Fisica Matematica II - Dipartimento di Matematica Matematica II Vincenzo Grecchi Dipartimento di...

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Fisica Matematica II Vincenzo Grecchi Dipartimento di Matematica Universit` a di Bologna February 11, 2003 Note del corso 2002/2003 In Fisica Matematica II si studia la prima parte della meccanica teorica o speculativa, contrapposta alla meccanica pratica o applicata. La mecca- nica teorica ` e stata formalizzata nei secoli prendendo il nome di meccanica razionale e di meccanica analitica, ma si potrebbe parlare anche di mecca- nica matematica. La meccanica analitica verr`a iniziata nel prossimo corso di Fisica Matematica III. Ulteriori formalizzazioni della meccanica sono diven- tate branche autonome della matematica. Dalla etimologia risulta che mentre la matematica era vista come argomento di studio, la meccanica, ovvero l’arte meccanica, necessitava piuttosto di inventiva e di ingegno. Naturalmente i due aspetti non si escludono e sono necessari per tutta la matematica! La meccanica studia il comportamento di sistemi fisici schematizzati in uno o pi` u punti materiali. Gli antichi pensavano di avere capito la dinamica dei singoli corpi, ma avevano introdotto gli atomi per descrivere la dinamica dei fluidi, e quindi per capire tutto il divenire che era ancora nelle mani degli dei. In realt`a il progresso della disciplina ` e ancora lontano da questa meta, ma i risultati della meccanica statistica fanno bene sperare. La meccanica quantistica e la meccanica relativistica hanno imposto un nuovo modo di pensare al mondo fisico, ma la meccanica che tratteremo, detta classica, ` e ancora valida in condizioni fisiche ”usuali”. Il corso si articola nei seguenti argomenti: Spazio euclideo tridimensionale, spostamenti, vettori, calcolo vet- toriale, sistemi di riferimento, gruppo delle rotazioni, angoli di Eu- 1

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Fisica Matematica II

Vincenzo GrecchiDipartimento di Matematica

Universita di Bologna

February 11, 2003

Note del corso 2002/2003

In Fisica Matematica II si studia la prima parte della meccanica teoricao speculativa, contrapposta alla meccanica pratica o applicata. La mecca-nica teorica e stata formalizzata nei secoli prendendo il nome di meccanicarazionale e di meccanica analitica, ma si potrebbe parlare anche di mecca-nica matematica. La meccanica analitica verra iniziata nel prossimo corso diFisica Matematica III. Ulteriori formalizzazioni della meccanica sono diven-tate branche autonome della matematica. Dalla etimologia risulta che mentrela matematica era vista come argomento di studio, la meccanica, ovvero l’artemeccanica, necessitava piuttosto di inventiva e di ingegno. Naturalmente idue aspetti non si escludono e sono necessari per tutta la matematica! Lameccanica studia il comportamento di sistemi fisici schematizzati in uno opiu punti materiali. Gli antichi pensavano di avere capito la dinamica deisingoli corpi, ma avevano introdotto gli atomi per descrivere la dinamica deifluidi, e quindi per capire tutto il divenire che era ancora nelle mani deglidei. In realta il progresso della disciplina e ancora lontano da questa meta,ma i risultati della meccanica statistica fanno bene sperare. La meccanicaquantistica e la meccanica relativistica hanno imposto un nuovo modo dipensare al mondo fisico, ma la meccanica che tratteremo, detta classica, eancora valida in condizioni fisiche ”usuali”. Il corso si articola nei seguentiargomenti:

Spazio euclideo tridimensionale, spostamenti, vettori, calcolo vet-toriale, sistemi di riferimento, gruppo delle rotazioni, angoli di Eu-

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lero, teorema di Eulero.Cinematica del punto, dipendenza dal tempo di punti, vettori ematrici. Traiettoria del punto materiale, moto relativo.Leggi della Meccanica di Newton, relativita galileiana. Equazionidel moto. Problema di Cauchy. Soluzioni locali e globali di parti-colari equazioni del moto.Leggi di forza, forze conservative. Grafico del potenziale, curve dilivello nello spazio delle fasi. Punti critici e configurazioni di equi-librio.Stabilita dell’ equilibrio. Sistemi dinamici classici. Sistemi dissipa-tivi. Dinamica relativa: forze inerziali.Oscillatore armonico forzato e smorzato. Il viriale.Sistema di punti, baricentro, impulso e momento della quantita dimoto, sistema di forze, equazioni cardinali.Riduzione del problema dei due corpi, forze centrali, potenzialiomogenei, problema di Keplero.Vincoli olonomi lisci, coordinate lagrangiane, numero di gradi diliberta, reazioni vincolari.Principio dei lavori virtuali e di d’Alembert.Principio di minima azione di Hamilton.Equazioni di Eulero-Lagrange ed equazioni canoniche del moto.Pendolo sferico.Piccole oscillazioni.

Alla fine del corso, durante i mesi di Gennaio e Febbraio si svolgeranno ledue sessioni d’esame, consistenti ciascuna in una prova scritta ed una provaorale. Il superamento di una prova scritta permettera di accedere alle proveorali. Chi seguira il corso, o chi sara in grado di apprendere il contenuto diquesti appunti, non avra problemi a superare l’esame in detto periodo.Lo spazio fisico: punti e vettoriLo spazio fisico viene formalizzato come lo spazio affine tridimensinale A3

dei punti P ∈ A3. In questo spazio e definita l’operazione di sottrazioneche definisce gli spostamenti da un punto all’altro come vettori dello spaziolineare V = <3: per P, O ∈ A3, lo spostamento da O a P e definito da:P − O = a ∈ <3. Dati una coppia ordinata di punti (Q,P ) si definiscevettore P − Q applicato in Q: (Q,P − Q) il segmento orientato da Q a P :QP = (Q,P −Q). Un vettore (libero = non applicato) a e rappresentato daun qualunque vettore applicato (Q, a).

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Se si fissa il punto di applicazione Q = O, il segmento orientato OP rappre-senta univocamente il vettore P −O ed il punto P .Se il vettore P − O e diverso da 0, e definito dal modulo che coincide conla lunghezza del segmento OP , dalla direzione della retta passante per i duepunti, e dal verso definito dall’orientazione del segmento da O a P .Supponiamo ora di avere fissato un sistema di riferimento:Σ = (O,P1, P2, P3)dove i segmanti orientati OPj sono ortogonali tra loro e di lunghezza unitaria.I vettori Pj − O = ej sono quindi presi come base, e un qualunque vettorepuo essere sviluppato su questa base: P − O = a = Σjajej. Il sistema diriferimento si puo quindi indicare nel seguente modo:

Σ = (O, e1, e2, e3).

Tramite queto sistema di riferimento si ha la rappresentazione cartesiana deivettori definiti da tre componenti reali: P −O = a = (a1, a2, a3). In partico-lare si definiscono i vettori della base canonica: e1 = (1, 0, 0), e2 = (0, 1, 0),e3 = (0, 0, 1). Si definisce vettore nullo 0 = (0, 0, 0).La somma di due vettori, data dalla somma delle componenti:a + b = (a1 + b1, a2 + b2, a3 + b3),puo essere rappresentata dalla diagonale del parallelogramma costruito conuna scelta opportuna di vettori applicati.Ad esempio, essendo : P − O + Q − P = Q′ − O + P − Q′ = Q − O, doveQ = Q′ + P − O, per cui Q − P = Q′ − O. I segmenti orientati OP , PQcostruiscono la poligonale orientata OPQ che porta da O a Q come il seg-mento orientato OQ. Analogamente, i segmenti orientati OQ′, Q′Q formanola poligonale orientata OQ′Q che porta da O a Q e che, insieme all’altrapoligonale OPQ, costituisce il perimetro del parallelogramma OQ′QP di cuiOQ e una diagonale.Il prodotto di un vettore a per un numero c e il vettore che ha per compo-nenti le componenti originarie del vettore moltiplicate per il numero dato:ca = (ca1, ca2, ca3).Nel caso di un numero positivo e di un vettore non nullo il vettore prodotto eun vettore che ha la stessa direzione e verso ma il modulo e dato dal prodottodel numero per il modulo originario del vettore: |ca| = c|a|.Se il numero e −1 il vettore cambia soltanto il verso, e diventa il vettoreopposto.Nello spazio lineare V = R3 e definito ilprodotto scalare o prodotto interno.

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Per una coppia di vettori dello spazio: a,b ∈ V e definito prodotto scalare ilnumero:a.b = Σjajbj.Il prodotto scalare e simmetrico nello scambio dei due vettori fattori e dipendelinearmente da entrambi. Due vettori non nulli si dicono ortogonali, o nor-mali, se il loro prodotto scalare e nullo. Il prodotto scalare di un vettorecon se stesso e definito positivo nel senso che e sempre positivo tranne nelcaso del vettore nullo. Si defisce modulo |a| = a di un vettore a, la radicearitmetica del prodotto scalare del vettore con se stesso:|a|2 = a2 = a.a.La base canonica e ortonormale nel senso che i prodotti scalari tra i vettori dibase danno ej.ek = δk

j . Si verifica per linearita che i coefficienti dello sviluppodi un vettore a =

∑j ajej su una base ortonormale sono dati da prodotti

scalari con i versori: aj = a.ej. Si noti che i vettori di modulo 1 sono dettiversori, per cui anche i vettori della base canonica sono versori. In questomodo lo spazio V e normato con norma data dal modulo. Nello spazio A3 edefinita la distanza tra i punti P, Q ∈ A3 tramite il modulo della differenzadei punti:ρ(P,Q) = |P −Q|.In questo modo A3 diventa uno spazio metrico detto spazio euclideo E3.Prodotto vettoriale o prodotto esterno.Data una coppia ordinata di vettori (a,b) si definisce prodotto vettoriale ilvettored = a× b,dove le componenti di d sono date da espressioni bilineari nei coefficienti deivettori fattori. In particolared3 = a1b2 − a2b1

e le altre componenti di d sono date da questa espressione permutando cicli-camente gli indici1 → 2, 2 → 3, 3 → 1due volte.Da questa definizione si desume che il prodotto vettore e bilineare e anti-simmetrico nello scambio dei vettori fattori, e quindi e nullo se questi sonouguali o proporzionali tra loro.Un altro modo di rappresentare il prodotto vettoriale consiste nello scriverlocome determinante di una matrice avente per prime due colonne le compo-

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nenti dei due vettori fattori e l’utima colonna formata dai versori di base:

a× b = det

a1 b1 e1

a2 b2 e2

a3 b3 e3

Come caso particolare verifichiamo che e1 × e2 = e3.Il prodotto misto: c.(a × b) e dato per linearita del prodotto scalare daldeterminante della matrice:

c.(a× b) = det

a1 b1 c1

a2 b2 c2

a3 b3 c3

.

Essendo il determinante invariante per permutazione circolare delle colonne,si ha che:

c.(a× b) = b.(c× a) = (c× a).b,

per cui si ha l’invarianza del prodotto misto per scambio dei simboli diprodotto scalare e prodotto vettoriale. Un prodotto misto notevole e e3.(e1×e2) = 1Esercizio. Se rappresentiamo un vettore tramite la matrice colonna dellecomponenti: a = (aj1 = aj)j, il prodotto vettoriale b×a e definito tramite ilprodotto tra matrici Aa, dove A e la matrice antisimmetrica completamentedefinita dall’ elemento a1,2 = −b3, e dagli altri ottenuti per permutazionicicliche degli indici: a3,1 = −b2 e a2,3 = −b1:

b× a =

0 −b3 b2

b3 0 −b1

−b2 b1 0

a1

a2

a3

.

Matrici ortogonali e RotazioniCambiamento del sistema di riferimento che comporta una trasfor-mazione lineare delle coordinateConsideriamo le trasformazioni lineari delle coordinate cartesiane che man-tengono i prodotti scalari ed i prodotti misti tra vettori. In particolaredefiniamo queste trasformazioni sui versori di base. Siano quindi rj = Rej,j = 1, 2, 3 i trasformati dei versori della base canonica. Essendo le com-ponenti dei versori della base canonica: (ej)k = δk

j , si ha: rjk = (rj)k =Σl(R)kl(ej)l = (R)kj. Quindi le componenti della matrice di trasformazione

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Rt coincidono con le componenti dei trasformati dei versori della base canon-ica. Possiamo rappresentare la matrice ortogonale R nel seguente modo:

R =(

r1 r2 r3

)=

r11 r21 r31

r12 r22 r32

r13 r23 r33

.

Imponiamo ora che la matrice sia ortogonale, cioe conservi i prodotti scalari.Questo implica che conservi i prodotti dei versori di base che restano ortonor-mali, ma questa condizione e anche sufficente perche la matrice e completa-mente definita dalle componenti dei versori di base trasformati. QuindiRej.Rek = (RtR)kj = rj.rk = Σlrjlrkl = δk

j ,globalmente significa che vale la condizione di ortogonalita:RtR = 1,dove 1 e la matrice identita. L’ultimo risultato dimostra che una matriceche conserva i prodotti scalari, detta ortogonale, e invertibile el’inversa coincide con la trasposta. Infatti il determinante di un prodottoe il prodotto dei determinanti, il determinante della matrice trasposta coin-cide con il determinante della matrice stessa e il determinante della ma-trice identita e uguale a 1. Quindi il determinante di R vale ±1, in quantodetRtR = (detR)2 = 1, ed esiste la matrice inversa R−1 con RR−1 = 1, edalla condizione di ortogonalita, moltiplicando per R−1 si ha

RtRR−1 = Rt = R−1.

Dall’espressione della matrice in termini dei versori trasformati e della espres-sione del prodotto misto come determinante, si ha:detR = (r1 × r2).r3.Se il determinante di R e positivo diremo che la matrice rappresenta unarotazione. In caso contrario diremo che R = R′P, dove R′ rappresenta unarotazione e P = −1 rappresenta una inversione degli assi, o una trasfor-mazione di parita.

Teorema di EuleroQualunque rotazione definita dalla matrice R diversa dall’identita e anchedefinita univocamente dal vettore φ = φn di modulo positivo minore o ugualea π. Il versore n rappresenta l’asse orientato di rotazione e l’angolo φ, con0 < φ ≤ π e l’angolo di rotazione. Si puo indicare la matrice identita con ilvettore nullo φ = 0.

