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RELAZIONE DELLA SEGRETERIA XI CONGRESSO FIT CISL LOMBARDIA 4-5 MAGGIO DUEMILADICIASSETTE Segreteria Regionale Lombardia Federazione Italiana Trasporti FIT-CISL

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RELAZIONE DELLA SEGRETERIA

XI CONGRESSOFIT CISL LOMBARDIA

4-5MAGGIODUEMILADICIASSETTE

Segreteria Regionale LombardiaFederazione Italiana TrasportiLOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISL

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RELAZIONE DELLA SEGRETERIA

XI CONGRESSOFIT CISL LOMBARDIA

4-5MAGGIODUEMILADICIASSETTE

Segreteria Regionale LombardiaFederazione Italiana TrasportiLOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISL

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INTRODUZIONE 

Stiamo, in queste giornate, intraprendendo l’undicesimo congresso della FIT Lombardia. Lo  facciamo,  come  potete  vedere  dall’immagine  che  abbiamo  scelto  a  sfondo  del  nostro  congresso, partendo  dal  passato  per  arrivare  al  futuro:  l’uomo,  l’uomo  vitruviano  che  fa  da  sfondo  ad  una  città moderna. È, questa immagine, un monito che dovrà accompagnare i nostri pensieri, le nostre riflessioni. Per creare la società del futuro e, molto più prosaicamente,  il sindacato del futuro, dobbiamo acquisire la consapevolezza che il progresso è una forza inesorabile ma, se mette l’uomo al centro del suo divenire, il binomio che si creerebbe potrebbe davvero rivoluzionare il mondo per come siamo abituati a conoscerlo.   Ma oggi siamo soprattutto qui a parlare di noi stessi. Nelle  pagine  che  seguiranno  e,  soprattutto  nel  dibattito  che  si  aprirà,  racconteremo  da  una  parte  e costruiremo dall’altra, la FIT Lombardia del presente e del futuro.  Lo  faremo partendo dal  sereno presupposto  che,  in  tempi  difficili,  occorre  perseguire  strategie  nuove  e diverse da quelle che, in un passato recente, hanno contraddistinto il nostro operare.  Lo faremo partendo dal presupposto che la discussione è il valore aggiunto della nostra organizzazione, ma questa diviene sterile se non si trasforma in atti concreti.  Lo  faremo,  infine,  partendo  dalla  consapevolezza  che  l’aprire  nuove  strade  spesse  volte  porta  ad incomprensioni ed impopolarità e che indubbiamente demagogia e populismo propongono slogan, a prima vista, molto più accattivanti dei nostri.   Ci sono momenti, però,  in cui bisogna avere anche il coraggio dell’impopolarità se si vuole continuare ad avere credibilità in mezzo alla gente. C’è un passaggio del purgatorio di Dante che vorremmo citare a proposito:   “Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte”  Un  sindacato  che  si  apre  la  strada al  buio e,  dietro di  sé, porta una  luce per  illuminare  il  percorso:  così facendo aiuta gli altri ( ma non se stesso ) ad aprirsi la strada in mezzo a mille difficoltà. Questo è ciò che siamo e ciò che vorremmo continuare ad essere.      

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LO SCENARIO ECONOMICO E POLITICO  IL VILLAGGIO GLOBALE  

ll nostro congresso cade in un contesto storico e politico molto complesso. Controprova ne è la delicatissima crisi tra Corea del Nord e Stati Uniti d'America: un caso diplomatico che tiene con il fiato sospeso tutto il mondo che, di fronte ad una minaccia di guerra nucleare, sembra ancora più piccolo ed insicuro. I popoli del pianeta osservano intimoriti e impotenti il continuo precipitare degli eventi: un contesto che, con le dovute proporzioni, riporta alla mente la drammatica “crisi dei missili di Cuba” del 1962, quando il mondo sembrava dovesse terminare in un drammatico olocausto nucleare. Ma  la  complessità  non  è  solo  testimoniata  dai  tanti  focolai  di  guerra  che,  ad  intermittenza,  sembrano accendersi in diverse parti del globo. Il  mondo  occidentale  ed  il  suo modello  culturale  di  riferimento  che  sembravano  aver  trionfato  dopo  il crollo  dell’U.R.S.S.  e  la  conseguente  fine  della  guerra  fredda,  paiono  essere  preda  di  una  generale  crisi d’identità. Lungi dall’aver determinato la “fine della storia” attraverso il propagarsi delle democrazie parlamentari in tutto  il  pianeta,  la  civiltà  occidentale  viene  da  molti  vista,  se  non  al  tramonto,  in  una  fase  di  radicale trasformazione.  Paradossalmente, nel suo complesso, il mondo non è mai stato così ricco. L’economia globale, infatti, continua a crescere.  

Rispetto  ai  decenni  ed  ai  secoli  passati  però,  ad  una  sempre  più  forte  crescita  dei  paesi  “emergenti” corrisponde una sempre maggior insicurezza nei paesi a cultura occidentale. Le lancette dell’orologio della storia sembrano così tornare a segnare l’ora delle facili suggestioni del protezionismo e del nazionalismo. 

 

LA COMUNITÀ EUROPEA 

Questa crisi internazionale ha, però, un convitato di pietra: l’Europa. 

Non solo l’Europa come intesa come Unione Europea, ma l’intero vecchio continente nella sua espressione geografico‐politica, è ai margini di questa vicenda. 

Incapace di reazione e non in grado di formulare proposte alternative credibili, la diplomazia europea e le istituzioni comunitarie non riescono a trasformare in atti politici il diffuso sentimento di ripudio alla guerra che anima il vecchio continente. 

È questo il vero limite di un Europa fondata esclusivamente sulla moneta e sulla finanza, una costruzione astratta incapace d’incarnarsi nella vita quotidiana dei popoli che la compongono.  

Ma  l’Unione  Europea,  rischia  così  una  crisi  irreversibile,  attraversata  com’è  da movimenti  nazionalisti  e contrari  all’Euro  e  da  una  complessiva  mancanza  di  politica  ad  ampio  respiro,  schiacciata  com’è  da problemi contingenti e dagli egoismi dei singoli stati.  

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Ma, se a questa difficoltà di proposta politica, sommiamo gli effetti della crisi,  il risultato rischia d’essere letale.  

Rischiamo così di  trovarci  il paradosso di un’Europa sempre più  liberista e sempre meno  liberale,  in cui  i singoli stati vengono periodicamente attraversati da fenomeni politici di matrice autoritaria. 

Le  istituzioni  europee devono  trovare  il  coraggio di  riportare  in  agenda una più marcata  attenzione alle politiche di sviluppo, mettendo in primo piano il tema del lavoro: solo così, solo dando sostanza ai desideri della  gente  che  chiede  protezione  sociale,  ripudio  della  guerra,  dignità  della  persona  che  deve  essere  riportata al centro della politica, l’Unione Europea potrà tornare ad avere un futuro.  

In questo contesto  l’Italia può giocare un ruolo di “promotore del cambiamento”, cercando di aggregare altre nazioni che esprimano lo stesso bisogno. 

 

ITALIA 

Un dato su tutti: gli investimenti attuali sono inferiori del 30 % rispetto ai valori del 2007.  

Il sistema produttivo sconta carenze sulle innovazioni tecnologiche (Industry 4.0) e la ripresa (che appare evidente seppur timida dai dati macroeconomici ) non riesce comunque ad intercettare il consumo interno, ancora reso fragile dal mancato aumento dei redditi disponibili delle famiglie. 

Dobbiamo affrontare un cambio di paradigma nel mondo del lavoro: oltre alle tradizionali innovazioni nella produzione dei  beni  (industria)  si  accompagnano  innovazioni  profonde anche nella produzione di  servizi (terziario).  

Il futuro prossimo, se non adeguatamente diretto, potrebbe prefigurarsi tra scenari di occupazione a bassa professionalizzazione  sottopagata  e  sfruttata  o  addirittura  (  così  vaticinano  i  nuovi  “profeti  del millenarismo  tecnologico”)  tra  società  in  cui  ricchezza  apparterrebbe  a  sempre  meno  persone  che “governerebbero”  una  moltitudine  di  genti  sotto  occupata  o,  addirittura,  inoccupata:  il  riproporsi,  “de factu” di un contesto storico che segnò la crisi del tardo impero romano. 

Anche  la  società  Italiana  sta  radicalmente  mutando:  accanto  ad  una  politica  sempre  più  leaderistica  si accompagna il perdurare della crisi dei corpi intermedi. 

Immaginando di rincorrere il futuro, purtroppo, la strada che tanti stanno percorrendo è quella circolare, quella  che Nietzsche definirebbe  “dell’eterno  ritorno”:  condanna demagogica  della  politica  e  dell’azione sindacale, il mito della semplificazione dei problemi complessi e della democrazia diretta. Una scorciatoia, sostanzialmente, che porta inevitabilmente verso sistemi autoritari e leaderistici. 

Nell’Italia del 2017 il vero rivoluzionario è, paradossalmente, il riformista. 

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PROTAGONISTI DEL FUTURO 

Il  XXI  secolo  (almeno  ai  suoi  inizi)  sembra  essere  il  periodo  della  grande  paura  verso  il  futuro:  più  si diffondono le nuove tecnologie che sostituiscono l’uomo (anche nei suoi lavori più faticosi), più si aprono le frontiere della conoscenza, più si parla di crisi. 

DATI (ottobre 2016): 22,7 mln occupati; 4 mln disoccupati. Come risolvere il problema della disoccupazione tecnologica ? 

Dobbiamo  innanzi  tutto  comprendere  il dato di partenza: NON SIAMO PIÙ DI  FRONTE AD UNA SOCIETÀ MANIFATTURIERA rispetto alla quale  si è basata  la  struttura di  regolazione giuridica e organizzativa oggi esistente.  

 

Per essere davvero protagonisti del futuro dobbiamo avere la capacità di comprendere i cambiamenti già avvenuti  nel  tessuto produttivo  italiano  ed  il  coraggio  di  evitare  tentazioni  “neoluddiste”  di  rifiuto della tecnologia. 

L’innovazione tecnologica è un termine che, oramai, non appartiene ad un futuro più o meno probabile ma alla dura realtà del presente. 

Il  sindacato  in  generale  e  la  FIT  in  particolare  è  di  fronte  ad  un  bivio:  accettare  il  cambiamento  e combattere  affinché    le  linee  del  futuro  mettano  al  centro  l’uomo  ed  il  lavoratore  nella  rivoluzione tecnologia, oppure opporre una resistenza di facciata ed essere travolti dal fiume in piena del progresso. 

 

   

OPERAI33,3%

INTELLETTUALI CON MANSIONI ESECUTIVE

33,3%

CREATIVI33,3%

OCCUPAZIONE DEI LAVORATORI IN ITALIA 

OPERAI

INTELLETTUALI CON MANSIONIESECUTIVE

CREATIVI

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LE STRATEGIE POLITICHE DELLA NOSTRA AZIONE 

AL CENTRO IL LAVORO 

Il  tema  della  formazione  (continua  e  non)  diviene  centrale  non  solo  per  il  sindacato  ma  anche  per  le aziende.  Bisogna  far  ripartire  il  circolo  virtuoso  maggior  produttività  –  maggior  salario  –  stimolo  della domanda interna. Solo così potrà fattivamente avverarsi una effettiva valorizzazione del lavoro. In questo contesto  bisogna  sottolineare  la  necessità  di  una  esigibilità  universale  dei minimi  salariali  in  alternativa all’ipotesi del salario minimo legale. 

 

LA BILATERALITÀ 

La bilateralità  acquista oggi  sempre maggior  importanza:  alle  storiche  funzioni  di  carattere mutualistico, assistenziale  e  previdenziale  si  accompagnano  compiti  di  regolamentazione    del  mercato  del  lavoro  in materia di ammortizzatori sociali, di formazione professionale. 

La  bilateralità  rappresenta  insomma  la  nuova  frontiera    dell’azione  sindacale  anche  attraverso  una specializzazione  rispetto  alle  tematiche  emerse  dalle  novità  introdotte  dalla  legge  di  stabilità  del  2016. Nello specifico ci si dovrà specializzare sull’analisi dei bisogni dei lavoratori in relazione alle prestazioni di welfare, l’elaborazione dei piani di welfare per le aziende, la fornitura di prestazioni di welfare.  

 

IL WELFARE CONTRATTUALE 

I conti pubblici saranno sempre più in restrizione: questa è una condizione che impatterà negativamente sullo stato sociale. 

Il Welfare contrattuale è una  sfida per  il nostro modello di  relazioni  industriali  sia per  la  sua capacità di rispondere alle esigenze dei lavoratori e di contribuire alla produttività aziendale sia per aprire una nuova stagione di collaborazione tra le parti sociali. 

La Legge di Stabilità   del 2016 ha  inserito modifiche  in materia volte ad  imprimere un cambio di passo a questa normativa rendendola fortemente incentivante per aziende e lavoratori. 

In tema di detassazione  la Legge di Stabilità 2016 presenta caratteristiche di assoluta novità rispetto alle precedenti esperienze riconoscendo un quid di incentivazione fiscale in più (da 2000 a 2500 euro di premio detassabile  al  10%)  agli  accordi  che  prevedono  un  coinvolgimento  strutturato  dei  lavoratori nell’organizzazione del lavoro. 

Analogamente  la possibilità di  “welfarizzare”  in  tutto o  in parte  il  godimento del premio di  risultato,con l’esenzione  fiscale  completa  del  costo  delle  relative  prestazioni,apre  nuovi  spazi  ad  una  contrattazione orientata alla partecipazione,alla produttività e al benessere organizzativo dei lavoratori in azienda. 

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In  un’ottica  sistemica,il  welfare  può  anche  contribuire  all’alleggerimento  della  pressione  sul  bilancio pubblico,al  rafforzamento  dei  legami  tra  imprese  e  territori  e  alla  promozione  di  una  nuova  economia mista dei servizi. 

 

L’ACCORDO SULLE PENSIONI  

L’accordo del 28 settembre tra governo e sindacati confederali deve diventare il punto di partenza per una discussione molto puntuale sull’argomento. Al motto di «cambiare le pensioni – dare lavoro ai giovani» si sono poste le basi per dare delle risposte concrete. Gli argomenti di discussione vanno dalla flessibilità per il  pensionamento,  requisiti  pensionistici,  sviluppo  della  previdenza  complementare,  modalità  di pensionamento diversificate in base al tipo di lavoro, il delicato tema dei «lavori gravosi», tanto caro alla FIT. 

 

LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE 

Tanto  è  stato  fatto  in  tema  di  previdenza  complementare,  partendo  da  uno  schema  di  riferimento  che presuppone la complessiva modifica dei CCNL nazionali in questo senso. 

Come  FIT  Lombardia  riteniamo  comunque  imprescindibile  proseguire  lungo  questo  percorso,  anche mettendo in previsione l’obbligatorietà d’iscrizione ai fondi di categoria per i nuovi assunti. 

Da  ultimo dobbiamo  sottolineare  l’importanza  sia  dell’introduzione  del meccanismo d’utilizzazione  degli accantonamenti  individuali a  supporto degli ammortizzatori  sociali  (RITA) che  il meccanismo di  riduzione  delle  aliquote  fiscali  sulle  prestazioni  di welfare:  il  combinato  disposto  di  questi  due  elementi  potrebbe segnare una piccola rivoluzione in materia 

   

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CONCLUSIONI 

Il quadriennio 2013 – 2017, che  fa da sfondo all’undicesimo congresso regionale della FIT, è stato  foriero di parecchi cambiamenti. 

Gli spaccati delle aree contrattuali, di cui la relazione è composta, raccontano di come questo periodo sia stato estremamente  complesso  e  di  come  la  nostra  azione  si  sia  dovuta  svolgere  in  un  contesto  sociale  al  limite dell’implosione. 

Dalle  pallottole  fatte  recapitare  via  posta,  al  quotidiano  clima  d’intimidazione  che  tantissimi,  fra  i  nostri operatori, purtroppo conoscono sin troppo bene, il racconto di questo quadriennio potrebbe narrare di come certi tabù ( anche dialettici ) sono stati purtroppo superati. 

Ma è al futuro ed alla persona, come illustra  il simbolo del nostro congresso, che noi vogliamo guardare: un futuro cui noi abbiamo il dovere di credere con ottimismo. 

Potremo fare questo, però, solo se, accanto alla comprensione del cambiamento in atto in tutte le “posizioni dello scacchiere” ( dal quadro politico internazionale, al ruolo dell’Italia nell’Unione Europea, al peso che oggi il sindacato può avere nella politica nazionale) noi si possa continuare ad essere agenti del rinnovamento civile e morale. 

Ma per poterlo essere dobbiamo, per dirla con Einaudi, “conoscere per deliberare”: oggi più che mai il nostro agire  sindacale  deve  ancor  di  più  recuperare  il  valore  della  difesa  della  persona  coniugandola  con  una preparazione adatta a sfruttare i nuovi scenari legislativi che, anche noi, abbiamo contribuito a plasmare. 

