Formazione esperienziale: Il cognitivismo

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Il Cognitivismo

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Il Cognitivismo

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La “rivoluzione cognitivista” muta il panorama della psicologia sperimentale, che fino agli anni ‘50 era stato completamente caratterizzato dalle teorie comportamentiste. Il cognitivismo è una diretta filiazione del comportamentismo: è da questo che, sia pur per differenziarsi, il punto di riferimento dei cognitivisti. Il cognitivismo e altre teorie che si sono poste alla sua base (cibernetica, teoria della comunicazione, teoria della decisione) entrarono nel mondo della psicologia specificamente attraverso il comportamentismo. Il termine cognitivismo sarà utilizzato solo dopo l’uscita ne 1967 di “Psicologia cognitivista” di Neisser. In precedenza gli stessi cognitivisti si ritenevano dei comportamentisti di “terza generazione”: dopo la prima di Watson, e la seconda (il neocomportamentismo) di Tolman, Skinner e Hull, essi pensavano di vivere una nuova fase del comportamentismo chiamata “cenocomportamentismo”. La fase cenocomportamentistica ha inizio con D. O. Hebb. che studia le “variabili intervenienti” (i processi interposti tra stimolo e risposta, svolgentisi all’interno dell’individuo - e quindi non direttamente osservabili- introdotti dai neocomportamentisti come “costrutti ipotetici” per spiegare tutti quei fenomeni che non potevano essere interpretati direttamente come semplice corrispondenza tra stimolo e risposta). Hebb si distacca dal comportamentismo per il seguente motivo:

• per i neocomportamentisti le variabili intervenienti sono solo dei costrutti ipotetici, che non hanno una base “realistica” ma una funzione puramente logica.

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Con Hebb per la prima volta l’interesse si rivolge ai processi che si svolgono all’interno dell’individuo, non più sul piano del puro costrutto ipotetico, ma su quello del modello logico dello svolgimento dei processi mentali. È introdotta in psicologia una tipica modalità di concettualizzare i fenomeni (propria del cognitivismo): creare modelli che di volta in volta possono fare riferimento a un’idealizzazione del sistema nervoso o ai circuiti di un elaboratore, in cui non è importante identificare realisticamente gli elementi del modello, ma che il modello sia uno schema valido sul piano puramente logico.Il modello viene accettato o respinto se il comportamento in studio può essere simulato dal modello. Il modello può basarsi o sul funzionamento del sistema nervoso, o sul funzionamento di un elaboratore programmato: in entrambi i casi il fatto che la simulazione dia dei risultati positivi non porta assolutamente ad accettare un’identificazîone realistica degli elementi del modello con quelli sin qui noti del funzionamento del sistema nervoso o di un elaboratore. L’interesse è rivolto ai processi mentali, visti questi sì con occhio realistico, mentre il substrato “fisico” del modello può essere in ogni momento accantonato, e sostituito con qualcosa di diverso man mano che le nostre conoscenze si modificano. Le variabili intervenienti non sono altro che dei costrutti ipotetici che trovano una legittimazione solo quando le correlazioni tra variabili ambientali e variabili comportamentali non riescono a fornire un risultato univoco che possa essere interpretato senza ambiguità facendo ricorso unicamente a tali due classi di eventi osservati.

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Accade infatti a volte che, tale univocità non possa realizzarsi. La variabile interveniente è allora qualcosa che si può ipotizzare per risolvere l’ambiguità. Con particolare riferimento alle teorie di Hull, le variabili intervenienti da un certo punto di vista sono realistiche, ma “celate all’interno del sistema nervoso”; da un altro punto di vista non lo sono affatto, perché nessuna operazione è in grado di definirne realmente il concetto. La variabile interveniente è pur tuttavia un concetto chiave nel sistema di Hull: è indispensabile perché l’intero sistema teorico stia in piedi. Tolman appare come il più cognitivista dei comportamentisti poiché:

• sviluppa concetti tipicamente mentalistici (“mappa cognitiva”, sorta di rappresentazione mentale che l’organismo si costruisce dell’ambiente che lo circonda).

Di fatto però:• ogni concetto mentalistico viene da Tolman risolto in un sistema di correlazioni tra

eventi di stimolazione e risposte dell’organismo.• i contenuti mentali vanno comunque esclusi dalla possibilità di indagine, non essendo

possibile definirli operazionalmente.• ammette l’uso dell’introspezione.

Tolman è comunque lontano dai cognitivisti perché non è riuscito a gettare l’indispensabile ponte tra struttura mentale e azione.

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L’empirismo logicoCon l’empirismo logico l’interesse è rivolto alla scienza considerata come linguaggio, e ai rapporti che intercorrono tra linguaggio teorico e linguaggio osservativo; e alla possibilità di definire, attraverso una serie di trasformazioni sugli enunciati relativi alle osservazioni empiriche (i cosiddetti “protocolli”), gli enunciati teorici.

