Fondazione linguistica della disciplina · Fondazione linguistica della disciplina • Ferdinand de...

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Fondazione linguistica della disciplina Ferdinand de Saussure (1857-1913) Corso di linguistica generale (1916; trad. it. Laterza 1967, cura di T. De Mauro, sull’edizione del 1922 di Engler) «La lingua è un sistema di segni esprimenti delle idee e, pertanto, è confrontabile con la scrittura, l’alfabeto dei sordomuti, i riti simbolici, le forme di cortesia, i segnali militari ecc. ecc. Essa è semplicemente il più importante di tali sistemi. Si può dunque concepire una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale; essa potrebbe formare una parte della psicologia sociale e, di conseguenza, della psicologia generale ; noi la chiamiamo semiologia (dal greco semeion, “segno”). Essa potrebbe dirci in che consistono i segni, quali leggi li regolano . Poiché essa non esiste ancora non possiamo dire che cosa sarà; essa ha tuttavia diritto a esistere e il suo posto è determinato in partenza. La linguistica è solo una parte di questa scienza generale , le leggi scoperte dalla semiologia saranno applicate alla linguistica e questa si troverà collegata a un dominio ben definito nell’insieme dei fatti umani» (CDL, 25-26)

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Fondazione linguistica della disciplina

•  Ferdinand de Saussure (1857-1913) Corso di linguistica generale (1916; trad. it. Laterza 1967, cura di T. De Mauro, sull’edizione del 1922 di Engler)

«La lingua è un sistema di segni esprimenti delle idee e, pertanto, è confrontabile con la

scrittura, l’alfabeto dei sordomuti, i riti simbolici, le forme di cortesia, i segnali militari ecc. ecc. Essa è semplicemente il più importante di tali sistemi. Si può dunque concepire una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale; essa potrebbe formare una parte della psicologia sociale e, di conseguenza, della psicologia generale; noi la chiamiamo semiologia (dal greco semeion, “segno”). Essa potrebbe dirci in che consistono i segni, quali leggi li regolano. Poiché essa non esiste ancora non possiamo dire che cosa sarà; essa ha tuttavia diritto a esistere e il suo posto è determinato in partenza. La linguistica è solo una parte di questa scienza generale, le leggi scoperte dalla semiologia saranno applicate alla linguistica e questa si troverà collegata a un dominio ben definito nell’insieme dei fatti umani» (CDL, 25-26)

Prima questione:

rapporto tra semiologia e linguistica

Barthes, Elementi di semiologia, 1966:14: «non è affatto certo che nella vita sociale del nostro tempo esistano, al di fuori del linguaggio umano (cioè del linguaggio verbale), sistemi di segni di una certa ampiezza».

La previsione di Saussure andrebbe dunque rovesciata: lungi dal risolversi in una branca della semiotica/semiologia la linguistica dovrebbe fungere da riferimento per capire tutti gli altri sistemi di segni («la semiologia è forse destinata a farsi assorbire da una translinguistica»), e le categorie che si ritrovano tipiche della verbalità dovrebbero pertanto formare l’ossatura anche di questi ultimi.

Segno come entità psichica bifacciale «Il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e un’immagine

acustica. Quest’ultima non è il suono materiale, cosa puramente fisica, ma la traccia psichica di questo suono, la rappresentazione che ci viene data dalla testimonianza dei nostri sensi: essa è sensoriale, e se ci capita di chiamarla ‘materiale’, ciò avviene solo in tal senso e in opposizione all’altro termine dell’associazione, il concetto, generalmente più astratto […]».

Per Saussure, il segno è un’entità psichica bifacciale, le cui facce, significato e

significante, sono connesse da una relazione di equivalenza (A sta per B):

concetto ---------------------- immagine acustica

•  Il legame tra significato e significante nel segno è immotivato (dal punto di vista

naturale e logico) (Locke): non c’è rapporto di necessità naturale (phusei) tra la forma del significante delle parole e la consistenza dei possibili referenti denotabili con quella parola. Tale rapporto è regolato per una legge (nomoi) e per un accordo (thesei) (katà sunthéken, ad placitum) (legisegno per Peirce).

