Fondo patrimoniale. Trust e negozio di destinazione (cenni)

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(cenni)

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Caso

Claudia e Gino Lapegna sono coniugi. Gino Lapegna costituisce un fondo patrimoniale per far fronte alle spese relative al mantenimento della famiglia ed alla istruzione dei figli e vi conferisce taluni beni immobili di cui è proprietario.Gino Lapegna è socio, insieme con altri, della S.n.c. Beta e contrae dei debiti correlati all’attività sociale. I suoi creditori particolari promuovono l’esecuzione sui beni da costui conferiti nel fondo patrimoniale.Il candidato, assunte le vesti di legale di Gino Lapegna, rediga motivato parere, indicando se la pretesa dei creditori di Gino Lapegna è fondata.

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Il fondo patrimoniale: natura ed effetti

• Con la costituzione di un fondo patrimoniale ciascun coniuge o ambedue, nonché un terzo, possono destinare alcuni beni immobili, mobili registrati o titoli di credito al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, intesi in senso ampio, includenti le esigenze primarie attinenti alla vita della famiglia, ma anche i bisogni attinenti allo sviluppo stesso della famiglia ed al mantenimento, istruzione ed educazione dei figli (art. 167 ss. cod. civ.).

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• Può essere costituito dai coniugi o da un terzo per atto pubblico, nel qual caso la costituzione del fondo si perfeziona con l’accettazione dei coniugi, avente la medesima forma, nonché per testamento.

• A seguito della costituzione del fondo, sorge sui beni che ne fanno parte e sui loro frutti un vincolo reale di destinazione, che si traduce nella inalienabilità ed inespropriabilità degli stessi, nei limiti che si diranno.

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• I beni del fondo sono soggetti, in punto di amministrazione, alla medesima disciplina della comunione legale.

• Il fondo può cessare in presenza nei soli casi previsti dall’art. 171 c. c. (annullamento, scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio), ma, in presenza di figli minori, esso dura sino al raggiungimento della maggiore età dell’ultimo figlio, nel qual caso il giudice può dettare norme sull’amministrazione del fondo.

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• Il fondo patrimoniale viene assimilato dall’opinione prevalente ad una convenzione matrimoniale, con la conseguenza che esso è opponibile ai terzi solo se annotato a margine dell’atto di matrimonio (art. 162 c. c.).

• La sola trascrizione ai sensi dell’art. 2647 c. c., in relazione agli immobili compresi nel fondo, si ritiene, invece, che abbia funzione di pubblicità notizia.

• Un’opinione minoritaria, tuttavia, ritiene indispensabile, ai fini della opponibilità, anche la trascrizione del vincolo.

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Statuto dei beni del fondo patrimoniale

• I coniugi non possono alienare, costituire diritti reali di godimento, né ipotecare o dare in pegno i beni del fondo, senza il consenso di entrambi i coniugi, e, se vi sono figli minori, senza previa autorizzazione del giudice, salva apposita previsione inserita nell’atto di costituzione dello stesso (art. 169 c. c.).

• Non è però prevista la sorte dell’atto di alienazione compiuto in mancanza dei suddetti elementi.

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• La dottrina sul punto è divisa.• Una tesi esclude che possa estendersi al fondo la disciplina

di cui all’art. 184 c. c., in base alle seguenti considerazioni:• - nella disciplina del fondo patrimoniale si tutela in modo

preminente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei terzi;

• - l’annotazione e la trascrizione, se si tratta di beni immobili o mobili registrati, condizionano l’opponibilità del vincolo nei confronti dei terzi.

• In ragione di ciò, la giurisprudenza propende per la nullità dell’atto per contrasto con norma imperativa.

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Responsabilità patrimoniale dei beni del fondo

• In ordine alla responsabilità patrimoniale, l’art. 170 c. c. prevede che l’espropriazione sui beni del fondo e sui loro frutti non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

• Il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può realizzarsi in via esecutiva sui beni del fondo va ricercato ella relazione tra la fonte dell’obbligazione ed i bisogni della famiglia.

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Tutela dei creditori particolari dei coniugi

• Accade sovente che il debitore in difficoltà costituisca il fondo patrimoniale per sottrarre i beni che vi conferisce alle azioni esecutive dei creditori particolari.

• Costoro, ricorrendone i presupposti, possono esercitare l’azione revocatoria, sia ordinaria, sia fallimentare, secondo le regole previste per gli atti gratuiti.