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Dimostrazione. R, matrice reale 3×3 per il teorema fondamentale dell’algebraammette almeno un autovalore reale. Poiche la trasformazione indotta da Rmantiene le norme dei vettori, questo autovalore puo assumere i valori ±1.Gli autovalori sono zeri del polinomio caratteristico P3(λ) = det(R− λ1) =Σjajλ

j, dove a0 = 1 e a3 = −1. Il polinomio e positivo in 0 e negativoper valori della variabile λ grandi positivi, e quindi si deve azzerare per unvalore positivo della variabile che necessariamente vale 1. L’autovalore 1 esemplice o triplo, in quanto in 1 necessariamente ci deve essere il cambia-mento di segno, ed e triplo solo nel caso in cui R si riduce all’identita eP3(λ) = (1 − λ)3. Quindi, per rotazioni diverse dall’identita e definito uni-vocamente un asse invariante ed un autovettore che ne fissa la direzione.Questo asse si chiama asse di rotazione e lo si puo orientare arbitrariamentescegliendo un versore j nella direzione dell’asse. Tramite una rotazione B sipuo riportare questo asse sull’asse orientato delle z: Bj = e3, per cui vale:BRBt = R3(ψ), dove

R3(ψ) =

cos ψ − sin ψ 0sin ψ cos ψ 0

0 0 1

e ψ, rappresentato nell’intervallo −π < ψ ≤ π. Nel caso di π ≥ ψ > 0definiamo l’angolo di rotazione φ = ψ e l’orientazione dell’asse di rotazionetramite n = j.Nel caso in cui −π < ψ < 0 possiamo compiere una ulteriore rotazione delsistema di riferimento definita dalla matrice di rotazione:

C =

1 0 00 −1 00 0 −1

tale che CR3(ψ)Ct = R3(−ψ) e Ce3 = −e3. Quindi la rotazione D = CB etale che D(−j) = e3 e DRDt = R3(−ψ). In questo caso definiamo l’angolodi rotazione φ = −ψ e l’orientazione dell’asse di rotazione tramite il ver-sore n = −j. Quindi, una rotazione R diversa dall’identita e rappresentataunivocamente da un vettore φ = φn che indica direttamente l’asse orien-tato e l’angolo di rotazione φ = |φ| limitato e rappresentato nell’intervallo0 < φ ≤ π.Nuove espressioni dei prodotti scalari e vettorialiRitorniamo ora a considerare il prodotto scalare e il prodotto vettoriale di

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due vettori non nulli e non proporzionali del tipo: a = ae1 e b = b1e1 + b2e2.In questo casoa.b = ab1 = ab cos θ,dove θ e l’angolo formato tra i due vettori. Essendo il prodotto scalare in-variante per rotazione, questa espressione vale in generale. Si ha quindi ilprodotto vettorialea× b = ab2e3 = ab sin θndove 0 ≤ θ < π e n = ±e3 e un versore che indica una direzione dalla qualesi vede il vettore a portarsi sul vettore b ruotando in senso antiorario diun angolo θ. Cambiando sistema di riferimento tramite una rotazione, si hal’espressione generale a×b = ab sin θn dove n e sempre un versore ortogonaleal piano definito dai vettori fattori e che definisce una direzione da cui si vedeil vettore a portarsi sul vettore b ruotando di un angolo 0 ≤ θ < π in sensoantiorario.Si noti che il prodotto vettoriale si comporta come un vettore per rotazioni,ma non per inversione di assi. Infatti un vero vettore, detto polare, cambiasegno, cioe inverte il verso, per inversine di assi, mentre il prodotto vettoriale,detto vettore assiale, rimane invariato per questa trasformazione.Angoli di EuleroLe rotazioni costituiscono un gruppo che si chiama SO(3). Infatti le matricidi rotazione sono caratterizzate dal fatto di mantenere invariato il prodottoscalare e dalla proprieta di avere determinante unitario. Il mantenimentodel prodotto scalare avviene quindi anche per due trasformazioni dello stesotipo compiute in successione. Come proprieta diretta delle matrici abbiamoche RRt = 1 per una matrice ortogonale. Il prodotto di due matrici or-togonali e ortogonale. Infatti R1R2(R1R2)

t = R1R2Rt2R

t1 = R1R

t1 = 1.

Inoltre il prodotto di due matrici di determinante unitario e una matrice dideterminante unitario. Essendo poi definita la matrice inversa R−1 = Rt edessendoci la matrice identita R = 1 si dimostra la proprieta di gruppo.Si dimostra che il gruppo delle rotazioni SO(3) ha tre gradi di liberta nelsenso che vi sono 3 parametri indipendenti e non riducibili, detti angoli diEulero, che permettono di classificare completamente le rotazioni. Definiamogli angoli di Eulero e la loro relazione con le rotazioni.1)Se facciamo l’ipotesi che la rotazione non sia l’identita, resta da considerareil caso in cui il versore e3 viene lasciato invariato dalla rotazione. In questocaso l’asse delle z e l’asse della rotazione, e si ha semplicemente: R = R3(φ),

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dove

R3(φ) =

c −s 0s c 00 0 1

,

e c = cos φ, s = sin φ. Infatti, tramite una rotazione di questo tipo il versoree1 diventa r1 = (c, s, 0), e2 diventa r2 = (−s, c, 0), mentre e3 resta invariato.Vedremo che anche il caso di inversione del versore e3 deve essere escluso.2)Lemma: Se r3 6= ±e3, sono univocamente definiti 3 angoli detti angoli diEulero: φ1, φ2, 0 < θ < π in modo tale che R = R3(φ2)R1(θ)R3(φ1), dove

R1(θ) =

1 0 00 c −s0 s c

,

e c = cos θ, s = sin θ > 0.Dimostrazione. Le tre matrici che compaiono nel prodotto sono di SO(3)come il loro prodotto a causa della proprieta di gruppo. Calcoliamo al-cuni elementi: r13 = ss2, r23 = −c2s, r33 = c, r31 = ss1, r32 = sc1, dovesj = sin φj, cj = cosφj, e quindi ricaviamo: cos θ = r33 da cui si ricavas =

√1− c2 > 0 e θ. Quindi r13/s = s2, r23/s = −c2 definicono φ2 e

r31/s = s1, r32/s = c1 definiscono φ1.

Esercizio. Volendo estendere gli angoli di Eulero al caso di r3 = e3, siha che e determinata la somma φ1 + φ2 = φ, e nel caso di r3 = −e3 solo ladifferenza φ1 − φ2 = φ, per cui si puo annullare uno degli angoli.Commento fisico-geometrico. Si definisce linea dei nodi l’intersezione delpiano (O, e1, e2) con il piano (O, r1, r2), e θ e l’angolo diedro tra i due piani.La linea dei nodi puo essere orientata tramite un versore n che fissa la di-rezione rispetto alla quale e3 si porta su r3 ruotando di un angolo 0 ≤ θ ≤ π.La rotazione R3(φ1) porta n su e1, mentre R3(φ2) porta e1 su r1. Gli an-goli di Eulero sono utili per descrivere la posizione del sole in un sistematerrestre, in cui θ e l’angolo costante dell’asse terrestre rispetto alla normaledell’eclittica. φ2 rappresenta la rotazione dovuta alla rotazione della terraattorno all’asse polare e φ1 la rotazione dovuta alla traslazione della terra. Ilsole si trova sulla linea dei nodi agli equinozi. Si noti che un moto dell’asseterrestre e stato evidenziato dalla ”precessione degli equinozi”, cioe un leg-gero anticipo del ripetersi di un equinozio (ad esempio quello primaverile)rispetto al compiersi di una rivoluzione terrestre.

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Triplo prodotto vettoriale Dati tre vettori a, b, c, si definisce il triploprodotto vettoriale: a× (b× c). Vale la seguente identita:a× (b× c) = (a.c)b− (a.b)cSi dimostra nel seguente modo:Supponiamo che i vettori siano non nulli, con gli ultimi due non proporzion-ali. Il triplo prodotto deve essere lineare nei tre vettori e antisimmetrico nelloscambio di b e c. Inoltre deve essere una combinazione lineare di b e c percheil versore n e normale a questi due vettori, ma il vettore a × n e normale an, e quindi decomponibile in una combinazione di questi due vettori. Inoltreil coefficiente di b deve essere uno scalare lineare in a e c, come il prodottoscalare tra questi due ultimi vettori, e analogamente per il coefficiente di c.Quindi scriviamo l’espressione piu generale che soddisfa a queste proprieta:a× (b× c) = (a.Bc)b− (a.Bb)c,dove B e una matrice reale che deve essere determinata. Per fissare le com-ponenti bjk di B, consideriamo il caso in cui a = b = ek e c = ej 6= ek. Inquesto caso si ha una doppia rotazione di π/2 (e quindi una singola rotazionedi π) di ej attorno all’asse definito da ek. Una rotazione di π attorno ad unqualunque asse comporta l’inversione del vettore, per cui, usando l’equazioneprecedente, si ottiene:ek × (ek × ej) = −ej = bkjek − bkkej.Da quest’ultima equazione si deduce che bkj = δk

j cioe che B = 1, e quindi sidimostra il risultato voluto. Nel caso di un vettore nullo la prova e banale.Il caso di b e c proporzionali si riporta al caso in cui essi sono uguali, edin questo caso i due termini della equazione sono evidentemente nulli per laesplicita antisimmetria nei due vettori.Derivazione di vettori e matrici variabili. Sia data una funzione avalori vettoriali definita su un intervallo chiuso I ∈ R: a(t) = a1(t)e1 +a2(t)e2 + a3(t)e3. Diremo che la funzione e differenziabile o regolare se sonocontinue e derivabili n volte (quante sono necessarie nel problema consid-erato) le funzioni componenti (aj(t))j e indicheremo la derivata da(t)/dt =Σj(daj(t)/dt)ej eventualmente omettendo la dipendenza dal parametro: da/dt =Σj(daj/dt)ej. Nel caso in cui si intende che il parametro t sia il tempo, valela notazione da/dt = a = Σj ajej. Possiamo avere una funzione vettorialecomposta: a∗(s(t)) = a(t), e se anche la funzione s(t) e derivabile vale lanota regola del prodotto delle derivate: a = (da∗(s)/ds)s = a∗(s)′s. Valeovviamente la regola che la derivata della somma di due funzioni vettorialie la somma delle derivate. Riguardo alla derivata di prodotti di tutti i tipi:con una funzione scalare e con un’altra funzione vettoriale tramite prodotto

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scalare o vettoriale, vale sempre la regola della somma di due termini:ma = ma + ma˙a.b = a.b + a.b˙a× b = a× b + a× b.˙(Ra) = Ra + Ra˙(AB) = AB + AB

La dimostrazione si basa sul fatto che si devono sempre derivare prodotti difunzioni scalari, in quanto:ma = Σjmajej

a.b = Σjajbj

a× b = Σj,kajbkej × ek

(Ra)j = Σkrjkak

(AB)jk = Σlajlblk

Supponiamo che il vettore variabile a(t) abbia modulo costante a0, cioea(t).a(t) = a2

0. Allora ˙a.a = 0 = 2a.a. Questo significa che un vettorevariabile ma di modulo costante ha derivata normale al vettore stesso (con-siderando il vettore nullo normale a qualunque vettore). Questo risultatoovviamente si applica ad un versore variabile.Punto variabile, moto, traiettoriaUn punto variabile in modo differenziabile P (t) e definito da un punto fissoO e da un vettore variabile in modo differenziabile: P (t) = O + x(t). Si ha

quindi ˙P (t) = x(t) = v(t). Dove v e la velocita del punto P . Dato un in-tervallo aperto I, la funzione vettoriale di grafico (x(t), t); t ∈ I rappresentail moto del punto nell’intervallo di tempo I e l’immagine di questa funzionex(t); t ∈ I rappresenta una curva detta traiettoria del moto, luogo dei puntiP (t) = O + x(t); t ∈ I. Il moto parametrizza la traiettoria e ne fornisce ilverso di percorrenza. Vedremo che si puo scegliere un altro parametro in-trinseco alla curva.Cinematica del punto, proprieta locali della traiettoria.Supponiamo che la velocita v(t) sia derivabile due volte e non sia mai nullaper t ∈ I, e, per un t fissato, definiamo il versore tangente adimensionale t(t)

e la velocita di percorrenza della traiettoria ˙s(t) tramite:

v(t) = ˙s(t)t(t),

cioe ˙s(t) = |v(t)|, e t(t) = (1/|v(t)|)v(t) e il versore definito dalla velocita.Si noti che il non annullarsi della velocita implica che t(t) definisce semprela tangente alla traiettoria che risulta quindi una curva regolare. Il concettodi una retta tangente in un punto di una curva regolare si estende diretta-

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mente al piano tangente in un punto di una superficie regolare che vedremoin seguito. Definiamo lunghezza della traiettoria percorsa nell’intervallo ditempo [0, t] l’integrales(t) =

∫ t

0s(τ)dτ .

Fuori dall’intervallo di tempo considerato la velocita si puo annnullare e ilmoto successivo puo ripercorrere la stessa traiettoria in senso inverso (motoretrogrado). Possiamo usare la lunghezza della traiettoria s come parametrointrinseco della traiettoria, per cui: t(t) = t∗(s(t)) e la dipendenza dal tempoderiva dalla dipendenza di s da t: s = s(t). L’ accelerazione e data da

v(t) = ¨s(t)t(t) + (1/ρ(t))( ˙s(t))2n(t),dove dove n(t) e un versore normale a t(t) che definisce la normale principaledella traiettoria, condt∗(s(t))/ds = (1/ρ(t))n(t)e il numero positivo ρ(t) e per definizione il raggio di curvatura della traiet-toria, infinto se la derivata e nulla. Supponiamo che il raggio di curvaturasia finito. Il primo termine della accelerazione si chiama accelerazione tan-genziale ed il secondo accelerazione centripeta.Supponiamo ora che il raggio di curvatura sia sempre finito e cheil versore n(t) sia sempre definito.In questo caso in ogni punto della traiettoria di coordinata intrinseca s(t)e definito il piano osculatore ed il cerchio osculatore. Il piano osculatore edefinito dai versori t(t),n(t) e dal punto P (t) = O + x(t). Il cerchio oscula-tore e un cerchio di centro P (t) + ρ(t)n(t) e raggio ρ(t).Esempio: moto circolare.La definizione di cerchio osculatore deriva dal moto piano circolare su uncerchio di raggio ρ e centro l’origine. La posizione sara definita dall’angoloθ, tramite il versore n = n(θ) = − cos θe1 − sin θe2, x = −ρn. per cui, con-siderando la dipendenza di θ da t, la velocita sara data da: x = −ρθ(dn(θ)/dθ) =ρθt = st dove t = t(θ) = − sin θe1 + cos θe2 e s = ρθ. Se poniamo s = θ = 0a t = 0, si ha θ∗(s) = (1/ρ)s. Inoltre:

dt(θ)/dθ = − cos θe1 − sin θe1 = n.