La  contrattazione di  secondo  livello  (  da  sempre bandiera della nostra organizzazione  )  trova oggi  infatti  un sostegno molto  forte  della  fiscalità  particolare  sui  premi  legati  ad  incrementi  di  produttività,  qualità,  ecc  e vanno  a  declinarsi  naturalmente  nella  rivisitazione  di  un  sistema  di  welfare  che  diventa  sempre  più necessariamente complementare a quello dello stato. 

In questa condizione, lungo questo percorso, la FIT può e deve rivendicare con orgoglio una vittoria storica:  la centralità delle proprie battaglie, per anni combattute in splendida solitudine,  sono oramai un valore acquisito da tutto il sistema produttivo. 

Sta a noi, anche qui in Lombardia, anzi soprattutto in Lombardia, fare sì che queste tematiche trovino sempre più spazio all’interno del tessuto produttivo locale. 

Non  possiamo  sapere  se  i  prossimi  quattro  anni  vedranno  finalmente  concretizzarsi  i  frutti  dei  sacrifici  dei lavoratori che tanto si sono spesi nel buio periodo della crisi, né abbiamo la possibilità di conoscere quale forma prenderà l’Europa a valle delle dure prove che l’attenderanno. 

Nell’impossibilità di conoscere il futuro dobbiamo quindi tuffarci nel presente, continuando, pazientemente e con tenacia, a ricoprire quel ruolo di vicinanza ai problemi della gente che è, in ultima analisi,  ciò che permette a tutti noi di guardare con fierezza negli occhi i nostri associati. 

Lasciamo le paure e la timidezza  ad altri, affinchè di noi non si possa dire ciò che Seneca scrisse quasi duemila anni or sono: <<Perdono il giorno in attesa della notte, la notte per timore del giorno>>. 

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AREA CONTRATTUALE TPL

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LA MOBILITA’ OGGI      

 

La Mobilità  intesa come  la domanda di  spostamento dei cittadini nel nostro Paese, nella nostra  regione, nelle  nostre  Città  rappresenta  oggi  un  insieme  di  servizi  offerti  agli  utenti/cittadini  che  non  si  limita  al trasporto pubblico locale ma si concretizza in un insieme di attività che interessa l’area dei parcheggi, delle soste, il car sharing, il bike sharing.  

 

IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 

L’evoluzione  del  quadro  normativo  non  risponde  alle  reali  necessità  di  riorganizzazione,  partendo  dalle risorse necessarie al corretto funzionamento, che troppo spesso vedono poi rincorrere le responsabilità tra Stato centrale,  Regioni e rispettivi Enti Locali.  

La legge Regionale (L.6/2013), la definizione dei piani di bacino, la costituzione delle rispettive Agenzie in un quadro  incompleto per  le  riforme dei servizi di pubblica utilità,  (  legge Madia oggi  in vigore anche se  incompleta nei suoi decreti attuativi ), introduce ulteriori criticità per programmare e progettare il futuro e le regole per il suo funzionamento. 

Oggi siamo in presenza di un quadro che vede sei Agenzie definitivamente costituite nel corso del 2016 ( Bergamo  –  Brescia  –  Cremona / Mantova  ‐   Como /Lecco / Varese  –  Milano / Lodi / Monza / Brianza / Pavia      ‐    Sondrio    )  ed un Fondo Nazionale dei  Trasporti  che per  il  2017  riconoscerà 155 ml. di  euro  in meno.  

(a  fronte  di  5.015  mil.  Euro  riconosciuti  utili  un  funzionamento  del  trasporto  pubblico  locale  il riconoscimento previsto di 4.860 mil. Euro; presenta una differenza negativa di 155 mil. Euro)    

Dobbiamo  inoltre  considerare  che  la  legge Madia  ha  introdotto,  per  i  prossimi  cinque  anni,    un  diverso sistema  di  ripartizione  delle  risorse  economiche  storicamente  corrisposte.  L’introduzione  dei  costi standard,  dei  maggior  ricavi  sui  titoli  di  viaggio  sono  due  leve  che  sposteranno    a  regime  venti  punti percentuali  rispetto  allo  storico  finanziato  anche  se  ad  oggi  non  sono  stati  definiti  i  criteri  per  i  costi standard. 

Affrontiamo una  situazione di emergenza  sia per  le  risorse economiche a disposizione che per  il quadro normativo  che  non  affronta  e  non  risolve  i  problemi  lasciando  a  nuovi    soggetti  impresa  introdurre  opportunità di mobilità, a  loro dire favore del cittadino per  la domanda di mobilità, ma a discapito degli operatori  e  lavoratori    che  già  operano  nel  settore.  (vedi  taxi,  flixbus)  .  Esempi  di  operatività  e contrattazione in queste Società ne raccogliamo per testimonianza diretta dei lavoratori.   

   

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IL RUOLO DELLA RAPPRESENTANZA 

La Partecipazione per governare  i  cambiamenti è parte  integrante del nostro modello di confronto e nel merito  non  possiamo  non  tenere  presente  che  l’ultimo  contratto  nazionale  della  mobilità  (trasporto pubblico locale del novembre 2015), oltre ad essere stato sottoscritto a distanza di sette anni di scadenza, è stato il primo contratto autofinanziato e senza il  lodo Ministeriale che ci aveva accompagnato per oltre un decennio. 

La  contrazione  economica  che  attraversa  la  rete  di  produzione  nel  nostro  paese  ha  inevitabilmente interessato  anche  i  servizi  alla mobilità  e  non  possiamo  non  tenere  presente  che  da  oltre  cinque  l’area contrattuale non vive politiche di espansione. 

Tutti i Gruppi e Società presenti nel nostro Paese hanno avviato processi di riorganizzazione in vista delle prossime gare e  gli  esempi di  quanto avvenuto  in  altre Regioni  e  anche nelle nostre Città  (  vedi  Pavia  ) evidenziano una pioggia di ricorsi da parte del perdente.  

Il quadro normativo dimostra e conferma qualche pecca se ogni gara vede trascorrere diversi mesi e/o anni prima della  pronuncia finale del  vincitore! 

In  questa  delicata  fase  dobbiamo  giocarci  il  nostro  ruolo,  la  nostra  capacità  di  fare  contrattazione, dobbiamo  riprenderci  lo  spazio  di  parti  Sociali  quali  siamo,  sia  per  gli    evidenti  i  limiti  dimostrati  nelle diverse leggi sulle tipologie contrattuali che per la nostra capacità di assumerci la responsabilità nel  dare risposte ai  diversi sistemi di produzione nelle realtà locali. 

I  programmi  di  servizio  definiti  dalle  Agenzie  di  Bacino,  sotto  indicazione  dei  rispetti  Enti  limitati  ad identificare il costo unico del servizio di trasporto pubblico locale rappresentano un grosso limite.  

L’intero  progetto  di  Mobilità  del  territorio  garantisce  una  armonizzazione  sui  diversi  servizi  offerti  e permette una maggiore integrazione sull’intera mobilità. 

Quale modello  di servizio come offerta al cittadino? Gare per interi bacini o piccoli lotti al minor costo con il limite che la ricorsa sarà sui lotti più ricchi! 

La  cronaca  di  questi  ultimi  mesi  ha  acceso  i  riflettori  sulla  Società  Milanese  ATM  evidenziandone esclusivamente il danno per lo sciopero in presenza di una importante fiera e definendo le organizzazioni sindacali  irresponsabili.  Hanno  dimenticato  di  rilevare  che  per  la  prima  volta  lo  sciopero  non  era  di carattere    rivendicativo  economico ma  di  salvaguardia  del  sistema  servizio  offerto,  per  salvaguardare  i servizi di mobilità offerti in unica filiera e non farne uno “spezzatino” in tanti piccoli lotti. Le scelte politiche dell’ultimo ventennio,  l’organizzazione del  lavoro grazie a  tutti  gli  accordi  fatti  con  il  coinvolgimento dei lavoratori hanno portato la Società ai risultati oggi visibili a tutti con un modello di mobilità che considera tutta la filiera dei servizi. L’Obiettivo raggiunto con l’intesa sottoscritta con il Comune prevede, tra i punti più importanti, il lotto unico e la clausola Sociale occupazionale e retributiva. 

Come  Cisl  siamo  consapevoli  che  le  gare  potranno  anche  cambiare  i  soggetti  aggiudicatari  ma politicamente in presenza di bilanci economici positivi l’obiettivo principale deve essere la salvaguardia del suo funzionamento anche a favore dei lavoratori e non logiche che privilegiano solo il business finanziario.  

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NUOVI E DIVERSI MODELLI CONTRATTUALI 

Il nostro territorio vede la presenza di Imprese che si costituiscono con modelli contrattuali diversi.  

Anche  in  questo  caso  abbiamo  la  consapevolezza  che  le  diverse  impostazioni  Societarie  non  ci appartengono, rivendichiamo però il confronto nel merito e la partecipazione nei processi organizzativi del lavoro. 

Il modello rappresentato da Bus Italia che partendo da una Società sull’orlo del fallimento sta espandendo la sua presenza attraverso un contratto nazionale di secondo livello e presentando un piano di acquisizione del 25% del trasporto pubblico locale per i prossimi anni. 

Il modello del Gruppo Tedesco Deutsche Bahn “Arriva  Italia” che ha presentato un piano di  investimenti economici  e  prevede  unicamente  un  confronto  per  unità  produttiva  e  rifiuta  un  livello  Regionale  e/o Nazionale. 

La  FIT  rivendica  un  modello  di  confronto  che  solo  le  RSU  a  livello  locale  possono  governare  rispetto all’organizzazione del lavoro anche se in presenza di due diverse impostazioni Societarie. 

Siamo  interessati  alla  scadenza  del  contratto  nazionale,  dicembre  2017,  data  unica  per  i  due  contratti nazionali  ferro/gomma, una  scadenza  importante perché  rappresenta una opportunità  solo  se  capace di gestire  l’intera mobilità,  un  importante obiettivo  raggiungibile  solo  lavorando  insieme per  armonizzare  i punti in comune. 

 

L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE 

Infine  la Previdenza complementare che per  il primo anno vede  incrementare  il numero di associati tra  i giovani. Dopo la riforma del 2005 il numero di associati ha attraversato una fase di stagnazione sul numero degli associati che ad oggi vede oltre la metà della platea con più di 45 anni. 

Diversamente da chi quotidianamente inventa demagogie per noi la scelta di identificare in fase di rinnovo di  contratto  nazionale  salario  a  favore dei  lavoratori  per  la  previdenza  complementare  rappresenta una opportunità per riaccendere l’attenzione su questo importante tema. 

Anche  attraverso  il  welfare  aziendale  oggi  abbiamo  l’opportunità  di  crescere  la  conoscenza  e  le opportunità che le normative fiscali permettono.  

Ogni anno che perderemo rappresenterà per i nostri giovani, anche quelli presenti nel mondo del lavoro da oltre dieci anni, un conto sociale, per il futuro, ingente se non ci attiviamo per portare alla loro conoscenza le evoluzioni legislative che sono intercorse in questi anni e che definiranno  i loro modello di vita futura.  

Tocca a noi, tocca alla Cisl lavorare affinché la scelta consapevole rappresenti anche una vita più serena del domani. 

   

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AREA CONTRATTUALE ATTIVITÀ FERROVIARIA

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TRENITALIA  

La recente firma posta sul tanto agognato rinnovo del contratto delle attività ferroviarie e contestualmente il  rinnovo  del  contratto  aziendale  del  gruppo  FS,  dopo  una  lunga  ed  estenuante  trattativa,  ha  di  fatto portato  ad  una  ipotesi  di  accordo  il  16  dicembre  scorso,  dando  così  l’inizio  al  percorso  referendario necessario per l’approvazione dello stesso. 

Il referendum, tenutosi tra i lavoratori, ha registrato una grande partecipazione e affluenza alle urne:  con la vittoria del “si”, i  lavoratori di Trenitalia, Trenord, degli appalti e di tutte le aziende interessate si sono espressi per l’accettazione del contratto cosi come era stato sottoscritto in ipotesi di accordo. 

Le segreterie nazionali, con in prima linea la Fit Cisl, hanno ottenuto la modifica dell'articolo 16 che norma, tra le altre cose, la tutela del personale in caso di cambio appalto; nel dettaglio in caso di cambio appalto o subentro  di  azienda  viene  restituito  l’insieme  delle  tutele  (  reintegratorie  e  risarcitorie)  in  caso  di licenziamenti illegittimi, sia individuali che collettivi, a tutti quei lavoratori già impiegati nel settore prima della data d’applicazione del jobs act. 

Questa  lunga  trattativa  ha  nei  fatti,  grazie  alla  Cisl  prima  di  tutto,  tutelato  i  lavoratori  da  forme  di precariato  che  potrebbero  derivare  da  cambi  appalti,  ecc.,  di  fatto  un  importante  obiettivo  fortemente voluto e ottenuto. 

Trenitalia dal 1 gennaio 2017 ha dato il via alla scissione del segmento cargo ed alla conseguente nascita di Mercitalia per il rilancio del trasporto merci su ferro. 

Per  quanto  riguarda  il  contratto  aziendale  del  gruppo  FS,  invece,  sono  stati  incrementati,  in  maniera significativa,  i  livelli  retributivi  fissi e variabili,  sono state  introdotte nuove  forme di welfare e migliorate quelle già esistenti (previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa,ecc) 

Permangono forti dubbi in merito alle recenti notizie su probabili spacchettamenti  annunciati dall’holding diFS; i lavoratori e le organizzazioni sindacali non comprendono e non condividono la scelta di dividere un azienda in grado di generare utili consistenti. 

Nello specifico questo è il nono anno consecutivo di bilancio in utile, reso possibile dall’impegno di tutti  i lavoratori e alla sostenibilità degli accordi sindacali sottoscritti. 

Ciò premesso appare quindi incomprensibile questa volontà di “spacchettamento” dell’azienda, presentato durante l’annuncio dell’ultimo piano industriale: le ricadute occupazionali sono state oggetto di riflessione ? Perché ricorrere alle esternalizzazioni delle attività manutentive ? Perché continuare lungo la strada del ridimensionamento degli equipaggi treno ? 

Su questi  temi  aspettiamo  risposte  tenendo alto  il  livello  dell’attenzione,  sperando  che prevalga  il  buon senso e non essere perciò obbligati alla mobilitazione di tutti i lavoratori di Trenitalia. 

 

 

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RFI 

RFI, il gestore delle infrastrutture, è la società del gruppo FSI responsabile della gestione complessiva della rete ferroviaria nazionale. 

È stata costituita nel luglio 2011 per rispondere alle direttive comunitarie seguite dal governo italiano sulla separazione fra il gestore della rete e il produttore dei servizi di trasporto. La divisione garantisce tutte le attività di pianificazione, programmazione,  coordinamento operativo e controllo finalizzato ad assicurare la produzione di tutti i servizi necessari alla circolazione dei treni ed all’esercizio ferroviario. 

Ad oggi le responsabilità di RFI riguardano principalmente: 

La gestione in sicurezza della circolazione ferroviaria tramite il presidio di controllo e comando della marcia dei treni.  Il mantenimento  in piena efficienza della  infrastruttura  ferroviaria nazionale,  tramite  le attività di manutenzione straordinaria ed ordinaria,  insieme alle attività di safety, security e navigazione ferroviaria verso Sicilia e Sardegna e dal contratto di programma sottoscritto da RFI nella sua qualità di gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale e lo stato. 

Nel primo  luglio del 2015 abbiamo fatto un accordo sulla nuova riorganizzazione delle  infrastrutture che ancora oggi non è andato a regime e che è costato tantissimi soldi. 

Ancora  oggi  stiamo  lavorando  sulla  nuova  riorganizzazione  di  RFI  circolazione,struttura  anch’essa molto complessa. 

Oggi  siamo a  chiedere  all’azienda di  fare  uno  sforzo  sulla  trasparenza  sulla  gestione del  personale  e  sul ricambio generazionale, dando continuità al recente accordo nazionale sottoscritto in materia. 

 

RELAZIONE APPALTI FERROVIARI 

Ogni anno la “Capogruppo” e le società operative bandiscono numerose gare per la realizzazione di opere lavori  o  la  fornitura  di  materiali,  componenti  e  servizi.  Le  informazioni  per  partecipare  alle  gare  sono diffuse attraverso i principali quotidiani e le sezioni del sito delle Società, dove sono reperibili anche i criteri di qualificazione e di certificazione richiesti.  

Ferrovie  dello  Stato  Italiane  SpA,    Mercitalia  Rail,  Mercitalia  Logistics,  Centostazioni,  Ferservizi, GrandiStazioni Rai,l Grandi Stazioni Retail, Italferr, RFI, Trenitalia, Trenord. 

