente vicini. Supponiamo

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Page 59: Formulazione assiomatica della Termodinamica

che il sistema possa andare da ~x a ~x ′ sia in modo reversibile, scambiandocon l’ambiente esterno una quantita di calore δQrev, sia in modo irreversibilescambiando, invece, una quantita di calore δQir. Poiche la variazione di ener-gia interna non deve dipendere dalla particolare trasformazione eseguita, devevalere che dU = δQrev − δWrev = δQir − δWir, da cui

δQir − δQrev = δWir − δWrev. (2.28)

Ovviamente l’ espressione (2.28) deve essere diversa da zero, infatti, nel casocontrario, il cammino reversibile e quello irreversibile dovrebbero coincidere inquanto gli infinitesimi δQ e δW dipendono dalla curva sulla quale sono stimati.L’espressione (2.28) puo essere o positiva o negativa; analizziamo le conseguenze:

1. Supponiamo che la (2.28) sia maggiore di zero. Consideriamo la trasfor-mazione ottenuta andando da ~x a ~x ′ lungo il percorso irreversibile e poiriportando il sistema allo stato ~x invertendo il verso della trasformazio-ne reversibile. Se δQrev e δWrev sono il calore infinitesimo ed il lavoroinfinitesimo che il sistema scambia nella trasformazione reversibile infini-tesima, allora indicheremo con δQrev = −δQrev e δWrev = −δQrev lerelative quantita rispetto alla trasformazione inversa. In base alla (2.28)deve valere che

δQir + δQrev = δWir + δWrev > 0,

ossia il sistema assorbe una quantita di calore non nulla e compie lavorosull’ambiente senza alcun altro cambiamento nell’universo.

2. Supponiamo che la (2.28) sia minore di zero di zero. Con ragionamentianaloghi possiamo scrivere

δQir + δQrev = δWir + δWrev < 0.

In questo caso l’ ambiente esterno compie del lavoro sul sistema che incambio cede una quantita di calore non nulla; nessun altro cambiamentoviene prodotto nell’universo.

Ci possiamo chiedere quale delle due situazioni sia fisicamente realizzata. Poi-che lungo il tratto reversibile vale che δQrev = TdS, se accettiamo la situazione1. deve valere che TdS < δQir, al contrario se accettiamo la situazione 2. deveaccadere che TdS > δQir. Le considerazioni fatte fino ad ora sono del tuttogenerali e devono continuare a valere se come trasformazione irreversibile sce-gliamo un processo adiabatico; in questo caso, poiche deve essere δQir = 0,avremo che TdS < 0 nel caso 1. oppure, nel caso 2., TdS > 0. Osserviamoche dS rappresenta la variazione di entropia che il sistema X subisce quandopassa dallo stato ~x allo stato ~x ′; se accettiamo l’ipotesi 1. dovremmo am-mettere che il sistema subisce una diminuzione di entropia quando compie unatrasformazione adiabatica irreversibile tra gli stati ~x e ~x ′ e questo contraddiceil Principio 6 sull’aumento dell’entropia. In definitiva abbiamo dimostrato chein una trasformazione infinitesima tra due stati vicini

δQir < TdS = δQrev (2.29)

qualunque sia il processo irreversibile considerato. Dalla (2.29) e dalla (2.28),inoltre, si ottiene che δWir < δWrev. Il risultato appena conseguito e molto

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Page 60: Formulazione assiomatica della Termodinamica

importante; se si porta il sistema tra due generici stati tramite una successionedi processi infinitesimi reversibili, la variazione di entropia che ne consegue deveessere pareggiata tramite uno scambio di calore tale che dS = δQrev/T su ognivariazione infinitesima. Al contrario, se il processo si svolge in modo irreversibilesi avra un’aumento di entropia che eccede la quantita δQir/T ; questo eccesso dientropia e dovuto a processi che avvengono interamente nell’interno del sistemae che hanno a che fare con la sua struttura microscopica.Per un processo finito ed irreversibile, si puo generalizzare l’equazione (2.29)scrivendo

∫ ~x ′

~x

δQir

T< S(~x ′)− S(~x). (2.30)

