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RASSEGNA STAMPA Ritagli stampa ad uso esclusivo del destinatario I contenuti degli articoli appartengono ai legittimi proprietari. Materiale selezionato ad uso didattico 07 2016

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RASSEGNA

STAMPA

Ritagli stampa ad uso esclusivo del destinatario

I contenuti degli articoli appartengono ai legittimi proprietari.

Materiale selezionato ad uso didattico

07 2016

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In una delle prime Rassegne Stampa che ha accompagnato la durata del Game CONOSCERE LA BORSA, abbiamo aperto con un argomento, che riproponiamo supportato da altri articoli, per stimolare una ulteriore

riflessione.

CHE COSA E' LA CURIOSITA’ :

La curiosità è un istinto che nasce dal desiderio di sapere qualcosa.

“Le grandi menti continuano a porre domande durante tutta la loro

vita. Gli interrogativi che impegnano la nostra mente ogni giorno

riflettono le mete che ci siamo prefissi e influiscono sulla qualita della

nostra vita. Se coltiviamo una mentalita aperta e investigativa come

quella dei bambini ampliamo il nostro universo e ci muoviamo

all’interno di esso con maggior flessibilita .” Fonte Monica Kircheis

“La curiosita e stato a lungo considerato un comportamento negativo

(l'Eden si perde per la curiosita di Eva, Psiche perde amore per la

curiosita di guardarlo in viso); oggi è considerato un comportamento

positivo sia nella scienza che nell'intelligenza, rappresenta un istinto

che guida alla scoperta di nuove informazioni, conoscenze,

comprensione e consapevolezza, il carburante della scienza e delle

discipline dello studio umano, una vera e propria propensione

all'interessamento personale verso cio che incuriosisce.” Fonte wikipedia

“Siate curiosi, siate folli.” e un aforisma di Steve Job, ma anche “Siate

curiosi sempre e fate le domande (giuste)” titolo di un interessante

opera di Nolan Bushnell.

Infatti, ….i ragazzi sono meglio degli adulti….. afferma nel primo

articolo proposto, Piero Bianucci, giornalista, scrittore, ma in particolare

grande studioso della quotidianita e divulgatore culturale.

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Suggeriamo quindi una riflessione attraverso una clip da “L'attimo

fuggente” film del 1989 diretto da Peter Weir e con protagonista Robin

Williams, dove si cita una poesia di Robert Herrick.

Clicca qui

“Gather ye rosebuds while ye may, old time is still a-flying; and this

same flower that smiles today, tomorrow will be dying.”

Ovvero : “Carpe diem” cogliete l’attimo.

Il Referente del Progetto

“Conoscere la Borsa” e una iniziativa a carattere europeo volta a diffondere la cultura e la conoscenza dei meccanismi della finanza, mediante esercitazioni pratiche attraverso le quali viene simulata una loro attivita sul mercato borsistico.

L’obiettivo del progetto non e il solo raggiungimento della miglior performance economica, ma la sensibilizzazione, tramite una attivita di gioco stimolante e divertente, anche inusuale, verso tematiche e riflessioni, tra cui la quotidianita .

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PIERO BIANUCCI

Siamo il popolo dei dimi­nutivi brutti e sciocchi: attimino, aiutino, ripre­

sina (economica). Bene: c'è la ripresina anche nella pagella degli studenti italiani. In ma­tematica e scienze i nostri ra­gazzi se la cavano meglio ri­spetto a qualche anno fa, mentre sono stabili nelle ca­pacità di lettura e scrittura.

Fine della buona notizia. Quella cattiva è che, nono­stante il miglioramento, restiamo sempre sotto la media dei 65 Paesi valutati

dall'Ocse, l'organizzazione per la coo­perazione e lo sviluppo economico. Ma c'è una terza notizia, ed è di nuo­vo buona: la scalata verso le posizioni più alte della classifica è in corso ed è tra le più veloci se la misuriamo sul periodo 2003-2012. Una grande ri­monta, nonostante i tagli alla scuola della gestione Gelmini. Lo dice l'ulti­mo test Pisa, sigla di Programme for international Student assessment, che ha coinvolto 510 mila studenti quindicenni sui 28 milioni dell'area presa in considerazione.

Ecco la pagella. In matematica i ragazzi italiani conquistano 485 pun­ti, nove meno della media, ma se la cavano un po' meglio di Spagna (484), Federazione Russa (482) e Sta­ti Uniti (481). Peccato che i primi in classifica siano a distanze siderali: Cina 613 punti, Singapore 573, Hong-Kong 561, Taiwan 560. Tutti in orien­te, dove infatti il Pil cresce a ritmi per

E I RAGAZZI SONO MEGLIO DEGLI ADULTI

noi inimmaginabili. La sorpresa posi­tiva è che i ragazzi italiani in 10 anni hanno recuperato 20 punti. Di questo passo, se la Cina restasse lì, la rag­giungeremmo intorno al 2070. Il di­scorso vale anche per le scienze: ci piazziamo a 494 punti. La media è 501. Però siamo saliti di 18 punti dal 2006 al 2012.

Per un Paese come il nostro sono importanti anche i dati al contorno. I test Ocse confermano che ci sono due Italie: le scuole dell'Alto Adige e del Trentino se la battono con i mi­gliori, che in Europa sono Svizzera, Paesi Bassi e Finlandia; nel Sud della penisola, sprofondiamo. Neppure qui c'è omogeneità: troviamo picchi di eccellenza e abissi di ignoranza al Nord e al Sud. E non sono le presta­zioni degli studenti di origine stranie­ra ad abbatterci: abbiamo solo il 7% di immigrati contro il 12% Ocse, e so­no più al Nord che al Sud. Ancora: le ragazze battono i ragazzi nelle mate­rie letterarie e perdono in matemati­ca; i progressi registrati dagli studen­ti di famiglia povera sono maggiori ri­spetto ai benestanti. Forse nella scuola l'ascensore sociale ricomincia a funzionare.

Quanto alla spesa, siamo in linea con la media: 85 mila dollari per stu­dente. Come a Singapore, dove però brillano i giovani matematici. Spen-dacciona è la Norvegia: 124 mila dol­lari, eppure in matematica ci batte di poco. Dunque non è questione di sol­di ma di come si spendono. In ciò il rapporto Ocse dà un suggerimento: dove c'è più scuola dell'infanzia i ri­

sultati sono nettamente migliori. In­vestire, e investire sui piccolissimi. Le vocazioni scientifiche nascono tra i 4 e i 10 anni.

Una cosa va detta: i ragazzi se la cavano meglio degli adulti. L'8 otto­bre l'Ocse ha presentato un dossier sulla cultura dei cittadini dai 16 ai 65 anni nei 24 Paesi più sviluppati: sia­mo ultimi per competenze linguisti­che e penultimi per quelle matemati­che. Il dato pesa indirettamente sui test dei quindicenni: solo il 17% dei genitori italiani tra i 35 e i 44 anni ha una laurea, la media Ocse è del 34%. L'ambiente culturale conta, e i ragaz­zi italiani partono svantaggiati. Nelle loro case c'è la tv ma di libri ne entra­no pochi.