•  Immotivatezza: indipendenza reciproca dei significanti e dei significati nel loro

costituirsi come facce del segno.

Arbitrarietà del segno o arbitrarietà verticale

Caratteri fondamentali del segno •  Arbitrarietà verticale: la relazione tra significato e significante è

immotivata. •  Linearità del significante

Natura temporale del significante (una catena). Questo carattere contrappone i testi verbali a quelli visivi, in cui si può osservare la compresenza nello spazio di elementi segnici diversi. Tuttavia, anche nel caso dei segni visivi, un carattere lineare viene recuperato a livello della lettura, che può prevedere un percorso di ricezione sequenziale (già a livello di programmazione) (Manetti 2011:62).

•  Immutabilità e mutabilità del segno

•  Arbitrarietà, complessità, inerzia collettiva sono fattori di resistenza •  Tempo e massa parlante fattori di mutamento.

Modello diadico di segno (Saussure, 1916)

Significato ----------------------

Significante

Questi due elementi sono intimamente uniti e si richiamano l’un l’altro. Sia che cerchiamo il senso della parola latina arbor sia che cerchiamo la parola con cui il latino designa il concetto di “albero”, è chiaro che solo gli accostamenti consacrati dalla lingua ci appaiono conformi alla realtà, e scartiamo tutti gli altri che potrebbero immaginarsi” (CLG:83-85). La relazione di corrispondenza tra A e B richiede l’intervento di un sistema linguistico (langue): di qui la successiva interpretazione strutturalistica della lingua come codice che abbina biunivocamente unità appartenenti a due sistemi (Manetti, Comunicazione, 2011: 49)

Seconda definizione della semiotica: studio dei sistemi e dei processi di

significazione e comunicazione

Significazione e comunicazione Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, 1975

•  «Il processo di significazione si verifica solo quando esiste un codice. Ogni qualvolta, sulla base di regole soggiacenti, qualcosa materialmente presente alla percezione del destinatario sta per qualcosa d’altro, si dà significazione» (pp. 19-20).

•  «Un sistema di significazione è pertanto un costrutto semiotico autonomo che possiede modalità di esistenza del tutto astratte, indipendenti da ogni possibile atto di comunicazione che le attualizzi. Al contrario […] ogni processo di comunicazione tra esseri umani – o tra ogni altro tipo di apparato ‘intelligente’, sia meccanico che biologico – presuppone un sistema di significazione come propria condizione necessaria» (p. 20).

Che cos’è un sistema di significazione? •  Un sistema di significazione è un dispositivo che collega entità presenti a entità

assenti (Traini)

•  Diversamente da altre specie animali, gli umani hanno la capacità di dominare una pluralità di semiotiche diverse, tra le quali emergono per importanza le semiotiche di natura gestuale e visiva e il linguaggio verbale. De Mauro (Lezioni di linguistica teorica, Laterza, 2008): “l’Homo sapiens non è solo Homo loquens ma pluriloquens; ed è signans, anzi plurisignans, polysemicus: la parola non sarebbe stata acquisita in assenza di questa natura.

•  Le lingue verbali sono i sistemi di significazione e di comunicazione con maggiori potenzialità.

I tre livelli della linguisticità

1. Langage

Capacità naturale di usare parole e frasi di almeno una lingua. Realtà multiforme (eteroclita), endofasica ed esofasica (produttiva e ricettiva), situata a cavallo di diversi campi: quello fisico, quello psichico, quello individuale e quello sociale (periodo critico dell’apprendimento del linguaggio: 2-12 anni; Lenneberg [I fondamenti biologici del linguaggio, 1967] parla di “finestra temporale del linguaggio”).

2. Langue Carattere acquisito e convenzionale: insieme di parole e regole grammaticali, strumento di natura storica e artificiale (sistema storico-naturale); dimensione sociale, collettiva, condivisa (piano conoscitivo): “La lingua è un tesoro depositato dalla pratica della parole nei soggetti appartenenti ad una stessa comunità, un sistema grammaticale esistente virtualmente in ciascun cervello o, più esattamente, nel cervello di un insieme di individui, dato che la lingua non è completa in nessun individuo, ma esiste perfettamente soltanto nella massa” (CLG, trad. it. p. 23).