L’equazione (2.30) deve essere usata con cura poiche lascia aperta la questionedi quale temperatura T debba essere usata durante la trasformazione del siste-ma (in un processo che non passa per stati di equilibrio, la temperatura puonon essere definibile). In genere l’equazione (2.30) ha senso quando il sistemain esame rimane in contatto termico, durante tutta la trasformazione, con unasorgente di calore 10 S fissa alla temperatura T ; in questo caso il valore di Tnella (2.30) e proprio la temperatura della sorgente S.Quando in seguito ad una trasformazione termodinamica lo stato finale delsistema coincide con quello iniziale, diremo che il sistema ha compiuto una tra-sformazione ciclica o piu brevemente un ciclo. I cicli quasi-statici di un sistemaad n gradi di liberta, saranno descritti da curve chiuse in R

n. Dall’equazione(2.29) segue che il sistema compie una trasformazione ciclica deve valere che

δQ

T6

dS = 0 (2.31)

dove il segno di uguaglianza vale solo se la trasformazione e reversibile. La(2.31) e nota come disuguaglianza di Clausius.

2.5.2 Il rendimento di un ciclo

Per un generico sistema termodinamico X che compie una trasformazione ciclica,possiamo definire il rendimento del ciclo nel modo seguente

η =W

Qin

dove la quantita Qin rappresenta il calore che e fluito nel sistema durante il ciclo;ovviamente, per convenzione, Qin > 0. In un processo ciclico la variazione dienergia interna del sistema deve essere nulla dato che U e una funzione di stato,quindi dal I Principio si ottiene che 0 = Q−W . Q rappresenta la quantita dicalore scambiata durante tutto il processo e puo essere espressa come sommaalgebrica tra il calore assorbito Qin e quello ceduto −Qout (con la convenzionesul segno deve essere che Qout > 0 ), ossia Q = Qin −Qout. Possiamo ridefinireil rendimento come segue

η =W

Qin=

Q

Qin=Qin −Qout

Qin= 1−

Qout

Qin. (2.32)

10Una sorgente di calore e un sistema termodinamico S di massa talmente grande da poterassorbire o cedere calore in quantita illimitate senza che la sua temperatura o il valore dellealtre variabili termodinamiche subiscano variazioni apprezzabili.

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Page 61: Formulazione assiomatica della Termodinamica

La (2.32) e valida per ogni trasformazione ciclica e dice che il rendimento di unciclo e sempre minore o alpiu uguale ad uno; η ha valore massimo se Qout = 0ossia come risultato finale della trasformazione il sistema non deve aver cedutocalore.

2.5.3 Il ciclo di Carnot

Di notevole importanza per la termodinamica sono i cicli termici; un ciclo ter-mico e costituito da una successione di due trasformazioni isoterme alternate dadue trasformazioni adiabatiche. Le trasformazioni isoterme vengono effettuatemettendo il sistema X in contatto termico con due sorgenti di calore tenute atemperature costanti T1 e T2; indicheremo tali sorgenti con i simboli ST1 edST2 , rispettivamente. Poiche durante le adiabatiche il sistema non puo scam-biare calore con l’esterno, si avra trasferimento di calore solo durante i processiisotermici e quindi il sistema scambiera calore solo con le sorgenti termiche ST1

ed ST2 . Durante un ciclo termico il sistema X non puo assorbire calore da en-trambe le sorgenti, infatti, sia in seguito all’assorbimento di calore sia durante leadiabatiche il sistema continua ad aumentare la sua entropia (o alpiu l’entropiaresta costante durante le adiabatiche se queste sono pure reversibili) e quindidopo un ciclo si avrebbe un ∆S > 0; questo, tuttavia, non e possibile dato chedopo un ciclo il sistema deve tornare allo stesso stato. Supponiamo che duranteil ciclo il sistema compia un lavoro W > 0, allora il sistema deve assorbire uncalore Q = Qin + Qout > 0; inoltre sia T1 > T2. Mostriamo che in questo casoQin ≡ Q1 e il calore assorbito dalla sorgente ST1 a temperatura piu alta, mentreQout ≡ −Q2 e quello scambiato con la sorgente ST2 a temperatura piu bassa.Dall’equazione (3.5) segue che durante le due isoterme deve valere che

Qin

Tin

+Qout

Tout

6 ∆Siso

dove ∆Siso e la variazione di entropia che si ha durante le isoterme. Ora,se ∆Sad > 0 e la variazione di entropia dovuta ai processi adiabatici, poichesull’intero ciclo ∆S = ∆Siso + ∆Sad = 0, deve valere che ∆Siso 6 0. Allora laprecedente equazione si puo scrivere come

Qin

Tin

6−Qout

Tout

.