Il contesto degli Appalti é molto complesso, un mondo in costante evoluzione che, come molti altri settori, sta pagando a caro prezzo la crisi del sistema lavorativo/economico del nostro Paese. Il contratto di solidarietà, che avrebbe dovuto essere uno strumento da utilizzare in condizioni particolare o  per  periodi  ben  definiti,  ultimamente  viene  usato  sistematicamente  per  ammortizzare  il  numero 

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eccessivo del personale impiegato nelle lavorazioni, a causa della continua riduzione dei servizi richiesti dai committenti, o peggio ancora, strumento delle società per trarre profitto economico. Ormai nella  stragrande maggioranza dei  cambi appalto,  le  società  si  aggiudicano  lotti  interi,  richiedendo poi percentuali di solidarietà che vanno oltre il 50%, e i lavoratori si ritrovano con una riduzione delle ore lavorate  mensili  con  conseguente  dimezzamento  della  busta  paga.  E  come  se  non  bastasse,  in  molte occasioni, abbiamo a che fare anche con società che presentano procedure di licenziamenti collettivi o che fanno richiesta in tribunale del concordato preventivo fallimentare. Troppo  spesso  ci  ritroviamo  ad  intervenire  con  aziende  che  non  rispettano  il  CCNL  della  Mobilità Ferroviaria,  in  quanto  sostengono  troppo  oneroso  per  il  settore,  per  questo  vorrebbero  applicare  altri CCNL. Come Fit  Cisl,  abbiamo più  volte denunciato pubblicamente  che  le  committenze quando aggiudicano gli appalti  dovrebbero  vigilare meglio  su  come  le  aziende  aggirano  i  bandi,  effettuando offerte  al massimo ribasso con le inevitabili conseguenze che si riflettono sui lavoratori e sulla qualità dei servizi resi. Con l’ultimo rinnovo del CCNL Mobilità AF del 16 dicembre 2016, se pur una minoranza, ci siamo ritrovati con alcune società che si  sono rifiutate di  riconoscere  la corretta applicazione dello stesso, negando alle lavoratrici e ai lavoratori gli aumenti tabellari dei minimi contrattuali e relativo pagamento di una tantum. Infatti  tre  Associazioni  Datoriali,  Anip‐Unifer,  Legacoop  e  Confcooperative  sostengono  in  modo strumentale che, non avendo sottoscritto il rinnovato CCNL, le società da loro rappresentate non avevano l’obbligo  di  doverlo  applicare.  Ma  grazie  all’azione  tempestiva  intrapresa  unitariamente  da  parte  delle Segreterie Nazionali,  di  concerto  con  le  Segreterie Regionali,  nei  confronti  di  queste Associazioni,  anche con  azioni  di  sciopero,  con  il  passare  delle  settimana,  molte  di  quelle  aziende  hanno  riconosciuto  e correttamente applicato il CCNL in questione. Per ultimo, anche se non  l’ultimo dei problemi,  in merito alla  logistica ci  sono grosse criticità  inerenti  la sicurezza, la mancanza di idonee strutture tipo spogliatoi, sale di sosta e spesso i mezzi di protezione che i lavoratori usano non sempre sono idonei a garantire la loro salute, per cui occorrono maggiori politiche di welfare e di tutele sanitarie (medicina preventiva). Infine per la salvaguardia del lavoro bisognerebbe mettere in campo forme di partecipazione dei lavoratori alle scelte delle politiche aziendali attraverso un maggior coinvolgimento dei delegati anche negli organi di controllo e nei cda (modello tedesco). Se  la  Fit  Cisl,  a  livello  Nazionale  e  Regionale  come  Lombardia,  in  termini  di  rappresentanza  è  il  primo sindacato, non è certo per caso. La nostra Organizzazione come ha avuto un ruolo determinate in fase di rinnovo contrattuale per quanto riguarda le peculiarità da inserire a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del settore degli appalti, a partire dall’inserimento della clausola sociale nell’art. 16,  il quale garantisce tutti  i diritti acquisiti al personale in caso di passaggio nei cambio appalto. La  responsabilità  di  tale  rappresentanza  ci  obbliga,  come  Fit  Cisl,  a  riflettere  su  questo  mondo  così complesso e articolato, proseguendo concretamente ad esaminare i possibili futuri scenari per mettere in campo  tutte  le  iniziative  necessarie  per  tutelare  al meglio  tutti  quei  lavoratori  che,  quotidianamente  ci danno la loro fiducia chiedendoci di rappresentarli.    

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TRENORD 

Trenord  è  una  realtà  unica  nel  panorama  italiano.  L'azienda  partecipata  pariteticamente  da  Regione Lombardia  e  Trenitalia,  e  nata  dall'unione  di  due  forti  aziende  di  trasporto  pubblico,  rappresenta  il matrimonio di due anime in parte simili e in parte diverse. 

La  piena  applicazione  del  contratto  aziendale  è  rimasta  una  chimera,  ed  oramai  è  tempo  di  rinnovo contrattuale. Nella speranza che questa volta l'applicazione sia concreta. 

Dal  giugno  2012  sono  rimasti  insoluti  molti  problemi  inerenti  alle  macroaree  di  (dis)applicazione contrattuale, e se ne sono inesorabilmente aggiunti di nuovi. 

Per quanto riguarda il valore della produzione, abbiamo assistito ad un costante crescendo dell'offerta alla clientela, con un incremento sostanziale del numero di treni e una previsione di ulteriore crescita, mentre i turni  del  personale  mobile  hanno  subito  un  innegabile  aumento  di  impegno  da  profondere.  Eventi eccezionali,  come EXPO2015 e  la  visita  papale nel marzo  2017,  dove  i  lavoratori  di  Trenord hanno dato prova di riuscire a garantire standard elevati, non devono essere strumentalizzati al fine di esigere lo stesso impegno  in  condizioni  ordinarie.  Certamente  la  programmazione  dei  turni  è  tesa  all'incremento dell'efficienza,  saturando  il  nastro  lavorativo  secondo  i  limiti  contrattuali. Ma  tale  saturazione non  tiene conto delle normali esigenze del personale e soprattutto efficienza e impegno non sono omogenei e non sono  ben  distribuiti.  E,  anche  a  causa  delle  oggettive  e  ineliminabili  differenze  di  gestione  dei  turni  al personale, la tanto ricercata “one company” di fatto non esiste.  

Tali differenze risiedono principalmente nella diversa tipologia di lavoro del personale mobile tra impianti ed ex‐rami operativi, per via di problematiche strutturali dovute alla costruzione dei turni di impianto, ma anche  alle  differenze  di  abilitazione  del  personale.  Auspichiamo  che  in  tal  senso  si  lavori  per omogeneizzare  i  carichi  lavorativi,  e  con  l'introduzione  di  Argo,  se messo  a  punto  con  i  giusti  criteri,  si verrebbe  a  risolvere  almeno  in  parte  tale  criticità.  Ma  per  una  completa  omogeneizzazione  dei  turni bisognerà intervenire sulla morfologia degli impianti e sulle abilitazioni al personale, e questo va pianificato con largo anticipo onde prevenire di trovarsi sempre in sofferenza. 

Sulla  qualità  della  vita  lavorativa  del  personale Mobile,  l'efficienza nella  produttività  attuale  si  potrebbe ottenere  anche  con  un nastro  lavorativo  inferiore  alle  attuali  38  ore  settimanali medie.  Aumentando  la produttività  in  modo  omogeneo  e  diminuendo  l’impegno  lavorativo  medio,  sempre  sfruttando  la turnazione a Z (5 + 2) e seguendo il cadenzamento del servizio, si avrebbe più margine in fase gestionale e un sicuro recupero di flessibilità, utile per inserire agevolmente giornate di aggiornamento regolamentare che è un importante caposaldo per effettuare un servizio di trasporto sicuro ed efficiente. 

Inerentemente alla sicurezza del personale in servizio, siamo conosci che questo è e rimane un problema sociale  e  non  di  esclusiva  competenza  di  Trenord,  ma  ai  proclami  politici  letti  sul  giornale  vorremmo seguissero anche i fatti concreti. Questa vuole anche essere un’esortazione a Trenord affinché si  impegni presso  gli  enti  competenti  per  trovare  i  fondi  e  le  soluzioni  necessarie  a  fronteggiare  l’emergenza  della sicurezza a bordo treno. 

Sul versante manutentivo l'obiettivo rimane quello dell'internalizzazione del lavoro.  

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Con  le attività manutentive  in‐house si avrebbe certamente più controllo dei processi  lavorativi e minori costi. A tal guisa  lo sviluppo delle aree manutentive di Novate e (la recente) Camnago,  in cui si svolgono manutenzioni importanti, con un’organizzazione del lavoro tesa all'aumento dell'efficienza e della velocità di intervento. Un'attenta pianificazione della manutenzione dei rotabili infatti minimizza il fermo macchina, consentendo una più alta disponibilità dei veicoli circolanti. 

Rientrano  negli  interventi manutentivi  anche  la  pulizia  dei  treni  dai  graffiti  e  ovviamente  la  riparazione degli atti vandalici. E se per gli interventi programmati è più semplice stimare le tempistiche di riparazione, per gli atti vandalici non è possibile stabilire a priori gli interventi necessari e il fermo del rotabile. 

Per quanto  riguarda  il  sito manutentivo di  Fiorenza, permangono  inefficienze organizzative  che  inficiano sulle  tempistiche di manutenzione. Una  riorganizzazione del metodo  lavorativo nell'impianto porterebbe ad  un’efficienza  migliorata  dei  processi  manutentivi  a  tutto  vantaggio  del  servizio  e  dei  lavoratori  ivi impegnati, sviluppando anche le manutenzioni preventive e predittive con una gestione del lavoro in linea con l'aumento di produttività aziendale, e soprattutto con un incremento della qualità della vita lavorativa. 

Rimane comunque valido, per evitare  impasse  lavorativi, un ripianamento dell’organico sia del Personale Mobile che del personale di Manutenzione, entrambi  in  forte carenza. Come è necessario avere una più alta disponibilità di materiali rotabili, anche in vista di un ulteriore aumento programmatico del numero di treni da garantire al servizio pubblico. 

Sicuramente,  considerando  che  oramai  il  rinnovo  contrattuale  aziendale  è  alle  porte,  ci  sarà dell’importante  lavoro  sindacale  da  svolgere  per  siglare  un  contratto  aziendale  integrativo  moderno  e redditizio  per  tutti.  L’efficienza  e  la  produttività  devono  essere  garantite  a  Trenord  per  crescere ulteriormente e consolidarsi al meglio, ma rimane imprescindibile la salvaguardia economica e qualitativa dei lavoratori, che sono e saranno sempre la vera anima di Trenord. 

 

MERCITALIA 

Un settore che ha particolarmente risentito della crisi economica degli ultimi anni è il settore del trasporto merci, infatti nel gruppo  FSI  ha subito diverse riorganizzazioni  con forti ridimensionamenti del trasportato e degli organici. Grazie alla mediazione sindacale non si sono prodotte tensioni sociali con la ricollocazione del personale eccedente in altre società del gruppo. 

L’ultima  riorganizzazione  si  è  conclusa  con  la  nascita  di  una  nuova  società  Mercitalia  rail  srl  collocata all’interno del gruppo FSI   con ingenti  investimenti di uomini e mezzi che mirano al rilancio del trasporto merci. 

Anche  la nostra organizzazione ha   creduto  in questa  inversione di  tendenza concordando all’interno del CCNL  appena  rinnovato  una  serie  di  flessibilità  sulla  normativa  di  lavoro  che  abbatteranno  i  costi  di produzione e la renderanno più competitiva. 

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Anche in questo contesto di diminuzione degli organici il numero degli iscritti è cresciuto con la conferma dell’apprezzamento di quanto sino ad oggi abbiamo fatto ( nelle ultime elezioni degli RSU e RLS   le nostre liste hanno avuto un numero di voti superiore agli iscritti) consapevoli che resta molto ancora da fare. 

Altro  settore  che  ci  ha  visti  protagonisti  è  il  settore  della  manovra,  attività  svolta  dalla  società  Serfer anch’essa del gruppo FSI, raggiungendo in breve tempo, sul territorio regionale, un numero di iscritti che ci porta ad essere il primo sindacato in questa realtà. 

Il nostro impegno a livello regionale è iniziato nel 2014. 

La  società  era  gestita  direttamente  dal  responsabile  delle  risorse  umane  senza  nessuna  mediazione sindacale,  con  la  conseguenza di una non omogenea posizione parametrale e  stipendiale degli  addetti  a parità di ruolo svolto. 

Questa  tendenza  è  modificata  dagli  ultimi  accordi  sottoscritto  che  hanno  disegnato  una  nuova organizzazione del lavoro condivisa. 

Tanto  rimane da  fare  tenendo sempre presente  il  giusto equilibrio  tra compatibilità economica,  corretta applicazione delle norme del CCNL e interessi dei nostri iscritti. 

Nei prossimi mesi saremo  impegnati con  l’azienda per risolvere  tutte  le questioni ancora aperte per una corretta applicazione delle norme del CCNL. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DIPARTIMENTO LOGISTICAIGIENE AMBIENTALE

DIPARTIMENTO CONTRATTUALE VIABILITÀ

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LOGISTICA 

ANALISI STRUTTURALE DEL SETTORE LOGISTICO  

IL MERCATO DEL TRASPORTO MERCI IN ITALIA 

La Nota Congiunturale sul Trasporto Merci pubblicata dal Centro Studi CONFETRA del marzo 2017 mette in rilievo i seguenti dati, con riferimento al periodo di osservazione Gennaio ‐ Dicembre 2016:      Prosegue  lenta  ma  costante  la  ripresa  nel  settore  del  trasporto  merci.  Per  il  terzo  anno  consecutivo l’andamento del traffico sale per tutte le modalità, anche se solo l’aereo si posiziona a livelli decisamente superiori rispetto a quelli pre‐crisi del 2007.  La crescita del trasporto aereo ‐ che segna +7,4 punti percentuali ‐ risulta accelerata nel secondo semestre dell’anno dimostrando  che  il peak  season  si  colloca  generalmente a  fine  anno.  Il  dato è  confermato dal numero  delle  spedizioni  aeree  che  segnano  un  +4,5  per  cento  rispetto  al  +2,3  per  cento  del  primo semestre. Andamento inverso per il comparto stradale che pur chiudendo l’anno con una apprezzabile crescita (+4,4 per cento nell’internazionale a carico completo, +4 per cento nel groupage e +2,6 per cento nel nazionale) ha segnato un rallentamento rispetto al primo semestre dell’anno. Il trasporto via mare non prosegue la crescita con gli stessi ritmi che aveva registrato nei primi sei mesi del 2016,  tranne  per  il  transhipment  che  grazie  ai  buoni  risultati  di  Gioia  Tauro  fa  segnare  un  risultato complessivo del +9 per cento. Per le rinfuse liquide la chiusura in lieve calo rispetto al 2015 (‐0,4 per cento) sembra più rispecchiare un dato relativo al turnover delle scorte dei prodotti petroliferi, piuttosto che una vera inversione del trend. Degna di rilievo la crescita del trasporto ferroviario che accelera rispetto al primo semestre, passando dal +3,8 al +4,1 per cento, segno di una ripresa di vitalità del comparto. Buone le performance del comparto corrieristico che chiude l’anno con un +3,5 per cento nelle consegne nazionali e un +6,5 per cento in quelle internazionali in coerenza con la tendenza produttiva alla riduzione delle scorte e al just in time, nonché con la continua espansione dell’e‐commerce. Relativamente al fatturato, l’autotrasporto e il settore corrieristico segnano un recupero in linea con quello del  traffico  e  sembrano  finalmente  uscire  dal  tunnel  della  crisi, mentre  le  spedizioni  internazionali,  in particolare quelle aeree e marittime continuano a soffrire soprattutto per la contrazione dei noli. Nonostante i rischi derivanti dall’instaurarsi di politiche protezionistiche che potrebbero frenare la ripresa dell’economia globale, le aspettative di traffico per il 2017 sono ottimistiche con oltre la metà delle aziende intervistate (54,2 per cento) che stima una crescita, il 43 per cento che stima un trend stabile e solo il 2,8 per cento che prevede traffici in calo. Dal lato finanziario migliora il rapporto tra insolvenaze e fatturato (1 per cento rispetto all’1,2 per cento del primo semestre), mentre si allungano leggermente i tempi medi di incasso arrivando a 79,4 giorni rispetto ai 78,5 giorni dei primi sei mesi dell’anno.  La BANCA IFIS nel suo Panorama sul Mercato Italiano pubblicato sempre nel marzo 2017:  Logistica & Trasporti: € 170 miliardi di fatturato con margini in crescita a doppia cifra.  