• Nella “versione ristretta dell’empirismo” (adatta ad un radicale come Watson) si ritiene possibile dare di ogni concetto teorico una definizione contestuale o esplicita in termini di osservabili.

• Nella successiva versione, la “prima liberalizzazione dell’empirismo” (adatta a neocomportamentisti come Hull o Tolman) si è resa necessaria l’introduzione di altri procedimenti definitori (ad esempio, per “riduzione”) per i termini disposizionali, quelli cioè che designano caratteristiche degli eventi fisici osservabili solo in determinate circostanze (ad esempio l’elastîcità di un laccio, che si manifesta solo quando lo “tiriamo”).

• Nella “seconda liberalizzazione dell’empirismo” (‘50): non è possibile sperare di definire tutti i termini teorici in funzione di osservabili, ma esistono dei termini primitivi nd sistema teorico che vanno introdotti indipendentemente dall’osservazione.

È in questo momento di crisi che emerge il cognitivismo.

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Dalle teorie ai modelliIl mentalismo dei cognitivisti si manifesta nell’uso dei Modelli.Il modello è una rappresentazione semplificata della realtà, concepita come assolutamente realistica per ciò che riguarda le funzioni svolte dalla mente, ma non per forza una riproduzione fedele di ciò che vi può essere nel sistema nervoso dell’individuo.

In altri termini, se in un modello riferito a un certo comportamento percettivo viene inserito un elemento destinato a memorizzare per tempi molto brevi le informazioni in arrivo prima del loro riconoscimento, l’autore del modello non pretende con ciò di affermare che vi sia un organo, o una parte del cervello deputata a tale funzione; più semplicemente, che tale funzione è logicamente necessaria, quale che sia la parte del sistema nervoso che la svolge; e la necessità logica di tale funzione ne costituisce il criterio di esistenza. Il mentalismo dei cognitivisti ha quindi delle caratteristiche molto peculiari, diverse dal mentalismo metafisico contro cui era soprattutto indirizzata la polemica dei comportamentisti. Alcune conseguenze:

• Tali modelli sono sovente derivati dai modelli cibernetici, in termini di flusso di informazioni che vengono elaborate a vari stadi nd corso del loro passaggio all’interno dell’organismo --> ciò consente l’utilizzo di un altro criterio: la simulazione mediante calcolatore elettronico.

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• L’uso dei modelli consente di superare le ambiguità di cui sono affetti gli eventi di fronte ai quali lo psicologo si trova spesso ad operare, perché nel modello ogni elemento è definito con precisione.

• Il cognitivismo (che criticava il comportamentismo per la sua incapacità di spiegare il comportamento dell’uomo al di fuori dell’ambiente asettico del laboratorio), ha finito spesso per allontanarsi dalla vita reale, spezzettandosi nella costruzione di modelli sempre più sofisticati, ma sempre più lontani da ciò che l’uomo è e fa nel suo agire quotidiano.

L’inizio probabile del cognitivismo è fatto risalire alla II guerra mondiale. A Cambridge K. Craick e F. C. Bartlett svolgono ricerche sul comportamento di tracking, che portarono per la prima volta a concepire l’uomo come servomeccanismo. Un compito, questo, in cui vi è un bersaglio mobile che si sposta su uno schermo, e al soggetto viene chiesto di tenere allineato un segnale con il bersaglio. Il soggetto umano non appare in grado di operare più di una correzione ogni mezzo secondo. A partire da questa valutazione, l’ipotesi è che all’interno dell’organismo esiste un meccanismo decisore che deve impiegare almeno mezzo secondo per elaborare le informazioni in arrivo, e che non era in grado di elaborare un nuovo lotto di informazioni fintantoché non erano state elaborate tutte le precedenti. Si affermava quindi per la prima volta che:

• l’uomo è assimilabile ad un elaboratore di informazioni, un servomeccanismo di tipo cibernetico;

• l’uomo aveva un tipo di funzionamento discreto; • il meccanismo decisore era unico, e non potevano essere eseguite più

cose alla volta.

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Limite al funzionamento dei processi cognitivi dell’uomo:• l’uomo è in grado di eseguire un unico compito per ogni atto di decisione;• esiste un limite della quantità di informazioni che si possono elaborare alla volta

(Miller), 7 “pezzi” di informazione alla volta, più o meno due, a seconda del compito eseguito (memoria a breve termine, giudizi assoluti, quantità di apprensione = quanti elementi possono essere colti in una volta con un singolo atto percettivo).