3. Parole

realizzazione individuale della facoltà di linguaggio, resa possibile dalla conoscenza di una lingua storico-naturale (piano operativo). Parola < parabolé (confronto e, per traslato, favola, apologo). La parabola è un discorso ma è soprattutto una parola che ha un fine, evoca un cambiamento, è un appello. «La parole è un atto individuale di volontà e di intelligenza, nel quale conviene distinguere: 1. le combinazioni con cui il soggetto parlante utilizza il codice della lingua in vista dell’espressione del proprio pensiero personale; 2. il meccanismo psico-fisico che gli permette di esternare tali combinazioni» (CLG, p. 24)

Il posto della linguistica •  Compito del linguista è definire ciò che fa della lingua un sistema speciale nell’insieme dei fatti

semiologici […]; da una parte, niente è più adatto della lingua a far capire la natura del problema semiologico; ma per porlo in modo conveniente, bisognerebbe studiare la lingua in se stessa; senonché, fino ad ora, la si è esaminata quasi sempre in funzione di qualche altra cosa, sotto altri punti di vista.

•  Per cominciare, c’è la concezione superficiale del gran pubblico, che nella lingua non vede se non una nomenclatura, il che soffoca ogni indagine sulla sua effettiva natura.

•  Poi vi è il punto di vista dello psicologo che studia il meccanismo del segno nell’individuo; è il metodo più facile, ma non conduce più in là della esecuzione individuale e non sfiora il segno, che è sociale per natura.

•  O, ancora, quando ci si accorge che il segno deve essere studiato socialmente, si bada soltanto ai tratti della lingua che la ricollegano alle altre istituzioni, a quelli che dipendono più o meno dalla nostra volontà. E in questo modo si fallisce l’obiettivo perché si perdono di vista i caratteri che appartengono soltanto ai sistemi semiologici in generale e alla lingua in particolare. Il fatto che il segno sfugge sempre in qualche misura alla volontà individuale o sociale, questo è il suo carattere essenziale; ma è proprio questo carattere che a prima vista si scorge meno. (CLG:26-27)

Compiti della linguistica (Saussure)

•  Fare la descrizione e la storia di tutte le lingue possibili dal punto di vista sia interno che esterno

•  Cercare le forze che sono in gioco in maniera permanente in tutte le lingue ed estrarre le leggi generali cui sono riconducibili tutti i fenomeni della storia (punto di vista pancronico: studio di ciò che è invariante nel variare delle forme spazio-temporali)

•  Definire e delimitare se stessa, cioè i termini e i punti di vista con cui opera.

Caratteri della lingua

La lingua è

•  La parte sociale del linguaggio, esterna all’individuo, che da solo non può né crearla né modificarla;

•  È un oggetto che si può studiare separatamente dalla parole (e infatti noi possiamo

benissimo studiare le lingue morte nonostante nessuno le parli più); •  È di natura omogenea, a differenza del linguaggio, che complessivamente è

eterogeneo; •  È un oggetto di natura concreta, mentre i segni linguistici non sono che astrazioni.

Sincronia e diacronia • Asse della simultaneità: considerazione dei rapporti tra entità

coesistenti, facendo astrazione dal fattore temporale (linguistica sincronica).

• Asse della successione: considerazione dei cambiamenti della lingua nel tempo (linguistica diacronica).

Circuito della comunicazione

«Il punto di partenza del circuito è nel cervello di uno dei due individui, per esempio A, in cui i fatti di coscienza, che noi chiamiamo concetti, si trovano associati alle rappresentazioni dei segni linguistici o immagini acustiche che servono alla loro espressione. Supponiamo che un dato concetto faccia scattare nel cervello una corrispondente immagine acustica: esso è un fenomeno interamente psichico, seguito a sua volta da un processo fisiologico: il cervello trasmette agli organi della fonazione un impulso correlativo alla immagine; poi le onde sonore si propagano dalla bocca di A all’orecchio di B: un processo puramente fisico. Successivamente, il circuito si prolunga in B in un ordine inverso: dall’orecchio al cervello: trasmissione fisiologica dell’immagine acustica; nel cervello, associazione psichica di questa immagine con il concetto corrispondente. Se B parla a sua volta, questo nuovo atto seguirà – dal suo cervello a quello di A – esattamente lo stesso cammino del primo e passerà attraverso le stesse fasi successive» (CLG, p. 21).