Un dato interessante riguarda la capacità di risolvere problemi con­creti traducendoli in termini mate­matici. I ragazzi italiani in questo so­no deboli, ed è male perché rivela una scarsa attitudine creativa. Che infatti si misura anche nell'innovazione in tecnologie avanzate, settore che vede l'Italia ben sotto la media dell'Unione Europea. Ci raccontiamo che siamo un popolo di creativi. Non basta es­serlo in cucina e nella moda.

La rimonta ha del miracoloso se si guarda alla mancanza di laboratori nelle nostre scuole e alla comunica­zione della scienza in tv, che non esi­ste al di fuori della famiglia Angela. Qualcosa però potrebbe cambiare. Il ministro Maria Chiara Carrozza au­spica la nascita di un canale Rai dedi­cato alla scienza. Purché non sia un pacco di documentari acquistati in li­quidazione.

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Cari economististudiate i Promessi sposi

Il romanzo riletto da Luigi Einaudi. Che si soffermava in particolaresulle pagine dedicate ai tumulti per il pane e sulle soluzioni suggerite

da Manzoni per contrastare la carestia e abbassare i prezzi

Il cancelliereAntonio Ferrer

cerca di calmarela folla milanese

in tumultocon la promessa

di pane e giustizia.Illustrazione

di Francesco Gonin(Torino 1808 -Giaveno 1889)

per il XII capitolodei Promessi sposi

L’Italia non è Paese chebrilli per la cultura eco-nomica diffusa. Eppure

al liceo siamo obbligati a legge-re «uno dei migliori trattati di economia politica che siano mai stati scritti». Questo pen-sava Luigi Einaudi dei Promessisposi. L’opera di Manzoni fe-steggia i 189 anni. Fa parte della nostra tappezzeria intellettua-le: quante fosse abbiamo riem-pito col senno di poi. Parliamo ancora l’italiano di Manzoni. È inevitabile, in un Paese pieno di azzeccagarbugli, che si divide inbande «per poter odiare ed es-ser odiati senza conoscersi», e dove, nei posti di potere soprat-tutto, chi il coraggio non ce l’ha fatica a darselo.

Per quanto i Promessi sposiabbiano avuto tutte le fortune del classico, dall’adattamento teatrale alla versione con Pape-rino, a leggerli come un trattato d’economia politica sono stati Einaudi e una manciata di stu-diosi. Il gran cuneese pensa so-

prattutto alle prime pagine del capitolo dodicesimo, che al liceo si sfogliano velocemente («ho l’impressione che sia saltato di piè pari dagli scolari»). Quelle de-dicate al tumulto di San Martino sono «pagine stupende sui pre-giudizi popolari intorno alla scar-sità ed alla abbondanza del fru-mento e della farina, agli incetta-tori e ai fornai». Einaudi le cita piùd’una volta, sia in saggi di tenore scientifico, sia nei suoi articoli di giornale. In parte, ciò avviene proprio per la grande passione di-vulgativa di Luigi Einaudi: ma non gli serviva soltanto una storiada usare a mo’ di parabola.

La ricerca dell’untore

Manzoni era un cultore della scienza economica, se n’era ap-passionato. Da ragazzo, a Parigi, aveva frequentato gli Ideologi: il cui principale esponente era De-stutt de Tracy, autore di un trat-tato d’economia politica che Tho-mas Jefferson volle tradurre in inglese e amatissimo da France-sco Ferrara, vero padre dell’eco-nomia in Italia.

SOCIETA’&&CULTURA

SPETTACOLI

ALBERTO MINGARDI

Cosa c’è di tanto importante,nel dodicesimo capitolo dei Pro-messi sposi, da metterlo idealmen-te fianco a fianco con La ricchezza delle nazioni di Adam Smith? Manzoni descrive l’atteggiamen-to dei milanesi innanzi alla penu-ria del pane a Milano e spiega co-me faccia a nascere «un’opinione ne’ molti, che non ne sia cagione la scarsezza». Comprendere i fe-nomeni sociali è sempre difficile: le cause sono remote, difficilmen-te riconducibili a singoli eventi, e men che meno a singole persone. Eppure, anche per il pane che manca, scatta lo stesso meccani-smo psicologico entrato in gioco per la peste. Si cerca l’untore.

I danni del calmiere

«Si suppone tutt’a un tratto che ci sia grano abbastanza, e che il male venga dal non vendersene abbastanza per il consumo: sup-posizioni che non stanno né in cielo, né in terra; ma che lusinga-no a un tempo la collera e la spe-ranza». La folla chiede a gran vo-ce provvedimenti, pronta a tutto fuorché ad accettare un rincaro che, spiega Manzoni, sarebbe «doloroso ma salutevole». La so-luzione alla crisi, scrive altrove nel romanzo, sarebbe proprio un’importazione sufficiente digranaglie estere, ostacolata dalle «leggi stesse tendenti a produrre e mantenere il prezzo basso». Il calmiere abbassa il prezzo del pane oggi, per garantirci che non se ne sforni domani.

Non è un caso se Einaudi ram-menta la lezione del Manzoni nel 1919 («La lotta contro il caro vive-ri») e poi in articoli successivi, allafine degli Anni Trenta, quando si va dispiegando la piena «fascistiz-zazione» dell’economia. Momenti straordinari portano a invocare sforzi straordinari. Peccato che «tutti i provvedimenti di questo

L’economista

Luigi Einaudi(Carrù 1874 -Roma 1961),economista

e giornalista(collaborò

con La Stampae con il Corriere

della Sera finoall’avvento del

fascismo, quindifu corrispondente

finanziarioed economico

dell’Economist),è stato il secondoPresidente della

Repubblicaitaliana dal 1948al 1955. Liberale

e liberista,metteva

i Promessi sposifianco a fianco

con La ricchezzadelle nazioni

di Adam Smith

Lo scrittore

AlessandroManzoni (Milano1785-1873) ritratto

da FrancescoHayez). La prima

edizionedei Promessi

sposi è del 1827(preceduta di dueanni da Fermo eLucia). Altre dueedizioni seguirono

nel 1840 e 1842.Cultore di scienza

economica,da ragazzo aveva

frequentatoa Parigi

gli «Ideologi»,il cui principale

esponente, Destuttde Tracy, ispirò

il padredell’economia

in Italia,Francesco Ferrara

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LA STAMPA

MARTEDÌ 9 FEBBRAIO 2016

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La tragedia dei khmerrossi vista attraverso losguardo di una piccola

di sette anni, strappata allafamiglia e trasformata inbambina-soldato. È la storia che ha riunito il regista cam-bogiano Rithy Panh e Angeli-na Jolie sul set di un film pro-dotto e diretto dall’attriceper la società statunitenseNetflix, che dovrebbe uscireverso la fine dell’anno. Le ri-prese si sono iniziate lo scor-so dicembre a Siem Reap, do-ve incontriamo Rithy Panhche assiste e coadiuva Ange-lina nella regia.

I suoi documentari sul ge-nocidio in Cambogia (S21. Lamachine de mort Khmer Rougee Duch. Le maître des Forges del’Enfer) descrivono il terrifi-cante meccanismo innescatodall’Angkar, il partito comu-nista al potere, per eliminarei potenziali oppositori, tortu-rati e uccisi tra il 1974 e il ’79nella famigerata prigioneS21, a Phnom Penh. Il suo piùrecente lungometraggio(L’immagine mancante), chegli è valso una nominationagli Oscar 2014, è in parte au-tobiografico e parla delle con-dizioni devastanti nei campidi lavoro.