Se si considera la dipendenza di θ da s data sopra, si ottiene l’espressioneusata precedentemente per una traiettoria regolare:

dt∗(s)/ds = (dθ∗(s)/ds)dt(θ∗(s))/dθ = (1/ρ)n∗(s)

dove ora ρ e il raggio del cerchio.

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Formule di Frenet. Sia data una curva regolare (di classe C3) nello spazio<3 definita dalla traiettoria del moto in funzione della coordinata intrinseca:x = x∗(s). Nel punto della curva x = x∗(s) e definito il versore tangente:

t = t∗(s) = x∗(s)′,

dove con il simbolo ′ si indica la derivata rispetto a s. Supponiamo inoltreche sia diverso da zero il vettore:

t∗(s)′ = (1/ρ∗(s))n∗(s),

dove il versore n∗(s) = ρ∗(s)t∗(s)′ indica la normale principale alla curvanel punto x∗(s) e ρ∗(s) e il raggio di curvatura. I due versori precedentit∗(s) e n∗(s), ed il punto x∗(s) definiscono il piano osculatore. Nel pianoosculatore giace il cerchio osculatore passante per il punto x∗(s), di raggioρ∗(s), e di centro x∗(s) + ρ∗(s)n∗(s). Definiamo ora la normale orientata alpiano osculatore detta binormale, tramite il versore:

b∗(s) = t∗(s)× n∗(s).

Consideriamo la derivata:

b∗(s)′ = t∗(s)× n∗(s)′ = χ∗(s)n∗(s),

dove si e usata l’ortogonalita di b∗(s) rispetto alla sua derivata, e dove ilnumero reale χ∗(s) e definito torsione della curva nel punto x∗(s). Se oracalcoliamo la derivata di n∗(s), si ha:

n∗(s)′ = (b∗(s)× t∗(s))′ = χ∗(s)n∗(s)× t∗(s) + b∗(s)× n∗(s)/ρ∗(s) =

= −χ∗(s)b∗(s)− (1/ρ∗(s))t∗(s).

Diamo ora due risultati utili per lo studio del moto relativo e del gruppoSO(3).Lemma 1: Sia data una famiglia continua ad un parametro di matrici or-togonali R(t), t ∈ I dove I e un intervallo aperto di R, con R(a) = 1, a ∈ I,allora d(t) = detR(t) ≡ 1 per ogni t ∈ I.Dimostrazione. La continuita di R(t) implica la continuita di d(t). Poiched(t) puo assumere solo i due valori ±1, ed essendo d(a) = 1, necessariamented(t) = 1 per tutti i t.

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Lemma 2. Se la famiglia del lemma precedente e anche differenziabile, al-lora, per qualunque t ∈ I:RRt = A = −At e antisimmetrica. Per t = a, si ha in particolare:

˙R(a) = A = −At.Dimostrazione. Essendo R(t)Rt(t) ≡ 1 si ha:

RRt = −RRt = −(RRt)t.

Nota: Da RtR = 1 si ottiene ovviamente che anche A′ = RtR = RtAR eantisimmetrica.Varieta differenziabile. Coordinate locali.Definizione (vedi il libro di V. Arnold ”Metodi matematici dellameccanica classica”). Su un insieme M e definita una struttura di varietadifferenziabile se M e munita di una collezione finita o numerabile di cartecompatibili tali che ciascun punto sia rappresentato almeno su una carta. Percarta si intende un dominio aperto U di <n ed una applicazione biiettiva fda U ad un sottoinsieme f (U ) di M. In questo modo le coordinate cartesianeq di U ⊂ <n vengono usate come coordinate locali su M: P = f(q). Unostesso punto di f (U ) puo essere rappresentato anche su un’altra carta definitadall’insieme U ′ e la funzione f ’. Supponiamo quindi che esista un sottoinsiemeaperto V di U ed un sottoinsieme V ′ di U ′ per cui coincidano le immagini:f(V ) = f ′(V ′) in M. Quindi esiste l’applicazione invertibile f−1 f ′ da V ′ aV . Due carte sono compatibili se tutte le applicazioni di questo tipo e le loroinverse sono differenziabili. La collezione di carte, se queste sono compatibili,si dice atlante. Due atlanti sono equivalenti se la loro unione e un atlante.Una varieta differenziabile e una classe di equivalenza di atlanti. Il numero nrappresenta la dimensione della varieta ed e detto numero dei gradi di liberta.Un intorno di un punto P di M sara l’immagine f(V ), dove V e un intornodi q = f−1(P ).Varieta immersa.Si dice che il sottoinsieme M dello spazio euclideo di dimensione k: Ek e unavarieta immersa di dimensione n se in un intorno U di un qualunque puntofssato a ∈ M esiste un sistema di coordinate locali: q(x) = (qj(x))j=1,..,k

differenziabili, per cui le equazioni che fissano il valore di una parte dellecoordinate: (qj(x) = qj(a))j=n+1,..,k definiscono la varieta nell’intorno.Si noti che la condizione che definisce le coordinate locali e che i gradientidelle diverse coordinate siano linearmente indipendenti tra loro per cui sipossa esprimere univocamente la funzione inversa differenziabile x = f(q)

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che rappresenta una carta.Ricordiamo che, data una funzione differenziabile a valori reali: F (x), definitasu Rk, il gradiente di F e il vettore che ha per componenti la derivate parziali:∇F = Σj∂jFej.Ritornando alle coordinate locali, se i gradienti delle coordinate calcolatiin un punto sono linearmente indipendenti tra loro, allora la matrice dellederivate parziali non e singolare: B = (∂jql)jl. Questa ultima condizionegarantisce l’esistenza delle funzioni inverse differenziabili fj(q), con matricedelle derivate parziali definite da: (∂lfj)lj = B−1 (vedi il libro di Spivak:”Calculus on Manifolds”, Benjamin, New York, 1965, pag. 34). Infatti lafunzione composta q(f(q)) = q ha per gradiente la matrice identita, e perla regola della catena: ∇xq∇qf = 1. Si definisce spazio tangente ad M ina ∈ M : TMa il sottospazio di Ek definito dalle velocita in a dei moti suM . Sia x(t) ∈ M, t ∈ (−c, c), c > 0 differenziabile con x(0) = a, il vettoreξ = x(0) appartiene allo spazio tangente TMa. Una base di questo spazio edata dai versori t = x(0)/s(0) ottenuti sempre dalle velocita dei moti regolaridei punti che non escono da M e che hanno velocita non nulla. I moti di questotipo si possono scrivere tramite i moti su una carta: x(t) = f(q1(t), ..., qn(t)),per cui x(0) = Σj(Σl∂lfj(q1(0), ..., qn(0))ql(0))ej. I vettori di questo spazio,di dimensione n, sono ortogonali ai gradienti delle funzioni coordinate localiche definiscono la varieta: ∇qj(x), j = n + 1, .., k calcolati nel punto a ∈ M .Infatti deve essere qj(x(t)) = cj, j = n + 1, ..., k dove le cj sono costanti.Quindi in generale vale ∇qj.x ≡ 0 che per t = 0 diventa ∇qj(a).ξ = 0. Ilquadrato della velocita s(0)2 e una forma quadratica definita positiva dellevelocita delle coordinate locali:

s(0)2 = Σl,i(Σj,m∂lfj(q1(0), ..., qj(0))∂ifm(q1(0), ..., qn(0)))ql(0)qi(0).

Una varieta immersa dotata di questa forma quadratica si dice varieta Rie-manniana.Esempio. La sfera S2 e una varieta differenziabile immersa in E3, definitadalla condizione q3(x) ≡ ρ(x) ≡ |x| = 1. Un aperto della sfera e rappresen-tato su un aperto di <2 tramite una carta con dominio−π < φ < π, 0 < θ < πed immagine definita dai valori delle coordinate cartesiane dei punti dellospazio che appartengono alla sfera: f(φ, θ), dovef1(φ, θ) = cos θ cos φ,f2(φ, θ) = cos θ sin φ,f3(φ, θ) = sin θ.Lo spazio tangente in un punto x della sfera e definito dalle velocita dei

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moti sulla sfera che passano per il punto stesso all’istante considerato. Nonessendoci limitazioni al variare degli angoli in un intorno del punto dato, lavelocita (φ, θ) delle coordinate e un punto qualunque di <2. Nello spazio E3

il piano tangente in un punto, definito come sopra in termini degli angoli, erappresentato dalle velocita delle componenti:x1 = cos θ cos φθ − sin θ sin φφ,x2 = cos θ sin φθ + sin θ cos φφ ex3 = sin θθ.Notiamo che la carta considerata lascia scoperto un solo meridiano. Altrecarte compatibili sono date da carte simili alla precedente ottenute ruotandol’asse polare che definisce gli angoli. Ad esempio, portando il versore e3 su e1

si ha una nuova funzione che definisce una nuova carta: f ′ con f ′1 = f3, f′2 =

f1, f′3 = f2. Questa carta lascia scoperto mezzo equatore. Se questo mezzo

equatore non interseca il meridiano dell’altra, con queste due carte si e ot-tenuto un atlante della intera sfera. Evidentemente la nuova carta individuacon gli stessi angoli punti diversi, ma questo non e un problema.Lo spazio tangente alla sfera come l’insieme dei vettori normali al gradientedi ρ(x) =

√x.x che vale ∇ρ(x) = x/ρ. Per costruire lo spazio tangente basta

considerare che i punti della sfera sono rappresentati da vettori di modulo 1.Un qualunque moto differenziabile e rappresentato da una famiglia di ver-sori x(t). Si avra quindi x(t).x(t) = 0. Nel punto x i moti di questo tipoavranno velocita normali a x stesso, e la loro unione sara il sottospazio diE3 di dimensione 2 normale a x. Lo possiamo rappresentare tramite il pianogeometrico tangente alla sfera nel punto considerato.Nota. Il gruppo SO(3) ha una struttura di varieta differenziabile di di-mensine 3 se si prendono per coordinate locali gli angoli di Eulero ed unacarta: f(φ1, φ2, θ) = R, definendo univocamente gli angoli come numeri re-ali su aperti: (−π < φj < π, j = 1, 2; 0 < θ < π). Si possono considerareanche altre carte Uj, fj definite dagli angoli di Eulero delle matrici R oppor-tunamente ruotate: f(φ1, φ2, θ) = RjR, e successivamente riportate al lorovalore: fj(φ1, φ2, θ) = Rt

jf(φ1, φ2, θ). La varieta SO(3) e immersa nello spazio<9 delle matrici (3× 3). L’equazione matricialeB = RtR− 1 = 0rappresenta 6 equazioni scalari indipendenti (essendo B simmetrica). Tramitequesta equazione matriciale si possono fissare 6 coordinate locali indipendentie definire la varieta del gruppo ortogonale O(3) avente due parti connesse,di cui una, definita dal determinante unitario, e la varieta M = SO(3). Lospazio tangente TMR e definito dallo spazio lineare delle matrici antisim-

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metriche moltiplicate per R: AR ∈ TMR per ogni A = −At. A sua voltauna matrice antisimmetrica e associata univocamente ad un vettore ω dettovelocita angolare: Aa = ω × a.Moto relativoIl moto del punto puo essere visto in due sistemi di riferimento diversi: unoche consideriamo fisso ed uno in moto rispetto a questo. Il moto del sistemadi riferimento mobile, che si muove in modo continuo e differenziabile duevolte, e coincide con quello fisso a t = 0, mantiene l’orientazione di quellofisso, e quindi si ha Σ = (O, (ej)j) e Σ′ = (O′, (rj)j), con O′ −O = y. Possi-amo considerare separatamente il moto di traslazione (rispetto al moto dirotazione) del sistema mobile.a)Sia ej = rj, j = 1, 2, 3. In questo caso si ha:x = P −O = P −O′ + O′ −O = x′ + y,cioe la posizione assoluta e la somma della posizione relativa e dello sposta-mento del sistema mobile. Se il moto e differenziabile due volte, si ha:v = x = x′ + y = vr + vt,da cui si ricava che la velocita assoluta e la somma della velocita relativa edella velocita di trascinamento. Derivando ancora si ha la stessa relazionetra le accelerazioni. Le cose non sono cosı semplici nel caso delle rotazioni.

b) Sia O = O′,x = Σjxjej = Σjx

′jrj = Rx′ = RΣjx

′jej,

per cui la relazione tra la posizione assoluta x e quella relativa x′ e data dax = Rx′.Consideriamo che tutto sia dipendente dal tempo in modo differenziabile duevolte. Si ha:v = xRA′x′ + Rx′ = Rω′ × x′ + Rx′ = vt + vr

che e simile alla espressione analoga per il caso delle traslazioni. Le cosecambiano se guardiamo le accelerazioni:a = v = R(A′)2x′ + RA′x′ + 2RA′x′ + Rx′.Guardiamo ora tutti i vettori sulla base ruotante applicando a sinistra Rt.Si ha:Rta = a′ = a′t + a′c + a′r,dove,a′t = (A′)2x′ + A′x′ = ω′ × (ω′ × x′) + ω′ × x′

e la accelerazione di trascinamento il cui primo termine e detto acceler-azione centrifuga e a′r = x′ e la accelerazione relativa. Resta il termineac = 2ω′ × x′ = 2ω′ × v′r

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che rappresenta la accelerazione complementare o di Coriolis. In unsistema terrestre si puo evidenziare il moto di rotazione della Terra tramitela accelerazione di Coriolis che non era nota al tempo di Galileo. Si noti chegli effetti del moto della Terra sono relativamente piccoli perche |ω′| = |ω| =2π(giorni)−1 = (2π/86400)s−1. Per quello che riguarda la accelerazione cen-trifuga, dalla identita del triplo prodotto vettoriale, si ha: ω′ × (ω′ × x′) =−(ω)2y, dove y = x′ − ω−2(ω′.x′)ω′ e la proiezione di x′ sul piano normalea ω′. L’effetto di questa accelerazione non e trascurabile perche compare ladistanza dall’asse terrestre: all’equatore e circa 300 volte piu piccola dellaaccelerazione di gravita ed e diretta in senso opposto. Pensiamo ora adun caso estremamente semplice di sistema meccanico, un corpo ovvero unoggetto la cui estensione spaziale si riduce ad un punto, cioe (P, m): unpunto materiale che si trova in P ed ha massa m. Questo oggetto non sipuo deformare e non puo ruotare, ma puo spostarsi nello spazio, ed anchese avviene raramente, puo avere massa variabile. La Meccanica e basata suquesto concetto matematico che puo simulare molto bene un sistema fisicoreale. Basti pensare che a certi fini meccanici un corpo esteso come la Terrapuo essere considerato un punto materiale. Possiamo poi anticipare che apartire da un sistema di questi punti materiali sapremo costruire sistemimolto piu prossimi a sistemi reali come i corpi rigidi, di cui pure daremoil comportamento. Veniamo quindi alle leggi della Meccanica nella formu-lazione di Newton.Si intende che queste leggi valgono in un sistema inerziale, per cui premet-tiamo:

Postulato: esiste un sistema inerziale.Commento. Un sistema terrestre basato su uno spigolo di una stanza puoessere considerato inerziale per esperimenti di durata molto breve (rispetto aun giorno). Comunque, gli effetti non inerziali dovuti ai moti principali dellaTerra sono noti e possono essere sottratti. Un sistema centrato sul centro delSole e basato sulla direzione delle stelle e ancora piu prossimo ad un sistemainerziale.

