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21/7/2015 Arturo Paoli, morto l'ultimo profeta. Era lo Schindler di Lucca: aveva 102 anni - Il Fatto Quotidiano
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Arturo Paoli, mortol’ultimo profeta. Era loSchindler di Lucca: aveva102 annidi Ilaria Lonigro
di Ilaria Lonigro | 13 luglio 2015
Da giovanissimo salvò centinaia di ebrei durante la seconda guerra mondiale (e
infatti era Giusto tra le Nazioni), poi affiancò i minatori sardi negli anni
Cinquanta e infine finì nelle favelas argentine, dove il regime militare mise una
taglia sulla sua testa
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21/7/2015 Arturo Paoli, morto l'ultimo profeta. Era lo Schindler di Lucca: aveva 102 anni - Il Fatto Quotidiano
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Se ne va l’ultimo grande “profeta” italiano, fratello Arturo Paoli.
Avrebbe compiuto 103 anni il 30 novembre. Si è spento nella notte
tra domenica e lunedì nella sua abitazione di San Martino in
Vignale, sulle colline di Lucca, dove negli ultimi anni riceveva
decine di giovani in cerca di un consiglio o del senso della vita.
Quello che lui aveva trovato camminando con gli indifesi. Prima in
Italia, dove giovanissimo salvò centinaia di ebrei durante la
seconda guerra mondiale (e infatti era Giusto tra le Nazioni), poi in
Sardegna, al fianco dei minatori negli anni Cinquanta, quindi –
“esiliato” dal Vaticano – nelle favelas argentine, fino alla
condanna a morte da parte del regime militare, che lo portò a girare
l’America del Sud fino al 2005, anno del ritorno in Italia.
Lo Schindler di Lucca, Giusto per Israele
Nel 1937 entra in seminario a Lucca, sua città natale. Sei anni dopo
diventa il principale referente lucchese della rete Delasem, la
Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei di Giorgio
Nissim. Con l’aiuto di altre persone, nasconde i perseguitati
negli edifici del vecchio seminario in via del Giardino Botanico a
Lucca. “Quanti ebrei ho salvato? Non lo so, non sono stato a
contarli…” risponderà negli ultimi anni della sua vita a chi gli
chiederà le cifre del suo coraggio. Che sarà riconosciuto soltanto nel
2006 con la medaglia d’oro al valore civile dal presidente della
Repubblica. Nel 1999 Israele gli attribuisce l’onorificenza di
Giusto tra le Nazioni, che Paoli, anche se senza polemica, non
ritira.
“Esiliato”, diventa
Piccolo Fratello della
congregazione di de
Foucault
Nel 1949 si trasferisce a
Roma, come vice
assistente nazionale della
Gioventù cattolica. Le
sue idee, così simili a
quelle di sinistra,
infastidiscono i vertici
dell’organizzazione. Nel 1954 viene mandato “in esilio”, a fare da
cappellano tra i migranti italiani in una nave diretta in
Argentina. Una misura punitiva che però diventa la sua salvezza.
Durante il viaggio, Arturo assiste un religioso della congregazione
dei Piccoli fratelli in punto di morte. Il prete ne resta colpito e
decide di voler entrare nella congregazione fondata da Charles de
Foucault, che ordina di camminare coi poveri.
Per farlo, la tappa obbligatoria è il noviziato. Da eremita, nel
deserto algerino. Arriva a El-Abiodh nell’ottobre 1954, portando
con sé la fama di intellettuale che arriva da Roma. Un’aura
insopportabile per il maestro dei novizi, Fratel Milad, che decide
di sfidarlo. A lui e solo a lui vieta di leggere e scrivere per tutto il
tempo del noviziato, 13 mesi. Una misura per capire quanto sia
capace di rinunciare a se stesso. Dopo il deserto, “era morto un
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capace di rinunciare a se stesso. Dopo il deserto, “era morto un
Arturo e ne era nato un altro”, racconterà Paoli. Solo da eremita
riesce a liberarsi di quella che definirà “la terribile malattia che si
chiama il non senso della vita”. “Passare dalla pazienza del nulla è
un’esperienza che rende lieti tutta la vita: dopo non esistono più
egoismi né cinismi” spiegherà. La pazienza del nulla è il titolo di uno
dei suoi libri, edito da Chiarelettere.