Lo stesso tema viene ora trat-tato con gli occhi dell’infanzia.

«Il film è costruito intorno al-l’esperienza di una bambina,Loung Ung, emigrata negliStati Uniti dopo la caduta delregime, la quale una volta di-ventata adulta ha raccontatola sua storia in un libro, Firstthey killed my father, uscitonel 2000. Loung e AngelinaJolie hanno scritto insieme lasceneggiatura, e sono diven-tate amiche. Angelina tiene afar conoscere al figlio quindi-cenne Maddox, di originecambogiana, le sue radici e lastoria del Paese».

“Racconto l’orrore dei khmer rossiattraverso gli occhi di una bambina”Parla il regista cambogiano Rithy Panh, che con Angelina Jolie gira un filmtratto da una storia vera sulla tragedia vissuta dal suo Paese negli Anni 70

DANIELA FUGANTI

SIEM REAP (CAMBOGIA)

Angelina Jolie con il figlio adottivo Maddox, oggi quindicenne

mo fatto molte ricerche e con-sultato diversi archivi storici».

Archivi storici che lei sta ali-mentando, tramite la sua fon-dazione.

«Nel 2006 ho creato un centroa Phnom Penh, dove si racco-glie di tutto, dalle collezioni ra-diofoniche dell’epoca alle foto-grafie, alle immagini televisivee cinematografiche, ai docu-menti concessi da padreFrançois Ponchaud, il missio-nario francese autore di Cam-bodge année zéro pubblicato nel1977, un libro che ha rivelato almondo gli orrori del regime inun periodo nel quale quasi tuttigli intellettuali di sinistra occi-dentali appoggiavano acritica-mente le rivoluzioni di tipo co-munista in atto nel Sud-Estasiatico. Testimone oculare,padre Ponchaud descrive lafolle giornata del 17 aprile 1975,in cui Phnom Penh venne svuo-tata in poche ore e i suoi abitan-ti evacuati nelle campagne».

Anche lei ha passato quegli anniin un campo di lavoro. Come liha vissuti?

«Avevo 14 anni. Sei solo con testesso, ma molti elementi de-terminano il tuo destino in queifrangenti: il caso, un po’ di co-raggio, l’aiuto degli altri, la li-bertà interiore. Ho avuto la for-tuna di essere in contatto conpersone solidali, il che è fonda-mentale quando, privati di ciboe di qualsiasi possibilità di pen-sare o reagire, si avverte chia-ramente che lo scopo dei tuoioppressori è di farti morire. Ilgenocidio è proprio questo:un’intenzione determinata, co-perta da un’ideologia».

Ha parlato di libertà interiore.Che cosa significa in queste cir-costanze?

«Mio padre era un intellet-tuale e ha trasmesso a me e aimiei fratelli l’amore per la po-esia. Così versi di poeti comePrévert riempivano le miegiornate, insieme alla musicacomposta dal mio fratellomaggiore, che risuona ancoroggi nelle mie orecchie. Se ilfrutto dell’estrema sensibili-tà di mio padre e di mio fratel-lo, entrambi uccisi, ha aiutatome a sopravvivere, la loro ec-cessiva finezza nel percepirela natura umana li ha resi piùvulnerabili. Come spiegare lagrande potenza del male, im-mensamente più forte del be-ne? Quando non hai più nulla,libertà interiore significa ag-grapparsi a qualcosa che nes-suno ti può togliere, nemme-no con la tortura. Ho chiama-to “Bophana” la mia fondazio-ne in onore di una ragazzache in carcere, seviziata pri-ma di essere assassinata,scriveva lettere d’amore:“Qualsiasi cosa mi facciate,resterò sempre la perla dimio marito…”».

Lei ha detto che il male è semprepiù forte del bene.

«Sì, ma la vita vale sempre lapena di essere vissuta. Si puòdiffidare della banalità del ma-le, ma c’è anche una possentebanalità del bene alla quale ènecessario credere. Un lavorodi memoria è doveroso, a pattoche non si trasformi in culto:una delle mie sorelle era arche-ologa, esperta in gioielli e pic-coli oggetti. Per ricordarla, ildirettore del museo di PhnomPenh le ha dedicato il catalogodella sua prossima mostra,consacrata ai piccoli manufattiarcheologici».

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REUTERS

mondo, per quanto siano gagliar-di, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo, né di far venire derrate fuor di stagione».

Fissare i prezzi frena la «spe-culazione». Se può apparirci pococommendevole che chi ha acqui-stato grano in tempi di vacche grasse lo rivenda a caro prezzo durante una carestia, così facen-do egli svolge una funzione dop-piamente utile. Da una parte, è meglio aver pane a caro prezzo che non averne. Dall’altra, cer-cando di praticare il prezzo più al-to che può, attrarrà altri (per esempio: importatori di grani), la cui presenza ha l’effetto di abbas-sarlo di nuovo, il prezzo. In tal mo-do, ricorda Einaudi, «i prezzi, sen-za calmieri, senza processi, senzacomizi, senza adunanze in prefet-tura (…) capitomboleranno e la vi-ta tornerà a buon mercato».

Grazie agli speculatoriLo speculatore cerca di traguar-dare il futuro, fa profitto in misu-ra delle sue diottrie: ma, così fa-cendo, aiuta anche noi a vederci meglio.

Non si pensi che Manzoni, e Ei-naudi con lui, biasimassero l’igno-ranza economica del popolino che, tutto preso dalle sue vicende,la mano invisibile proprio non rie-sce a immaginarla. Sono i potenti quelli che più s’illudono circa il proprio potere. Il guaio del can-celliere Antonio Ferrer non sta nell’aver capito che «l’essere il pa-ne a un prezzo giusto è per sé unacosa molto desiderabile» ma nel-l’aver pensato «che un suo ordine potesse bastare a produrla».

«Ministri, direttori generali,commissari, prefetti», ingiungeEinaudi, dovrebbero comprareuna copia dei Promessi sposi e te-nerla sul comodino. Così dovreb-bero fare i parlamentari che, in questi giorni, votano su una legge«della concorrenza». Meglio sa-rebbe leggessero, magari sotto il titolo di «Elementi di politica» (capitolo sulla peste e sugli unto-ri) «e di economia» (capitolo sullacarestia), Manzoni, «invece dei male avventurati elementi di scienza economica che si propi-nano oggi da insegnanti svogliati a scolari disattenti». Esortazione finita in nulla. Sarà che con le idee i potenti si regolano come Donna Prassede, «che ne aveva poche ma a quelle poche era mol-to affezionata» e alle «storte» in particolare.

Il Manzoni economista nontradisce mai il Manzoni roman-ziere. E a ben vedere i Promessi sposi, dalla prima all’ultima pagi-na, sono un antidoto formidabile alla mania dei complotti, all’idea che non ci sia sventura che non abbia un colpevole con nome e co-gnome, e alla simmetrica ambi-zione di risolvere ogni male «fa-cendo una legge» («dove va a fic-carsi il diritto!»). Come se una co-sa tanto complicata quale la real-tà sociale, esito delle interazioni di milioni di individui, fosse un pezzo di pongo nelle mani di chi cigoverna.