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Mezzi di trasporto                 Logistica 

10.772 aziende operative              117.013 aziende operative Nord Italia: 56%                Nord Italia: 48%   Centro Italia: 20%                Centro Italia: 20% Sud Italia e Isole: 24%               Sud Italia e Isole: 38% Fatturato 2015                Fatturato 2015 98.2 Mld € (+12.7% vs 2014)              83.4 Mld € (+4.6% vs 2014) Margine Operativo Lordo              Margine Operativo Lordo 4.4 Mld € (+26.6% vs 2014)               8.4 Mld € (+11.4% vs 2014)  Logistica e trasporti hanno nell’eCommerce un importante driver di crescita. Fonte: Cerved, Il Sole 24 Ore, Osservatorio eCommerce B2C // Dati aggiornati: Gennaio 2017  Le imprese che svolgono e organizzano il trasporto merci in Italia sono state analizzate e classificate dal centro studi di CONFETRA,  Confederazione  Generale  Italiana  dei  Trasporti  e  della  Logistica,  nell'ambito  del  consueto  studio annuale sugli operatori la cui ultima pubblicazione risale a fine 2016. L'analisi  svolta ha abbracciato una  larga  fascia di operatori  tra  i quali  figurano autotrasportatori, courier, magazzini generali, operatori multimodali, organizzatori di trasporto intermodale, operatori logistici, spedizionieri internazionali e terminalisti. Il risultato dello studio, che analizza i dati rilevati dai bilanci d'esercizio dell'anno 2014 (forniti dall’information provider Cerved in data 30/12/2015), ha fornito una classifica di tali aziende in base al fatturato annuo italiano riportando, inoltre, dati supplementari quali il valore aggiunto, il costo del lavoro, il costo degli ammortamenti, l'utile prima delle imposte, il rapporto fra valore aggiunto e fatturato e, infine, il numero dei dipendenti. Tra le prime venti classificate (lo studio totale comprende 529 aziende), quattordici sono italiane mentre le restanti sei sono a capitale estero (come l’anno precedente). Queste ultime possiedono tutte sede legale a Milano; mentre le  Imprese a capitale italiano hanno la propria sede principalmente nel Nord Italia (cinque nella già citata Milano) e solo una ha sede nella Capitale (SDA). Sette fanno parte di un Gruppo d'imprese, così come le Società per Azioni, mentre le Società a Responsabilità Limitata sono sei. Infine, analizzandone l'attività prevalente, sette possono essere classificate come operatori multimodali, cinque come operatori logistici, quattro courier, due spedizionieri a cui si aggiungono due autotrasportatori. In cima alla classifica compare ancora  la  tedesca DHL che, con quasi 1,6 miliardi di euro di  fatturato e  i suoi 4.113 dipendenti (+14% rispetto all’anno precedente), stacca nettamente la "nostra" BRT (con poco più di 1,1 miliardi di euro di fatturato e un numero di dipendenti pressoché invariato, pari a 791 persone). In terza posizione segue, a brevissima distanza, Savino Del Bene con un fatturato appena sopra al miliardo di euro e con 3.007 dipendenti (+5%).  Completano i primi cinque posti in classifica, a circa 400 milioni di euro di distanza dal podio, la danese DSV (ex Saima Avandero) e UPS (+2  posizioni);  concludono  la  Top  10,  ad  una  distanza  di  circa  40  milioni, TNT che  precede nell’ordine Schenker (+ 2 posizioni), Arcese, Fercam (che è  l’ultima ad avere un fatturato maggiore di 500 milioni di euro e guadagna anch’essa due posizioni in classifica) e la svizzera Kuhne + Nagel (+ 2 posizioni). 

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LOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISL RELAZIONE DELLA SEGRETERIA XI CONGRESSO FIT CISL LOMBARDIA

ITALIA - trasporto merci su strada

numero aziende per classe di addetti

All’undicesima  posizione  figura  la  statunitense CEVA (che  perde  ben  6  posizioni)  e  infine,  dalla  dodicesima  alla ventesima,  troviamo  pressoché  solo  delle  società  a  capitale  italiano: SDA (+  1  posizione), Bcube (+  2 posizioni), J.A.S., Gavio (‐ 1 posizione), la francese Geodis (che perde anche lei ben 6 posizioni), S.D.M., Italsempione (+ 1 posizione), Contship (‐ 1 posizione) e Chi.Ma. 

DATI DIMENSIONALI DELLE AZIENDE ITALIANE E LOMBARDE  I dati nazionali sono in sintonia con quelli del trasporto merci della Lombardia, che pur essendo la regione trainante dell’economia Italiana, come le altre soffre della mancanza di una vera ed adeguata politica dei trasporti.   

 

 

   

 

ITALIA   

ADDETTI  AZIENDE  %   

Da 0 a 1  39.483  51,09   

Da 2 a 5  25.276  32,71   

Da 6 a 15  9.314  12,05   

Da 16 a 99  3.029  3,92   

100 a 249  139  0,18   

250 a 499  23  0,03   

500 a 999  10  0,01   

Oltre 1000  4  0,01   

TOTALE  77.278     

ITALIA - trasporto merci su strada

numero aziende per classe di addetti

All’undicesima  posizione  figura  la  statunitense CEVA (che  perde  ben  6  posizioni)  e  infine,  dalla  dodicesima  alla ventesima,  troviamo  pressoché  solo  delle  società  a  capitale  italiano: SDA (+  1  posizione), Bcube (+  2 posizioni), J.A.S., Gavio (‐ 1 posizione), la francese Geodis (che perde anche lei ben 6 posizioni), S.D.M., Italsempione (+ 1 posizione), Contship (‐ 1 posizione) e Chi.Ma. 

DATI DIMENSIONALI DELLE AZIENDE ITALIANE E LOMBARDE  I dati nazionali sono in sintonia con quelli del trasporto merci della Lombardia, che pur essendo la regione trainante dell’economia Italiana, come le altre soffre della mancanza di una vera ed adeguata politica dei trasporti.   

 

 

   

 

ITALIA   

ADDETTI  AZIENDE  %   

Da 0 a 1  39.483  51,09   

Da 2 a 5  25.276  32,71   

Da 6 a 15  9.314  12,05   

Da 16 a 99  3.029  3,92   

100 a 249  139  0,18   

250 a 499  23  0,03   

500 a 999  10  0,01   

Oltre 1000  4  0,01   

TOTALE  77.278     

ITALIA - trasporto merci su strada

numero aziende per classe di addetti

All’undicesima  posizione  figura  la  statunitense CEVA (che  perde  ben  6  posizioni)  e  infine,  dalla  dodicesima  alla ventesima,  troviamo  pressoché  solo  delle  società  a  capitale  italiano: SDA (+  1  posizione), Bcube (+  2 posizioni), J.A.S., Gavio (‐ 1 posizione), la francese Geodis (che perde anche lei ben 6 posizioni), S.D.M., Italsempione (+ 1 posizione), Contship (‐ 1 posizione) e Chi.Ma. 

DATI DIMENSIONALI DELLE AZIENDE ITALIANE E LOMBARDE  I dati nazionali sono in sintonia con quelli del trasporto merci della Lombardia, che pur essendo la regione trainante dell’economia Italiana, come le altre soffre della mancanza di una vera ed adeguata politica dei trasporti.   

 

 

   

 

ITALIA   

ADDETTI  AZIENDE  %   

Da 0 a 1  39.483  51,09   

Da 2 a 5  25.276  32,71   

Da 6 a 15  9.314  12,05   

Da 16 a 99  3.029  3,92   

100 a 249  139  0,18   

250 a 499  23  0,03   

500 a 999  10  0,01   

Oltre 1000  4  0,01   

TOTALE  77.278     

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LOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISLXI CONGRESSO FIT CISL LOMBARDIA RELAZIONE DELLA SEGRETERIA

bulgariaromania

lituaniaungheria

cechiapolonia

slovacchiaslovenia

portogallogermania (est)

spagnagermania (ovest)

francialussemburgo

italiabelgio

0

10000

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30000

40000

50000

60000

2016 - costo annuale di un autista internazionale

dati in cifra assoluta

Voci esenti da contributi contribuzione salario lordo

IL MERCATO DEL TRASPORTO MERCI IN EUROPA 

L’ANFIA  (Associazione Nazionale  Filiera  Industria  Automibilistica)  nel  suo DOSSIER  Trasporto Merci  su strada pubblicato a febbraio del 2017, ha evidenziato i seguenti dati sulle modalità di trasporto merci e la loro incidenza in Europa:  

Nel 2014 (ultimo dato pubblicato da EUROSTAT),  il volume delle merci movimentate  in UE28 da tutte  le modalità di trasporto, e misurato in miliardi di tonnellate per chilometro (mld tkm), è stato pari a 3.524 in crescita dell'1,4% rispetto al 2013 e dell'8,6% rispetto al 2000, con un aumento medio annuo dello 0,6%. 

Per volumi di merci movimentate su strada in Ue, la Germania pesa per il 17% con 310 mld tkm, seguono Polonia con il 15%, Spagna con il 12%, UK e Francia con il 9%, l’Italia con il 7%. 

Complessivamente  questi  Paesi  rappresentano  il  69%  di  tutte  le  merci  movimentate  attraverso  tutte  le modalità  di  trasporto.  Osservando  la  ripartizione  del  traffico merci  per modalità  di  trasporto,  quello  su strada  continua  ad  essere  il  preferito  rispetto  alle  altre  modalità.  Nel  1995,  il  45%  di  tutte  le  merci movimentate (incluso mare e aereo), viaggiava su strada, per salire al 50% nel 2007 e attestarsi attorno al 49% negli anni successivi. Se si escludono mare e aereo, la strada movimentava il 67% delle merci nel 1995 e il 72% nel 2014. La strada rappresenta, quindi, quasi i ¾ del totale trasportato, mentre la ferrovia, dopo il decremento patito nel 2009, ha avuto una leggera ripresa nel 2010 e nel 2011, di nuovo un leggero calo nel 2012‐  2013  e un  recupero dell’1,1% nel  2014.  Seguono  il  trasporto  su  ferrovia  con  il  17,1% di  quota,  la navigazione  interna  con  il  6,3%  e  gli  oleodotti  con  il  4,7%.  Se  si  escludono  anche  gli  oleodotti,  per  la specificità delle merci trasportate, la strada ha una quota del 76,3%, la ferrovia del 18% e la navigazione interna del 5,7%. 

Secondo i dati provvisori EUROSTAT, nel 2015 il volume di tkm movimentato è stato di 1.764 mld, +2,2%. Si tratta del terzo anno di crescita consecutiva, dopo l’importante decremento del 2012. Il traffico merci su strada del 2015 risulta inferiore solo ai volumi degli anni precrisi (‐6%), quando il volume medio trasportato, tra il 2005 e il 2008, era di 1.867 mld tkm. 

TABELLA DI COMPARAZIONE DEI COSTI ANNUALI DI UN AUTISTA DELLA COMUNITA’ EUROPEA 

 

 

 

 

 

   

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I grafici di cui sopra mostrano chiaramente le differenze di costo  tra i paesi dell’Est  con il resto dell’Europa;  l’unica condizione di mercato possibile per mantenere quote di trasporto in Europa per i paesi occidentali è l’incremento  dell’utilizzo  di  strumenti  come  il  cabotaggio    o  il  distacco  internazionale  che,  in  ogni  caso, vanno comunque  a favore degli stati dell’est e contribuiscono ad aggravare ulteriormente la situazione di crisi  per  le  imprese dell’Europa occidentale  che non  riescono  (e  con questo  stato di  cose non  riusciranno mai) a competere con le imprese dell’Europa orientale sempre più avvantaggiate dai costi di trasporto più bassi e da una defiscalizzazione altissima sul salario dipendente. 

Parlare  oggi  di  soluzioni  drastiche,  come  l’abolizione  del  cabotaggio  o  la  revisione  dei  distacchi internazionali  è  di  fatto  un  percorso  improponibile  anche  se  è  su  questi  temi  che  si  dovrebbe  aprire  un confronto serio e costruttivo a  livello comunitario.  Il  conflitto di  interessi  tra Stati membri e  l’interesse di alcuni di questi Stati a mantenere l’egemonia del trasporto in Europa a proprio favore è forte e consolidato;  

 c’è da riflettere sul fatto che, la sola Polonia, oggi detenga il 25% del parco mezzi pesanti circolanti in tutta Europa.  Per  poter  limitare  in  parte  questo  divario  tra  Europa  Occidentale  e  l’Est  Europa,  si  dovrebbe   pensare ad un intervento sui costi del personale autista impiegato nel trasporto internazionale, così come già avviene per la parte delle regole di circolazione con il regolamento codice della strada europeo 561/06 e come già avvenuto nel trasporto marittimo che è riuscito a darsi regole comuni per il personale imbarcato.  

 

   

bulga

ria

roman

ia

lituan

ia

ungh

eria

cech

ia

polon

ia

slovac

chia

sloven

ia

porto

gallo

germ

ania

(est)

spag

na

germ

ania

(oves

t)

franc

ia

luxem

burg

italia

belgi

o0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,11 0,13 0,13 0,14 0,14 0,15 0,17 0,190,24 0,24

0,28

0,360,41 0,43 0,43

0,48

2016 - autista internazionale - costo in euro al chilometro

fonte CNR études Europe

euro

a c

hilo

met

ro

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COME CAMBIERÀ LA LOGISTICA IN FUTURO DELL’ECOMMERCE 

L’eCommerce ha raggiunto la soglia di circa 20 miliardi di euro con circa 20 milioni di acquirenti nel 2016, cifra ragguardevole, che si articola in prodotti e servizi. 

I prodotti sono cresciuti di più negli ultimi anni e oggi rappresentano circa il 3% degli acquisti degli italiani con  alcuni  settori,  come  l’elettronica  di  consumo,  che  hanno  raggiunto  il  17%  di  penetrazione.  Questo risultato si traduce nel  fatto che circa 12 milioni di pacchi vengono consegnati ogni mese nelle case degli italiani. 

La logistica, in tutte le sue articolazioni, è stata sicuramente un importante artefice del successo, anche in Italia, dell’eCommerce.  

La capacità di offrire servizi di consegna e servizi di ritiro efficienti e rapidi, sembra emergere come uno dei principali territori competitivi sul quale si giocheranno le sfide dell’eCommerce nei prossimi anni. 

A Cambridge  (UK) AMAZON  ha effettuato  la  sua prima consegna con un drone di un  televisore.  In  Italia l’Aeronautica Militare  sta  testando  l’uso  dei  droni  per  le  consegne  di  medicinali  nelle  zone  disagiate.  Il futuro sembra essere già arrivato nella logistica. 

Le  ricerche  di  NETCOMM    hanno  evidenziato  che  i  servizi  logistici  ed  in  particolare  quelli  di  delivery, risultano essere tra i principali fattori capaci di influenzare giudizi e scelte dei compratori on‐line. 

La logistica, in tutte le sue articolazioni, è stata sicuramente un importante artefice del successo, anche in Italia, dell’eCommerce.  Infatti, sebbene attualmente il servizio di consegna riguardi oltre il 90% di tutte le  spedizioni, diversi  fattori  suggeriscono che  in  futuro  le modalità di  ritiro avranno un peso decisamente maggiore rispetto all’attuale. 

Un elemento a  favore dello  sviluppo dei punti di  ritiro è  la propensione degli  acquirenti  italiani  verso  la modalità di pagamento in contanti o comunque alla consegna, in particolare in quella fascia di acquirenti online  meno  a  loro  agio  con  i  sistemi  di  pagamento  elettronico. Da  questo  quadro  emerge  come  sia  i merchant,  che  gli  operatori  logistici  possano  far  evolvere  il  proprio  sistema  d’offerta,  ampliandolo  e sfruttando le opportunità di multicanalità che si stanno delineando. 

Se  confrontiamo  i  dati  italiani  con  l’Inghilterra,  dove  il  25%  dei  pacchi  viene  ritirato  direttamente dall’acquirente (contro <10% del dato italiano), è evidente che la strada da fare sia ancora molta. 

Solo il 40% dei Merchant in Italia ha fatto il grande salto mettendo a disposizione dei clienti un portafoglio di soluzioni ampio. Eprice (Banzai) è stato il primo merchant che in Italia ha costruito una rete di pick up point (oggi 117) che permettono anche di pagare al ritiro ed è stato il primo merchant a lanciare insieme a INPOST  una  rete  di  Lockers  (  distributori  automatici)  per  il  ritiro  su  strada  dei  prodotti  acquistati, sviluppando nel contempo il ritiro a casa, come vuole la legge, degli elettrodomestici usati. 

Anche AMAZON ha fatto la sua parte per dare ai clienti servizi sempre più efficienti: Prime (consegna in un giorno), Prime Now (consegna in un’ora), ritiro dei prodotti presso gli uffici postali. 