• Inoltre, possono esercitare l’azione di simulazione, ai sensi dell’art. 164 c. c.

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Costituzione di fondo patrimoniale e successione necessaria

• L’atto di costituzione del fondo patrimoniale si considera atto a titolo gratuito.

• Esso è pertanto soggetto a collazione ed all’azione di riduzione esperita dai legittimari del soggetto costituente il fondo, in caso il valore dei beni conferiti ecceda la quota disponibile.

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Il trust

• La legge 16 ottobre 1989 n. 364 ha ratificato e dato esecuzione nel nostro ordinamento alla Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata all’Aja il 1° luglio 1985.

• L’art. 2, l. n. 364/89, definisce il trust come il complesso dei rapporti giuridici posti da un soggetto, denominato settlor (o costituente), mediante un atto tra vivi o un negozio mortis causa, sotto il controllo di un altro soggetto, il c.d. trustee (o fiduciario), nell’interesse di un beneficiario o per un dato scopo.

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• La creazione di un trust determina la costituzione di una distinta massa patrimoniale, giacché i rapporti giuridici che la compongono non entrano a far parte del patrimonio del trustee, pur essendo intestati a suo nome; il trustee, inoltre, assume l’obbligo di amministrare, gestire o disporre dei beni secondo le indicazioni contenute nell’atto istitutivo e secondo la legge competente a regolare il trust.

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Soggetti del trust

• La figura del trust coinvolge, dunque, tre soggetti, il settlor, il trustee ed il beneficiario.

• Il settlor individua nell’ambito del proprio patrimonio taluni beni e li pone sotto il controllo del trustee, privandosi del potere di goderne e di disporne per tutta la durata del trust; costui programma altresì la sorte dei beni medesimi una volta cessato il trust, prevedendone il trasferimento ai beneficiari dei frutti ovvero ad altri beneficiari (c. d. finali).

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• Il trustee è il soggetto cui, a seguito della creazione del trust, è conferito il potere di amministrare i beni che ne formano oggetto e di gestirli secondo le istruzioni ricevute dal settlor; al trustee non è consentito di utilizzare tali beni nell’interesse proprio. Egli, dunque, acquista una titolarità il cui esercizio è commisurato alla realizzazione dell’interesse del terzo beneficiario od al conseguimento dello scopo del trust.

• Il beneficiario, infine, è il soggetto nel cui interesse i beni vengono gestiti ed al cui patrimonio sono destinati i risultati utili di tale gestione (i frutti e/o il capitale, a seconda di quanto previsto nell’atto costitutivo).

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Effetti del trust

• secondo l’art. 11, l. n. 364/89: a) i beni in trust rimangono distinti dal restante patrimonio del trustee; b) i creditori personali del trustee non possono aggredire i beni oggetto del trust; c) tali beni non entrano a far parte della massa ereditaria (e non possono, quindi, essere acquistati dai successori a causa di morte) del trustee.

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Il trust come patrimonio di destinazione

• Su tale complesso di beni si costituisce un vincolo reale di destinazione, ossia ad esso si applica una particolare disciplina, i cui tratti salienti possono riassumersi nei termini che seguono.

• In primo luogo, i beni del trust sono assoggettabili ad esecuzione forzata solamente per la realizzazione dei diritti vantati da alcune categorie di creditori, più esattamente, da quei creditori la cui pretesa sia sorta in dipendenza di atti compiuti dal trustee in vista della realizzazione dello scopo del trust. Tali beni, per contro, sono inespropriabili ad opera di ogni altro creditore.

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Trust e ordinamento interno• Secondo l’art. 11, l. n. 364/89, ai trusts costituiti in conformità della legge

di uno Stato nel quale tale istituto è regolato deve riconoscersi efficacia nell’ordinamento italiano.

• Tuttavia, il riconoscimento di un trust all’interno del nostro ordinamento incontra i limiti costituiti dall’osservanza dei principi di ordine pubblico (art. 18, l. n. 364/89), delle norme interne di applicazione necessaria (art. 16, l. n. 364/89), nonché delle norme imperative appartenenti alla legge competente - secondo le disposizioni generali di diritto internazionale privato - a regolare le materie con le quali il trust è in grado di interferire, tra cui si annoverano la protezione di minori ed incapaci, gli effetti personali e patrimoniali del matrimonio, i testamenti, la devoluzione ereditaria e la successione necessaria, il trasferimento della proprietà e le garanzie reali, nonché la protezione dei creditori in caso di insolvenza (art. 15, l. n. 364/89).

