FONDAZIONE REMO BIANCO - Marsilio Editori · Genova, articolat tra a il Museo d'arte contemporanea...

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37NotizieIL GIORNALE DELLARTE Numero 367, settembre 2016 Mostre Genova L'inafferrabile Mondino Con la prima completa retrospettiva esce il Catalogo generale Genova, Aldo Mondino, l'artista tori- nese (1938-2005) che ha attraversato in maniera multiforme la seconda metà del '900, sarà al centro di «Moder- no, postmoderno, contemporaneo», un'ampia retrospettiva a lui dedica- ta dal 23 settembre al 27 novembre a Genova, articolata tra il Museo d'arte contemporanea Villa Croce e Palaz- zo della Meridiana, con installazioni collocate in sei luoghi cardine del cen- tro storico cittadino. Ne parliamo con la curatrice della mostra e direttrice del museo, Ilaria Bonacossa. Quella di Villa Croce sarà la prima, ampia retrospettiva dedicata a Mon- dino. Qual è la lettura più evidente dell'artista che emerge? Il fatto più sorprendente è come il percorso artistico di Mondino testimoni il rifiuto di una versione lineare e progressiva della storia dell'arte a favore di una forma di eclettismo che, oggi, è tipica della maggior parte dei gio- vani artisti. Inoltre, ti suo percorso può essere assimilato a quello difigureinternazionali come Sigmar Polke. È stato complicato restituire la mol- teplicità espressiva di Mondino? Forse può risultare complicato per U pubbli- co credere che una produzione cosi diversa formalmente e concettualmente sia di mano di un solo artista. La mostra racconta come Mondino abbia contribuito a inventare una forma di Pop art italiana, per poi avvicinarsi all'Arte poverarifiutandonele regole e infine tornare alla tanto amata pittura degli esordi ma realizzata su supporti come U linoleum o l'eraclite, cioè materiali industriali moder- ni e legati al mondo delle costruzioni e non dell'arte. A Villa Croce sono esposti i lavori dagli anni '60 agli anni '90, con le opere crea- te con il cibo e le grandi installazioni, mentre a Palazzo della Meridiana è proposta la fase della sua vita legata ai viaggi in Paesi lontani, una forma di vero e proprio «orientalismo»: le grandi tele dipinte in India a Gerusalemme e i famosi dervisci che Mondino trasformò in per- formance nella sua sala alla Biennale di Vene- zia del 1993, in occasione dell'inaugurazione. Quali sinergie hanno permesso la completezza di questa mostra? La mostra nasce in partnership con l'Archi- vio Mondino di Milano e in particolare dal lavoro comune con Antonio Mondino, unico figlio dell'artista, che non solo conosce la pro- duzione artistica paterna ma anche le storie e i dettagli legati alle diverse serie e che ci ha mmmam «Scultura un corno» (1980) di Aldo Mondino supportato con grande entusiasmo. Lavorare insieme mi ha permesso di appassionarmi mantenendo quella distanza critica necessa- ria alla scelta, grazie al filtro degli anni, dei lavori più significativi. H catalogo generale (edito da Allemandi, Ndr), il cui primo vo- lume esce in occasione della mostra, serve poi a dimostrare a un pubblico internazionale come sia serio il lavoro storico svolto in Ita- lia. Credo che sia importante questa linea di lavoro e ci sono molti altri artisti italiani che meriterebbero questo tipo di progetto. Una delle ambizioni della sua dire- zione è coinvolgere la città «uscen- do» dai limiti della villa. Succederà anche per Mondino? Genova si presta a essere esplorata grazie all'arte, in modo da attivare forme di conta- minazioni tra antico e contemporaneo. Oltre alle due sedi della mostra ci saranno sei in- terventi: a Palazzo Ducale, dove i basamenti all'ingresso di piazza Matteotti che antica- mente sostenevano le statue dei Dona ora ospitano le due traballanti torri di eltfanti di «Scultura un corno» creando (come a Trafal- gar Square a Londra) un corto circuito stori- co; a Palazzo Rosso e Palazzo Bianco in Strada Nuova; all'Acquario e alla Casa di Colombo; a Palazzo Reale dove sulla terrazza sospesa di fronte al mare del primo piano sono installati «Arabesque» e «Iniziazione», le grandi fusioni in bronzo di pesci con le gambe. Come risponde il pubblico genovese alle proposte di Villa Croce? La città reagisce anche se lentamente e le mo- stre più storiche come questa sono importanti per rendere il pubblico più trasversale. Sicu- ramente i fondi limitati non permettono di comunicare al meglio le mostre e le iniziative. I social media sono però stati molto impor- tanti per garantirci un pubblico giovane e di ^ appassionati non solo d'arte ma di contem-1 poraneità. A volte ho ancora l'impressione f che il museo e le sue attività siano più cono- § sciutifuori Genova e all'estero che in città. | • Anna Costantini e L'intimità di Rembrandt in tre dipinti Parigi. La mostra «Rembrandt intimo», che si tiene dal 16 settembre al 23 gennaio al Musée Jacquemart-André, ruota attorno ai tre dipinti del pittore olandese (1606-69) appartenenti al museo, «I pellegrini di Emmaus» (1629), il «Ritratto della principessa Amalia von Solms» (1632) e il «Ritratto del dottor Arnold Tholinx» (1656) e riunisce una ventina di dipinti e una trentina di disegni, con prestiti dal Metropolitan di New York, dalla National Gallery di Londra e dall'Ermitage di San Pietroburgo. Secondo un percorso cronologico, la prima