Ora, dato che per ipotesi Qin > −Qout > 0, la precedente disuguaglianza puoessere rispettata solo se Tin > Tout, e quindi in definitiva deve essere Tin ≡ T1

e Tout ≡ T2, come volevasi dimostrare. Quindi un sistema termodinamico checompie un ciclo termico assorbendo calore (Q1) dalla sorgente a temperaturapiu alta (T1) e cedendo calore (−Q2) alla sorgente a temperatura piu bassa (T2)compie un lavoro positivo sull’ambiente; inoltre vale

Q1

T16Q2

T2⇒

T2

T16Q2

Q1. (2.33)

Con analoghi ragionamenti si dimostra anche il viceversa, ossia che se il sistemaassorbe calore dalla sorgente a temperatura piu bassa per cederne parte a quellaa temperatura piu alta, allora W < 0.

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Page 62: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Un ciclo termico che sia pure reversibile prende il nome di ciclo di Carnot. Sup-poniamo che le due isoterme appartengano a due superfici isoterme definite dal-la temperature T1 > T2 mentre le due adiabatiche a due superfici isoentropichecaratterizzate dai valori S1 > S2 dell’entropia. Quando il sistema percorre l’iso-terma a temperatura T1 variando la sua entropia da S2 ad S1 il sistema scambiauna quantita di calore che in base alla (2.26) e data da (S1 − S2)T1 = Q1 > 0.Quando invece il sistema passa da entropia S1 ad entropia S2 lungo l’isotermaa temperatura T2 si ha uno scambio di calore pari a (S2−S1)T2 = Q2 < 0. Ov-viamente durante le adiabatiche non si ha scambio di calore. In base a quantodetto, il rendimento di un ciclo di Carnot e dato da

ηCarnot = 1−Q2

Q1= 1−

(S2 − S1)T2

(S1 − S2)T1= 1−

T2

T1. (2.34)

Come mostra la (2.34), il rendimento per un ciclo di Carnot e indipendente dalparticolare sistema che lo compie e dal particolare tipo di trasformazioni checostituiscono il ciclo stesso; il rendimento dipende solo dalle temperature allequali vengono eseguite le due isoterme; questo e il contenuto del I Teorema diCarnot. Il rendimento in un ciclo di Carnot cresce all’aumentare di T1 (isotermaa temperatura piu alta) e decresce all’aumentare di T2 (isoterma a temperaturapiu bassa); come e evidente esso e sempre minore o uguale ad uno.Supponiamo che un sistema termodinamico compia un ciclo termico tra le sor-genti ST1 ed ST2 con T1 > T2 e compia un lavoro W > 0; allora utilizzandol’equazione (2.33) si ottiene

η = 1−Q2

Q16 1−

T2

T1= ηCarnot (2.35)

ossia il rendimento di un ciclo termico irreversibile e sempre minore del ren-dimento del ciclo di Carnot che opera tra le stesse temperature; questo e ilcontenuto del II Teorema di Carnot.

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Page 63: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Capitolo 3

Termodinamica classica e

termodinamica assiomatica

3.1 Gli enunciati classici del II Principio

La differenza fondamentale che intercorre tra la termodinamica classica e la ter-modinamica assiomatica e tutta concentrata nel modo in cui viene enunciatoil II Principio. Come abbiamo avuto modo di vedere nei capitoli precedenti,la termodinamica assiomatica fondata da Caratheodory assume come II Prin-cipio della termodinamica il Principio di irraggiungibilita adiabatica (in formaforte). Partendo da questo enunciato di natura essenzialmente matematico, Ca-ratheodory ricostruisce la termodinamica usando principalmente le proprietadelle equazioni di Pfaff; l’esistenza stessa della funzione di stato entropia, appa-re, nell’ottica di Caratheodory, come una inevitabile conseguenza della naturadelle equazioni differenziali che stanno alla basa della descrizione del comporta-mento dei sistemi termodinamici. Al contrario, la termodinamica classica si basasu due enunciati del II Principio che sono di natura per lo piu fenomenologicoed ingegneristico; essi sono:

Principio 7 (enunciato di Clausius) Non e possibile realizzare una trasfor-mazione il cui unico risultato sia un passaggio di calore da un corpo ad una datatemperatura ad un altro che si trova a temperatura piu alto.

Principio 8 (enunciato di Kelvin-Planck) Non e possibile realizzare unatrasformazione il cui unico risultato sia una trasformazione in lavoro di caloretratto da una sorgente a temperatura uniforme.

Si dimostra che gli enunciati dei Principi 7 e 8 sono completamente equivalenti;una dimostrazione di cio si trova in [Zemansky, pg. 166].

3.2 La teoria del fattore integrante di Clausius

Mostreremo in che modo sia possibile dimostrare l’esistenza di una funzione distato entropia e quindi di un fattore integrante per il δQ partendo dall’enun-ciato del Principio 7 o equivalentemente del Principio 8. Per fare questo risulta

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Page 64: Formulazione assiomatica della Termodinamica

essenziale sfruttare le proprieta dei cicli termici compiuti da un dato sistema ter-modinamico. Ritroveremo, tramite un approccio completamente diverso, tuttii risultati dei Paragrafi 2.4 e 2.5. Le argomentazioni che seguono sono tratte da[Fermi, cap. 3]. Come prima cosa mostriamo che

Proposizione 7 Se il sistema termodinamico X compie un ciclo termico trale sorgenti Sθ1 e Sθ2 con θ1 > θ2, facendo un lavoro W > 0 sull’ambienteesterno, allora il sistema assorbe una quantita di calore Q1 > 0 da Sθ1 e cedeuna quantita di calore −Q2 < 0 a Sθ2 . Inoltre Q1 > Q2.

DimostrazioneSicuramente il sistema non puo assorbire calore dalla sorgente a temperaturapiu bassa; se cosı fosse, alla fine del ciclo le due sorgenti potrebbero esseremesse in contatto termico fino a quando quella a temperatura piu alta noncede a quella a temperatura piu bassa una quantita di calore pari a quellache e stata assorbita dal sistema. Alla fine del processo sia il sistema che lasorgente Sθ2 avrebbero ripristinato il loro stato originario; in tal modo avremmorealizzato lavoro positivo unicamente sfruttando il calore scambiato con Sθ1 ecio contraddice il Principio 8. Quindi X cede una quantita di calore −Q2 (conQ2 > 0) a Sθ2 ; in oltre per il I Principio deve valere che Q1 −Q2 = W > 0 dacui Q1 = Q2 +W > Q2 > 0. Cio conclude la dimostrazione.

Questo risultato ci permette di dimostrare la seguente

Proposizione 8 Consideriamo due sistemi termodinamici X ed X e suppo-niamo che entrambi compiano dei cicli termici tra le sorgenti Sθ1 e Sθ2 conθ1 > θ2. Se Q1, Q1 e Q2, Q2 sono le quantita di calore che i due sistemiscambiano rispettivamente con Sθ1 ed e Sθ2 , allora deve valere che

• se X compie un ciclo reversibile (ossia un ciclo di Carnot)

Q1

Q2>Q1

Q2

; (3.1)

• se anche X compie un ciclo reversibile

Q1

Q2=Q1

Q2

. (3.2)

DimostrazioneSe entrambi i sistemi fanno un lavoro positivo W e W durante il ciclo, devevalere che

W = Q1 −Q2, W = Q1 −Q2 (3.3)