Legge I. L’impulso di un punto materiale isolato e costante.Dove l’impulso e p = mv, v e la velocita x. Si noti che, salvo casi particolari,intenderemo costante la massa, per cui anche la velocita e costante. Il con-cetto di punto materiale isolato si riferisce al caso limite di distanza infinitadagli altri corpi. Dal punto di vista pratico possiamo dire che per tempi di

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qualche minuto il moto di traslazione di un corpo celeste come Plutone nonvaria sensibilmente la sua velocita. Naturalmente per tempi dell’ordine diun anno terrestre si vede che la velocita cambia visibilmente la direzione, senon il modulo, per via della interazione gravitazionale con il Sole e con glialtri paneti. Una biglia di metallo appoggiata su una supefice di ghiaccioperfettamente liscia ed orizzontale soddisfa molto bene alla legge, anche sein questo caso lo spazio in cui avviene il moto e di dimensione 2.

Legge II. La variazione temporale dell’impulso di un punto materiale e datada:

p = f ,

dove f e la forza agente sul punto.Nel caso di massa costante ovviamente p = ma, dove a e l’accelerazione:a = v.Perche la legge non sia tautologica, o non si riduca ad una pura definizionedobbiamo avere una nozione di forza indipendente dall’effetto dinamico datodalla legge. Si noti che il concetto di forza deriva dalla forza muscolare. Quici si basa sulla ripetibilita e sulla possibilita di modificare un esperimento.Inoltre si possono fare misure statiche di forza usando le proprieta di elas-ticita dei corpi rigidi reali. Un filo (o meglio una molla metallica) con unestremo fissato, puo essere allungato tramite una forza, anche muscolare,applicata all’altro estremo. Questo effetto si utilizza per costruire un di-namometro capace di dare una misura statica della intensita di una forza.La direzione della forza e indicata dalla direzione indotta sul filo, ed il versosara quello che va dall’estremo fissato a quello soggetto alla forza. Quindi, po-tendo ripetere l’esperimento, prima faremo la misura statica della forza, poivedremo l’effetto dinamico sul punto materiale. L’accelerazione impressa alpunto permette di determinarne la massa inerziale che compare nella legge II.

Legge III di azione mutua. In un sistema isolato costituito da due punti,di posizione e massa dati da: (x1,m1) e (x2,m2) rispettivamente, il punto 2agisce sul punto 1 con una forza f = |f |e dove e = x21/|x21| e x21 = x2 − x1

per x21 6= 0. Analogamente la forza dovuta al punto 1 che agisce sul punto2 e data dalla stessa espressione scambiando i due punti, cioe dalla forzaopposta −f .

Questa legge e basata sulla simmetria esistente nel caso di punti uguali e

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sulla base sperimentale dell’ inerzia del baricentro di un sistema isolato. Ri-cordiamo che erano noti a Newton alcuni dati sperimentali provenienti dallostudio dell’urto elastico di due corpi materiali.Notiamo che la relativita galileiana vale se anche il modulo delle forze dipendesolo dalla posizione e velocita relativa tra i punti: |f | = F (x12, x12). In casiparticolari, come quello dell’oscillatore armonico, e definita la forza anchequando i due punti coincidono ed il valore della forza e nullo.Si puo considerare necessaria un’altra legge:Legge IV della composizione delle forze. Se su un punto materialeagiscono due forze distinte f1 ed f2, l’effetto di queste forze equivale a quellodella loro somma vettoriale f = f1 + f2.Questa legge significa che l’accelerazione e data dalla somma vettoriale delleaccelerazioni provocate dalle singole forze.

Il problema principale della meccanica dei punti materiali non vincolati (ve-dremo in seguito che nel caso di presenza di vincoli vale un nuovo principiodetto dei lavori virtuali) consiste nel definire le leggi di forza e cercare i moticome soluzioni delle equazioni date dalla legge II.I moti sono ottenibili univocamente, almeno localmente, dai dati iniziali diposizione e velocita se valgono delle condizioni di regolarita richieste per averela soluzione univoca delProblema di Cauchy.Nota 1.La dipendenza dei moti dai dati iniziali, come proprieta indipendente dalleleggi di forza, non era molto chiara agli antichi e non e molto intuitiva nep-pure oggi. Infatti non e immediato capire che un satellite non cade sullaTerra solo per via dei dati iniziali.Nota 2.Il determinismo della meccanica classica significa che il dato iniziale e le leggidi forza determinano univocamente il moto. Questo in realta vale a meno diun punto tecnico. Ci devono essere delle proprieta di regolarita di queste leggiperche questo sia vero. Questo punto non e preoccupante dal punto di vistafisico in quanto le leggi di forza fondamentali sono generalmente analitichese si escludono eventi di urto diretto di punti materiali.Cenni sui Teoremi di Peano e di Picard (vedi il libro di Kolmogorov-Fomin).E’ conveniente trasformare il sistema di 3 equazioni della legge II in un sis-tema di 6 equazioni differenziali ordinarie del primo ordine. Poniamo v = x

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e y = (x,v), allora l’equazione vettoriale mx = F(x, x, t) diventa il sistemadi equazioni vettoriali:

x = v = (1/m)φ(x,v, t),

che puo essere scritto:

y = f(y, t).

Il problema di Cauchy e definito aggiungendo la condizione iniziale, che senzaridurre la generalita si puo porre uguale a 0:

y(0) = y0 = 0.

1)Il teorema di Peano afferma che esiste una soluzione (non necesariamenteunica) se la funzione f e continua. La dimostrazione di questo teorema si basasulla spezzata di Eulero e sulla prova della sua convergenza per lunghezzadei segmenti tendente a zero ottenuta tramite il teorema di Arzela.La spezzata di Eulero e definita in questo modo: Il primo punto e y(0) = 0,segue un tratto lineare fino a giungere a y(t1) = f(0, 0)t1, e dopo un altrotratto lineare si giunge a y(t2) = f(y(t1), t1)(t2− t1)+y(t1), e cosı di seguito.2)Il teorema di Picard afferma che esiste una unica soluzione locale: per|t| ≤ ε con |y(t)| ≤ M , se la funzione f e continua in t e lipschitziana (quindianche continua) in y, cioe esiste una costante c > 0 tale che

|f(y, t)− f(z, t)| ≤ c|y − z|,

Per |t| ≤ ε, |y|, |z| ≤ M . Una funzione continua definita su un compatto elimitata per cui esiste un K > 0 tale che

|f(y, t)| ≤ K

per |t| ≤ ε e |y| ≤ M . La dimostrazione si basa sul passaggio alla equazioneintegrale

y(t) =

∫ t

0

f(y(τ), τ)dτ.

Si considera lo spazio completo D delle funzioni continue definite sul com-patto |t| ≤ ε, con la condizione y(0) = 0, limitate uniformemente da |y(t)| ≤

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M con la metrica definita da ρ(y, z) = maxt |y(t) − z(t)|. Limitamdo op-portunamente ε si puo dimostrare che l’operatore F che opera sullo spazio Ddefinito da:

Fy(t) =

∫ t

0

f(y(τ), τ)dτ

e una contrazione. L’operatore F e una contrazione se vale la diseguaglianza:

ρ(Fy,Fz) ≤ αρ(y, z)

con α < 1. Si tratta di limitare a priori il valore di ε in modo che cε = α < 1.Poi, eventualmente diminuendo ancora ε, si verifica che effettivamente vale :

|y| ≤ Kε ≤ M.

Infatti l’equazione integrale garantisce che |y(t)| ≤ Kt se |f(y,t)| ≤ K.Diremo che y e un punto fisso per F se vale: Fy = y. Notiamo che se sidimostra che esiste un unico punto fisso y si dimostra anche il Teorema diPicard. La dimotrazione quindi segue dalTeorema del punto unito o Principio di contrazione che dice: Qualunquecontrazione definita su uno spazio metrico completo ammette un punto fissoed uno solo.Commento. Si noti che la dimostrazione del teorema del punto fisso ecostruttiva per cui si ha anche un metodo generale per trovare la soluzionelocale.Dimostrazione. Scegliamo una funzione di prova qualunque y0, ad esempioidenticamente nulla, Fny0 = yn → y con Fy = y, dove Fn rappresenta lacomposizione di F fatta n volte. La successione (yn)n e di Cauchy e quindiammette un solo limite per n → ∞. Per qualunque numero naturale k, ilnumero ρ(yn+k,yn) tende a 0 per n → 0. Infattiρ(yn+k,yn) ≤ αnρ(yk,y0) ≤ αn(ρ(y1,y0) + ... + ρ(yk,yk−1) ≤ αn(1 + α +...+αk)ρ(y1,y0) ≤ αn(1−α)−1ρ(y1,y0). Il punto limite y e un punto fisso, equindi una soluzione dell’equazione. Infatti, per ogni ε positivo, si trova unn per cui:

ρ(Fy,y) ≤ ρ(Fy,Fyn) + ρ(yn+1,y) ≤ αρ(y, yn) + ρ(yn+1,y) ≤ ε,

essendo y il limite della successione (yn)n per n → ∞. Le soluzioni nonpossono essere due diverse tra loro in quanto la loro distanza deve essere

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minore o uguale ad α < 1 per la distanza stessa, condizione che vale solo perdistanza nulla.Regolarita delle soluzioni. Notiamo che le le soluzioni del problema diCauchy y(t) sono continue, e che, data la continuita della legge di forzaf , l’equazione impone la continuita della derivata prima di y(t). Quindi,tornando al problema originario dei moti x(t), anche le accelerazioni dei motix(t) sono continue.Naturalmente, se la legge di forza ha una maggiore regolarita, questa si riflettesui moti. Per dimostrarlo basta derivare l’equazione del moto nel caso che fsia di classe C1, ottenedo:

y = z

z =∑

j

(∇yfj(y, t).z)ej + ∂tf(y, t).

Riportando i due sistemi di equazioni ad un sistema per la funzione incognita(y(t), z(t)), allo stesso modo del caso originale si dimostra che z(t) e di classeC1, e quindi y(t) e di classe C2.Per quello che riguarda la dipendenza dai dati iniziali, si noti che questi en-trano come un vettore costante addittivo, quindi in modo continuo, nelladefinizione dell’operatore integrale continuo Fy0 = F + y0. Quindi ci sarauna dipendenza continua del moto ottenuto come punto fisso del funzionale.Questa dipendenza sara uniforme sul compatto in cui si dimostra l’esistenza,ma non necessariamente sulla soluzione massimamente prolungata, eventual-mente anche a tutto < (soluzione globale). Questo problema riguarda lastabilita dei moti.Si puo anche considerare la dipendenza dei moti da altri parametri contenutinella legge di forza. Si puo dimostrare in modo analogo che la regolarita delladipendenza dei moti e la stessa di quella che si ha nella legge di forza.Classi di equazioni differenziali solubili.Diciamo che tutte le funzioni che appaiono nelle equazioni sono di classe al-meno C1 salvo che non si dica espressamente il contrario.Equazioni unidimensionli autonome.In questo caso l’equazione

x(t) = f(x(t))

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ammette soluzione locale x(t) con x(0) = x0 se f(x0) 6= 0 tramite l’inversadella soluzione:

t(x) =

∫ x

x0

(1/f(ξ))dξ

su un aperto I di x su cui la f(x) si mantiene diversa da 0. La funzione t(x)puo quindi essere invertita localmente dando la soluzione x(t) sulla immaginet(I) dell’aperto I.Discussione sulla estensione della soluzione secondo Weierstrass.Supponiamo che l’equazione sia del primo ordine ma piu ambigua perchederivante da un’espressione in cui la velocita appare al quadrato (come quelladerivante dalla conservazione dell’energia, per cui g(x) = (2/m)(E−V (x))):

x(t) = ±f(x(t)) = ±√

g(x).

Il segno viene deciso inizialmente dalle condizioni iniziali ed in seguito percontinuita, in quanto si chiede che la soluzione x(t) sia di classe C2, essendog(x) di classe C1 (questa proprieta di regolarita puo non valere sempre per laf(x)). Quindi il segno puo cambiare solo quando x(t) raggiunge un punto diazzeramento di g(x), secondo le modalita discusse nel seguito. Supponiamoquindi di iniziare con il segno +, e quindi di avere un primo tratto di soluzionedefinito da:

t(x) =

∫ x

x0

(1/f(ξ))dξ.