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Il c. d. trust interno

• La dottrina prevalente attribuisce validità ed efficacia anche al c.d. trust interno, consistente in quel trust che non presenta alcun collegamento, né di tipo soggettivo, né di tipo oggettivo, con ordinamenti stranieri ed il cui unico elemento di estraneità rispetto all'ordinamento interno è costituito dalla scelta, da parte del costituente, di una legge cui sia noto l’istituto di cui si tratta.

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Tutela dei creditori

• I creditori del costituente possono esperire l’azione revocatoria, se ne ricorrono i presupposti. Una recente sentenza ha chiarito che la legittimazione passiva spetta al trustee e che l’elemento soggettivo da accertare consiste nella consapevolezza, in capo a costui ed al costituente, del pregiudizio arrecato ai creditori (Trib. Cassino, 8.1.2009, in Trusts, 2009, 419).

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Trust e successione necessaria

• l’esplicita salvezza dei limiti posti dalla legge nazionale a tutela dei diritti dei legittimari (art. 15, 1° co., lett. c), l. n. 364/89) comporta la soggezione del trust lesivo della legittima alla disciplina della successione necessaria.

• Tale conclusione, accolta dalla con riguardo ai trusts istituiti mediante testamento, si reputa valida altresì per i trusts tra vivi connotati da uno scopo liberale.

• Tali specie di trusts inoltre sono soggetti a collazione, ai sensi degli artt. 737 ss. c. c.

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Il trust a confronto con il fondo patrimoniale

• Tra il trust ed il fondo patrimoniale sussistono sensibili differenze, per via del trattamento giuridico loro riservato.

• Ed infatti l’istituto del fondo patrimoniale è delimitato, nel nostro ordinamento, sotto l’aspetto soggettivo, dalla possibilità di nominare beneficiari solo membri della famiglia legittima del destinante, in quanto l’art. 167 c. c. accoglie un’accezione ristretta di famiglia, come nucleo, composto dai coniugi e dai figli, fondato sul matrimonio.

• Quanto al profilo oggettivo, poi, lo stesso legislatore ha individuato lo scopo tipico nella realizzazione dei bisogni dei familiari, nonché le categorie di beni che possono farvi parte. Tanto è vero che si reputa nullo l’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, i cui elementi soggettivi ed oggettivi non siano corrispondenti al tipo regolato dalla legge.

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Segue • Nel trust, invece, il costituente può comprendere tra i

beneficiari anche il convivente more uxorio, così come può includere categorie di bisogni o di beni che non possono formare oggetto del fondo patrimoniale.

• Inoltre, le cause di cessazione del fondo patrimoniale sono tassativamente previste dalle legge (art. 171 c. c.), la quale ricollega la permanenza in vita del fondo medesimo alle vicende che interessano il rapporto coniugale, salvo che vi siano figli minori. Non così invece nel trust la cui durata può prescindere da quella del vincolo nascente dal matrimonio ed in cui il costituente può liberamente programmare la destinazione finale dei beni, una volta intervenuta la cessazione dello stesso.

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• Non vi è coincidenza di trattamento giuridico tra il fondo patrimoniale ed il trust (non solo per i profili innanzi rilevati, ma anche) nemmeno per ciò che riguarda la tutela che spetta ai beneficiari del fondo patrimoniale, rispetto ai beneficiari del trust.

• Nel fondo patrimoniale, quando nel novero dei beneficiari rientrano dei minori, occorre un’autorizzazione giudiziale, per fare luogo alla (valida) alienazione dei beni oggetto del fondo medesimo (art. 169 c. c.).

• L’autorizzazione non è necessaria nel caso del trust.

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• Tuttavia, la disciplina del trust consente di salvaguardare gli interessi dei beneficiari, ben più di quanto non avvenga nel fondo patrimoniale.

• Ed infatti, il venir meno del legame coniugale costituisce causa di cessazione del fondo patrimoniale.