NB: “pezzi” e non “singoli elementi” (per cui per memorizzare 21 numeri è preferibile memorizzare 7 gruppi da 3 numeri). Temi prediletti dai cognitivisti sono la memoria a lungo, breve e brevissimo termine, vigilanza, tempi di reazione, l’attenzione (selettiva), il linguaggio. La memoria era studiata anche dal comportamentismo per gli stretti legami con l’apprendimento, ma per essi non aveva senso distinguere tra diversi tipi di memoria a seconda dei tempi di memorizzazione. L’influenza della cibernetica o la teoria dell’informazione per lo sviluppo del cognitivismo si fa sentire nell’opera: “Piani e struttura del comportamento” di Miller, Galanter e Pribram, libro che è una pietra miliare del cognitivismo.In questa opera:

• l’unità di analisi della psicologia - che nel comportamentismo era il riflesso - diventa l’unità TOTE (Test-Operate-Test-Exit);

• l’analogia fra uomo e calcolatore è spinta all’estremo.

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Il linguaggio – ChomskyIn “Piani e struttura del comportamento” si parla di “piani per parlare”, con riferimento alla psicolinguistica generativo-trasformazionale di Noam Chomsky. La considerazione del linguaggio fino agli anni ‘50 era saldamente in mano agli strutturalisti (in linguistica): esso trascurava l’“utente” linguistico, e si concentrava maggiormente sull’analisi del messaggio.Allo strutturalismo linguistico fanno riferimento prima di tutto i comportamentisti. Il cognitivismo tra gli anni ‘80-90 si va diversificando lungo due filoni: l’impostazione ecologica e la Scienza cognitiva. Per entrambi c’è il rifiuto dei micromodelli e di un ampliamento del respiro teorico.La scienza cognitiva insiste sull’intelligenza artificiale, e sull’utilizzo della simulazione, operando di nuovo una saldatura tra il mondo dell’intelligenza artificiale e la psicologia dei processi cognitivi. Neisser muove tre fondamentali critiche alla psicologia cognitivista: un’attenzione focalizzata sull’esperimento di laboratorio, e sempre meno rivolta al mondo esterno; gli esperimenti che vengono effettuati sembrano sempre più rivolti alla situazione sperimentale stessa, e sempre meno volti a comprendere il funzionamento dell’uomo; il concetto di “elaborazione delle informazioni” muta significato nel momento in cui le “informazioni” vengono definite in modo diverso dai differenti autori.

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La prospettiva ecologica

Secondo Neisser (influenzato da Gibson) le “informazioni” che l’individuo elabora vanno viste nell’ambiente, perché è lì che sono, ed è l’ambiente che le offre. Nella sua nuova concezione, l’individuo possiede nella sua struttura cognitiva degli “schemi” che gli consentono di coglierle, e che costituiscono il fondamentale legame tra percezione e pensiero. Si afferma così una nuova linea all’interno del cognitivismo: la linea “ecologica” . Gibson rifiuta quello che è il postulato primo del cognitivismo che sottolinea come la mente sia capace di rappresentazione ed elaborazione delle informazioni.Teoria della percezione diretta: le informazioni sono già presenti nello stimulus array, nella stimolazione come si presenta direttamente al soggetto; il soggetto coglie le informazioni direttamente dalla stimolazione in quanto affordances (to afford = fornire) presentate dall’ambiente in relazione al valore evolutivo che hanno per l’organismo --> il soggetto non deve ricorrere a sistemi computazionali, flussi informazionali, strutture rappresentazionali.

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In direzione opposta alla tendenza ecologica, si raggruppano studiosi delle più diverse provenienze, che hanno dato inizio alla cosiddetta “scienza cognitiva” che domina il quadro contemporaneo. Nasce nel 1977, quando R. Schank, A. Collins e E. Charniak fondano una nuova rivista chiamata “scienza cognitiva”. La scienza cognitiva si configura come una vera e propria disciplina autonoma con provenienze e apporti multidisciplinari, e sempre meno come uno sviluppo del cognitivismo interno alla psicologia. Sono i 2 paradigmi della scienza cognitiva dominanti negli anni ‘80.

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Il modularismo (di Fodor) sostiene che i sistemi di analisi di input hanno un’architettura cognitiva distinta in moduli, strutture verticali che trasformano computazionalmente gli input in rappresentazioni che offrono alla parte centrale del sistema cognitivo.Il connessionismo (Rumelhart e MacClelland) basato su due ordini di considerazioni, tecnologiche e (neuro)psicologiche, suggerisce una modellistica con funzionamento parallelo massivo (modelli connessionisti a parallelismo massivo).I modelli processuali si omogeneizzano con i modelli computazionali, potendosi concepire la computazione in termini di interazione diretta tra un ampio numero di unità locali nel cervello. Questa concezione della computazione può essere intesa come una versione formalizzata di due tradizioni di pensiero tradizionalmente distinte: idee qualitative delle funzioni del cervello di Kohler e l’approccio connessionista di Hebb.