Supponiamo inoltre che la funzione f(x) si azzeri all’estremo superiore x1 = 0dell’intevallo I. Supponiamo inoltre che g(x) > 0, per x ∈ I con g(0) = 0. Sipresenta quindi un’alternativa: a) la derivata di g si annulla in 0: g′(0) = 0,b) viceversa la derivata di g non si annulla in 0: g′(0) = −c2 < 0. Nel caso a)il moto x(t) e di tipo asintotico e tende ad x1 = 0 senza mai raggiungerlo. Inquesto caso non si pone quindi il problema di estendere la soluzione trovata.Nel caso b) il moto x(t) giunge in 0 ad un tempo finito

t1 =

∫ 0

x0

(1/f(ξ))dξ.

Per decidere quale e la continuazione del moto, deriviamo l’equazione delmoto, ottenendo l’espressione della accelerazione (che nel caso citato sopra

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non e altro che la legge del moto di Newton x(t) = −V ′(x(t))):

x(t) = f ′(x(t))x(t) = f ′(x(t))f(x(t)) =1

2g′(x(t)),

da cui si vede che essa vale −c2/2 al limite di t = t1 e quindi per continuitae negativa per tempi prossimi a t1. Questo vuol dire che la velocita x(t) =∫ t

t1x(τ)dτ , nulla a t = t1 diventa negativa per t− t1 piccolo positivo. Quindi

si ha un intervallo di tempo per cui vale il segno meno nella equazione delmoto e la soluzione continua secondo la nuova soluzione locale definita da:

t(x) = t1 −∫ x

x1

(1/f(ξ))dξ = t1 +

∫ x1

x

(1/f(ξ))dξ.

Si avra quindi una nuova discussione dello stesso tipo se la f(x) si annullaanche nell’estremo inferiore x2 dell’intervallo I.Equazione unidimensionale separabile.Sia:

x(t) = f(x)f1(t)

ammette soluzione locale x(t) con x(0) = x0 se f(x) 6= 0 in x0 e quindi inun intorno I di x0. Chiamiamo G(t) =

∫ t

0f1(τ)dτ. La funzione Fx0(x) =∫ x

x0(1/f(ξ))dξ e localmente invertibile. Per separazione delle variabili si ot-

tiene:Fx0(x(t)) = G(t)

e quindi:x(t) = F−1

x0(G(t)).

Equazioni lineari omogene a coefficienti costanti.Se l’equazione e del tipo:

y(t) = Ay(t),

la soluzione generale e:

yy0(t) = G(t)y0 = exp(At)y0.

Si vede chiaramente che le soluzioni dipendono linearmente dalle condizioniiniziali, e quindi costituiscono uno spazio lineare di dimensione uguale

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a quello dello spazio delle fasi.Equazioni lineari omogenee del secondo ordine: Wronskiano.L’equazione si puo mettere nella forma;

y(t) = A(t)y(t)

in uno spazio delle fasi bidimensionale, e A(t) = (ajk)jk e una matrice 2 per2. Definiamo soluzioni fondamentali quelle con condizioni iniziali date daiversori di base: yj(t) = yej

(t), dove e1 = (1, 0), e2 = (0, 1). La soluzionegenerale puo essere espressa come yy0(t) = W(t)y0, dove

W(t) = (y1(t)y2(t)) =

(x1(t) x2(t)v1(t) v2(t)

),

e la matrice wronskiana delle due soluzioni fondamentali il cui determinante,detto wronskiano delle due soluzioni fondamentali: detW(t) = w(t) =x1(t)v2(t) − v1(t)x2(t), soddisfa all’equazione unidimensionale dello stessotipo: w(t) = x1(t)v2(t) − v1(t)x2(t) = a22(t)w(t) con condizione inizialew(0) = 1 per cui ha espressione w(t) = exp(

∫ t

0a22(τ)dτ) ed e sempre non

nullo. Analogamente il wroskiano tra due soluzioni qualunque sara semprediverso da 0 se lo e a t = 0, nel qual caso si dira che le due soluzioni sonolinearmente indipendenti.Equazioni lineari omogenee a coefficienti costanti.Se il sistema di equazioni e del tipo lineare omogeneo con coefficienti costanti:

y(t) = Ay(t),

la soluzione generale e data da

y(t) = G(t) = exp(At)y0,

dove per soluzione generale si intende una famiglia di funzioni dipendenteda n parametri indipendenti (in questo caso i dati iniziali y0 = y(0)) cheesprime tutte le soluzioni possibili della equazione differenziale al variare deiparametri. La soluzione generale in questo caso esprime anche esplicitamenteil gruppo delle trasformazioni lineari generate dal moto nello spazio delle fasi:

St(y) = G(t)y = exp(At)y.

Si verificano immediatamente le proprieta di gruppo per St tramite quelleche valgono per gli operatori lineari G(t): G(0) = 1, G(t)G(s) = G(t + s).

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Nel caso delle equazioni del moto nello spazio delle fasi, il gruppo di trasfor-mazioni St(y) si chiama flusso.Equazioni lineari a coefficienti costanti con un termine non omoge-neo. Sia data l’equazione

y(t) = Ay(t) + b(t).

La soluzione generale di questa equazione e data dalla soluzione generale dellaequazione omogenea associata, piu una soluzione particolare dell’equazionecompleta. Abbiamo visto che la soluzione generale della equazione omogeneae data da:

yy0(t) = G(t)y0,

dove G(t) = exp(At). La soluzione particolare, che corrisponde al dato in-iziale nullo y0 = 0, e data da

y0(t) =

∫ t

0

G(t− τ)b(τ)dτ,

come si verifica facilmente. La soluzione generale e quindi:

yy0(t) = G(t)y0 + y0(t).

Equazioni lineari omogenee del secondo ordine a coefficienti costanti.Come caso particolare consideriamo la singola equazione del secondo ordinea coefficienti costanti e ne studiamo le soluzioni in modo piu diretto, usandoil metodo della equazione caratteristica. Sia data l’equazione:

ax(t) + bx(t) + cx(t) = 0

Verifichiamo se esiste una soluzione esponenziale x(t) = exp(λt) tramite lesoluzioni dell’equazione algebrica detta equazione caratteristica per λ:

aλ2 + bλ + c = 0.

Se la’equazione caratteristica ammette due soluzioni distinte abbiamo duesoluzioni indipendenti della equazione differenziale. Se vi e una sola soluzionedoppia λ0 per l’equazione caratteristica, abbiamo una sola soluzione esponen-ziale per l’equazione differenziale e quindi dobbiamo cercare un’altra soluzine

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indipendente del tipo x(t) = t exp(λt), che viene verificata come tale. In-fatti x(t) = λx(t) + exp(λt) e x(t) = λ(λx(t) + 2 exp(λt)). Si ottiene quindil’equazione:

t(aλ2 + bλ + c) + 2aλ + b = 0.

Qesta equazione e soddisfatta per tutti i t se vale l’equazione caratteris-tica e se vale la nuova equazione ottenuta da questa derivando rispetto a λ:2aλ + b = 0 Anche questa equazione derivata e soddisfatta dalla soluzionedoppia dell’equazione caratteristica: λ0 = −b/2a. Si hanno quindi le duesoluzioni indipendenti: x1(t) = exp(λ0t), x2(t) = t exp(λ0t).

Gruppo delle traslazioniPer qualunque vettore b ∈ <3 si ha un operatore di traslazione Tb definitosu tutto lo spazio vettoriale <3 tale che Tbv = v + b per qualunque vettorev ∈ <3. Si verifica immediatamente che vale la proprieta di gruppo commu-tativo TcTb = TbTc = Tb+c.Gruppo di GalileoConsideriamo il gruppo delle traslazioni dipendenti dal tempo: Ttv.La relativita di Galileo e l’invarianza delle leggi della meccanica rispettoa questi due gruppi, oltre alle rotazioni.

Relativita ristretta.Alcuni secoli dopo Galileo, Maxwell ha mostrato che le equazioni dell’elettromagnetismocontengono una costante universale: c, il modulo della velocita della luce nelvuoto. In seguito Einstein si e accorto che questa costante viola l’invarianzadelle leggi fisiche per il gruppo di Galileo. Dovendo conciliare le leggi delcampo elettromagnetico con le leggi della meccanica che soddisfano alla rel-ativita di Galileo, ha pensato di modificare solo la meccanica ed il gruppodi trasformazioni che la lasciano invariante. Questo non contraddiceva leesperienze passate perche le velocita dei sistemi meccanici studiate in questeesperienze erano molto piu piccole della velocita della luce. Era pero neces-sario trovare una nuova relativita che al limite di piccole velocita tendesse inquelche modo alla relativita di Galileo. Ma il fatto notevole e stata la neces-sita di coinvolgere il tempo nel nuovo gruppo di trasformazioni, e non comevariabile indipendente, ma come oggetto del nuovo gruppo di trasformazioni,insieme allo spazio. In questo modo e morto il concetto di tempo assolutoed e nato quello si spazio-tempo, spazio di Minkowski, universo, ed i puntidi questo spazio hanno assunto il nome di eventi.

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Per costruire questa nuova relativita basata sulla conservazione della ve-locita della luce si nota che il gruppo di trasformazioni deve lasciare in-variato il fronte d’onda sferico prodotto da una sorgente luminosa accesanell’origine a tempo nullo. Il luogo di questi punti in un sistema di riferi-mento dell’universo, e quindi in ogni altro, e dato da: x2 − c2t2 = 0. Quindivuol dire che da un sistema all’altro si deve conservare il modulo quadro diun quadrivettore con metrica non definita positiva. Si puo mantenere unametrica positiva se si considera il quadrivettore complesso: z = (x, ict) dovei e la radice di −1 e t e moltiplicato per c per ragioni dimensionali. Se ilmodulo quadro di questo quadrivettore deve essere invariante sono ammessele rotazioni complesse in quattro dimensioni che si riducono a traslazioni diGalileo per velocita piccole nello spazio ordinario. Si trova quindi il gruppodi Lorentz. Se pensiamo di coinvolgere solo la componente x3 nella trasfor-mazione, in modo che al limite di velocita piccola si abbia una traslazionedi Galileo: x3 → x3 + vt, si arriva a considerare una matrice di rotazionecomplessa:

1 0 0 00 1 0 00 0 1/γ −iβ/γ0 0 iβ/γ 1/γ

,

dove β = v/c, γ =√

1− β2. Seguendo Minkowski, consideriamo il moto diun punto materiale e definiamo il quadrivettore spazio-tempo: z = (x, ict)ed il quadridifferenziale spotamento infinitesimo nello spazio-tempo: dz =(dx, icdt). La norma al quadrato del differenziale dz2 = dx2 − c2dt2 nondipende dal sistema di riferimento, per cui, supponendo che sia negativa, cioedi tipo tempo, esiste un sistema di riferimento, quello in cui non c’e sposta-mento spaziale, in cui diventa il quadrato del differenziale di un puro tempoche chiamiamo tempo proprio: dτ 2 = dt2 − dx2/c2 = dt2(1 − β2) = dt2γ2

dove β = |v|/c = |x|/c. Notiamo che il differenziale del tempo proprio egeneralmente minore di quello del tempo ordinario per cui si puo partire daqui per costruire la storia di due gemelli di cui uno compie un gran viaggioe torna molto piu giovane di quello che lo aspetta a casa (vedi il libro diL.Landau e E.Lifchitz ”Fisica teorica, volume II: Teoria dei campi”). Divi-dendo il quadrivettore infinitesimo (dx, icdt) per l’invariante infinitesimo dτ ,si ottiene il quadrivettore velocita : (v, ic)/γ. Moltiplicando questo vettoreper l’invariante positivo massa a riposo m0, cioe la massa nel sistema in cui

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il punto materiale e fermo, si ottiene il quadrivettore

(mv, imc) = (p, imc)

dove la massa e data da m = m0/γ ≥ m0.Questo quadrivettore, che contiene l’impulso come parte spaziale, ha unaparte temporale che puo essere identificata con l’energia (modulo potenze dic richieste dalle dimensioni) del punto materiale libero, come puo essere gius-tificato a posteriori. Identificando il nuovo quadrivettore con il quadrivettoreimpulso-energia, si ottiene:

(p, imc) = (p, iE/c),

cioe:E = mc2 = m0c

2/γ = m0c2 + m0v

2/2 + O(β2).

Si e ottenuto, modulo una costante, l’energia cinetica classica per velocitapiccola rispetto a quella della luce. Questo fatto giustifica l’identificazione cheabbiamo fatto della quarta componente di questo quadrivettore con l’energia.Inoltre, la costante, che in meccanica classica non e fissata, rappresenta lafamosa equazione di Einstein per l’energia di un punto materiale liberoa riposo in termini della massa a riposo.Torniamo ora alla meccanica classica, ed in particolare alla:Dinamica del puntoLegge di forza:Come abbiamo visto, possiamo ammettere leggi di forza del tipo f = f(x, x, t)anche se la dipendenza dal tempo indica che il sistema non e autonomo. Adesempio, se consideriamo l’effetto delle maree, cioe l’effetto della posizionedella Luna e del Sole, che non fanno parte del nostro sistema, e non sonoinfluenzati da questo, possiamo avere dipendenza dal tempo. Si definiscelavoro compiuto da una forza in un intervallo di tempo I = (0, t) per unmoto x(t), L(f ,x, I) =

∫ t

0f(x(τ),v(τ), τ).v(τ)dτ .

Consideriamo ora un sistema autonomocon legge di forza f = f(x, x). In particolare ci limitiamo al caso di una:legge di forza posizionale differenziabilecioe del tipo f = f(x), che considereremo sempre nel seguito di classe C1,per cui il lavoro e definito su un tratto di traiettoria di un moto L(f ,x, I) =∫ x(t)

x(0)f(x).dx, e consideriamo il caso di una

legge di forza conservativa

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per cui, data una qualunque curva chiusa regolare γ, si ha che il lavorototale della forza su un ciclo e nulla :

∫γf(x).dx = 0. Allora esiste una

funzione differenziabile (di classe C2) detta potenziale V = V (x), tale chef(x) = −∇V (x). Il potenziale e definito a meno di una costante addittiva, chesi puo fissare scegliendo il punto a e definendo il potenziale come l’oppostodel lavoro compiuto dalla forza per un qualunque tratto di curva regolare cheporta da a a x: V (x) = − ∫ x

af(x).dx.