Al Manzoni non sarebbe spia-ciuta la morale che dal suo capo-lavoro trasse Luigi Einaudi, ma ahinoi non le migliaia di professo-ri di liceo che l’hanno insegnato. I politici «si decidano a levarsi fuo-ri dei piedi per quanto si riferisce al commercio privato. Faccia il governo il suo mestiere ed i citta-dini faranno il loro».

Twitter @amingardi

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ElzeviroMASSIMILIANO

PANARARI

«No leader, no par-ty»… E non stiamoparlando di feste,

ma di partiti e elezioni. La lea-dership costituisce un fenome-no naturale del regno della po-litica: tanto più oggi che la

classica democrazia liberal-rappresentativa ha assunto iconnotati della «democraziadel pubblico» (o dell’audien-ce), uno scenario nel qualel’immagine e la personalità deicandidati sono molto, se nontutto. Così, tra crisi della for-ma-partito e mediatizzazione della politica, senza leader nonsi va praticamente da nessunaparte. Ecco perché per capirela politica contemporanea di-venta indispensabile ragiona-re sullo «stile della leader-ship», oggetto dell’accurata ericca analisi del nuovo librodella politologa DonatellaCampus.

In Lo stile del leader (Mulino,pp. 222, € 21), la studiosa del-l’Università di Bologna artico-la questa categoria sulla basedi tre dimensioni: la decisione(le modalità attraverso cui ilpolitico interagisce con l’am-biente esterno), l’ispirazione(l’influenza che esercita suglialtri al fine di «modificarli», in-ducendoli ad assumere una vi-sione comune, come sa fare lacosiddetta leadership trasfor-mativa) e la comunicazione(ovvero come il politico costru-isce la propria immagine pub-blica e fa conoscere - questionecentrale nell’età della politicapop - aspetti della sfera priva-

ta). E, poi, naturalmente c’èl’imprescindibile contesto isti-tuzionale col quale il leader sitrova a dover fare i conti.

Campus passa in rassegna, e«testa», nel volume, lo stile di vari statisti e politici di primopiano dal dopoguerra a oggi:dai due celebri «leader outsi-der» Charles de Gaulle e Mar-garet Thatcher al «presidente empatico» Bill Clinton, dal «lea-der ideologico» Ronald Reagana quello «pragmatico» Angela Merkel, sino a Silvio Berlusco-ni, campione del «personaleche si fa politico». E, dunque,dalla centralità della leadershipnon si torna indietro, si tratti di

partiti personali o di «premier senza partito» come RomanoProdi; e vale perfino per la sini-stra movimentista e radicale, con quel Pablo Iglesias, alla gui-da di Podemos, che è appunto,in tutto e per tutto, un leader (per di più di tipo eminente-mente televisivo).

Nei nostri tempi postmo-derni, insomma, impera la«ferrea legge della leader-ship»; senza, peraltro, che sidebbano temere involuzioniautoritarie, poiché una leader-ship mediatica e spettacolareè, in verità, più debole di quan-to vorrebbe farci credere.

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La leadershipè una questione

di stile

L’ingresso dei khmer rossi a Phnom Penh, il 17 aprile 1975SCANPIX SWEDEN / AFP

Anch’io da ragazzosono stato in un campo di lavoro,mio padre e i mieifratelli sono stati uccisi.Angelina ci tenevaa far conoscereal figlio Maddox,di origine cambogiana,le sue radici e la storia del Paese

Come si lavora con AngelinaJolie?

«È una persona molto piacevo-le: empatica, rispettosa e pre-cisa. È legata alla Cambogia daun amore sincero, e finanziamolte iniziative, da quelle per ibambini malati a quelle per la

salvaguardia del patrimoniodella foresta. Il film si gira neivillaggi della giungla intorno ad Angkor, in lingua cambogia-na. La scelta dei protagonistiha coinvolto un casting enor-me: abbiamo incontrato nove-cento bambini. Inoltre abbia-

LA STAMPA

MARTEDÌ 9 FEBBRAIO 2016 .35

I curatori della Quadriennale di RomaLa Fondazione La Quadriennale di Roma e l’Azienda Speciale Palaexpo hanno annunciato i curatori della 16ª Quadriennale d’arte contemporanea che aprirà i battenti a metà ottobre al Palazzo delle Esposizioni. Si tratta di Michele D’Aurizio, Luigi Fassi, Simone Frangi, Luca Lo Pinto, Matteo Lucchetti, Marta Papini, Cristiana Perrella, Domenico Quaranta, Denis Viva, Simone Ciglia e Luigia Lonardelli (questi ultimi due hanno partecipato insieme). I loro nomi sono stati scelti sulla base della presentazione di un progetto sulle arti visivein Italia post Duemila. Ad aprile saranno resi noti i nomi degli artisti invitati.

Mostra a Milano per ricordare RonconiIl Teatro alla Scala, la Rai e gli Amici della Scala ricordano, rispettivamente con una mostra, un docufilm e un libro, l’attore e regista Luca Ronconi (foto), scomparso il 21 febbraio di un anno fa. «Luca Ronconi - Il laboratorio delle idee» è il titolo degli eventi in programma. La mostra, organizzata dal Comune di Milano, è curata dalla scenografa Margherita Palli e sarà aperta al pubblico dal 24 febbraio al 24 maggio. Il documentario, per la regia di Felice Cappa, andrà in onda su Rai5 domenica 21 febbraio. Infine, il volume Ronconi - Gli anni della Scala, ricostruisce il lavoro dietro le quinte dei suoi spettacoli.

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LA STAMPA

LUNEDÌ 4 GENNAIO 2016 .Primo Piano .13�

L’ingegnere dietro lo schermo di Facebook“Così decidiamo quello che leggerete”

Tom Alison dirige il “newsfeed”, l’algoritmo che seleziona cosa appare su ogni profilo

Èil capo degli ingegneridel newsfeed di Face-book: una squadra di ol-

tre cento persone addette agli algoritmi che danno vita, ogniistante, al flusso di informazio-ne che ci appare davanti agli occhi, alla rappresentazione della nostra realtà. «L’obiettivoè che ogni utente possa incon-trare il contenuto che davverogli interessa», dice Alison, in una sala profumata di legno delnuovo quartier generale di Fa-cebook a Menlo Park. «Posso-no essere le storie dei suoi ami-ci o della famiglia - aggiunge -: èla base del funzionamento delnewsfeed. Il nostro prodottofunziona quando le persone so-no connesse a ciò che interessaloro su Facebook».

Come funzionaÈ difficile dire se usiamo Face-book per i contenuti che ci of-fre o perché gran parte dellanostra rete sociale è su Face-book. Ma il newsfeed resta unadelle idee chiave alla base delsocial network: garantire al-l’utente di osservare il flussodi informazione che riguardala propria cerchia di amici. Co-me funziona? «Il newsfeed è ilrisultato dei post delle perso-ne e pagine a cui sei connesso.Ogni newsfeed è unico e perso-nalizzato - dice Alison -. Se an-che io e te abbiamo esattamen-te gli stessi amici e seguiamole stesse pagine, comunquenon vedremmo le storie nellostesso ordine. Dipende dall’in-terazione che si ha con quellepagine e quegli amici. Se spen-di molto tempo sui contenutidi un certo amico è probabileche le sue storie finiscanospesso nel tuo newsfeed».