(Q1, Q2, Q1, Q2 sono tutte quantita positive). Il rapporto Q1/Q1 puo essereapprossimato in modo arbitrariamente preciso da un numero razionale dellaforma m/m con m,m ∈ N. Supponiamo che il sistema X compia m cicli direttie X , m cicli al rovescio (per ipotesi X compie dei cicli reversibili). Duranteun ciclo a rovescio, il sistema X assorbe una quantita di lavoro −W , cede unaquantita di calore −Q1 ad Sθ1 ed assorbe una quantita di calore Q2 da Sθ2 . Illavoro totale compiuto dai due sistemi durante tutta la trasformazione e

W tot = m W −m W, (3.4)

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Page 65: Formulazione assiomatica della Termodinamica

mentre le sorgenti Sθ1 ed Sθ2 scambieranno, rispettivamente, una quantita dicalore data da

Qtot1 = m Q1 −m Q1, −Qtot

2 = m Q2 −m Q2. (3.5)

Tramite le relazioni (3.3) ed (3.5) la (3.4) si puo riscrivere come W tot = Qtot1 −

Qtot2 . Dalla uguaglianza Q1/Q1 = m/m segue che Qtot

1 = 0 e quindi deve valereche W tot = −Qtot

2 ; in definitiva, alla fine di tutto il processo non si ha scambiodi calore con la sorgente a temperatura piu alta mentre il lavoro totale dipendesolo dal calore −Qtot

2 scambiato con la sorgente a temperatura piu bassa. Poichetutto il processo e costituito da un numero intero di cicli, alla fine i due sistemitornano nel loro stato originario; quindi per non violare il Principio 8 deve valerecheW tot 6 0 da cui segue che Qtot

2 > 0 ed usando la (3.5) mQ2 6 m Q2. Quindideve valere che

Q2

Q2

6m

m=Q1

Q1

⇒Q1

Q2

6Q1

Q2. (3.6)

Per completare la dimostrazione, supponiamo che anche il sistema X sia rever-sibile ; questo equivale a scambiare nelle precedenti equazioni il ruolo dei duesistemi e quindi deve valere che

Q1

Q2

>Q1

Q2.

Ma poiche entrambi i sistemi sono supposti reversibili, deve continuare a valereanche la (3.6); allora le due disuguaglianze sono compatibili solo se accade che

Q1

Q2

=Q1

Q2

e cio conclude la dimostrazione.

Dalla Proposizione appena dimostrata segue che se si hanno diversi sistemi ter-modinamici che compiono dei cicli termici tra due sorgenti di calore tenute atemperature θ1 e θ2, allora tutti i sistemi che compiono cicli reversibili hannostesso rendimento, mentre quelli che compiono cicli non reversibili avranno deirendimenti che non possono superare il rendimento ottenuto tramite un ciclo re-versibile. Inoltre il rapporto Q1/Q2 deve avere lo stesso valore per tutti i sistemitermodinamici che compiono cicli di Carnot tra sorgenti tenute alle tempera-ture θ1 e θ2 indipendentemente dalla particolare natura del sistema. L’ultimaosservazione ci permette di affermare che nei cicli di Carnot il rapporto Q1/Q2

e funzione delle sole temperature θ1 e θ2, ossia

Q1

Q2= f(θ1, θ2),

dove f = f(θ1, θ2) e una funzione universale delle due temperature.

Proposizione 9 Esiste una funzione universale della temperatura T = T (θ)tale che quando un generico sistema termodinamico compie un ciclo di Carnottra due sorgenti di calore Sθ1 ed Sθ2 con θ1 > θ2, allora vale

Q1

Q2=T (θ1)

T (θ2)(3.7)

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Page 66: Formulazione assiomatica della Termodinamica

dove Q1 e la quantita di calore assorbita da Sθ1 , mentre −Q2 e la quantita dicalore ceduto a Sθ2 .

DimostrazioneSiano X ed Y due sistemi termodinamici che compiono dei cicli di Carnot ri-spettivamente tra le sorgenti Sθ1 , Sθ0 ed Sθ2 , Sθ0 con θ1 > θ2 > θ0. Supponiamoche, durante un ciclo, X ed Y assorbano, rispettivamente, le quantita di caloreQ1 e Q2 da Sθ1 e da Sθ2 , e supponiamo ancora che entrambi i sistemi cedanouna quantita di calore −Q0 alla sorgente comune Sθ0 . Sotto queste condizionipossiamo scrivere che

Q1

Q0= f(θ1, θ0),

Q2

Q0= f(θ2, θ0).