sezione si concentra sugli anni della giovinezza a Leida e dei primi lavori tra il 1625 e il '31. A «I pellegrini di Emmaus» sono accostati «La parabola dell'uomo ricco», in arrivo dalla Gemàldegalerie di Berlino, e «San Paolo al tavolo di lavoro» del Germanisches Nationalmusem di Norimberga. La seconda sezione si sofferma sugli anni di Amsterdam e i «primi trionfi». È allestita un'ampia selezione di disegni che permette di ricostruire il processo creativo del lavoro dell'artista, tra cui un «Autoritratto» prestato dal Kupferstichkabinett di Berlino, e una serie di tele sul tema della Passione di Cristo, come l'«Ecce Homo» in arrivo da Londra. La terza sezione è dedicata agli anni della maturità (1652-69), quando Rembrandt è al culmine del suo talento, un equilibrio perfetto tra libertà stilistica ed eccellenza tecnica. Ne sono un esempio la serie delle «Tre Croci» e il «Cristo presentato al popolo» (1654). • L.D.M. Rovigo I profeti del moderno Dai Nabis a Venezia centro dell'avanguardia Rovigo. Giandomenico Romanelli è il curatore della mostra «I Nabis, Gau- guin e la pittura italiana» (catalogo Marsilio) a Palazzo Roverella dal 17 settembre al 17 gennaio. I punti di con- vergenza tra i due protagonisti della stagione di Pont-Aven, in Bretagna, Gau- guin e Van Gogh, sono più d'uno, com- presa la tragica conclusione della loro esistenza. Questo senza nulla togliere alla validità della loro esperienza este- tica, all'insegna di una pittura sintetica dai colori accesi, dalle superfici piatte e dai contorni sottolineati da linee decise. «E tutto in antitesi, spiega Romanelli, alla rappresentazione realistica della natura degli impressionisti e dei loro epigoni. Perché per Gauguin la natura è una ricostruzione men- tale, una percezione soggettiva che ha come "pietra angolare" il "Talismano", dipinto su una scatola di sigari da Paul Sérusien. La mostra, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, riunisce un centinaio di opere, con no- mi classici ma anche con opere inedite di Maurice Denis o di Sérusier e autori poco frequentati quali gli svizzeri Félix Vallotton con «Due nude che giocano a dama» (1897) e Marius Borgeaud. L'anno di svolta è il 1888 quando Gauguin si stanzia a Pont-Aven e insieme al venten- ne Emile Bernard enuncia i canoni della nuova estetica. I nuovi soggetti sono in origine individuati nel paesaggio con l'i- cona del covone, nelle dure condizioni di vita della popolazione bretone o nelle tradizioni popolari. Una temperie cul- turale che trova, l'anno successivo, una declinazione mistica con risvolti anche esoterici nei Nabis (il termine ebraico per profeti), con Denis e Sérusier qua- li protagonisti. Siamo all'origine della modernità, con ricadute anche sul mo- vimento Fauve, sull'Espressionismo e sull'arte astratta, movimenti che trova- no ima loro circolazione, a livello euro- peo, nelle prime biennali veneziane. E a Venezia, o meglio, nella laguna di Bura- no assimilabile alla Bretagna, gli inter- preti del nuovo credo sono Gino Rossi e Arturo Martini di cui sono riproposte incisioni su ceramica a soggetto erotico, appartenenti a Ca' Pesaro. Quest'ultimo museo fu una fucina di nuovi talenti co- me Tullio Garbari e Umberto Moggioli, coinvolti nel clima dell'epoca come lo I 11 !!!!*!!! "'plHHHI «La camicia bianca» di Oscar Ghiglia stesso Felice Casorati con la sua «Bam- bina che gioca su un tappeto rosso» del 1912. Le ricadute si prolungano nel tem- po in Cagnaccio di San Pietro. L'epigono di una stagione tanto felice è Oscar Ghi- glia, con i suoi interni borghesi. • Lidia Panzeri Cartogeologia aostana Chàtiiion (Ao). «Latitudine 46,7/Longitudine 7,6» sono le coordinate geografiche della Valle d'Aosta, nonché il titolo scelto per una personale dedicata a Massimo Sacchetti sino al 31 ottobre e ' -ili rfhi. allestita al Castello Gamba. La mostra (nella foto « P u n a sala allestita) fa parte della programmazione •rK—-r-i che l'Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d'Aosta riserva ad artisti del territorio. Pittore e scultore che pone la natura al centro della propria ricerca, Sacchetti presenta una selezione di opere realizzate talvolta con la penna a sfera. Si tratta di particolari vedute del paesaggio alpestre locale: dalle ampie vallate alle vette scoscese, dalle nubi incombenti alle rocce multiformi, ai boschi fitti e fiabeschi. Sono immagini simili a carte topografiche in cui la morfologia del territorio, restituita con un attento uso del chiaroscuro, fa eco alle emozioni suscitate da quei luoghi impervi e silenziosi. Il percorso comprende anche un nucleo di sculture, dai «pani neri» in ceramica bianca ai gusci di lumaca assemblati e raggruppati in formazioni solide e compatte, metafora, queste ultime, del carattere dell'uomo di montagna, che vivendo protetto da rocce e pareti inaccessibili nasconde la propria fragilità dietro una corazza. • J.D. FONDAZIONE REMO BIANCO Vfi*..•"•«•":*< 3T-' Sa Collage, 1982, tecnica mista su ca itone, 95,2 x 73,2 cm, numero di Archivio FRB574 E' iniziata l'archiviazione e la catalogazione delle opere di Remo Bianco (1922-1.988) per il Catalogo Ragionato dell'intera produzione dell'artista Per informazioni rivolgersi alla FONDAZIONE REMO BIANCO Tel. 02-5097.254, email: [email protected], web: www.remobianco.org