Primo modello esplicito del processo comunicativo, con caratteri di forte

semplificazione (per certi aspetti affine al modello ingegneristico di Shannon e Weaver).

Entità concrete e schemi Saussure: davanti al fluire ininterrotto di concreti atti di parole, ciascuno

infinitamente diverso dagli altri, sia la produzione che la ricezione di qualunque atto espressivo come quello, con quel senso sono possibili solo in quanto sia il produttore che il ricevente mediano il rapporto con quell’atto concreto attraverso classi o schemi astratti.

Le classi fungono da schemi regolativi: regolano l’attività comunicativa, cioè la

produzione e la ricezione di segnali.

Operazione di pertinentizzazione (Prieto)

Rendere discreto il continuo: tra gli infiniti caratteri di una totalità concreta viene selezionato un numero limitato di caratteri considerati pertinenti al fine di individuare una totalità come quella e non altra (un volto, un paesaggio, un suono linguistico distintivo, /t/, /p/, /d/ ecc.).

Capacità di stabilire identità e differenze in base a tratti pertinenti.

Sono classi

Il segno, composto da Il significante: classe di espressioni che possono avere uno stesso senso per

produttori e ricettori di segnali Il significato: classi di sensi veicolabili da una stessa espressione

Sono entità concrete

• Il segnale, che è composto da •  espressione + •  senso

•  La variazione dello stato fisico è l’espressione •  Ciò che è indicato da quella variazione è il senso •  L’insieme della relazione è il segnale

Segno e segnale

Significato ----------------------

Significante

Senso ------------------------

Espressione (fonia, fonazione)

•  Il rapporto tra fonie e sensi nello scambio comunicativo è sempre mediato da una forma (langue): insieme di classi di suoni (significanti) e sensi (significati).

Bifaccialità del segno e biplanarità del codice

L’atto semiotico è possibile solo attraverso la mediazione di un segno: alla

dualità di espressione e senso, entità indicata e entità indicante, corrisponde la bifaccialità di significante e significato. Ma nessun segno esiste da solo, perciò occorre rinviare alla interrelazione tra un piano dell’espressione e un piano dei contenuti dicibili. Il codice è biplanare.

La lingua è un sistema di valori, un sistema di elementi interrelati

Significato ----------------------

Significante

Significato ----------------------

Significante

Significato ----------------------

Significante

Nella lingua non vi sono che differenze

Lingua e pensiero Prima delle suddivisioni prodotte da una lingua storico-naturale l’universo del pensiero e

quello dei suoni sono delle nebulose senza distinzioni interne: «Preso in se stesso il pensiero è come una nebulosa in cui niente è necessariamente delimitato.

Non vi sono idee prestabilite, e niente è distinto prima dell’apparizione della lingua. Di fronte a questo reame fluttuante, i suoni offrono forse di per se stessi delle entità circoscritte in anticipo? Niente affatto. La sostanza fonica non è più fissa né più rigida; non è un calco di cui il pensiero ha bisogno. Noi possiamo dunque rappresentarci il fatto linguistico nel suo insieme, e cioè possiamo rappresentarci la lingua, come una serie di suddivisioni contigue proiettate, nel medesimo tempo, sia sul piano indefinito delle idee confuse (A) sia su quello non meno indeterminato dei suoni (B)» (CLG: 136)

A

B

•  R. Barthes, Elementi di semiologia (1964), Einaudi, 1966, p. 52:

«Questa immagine è molto utile perché induce a concepire la produzione del senso in modo originale, non più come la semplice correlazione di un significate e di un significato, ma forse, più essenzialmente, come un atto di ritaglio simultaneo di due masse amorfe, di due “regni fluttuanti”, come dice Saussure; […] il senso compare quando queste due masse vengono simultaneamente “ritagliate”: i segni (così prodotti) sono quindi degli articuli. Fra questi due caos, il senso è allora un ordine, ma tale ordine è essenzialmente divisione: la lingua è un oggetto intermedio fra il suono e il pensiero: essa consiste nell’unire l’uno e l’altro scomponendoli simultaneamente […] la lingua è l’ambito delle articolazioni, e il senso è, in primo luogo, scomposizione […]. Ne consegue che il compito futuro della semiologia non consiste tanto nello stabilire dei lessici di oggetti, quanto nel ritrovare le articolazioni che gli uomini impongono al reale […] semiologia e tassonomia sono forse chiamate ad assorbirsi un giorno in una scienza nuova, l’artrologia o scienza delle suddivisioni».

Arbitrarietà come classificazione dell’esperienza

•  Suono i/i: > opposizione non pertinentizzata in italiano: vino / vi:no ma pertinentizzata in inglese: ship /sheep

•  Grammaticalizzazione del duale in certe lingue (es. greco) ma non in altre •  Articolazione diversa delle distinzioni lessicali (in italiano distinzione lessicale tra foglio e

foglia che in altre lingue non c’è: es. spagn. /hoja/; il francese bois copre l’area semantica che in tedesco è suddivisa tra Holz e Wald, e in it. tra legno e bosco)

•  Diversa suddivisione del continuum temporale: es.: l’italiano ha l’imperfetto, l’inglese non ce l’ha.

•  Il sistema della lingua per Saussure si determina in modo completamente autonomo rispetto al pensiero che essa è incaricata di organizzare (Arbitrarietà radicale). Questa impostazione è motivata da ragioni epistemologiche: tentativo di costruire la linguistica come disciplina autonoma rispetto alla logica, alla psicologia e alla sociologia.

•  Rischio: produzione di un circolo vizioso tra significato e significante che si presuppongono reciprocamente, perdendo ogni aggancio alla dimensione extralinguistica (realtà/pensiero).

Esempio: piano dell’espressione • Sistema vocalico italiano

i

é

è

a

ò

ó

u

Esempio: piano del contenuto Danese! Tedesco! Francese! Italiano!

!trae!!!!skov!

Baum!!

Holz!!!

Wald!

arbre!!

Bois!!!!

forêt!

albero!!

legno!!

bosco!!

foresta!

Esempi

•  Fr. Mouton = ingl. Sheep (montone vivo)+mutton (carne di montone cotta)

•  Il valore della nozione di plurale in italiano corrisponde alla somma di due valori in greco antico e in lituano: il duale e il plurale. Altre lingue hanno anche il triale, oppure il quadrale.

Arbitrarietà e relativismo linguistico

•  Le categorie ritagliate dalla lingua genererebbero quelle del pensiero e, a lingua diversa, corrispondenderebbe un diverso sistema di analisi della realtà, un diverso pensare e un diverso sentire (cosiddetta ipotesi Sapir-Whorf).

•  Una opposta lettura antiarbitrarista accentua il ruolo giocato da condizionamenti e processi prelinguistici o addirittura non linguistici nel modo in cui vengono elaborate le categorie del linguaggio.

•  L’argomento dei colori (basato sulla natura della percezione): Berlin e Kay, 1969 dimostrano che i modi di categorizzare i colori non sono arbitrari perché tutte le distinzioni di colore nelle lingue dipendono da alcuni colori focali: se una lingua ha solo due nomi per il campo “colore”, questi saranno bianco e nero; se ne ha tre, si aggiungerà il rosso; se ne ha quattro, il giallo, poi il verde ecc. fino a un totale di 11 colori universali (J. Gumperz, S. Levinson, Rethinking Linguistic Relativity, Cambridge University Press 1996).

•  Metafore e schemi corporei: Johnson e Lakoff, Metafora e vita quotidiana, 1982 (1980); Manetti, Comunicazione, 2011: 84-87.