Funzione lagrangiana. In un problema conservativo si definisce funzionelagrangiana la differenza tra l’energia cinetica e l’energia potenziale: L(x, x) =T (x)−V (x) = (1/2)mx2−V (x). Le equazioni del moto di Newton diventanole equazioni di Eulero-Lagrange:

d∇xL(x(t), x(t))/dt = ∇xL(x(t), x(t)).

Si definisce impulso: p = ∇xL(x(t), x) = mx, per cui, dato un moto: x(t)si ha un moto per l’impulso: p(t) = mx(t). Le equazioni di Eulero-Lagrangesi possono quindi scrivere:

p(t) = ∇xL(x(t), x(t)).

Considerando che la dipendenza dalle x e solo in V , si ritrovano le equazionidi Newton: p(t) = −∇V (x(t))Nota. Nel caso di spazio delle configurazioni unidimensionale n = 1, unalegge di forza posizionale e conservativa.Spazio delle fasi, funzione hamiltoniana, equazioni canoniche delmoto. Si consideri un moto x(t), con velocita v(t) = x(t), ed impulsop(t) = mv(t). Ad un istante fissato consideriamo l’energia cinetica : T =T (x) = (1/2)mx2 = (1/2m)p2 e l’energia totale come funzioni definite nellospazio delle fasi di coordinate y = (x,p). L’energia totale e detta funzionehamiltoniana: H(x,p) = T (p) + V (x) di classe C2. Chiamiamo spazio dellefasi la spazio Rn × Rn delle posizioni e degli impulsi, equivalente in questocaso alla spazio degli atti di moto: (x,v). Lo spazio <n delle posizioni xsi definisce anche, in un contesto piu ampio che vedremo nel caso dei motivincolati, spazio delle configurazioni. Calcoliamo il gradiente di H. Si ha:

∇yH(y) = ∇pT (p) + ∇xV (x) = (1/m)p− f(x).

Dato un moto del punto x(t), questo corrispondera ad un moto nello spaziodelle fasi y(t) = (x(t),p(t)). Il sistema di equazioni del moto nello spazio

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delle fasi, in termini della funzione hamiltoniana, diventa (equazioni canon-iche del moto):

x(t) = (1/m)p(t) = ∇pH(y(t)),

p(t) = −∇xH(y(t))

che si puo anche mettere nella forma:

y(t) = I∇H(y(t)) = F(y(t))

dove:

I =

(0n 1n

−1n 0n

)

e una matrice antisimmetrica reale 2n × 2n e le matrici 0n, 1n sono la ma-trice nulla e la matrice identita in dimensione n . Consideriamo quindi lavariazione nel tempo della composizione di H con il moto nello spazio dellefasi, cioe H(y(t)). Si ha:

H(y(t)) = ∇H(y(t)).y(t) = ∇H(y(t)).I∇H(y(t)) = H,Hpp(y(t)) = 0,

dove:

A,Bpp(y) = (∇xA(y)).∇pB(y)− (∇pA(y)).∇xB(y) = −B,App(y)

e la parentesi di Poisson di due grandezze fisiche differenziabili definitenello spazio delle fasi. Quindi l’hamiltoniana e una costante del moto. Con-sideriamo ora i dati iniziali y0 := y(0). Il valore costante di H sara dettoenergia totale E = H(y0). Se consideriamo la superficie di livello H−1

E =y; H(y) = E, abbiamo che il moto resta sempre sulla stessa superficie dilivello da cui parte. Quindi la conoscenza di una costante del moto ci perme-tte di restringere il moto su una superficie di dimensione 2n-1. La velocitanello spazio delle fasi:

F(y(t)) = I∇H(y) = ∇pT (p)−∇xV (x) = (1/m)p + f(x)

definisce lo spazio tangente alla superficie di livello nel punto y. Se escludi-amo dalla superficie di livello i punti critici in cui si annulla il gradiente di H,la superficie restante e una varieta di dimensione 2n-1 immersa nello spaziodelle fasi di dimensione 2n. Ciascun punto critico sara del tipo: yj = (xj,0),

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in quanto condizione necessaria per l’annullarsi della velocita nello spaziodelle fasi e che sia nullo l’impulso, e dove xj, detto punto di equilibrio nellospazio delle configurazioni, e un punto di stazionarieta del potenziale, rapp-resenta l’intera traiettoria di un moto stazionario: y(t) ≡ y0 = yj. Se conos-ciamo 2n-1 costanti del moto indipendenti, possiamo restringere il moto suuna curva che conterra l’intera traiettoria del moto.Supponiamo ora di avere un moto unidimensionale per cui n=1 e 2n-1=1 e laconservazione dell’energia totale per cui possiamo individuare la traiettorianello spazio delle fasi come una parte connessa della curva di livello.

Problemi conservativi unidimensionali.Consideriamo il metodo di discussione e ricerca della soluzione delle equazionidel moto basato sul grafico del potenziale e la curva di livello nello spazio dellefasi. Conviene riportare sul grafico del potenziale V (x), anche il grafico dellafunzione costante data dall’energia totale E. Un moto possibile sara di tipolegato cioe, in base ai dati iniziali, avverra tra due punti di inversione: x−, x+

della retta reale, con V (x) < E per x− < x < x+ e con V (x±) = E. In cor-rispondenza con questo intervallo di valori di x:I = [x−, x+], ci sara una trai-ettoria nello spazio delle fasi contenuta nella superficie di livello H−1(E) dellahamiltoniana, definita da: γ = (x,±p(x)), x ∈ I, p(x) =

√2m(E − V (x)).

Essendo V (x) differenziabile e minore di E nei punti interni di I, ed essendouguale ad E agli estremi, avremo per la derivata prima di V (x) agli estremiV ′(x+) ≥ 0 e V ′(x−) ≤ 0.Se su questa curva chiusa nello spazio delle fasi non ci sono punti critici, cioenon sono punti critici gli estremi (x±, 0), si ha V ′(x+) > 0 e V ′(x−) < 0.Vogliamo dimostrare che in questo caso si hanno moti regolari periodicinello spazio delle fasi e nello spazio delle configurazioni. Mentre nello spaziodelle fasi la velocita non si annulla mai, nello spazio delle configurazioni ilpunto arriva con velocita nulla nei punti di inversione ad un tempo finito eriparte poi in senso inverso: si ha la descrizione del moto di Weierstrass, conintegrazione locale del moto data dal metodo della separazione delle variabili.Ci saranno intervalli di tempo in cui la velocita x(t) e di segno definito e siha una integrazione locale della equazione del moto:

x(t) = ±√

2

m(E − V (x(t)),

equazione che si risolve localmente per separazione delle variabili, fissandoil segno per continuita a partire dalle condizioni iniziali che supponiamo del

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tipo x0, v0 con x0 punto interno di I e v0 > 0, e quindi ricavando la soluzioneinversa locale t(x):

t(x) =

∫ x

x0

dξ/√

(2/m)(E − V (ξ)).

Si noti che la singolarita dell’integrando agli estremi degli intervalli di oscil-lazione x± sono di tipo integrabile:

1/√

(2/m)(E − V (x)) = 1/√

(2/m)(V (x±)− V (x)) = O(|x− x±|−1/2)

per |x − x±| piccolo, in quanto i punti estremi non sono configurazioni diequilibrio.E’ chiaro che i tratti di soluzione t(x) sono invertibili, e permettono di ricavaretratti di soluzione diretta x(t). Questi tratti di soluzione x(t) vanno da unpunto di inversione ad un altro in un tempo finito. Sapendo che il moto nellospazio delle fasi ha sempre velocita non nulla, sappiamo anche che il motonelle x, nell’istante t+, quando arriva all’estremo superiore x+, con velocitanulla, riparte immediatamente in senso inverso. La discussione del moto allaWeirstrass, che non considera il moto nello spazio delle fasi, comprende unadiscussione su cosa succede nei punti di inversione. Discussione basata sulladerivata dell’equazione del moto ottenuta dalla conservazione dell’energia,che in questo caso e ovviamente l’equazione del moto di Newton:

x(t) = − 1

mV ′(x(t)),

da cui si deduce che la velocita cambia segno nei punti di inversione ed ilmoto riprede con l’opposta determinazione del segno per la velocita. Infattise E − V (x) si annulla in x+ partendo da valori positivi per x+ − x > 0piccolo positivo, V (x)′ e positiva in x+, e per continuita, in un suo intorno,e quindi la velocita x(t) =

∫ t

t+x(τ)dτ per t − t+ > 0 piccolo, e negativa. la

soluzione inversa continua quindi nel seguente modo:

t(x) = t(x+)−∫ x+

x

dξ/√

(2/m)(E − V (ξ)).

Continuando la stessa discussione ad x− si dimostra che il moto e periodicoe puo essere risolto completamente con due di questi tratti, ed il periodo e

T = 2

∫ x+

x−dx/

√(2/m)(E − V (x)).

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Nel caso in cui uno dei punti (x−, x+) e di equilibrio (ad esempio x−) siha un moto asintotico nello spazio delle fasi che tende al punto (x−, 0) in untempo infinito. Il moto nelle x ha un solo punto di inversione del moto: x+.Nel caso in cui entrambi i punti estremi del moto nelle x sono di equilibriosi hanno due moti asintotici senza punti di inversione del moto.Consideriamo il caso in cui la regione del moto non e limitata, ad esempiosi ha x+ = +∞. Supponiamo inoltre che il potenziale o e inferiormentelimitato, o comunque soddisfa alla limitazione: V (x) > −cx2, c > 0. Nelcaso in cui x− non e punto di equilibrio, il moto e asintotico da e per +∞,con legge oraria data al solito dall’inversa della funzione:

t(x) = t(x−) +

∫ x

x−dξ/

√(2/m)(E − V (ξ)),

per il moto asintotico verso l’∞, oppure:

t(x) = t(x0) +

∫ x0

x

dξ/√

(2/m)(E − V (ξ)),

dove x0 > x > x− per il moto verso x−. Nel caso in cui x− e un puntostazionario, si hanno due moti asintotici, uno monotono decrescente da +∞a x−, e l’altro monotono crescente da x− a +∞.Soluzioni globali, flusso. Supponiamo che la legge di forza di un problemaautonomo: f(x,p) = f(y) sia definita e differenziabile su tutto lo spazio dellafasi R2n. Come abbiamo visto le equazioni del moto ammettono soluzionilocali che possono essere continuate a soluzioni massimali. Le soluzioni mas-simali possono essere globali, cioe definite su tutto R. Le soluzioni dipendonolocalmente, in modo differenziabile, dai dati iniziali. Consideriamo la trasfor-mazione St,τ che opera sullo spazio delle fasi in modo che

Sτ+t,τ (y(τ)) = y(t + τ).

Siccome il problema e autonomo, le equazioni ed i moti sono indipendentidall’origine dei tempi. Quindi si ha che la trasformazione dipende solo dalladifferenza dei tempi, e quindi si puo dare la dipendenza da questa differenza:

Sτ+t,τ = St,0 = St.

Vale quindi la proprieta di gruppo:

St(Sτy(0)) = St(y(τ)) = y(τ + t) = St+τ (y(0)).

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Una traiettoria del moto e detta linea di flusso del sistema. Una parti-colarita notevole di questo flusso hamiltoniano e la divergenza nulla delcampo di velocita. Infatti si ha:

(∇.F(y))j = (∇.I∇H(y))j = Σkl(I)jk∂k∂lH(y) = 0

in quanto la matrice I e antisimmetrica mentre la matrice delle derivateparziali di H e simmetrica. Vedremo in seguito che questa proprieta de-termina il teorema di Liouville sulla invarianza dei volumi. In un sistemadefinito su uno spazio delle fasi bidimensionale le linee di flusso copronoil piano e hanno caratteristiche diverse. Ci possono essere curve infinite ecurve chiuse finite, e singoli punti critici yj = (xj,0) corrispondenti a motistazionari y(t) = y(0) = yj. Questi punti sono detti centri se corrispondonoa minimi di H, infatti sono al centro di infinite orbite chiuse finite. Un puntosingolare e detto di inflessione a cuspide se la componente spaziale xj e puntodi flesso di V e e detto punto a sella se xj e punto di massimo del potenziale.Questi due ultimi tipi di punti sono punti asintotici di moti particolari pert → ±∞. Le traiettorie di questi moti particolari sono dette separatrici.Ci sono due separatrici che partono o arrivano in un punto di inflessione acuspide e quattro ad un punto a sella.Reversibilita. Il principio di causalita ed il determinismo dicono che unacerta causa produce sempre un certo effetto. In meccanica questo vale nelsenso seguente. Date le equazioni del moto ed una condizione iniziale, segueun moto ben definito. Bisogna pero aggiungere che dato iniziale e dato finalesi possono invertire perche vale la reversibilita del moto. Data una equazionedel moto: x(t) = f(x(t))/m con condizioni iniziali: x(0) = x0, x(0) = v0, esoluzione x(t), si ha che anche x(−t) e soluzione delle stessa equazione conle condizioni iniziali: x(0) = x0, x(0) = −v0.Teorema di Liouville.Il teorema dice che il flusso hamiltoniano differenziabile considerato sopra,conserva i volumi nello spazio delle fasi. Piu precisamente, se A e un apertodello spazio delle fasi di volume |A|, St(A) = At ha volume costante: |At| =|A|. La dimostrazione viene data per completezza, ma gli studenti possonosaltarla.Dimostrazione. Sappiamo che per t piccolo: St(y0) = y = y0+I∇H(y0)t+

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O(t2). Inoltre

|At| =∫

At

dny =

A

|∇St(y0|dny0 =

A

|1 + ∇I∇H(y0)t + O(t2)|dny0 =

A

(1 + ∇.I∇H(y0)t)dny0 + O(t2),

dove |∇St(y0)| e lo jacobiano della trasformazione di coordinate y = St(y0)e (∇I∇H(y))k = Σj(I)kj∂k∂jH(y) e una matrice contenente derivate sec-onde di H la cui traccia , come abbiamo visto, e nulla: ∇.I∇H(y) =ΣjkIjk∂j∂kH(y) = 0 per l’antisimmetria di I e per la regolarita di H cherende simmetrica la matrice delle derivate seconde. Si noti che nella di-mostrazione si e usato il fatto che il determinante della somma della matriceidentita e di una matrice infinitesima dipende al primo ordine solo dalla trac-cia della matrice infinitesima: |1+εA| = 1+εΣjajj+O(ε2), dove A = (ajk)jk.