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Interessante l’esperienza di Fermopoint che ha realizzato e strutturato la rete del negozio “sottocasa” dove il negoziante abilitato da FERMOPOINT è autorizzato a ritirare la merce per conto del cliente del merchant che in un secondo momento passerà a ritirare il pacco. 

Possiamo catalogare i nuovi servizi che si stanno affacciando sul mercato in categorie: servizi basati sul tempo  (giorno  e  ora  di  consegna),  sulla  localizzazione  (casa,  ufficio,  locker,  punto  di  ritiro,  …),  servizi premium (consegna al piano,  installazione, ritiro usato, …) e servizi  informativi prima e dopo  la consegna (dal tracking all’assistenza tecnica). 

Quali modelli di delivery si svilupperanno maggiormente in Italia nei prossimi anni? 

Same day delivery, click & collect, drive tru,  locker, Uberized economy e nuovi modelli di business, city biker,  GDO  e  modelli  di  delivery,  Google  Express,  E‐commerce  e  smart  home/city…  sembrano  essere parte di un cambiamento epocale che è ancora nella sua iniziale fase di trasformazione. 

Uno dei grossi problemi dell’e‐commerce a livello europeo riguarda i costi per le spedizioni oltrefrontiera. Il 20%  dei  cittadini  europei  ritengono  che  prezzi  più  bassi  di  consegna  porterebbero  ad  un  incremento significativo del commercio elettronico transfrontaliero. Più di un terzo dei merchant considerano che gli alti  costi di  logistica  transfrontaliera più alti dei  costi domestici  siano un ostacolo allo  sviluppo del  cross border.  Quasi  50%  delle  aziende  considerano  la  logistica  come  la  vera  barriera  per  sviluppare  il  loro business all’estero. 

A livello europeo sono stati individuati i seguenti punti critici: 

Mancanza di omogeneità dei servizi tra i fornitori e di informazioni sulle differenze tra i servizi  Mancanza di  interfacce standardizzate per  lo scambio di dati e carenza di armonizzazione delle 

etichettature  In alcuni casi mancanza dei servizi di tracking e di tracing  Tempi troppo lunghi di consegna in Europa  Gestione  amministrativa  delle  VAT  e  delle  Dogane  troppo  complicata  e  con  regole  molto 

diversificate  Problemi relativi alla reverse logistics in particolare per i piccoli volumi  Mancanza di trasparenza sul pricing 

Il miglioramento  della  logistica  potrà  avere  un  significativo  impatto  positivo  anche  sulla  crescita  e  sulla nuova occupazione. I progressi che avverranno nella logistica porteranno benefici a tutti gli attori coinvolti nelle attività del commercio elettronico, dai consumatori ai merchant e agli stessi operatori logistici. 

   

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TENDENZE DEL MERCATO LOGISTICO ITALIANO 

A questa domanda ha cercato di rispondere l’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, con due  indagini  che  hanno  coinvolto  rispettivamente 600  manager (Direttori  della  Supply  Chain,  della Logistica, delle Operations e degli Acquisti) di importanti aziende committenti, e 150 aziende fornitrici di servizi logistici operanti in Italia. 

 

Sono emerse 31 soluzioni innovative per i trasporti il cui grado d’adozione (30%) suggerisce ampi margini di crescita ed evidenzia una prevalenza delle soluzioni organizzative rispetto a quelle tecnologiche. L’Osservatorio classifica le soluzioni  in  cinque  aree,  di  cui  due  organizzative  pianificazione  dei  trasporti  e  impostazione  del  processo  di trasporto,  e  tre  tecnologiche: collaborazione di  filiera,  sistemi  itS  (intelligent  transportation  Systems), mezzi  di trasporto e imballi. 

Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia in collaborazione con CONFETRA ha prodotto una ricerca, nel 2016,  sull’impatto  economico  delle  tecnologie  digitali  sulle  attività  produttive  e,  indirettamente,  logistiche.  La consultazione  e  l’elaborazione  delle  fonti  porta  il  Laboratorio  RISE  a  individuare  4  macro  aree  tecnologiche  di massima rilevanza per le attività logistico‐produttive: Stampa 3D, Internet of Things/Analytics (ovvero sensori per rendere  intelligenti  tutti  i  prodotti,  e  soluzioni  software  per  analizzare  i  dati  da  essi  rilevati), Veicoli 

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Autonomi, e Realtà  Aumentata.  Un’analisi  basata  soprattutto  su  due  variabili  –  provenienza  e  origine  della tecnologia,  e  principale  area  d’impatto  –  porta  poi  a  concludere  che Stampa  3D  e  IoT/Analytics  sono  le  due tecnologie in grado di impattare nel modo più significativo sui volumi della produzione e quindi della logistica. 

In termini assoluti, l’impatto del digitale non sarà trascurabile. Anche nello scenario più cautelativo, la diffusione di stampa 3D e IoT/Analytics porterà a una riduzione della merce movimentata per circa 100 miliardi di euro nel 2025.Anche nel breve periodo gli  impatti saranno rilevanti: nel 2017 è possibile stimare una riduzione del valore della produzione movimentata tra i 30 e i 50 miliardi di euro. La diffusione della stampa 3Ddell’IoT porterà non solo riduzioni  di  volume  di  merce  da  movimentare, ma  anche  componenti  positive  per  gli  operatori  logistici,  da considerare per completare il quadro. La diffusione della stampa 3D per esempio richiederà la produzione (e quindi la distribuzione) di milioni di stampanti, e delle materie prime e componenti per costruirle.  

Analogamente per l’IoT occorrerà produrre e movimentare miliardi di sensori, tag, rilevatori, attuatori, necessari per rendere gli oggetti intelligenti. Inoltre tutto sommato si può dire che tra 10 anni le attività logistico‐produttive non saranno radicalmente trasformate dall’avvento di stampa 3D e IoT. Viste le percentuali d’incidenza inferiori al 5% del valore della produzione movimentata, l’impatto del digitale sarà contenuto, anche se non trascurabile. La trasformazione digitale richiede alla  logistica adeguamenti  immediati. Per esempio gli operatori di questo settore devono ottimizzare la gestione delle consegne “last mile” (ultimo miglio). I clienti richiederanno infatti sempre più spesso prodotti personalizzati (con tempi di consegna sempre più stretti), realizzati necessariamente vicino a essi, ad esempio presso HUB dedicati, centri di produzione collettiva, Fablab (fabbriche/laboratori di assemblaggio). 

Una testimonianza diretta arriva da UPS, il colosso americano delle spedizioni, con una riorganizzazione della Supply Chain i  cui  risultato  sono  già  tangibili  e  apprezzati. Non  si  tratta  di  semplici  miglioramenti  dell'efficienza,  ma  di cambiamenti strategici nell'offerta di servizi. Già da qualche tempo, per uno spedizioniere è importante andare oltre la semplice consegna ed essere in grado di gestire semplici operazioni di assemblaggio e manifattura. Situazioni per cui le stampanti 3D si prospettano come soluzione ideale. L'idea è nata osservando il lavoro richiesto per uno dei maggiori clienti di UPS negli Stati Uniti, un'azienda produttrice di bastoni da golf personalizzati. L'alto numero di combinazioni possibili di prodotto finito di questo cliente, che si ottengono mettendo insieme i diversi componenti base (canne, teste, impugnature, ecc.,) rende di fatto impossibile gestire in magazzino ogni variante.  

Già ora, UPS si occupa di assemblare i componenti per conto del cliente, secondo le richieste specifiche dei clienti finali di quest'ultimo. Da qui, l'idea di andare oltre sfruttando proprio la stampa 3D. Attrezzato allo scopo il centro di smistamento  di  Louisville,  nel  Kentucky,  con  un  centinaio  di  stampanti  di  livello  industriale,  si  è  rapidamente concretizzata la possibilità di dare letteralmente forma agli ordini trasmessi via Web. Al momento, le potenzialità più interessanti dal punto di vista della Supply Chain complessiva  sono state  individuate nei pezzi di  ricambio meno richiesti.  Parti  per  le  quali  la  produzione di  piccole  quantità  presso  il  produttore  originario  può  risultare  troppo costosa. Spostata invece direttamente presso lo spedizioniere, che è in grado di realizzarla con un macchinario non dedicato, contribuisce a ridurre i costi lungo buona parte della catena distributiva. L'intenzione è infatti di integrare a pieno titolo la stampa 3D nei processi UPS, collocando di fatto la produzione vera e propria nel punto considerato più vantaggioso dal punto di vista dei costi e dell'efficienza anche per pensare di estendere il nuovo modello su scala internazionale. Fino a quando la messa a punto non potrà considerarsi completa, garantendo quindi gli alti standard di prestazioni richiesti dall'azienda, la soluzione resterà in sperimentazione negli USA.  

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ALCUNE SOLUZIONI PRATICHE PER MIGLIORARE IL RAPPORTO TRA LOGISTICA E AMBIENTE 

INCREMENTO DEL TRASPORTO INTERMODALE 

La necessità di salvaguardare l’ambiente, ridurre l’impatto dei mezzi pesanti sulla viabilità e abbattere l’inquinamento atmosferico  determinato  dalle  polveri  sottili  e  ridurre  i  costi  di  trasporto  ha  indotto  ANITA  l'Associazione dell'Autotrasporto a dichiararsi da sempre favorevole al trasporto combinato strada‐rotaia restando però dell'idea che la conversione modale verso il ferroviario sia economicamente sostenibile soltanto con il sistema non accompagnato, ossia  caricando  la  sovrastruttura  o  il  semirimorchio  sui  vagoni  e  non  l'intero  complesso  veicolare  e  soltanto  per percorrenze superiori ai 500 km. 

La richiesta dell’Associazione è di potenziare l'infrastruttura ferroviaria con l'obiettivo di permettere la circolazione di treni lunghi fino a 750 metri e con capacità di carico di duemila tonnellate, ma anche il transito nelle gallerie di carri con semirimorchi alti fino a quattro metri. 

 

MODALITA’ DI DISTRIBUZIONE DELLE MERCI NEI CENTRI URBANI 

Uno dei maggiori problemi di  inquinamento delle città metropolitane è  il  traffico,  soprattutto dei  camion che pur essendo solo  il 3% dei veicoli circolanti, provocano alti  livelli di congestione, determinati dagli  ingombri degli stessi, durante le ore di punta della mobilità delle persone nella cerchia urbana. 

Rendere sostenibile ed efficiente il trasporto urbano delle merci è possibile agendo su diversi strumenti: organizzazione della distribuzione, l’uso di mezzi a basso impatto ambientale (furgoni ibridi o elettrici, biciclette o motorini ecc.) e la ricerca dell’efficienza su carichi e percorsi. 

Sintetizzando:  diffondere mezzi sempre meno ingombranti e leggeri per distribuire le merci nella cerchia urbana;  puntare  sulla  motorizzazione  ibrida  o  elettrica  che  riduce  l’emissione  delle  polveri  sottili  e  l’inquinamento 

acustico;  realizzazione di Centri di Distribuzione Urbana affidando la distribuzione ad un unico operatore;   sistemi di “van sharing” per evitare che più operatori si presentino dallo stesso cliente per i ritiri o le consegne, 

agevolando l’accesso alle zone ZTL e alle corsie e vie riservate al trasporto pubblico;  spostare verso le ore notturne il ricevimento e la consegna delle merci con i TIR, togliendo dalle strade urbane, 

nelle ore diurne, una parte significativa di traffico.  

LE “REGOLE” DEL MERCATO DEL LAVORO EUROPEO 

Quello che è successo ai 70 dipendenti del Consorzio “PREMIUM NET” che lavora per CEVA LOGISTICS ITALIA nello stabilimento a Stradella (PV) è storia ormai vecchia. Un'agenzia interinale con sede a Bucarest, alla quale ‐ nell'infinita catena del ribasso a ogni costo ‐ si era rivolta un'altra agenzia (lodigiana) alla quale aveva a sua volta fatto ricorso il consorzio di cooperative "PREMIUM NET" per abbattere il costo di lavoratori italiani proponendo e facendo firmare 

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un contratto di lavoro romeno per poco più di 300 euro (1.400 leu) e zero contributi al mese. Come se non bastasse il mancato versamento dei contributi, parte dello stipendio in euro era determinato dalla trasferta e nel caso dei 70 di Stradella la "trasferta" veniva pagata 85 euro al giorno e mensilmente veniva erogata tre volte costituendo così la parte più consistente dei 307 euro della paga che il lavoratore percepiva.  

Il problema nel settore della Logistica è antico; già nel lontano febbraio del 2013 in un articolo su una rivista di settore, Paolo  Uggè,  Presidente  di  CONFTRASPORTO,  metteva  in  guardia  gli  addetti  ai  lavori  sull’incidenza  della  nuova normativa europea che consente il distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Agenzie interinali o imprese di Paesi della Comunità possono distaccare del personale presso altre imprese residenti in altri Stati membri dell’Unione europea che, in sostanza, fanno ricorso a personale “preso in affitto”. Ovviamente a “incentivare” simili scelte è la convenienza che deriva dal differente costo del lavoro. La norma prevede infatti che al lavoratore venga riconosciuta solo la medesima “paga in mano” prevista dal contratto di lavoro relativo alla prestazione, mentre la parte previdenziale e  fiscale  rimane quella del Paese di provenienza. Un esempio può chiarire ancora meglio: un autista dell’Est viene distaccato in Italia dove intasca, al netto, 2.000 euro al mese, versati dall’impresa italiana che lo “utilizza” non direttamente a lui ma all’agenzia “distaccante” insieme ai contributi calcolati in quel Paese. Una cifra complessiva intorno ai 2300, 2400 euro, mentre in Italia, a un netto di 2000 euro in busta paga corrisponderebbe un lordo di circa 4500 euro. Oltre 2000 euro di differenza per ogni dipendente in affitto, ma anche 2000 euro spariti dalle casse degli enti previdenziali  italiani  e  che, moltiplicati  per migliaia  di  lavoratori del  nostro  Paese  lasciati  a  casa  per  sostituirli  con dipendenti  affittati  in  Romania  o  in  Polonia,  innescano  una  vera  e  propria  “bomba sociale  a orologeria”. Nell’autotrasporto il fenomeno è in grande crescita, con centinaia di aziende che per non perdere quote di mercato prendono questa “scorciatoia” o, in alternativa, aprono sedi in Paesi dove la burocrazia è meno invadente, il costo del lavoro è più contenuto, il gasolio costa meno. Il problema è che nessuno si domanda quale sarà tra 20 anni l’equilibrio del sistema pensionistico e quale sarà il  livello di assistenza sociale se non vi saranno dei correttivi a una politica economica europea sempre più impegnata a fronteggiare solo la competitività. Le numerosissime violazioni già riscontrate  hanno indotto  gli  organismi  europei  a  occuparsi  del  “caso”,  ma  l’intervento  normativo  sembra  non riguarderà la parte previdenziale.  

 

LA QUESTIONE IRRISOLTA DELLE COOPERATIVE 

La  logistica è un  settore molto  importante per  l’economia del paese  che genera  reddito e profitti a  committenti  e fornitori ma allo stesso tempo è spesso caratterizzato da una situazione intollerabile di sfruttamento e precarietà della moltitudine dei lavoratori delle cooperative. La quasi totalità delle cooperative che operano nei magazzini delle aziende del  trasporto  merci  sono  cooperative  padronali,  “società”  nelle  quali  il  ruolo  del  Presidente  è  anche  quello dell’Amministratore Delegato. 

I  dipendenti  assunti  in  questo  tipo  di  cooperative  sono  nella  stragrande  maggioranza  immigrati  extracomunitari, costretti ad associarsi versando le quote dovute ma non avendo nessuna possibilità di scegliere gli organi direttivi e partecipare alle scelte economiche e gestionali della cooperativa.  

Società di  lucro, volte esclusivamente al profitto,  in violazione della  legge che  le vorrebbe senza fini di speculazione privata  e  con  carattere  di  mutualità. Nella  gestione  di  queste  società  padronali  è  molto  diffuso  il  fenomeno  del “caporalato etnico” utilizzato dalle stesse per  il  controllo del personale basato sulla  repressione diretta e sui  ricatti. 

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Molte aziende del settore si fanno concorrenza affidando gli appalti per la movimentazione delle merci al massimo ribasso, cercando di risparmiare il più possibile sul costo del lavoro, riducendo sempre di più le condizioni normative e retributive dei lavoratori. 

Il sistema degli appalti e dei subappalti è terreno fertile per le infiltrazioni della criminalità organizzata (vedi il processo intitolato  Mafia  Capitale)  e  di  tutto  quanto  gira  intorno  a  questo  mondo  che  continua  ad  attrarre  soggetti imprenditoriali in cerca di facili guadagni da realizzare anche attraverso una diffusa evasione fiscale e contributiva. In questo contesto di sfruttamento e illegalità diffusa, anche per il vuoto lasciato dalle Organizzazioni   Confederali, si è affermato il fenomeno dei vari sindacati autonomi (SI.COBAS, USB, CUB, SOL.COBAS, ADL ecc.). 