Dividendo membro a membro queste due uguaglianze si ricava che

Q1

Q2=f(θ1, θ0)

f(θ2, θ0). (3.8)

Consideriamo la trasformazione composta ottenuta da un ciclo diretto del si-stema X e da un ciclo inverso del sistema Y; anche questo processo compostoe un ciclo reversibile poiche e la composizione di due cicli reversibili. Duranteil processo complessivo, inoltre, non viene scambiato calore con la sorgente Sθ0

poiche la quantita di calore −Q0 ceduta da X viene assorbita da Y. Durantetutto il ciclo X assorbe una quantita di calore Q1 da Sθ1 , mentre Y cede unaquantita di calore −Q2 a Sθ2 . In definitiva quando X ed Y lavorano assieme,compiono un ciclo di Carnot tra le sorgenti Sθ1 ed Sθ2 e quindi deve valere che

Q1

Q2= f(θ1, θ2). (3.9)

Dalle equazioni (3.8) ed (3.9) si ottiene che

f(θ1, θ0)

f(θ2, θ0)= f(θ1, θ2). (3.10)

Poiche in tutta la discussione θ0 e una temperatura arbitraria, possiamo man-tenerla costante in tutte le equazioni; da cio segue che possiamo consideraref funzione della sola temperatura θ, ossia Kf(θ, θ0) = T (θ), con K costantearbitraria. in questo modo possiamo riscrivere l’equazione (3.8) come

Q1

Q2=T (θ1)

T (θ2)

e cio conclude la dimostrazione.

La forma funzionale della funzione T = T (θ) dipende dalla particolare scalatermometrica usata per misurare la temperatura empirica θ; tuttavia poiche lascelta della scala della temperatura e del tutto arbitraria, possiamo definire unanuova scala di temperatura usando T (θ) a l posto di θ. La scala di temperaturacosı definita e la scala Kelvin. In questa scala la (3.7) si scrive

Q1

Q2=T1

T2.

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Page 67: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Consideriamo un sistema termodinamico X che compie una trasformazione ci-clica. Supponiamo che durante il ciclo il sistema scambi calore con un insieme disorgenti ST1 , . . . ,STr

tenute rispettivamente alle temperature T1, . . . , Tr. SianoQ1, . . . , Qr le quantita di calore che X scambia con le varie sorgenti (ovvia-mente le Qi saranno positive se rappresentano quantita di calore assorbite dalsistema,altrimenti saranno negative). Vale la seguente

Proposizione 10 Quando il sistema X compie un ciclo deve valere che

r∑

i=1

Qi

Ti

6 0, (3.11)

dove il segno di uguaglianza vale se il ciclo e reversibile.

DimostrazioneAccanto alle r sorgenti introduciamo la sorgente ST0 mantenuta ad una tempera-tura T0 arbitraria ed introduciamo anche r sistemi termodinamiciM1, . . . ,Mr,l’i-esimo dei quali compie un ciclo di Carnot tra le sorgenti STi

ed ST0 . Suppo-niamo che durante un ciclo il sistemaMi ceda alla sorgente STi

una quantita dicalore −Qi, cioe una quantita di calore pari, in modulo, al calore che la sorgenteSTi

cede ad X durante un ciclo di quest’ultimo. Secondo la (3.7) il sistemaMi

acquista da ST0 una quantita di calore Q0,i pari a

Q0,i =T0

Ti

Qi.

Consideriamo un ciclo composto costituito da un ciclo del sistema X piu unciclo di Carnot di ogni sistema Mi. Alla fine della trasformazione ciascunadelle sorgenti STi

avra compiuto uno scambio di calore nullo; infatti il sistema Xacquista una quantita di calore Qi dalla sorgente STi

, mentre il sistemaMi cedeuna quantita di calore −Qi a quest’ultima. D’altra parte i sistemiM1, . . . ,Mr

assorbono da ST0 le quantita di calore Q0,1, . . . , Q0,r, per cui la quantita totaledi calore assorbito durante gli r cicli di Carnot deve essere

Q0 =

r∑

i=1

Q0,i = T0

r∑

i=1

Qi

Ti

.