Il punto è capire cosa c’è die-tro quello che vediamo, comefanno cento ingegneri a scrive-re regole che permettono a un miliardo di persone di conosce-re - o almeno pensare di cono-scere - il loro mondo. In genera-le funziona così: ogni volta che un utente visita la pagina di un altro o commenta, clicca e guar-da un contenuto, sul suo profilo viene aggiunto un punto, un nu-mero nella storia della relazio-ne con quell’utente. Raccoglie-re i punti e fare un calcolo è la parte più semplice. Il lavoro de-gli ingegneri inizia soprattutto quando i punti vanno pesati, in-terpretati, anche per evitareche il sistema finisca in un loop. Parliamo di anni di interazioni, di clic, like, di foto viste e riviste.Per Facebook questi sono se-gnali, appuntati automatica-mente. La magia deve avvenire quando apriamo il nostro new-sfeed, digitando facebook.comsul computer o aprendo l’app. In quel momento parte quella che i tecnici definiscono una «chiamata»: in un secondo il si-

stema chiede, conoscendo la nostra storia, quale post dovrà apparire per primo. Spiega Ali-son: «Ognuno dei post possibili ha un punteggio dato dai criteriche abbiamo citato: quanti like, quanti commenti e condivisio-ni. Quando apri Facebook quel-lo è il risultato in tempo reale».

Cosa è cambiatoAnche Facebook è cambiato: la generazione dei primi utenti ri-corderà i post che annunciava-no: «Giulia è ora connessa con Andrea». Sono contenuti più rari per noi utenti maturi e occi-dentali, con centinaia di amici ma pochi nuovi amici. Ma non c’è uno standard, perché il new-sfeed è personalizzato. Ciò che vedrà un utente indiano, appe-na iscritto, è possibilmente si-mile alla nostra prima fase diFacebook. La ricerca di un new-sfeed perfetto continua giornoper giorno. A Menlo Park gli in-gegneri di Facebook si incon-trano ogni martedì per studiarei feedback arrivati dagli utenti eriscrivere l’algoritmo dei pun-

vista? Il discorso si fa comples-so e da anni i ricercatori parla-no del rischio di una «FilterBubble», una bolla in cui i con-tenuti che vediamo siano simili a noi stessi, e quindi non sor-prendenti, forse rassicuranti, per esempio coerenti con una fede politica già affermata. In-somma, a Facebook va bene di essere un attore che non favori-sce il cambiamento, che non provoca il momento in cui il sin-golo cambia idea? L’ingegnere risponde come deve: cita i nu-meri. Nel 2015 Facebook ha pubblicato uno studio su oltre 10 milioni di utenti americaniche smonta, in parte, l’idea del-la bolla, dicendo che nei fatti la polarizzazione deriva più dalle scelte delle persone che dal suo algoritmo. «Nei fatti le persone non sono in una bolla su Face-book - dice Alison - Se sei inte-ressato alla politica vogliamoche tu possa seguire un giorna-le o un partito. Non vogliamo mostrarti cosa non ti interessa. Ma nei commenti ognuno mo-stra il suo punto di vista».

I Paesi emergentiConoscere le relazioni tra gli utenti e tra gli utenti e i brand è ovviamente parte fondante del modello di business di Face-book, che rende il socialnetwork il secondo attore della pubblicità digitale personaliz-zata dopo Google. Nel terzo tri-mestre del 2015 Facebook ha registrato oltre un miliardo di utenti attivi ogni giorno e ricavi pubblicitari per 4,29 miliardi di dollari. Proprio dai numeri si in-tuisce il futuro di Facebook: la base utenti è oggi realmente globale: solo 400 milioni di utenti sono tra Usa, Canada e Ue. La maggior parte è già del «resto del mondo». Sul fronte dei ricavi il discorso è diverso: 3,16 dei 4,29 miliardi di dollaridella pubblicità arriva da Nord America e Europa. La rincorsa al prossimo miliardo di utenticonnessi è in India, in Africa, e non è un caso che Mark Zucker-berg punti sui Paesi emergenti con il suo progetto Internet.org che promette di connettere an-che i più poveri. Gli obiettivi di Internet.org sono per forza di-scussi: negli scorsi giorni l’Indiaha deciso di sospendere il servi-zio per il timore che si crei una linea preferenziale per Face-book, violando il principio della neutralità della rete. Anche l’Egitto ha sospeso il servizio,che continua con un certo suc-cesso in oltre 35 Paesi. Zucke-berg si è di nuovo espresso in prima persona con un editoria-le sul Times of India, ma nono-stante gli obiettivi globali è at-tento alla prima, fondamentalecreatura: il newsfeed. Qualchemese fa, in un’improvvisatachat con gli utenti, ha annun-ciato l’arrivo di un tasto «nonmi piace» oltre il tradizionale«like». Quel giorno Alison e isuoi ingegneri non sapevanonulla, anche se la modifica po-trà avere conseguenze direttesul magma di numeri e regoledel newsfeed. Così, quando l’in-tervista è finita e nei quattro ettari di campus con parco, il lavorio continua, silenzioso,l’addetta stampa intervienesaggia: «Mark dice quel chevuol dire, e questa è una dellecose migliori di Mark».

@bpagliaro

��BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

SOCIAL NETWORK

I numeridi

Facebook

«L’obiettivo è che ogni utente trovi i contenutiche gli interessanoNon stimoliamo i cambiamenti di idee?Nessuno vive in una bolla, nei commenti degli amici si vedono altri punti di vista»

Tom AlisonCapo degli ingegneri del newsfeed di Facebook

STEVE PROEHL/PROEHL STUDIOS/CORBIS

BENIAMINO PAGLIAROINVIATO A MENLO PARK, CALIFORNIA

Reportage

AFP

teggi. Facebook paga anche centinaia di utenti per votare la qualità del proprio newsfeed. La novità è che da qualche meseil social network ha deciso di in-coraggiare una personalizza-zione attiva e non solo passiva: non più legata alle azioni, ma anche all’impostazione consa-pevole di alcune preferenze. Peresempio è possibile scegliere di vedere meno post di un certoamico invadente. Il primo test è stato fatto in Italia a luglio. «Se una tua amica scrive su Face-book che è incinta, vogliamo es-sere sicuri che tu veda subito quel post», continua Alison. Mentre parla, nei suoi occhi sembra scorrere il ripetersi dimilioni di annunci del genere. L’ingegnere ascolta il respiro degli utenti, intuisce le dinami-che sociali, premia le relazioni.

La «filter bubble»Ma come funziona il punteggio se non parliamo di bebè e invecedi politica, di una notizia vera o falsa, di un’informazione che può orientare il nostro punto di

Sopra un utente si connette a FacebookSotto il nuovo quartier generale

di Facebook a Menlo Parksu progetto di Frank Gehry

Qui a destra Tom Alison, capo degli ingegneri del newsfeed

1miliardo di

utenti attivi al giorno

Nel terzotrimestre del

2015: 400 milioni sono tra Stati Uniti, Canada

e Ue. La maggior parte è di asiatici

e «resto del mondo»

4,29miliardi di

dollari di ricavi pubblicitariAl trimestre:

3,16 arrivanoda Nord America

e Europa:non è un caso

che MarkZuckerberg (foto) punti

sui Paesiemergenti conil suo progetto

Internet.orgche promettedi connettere

anchei più poveri

JOSEF HORAZNY/AP

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

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BOLLE SCIENTIFICHE E BOLLE FINANZIARIE

PIERO BIANUCCI

V

Edifficile valutare un quadro, un romanzo, una poesia. Le filosofie

estetiche sono tante. Più facile dovrebbe essere valutare la scienza. C'è addirittura una scienza della valutazione della scienza: la scientometria. Pec­cato che sia controversa.