Ricorrendo alla prevaricazione esercitata con maggior o minor violenza attraverso blocchi dei cancelli dei magazzini, scioperi e manifestazioni di protesta, hanno ottenuto numerosi e facili consensi ma soprattutto il controllo dei magazzini riuscendo così a ricattare le aziende committenti e influire pesantemente anche nella gestione degli appalti, piazzando i propri uomini nei posti direttivi. La strategia vincente da parte di queste organizzazioni sindacali sono stati gli accordi con i capi comunità degli immigrati e l’impiego massiccio di soggetti esterni specializzati in queste azioni (centri sociali, lavoratori  esclusi  da  altre  cooperative,  ecc.)  che  gli  ha  permesso  di  conquistare  un  potere  ricattatorio  importante costringendo  le  grandi  aziende  e  le  loro  associazioni  datoriali  a  sottoscrivere  diversi  accordi  sotto  la  minaccia  di costosissimi (per le aziende) blocchi dell’attività.  

Altro fattore di successo degli autonomi nel mondo delle cooperative è puntare contrattualmente a preservare il netto in busta, firmando accordi che si applicano solo ai loro iscritti e solo negli impianti dove sono presenti. A volte sono gli stessi consorzi e cooperative a sponsorizzare queste organizzazioni sindacali autonome per ottenere aumenti di tariffa dai committenti ma anche per liberarsi delle Organizzazioni Confederali ed essere più liberi di fare quello che vogliono (pagamenti in nero, mancato rispetto delle norme di sicurezza, deroghe al CCNL, favoritismi di vario genere, etc.)  

Nel mondo della logistica e del trasporto merci particolarmente difficile è il confronto con le Centrali Cooperative che continuano a mantenere un atteggiamento incoerente e provocatorio, malgrado abbiano sottoscritto un accordo di confluenza nel CCNL di settore l’8 maggio 2015. Accordo che è durato lo spazio di 6 mesi perché le stesse associazioni lo hanno disdettato a fine 2015, pretendendo un contratto autonomo per la cooperazione con richieste di pesanti riduzioni ai diritti e alle retribuzioni dei soci, continuando a discriminare i lavoratori in base al tipo di rapporto di lavoro instaurato al momento dell’assunzione. Non sono più accettabili differenze normative ed economiche tra lavoratori dipendenti e soci  delle  cooperative  soprattutto quando gli  stessi  hanno  lo  stesso  inquadramento e  svolgono  le  stesse  identiche mansioni 

In Lombardia il confronto con le Centrali Cooperative è praticamente inesistente per due fondamentali problemi:  

1) la competizione interna tra le stesse associazioni (AGCI‐CONFCOOPERATIVE‐LEGACOOP) impedisce la scelta di una linea politica comune su come affrontare la competizione nei cambi d’appalto da parte di altre cooperative che arrivano da altre regioni e che hanno meno vincoli sia contrattuali che economici, frutto dell’assenza di un confronto stringente con le OO.SS. di categoria; 

2) dalla riduzione progressiva della propria rappresentanza in seno al mondo cooperativo e dal ridotto controllo sulle attività delle aziende associate. 

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Un tavolo dedicato alla sola cooperazione nella logistica ormai non ha più senso in quanto andrebbe proprio superata la  figura  del  socio  lavoratore  e  incentivata  la  trasformazione  dei  rapporti  di  lavoro  come  dipendenti  diretti  del committente  o  della  cooperativa  stessa.  L’ultimo  significativo  esempio  in  questa  direzione  è  l’internalizzazione  di lavoratori di magazzino nelle filiali TNT GLOBAL EXPRESS di Firenze, Torino e Milano che sono passati da soci lavoratori a dipendenti diretti della società per la quale avevano lavorato da anni come “fornitori”. Nell’HUB Internazionale di Milano ben 166 lavoratori sono passati da soci a dipendenti, una trasformazione epocale che ha visto la partecipazione in prima persona dei delegati e dei quadri della FIT CISL nella difficile gestione della transizione di questi lavoratori da soci a dipendenti, in un contesto egemonizzato dai SI.COBAS. La TNT ha intenzione di continuare a internalizzare gli operai dei propri magazzini perché vuole  riappropriarsi del know‐how della gestione operativa degli  stessi, uno dei fattori fondamentali per il successo nella competizione con gli altri corrieri espressi. La FEDEX, unico corriere espresso che grazie a una politica lungimirante ha scelto fin dall’inizio l’assunzione di lavoratori dipendenti nei propri magazzini e nella  distribuzione  è  anche  l’unica  società  di  filiera  che  non  ha  subito  scioperi  o  blocchi  delle  attività  da  parte  dei sindacati autonomi.  

Negli ultimi anni abbiamo lavorato soprattutto per trasformare  i rapporti di  lavoro da soci a dipendenti, ottenendo importanti risultati quando siamo riusciti ad entrare nei magazzini e conquistare un largo consenso tra i lavoratori. Non è stato facile, spesso abbiamo dovuto lottare duramente e avere molta pazienza ma alla fine i risultati migliori (adesioni al  sindacato  e miglioramenti  normativi  ed  economici  per  i  lavoratori)  sono  arrivati  proprio  dove  si  è  realizzata  la trasformazione da soci lavoratori a dipendenti del fornitore di servizi logistici del committente come ad esempio in Bindi, GLS, Unes, Ortofin, Postel, Sda. Simply.  

Dove invece i lavoratori sono rimasti soci di cooperativa abbiamo comunque ottenuto l’applicazione del CCNL Logistica, Trasporto Merci e Spedizione al 100% con trattamenti spesso migliorativi come la mezz’ora di pausa retribuita, il ticket restaurant ed il riconoscimento degli scatti di anzianità maturati nel sito nonostante i vari cambi di appalto avvenuti precedentemente.  

Il Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso di Milano (ORTOMERCATO) è un'altra esperienza positiva che sta dando ottimi risultati  in  termini  di  adesioni  al  sindacato  e  come  importante  punto  di  riferimento  per  i  lavoratori  delle  varie cooperative che operano in quella particolare realtà, grazie al Presidio fisso della FIT CISL che è attivo ormai da qualche anno. Per tutelare  i soci  lavoratori dobbiamo essere presenti sugli  impianti fisicamente, condividere le  loro difficoltà quotidiane, “sporcarci le mani” non solo metaforicamente perché solo così diventiamo credibili e vissuti come membri di una comunità che ha bisogno di guida e tutele.  

Argomento a parte rappresentano i Servizi della CISL e della nostra Federazione nei confronti dei lavoratori migranti. Un servizio particolarmente apprezzato che portiamo ai soci lavoratori direttamente sul posto di lavoro è il CAAF per la compilazione del 730 ma spesso, dagli stessi, ci viene richiesta l’assistenza di personale qualificato (conoscenza delle lingue e della normativa specifica per pratiche di permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, cittadinanza, ecc.) e assistenza tecnico legale soprattutto per le vertenze collettive (con avvocato)  ma anche per le dimissioni on line e le eventuali conciliazioni nei cambi di appalto. Dobbiamo migliorare nell’accoglienza dei lavoratori presso le nostre sedi di Milano che attualmente non sono sufficientemente attrezzate per mancanza di spazi e di personale dedicato e formato per questo delicato e importante servizio. Il lavoratore che si rivolge alla FIT CISL deve trovare sempre qualcuno che lo accoglie e che lo assiste con pazienza e competenza altrimenti si rivolgerà altrove e non solo l’avremo perso per sempre ma probabilmente ci farà anche una cattiva pubblicità. Tutto l’apparato tecnico e politico si deve sempre ricordare che sono al servizio degli iscritti e non viceversa. 

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LA TRATTATIVA PER IL RINNOVO DEL CCNL LOGISTIC 

Dopo 15 mesi di trattativa sul rinnovo del contratto collettivo nazionale dei lavoratori della logistica e del trasporto merci ci sono dei segnali di ripresa del confronto costruttivo tra le parti. 

Perdura la divisione in tre tavoli: quello di CONFETRA, quello dell’autotrasporto con ANITA e UNATRAS (alla quale aderiscono  Conftrasporto,  Fita‐Cna  e  Confartigianato)  e  il  tavolo  della  cooperazione  con  LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE e AGCI.  

CONFETRA conferma, come del resto ha sempre sostenuto, di essere pronta a trattare tutto il rinnovo del contratto, dalla A alla Z, insieme alle altre associazioni datoriali, perché l’obiettivo è sempre quello del contratto unico di filiera cioè un CCNL comprensivo di tutti gli ambiti: non solo la spedizione, l’autotrasporto e la logistica ma anche il mondo degli appalti.  

Per CONFETRA il contratto va sicuramente rivisto, riscritto, reso più moderno, preparato ai grandi cambiamenti che il mondo del lavoro sta vivendo. 

Le  associazioni  datoriali  dell’autotrasporto  hanno  invece  dichiarato  che  esaurite  le  parti  specifiche,  che  per  loro rimangono la priorità assoluta, si avvierà il processo per il rinnovo del CCNL logistica, trasporto merci e spedizione, in tempi e modi ancora da definire. 

A  fronte  del  cambiamento  di  linea  da  parte  di CONFETRA e  AUTOTRASPORTO,  appare  ancora  più  anacronistico l’atteggiamento  delle  sigle  datoriali  della  cooperazione  che  intendono  raggiungere  due  obiettivi:  da  un  lato  un riconoscimento politico importante, dall’altro tergiversare sulla trattativa per replicare lo schema dello scorso rinnovo, vale a dire firmare il contratto oltre il tempo massimo ottenendo qualcosa di diverso e più vantaggioso rispetto al CCNL stesso per le proprie imprese associate. 

In CONFETRA si è raggiunta un’intesa di massima sulla modifica degli articoli 42 e 42 bis, vale a dire quelli riguardanti l’appalto e  il  suo cambio. Mettendo al  centro  il  contrasto all’illegalità, punto dolente di questo mondo,  si prova a spingere verso  fornitori più qualificati con  l’inserimento di procedure più stringenti e specifiche che permettano di perimetrare  in modo più preciso  l’appalto e  il  personale  che ci  lavora,  con  l’inserimento della  clausola  sociale e  il mantenimento dei diritti sindacali ante Jobs Act. 

L’altro argomento è quello riguardante l’orario di lavoro del personale non viaggiante. Si sta lavorando sulla modifica dell’articolo 9 cercando di adattare le esigenze di cambiamento al mondo dello shipping. Si va verso l’eliminazione del vincolo delle 8 ore giornaliere andando a fissare limiti minimi e massimi sia giornalieri che settimanali,  in modo da gestire i picchi di traffico attraverso una flessibilità programmata senza far venire meno la contrattazione aziendale di secondo livello. 

Con  le  associazioni  datoriali  dell’autotrasporto  la  discussione  è  concentrata  su  un  nuovo modello  di  declaratoria professionale  che  preveda  una  migliore  classificazione  rispetto  al  mezzo  guidato,  alla  patente  posseduta  e  alla mansione effettuata con il giusto riconoscimento retributivo. In sostanza il tentativo è specificare in modo più puntuale gli articoli 11 e 11 bis riscrivendoli o addirittura unificandoli sulla base delle mutate esigenze che la professione richiede. 

Le associazioni datoriali della cooperazione continuano a rilanciare proposte inaccettabili come la diminuzione della base  salariale  e  inquadramenti  omnicomprensivi  che  comprendano  tutte  le mansioni  possibili  delle  attività  di  un 

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magazziniere o  con la pretesa di rendere ordinario il lavoro notturno, per avere sconti competitivi da spendere sul mercato, senza avere ancora sciolto il nodo dell’unicità contrattuale.  

Per la FIT CISL Lombardia resta comunque centrale la discussione sulla previdenza integrativa obbligatoria da estendere a tutti i lavoratori del settore dei trasporti e della logistica, la creazione di un Fondo di Solidarietà per gestire le crisi aziendali e la bilateralità da estendere sui territori per dare risposte concrete alle aziende ma anche ai lavoratori.  

 

IGIENE AMBIENTALE Il settore dell’Igiene Ambientale è stato caratterizzato, nel 2016 e nei primi mesi del 2017, dal rinnovo contrattuale, con la sottoscrizione di due verbali di intesa: 

UTILITALIA,  la  nuova  associazione  padronale  del  settore  pubblico  che  è  nata  dalla  fusione  di FEDERAMBIENTE, FEDERUTILITY e FEDERGASACQUA; 

FISE l’associazione delle aziende private che si occupano di igiene ambientale in tutte le varie attività e che a fronte  di  alcune  concessioni  (mancata  applicazione  del  JOB  ACT  sottoscritta  con  le  OO.SS.  nel  rinnovo contrattuale) ha visto la sua fuoriuscita da CONFINDUSTRIA. 

Nella difficile trattativa per il rinnovo del CCNL dell’Igiene Ambientale nelle sue due tipologie (pubblico e privato) ci sono state delle mediazioni che hanno portato a nuove criticità : 

il  passaggio  dalle  36  ore  alle  38  ore  settimanali  che  ha modificato  le  abitudini  consolidate  nella  gestione dell’orario di lavoro dei lavoratori e lavoratrici; 

alcune modifiche alla classificazione del personale che hanno introdotto un nuovo livello d’ingresso (J) atto ad includere nuovi soggetti altrimenti fuori dal settore  

A fronte dello scambio sopra descritto, le Organizzazioni Sindacali hanno sottoscritto delle importanti e fondamentali garanzie: 

la  salvaguardia  dell’occupazione,  nei  casi  di  cambio  appalto,  evitando  che  alle  nuove  assunzioni  venisse applicato il contratto a tutele crescenti nei casi di cambio di appalto; 

la creazione del nuovo Fondo di Sostegno al Reddito che aiuterà a trovare soluzioni per i dipendenti che nel tempo avranno problemi di inidoneità a svolgere le attività lavorative; 

l’obbligo nei CCNL UTILITALIA e FISE di applicare uno dei due contatti di riferimento dell’igiene ambientale.   Il nuovo codice degli appalti licenziato nel 2016 e rivisto in queste ultime settimane, fornisce un’importante strumento per il settore introducendo, tra l’altro, il concetto di contratto prevalente nelle gare d’appalto.  

Il contratto rinnovato ha come obbiettivo quello di tenere insieme il settore e proiettarlo verso un contesto di mercato con criteri di gestione industriale, tenendo conto delle gare d’appalto a contenimento delle tariffe e con l’ambizione di far rientrare nel perimetro contrattuale dell’Igiene Ambientale le attività e i servizi fuoriusciti dallo stesso, attualmente con  meno  garanzie  occupazionali  ed  economiche.La  consultazione  regionale  dei  lavoratori  dell’area  dell’Igiene Ambientale,  pur  registrando  qualche  problema  a  livello  territoriale,  ha  dato  come  risultato  il  consenso  della maggioranza degli  aventi diritto al  voto ai  contenuti  normativi  ed economici del  contratto  rinnovato, premiando  il sindacato artefice dell’intesa. 

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Il quadro complessivo delle imprese che si occupano di raccolta, smaltimento e trattamento dei rifiuti, in questi anni, ha subito un profondo cambiamento, passando da entità comunali a dimensioni regionali ed extraregionali, con succursali all’estero, frutto di gare d’appalto vinte in concorrenza con soggetti stranieri.  

In Lombardia la società più importante, tra le così dette multiutility è sicuramente A2A che oggi conta più di 10.000 dipendenti in Italia e non solo, in cui un ruolo importante è occupato dall’ambiente con più del 50% dei suoi addetti e l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di UTILITALIA e FISE. 

Nel perimetro ambientale di A2A vi sono realtà importanti come AMSA, APRICA, ASPEN e il gruppo LGH di recente acquisizione, operando di fatto su gran parte del territorio della Regione Lombardia nella gestione del riciclo dei rifiuti, con i termovalorizzatori di Brescia e Milano che producono energia elettrica e teleriscaldamento per i comuni limitrofi. 

Alle altre società di dimensioni più contenute presenti nel settore dell’igiene ambientale ma comunque importanti sul piano  dell’occupazione  e  per  i  servizi  svolti,  come  il  gruppo AEMME  LINEA AMB., DERICHEBOURG,  ECONORD E DEVIZIA si devono applicare le stesse regole, riconoscendo a tutta la filiera ambientale la possibilità di avere benefici e servizi che oggi non tutti i lavoratori hanno.  

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VIABILITA’ 

 

Rinnovo del CCNL Autostrade 

Il  rinnovato CCNL nazionale Autostrade ha erogato   un aumento contrattuale di  circa 90 euro  reali per  il triennio, permangono però ulteriori criticità . 

Situazione generale delle aziende che applicano il vigente CCNL (crisi aziendali, nuove scelte strategiche, modifiche sostanziali del mercato di riferimento, investimenti ecc.) 