Come Piccolo Fratello, deve lavorare. E non lavori qualsiasi, ma
duri, umili. Nel 1957 viene mandato in Sardegna, per stare tra i
minatori. Viene assunto per la manutenzione delle strade. In più
scrive le lettere per gli abitanti, perlopiù analfabeti, da recapitare ai
parenti emigrati in America. Ancora visto di cattivo occhio dalle
gerarchie vaticane, viene invitato a lasciare l’Italia.
E’ il 1960, ha 48 anni. Non senza sofferenza, parte per
l’Argentina. Raccolta del cotone, taglio della legna: Arturo fa i
lavori più umili e intanto incita le donne delle favelas a emanciparsi,
a rendersi indipendenti. A Buenos Aires conosce anche un
giovane Bergoglio. Gli piacerà, nelle vesti di Papa. “Lui non c’entra
nulla con i dittatori, non era ancora vescovo: era un sacerdote
gesuita, è sempre andato nelle bidonville” avrà a dire in sua difesa
durante le polemiche mediatiche sul passato di Papa Francesco. I
due si vedranno di nuovo, nel 2014, il 18 gennaio, a Santa Marta, in
un lungo incontro, rigorosamente privato, alla maniera dei colloqui
ordinati da Foucault.
La taglia della dittatura sulla sua testa
In Argentina Arturo Paoli trova molti amici e una nuova patria. Ma
nel 1974 è costretto ancora a partire: la dittatura militare ha
posto una taglia sulla sua testa. Le sue foto sono appese per le
strade. E’ al secondo posto tra i ricercati. Ripara in Venezuela, poi
in Brasile, lavorando con gli ultimi e contro i potenti, sempre
secondo lo spirito della Teologia della liberazione, così a lungo
condannata dalla Chiesa. Nel 1984 Joseph Ratzinger, ancora
cardinale, scrive che “le teologie della liberazione procedono a un
pericoloso amalgama tra il povero della Scrittura e il proletariato di
Marx” (Libertatis Nuntius del 6 agosto 1984).
Nel 2005, all’età di 93 anni, abbandona dopo mezzo secolo le
favelas e fa ritorno in Italia. Va a vivere lontano dalla città, in un
luogo isolato, circondato dai boschi, nella casa diocesana di San
Martino in Vignale, sulle colline sopra Lucca, intitolata al Beato
Charles de Foucauld. Con sé, la fidata Silvia Pettiti, sua segretaria
personale dal 2001 e dal 2005, che lo ha seguito durante i viaggi in
Brasile e che ha firmato, tra gli altri, Arturo Paoli. Ne valeva la
pena (edizioni San Paolo, 2010).
Il testamento di Arturo Paoli
Non era mai stato un giorno a letto per malattia, Arturo Paoli, che,
oltre al suo esempio, lascia come testamento molti libri.
Demonizzava il concetto del “ce la faccio da solo” e invitava
soprattutto i giovani a riscoprire i valori della lentezza e della
comunità, ad abbandonare il mito dei soldi e della solitudine.
Sempre calato nell’attualità, Paoli ne La rinascita dell’Italia.
Messaggio ai giovani (Maria Pacini Fazzi, Ed. 2011, col
contributo di Fondazione Banca del Monte di Lucca), scriveva:
“Fai schifo”. Si toglieil trucco permostrare il volto
Felicità? Vederechiaramente lamamma per la prima
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di Ilaria Lonigro | 13 luglio 2015
14 Commenti Il Fatto Quotidiano Entra
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Vamos a la Muerte • 7 giorni fa
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contributo di Fondazione Banca del Monte di Lucca), scriveva:
“Berlusconi è stato il segno più convincente che il popolo italiano
si è allontanato dall’ideale di mantenere al mondo la stima di un
popolo serio, lavoratore, capace di solidarietà, soprattutto di popolo
maturo. Che questo vuoto sia stato colmato da un uomo che ha il
merito di comprare belle ragazze per il consumo, ci dovrebbe
umiliare profondamente come Italiani”. Non risparmiava accuse
all’Europa, così dedita al “capitalismo” e alla “morte del prossimo”.
Arturo Paoli ha inseguito un unico grande progetto: “amorizzare il
mondo”. “Se riflettiamo – scriveva in Cent’anni di fraternità
(Chiarelettere) – la grande e unica ricchezza della vita è l’amore”.