Quindi ˙|At| = 0, per t = 0, e allo stesso modo si dimostra per qualunque t.♣Sistema dinamico hamiltoniano.Consideriamo il caso in cui la regione dello spazio delle fasi definita da:A = y, H(y) ≤ a, a ∈ < ammetta un sottoinsieme connesso M com-patto, di volume |M | positivo, disgiunto dal resto di A (se non coincidecon A). Allora M e un sottoinsieme invariante dello spazio delle fasi <2n :St(M) = M, ∀t ∈ <, dove St e il flusso hamiltoniano generato dalle equazionicanoniche del moto, e la copppia (M, St) e per definizione un sistema dinam-ico hamiltoniano, o conservativo.Teorema dei ritorni di Poincare.Sia dato un sistema dinamico (M,St), allora per qualunque sottoinsiemeA ⊂ M di volume positivo |A| = V > 0, e t positivo, esistera un k naturaleper cui una parte di A di misura finita tornera in A: |(Ak = Skt(A))∩A| > 0.Dimostrazione. La successione di sottoinsiemi di M di volume V > 0, (Aj)j

avra unione ∪jAj ⊂ M di volume finito solo se vi sono coppie (Aj, Aj+k), dovek e un intero positivo, con intersezioni di volume positivo: |Aj ∩ Aj+k| > 0.Se trasformiamo l’insieme Aj∩Aj+k tramite S−jt, otteniamo l’insieme A∩Ak

di volume invariato, e quindi positivo.♣Nota. Come notato da Zermelo, il teorema di Poincare nega la possibilitadi avere fenomeni irreversibili in sistemi dinamici conservativi anche moltocomplessi. La meccanica statistica puo evitare questa legge tramite un limitea infinite particelle. Infatti in questo limite i tempi ”medi” di ritorno possonodivergere. Resta il fatto che nel caso di forze conservative la meccanica non

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e in grado di distinguere il passato dal futuro neppure al limite di infiniteparticelle.Definizione di stabilita dell’equilibrio secondo Lyapunov. Sia datauna configurazione di equilibrio xj, con ∇V (xj) = 0, ed il corrispondentepunto critico yj = (xj,0) su cui si annulla la velocita nello spazio delle fasi:F(yj) = 0. Diremo che la configurazione di equilibrio e stabile se e stabile ilmoto stazionario associato nello spazio delle fasi:y(t) ≡ yj nel senso di Lya-punov. Dato un flusso hamiltoniano definito da una hamiltoniana H in unospazio delle fasi <n, diremo che un moto yj(t) e stabile nel senso di Lyapunovse per ∀ε > 0, ∃δ > 0 tale che per qualunque moto y(t) con |y(0)−yj(0)| < δ,si ha |y(t)− yj(t)| < ε.Teorema di Dirichlet. Il teorema afferma che se xj e un minimo locale insenso stretto del potenziale, allora e anche una configurazione di equilibriostabile.Dimostrazione. Se xj e un punto di minimo locale in senso stretto delpotenziale, yj e un punto di minimo locale in senso stretto della hamiltoni-ana, e possiamo supporre che H(yj) = 0. Esistera quindi un γ0 > 0 tale cheper ogni γ > 0, γ < γ0 ci sara una componente connessa compatta Bγ dellaregione Aγ = y, 0 ≤ H(y) ≤ γ, isolata dal resto di A, se non coincidentecon A, e contenente yj come punto interno. Per la definizione stessa di min-imo locale in senso stretto si ha che per ogni ε > 0 esistera un γ > 0 per cuil’intorno di yj: Bγ e contenuto in una boccia con centro in yj e raggio ε econterra una boccia con lo stesso centro e raggio δ per un δ > 0 perche yj epunto interno di Bγ.Esempio 1. Sia V (x) = x2 − x3 per cui la derivata V (x)′ = 2x − 3x2 siannulla in 0 e in x = 2/3, con derivata seconda V (x)” = 2 − 6x positivaa 0 e negativa a 2/3. Quindi nell’origine dello spazio delle confisurazioni siha un minimo locale in senso stretto del potenziale, e la stessa cosa succedenell’origine dello spazio delle fasi. In x = 2/3 si ha un massimo del potenzialedato da 4/27. Quindi se il dato iniziale e tale che l’energia totale e minoredi questo valore, e la posizione iniziale x0 < 2/3, avremo che il moto dovrasoddisfare sempre a questa condizione: x(t) < 2/3. D’altra parte il motonello spazio delle fasi sara confinato in un aperto contenente l’origine e con-tenuto in un compatto. Per un ε > 0 piccolo, il dominio H(y) < ε2 ha unacomponente connessa che tende ad un disco aperto di raggio ε. Se quindi,per qualunque ε abbastanza piccolo, prendiamo il dato iniziale nell’intornodell’origine definito da |y0| < δ = ε/2, , si ha che il moto soddisfa semprealla condizione |y(t)| < ε. Per completare l’analisi del problema diremo che

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la curva di livello di energia 4/27 si spezza in un punto critico (2/3, 0) e intre separatrici, di cui una finita che tende al punto fisso per t → ±∞, edinsieme al punto critico delimita la regione dei moti periodici.Necessita delle condizioni di Dirichlet nel caso analitico. Nel casoanalitico un minimo locale e isolato, per cui necessariamente e un minimo insenso stretto o la funzione e costante. Nel caso di funzione costante bastaprendere un dato iniziale x0, p0 con |p0| = δ, e δ piccolo a piacere, per averegrandi spostamenti per tempi grandi: t >> 1/δ. D’altra parte un punto dimassimo o di flesso del potenziale non corrisponde certamente alla stabilitadell’equilibrio. Infatti basta spostare di poco la posizione iniziale per avereun moto che non rimane vicino al punto fisso del flusso. C’e sempre unatraiettoria del moto (separatrice) che ha il punto fisso come punto limite esu cui si ha una velocita non nulla in direzione opposta alla direzione delpunto fisso. Infatti solo nel caso di minimo un punto critico del potenzialee un punto isolato della curva di livello dell’hamiltoniana. L’hamiltonianasull’asse reale ha un minimo in direzione dell’asse delle p per qualunque x.Quindi se in una direzione dell’asse delle x il potenziale e calante, esiste unadirezione dello spazio delle fasi in cui l’hamiltoniana e costante. Piu precisa-mente l’andamento dell’hamiltoniana in un intorno del punto critico e deltipo: H(x0 + ε1, ε2) ∼ V (x0) + V (n)(x0)ε

n1/n! + (m/2)ε2

2 per cui si ha unaseparatrice nelle direzioni definite da p2(x) = ±xn. Quindi nel caso di n = 2si hanno a π/4, nel caso di n=3 si hanno in direzione dell’asse delle x.Esempio 2a: oscillatore armonico. Sia V (x) = x2 e la massa m=1/2,allora H(x, p) = x2 + p2 e l’intera curva di livello definita da un E positivocoincide con l’orbita ed e una circonferenza con quadrato del raggio ugualead E. Per risolvere il problema del moto basta ora sapere in quale puntodell’orbita si trovera al tempo t. La velocita nello spazio delle fasi e datada p = −∇xx

2 = −2x, x = (1/m)p = 2p e quindi il quadrato della ve-locita y(t) = (x, p) = (2p,−2x) e dato dalla costante 4E = 4(x2 + p2). Siha quindi un moto periodico su un’orbita compatta di periodo τ dato dallalunghezza della circonferenza 2πρ divisa per il modulo della velocita: 2ρ, cioeτ = π. Introducendo un angolo θ per descrivere i punti dell’orbita, avremoθ(t) = ωt + α con ω = 2π/τ = 2. Si ha quindi che x(t) =

√E cos(2t + α)

e p(t) =√

E sin(2t + α) se x0 =√

E cos(α), p0 =√

E sin(α). Si noti che ilperiodo del moto non dipende dai dati iniziali, ed in particolare dalla energia.Nel caso particolare di E=0 l’orbita si riduce ad un punto e la velocita e nulla,per cui si ha un moto stazionario invece di un moto periodico. OvviamenteE non puo essere negativa. L’origine delle x e un punto di minimo in senso

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stretto del potenziale e si ha che il moto stazionario nell’origine dello spaziodelle fasi e stabile nel senso di Lyapunov: possiamo imporre che il moto restisempre in un intorno dato dell’origine nello spazio delle fasi se diamo i datiiniziali in un intorno opportuno (Teorema di Dirichlet).Se si considera l’equazione del moto nel caso piu generale di oscillatore ar-monico, si hamx(t) = −kx(t),dove k e una costante positiva. Seguendo il metodo generale per la soluzionedelle equazioni lineari a coefficienti costanti, cerchiamo una soluzione del tipoexp αt da cui si ricava l’equazione algebrica per α: mα2 = −k, da cui a suavolta si ricavano le α = i

√k/m, dove i rappresentano le radici di −1. Si

hanno quindi le soluzioni dell’equazione del moto x(t) = A cos(ωt + θ) doveω =

√k/m, mentre A, θ si ricavano dalle condizioni iniziali x(0) = A cos θ,

x(0) = −Aω sin θ, per cui A =√

x(0)2 + (x(0)/ω)2 e θ = arctan(−x(0)/(ωx(0))).Esempio 3. Sia V (x)) = −x2 con massa (m=1/2). Ad energia nulla lacurva di livello e data dalle due rette p = ±x. Queste due rette si incrocianonell’origine che e un punto singolare di tipo punto a sella che separa quattroseparatrici che a loro volta separano quattro regioni dello spazio delle fasi conquattro tipi di traiettorie. In un settore con valori di p solo positive ci sonotraiettorie che vanno da x = −∞ a x = ∞ in un tempo infinito. Nel settorecon impulsi negativi si ha lo stesso moto in verso opposto. Nel settore con lex positive il moto proviene e va a +∞ in un tempo infinito. Analogamentenel settore di x negative, cambiando +∞ con −∞. Le velocita dei moti sulleseparatrici sono date da v = ±2x, da cui, per separazione di variabili, si ha:∫ x

adx/x = log(x)− log(a) = log(x/a) = ±2t(x), da cui si evince che il punto

puo tendere a 0 per t → ±∞ e che x(t) = x(0) exp±2t. Quindi vi sonodue separatrici che hanno l’origine come punto limite su cui il moto tendeall’infinito. Si dimostra quindi, prendendo i dati iniziali su queste separatrici,vicini quanto si vuole all’origine, che l’origine e un punto fisso instabile. Si hainoltre che l’origine delle configurazioni e un punto di massimo del potenzialee una configurazione di equilibrio instabile.Esempio 4. Sia ora V (x) = −x3 con massa m = 1/2. Si ha H(x, p) =p2 − x3. Il gradiente di H: ∇H = (−3x, 2p) si annulla solo nell’origine perenergia nulla. In questo caso la curva di livello e data da p2(x) = x3, edesiste reale solo per x ≥ 0. Le due branche della curva: p(x) = ±x3/2 siincontrano in x = 0 dove sono tangenti all’asse delle x. La curva di livello sisepara in tre traiettorie: il punto critico y = (0, 0) e due separatrici. La legge

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del moto sulle separatrici puo essere ricavata dalla conservazione dell’energia:(1/4)(x)2 = x3 da cui si ottiene x = ±2x3/2. Si risolve per separazione divariabili:

∫ x(t)

x0

x−3/2dx = −2((1/√

x(t))− (1/√

x0)) = ±2t

da cui si ottiene:x(t) = 1/(±t + (1/

√x0))

2.

Nel caso di segno + si vede che il punto va a 0 in un tempo infinito, mentrenel caso − il punto va all’infinito al tempo finito t = (1/

√x0). In questo caso

si dice che il problema e incompleto perche non dice cosa succede dopoche il punto e andato all’infinito. Nell’origine dello spazio delle fasi c’e unpunto di equilibrio instabile in quanto vi sono punti prossimi quanto si vuoleall’origine nello spazio delle fasi che stanno sulla separatrice in cui il mototende all’∞. Infatti l’origine delle x non e un punto di minimo ma un puntodi flesso del potenziale. Ricordiamo che nel caso di potenziale analitico comequesto e necessario avere un punto di minimo locale in senso stretto per averestabilita dell’equilibrio.Esempio 5. Questo esempio mostra che le condizioni del criterio di Dirichletnon sono necessarie nel caso di potenziale di classe C∞. Sia m = 1/2, e ilpotenziale del tipo:

V (x) = exp (−1/x2) cos2 (1/x)

per x non nullo e nullo per x nullo. Vi sono infiniti punti positivi e neg-ativi che si accumulano dalle due parti dell’origine in cui il potenziale hamassimi decrescenti e minimi in cui si annulla. Quindi si ha un potenzialedi classe C∞ che non ha un punto di minimo in senso stretto nell’origine,ma l’origine e una configurazione di equilibrio stabile. Infatti per qualunquevalore positivo ε esiste un intorno connesso: Bε ⊂ Aε dell’origine nello spaziodelle fasi, con Aε = y, 0 ≤ H(y) < exp (−1/ε2), contenuto in un disco:Bε ⊂ |y| < ε e che contiene un disco |y| < δ ⊂ Bε per un δ positivoopportuno. Infatti il potenziale va a zero molto rapidamente per x tendentea zero, mentre l’andamento dell’energia cinetica e quadratico nella p, per cuiBε, per ε piccolo contiene un disco y2 < (1/2) exp (−1/ε2) = δ2.Moto di un proiettile in una regione con forza gravitazionale uni-forme,

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per cui la legge di forza sul punto e sempre f = mg. Quindi la legge del motoe

x = g = −ge3,

x(t) = gt + v0,

x(t) = gt2/2 + v0t + x0.

Se x0 = 0, v02 = v0.e2 = 0; v01 = v0.e1, v03 = v0.e3 > 0, il maxtx3(t) si haal tempo τ = v03/g per cui −gτ +v03 = 0, e vale zmax = −(1/g)v2

03(1/2−1) =(1/2g)v2

03. Ovviamente max(x1(t)) si ha al tempo 2τ , quando x3(t) torna azero come era all’istante iniziale e vale

x1(2τ) = 2v01τ = 2v01v03/g.