Le concessionarie della nostra regione, ASPI, BREBEMI, CENTRO PADANE, PEDEMONTANA, SERRAVALLE e TEEM,  all'interno  di  un  sistema  particolarmente  complicato  di  "concessione  delle  concessioni",  hanno assunto oramai da diversi anni un denominatore comune che guarda per lo più agli utili e agli interessi del loro azionariato piuttosto che ad una sana gestione industriale. 

Resta  in  gran  parte  disatteso  il  rilancio  occupazionale,  gli  investimenti  sulla  sicurezza,  le  infrastrutture necessarie per sostenere un confronto serio sulla viabilità, motore dello sviluppo, a livello europeo.  

Troppe sono infrastrutture autostradali  incompiute  in regione Lombardia come PEDEMONTANA, TEEM e BREBEMI, troppi i soldi pubblici spesi con scarsa lungimiranza ma molto pochi i risultati per un rilancio vero delle attività economiche sul territorio.   

 

 

Accordi aziendali significativi a livello nazionale/regionale o di presidio 

Questi i risultati positivi, per quanto migliorabili e carenti di una strategia espansiva, ottenuti in Lombardia grazie alla contrattazione aziendale: 

la  banda  rumorosa  in  fresatura  sulla  striscia  bianca  che  delimita  l'emergenza  a  salvaguardia dell'utenza in panne e del personale operativo; 

il percorso vertenziale che ci ha visto vincitori sul divisore orario dei P.T.;  nella  più  grande  delle  aziende  concessionarie  presenti  sul  territorio,  la  possibilità  di  sottoscrivere 

accordi  che  condividano  i  progetti  aziendali  con  proposte  a  salvaguardia  se  non  addirittura  di rilancio dell'occupazione in attività oramai quasi totalmente assorbite dall'automazione; 

presentare  alle  aziende  nuove  forme  di  internalizzazione  di  attività  ad  oggi  esternalizzate  e  di difficile controllo. 

Permane ancora l'inerzia e la staticità, nel panorama lombardo, delle aziende concessionarie autostradali quali  MILANO  SERRAVALLE  e  CENTRO  PADANE  dove  da  più  di  due  anni  non  si  riesce  a  portare  a compimento il rinnovo della contrattazione aziendale, confermando in modo inequivocabile  la necessità di un  nuovo  modello  di  relazioni  industriali,  partecipativo,  propositivo,  lungimirante  e  fuori  dalle  vecchie logiche di confronto e sterile contrapposizione. 

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Per ASPI citiamo l'esperienza positiva di GIOVE CLEAR, azienda del gruppo ATLANTIA presente nelle varie aree  di  servizio/piazzali  della  rete  autostradale  dove  il  confronto  partecipativo  ha  prodotto  ad  oggi condizioni di miglior favore per le lavoratrici e i lavoratori occupati.  

Evoluzione  dell'area  contrattuale  a  breve/medio  termine  a  fronte  di  innovazioni tecnologiche/sociali/ambientali/finanziarie o politiche. 

Il persistere di vecchie logiche e di meccanismi non più percorribili, l'incapacità, l'inerzia o l'angusta visione strategica  di  avversare  o  sottrarsi  completamente  al  confronto  su  nuovi  modelli  organizzativi  o sull'introduzione e il governo delle nuove forme di tecnologia applicate al lavoro non reggerà per molto. 

Nella  nostra  regione,  pur  tra  mille  difficoltà,  APL  (AUTOSTRADA  PEDEMONTANA  LOMBARDA)  sta  già gestendo, prima e ad ora unica concessionaria in Italia, la riscossione dei propri pedaggi con il sistema del free flow, senza la necessità di caselli o presidi con presenza di operatori.   

Nel  breve  e  medio  termine,  se  non  sapremo  rinnovarci,  ci  troveremo  inevitabilmente  in  ritardo  con  le logiche  aziendali  che  stanno,  già oggi,  spingendo per  l’automazione di  tutte  le  attività  di  riscossione dei pedaggi e della gestione burocratica delle pratiche amministrative. 

Distanze  non  più  recuperabili  non  solo  dal  sistema  gestionale  aziendale  ma  anche,  e  soprattutto,  dagli interessi  reali  dei  lavoratori  autostradali  che  vorremmo  ancora  rappresentare  e  dall’utenza  che  chiede inevitabilmente riduzione dei costi di transito, viabilità governata e strade sicure. 

Proposte per possibili soluzioni  

Cambiare è possibile con l'ascolto,  la partecipazione e la condivisione di tutte le componenti della nostra organizzazione:  dai  lavoratori  nostri  iscritti  presenti  sui  posti  di  lavoro,  ai  delegati  che  partecipano all’elaborazione  delle  strategie  sindacali,  ai  coordinatori  e  segretari  regionali  senza  mai  rinunciare  al confronto con la struttura nazionale che ci rappresenta ai tavoli negoziali nazionali. 

La  squadra  che  siamo  riusciti  a  costruire  in  regione,  sostenuta  dalla  segreteria,  ha  oggi  dei  canali  di interlocuzione con  le aziende presenti sul  territorio di  tutto  rispetto, dove  l'analisi  interna,  il confronto,  la condivisione e  la  sintesi  finale,  scritta a più mani,  fa della  nostra organizzazione sindacale un modello di gestione collegiale che altri  ci  invidiano e che,  tramite  il necessario coinvolgimento delle  lavoratrici e dei lavoratori, è in grado di presentare proposta alternative e innovative in tutti gli ambiti di confronto. 

   

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AREA CONTRATTUALE TRASPORTO AEREO

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TRASPORTO AEREO   

 

Sea handling/Airport Handling: UNA STORIA FINITA BENE 

Nel  1996,  con direttiva Ue 96/97,  viene deliberata  la  separazione dell'Handling dalle  società di  gestione aeroportuali. Questa separazione è la stessa che è avvenuta in altri settori quali energia, telefonia, ferrovie etc.  

La Legge 18/99 recepisce la direttiva europea vincolando anche Italia a rispetto normativa. 

 

Nel  2002  in  previsione  di  separare  l’handling  Sea  dal  Gestore  Sea  le OO.SS  stipulano  un  accordo  con  il Comune  di  Milano  maggiore  azionista  di  Sea  che  nel  contesto  di  separazione  societaria,  dà  garanzia occupazionale per 5 anni.  

Nell'aprile del 2002 avviene la separazione societaria e nasce Sea Handling con un accordo sindacale che tutela nella fase di passaggio il lavoro. 

Gli anni dal 2002 al 2006 sono anni di grandi perdite che venivano ripianate da Sea spa. 

Le cause principali sono: 1. Deregolamentazione del settore 2. Low cost 3. De‐Hubbing di Malpensa da parte di Alitalia  4. Fallimento del progetto Lufthansa Italia  

 

Nel 2006 a causa di un ricorso da parte di una società concorrente contro Sea Handling parte  l'inchiesta della  Commissione  Europea  sugli  Aiuti  di  Stato  nel  silenzio  dell'allora management  della  Azienda,  della Giunta e del Governo di quegli anni. 

Negli  anni  dal  2007  al  2012  di  fronte  al    de‐hubbing  di  Alitalia  si  sceglie  una  fase  difficile  per  risanare, guardando  in  faccia  alla  realtà  e  salvando  l'Azienda.  In  quegli  anni  con una  serie  di  azioni  tutte  volte  al risanamento  (cassa  integrazione, mobilità  volontarie  e  coercitive  per  quelli  che  raggiungono  il  requisito pensionistico) si riducono progressivamente le perdite da 50 mln €/anno a 10 mln €/ anno nella garanzia totale dei posti di lavoro. 

Avviene però  il  de‐hubbing  finale di Alitalia  che elimina  sia  i  voli  intercontinentali  che  i medio  raggio  su Malpensa.    La  stessa  iniziativa  della  nascita  di  Lufthansa  Italia  che doveva progressivamente  far  entrare Malpensa  negli  hub  dell’alleanza  Star  Alliance  fallisce  in  pochi  anni.  Malpensa,  che  doveva  diventare  il grande hub diventa, di fatto, un aeroporto a traffico prevalente low cost e cargo.  

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Il 19/12/2012 la Commissione Europea decide che SEA H deve restituire a Sea SPA  360 mln € più interessi (450  mln€)  perché  essendo  Sea  una  società  a  maggioranza  pubblica  le  ricapitalizzazioni  avvenute  nel periodo 2006‐2012 vengono considerate aiuti si stato. 

Azionisti,  governo  e  azienda  ricorrono  contro  la  Decisione.  Tale  ricorso  non  blocca  l'esecutività  della sanzione; 

Comune e OO.SS. ricorrono al TAR che in prima istanza dà ragione ai ricorrenti; 

La sentenza del TAR   viene sconfessata dal Consiglio di Stato.  

Quindi SEA Handling deve pagare in attesa del giudizio di merito del Tribunale Europeo. Non solo.  Sino ad allora vige il divieto di ricapitalizzazione ergo Sea Handling, le cui perdite superano di 1/3 il capitale sociale, è destinata a fallire anche senza pagare la sanzione. 

 

La strada negoziale si rende necessaria perché quella legale non è più percorribile. 

Con gli accordi del 4/11: 

1. Si  sceglie  il pagamento non monetario non accettando  il pagamento della multa e non accettando l'idea di discontinuità  societaria della Unione Europea  (  spezzettamento attività,  vendita a privati  )  ed affermando che: 

a. SEA possa avere un suo Handler b. Questo Handler possa assumere personale proveniente da Sea H c. La discontinuità  sarà di natura  commerciale, dovendo  la nuova  società  riprendersi  i  contratti 

con i vettori dopo che Sea H li avrà disdettati 

2. viene  comunicato al mercato  che Sea Handling  cesserà  la  sua attività  il  30/06/2014,  rescindendo  i contratti con i vari vettori 

3. Nasce  Airport  handling  (100%  proprietà  Sea),  con  un  capitale  sociale  tale  per  cui  possa  avere  un punto di  equilibrio economico nel  giro di  2  anni.  Tale  società  si  doterà di un  suo piano  industriale dopo avere ottenuto i contratti con i vettori. 

4. Il Sindacato ottiene inoltre che: a. Il negoziato sarà orientato alla piena salvaguardia occupazionale; b. La salvaguardia del sistema di welfare aziendale; c. la  salvaguardia  della  condizione  normativa  ed  economica  integrativa  di  Sea  Handling 

compatibilmente  all'equilibrio  economico  della  nuova  società  che  non  può  più  essere ricapitalizzata e deve essere concorrenziale rispetto agli altri competitori. 

Nel marzo del 2014 la Commissione Europea fa sapere informalmente che non è  in grado di accettare le proposte sulla discontinuità della nuova società, richiedendo la sua cessione ad un privato. 

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Anche questa volta la mobilitazione dei lavoratori, l'azione politica delle OO.SS., la posizione chiara e netta dell’allora Sindaco di Milano,  producono  un risultato che sembrava impossibile.  

Il  07/04/2014  il Governo  Italiano ha  inviato  alla  Commissione  Europea una nota  integrativa  alla  pre‐notifica  del novembre 2013, che risponde alle obiezioni sollevate al progetto di Airport Handling (così come era stato proposto da Sea) nel tentativo di dimostrare l’effettiva discontinuità tra quest’ultima e Sea Handling. Per punti : 

1. si ribadisce il progetto di Airport Handling già presentato alle OO.SS. il 04/11/2013 ed in particolare: a. cessazione  dei  contratti  con  i  vettori  in  capo  a  Sea  Handling  al  30/06/2014  e  vendita  dei  beni 

strumentali della stessa; b. nuova negoziazione dei contratti commerciali da parte Airport Handling; c. Airport Handling assumerà personale proveniente da Sea Handling; 

2. Sul piano dell’assetto proprietario il Governo definisce quanto sotto: a. vendita del 20/30% ad un socio terzo privato entro 12/24 mesi; b. dopo questa prima fase, SEA valuterà la cessione di ulteriori quote della società. Tale scelta dovrà essere 

subordinata al: i. modello industriale di Sea (che nella lettera ribadisce la necessità di avere il controllo delle attività 

di Handling, per garantire qualità dei servizi sinora offerti e le capacità di attrazione di vettori e investimenti); 

ii. le condizioni sociali; iii. l’Accordo con le Organizzazioni Sindacali; iv. non sono inoltre escluse forme di azionariato dei dipendenti;  

c. a partire dal 01/07/2014 verrà nominato un Trust, una sorta di “commissario”, con il compito specifico di garantire autonomia della nuova società da Sea. La prima fase di ricerca del socio di minoranza per i primi 24 mesi sarà gestita da Sea. In caso di insuccesso, successivamente, direttamente dal trust. 

Questa posizione del Governo nei confronti della Commissione è il supporto che va salvaguardato e il vero  appiglio sul quale  ruota  tutta  la  trattativa. Se  fosse venuto meno sarebbe tornato  in campo  immediatamente  l'ipotesi di spacchettamento dell'handling. 

Una storia lunga  che ha molti significati, ma che dimostra che si è vinto quando si è guardato in faccia alla realtà e che le organizzazioni che oggi si oppongono all'accordo non fanno che ripetere il solito mantra. Se avessimo dato retta a queste sirene nel passato, oggi non ci sarebbe nulla di cui discutere perché l'Azienda non esisterebbe più. 

FILT‐CGIL  FIT‐CISL  UIL‐Trasporti  UGL‐Trasporti  FLAI‐TS siglarono in data 4/6/2014 un'ipotesi di accordo che, anche attraverso il coinvolgimento di SEA  ed un programma di incentivazione volontaria all’esodo, pone le condizioni per il passaggio dei  lavoratori da SEA Handling   ad Airport Handling  salvaguardando  la  storia dell'impresa attraverso  il mantenimento di buona parte della contrattazione integrativa e, di fatto, rimettendo al centro della vicenda nata dalla sanzione europea il lavoro, le tutele e i diritti messi in grave pericolo dal fallimento di SEA Handling. Dopo mesi di scioperi e veleni atti ad impedire l’accordo, il 06.06.2014 anche USB firma l’identico protocollo firmato dalle altre OO.SS. il 04.06.14. 

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Sono  stati  smentiti  coloro  che  pensavano  che  avremmo  siglato  un  accordo  inutile  che  distruggeva  salario  ed occupazione. Una  trattativa complessa,  turbata dall'invio di proiettili  a  sindacalisti e dirigenti aziendali, e  che nel clima d'odio  costruito  ad  arte ha  immaginato  che  tale  gesto potesse bloccare  la  trattativa, mentre  ha ottenuto esattamente la risposta opposta. 

L’accordo del 04/06/2014 delineava nel dettaglio: 1. chiusura della procedura di mobilità per Sea H con la totale tutela occupazionale per tutti i dipendenti;  2. i criteri (chiari, trasparenti e verificabili) per il passaggio di 250 lavoratori in SEA S.p.a.; 3. il piano di incentivazione volontaria all'esodo per 300 lavoratori;   4. il  contenimento dei costi sul quale poggerà Airport Handling, le prospettive di crescita della nuova impresa, le  

compensazioni  economiche erogate relativamente ai primi due anni di attività di AH con le condizioni che porteranno alla creazione di un Premio di Risultato a partire dall’estate del 2016. 

L’integrativo  che  era  presente  in  SEA  Handling  venne  conservato  in molte  sue  parti  nel  passaggio  nella  nuova azienda. Furono mantenuti diversi elementi retributivi e normativi oggetto della contrattazione aziendale storica di SEA e non presenti nella contrattazione nazionale. Gli elementi retributivi principali che i lavoratori di AH continuano a percepire sono i seguenti: 

1. intero valore economico degli scatti di anzianità fino ad allora maturati attraverso un assegno superminimo,  non assorbibile per la popolazione che matura scatti  infiniti e assorbibile per la popolazione con il  limite di sette scatti; 

2. premio di Produzione mensile fisso (ad. es. €73, 60 al mese per 12 mesi sul 4° livello); 3. assegni professionali; 4. indennità varie  5. maggiorazione lavoro diurno domenicale (22%); 6. indennità turni disagiati (ad es. € 14 per turni antecedenti alle 05.00; € 6 per gli altri turni estremi) 7. quattro ex‐ festività (trasformate in ROL) dovranno essere esigibili; 8. maggiorazioni notturne (dalle 20.00 alle 8.00 con maggiorazione della indennità dal 50% al 55%) in quanto 

attenenti ai contenuti del CCNL;  9. accordi di “Welfare” del gruppo SEA, e più precisamente: 

a. tipologia di “part‐time mamma” b. cassa di Assistenza  c. colonie/centri estivi per i figli dei dipendenti d. assegni studio per i figli dei dipendenti e. rimborso del tempo di lavoro utilizzato per le visite mediche specialistiche f. convenzioni varie.  