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• Rispondi •
Vamos a la Muerte • 7 giorni fa
Il titolo testimonia la pochezza e l'ignoranza di certi giornalisti: definirlo lo "Schindler di Lucca" è
davvero riduttivo (a usare un eufemismo). Arturo Paoli è stato Arturo Paoli: una Persona,
ahimè, sconosciuta ai più ma che, in mezzo a tanta pochezza e miseria come se ne vedono in
giro oggi in Italia, in Europa e nel Mondo, ha rappresentato davvero le qualità migliori dell'Uomo
all'ennesima potenza. E lo ha fatto dalla Seconda Guerra Mondiale fino al suo Ultimo Respiro:
un mio amico ha avuto la fortuna di incontrarlo personalmente e mi ricordo ancora l'Emozione
che provava nel raccontarmi di questo Incontro. Non se ne vanno solo i Migliori anzi, essendo il
mondo popolato da una caterva di mediocri, insulsi e raccapriccianti esseri umani, spesso e
volentieri se ne vanno anche loro. Ma oggi è morto certamente un Grande Uomo e un Grande
Italiano.
△ ▽
• Rispondi •
Fabio Mazzoli • 7 giorni fa
Com'è nobile avere una fede e vivere in coerenza.
Sono uomo di dubbi, ma mi levo il cappello davanti a tale grandezza d'animo.
△ ▽
• Rispondi •
Piero • 7 giorni fa
sono stato un suo grande amico e collaboratore. figura con un caratteraccio ma con una gran
bel'anima aperta all'accoglienza e al sentimento umano e cristiano, profondamente uomo e
cristiano. ciao Arturo A Dio.
△ ▽
• Rispondi •
gio • 8 giorni fa
un grande uomo, bellissimi ricordi
1△ ▽
• Rispondi •
giovanna rezzadore • 8 giorni fa
Grazie al vostro giornale per questo articolo, la tv mi pare non abbia accennato minimamente
alla scomparsa del PROFETA o sbaglio? Sono stata a casa sua un paio di volte ed è stata
un'esperienza straordinaria. Con lui un grande pezzo di bella storia italiana se ne va e i potenti
di cartapesta di turno rimangono ribalta con le loro schifezze. Quando riusciremo a riscattarci?
3△ ▽
• Rispondi •
Anna • 8 giorni fa
Mi sono specchiata nel suo sguardo e ho intravisto una scintilla divina . grata del suo cuore
△ ▽
• Rispondi •
Emanuele • 8 giorni fa
Non ci sono parole per descrivere la grandezza morale e umana di questo mio concittadino,
esempio di una chiesa che davvero si attiene al vangelo e che non è interessata al denaro o al
potere.
△ ▽
• Rispondi •
pedro navarra • 8 giorni fa
Uno cosi' non lo avrebbero mai fatto papa. Anche per questo lo ammiro.
△ ▽
• Rispondi •
polifemo • 8 giorni fa
... grazie per quello che hai fatto ... noi non ti dimentichiamo ... buon viaggio!
△ ▽
• Rispondi •
Minamoto no Yoritomo • 8 giorni fa
Cari giornalisti, in Argentina non si chiamano Favelas, si chiamano "villas miseria".
△ ▽
• Rispondi •
marcoc • 8 giorni fa
Persone come Paoli e Bartali ci fanno sentire orgogliosi di essere Italiani
2△ ▽
• Rispondi •
arizona6 • 8 giorni fa
sull'attenti per questa persona......meriterebbe i funerali di Stato....ma come li fanno in Francia,
con la marcia funebre di Chopin e la sonnerie aux morts........
2△ ▽
• Rispondi •
Franco Parlanti • 8 giorni fa
Un grande UOMO
4△ ▽
Aldus Manutius • 8 giorni fa
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• Rispondi •
Aldus Manutius • 8 giorni fa
Non conoscevo la sua storia. Da quanto leggo non posso che provare rispetto e rallegrarmi per
una vita lunga e piena di altruismo e cose fatte. Mi ripropongo di leggere di più su di lui appena
avrò un po’ di tempo. Questi sono esempî che ridanno la speranza e la voglia di vivere, al di là
di delle differenze religiose o politiche. Spero abbia trascorso serenamente l’ultima parte della
sua vita e che se ne sia andato in pace e senza soffrire. Grazie di tutto.
8△ ▽
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