• Invece la costituzione di un trust permette di perpetuare il vincolo di destinazione al soddisfacimento dei bisogni dei figli anche dopo il divorzio (così Trib. Milano, decr. 07.06.2006, secondo cui “Può essere omologato il verbale di separazione personale dei coniugi nel quale sia inserita l’istituzione di un trust auto-dichiarato dagli stessi coniugi separandi, in favore dei loro figli, con la finalità di segregare in trust i beni costituiti in fondo patrimoniale anche dopo la cessazione del vincolo coniugale”).

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La destinazione di beni regolata dall’art. 2645 ter cod. civ.

• L’art. 2645 ter cod. civ. regola la trascrizione degli atti in forma pubblica, con i quali un soggetto (c. d. destinante) destina un proprio bene, immobile o mobile iscritto in pubblici registri, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela facenti capo a persone con disabilità, pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche (cc. dd. beneficiari), ricollegandovi la nascita di un vincolo di destinazione opponibile ai terzi, tale per cui il bene od i beni destinati, ed i loro frutti, possono costituire oggetto di esecuzione forzata per la realizzazione dei soli crediti sorti in vista dello scopo perseguito dal destinante (salvo quanto previsto dall’art. 2915 cod. civ.).

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• La giurisprudenza ha consentito l’impiego del negozio di destinazione per soddisfare i bisogni di una famiglia di fatto (Trib. Trieste, 19.9.2007, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 687): secondo tale orientamento, il giudice, al fine di accertare il carattere meritevole o meno dell’interesse del beneficiario, deve avere riguardo ai valori costituzionali, alla luce dei quali la separazione patrimoniale può apparire giustificata anche per realizzare interessi individuali, purché non meramente patrimoniali e riconducibili all’ambito di quelli ivi protetti e garantiti.

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Tutela dei creditori del destinante

• Come avviene nel trust, non si dubita che i creditori del destinante possano esercitare l’azione revocatoria, se ne ricorrono i presupposti.

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Destinazione per programmare la trasmissione della ricchezza

• La dottrina riconosce all’atto di destinazione regolato dalla disposizione di cui si tratta efficacia anche dopo la morte del destinante (come si desume dalla previsione relativa alla durata massima del vincolo, pari a novanta anni), con la conseguenza che i successori di costui, a titolo universale o particolare, subentrano nel vincolo di destinazione.

• La creazione del patrimonio destinato, accompagnata o meno dalla trasmissione dei beni ad un gestore-fiduciario, è suscettibile di pregiudicare i diritti dei legittimari, che potranno, in tal caso, avvalersi dell’azione di riduzione, ove l’atto sia qualificabile come liberalità indiretta ex art. 809 c. c.

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Trust e convenzioni matrimoniali

• Si ritiene che l’atto di costituzione di un trust (ma le medesime considerazioni valgono per il negozio di destinazione di cui all’art. 2645 ter cod. civ.), posto in essere per regolare i rapporti patrimoniali tra coniugi, abbia natura di convenzione matrimoniale (atipica), soggetta, come tale, alla disciplina di esse propria.

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• Di conseguenza, deve ritenersi applicabile al trust l’art. 162 c. c., relativo alla forma ed alla pubblicità delle convenzioni matrimoniali. Così è pure per gli artt. 164 – 166 c. c., in tema di capacità e simulazione, nonché per l’art. 161 c. c., sulla nullità delle pattuizioni in cui i coniugi facciano riferimento generico ad una legge alla quale non sono sottoposti.

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• I coniugi possono costituire un trust o un patrimonio destinato ai sensi dell’art. 2645 ter c. c. includendovi beni che formano oggetto della comunione legale o comunque pattuendo che vi ricadano gli acquisti che, in mancanza, ricadrebbero in comunione.

• Ciò, tuttavia, entro i limiti che discendono dalla previsione di cui all’art. 210 c. c.: il rispetto delle regole in materia di amministrazione congiuntiva quando si tratta di atti di straordinaria amministrazione; la parità delle quote; i limiti all’ampliamento dei beni oggetto di comunione.

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• Quindi un trust avente ad oggetto beni della (o che ricadrebbero in) comunione è sottoposto alle regole, in tema di amministrazione, previste dall’art. 180 c. c., e, in primo luogo, al principio di eguaglianza tra i coniugi. Ne deriva l’invalidità della previsione dell’atto istitutivo con cui si prevedesse l’attribuzione ad uno solo di essi della funzione di trustee.

• Essendo poi il trust soggetto alla disposizione di cui all’art. 194 c. c., i coniugi possono rivestire la posizione giuridica di beneficiari solamente per quote uguali.