Valore L’identità di un segno non è data dalla materialità degli elementi stessi, ma

dalle relazioni che essi intrattengono con gli altri elementi del sistema, dalle posizioni che ricoprono, dalle differenze che li caratterizzano: l’identità è data dal valore.

Esempi: un pezzo nel gioco degli scacchi oppure il treno Roma-Milano delle

8,30; una strada che collega due citta, il valore del rosso (sempre dato dal sistema di riferimento: arresto, schieramento politico, allarme, cardinale, ecc.);

Irrilevanza degli aspetti materiali e importanza degli aspetti relazionali,

differenziali (relativi ai significanti e ai significati considerati separatamente), oppositivi (relativi all’unità di segno, in relazione agli altri segni) degli elementi.

Differenza e opposizione definiscono l’identità e il valore di un segno. L’identità di un segno è una questione di forma.

Arbitrarietà materiale •  Possibilità teorica di usare qualunque materiale per dare sostanza ai

significati e ai significanti dei codici semiologici. Non esiste alcuna intrinseca vocazione di certi materiali a fungere da senso piuttosto che da espressione. La specie umana utilizza svariati canali: ottico-mimico-prossemici, ottico-gestuali, ottico-grafici, olfattivi, fonico-uditivi, ecc.) per dare corpo alle espressioni delle sue semiotiche (vedi la questione del valore).

•  Possibili inversioni di ruolo tra entità che in una semiosi fungono da

espressioni o da sensi: un mio gesto può significare “ma che dici?”, una frase può designare lo stesso gesto; lo stesso può darsi nel rapporto tra lettera e suono.

Rapporti sintagmatici e associativi R. Barthes (Elementi di semiologia, 1964: 53) definisce i due assi del linguaggio «due forme di attività mentale». •  In una lingua tutto poggia su rapporti e differenze: •  Rapporti basati sul principio della linearità del significante:

•  sintagmatici (in praesentia): prendere il largo, forzare la mano, spezzare una lancia

•  Rapporti basati sulla trama mnemonica e virtuale della lingua: •  associativi (in absentia): uniscono due o più termini accomunati dalla condivisione

del morfema lessicale (giornale, giornalista, giornalismo), oppure del morfema derivazionale (insegnamento, cambiamento, ecc.) oppure del campo semantico (carta, notizia, scrittura ecc.).

Hjelmslev (1899-1965) Glossematica (< γλωςςα = lingua) = teoria incentrata sul metodo e gli aspetti formali della linguistica (ad esclusione degli aspetti fisici, fisiologici, psicologici, sociologici: lingua come totalità autosufficiente). glossemi: elementi formali ultimi dell’analisi linguistica •  Il linguaggio, 1943 (pubblicato nel 1963); tr. it. a cura di Lepschy, Einaudi

1970. •  Prolegomena to a Theory of Language (tr. ingl. in parte modificata del testo

Omkring sprogteoriens grundlæggelse) (1943), tr. it. I fondamenti della teoria del linguaggio (1968): testo di riferimento per le teorie di Hjelmslev

•  Résumé of a Theory of Language, pubblicato postumo a cura di F. J. Whitefield nel 1975.

Principi della teoria di Hjelmslev •  Valorizzazione dei concetti saussuriani di lingua, valore, arbitrarietà.

•  Ricerca di costanti nei fatti linguistici: «Scopo della teoria linguistica è mettere alla prova […] la tesi che un processo ha un sistema sottostante, che una fluttuazione ha una costanza sottostante» (FTL: 13)

•  La teoria deve rispettare il principio empirico della coerenza, esaustività, semplicità: «La descrizione deve essere libera da contraddizione (coerente), esauriente e semplice quanto più si possa. L’esigenza dell’assenza di contraddizioni ha precedenza su quella della descrizione esauriente. L’esigenza della descrizione esauriente ha precedenza su quella di semplicità» (FTL:14).

•  Elaborazione di un metodo deduttivo (cioè analitico): il linguista deve partire dal testo nella sua

interezza, considerarlo come una classe e analizzarlo in componenti (scomporlo).