Il taglio economico complessivo è stato di circa il 9% lordo. Questa perdita, per i primi due anni di esercizio (luglio 2014/giugno 2016), è stata compensata da due mensilità erogate a titolo di incentivo da parte di SEA Handling ai lavoratori assunti in Airport Handling, previa risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Vi fu inoltre l’impegno, al termine dei primi due anni e con il raggiungimento dell'attivo di bilancio, a introdurre un Premio di Risultato. 

   

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IL REFERENDUM E LE CONSEGUENZE 

 

Il referendum non era strettamente necessario sul piano normativo per la validazione dell’Accordo di Sea Handling.  Fu  una  scelta  di  natura  politica.  Non  a  caso  lo  strumento  venne  esplicitato  con  una  nota  a Verbale,  non  sottoscritta  dalla  Azienda  che  legava  in  maniera  inscindibile  tutti  i  testi  dell’Accordo,  le Organizzazioni sindacali, congiuntamente alle RSU,  dichiaravano che tali accordi sarebbero stati validi ed applicabili  solo  a  seguito  di  esito  positivo  della  consultazione  referendaria  di  tutti  i  lavoratori  di  Sea Handling. 

Il referendum si tenne nei giorni 11 ‐12 ‐13 Giugno. Le OO.SS. hanno garantito la maggior pluralità possibile anche da parte di coloro che non hanno sottoscritto gli accordi. Un dato non scontato, se si tiene conto che di norma è chi sottoscrive gli accordi che indice e gestisce i referendum, e se si tiene conto che venivamo da diverse e numerose assemblee durante tutto il periodo di gestione della fase complicata sopra descritta, in cui il cosiddetto fronte del NO non si era fatto alcuno scrupolo nell'impedire la normale dialettica con i lavoratori,  arrivando  a  diverse  provocazioni  anche  personali  o  ad  affermare  che  le  pallottole  sarebbero state un clamoroso falso!  Ma la democrazia è una questione di cultura che deve sempre prevalere anche  con chi non la riconosce e che ora la richiama a sproposito. 

 

Linate: voti validi  413  Si 223 (54%) No 190 (46%) 

Malpensa voti validi 1217 Si 463 (38%) No 754 (62%)  

Totale: Voti Validi 1630 Si 686 (42%) No 944 (58%). 

 

Dopo  l'esito  del  referendum  che  respinse  le  ipotesi  di  accordo  del  04/06/2014  sottoscritte  da  FILT‐CGIL  FIT‐CISL    UIL‐Trasporti    UGL‐Trasporti    FLAI‐TS  e  successivamente  da  USB  le  OO.SS  firmataria  hanno dichiarato la non applicabilità di quegli accordi 

Dopo  dalla  bocciatura  degli  accordi  del  4/06/2014  si  avvicinava  l’incontro  in  Regione  (ARIFL)  per  la conclusione dell’esame sulla procedura di licenziamento collettivo (L.223/91). Esso  rappresentava l’ultimo tentativo di  ricondurre questa  intricatissima vicenda ad una conclusione condivisa e non ad un mancato accordo  che  avrebbe  legittimato  l’Azienda  a  procedere  con  il  licenziamento  di  tutti  i  lavoratori  di  Sea Handling  e,  come  previsto  dalle  norme  di  legge,  impedito  l’erogazione  di  incentivi  e  di  effettuazione  di passaggi in Sea SPA lasciando alla sola Azienda la decisione sulle condizioni di lavoro in Airport Handling.  

A  questo  si  aggiunga  una  lettera  di  Assohandlers  (associazione  di  impresa  degli  Handler)  che,  scrive  ad ENAC  e  per  conoscenza  alla  Comunita  Europea  stessa,  chiedendo  un  incontro  in  quanto  “preoccupata” degli  sviluppi  della  vicenda  SEAH/Airport  Handling,  denunciando  una  “commistione  commerciale”  tra gestore ed handler del gruppo SEA  e sollecitando il “ripristino di un  legittimo quadro competitivo” della vicenda, rischiando di rompere il filo sul quale si era retta l’intera operazione. 

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In ultimo, ma non per  gravità  la Commissione Europea aprì  una  indagine per  esaminare  se  l'operazione Airport Handling fosse  in linea con le norme sugli aiuti di Stato.  

Filt Fit Uilt Ugl e Flai a tre settimane dal referendum e dopo una fase di profonde riflessioni con  i propri iscritti  e  ferma  restando  la  filosofia  generale  dell’accordo  che  forniva  le  indispensabili  garanzie  di sostenibilità  economica  della  nuova  Impresa,  decisero  di  riprendere  l’iniziativa  a  salvaguardia  dei lavoratori. 

Il risultato della consultazione con gli iscritti ha portato le OO.SS ad indicare sei punti specifici di intervento sull’Accordo  (in  alcuni  casi  a  miglior  definizione  dello  stesso,  in  altri  di  precisazione  sulle  modalità  di applicazione dello stesso) inoltrando una lettera specifica all’Azienda e che rispose in maniera positiva alle richieste. 

In particolare : 1. Il contributo dei dirigenti SEA e il taglio delle ore di permessi sindacali sarebbero state utilizzate per 

incrementare  l’incentivo dei  lavoratori  che  avrebbero  risolto  il  proprio  rapporto di  lavoro  con  SEA Handling  per  sottoscrivere  il  successivo  in  Airport  Handling  portando    l’incentivo  totale  dalle  2 mensilità  previste a 2,5 mensilità; 

2. Con  riferimento  alle  sei  giornate  derivanti  dalla  mancata  conferma  dei  6  ROL    Airport  Handling formalizzò che esse sarebbero state distribuite nell’arco dell’anno con una cadenza di una giornata di lavoro a bimestre; 

3. In  merito  all’allungamento  della  prestazione  giornaliera  di  15  minuti  (punto  7.5  del  verbale  di accordo  04/06),  il  lavoratore  che  avesse  optato  per  una  pausa  di  30 minuti  non  si  sarebbe  visto applicare l’incremento di 15’ del nastro orario ; 

4. I 4 ROL presenti nella contrattazione di Asssohandlers, derivanti dalle ex‐festività, avrebbero potuto, su specifica richiesta del  lavoratore, essere, alternativamente, aggiunti alla  rotazione riposi  (per un numero massimo di 2 ROL) e concessi previo programmazione con congruo anticipo (i restanti 2 ROL) oppure mantenuti nei termini attualmente previsti (retribuiti se non goduti). 

5. L’Azienda  si  impegnava  ad  avviare un  confronto  con  le OO.SS.  per  introdurre,  in  ambito di  ricerca interna: 

a. Un processo di aggiornamento delle valutazioni delle competenze; b. La  definizione  di  percorsi  professionali  per  la  mobilità  interna  (individuazione  dei  bacini  di 

provenienza coerenti con i contenuti di ciascun mestiere; iter di crescita professionale); c. L’ampliamento  delle  opportunità  di  partecipazione  ai  processi  di  crescita,  attraverso 

l’implementazione  di  un  portale  di  JOB  POSTING,    in  cui  dare  comunicazione  delle  posizioni vacanti e dei criteri di accesso alla fase di valutazione (sulla base di competenze, prestazioni e curriculum). 

Queste  novità  diedero  impulso  tra  i  lavoratori  ad  una  più  ampia  e  determinata  consapevolezza  del momento  attraversato,  che  è  sfociò  nella  raccolta  di  firme  contenente  la  richiesta  individuale  di applicazione  degli  accordi  del  04.06.14.  In  pochi  giorni  aderirono  oltre  1250  lavoratori  di  Linate  e Malpensa: un numero pari a più della metà dei dipendenti di SEAH. 

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Le Organizzazioni sindacali e la maggioranza delle RSU di SEAH furono quindi  confortate dalla volontà dei colleghi e decisero di riprendere il ruolo attivo nella procedura.  

La procedura di licenziamento collettivo è stata pertanto risolta positivamente il 16/07/2014 presso la sede ARFIL, con  la sottoscrizione da parte della maggioranza della RSU di Sea Handling e  la maggioranza delle OO.SS. (alle quali si aggiunse anche USB) dei verbali specifici. 

Oggi Airport Handling pur operando in un mercato dell’handling difficile è una società sana, nel 2016 grazie ai buoni  risultati  di bilancio ha erogato un premio  in welfare  aziendale di  800 euro ed è attualmente  in corso una trattativa sindacale per l’erogazione di un PRD. 

 

I ricchi……e i poveri. 

 

 

Negli  aeroporti  Italiani  si  è  creata  una  situazione  a  dir  poco  paradossale: mentre  le  società  di  gestione aeroportuali macinano utili record in tutta Italia, in Lombardia Sea ha chiuso il bilancio 2016 con un utile al massimo storico di 93,6 milioni di euro (+ 11,7% rispetto all’utile 83,8 milioni del 2015). Sacbo ha chiuso il bilancio con utili  che superano  i 13 milioni  (in aumento di circa 1 milione  rispetto al 2015),  le  società di handling che forniscono i servizi falliscono! 

Nel mercato dell’handling si è scatenata una competizione che ormai si basa solo sull’offerta di  tariffe al massimo ribasso che spesso non coprono neanche il costo del personale e che porta le società di handling a cannibalizzarsi tra di loro scaricando le conseguenze di queste tariffe fuori da ogni logica di mercato sui lavoratori, sulla sicurezza e la qualità dei servizi che offrono. Il risultato è il fallimento di società di Handling che  occupano  centinaia  di  lavoratori,  nel  2014  è  fallita  Goundcare  società  che  occupava  circa  900 dipendenti che in parte sono stati assorbiti dalla società che è subentrata a condizioni molto penalizzanti rispetto a quelle di provenienza. 

Nei  giorni  scorsi  si  è  chiusa  la  vendita  all’asta  di  Ata  italia,  società  di  Handling  che  occupa  circa  500 lavoratori che è stata assegnata dal curatore fallimentare ad una società vuota nata circa un anno fa, che non  ha  mai  operato  in  nessun  campo  e  che  si  è  dichiarata  disponibile  ad  assumere  tutti  i  lavoratori lasciandogli  tutte  le  condizioni  contrattuali  e  normative  attualmente  a  loro  applicate,  il  passaggio dell’azienda alla nuova società dovrebbe avvenire  il 23/5/2017 ma sembra che questa società non abbia ancora la certificazione per operare in aeroporto.  

 

   

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ALITALIA 

Nelle  ultime  settimane  i  lavoratori  del  gruppo  Alitalia  sono  stati  chiamati  a  decidere  le  sorti  della compagnia aerea per la quale lavoravano e al tempo stesso il proprio futuro. 

Nonostante  tutte  le criticità emerse ormai da parecchio  tempo, ancora una volta,  si è  riusciti a  spostare l’attenzione sui lavoratori anziché far emergere la totale incapacità dei dirigenti e della proprietà. Già nel 2014 i lavoratori, per permettere la ripartenza della società, furono costretti a cedere “in modo volontario” la  loro 13ma mensilità e ulteriore contributo  solidale  spalmato  su  sei mensilità per un  totale di oltre 30 milioni di euro. 

Chi più chi meno, dipendenti di terra e di volo, sono stati costretti a pagare la crisi con la viva speranza di un futuro migliore. 

Tutto però parte dal 2008 e dalla caduta dell’allora compagnia aerea pubblica Alitalia LAI. Un  fallimento costato diversi miliardi di euro di cui  i contribuenti e  lavoratori si  sono dovuti  far carico.  In aggiunta alla chiusura  dell’Alitalia  LAI  seguì  la  caduta  di  altre  compagnie  aeree  italiane  come  Volare/Air  Europe, AirOne/AirOne  Cityliner  e  Alitalia  Express.  Complessivamente  i  sei  vettori  garantivano  la  circolazione  in Italia,  in Europa e nel mondo di 250 aeromobili;  la fusione di quest’ultime nella compagnia aerea Alitalia CAI costò la riduzione di oltre 100 aerei. 

La nascita di Alitalia CAI costò tanto, troppo e inutilmente a tutti.  I  lavoratori pagarono con  oltre 10.000 licenziamenti. 

Alitalia CAI attraverso il piano industriale soprannominato Fenice dimostrò sin da subito la sua incapacità di creare sviluppo e utili. Il piano Fenice più volte rivisto a ribasso portò un’ulteriore riduzione di aeromobili in flotta. Così nel 2014 dopo aver accumulato oltre 1 miliardo di euro di debiti  in meno di cinque anni alzò bandiera bianca, i capitani coraggiosi si dissolsero nell’aria. 

Il  fallimento di Alitalia CAI portò alla costituzione dell’ennesima nuova Alitalia SAI partecipata al 51% dai soci  di  Alitalia  CAI  e  al  49%  dal  socio  arabo  Etihad.  Il  nuovo  piano  industriale,  come  del  resto  quello precedente, prevedeva  investimenti, nuove rotte, nuovi aerei di  lungo raggio e puntare sull’italianità, sul tricolore.  

Il risultato triste è quello che vediamo oggi: niente sviluppo, niente utili e solo una montagna di debiti.  

L’incapacità dei dirigenti di Alitalia è stata ulteriormente aggravata da una totale mancanza di regole nel trasporto aereo italiano, il tutto facilmente racchiudile in una sola parola: “DUMPING”. 

Non dobbiamo  infatti dimenticare che uno dei  fattori  responsabili del  fallimento di Alitalia SAI si chiama “dumping  sociale”  operato  dai  vettori  stranieri  come Ryanair,  Volotea  e  Vueling.  Le  ultime  due,  società spagnole, operano da anni in Italia senza rispettare norme basilari come percentuali dei lavoratori a tempo determinato  assunti.  Solo  negli  ultimi  mesi,  dopo  numerosi  esposti  da  parte  della  FIT  CISL,  hanno stabilizzato con contratto a tempo indeterminato numerosi lavoratori.    

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RYANAIR 

Un  capitolo  a  parte  dobbiamo  invece  riservarlo  a  Ryanair,  il  vettore  irlandese.  Difficile  spiegare  la  sua organizzazione, in Italia risulta essere la prima compagnia aerea come traffico passeggeri, oltre 30 milioni l’anno ma non è dato sapere il numero totale dei  loro dipendenti e con contratti ancora de decifrare. La Compagnia Aerea Ryanair Limited opera stabilmente  in  Italia e più precisamente con basi di servizio, per Piloti e Assistenti di Volo, ad Alghero, Bari, Bergamo, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania. Lamezia Terme, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Pescara, Pisa, Roma Ciampino, Roma Fiumicino e Trapani. 

Il  vettore  Irlandese occupa migliaia  di  lavoratori  di  cui  circa  il  30%  con  contratto di  lavoro puro Ryanair mentre  il  restante  70%  della  forza  lavoro  mediante  assunzione  nelle  società  Workforce  International Contractors Limited, Crewlink Ireland Limited Srl, Brookfield Aviation International e McGinley Aviation che procacciano e assumono dipendenti, con contratto a tempo determinato, per conto di Ryanair. I lavoratori vengono poi distaccati nelle varie basi di servizio italiane e prestano attività lavorativa per Ryanair.  

Negli ultimi anni Ryanair ha continuato a muoversi  liberamente  in  Italia senza mai rispettare  le norme di legge. Non vengono rispettate norme come la materia di salute e sicurezza, testo unico della maternità e della paternità; non viene erogata  la 13ma mensilità e niente accantonamento TFR.  In caso di malattia  i lavoratori non vengono retribuiti. 

In aggiunta Ryanair riceve ogni anno decine e decine di milioni di euro dagli aeroporti e  dalle Regioni che nel solo anno 2015 è stato quantificato in oltre 100 milioni di euro. 

I vettori stranieri non amano il dialogo con il sindacato, anzi è inesistente. L’avvicinamento al sindacato da parte dei  lavoratori  troppo  spesso  viene minacciato e  il  risultato è  il  trasferimento d’ufficio presso  altre sedi, il mancato rinnovo dei contratti a termine o addirittura il licenziamento.  

L’attività da tempo avviata dalla FIT CISL sta cercando faticosamente di stabilire un dialogo con i vettori low cost e i numerosi esposti presentati a tutti gli enti preposti per il rispetto delle norme di legge nazionali ed europee non hanno ancora dato segnali favorevoli. Solo negli ultimi giorni la Corte di Giustizia Europea ha condannato Ryanair al rispetto delle leggi nazionali dove i suoi dipendenti prestano l’attività lavorativa. 

Per tutti praticamente impossibile competere con i vettori low cost.  

Al termine di questo congresso ci lasceremo con mille domande, mille dubbi e soprattutto con l’idea di non aver  fatto  abbastanza e  che,  probabilmente,  anche noi  nel  trasporto  aereo qualcosa  abbiamo  sbagliato. Non possiamo permettere che uno dei Paesi più industrializzati al mondo come l’Italia non sia in grado di regolamentare un settore chiave come quello del trasporto aereo.