In definitiva, il risultato finale della trasformazione composta e che i sistemiM1, . . . ,Mr e X scambiano complessivamente una quantita di calore Q0 con lasorgente ST0 .Poiche dopo la trasformazione tutti i sistemi tornano allo stato ini-ziale e poiche si ha, in definitiva, scambio di calore con una sola sorgente tenutaa temperatura costante, per non violare il Principio 8 dobbiamo ammettere cheQ0 6 0, ossia

r∑

i=1

Qi

Ti

6 0.

Se il sistema X compie un ciclo reversibile, esso puo essere percorso in senso in-verso; in questo caso tutte le Qi cambiano segno ed applicando le considerazioniprecedente al ciclo inverso si deve ottenere che

r∑

i=1

Qi

Ti

> 0.

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Page 68: Formulazione assiomatica della Termodinamica

Poiche le due disuguaglianze devono valere contemporaneamente, nel caso diciclo reversibile vale che

r∑

i=1

Qi

Ti

= 0

e questo conclude la dimostrazione.

E importante considerare il caso in cui il sistema scambi calore con una distri-buzione continua di sorgenti. In questo caso la sommatoria che compare nella(3.11) deve essere sostituita da un integrale eseguito sull’intero ciclo. Se δQe la quantita infinitesima di calore che il sistema scambia con una sorgente atemperatura T , allora vale il

Teorema 6 (di Clausius) Quando il sistema X compie una generica trasfor-mazione ciclica deve valere che

δQ

T6 0, (3.12)

dove il segno di uguaglianza vale solo se il ciclo e reversibile.

Osserviamo che nella (3.12) la temperatura T e quella della sorgente e nondel sistema; tuttavia nel caso di trasformazioni reversibili le due temperaturecoincidono.Poiche la relazione

δQ

T= 0

vale per qualsiasi ciclo reversibile eseguito dal sistema X , questo, per quantovisto nel Paragrafo 1.3.3 e sufficiente ad affermare che la quantita δQ/T e undifferenziale esatto che indicheremo con dS. Quindi la temperatura assoluta T eil fattore integrante per il calore infinitesimo δQ. Preso uno stato di equilibrio diriferimento ~x0 per il sistema X e supponendo che ogni alto stato ~x possa essereconnesso a ~x0 tramite un cammino reversibile, possiamo definire la funzione distato entropia nel modo seguente

S(~x) =

∫ ~x

~x0

δQ

T+ S(~x0).

E evidente che S e definita a meno di una costante additiva arbitraria.

3.3 Vantaggi di una formulazione assiomatica

La teoria del fattore integrante nello schema di Clausius, di cui abbiamo breve-mente tracciato le linee nel paragrafo precedente, per quanto rigorosa e generalee senza dubbio di carattere estremamente applicativa. Fintanto che si e inte-ressati alla progettazione di macchine termiche e essenziale poter disporre diprincipi che siano validi a prescindere dal tipo di sostanza che venga utilizzata;se tuttavia si vuole studiare il comportamento dei sistemi durante le trasforma-zioni in termini di funzioni di stato e di variazione dei parametri termodinamici,allora e preferibile utilizzare un metodo che sia piu strettamente legato all’u-so delle coordinate. La strada percorsa da Clausius appare molto distante da

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Page 69: Formulazione assiomatica della Termodinamica

quella prospettata da Caratheodory nel suo tentativo di assiomatizzare la termo-dinamica; in realta sia l’enunciato del II Principio dato da Clausius che quellodovuto a Kelvin e Planck contengono il Principio di irraggiungibilita adiabaticaproposto da Caratheodory. Questo e dimostrato nel seguente

Teorema 7 Se vale il Principio 8 allora necessariamente e soddisfatto pure ilPrincipio 5.