Il criterio «oggettivo» più diffuso per giudicare un risulta­to scientifico è quello di prende­re in considerazione le reazioni che ha suscitato nella comunità dei ricercatori. Questo metodo rimanda a una sotto-disciplina che si chiama bibliometria, cioè un insieme di regole per pesare le pubblicazioni. L'unità di mi­sura è l'impact factor, ideato nel 1955 dal chimico Eugene Gar-field e acquisito dalla Thomson Reuters, originariamente usa­to dai bibliotecari per decidere quali riviste acquistare.

In pratica, si conta il numero di citazioni che una certa rivi­sta o un dato articolo hanno ac­cumulato in un periodo di tempo prestabilito, per esempio un an­no. Più citazioni = più importan­za scientifica. L'europea «Natu­re» e l'americana «Science» da decenni si contendono il primato di impact factor. Senza dubbio sono le due più importanti riviste scientifiche generaliste. Ma un articolo molto specialistico e di grande rilievo potrebbe essere rifiutato da «Science» e «Natu­

re»: è successo a Enrico Fermi e al suo lavoro che avrebbe aperto la strada alla bomba atomica e al­l'energia nucleare. E' successo a Giacomo Rizzolatti con la sco­perta dei neuroni specchio. E l'elenco sarebbe lungo.

Nel mondo esistono 28 mila ri­viste scientifiche che in un anno pubblicano circa 2 milioni di arti­coli. Ovviamente sono quasi tutti molto specialistici e ospitati su ri­viste specialistiche che per im­pact factor non possono compe­tere con le riviste maggiori. Inol­tre i ricercatori di lingua inglese sono avvantaggiati, quelli che ap­partengono a gruppi di ricerca vi­cini si citano tra loro, i gruppi più potenti esprimono spesso valuta-tori che decidono ciò che si pub­blica, e un articolo può suscitare molte citazioni in pochi mesi e poi scomparire per sempre mentre un articolo inizialmente ignorato anni dopo può rivelarsi fonda­mentale. Aggiungiamo che le di­scipline umanistiche, pur usando nel loro campo metodi scientifici, sono in pratica estranee all'im­pact factor. Problemi spinosi con cui il fisico Stefano Pantoni, assu­mendo nel 2011 la direzione della neonata « Anvur», Agenzia nazio­nale per la valutazione della ri­cerca, ha dovuto pungersi le dita.

La Sif, Società italiana di Fisi­ca, di recente è intervenuta in modo critico sulla «impact ob-session» che affligge università, centri di ricerca e ricercatori. Te­ma caldo, discusso a Leida nel

convegno «Science and Techno­logy Indicatore», donde il «Lei­den Manifesto» pubblicato in aprile su «Nature». Questo docu­mento individua 10 principi per evitare un uso scorretto dell'im­pact factor. Il primo di essi intro­duce «il giudizio qualitativo di un esperto» per temperare la valu­tazione quantitativa, il secondo richiede che la misura tenga con­to della specifica situazione di ri­cerca, il terzo salvaguarda il valo­re della «ricerca locale».

Bene. Ma ancora meglio sa­rebbe denunciare come il totem dell'impact factor spinga le pub­blicazioni a riprodursi stimolan­do altre pubblicazioni accademi­che e generando mode che si au­toalimentano - quanto si è scrit­to su stringhe, buchi neri, mate­ria oscura! - con il risultato di gonfiare «bolle scientifiche» del tutto simili alle bolle speculative dei mercati finanziari, triste­mente note per la crisi mondiale che hanno causato.

Anziché misurare il valore di una pubblicazione dalla sua ca­pacità di generare altra carta, non sarebbe meglio prendere in considerazione il rapporto tra fi­nanziamenti e conoscenza acqui­sita, tra ideazione e applicazioni tecnologiche, tra costi e ricavi re­investibili in ricerca innescando un circuito virtuoso? Non hanno fatto così Apple, Microsoft, Goo­gle, Samsung, e prima ancora DuPont, Ibm e Bell Telephone?

ATTUALITÀ

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34 .Società .

LA STAMPA

LUNEDÌ 30 NOVEMBRE 2015

I consigli

Attenzione all’oblioNon essere attivi nei social network genera soltanto l’anonimato.

1

Accettare i complimentiI feedback di chi ci sta intorno sono importanti. E incoraggiarli è più che utile.

2

Occhio ai commentiFai attenzione a tutto quello che viene detto di te o della tua azienda.

3

La giusta corniceSe non ti piace ciò che viene detto online di te, prova a creare un contesto diverso.

4

Esserci sempreUsa più piattaforme online: così sarà più facile fissare la tua vera identità.

5

Non essere permalosoFare attenzione alle critiche è importante e si deve rispondere con giudizio.

6

Crea il tuo sitoEssenziale per le aziende e utile per i singoli. Ma il sito va tenuto aggiornato.

9

Online = offlineIl tuo profilo deve sempre riflettere la tua personalità nel mondo reale.

10

CèrcatiNon smettere di cliccare il tuo nome nei motori di ricerca e controlla i risultati.

7

Non litigareResisti all’impulso a scontrarti online. Ci si mette comunque in cattiva luce.

8

Attento al tuo io in ReteÈ lui che fa la differenzaLa reputazione online può decidere tutto, dai sentimenti

fino al lavoro: ecco i “trucchi” e gli errori da evitarePer essere scartati da chiassume, ormai l’abbiamoimparato, basta una foto

sbagliata su Facebook. O unafrase scritta di getto. Ma non èsolo questione di lavoro e collo-qui. Che lo vogliamo o no, l’ideache il mondo ha di noi dipendein gran parte da ammassi dibit. Ha la forma dei risultati chevengono fuori quando cerchia-mo il nostro nome su Google.«In pochi ancora se ne sono

convinti, ma la reputazioneonline è una cosa seria», diceMichael Fertik, fondatore diReputation.com e autore del li-bro «Reputation economy».Che sintetizza così: «Il profiloonline di una persona è come ilsuo curriculum. Può aprire laporta a nuove opportunità, op-pure lasciarla chiusa».Non solo per aziende. Sba-

glia chi pensa che sia affare so-lo da vip fanatici di Twitter o daprofessionisti del mondo digi-tale. Il tema riguarda chiun-que. Il primo e più grande erro-re è questo: pensare di non ave-re una reputazione online soloperché non si è su Facebook oInstagram. «Chi non costrui-sce attivamente su Internet il

proprio profilo pubblico - dicel’esperto - è destinato comun-que ad averne uno. Ma lo subi-sce invece di esserne protago-nista. Perderà le opportunitàche possono nascere da una re-putazione efficace. I dati relati-vi a Paesi come Usa, Gran Bre-tagna, Germania e Francia mo-strano che oltre l’80% di chi of-fre lavoro è attento al profiloonline dei candidati. E decide di conseguenza».La buona notizia è che - a