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37 Notizie IL GIORNALE DELLARTE Numero 367, settembre 2016

Mostre

Genova

L'inafferrabile Mondino Con la prima completa retrospettiva esce il Catalogo generale

Genova, Aldo Mondino, l'artista tori-nese (1938-2005) che ha attraversato in maniera multiforme la seconda metà del '900, sarà al centro di «Moder-no, postmoderno, contemporaneo», un'ampia retrospettiva a lui dedica-ta dal 23 settembre al 27 novembre a Genova, articolata tra il Museo d'arte contemporanea Villa Croce e Palaz-zo della Meridiana, con installazioni collocate in sei luoghi cardine del cen-tro storico cittadino. Ne parliamo con la curatrice della mostra e direttrice del museo, Ilaria Bonacossa. Quella di Villa Croce sarà la prima, ampia retrospettiva dedicata a Mon-dino. Qual è la lettura più evidente dell'artista che emerge? Il fatto più sorprendente è come il percorso artistico di Mondino testimoni il rifiuto di una versione lineare e progressiva della storia dell'arte a favore di una forma di eclettismo che, oggi, è tipica della maggior parte dei gio-vani artisti. Inoltre, ti suo percorso può essere assimilato a quello di figure internazionali come Sigmar Polke.

È stato complicato restituire la mol-teplicità espressiva di Mondino? Forse può risultare complicato per U pubbli-co credere che una produzione cosi diversa formalmente e concettualmente sia di mano di un solo artista. La mostra racconta come Mondino abbia contribuito a inventare una forma di Pop art italiana, per poi avvicinarsi all'Arte povera rifiutandone le regole e infine tornare alla tanto amata pittura degli esordi ma realizzata su supporti come U linoleum o l'eraclite, cioè materiali industriali moder-ni e legati al mondo delle costruzioni e non dell'arte. A Villa Croce sono esposti i lavori dagli anni '60 agli anni '90, con le opere crea-te con il cibo e le grandi installazioni, mentre a Palazzo della Meridiana è proposta la fase della sua vita legata ai viaggi in Paesi lontani, una forma di vero e proprio «orientalismo»: le grandi tele dipinte in India a Gerusalemme e i famosi dervisci che Mondino trasformò in per-formance nella sua sala alla Biennale di Vene-zia del 1993, in occasione dell'inaugurazione. Quali sinergie hanno permesso la completezza di questa mostra? La mostra nasce in partnership con l'Archi-vio Mondino di Milano e in particolare dal lavoro comune con Antonio Mondino, unico figlio dell'artista, che non solo conosce la pro-duzione artistica paterna ma anche le storie e i dettagli legati alle diverse serie e che ci ha