•  Principio di immanenza: la teoria linguistica «inizia col circoscrivere l’ambito del suo oggetto», «mirando a una comprensione immanente del linguaggio come struttura specifica autosufficiente, e cercando una costanza all’interno del linguaggio e non fuori di esso» (FTL:22)

Funzione segnica Il segno è una funzione segnica: mette in relazione il piano dell’espressione con il piano del contenuto

Funzione segnica =

E = Espressione

C = Contenuto

Piano dell’espressione e piano del contenuto

•  «Non può esserci semplicemente un’espressione senza qualcosa di espresso e viceversa. Queste due proprietà sono fondamentali a tutti i linguaggi. Dal momento che non siamo sicuri che un significato, sia in senso mentalistico che in senso behaviouristico, sia implicato, non farò uso del termine “significato” per denotare la cosa che è espressa. La definirò contenuto, termine scelto perché perfettamente non impegnativo, che consente di rinviare il problema del significato vero e proprio a una più tarda discussione. La cosa più importante è che, anche se eliminassimo locutore e ascoltatore, e se eliminassimo il significato considerato come coscienza del locutore e comportamento dell’ascoltatore, questi espedienti non ci permetterebbero di ridurre il linguaggio a mera espressione. Il contenuto è il complemento necessario dell’espressione. Il linguaggio resta doppio, è una struttura a due facce che implica contenuto ed espressione. Io li chiamo i due piani del linguaggio» (La struttura fondamentale del linguaggio (1968), «Versus», 43, 1973: 11).

Stratificazione del linguaggio E

C

Forma

Forma

Materia

Materia

Funzione segnica

= Sostanza

= Sostanza

Questo modello di stratificazione «coglie l’organizzazione reale di qualunque sistema comunicativo» (Volli, Manuale di semiotica, Laterza 2000: 51).b

Forma •  «La conoscenza di un oggetto presuppone la conoscenza di una forma e ha luogo

tramite una forma. Il fenomeno amorfo non esiste (esistenza = conoscenza immediata possibile). Conoscere la vera natura di un oggetto significa individuare la forma di cui esso è funzione. Nella fattispecie, il problema della forma linguistica è il problema linguistico (semiologico) nella sua assoluta totalità. La lingua è una forma e nient’altro. […]Nella lingua tutto è forma. Tutta la linguistica è morfologica» (La struttura morfologica (1939), tr. it. 1991: 128-129).

•  Forma dell’espressione: organizzazione fonologica, morfologica, sintattica di una lingua; organizzazione di una narrazione, di una pubblicità, di un quadro.

•  Forma del contenuto: modo in cui si organizza, segmenta, si piega il pensiero, «schema astratto di coordinamento e di classificazione dell’esperienza» (Hjelmslev, Nota a La forma del contenuto del linguaggio come fattore sociale, in Id. Saggi di linguistica generale, Pratiche 1981:124). In una lingua è lo schema lessicale, le differenze e le opposizioni lessicali espresse fonologicamente, morfologicamente e sintatticamente.

«Ogni lingua traccia le sue particolari suddivisioni all’interno della “massa del pensiero” amorfa, e dà rilievo in essa a fattori diversi in disposizioni diverse, pone i centri di gravità in luoghi diversi e dà loro enfasi diverse. È come una stessa manciata di sabbia che può prendere forme diverse, o come la nuvola di Amleto che cambia aspetto da un momento all’altro. Come la stessa sabbia si può mettere in stampi diversi, come la stessa nuvola può assumere forme sempre nuove, così la stessa materia può essere formata o strutturata diversamente in lingue diverse. A determinare la sua forma sono soltanto le funzioni della lingua, la funzione segnica e le altre da essa deducibili. La materia rimane, ogni volta, sostanza per una nuova forma, e non ha altra esistenza possibile al di là del suo essere sostanza per questa o quella forma» (Hjelmslev, Fondamenti di teoria del linguaggio, 1968:56-7)

Sostanza dell’espressione •  Esempi:

•  Voce articolata •  Sistema tipografico •  Fotogrammi di un film •  Punti luminosi di uno schermo televisivo •  Pigmenti organizzati sulla tela di un quadro

Sostanza del contenuto •  Insieme delle valutazioni adottate da una comunità = apprezzamenti collettivi (<

antropologia sociale). È il livello del contratto sociale che permette di pertinentizzare la materia. Es. del cane, dell’elefante…

•  Categorie dell’uso sul piano del contenuto, basate su tradizioni ideologiche, culturali, opinioni correnti; nostro modo di pensare il mondo, valutarlo, interpretarlo; oggetti di varie discipline (geometria, fisica, filosofia, sociologia ecc.)