meno di essere Beyoncé o ilpresidente del Consiglio - cura-re la propria immagine in Retenon è troppo complicato. Bastastarci attenti. E scegliere me-glio cosa mettere sui socialnetwork. Ecco il consiglio diFertik: «Se sei un avvocato ecarichi solo foto di quando vai apescare, non darai di te l’im-pressione ideale. Meglio posta-re anche qualche notizia legataalla tua professione, mostrare di aver passione per quello che

fai. Ovviamente sono impor-tanti i dettagli personali, su co-se che rivelano i nostri interes-si extra-lavorativi. L’importan-te è non eccedere».Lontano dai guai. Per una

reputazione online che funzio-ni ai più basterà un profiloLinkedIn semplice e aggiorna-to. Essere su Facebook e Twit-ter è fondamentale, ma nontanto e solo per interagire congli altri. Quello che importa èmarcare il territorio, prende-re cittadinanza virtuale usan-do nome e cognome per il pro-prio nickname e profilo. Chiha più ambizioni farà meglio aregistrare anche un propriosito, del tipo nomecogno-me.com. E poi non dimentica-re di stare attenti alle foto.«Per una persona comune - di-ce Fertik - ne bastano un paiopubbliche, da far circolare co-me una sorta di carta d’identi-tà. Quando invece ne inizianoa circolare di indesiderate o

imbarazzanti è lì che può esse-re il caso di rivolgersi ai pro-fessionisti del settore. Oggi letecniche per rimediare sonosempre più sofisticate».E infatti quello degli specia-

listi della reputazione online èun settore che è appena natoma già corre. Forse perché ab-biamo imparato anche che il di-sastro social è sempre in ag-guato. In fondo, bastano le fotogiuste nel posto sbagliato. Op-pure - peggio - qualcuno che ciprenda di mira, anche solo perun attimo, e metta in giro noti-zie false o troppo private. Chetutto dovrebbero meno che cir-colare online. In questi casi ilmetodo più efficace si chiama«flooding». Dall’inglese per:inondare. E non a caso. La tec-nica prevede la pubblicazionedi centinaia di contenuti «giu-sti» per diluire quelli indeside-rati. E per tornare a mostrare,anche online, il nostro profilomigliore.

STEFANO RIZZATO

MILANO

il caso

«Flooding»È la tecnicache prevedela rapidadiffusionein Rete

di centinaiae centinaiadi contenuti«giusti»per diluirequelli

giudicatiindesiderati

80per centoTanti sono, in percentuale,i datoridi lavoro

che prima di assumere

consultano con attenzione

il profilo onlinedei varicandidati

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LA STAMPA

LUNEDÌ 8 FEBBRAIO 2016 .Lavoro in corso .21�

Stevanato, 30 milioni in Brasile

Al via i lavori per lo stabilimento (foto del progetto) di Stevanato a Sete Lagoas, in Brasile. La multinazionale attiva nel packaging in vetro per il settore farmaceuticoinvestirà 30 milioni di euro e disporrà di 15 linee per produrre fiale e tubofiale. A regime impiegherà circa 200 addetti, che verranno formati con periodi di addestramento negli altri impianti del gruppo.

Unicredit, 700 assunzioni e 2700 esuberi

Sindacati e Unicredit hanno firmato l’accordo sulla gestione della seconda fase del piano industriale 2014-18 della banca. L’accordo prevede 2700 uscite tutte volontarie da qui al 2018 e dà il via libera a 700 nuove assunzioni di giovani.I lavoratori che aderiranno al piano esodi riceveranno a titolo d’incentivo tre mensilitàe mezzo. Dopo gli esuberi seguiranno le assunzioni.

Con Club Med 700 posti

È partito il roadshow di recruiting del tour operator Club Med in vista della nuova stagione estiva in Italia, Grecia, Portogallo e Svizzera, per un totale di 700 assunzioni. Sono in programma una ventina di appuntamenti Club Med, che tra le città italiane Milano, Roma, Napoli, Bari e Ragusa. Club Med è alla ricerca di figure manageriali in ambito hotellier e di organizzatori nei resort.

La

gu

ida LA CACCIA AL POSTO IN AZIENDA

Ecco come scrivere il curriculum perfettoI consigli degli esperti: bastano due pagine, bisogna evitare termini abusati ed errori grammaticali

Ese non fosse solo colpadella crisi? E se il fattoche la mia casella mail

non è intasata da richieste dicolloqui di lavoro dipendesseanche dal modo in cui hoscritto il curriculum? Già,perché – giurano i guru delsettore – troppo spesso il no-stro «primo biglietto da visi-ta» è infarcito di parole ovvie,di espressioni stereotipate,di termini inglesi che non di-cono nulla di quello che sap-piamo fare davvero e che, an-zi, fanno scappare i selezio-natori. E con loro le opportu-nità di un lavoro. Ma sì, chinon ha mai letto o scritto(magari in gioventù) frasi ti-po: attitudine al lavoro disquadra; buone capacità re-lazionali; propensione a lavo-rare in situazioni di stress.Eppure queste sono qualitàche tutte le aziende si aspet-tano rispetto a qualsiasi posi-zione lavorativa offerta. Pertacere dell’uso di «dinamico»(una bella sfida trovareun’impresa alla ricerca diqualcuno statico e pigro)«orientato al risultato» (e acosa se no?) e dell’immanca-bile «problem solver».

Serve concretezza

«Invece di consumare righepreziose con parole banali(un buon curriculum non de-ve superare le due pagine,ndr) – spiega Moreno Ferra-rio, manager di Linkedin, ilsocial network professionale– converrebbe mettersi neipanni di chi legge il profilo epuntare sulla concretezza,raccontando con chiarezza leproprie esperienze professio-nali». Ogni anno Linkedinpubblica la classifica delleparole più abusate sui profili.Nell’ultima “hit parade” ita-

liana, pubblicata qualchegiorno fa, ai primi tre posti sisono piazzate: esperto, stra-tegico e responsabile. «Sonotermini iper-inflazionati – ri-prende Ferrario -. Ci sono 8milioni di italiani su Linkedine se voglio essere attrattivo,mi devo distinguere, non pos-so usare le parole che usanotutti. Invece di definirmiesperto, per esempio, diròche ho lavorato per un certonumero di anni al tal proget-to ottenendo determinati ri-sultati».

I cv creativi

Per chi aspira a ruoli creativinel mondo del web o della co-municazione, vale la pena fa-re uno sforzo in più nella per-sonalizzazione del curri-culum. «Certo, - osserva an-cora Ferrario - noi consiglia-mo sempre di allegare al pro-filo un video, un power-point,

qualcosa a supporto dellapropria identità professiona-le. Ricordo un candidato cheaveva costruito un video-rac-conto delle proprie esperien-ze attraverso l’uso e il dop-piaggio delle costruzioni Le-go: fu molto apprezzato…».Bene la creatività dunque,

ma senza esagerare con glieffetti speciali. «Mi è capitato– ricorda Isabella Covili Fag-gioli, presidente di Aidp, as-sociazione italiana per la di-rezione del personale – uncandidato per un’azienda nelmondo della moda che avevastampato il curriculum su al-cuni pezzi di stoffa: l’idea nonera male, ma da sola non hasortito effetti perché il profi-lo non risultava comunqueinteressante».