mmmam «Scultura un corno» (1980) di Aldo Mondino

supportato con grande entusiasmo. Lavorare insieme mi ha permesso di appassionarmi mantenendo quella distanza critica necessa-ria alla scelta, grazie al filtro degli anni, dei lavori più significativi. H catalogo generale (edito da Allemandi, Ndr), il cui primo vo-lume esce in occasione della mostra, serve poi a dimostrare a un pubblico internazionale come sia serio il lavoro storico svolto in Ita-lia. Credo che sia importante questa linea di lavoro e ci sono molti altri artisti italiani che meriterebbero questo tipo di progetto. Una delle ambizioni della sua dire-zione è coinvolgere la città «uscen-do» dai limiti della villa. Succederà anche per Mondino? Genova si presta a essere esplorata grazie all'arte, in modo da attivare forme di conta-minazioni tra antico e contemporaneo. Oltre alle due sedi della mostra ci saranno sei in-terventi: a Palazzo Ducale, dove i basamenti all'ingresso di piazza Matteotti che antica-mente sostenevano le statue dei Dona ora ospitano le due traballanti torri di eltfanti di «Scultura un corno» creando (come a Trafal-gar Square a Londra) un corto circuito stori-co; a Palazzo Rosso e Palazzo Bianco in Strada Nuova; all'Acquario e alla Casa di Colombo; a Palazzo Reale dove sulla terrazza sospesa di fronte al mare del primo piano sono installati «Arabesque» e «Iniziazione», le grandi fusioni in bronzo di pesci con le gambe. Come risponde il pubblico genovese alle proposte di Villa Croce? La città reagisce anche se lentamente e le mo-stre più storiche come questa sono importanti per rendere il pubblico più trasversale. Sicu-ramente i fondi limitati non permettono di comunicare al meglio le mostre e le iniziative. I social media sono però stati molto impor-tanti per garantirci un pubblico giovane e di ^ appassionati non solo d'arte ma di contem-1 poraneità. A volte ho ancora l'impressione f che il museo e le sue attività siano più cono- § sciutifuori Genova e all'estero che in città. | • Anna Costantini e

L'intimità di Rembrandt in tre dipinti Parigi. La mostra «Rembrandt intimo», che si t iene dal 16 settembre al 23

gennaio al Musée Jacquemart-André, ruota attorno ai tre dipinti del pittore

olandese (1606-69) appartenenti al museo, «I pellegrini di Emmaus» (1629),

il «Ritratto della principessa Amalia von Solms» (1632) e il «Ritratto del dottor

Arnold Tholinx» (1656) e riunisce una ventina di dipinti e una trentina di disegni,

con prestiti dal Metropolitan di New York, dalla National Gallery di Londra e

dall 'Ermitage di San Pietroburgo. Secondo un percorso cronologico, la prima

sezione si concentra sugli anni della giovinezza a Leida e dei primi lavori tra il

1625 e il '31. A «I pellegrini di Emmaus» sono accostati «La parabola dell 'uomo

ricco», in arrivo dalla Gemàldegalerie di Berlino, e «San Paolo al tavolo di lavoro»

del Germanisches Nationalmusem di Norimberga. La seconda sezione si sofferma

sugli anni di Amsterdam e i «primi trionfi». È allestita un'ampia selezione di

disegni che permette di ricostruire il processo creativo del lavoro dell 'art ista, tra

cui un «Autoritratto» prestato dal Kupferstichkabinett di Berlino, e una serie di tele

sul tema della Passione di Cristo, come l'«Ecce Homo» in arrivo da Londra. La

terza sezione è dedicata agli anni della maturità (1652-69), quando Rembrandt è

al culmine del suo talento, un equilibrio perfetto tra libertà stilistica ed eccellenza

tecnica. Ne sono un esempio la serie delle «Tre Croci» e il «Cristo presentato al

popolo» (1654). • L.D.M.