DimostrazioneConsideriamo un sistema termodinamico X che si trova in uno stato di equi-librio descritto dalle coordinate ~x = (x1, . . . , xn−1, U) dove U e l’energia in-terna del sistema. In seguito ad una trasformazione adiabatica reversibile in-finitesima γ, il sistema raggiungera un nuovo stato di equilibrio descritto da~x+ d~x = ~x ′ = (x′1, . . . , x

′n−1, U

′). Consideriamo la retta π ∈ Rn ottenuta man-

tenendo costanti i valori delle coordinate x′1, . . . , x′n−1 e facendo variare solo la

coordinata U . Tutti gli stati che si trovano sulla retta π si differenziano soloper un diverso valore dell’energia interna mentre hanno valori identici per tut-te le altre coordinate termodinamiche; questo significa che la retta π descrivetrasformazioni in cui il sistema non compie lavoro in quanto non varia nessunacoordinata di deformazione, tuttavia varia l’energia interna U e questo puo ac-cadere unicamente tramite scambio di calore con l’ambiente esterno. Sia π+ lasemiretta definita da U > U ′, mentre π− quella definita da U < U ′. Mostria-mo che se vale il Principio 8 allora non vi e nessuna trasformazione adiabatica(reversibile o irreversibile) capace di portare il sistema X in uno stato di π−.Ragioniamo per assurdo e supponiamo che tramite una trasformazione adiaba-tica β il sistema vada nello stato ~x ′′ ∈ π−. Ora, tramite assorbimento di unaquantita di calore Q il sistema viene portato nello stato ~x ′ ed in seguito, tramitela trasformazione γ−1 (ossia l’inversa della trasformazione γ) viene ricondottoallo stato di partenza ~x. Poiche le trasformazioni β e γ−1 sono adiabatiche,il sistema acquista unicamente la quantita di calore Q > 0 passando da ~x ′′ a~x ′ lungo π; d’altra parte il sistema compie un ciclo e per il I Principio essocompie una quantita di lavoro W = Q > 0. In definitiva il sistema compie dellavoro positivo scambiando unicamente calore con un’unica sorgente e cio violail Principio 8. Quindi se si accetta l’enunciato di Kelvin-Planck si deve am-mettere che tutti i punti di π− sono adiabaticamente irraggiungibili per quantovicini allo stato iniziale ~x; ma questo e esattamente l’enunciato del Principio 5sull’irraggiungibilita.

In un certo senso il Principio di irraggiungibilita, dato in forma forte, puo esse-re considerato come il Principio di Kelvin-Planck ridotto all’essenziale. Non sipuo accusare Caratheodory di aver formulato la termodinamica partendo da unprincipio troppo matematico e lontano dal senso fisico; chi accetta gli enunciaticlassici sta gia indirettamente accettando il Principio di irraggiungibilita. Il la-voro di Caratheodory, inoltre, ci mostra che l’esistenza di un fattore integranteper il δQ e quindi la possibilita di considerare le superfici isoentropiche. nonsono, in nessun modo, conseguenza delle proprieta dei cicli di Carnot. La pos-sibilita di definire l’entropia come funzione di stato, e una diretta conseguenzadella natura delle equazioni di Pfaff che sono alla base della teoria termodinami-ca. La teoria assiomatica di Caratheodory non e solo formalmente piu elegantedella teoria classica, ma e anche piu profonda; accettando il Principio di Kelvin-Planck, in virtu dei due Teoremi di Caratheodory, la teoria di Clausius risulta

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semplicemente un’ovvia conseguenza. Una analisi critica e profonda della for-mulazione assiomatica della termodinamica e fornita in [Afanassjeva]. Bisognadire che il lavoro di Caratheodory e stato soggetto anche a numerose critiche,per tanti l’assiomatizzazione della termodinamica e da ridursi al semplice ran-go di diletto matematico mentre i meriti di Caratheodory non vanno oltre aquelli di avere dimostrato un “bel teorema sulle equazioni di Pfaff. Una decisacritica nei confronti della termodinamica assiomatica e data in [Truesdell]. Amio modesto parere una buona teoria fisica deve avere tra le altre qualita anchequella dell’eleganza e, indiscutibilmente, la formulazione assiomatica della ter-modinamica data da Caratheodory non e manchevole ne di eleganza formale nedi rigore logico; gia questo dovrebbe essere sufficiente affinche la termodinamicaassiomatica venga almeno ritenuta un interessante punto di vista alternativorispetto alla piu immediata formulazione classica.

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Bibliografia

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