I refusi

Anche perché a volte, invece,il rischio è quello di scivolaresui fondamentali. La gram-matica, per esempio. «Nondimenticherò mai – rammen-ta Covili Faggioli – una mailche accompagnava un curri-culum. C’era scritto: “Sonoobesa di lavoro…”». O i datianagrafici. «Sembra incredi-bile – aggiunge Barbara Ma-laspina, selezionatrice diObiettivo Lavoro – ma nonsono pochi quelli che non in-seriscono la data di nascita oil numero di telefono».«Chi scrive il curriculum –

commenta Osvaldo Danzi, se-lezionatore 2.0 – dovrebbeprovare ad entrare nella te-sta di chi lo leggerà e cercaredi rispondere a questa do-manda: perché dovrebbe sce-gliermi? Puntate sulle coseconcrete che avete fatto esulle vostre autentiche, an-che se bizzarre, passioni. Chinon ha passioni difficilmentelavorerà bene».

��BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

MAURO PIANTA

SpecialistaMoreno Ferrario, manager

di Linkedin, social

network professionale

che aiutagli iscrittia trovareun postodi lavoro

Esperto

�La parola più utilizzata nei curricula secondo uno studio pubblicato dal social network Linkedin. Megliopuntare sui risultati che sono stati conseguiti.

Strategico

�È un termine che significa poco, ed è molto abusa-to, come dinamico. Consigliabile fare emergere le pro-prie caratteristiche reali.

Responsabile

�Una qualità che tutte le aziende si aspettano ri-spetto a qualsiasi posizione lavorativa offerta.

La schedaLe tre parole da non utilizzare mai

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LA STAMPA 08.02.2016

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COPERTINA

SETTE REGOLE D'ORO per entrare in azienda

SEGUI LE TUE PASSIONI «Il lavoro più facile da trovare spesso è anche quello che ci piacerebbe di più fare», assicura Giordano Fatali. In altre parole: quando inizi un percorso di studio e formazione, scegli ciò che più t i interessa. Solo assecondando i tuoi stimoli e seguendo una strada che ti appassiona, infatti, riuscirai ad accorgerti di ciò che sarebbe utile per migliorare quella strada e migliorare te.

2 . IMPARA LE LINGUE Sembra un consiglio scontato ma non lo è, visto che buona parte dei selezionatori inorridisce davanti all'inglese mostrato nei colloqui da candidati che nel loro cv assicuravano padronanza assoluta. Specializzati, esercitati costantemente, segui corsi e programmi di scambio al di fuori di quelli

scolastici. E se hai il tempo e la possibilità di concentrarti su un secondo idioma, scegline uno non banale: sì a giapponese, arabo e spagnolo, no a cinese, francese e tedesco.

3. SII INTERNAZIONALE Lingue straniere a parte, è molto difficile che i recruiter valutino positivamente una candidatura quando non è puntellata da esperienze all'estero. «Non deve trattarsi necessariamente di periodi formativi o lavorativi coerenti con l'impiego che si insegue», spiega uno di loro. «L'importante è che comunichino apertura mentale e capacità di adattamento. Anche l'Erasmus funziona, ma ormai non basta più».

4. ABITUATI A ESSERE FLESSIBILI IE INFEDELI) I contratti a tutele crescenti che rinviano le assunzioni blindate svantaggiano i giovani, ma per chi ha talento

rappresentano anche la possibilità di cambiare azienda più facilmente. Qualunque posizione tu ricopra e qualsiasi inquadramento tu abbia, non smettere di aggiornarti e di guardarti intorno come se fossi sempre in cerca. Almeno se fai parte di quel 74 percento di italiani (+3 per cento rispetto allo scorso anno) che sono insoddisfatti della loro attuale mansione, secondo l'Istat.

5. MIHA UMILTÀ E SFRONTATEZZA Metti al bando l'arroganza ma mostrati in grado di accettare le sfide più difficili. Attivati con le aziende che sogni (o con il capo che vorresti) con un messaggio personalizzato senza aspettare che una posizione sia aperta (l'80 per cento delle posizioni non è visibile). E non smettere mai di fare azioni sul mercato anche se pare complesso: il lavoro raramente verrà a bussare alla tua porta.

6. IMPARA A FARE NETWORK Condividi con la tua rete di contatti, vecchia e nuova, progetti e aspirazioni a livello professionale chiedendo consiglio, entrando in sintonia con interlocutori che lavorano in aziende diverse, anche distanti da te, e confrontandoti sulle migliori modalità di approccio. Frequenta job fair, fiere ed

eventi dedicati sia al lavoro e orientamento che al mondo del business, presentandoti a nuovi interlocutori aziendali in modo positivo. Informati sui settori di tuo interesse e mappali: trend, player, figure chiave, fatturato, stipendi...

7. VAI SUI SOCIAL Linkedin è fondamentale, anche se pochi in Italia lo sanno usare al meglio: aggiorna le tue competenze (con sincerità) e chiedi ad amici e colleghi di confermarle, cerca di coprire al meglio tutti i periodi lavorativi e valuta l'ipotesi

j di un profilo sdoppiato in ' italiano e inglese. Ma se stai I cercando lavoro è bene che tu l dia una ripulita anche agli altri

profili social. A partire da ! Facebook, che l'84 per cento

dei direttori del personale ammette di sbirciare mentre valuta un candidato. Due regole: foto seria, anche se non necessariamente professionale, e profilo chiuso agli estranei. Oppure deciditi a rimuovere i tuoi scatti più alcolici...

aziende, sempre chiusi nei loro uffici a immaginare nuovi tagli, scollegati dal business, in un mercato del lavoro in continua evoluzione, dove le persone sono l'asset intangibile per eccellenza di un'impresa, i direttori delle risorse umane sono diventati una delle figure più strategiche, visto che dal loro operato dipende gran parte del successo dell'impresa cui appartengono.

La formazione e il tutoring, per esempio, devono esse­re continue, come chiosa Andrea Arrighi, vice president human resources & organization di Lagardère Italy: «Su questo fronte i giovani sono cresciuti parecchio in questi ultimi anni, e lo hanno fatto per così dire in proprio, andando oltre il loro bagaglio culturale e di esperienza. Ma gli incastri giusti tra domanda, offerta e soprattutto esigenze a medio e lungo termine deve essere sempre l'azienda a trovarli: l'apprendistato, se ben concepito,

resta uno strumento validissimo». L'importante, conclude Sonia Malaspina, Hr director & Hr shared services director di Danone, è «premiare la diversità e l'imprenditorialità dei ragazzi, che esiste, ma che spesso finisce per essere frustrata. Per questo se dovessi dare un consiglio, uno solo, a chi si affaccia ora sul mercato del lavoro, è quello di investire tutto sui propri punti di forza e lasciare perdere il tentativo di intervenire per migliorare quelli di debolezza, contrariamente a quello che si suggerisce generalmente».

In una fase complessa come questa, tuttavia, le raccomandazioni sono parecchie e investono i grandi classici come il cv e i colloqui ma anche aspetti più per­sonali e motivazionali. Per questo, con l'aiuto di Hrc e dei suoi specialisti, abbiamo raccolto qualche consiglio non banale (vedere qui in alto]. •

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4 8 Panorama [ 5 ottobre 2016

ECONOMIA E FINANZA