Rovigo

I profeti del moderno Dai Nabis a Venezia centro dell'avanguardia

Rovigo. Giandomenico Romanelli è il curatore della mostra «I Nabis, Gau-guin e la pittura italiana» (catalogo Marsilio) a Palazzo Roverella dal 17 settembre al 17 gennaio. I punti di con-vergenza tra i due protagonisti della stagione di Pont-Aven, in Bretagna, Gau-guin e Van Gogh, sono più d'uno, com-presa la tragica conclusione della loro esistenza. Questo senza nulla togliere alla validità della loro esperienza este-tica, all'insegna di una pittura sintetica dai colori accesi, dalle superfici piatte e dai contorni sottolineati da linee decise. «E tutto in antitesi, spiega Romanelli, alla rappresentazione realistica della natura degli impressionisti e dei loro epigoni. Perché per Gauguin la natura è una ricostruzione men-tale, una percezione soggettiva che ha come "pietra angolare" il "Talismano", dipinto su una scatola di sigari da Paul Sérusien. La mostra, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, riunisce un centinaio di opere, con no-mi classici ma anche con opere inedite di Maurice Denis o di Sérusier e autori poco frequentati quali gli svizzeri Félix Vallotton con «Due nude che giocano a dama» (1897) e Marius Borgeaud. L'anno di svolta è il 1888 quando Gauguin si stanzia a Pont-Aven e insieme al venten-ne Emile Bernard enuncia i canoni della nuova estetica. I nuovi soggetti sono in origine individuati nel paesaggio con l'i-

cona del covone, nelle dure condizioni di vita della popolazione bretone o nelle tradizioni popolari. Una temperie cul-turale che trova, l'anno successivo, una declinazione mistica con risvolti anche esoterici nei Nabis (il termine ebraico per profeti), con Denis e Sérusier qua-li protagonisti. Siamo all'origine della modernità, con ricadute anche sul mo-vimento Fauve, sull'Espressionismo e sull'arte astratta, movimenti che trova-no ima loro circolazione, a livello euro-peo, nelle prime biennali veneziane. E a Venezia, o meglio, nella laguna di Bura-no assimilabile alla Bretagna, gli inter-preti del nuovo credo sono Gino Rossi e Arturo Martini di cui sono riproposte incisioni su ceramica a soggetto erotico, appartenenti a Ca' Pesaro. Quest'ultimo museo fu una fucina di nuovi talenti co-me Tullio Garbari e Umberto Moggioli, coinvolti nel clima dell'epoca come lo

I11!!!!*!!! " ' p l H H H I

«La camicia bianca» di Oscar Ghiglia

stesso Felice Casorati con la sua «Bam-bina che gioca su un tappeto rosso» del 1912. Le ricadute si prolungano nel tem-po in Cagnaccio di San Pietro. L'epigono di una stagione tanto felice è Oscar Ghi-glia, con i suoi interni borghesi. • Lidia Panzeri

Cartogeologia aostana Chàtiiion (Ao). «Latitudine 46,7/Longitudine 7,6» sono le coordinate geografiche della Valle d'Aosta,

nonché il titolo scelto per una personale dedicata

a Massimo Sacchetti sino al 3 1 ottobre e

' -ili rfhi. allestita al Castello Gamba. La mostra (nella foto

• • « P u n a sala allestita) fa parte della programmazione

• r K — - r - i che l'Assessorato Istruzione e Cultura della

Regione autonoma Valle d'Aosta riserva ad artisti

del territorio. Pittore e scultore che pone la natura

al centro della propria ricerca, Sacchetti presenta una selezione di opere realizzate

talvolta con la penna a sfera. Si tratta di particolari vedute del paesaggio alpestre

locale: dalle ampie vallate alle vette scoscese, dalle nubi incombenti alle rocce

multiformi, ai boschi fitti e fiabeschi. Sono immagini simili a carte topografiche in

cui la morfologia del territorio, restituita con un attento uso del chiaroscuro, fa eco

alle emozioni suscitate da quei luoghi impervi e silenziosi. Il percorso comprende

anche un nucleo di sculture, dai «pani neri» in ceramica bianca ai gusci di lumaca

assemblati e raggruppati in formazioni solide e compatte, metafora, queste ultime,

del carattere dell 'uomo di montagna, che vivendo protetto da rocce e pareti

inaccessibili nasconde la propria fragilità dietro una corazza. • J.D.

FONDAZIONE REMO BIANCO

V fi* ..•"•«•":*< 3T-' Sa

Collage, 1982, tecnica mista su ca itone, 95,2 x 73,2 cm, numero di Archivio FRB574

E' in iz iata l 'archiv iaz ione e la c a t a l o g a z i o n e del le o p e r e di R e m o Bianco (1922 -1 .988 ) per il C a t a l o g o R a g i o n a t o de l l ' in tera p r o d u z i o n e de l l 'a r t is ta

Per i n f o r m a z i o n i r i vo lgers i al la F O N D A Z I O N E R E M O B I A N C O Tel . 02 -5097 .254 , e m a i l : a r c h i v i o @ r e m o b i a n c o . o r g , w e b : w w w . r e m o b i a n c o . o r g