«primo dovere del linguista, o più in generale del semiologo, […] descrivere quel che noi abbiamo chiamato il livello dell’apprezzamento collettivo, seguendo il corpus di dottrine e opinioni adottato nelle tradizioni e negli usi della società considerata. […]Occorrerà indubbiamente considerare anche uno studio delle condizioni socio-biologiche e del meccanismo psico-fisiologico che, grazie a disposizioni naturali e ad abitudini acquisite, valide per le esperienze sensoriali ed altre esperienze, permettono ai soggetti parlanti, appartenenti alla comunità linguistica di cui si tratta, di creare, riprodurre, evocare e manipolare in vari modi gli elementi di apprezzamento menzionati e quelle unità che, a partire da essi, possono venir formate» (La stratificazione del linguaggio (1954), tr. it. in Saggi linguistici, vol. I, Unicopli, 1988: 231)

•  «Il segno è dunque, per quanto possa sembrare paradossale, segno di una sostanza del contenuto e segno di una sostanza dell’espressione. È in questo senso che si può dire che il segno è segno di qualcosa. D’altra parte non vediamo nessuna ragione per considerare il segno soltanto come segno della sostanza del contenuto, o soltanto come segno della sostanza dell’espressione. Il segno è una entità a due facce, che guarda come Giano in due direzioni, e si svolge “all’esterno” verso la sostanza dell’espressione, e “all’interno” verso la sostanza del contenuto» (FTL: 63).

Segni e figure •  Unità di prima articolazione: segni

•  Unità di seconda articolazione: figure

•  «Una lingua è, per il suo stesso fine, in primo luogo e soprattutto un sistema di segni, per essere pienamente adeguata essa deve essere sempre pronta a formare nuovi segni, nuove parole e nuove radici. Ma con tutta la sua illimitata ricchezza, per essere adeguata una lingua deve essere anche facile da impiegare, pratica da apprendere e usare. E, rispettando l’esigenza di un numero illimitato di segni, ciò si può ottenere se tutti i segni sono costituiti da “non segni” il cui numero sia limitato, anzi, preferibilmente, limitatissimo. Questi “non segni” che entrano in un sistema di segni come parti di segni saranno chiamati qui “figure”; si tratta di un termine puramente operativo, introdotto semplicemente per convenienza. Una lingua è dunque organizzata in maniera che, grazie a un numero limitato di figure e a disposizioni sempre nuove di esse, si possa costituire un numero larghissimo di segni» (FTL:51)

Doppia articolazione Martinet, 1960:

•  Monemi (o morfemi, o morfi): unità minime dotate di significato (es. stud-ent-e) (Questione terminologica: morfemi? monemi? morfi? iposemi? Adottano l’espressione morfi: Lyons, Crystal, Simone, Beccaria, De Mauro

•  Fonemi: unità minime distintive, non dotate di significato; classi di suoni, entità

astratte: il parlante non emette fonemi, ma realizzazioni concrete. •  Fonemi e tratti distintivi: Le regole di commutazione ci permettono di distinguere

fonemi differenti: se in una parola sostituiamo un suono con un altro e otteniamo un cambiamento di significato, allora i due suoni sono riconducibili a due fonemi differenti (cara/chara/gara); k e g sono distinti solo per un tratto: k è un suono sordo, occlusivo e velare; g è sonoro, occlusivo e velare) (i caratteri sordo, sonoro, occlusivo, velare sono esempi di tratti distintivi) (vs varianti o allofoni dei fonemi; ad es. in italiano la r uvulare è una variante del fonema r).

•  Non tutto negli enunciati è articolato.