Quindi si verifica facilmente che la gittata massima di un cannone con unadata velocita di uscita del proiettile la si ha per alzo di 45 gradi (risultatodovuto a Tartaglia). Infatti max(cos θ sin θ = (sin 2θ)/2) si ha per θ = π/4.La gittata massima vale quindi x1(2τ) = |v0|2/g.Forze dipendenti dalla velocita non conservative. Se aggiungiamoforze dipendenti dalla velocita in un problema conservativo, possiamo avereun problema dissipativo in cui cioe non si conserva l’energia totale. Possiamoad esempio introdurre una forza diretta come la velocita: fd = −(1/2)mv.Questa forza compie un lavoro nell’intervallo di tempo (0, t) dato da:

∫fd.dx =

− ∫ t

0T (τ)dτ , dove T (t) e l’energia cinetica al tempo t. In questo caso c’e an-

cora un flusso nello spazio delle fasi, anche se non proveniente da una hamil-toniana. Se togliamo la restrizione all’insieme M di essere di volume finito econsideriamo tutto lo spazio delle fasi M = <2n con il flusso St, t ∈ <, conSt(M) = M , si ottiene un sistema dinamico dissipativo. In questo casoil flusso non conserva i volumi e vi puo essere almeno un punto fisso dettoattrattore y0 ed un aperto A detto bacino di attrazione di y0 per cui,per qualunque punto y1 ∈ A, St(y1) → y0 per t → +∞.Definizione. Si dice che una configurazione di equilibrio x0 e asintoti-camente stabile e che il corrispondente punto fisso dello spazio delle fasiy0 = (x0,0) e un attrattore se il moto stazionario corrispondente y(t) = y0

e asintoticamente stabile nel senso di Lyapunov: cioe e stabile nel senso diLyapunov ed inoltre esiste un δ > 0 per cui tutti i moti con |y1(0)−y0| < δ,tendono al moto stazionario:|y1(t)− y(t)| → 0 per t → +∞.Criterio. Consideriamo un problema dinamico unidimensionale con unaconfigurazione di equilibrio stabile x0 corrispondente ad un punto di minimo

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locale in senso stretto. Supponiamo che questo punto di equilibrio sia isolato,come necessariamente avviene nel caso analitico. In questo caso si ha ancheche il punto critico corrispondente: y0 = (x0, 0) nello spazio delle fasi <2 e unpunto critico isolato ed e un centro contornato da orbite chiuse percorse damoti periodici nel sottoinsieme connesso A di B contenente y0. L’insieme Be definito da B = y ∈ <2; E0 + ε ≥ H(y) ≥ E0 = H(y0) per un ε positivoopportuno. Se ora aggiungiamo un termine dissipativo: −cp, c > 0 alla leggedi forza, lo stesso punto critico resta un punto fisso del flusso e diventa unattrattore. Ne diamo una dimostrazione euristica non rigorosa:Una traiettoria che parte da un punto di A non puo uscire da A per ragionienergetiche, non puo avere altri punti asintotici perche non ci sono altri puntifissi. Inoltre la traiettoria non puo tendere ad una orbita limite con una en-ergia limite perche sull’orbita limite continua a perdere una quantita fissapositiva di energia ad ogni giro. Quindi l’energia deve tendere all’energia delpunto fisso E0 e quindi necessariamente il moto deve tendere al punto fissoy0 che e il solo punto y ∈ A per cui H(y) = E0.

Esercizio 2b: oscillatore armonico smorzato. Consideriamo il casodi un oscillatore armonico smorzato di equazione

x(t) + 2γx(t) + (k/m)x(t) = 0,

dove γ = c/2m. Se cerchiamo una soluzione di tipo esponenziale x(t) =exp(λt), otteniamo l’equazione algebrica caratteristica:

λ2 + 2γλ + (k/m) = 0

da cui si ricava:

λ± = −γ ±√

γ2 − k/m = −γ ±√

D.

Notiamo che per D > 0, si ha D < (γ−√

k/m))2 come si verifica facilmente.

Si ha quindi che −√

(k/m) < λ+ < 0, mentre −2γ < λ− < −γ. Nel caso di

D < 0 definiamo√

D = i√−D = iω. Distinguiamo quindi il caso di D = 0

detto critico, per cui si ha una sola soluzione con l’andamento esponenziale:

x1(t) = exp(λt) = exp(−γt).

L’altra soluzione indipendente e di tipo esponenziale-polinomiale:

x2(t) = t exp(−γt).

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L’esistenza di questa soluzione puo essere facilmente verificata e puo esserericavata dall’analisi nello spazio delle fasi che faremo in seguito.Nel caso di D positivo si hanno due andamenti esponenziali decrescenti:

x±(t) = exp((−λ±t).

Nel caso di D negativo si ha un andamento oscillatorio smorzato per ognisoluzione, con pulsazione ω =

√−D. Dalle due soluzioni esponenziali comp-lesse si ottengono due soluzioni indipendenti reali:

x1(t) = exp(−γt) cos(ωt)

x2(t) = exp(−γt) sin(ωt).

Consideriamo la possibilita di variare il solo smorzamento γ tenendo fissi glialtri parametri. Si hanno cosı le due soluzioni della equazione caratteristica:λ±(γ). Si dimostra facilmente che λ+(γ) = −γ +

√γ2 − k/m ha sempre

parte reale maggiore o uguale a −√

k/m, dove il segno di uguale vale solo

per γ =√

k/m. Infatti abbiamo visto che per γ >√

k/m si ha λ+(γ) >

−√

k/m > −γ. Per γ <√

k/m, <λ±(γ) = −γ > −√

k/m.Quindi nel caso critico con D = 0 si ha genericamente lo smorzamentopiu rapido. Cioe si ha lo smorzamento piu rapido rispetto al caso di Dpositivo, a meno che in questo ultimo caso le condizioni iniziali non siano talida escludere totalmente la soluzione con andamento a zero piu lento x+(t),per cui si avrebbe una soluzione proporzionale a quella con andamento a zeropiu rapido x−(t).Lo stesso problema puo essere visto nello spazio delle fasi o degli atti di moto.Si ha l’equazione del moto equivalente:

y(t) = Ay(t)

dove y = (x, v) e y(t) = (x(t), x(t)). Nel nostro caso la matrice A e data da:

A =

(0 1

−k/m −2γ

).

Quindi si ha che la traccia di A vale −2γ e il determinante k/m. Poichegli elementi non diagonali sono reali e diversi tra loro, la matrice A non esimmetrica. La soluzione generale della equazione, in funzione dei datiiniziali y0, e data da:

y(t) = exp(At)y0 = G(t)y0.

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La soluzione generale permette di esprimere una qualunque soluzione definitadai dati iniziali. Gli autovalori di A sono le due soluzioni λ±, calcolate so-pra, della equazione caratterristica. Autovettori corrispondenti sono: u± =(1, λ±). Quindi si puo esplicitare la soluzione generale. Per D < 0 gli auto-valori λ± = −γ ± iω sono complessi coniugati tra loro, come gli autovettoriu± = (1, λ±) = (1,−γ ± iω). Per maggiore chiarezza cambiamo notazioni,identificando: λ1 = λ−, λ2 = λ+, ed analogamente u1 = u− e u2 = u+.Esiste la matrice invertibile

C = (u1,u2) =

(1 1λ1 λ2

)

di determinante ∆ = 2iω, e di inversa:

C−1 = (1/∆)

(λ2 −1−λ1 1

)

tale che Cej = uj e quindi A = CBC−1 dove

B =

(λ1 00 λ2

)

e la matrice A diagonalizzata. La soluzione generale diventa quindi:

y(t) = C exp(Bt)C−1y0 = C

(exp(λ1t) 0

0 exp(λ2t)

)C−1y0.

Il caso di D > 0 e del tutto analogo, salvo che il determinante di C, vale ora∆ = 2

√D > 0.

Nel caso di D = γ2 − k/m = 0 vi e un solo autovalore λ = −γ e la matriceA che vale:

A =

(0 1−γ2 −2γ

),

non puo essere trasformata in una matrice diagonale per trasformazione disimilitudine. Puo essere trasformata in una matrice di Jordan. Ma anchesenza fare questa trasformazione, notiamo che:

N = A + γ1 =

(γ 1−γ2 −γ

),

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e una matrice nilpotente, cioe tale per cui Nj = 0 per j = 2 e quindi perogni j intero maggiore di 1. Si ha quindi che

exp(Nt) = 1 + Nt

eexp(At) = exp(−γ1t + Nt) = exp(−γt)(1 + Nt).

Esistono due vettori indipendenti u1 = (e1 − γe2)/q dove q =√

1 + γ2, eu2 = e2 tali che

Nu1 = 0

Nu2 = qu1.

Quindi se y0 = u1 = y1(0) si ha la soluzione puramente esponenziale

y1(t) = exp(−γt)y1(0)

e per y0 = u2 = y2(0) si ha una soluzione polinomiale-esponeneziale:

y2(t) = exp(−γt)(y2(0) + qty1(0)).

Si puo studiare la stabilita dei moti al variare delle condizioni iniziali: yd(0) =y(0) + d. Si ha yd(t) = y(t) + exp(At)d, dove d e un qualunque vettore dinorma minore di un ε0 positivo dato. Quindi, nel caso non critico, la normadella variazione del moto yd(t)− y(t) e minore di ‖ exp(At)‖ε0 = exp(λt)ε0

dove λ = max(<λ+,<λ−) dove i λ± sono gli autovalori di A. Nel caso criticosi ha la limitazione della norma della variazione del moto: exp(λt)(1 + qt)ε0.Quindi, per γ positivo, λ e reale negativa e la variazione resta uniformem-mente limitata (stabilita di Lyapunov), inoltre tende a zero esponenzialmentenel futuro insieme a 1/t (stabilita asintotica di Lyapunov). Nel caso poi diγ = 0 (oscillatore armonico non smorzato) si ha la sola stabilita ordinaria diLyapunov, e per γ < 0 non si ha stabilita.

Esercizio 2c: oscillatore smorzato e forzato. Consideriamo l’equazionedel moto nello spazio delle fasi:

y(t) = Ay(t) + f(t).

Abbiamo una equazione lineare non omogenea. Il problema dinamico e di tiponon autonomo e quindi la sua energia puo anche aumentare. Per qualunquedato iniziale y0 si ha la soluzione:

y(t) = yy0(t) = y0(t) + G(t)y0

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dove

G(t)y0 = exp(At)y0

e la soluzione generale (nel senso che al variare del dato iniziale si hannotutte le soluzioni possibili) della equazione omogenea autonoma associata,ottenuta ponendo f(t) ≡ 0 e

y0(t) =

∫ t

0

G(t− τ)f(τ)dτ,

e la soluzione particolare dell’equazione inomogenea completa con condizioninulle a t = 0, come si verifica immediatamente.Non e necessario risolvere in questi termini, si possono dare condizioni inizialidiverse per i due termini in modo che la soluzione completa abbia le condizionicorrette:

y(t) = yy0(t) = ya(t) + G(t)(y0 − a).

Seguiremo quindi questa strada della soluzione particolare con condizioniiniziali non necessariamente nulle, lasciando alla soluzione generale del prob-lema lineare omogeneo il compito di dare alla soluzione completa le condizioniiniziali volute. Questa possibilita si esprime dicendo che la soluzione globaledella equazione non omogenea e data da una soluzione particolare della stessapiu la soluzione globale della omogenea associata.Per semplicita torniamo alla equazione nello spazio delle configurazioni:

x(t) + 2γx(t) + (k/m)x(t) = f(t).

Inoltre ci limitiamo al caso f(t) = 2cos(ω0t) = g(t) + g(t) dove g(t) =exp(iω0t). Possiamo quindi passare all’equazione:

z(t) + 2γz(t) + (k/m)z(t) = g(t).

sapendo che la parte reale della soluzione di questa equazione e soluzionedella equazione reale precedente. Cerchiamo quindi una soluzione partico-lare di questa equazione senza preoccuparci delle condizioni iniziali fissateper l’intera soluzione. In particolare cerchiamo una soluzione periodica edarmonica come lo stesso termine forzante: z(t) = B exp(iω0t− iδ) per cui

x(t) = B cos(ω0t− δ)

x(t) = −ω0 sin(ω0t− δ),

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con dato iniziale a = (B cos(δ), B sin(δ)). Usando l’espressione della fre-quenza libera dell’oscillatore: ω2 = (k/m) − γ2, l’equazione e soddisfattase valgono le seguenti condizioni sui parametri :

ω2 − ω20 + 2iγω0 + γ2 = exp(iδ)/B,

da cui si ricava:

1/B2 = (ω2 − ω20 + γ2)2 + 4γ2ω2

0

e

tan(δ) = γω0/(ω2 − ω2

0 + γ2).

Risulta quindi che se teniamo fissi i parametri γ, ω0 e facciamo variare ω si hal’ampiezza massima del moto e lo sfasamento δ = π/2 per ω2 = ω2

0 − γ2. Sepoi facciamo tendere γ a zero, variando anche ω in modo che valga sempre:ω2 = ω2

0 − γ2, l’ampiezza diverge.Notiamo che se il dato iniziale e fissato, nello stesso limite anche la com-ponente della soluzione che soddisfa alla equazione omogenea, dovra averecondizioni iniziali divergenti, per compensare quelle della soluzione partico-lare trovata, ed essendo γ piccolo, sara a decrescita lenta, per cui ci sara unaforte cancellazione tra i due termini per un tempo molto lungo. Quindi lasoluzione periodica con grande ampiezza comincera a dominare a partire daun valore molto elevato del tempo (t > 1/γ) e continuera a dominare pertutti i tempi successivi.Questo modello spiega cosa puo succedere quando un esercito attraversa unponte sospeso a passo cadenzato con una frequenza prossima a quella propriadi oscillazione del ponte per un tempo abbastanza lungo.

Caduta verticale di un grave con resistenza del mezzoConsideriamo un campo di forze gravitazionale uniforme per cui f = mg =−mge3. Se v0 = 0 si ha una caduta verticale nella direzione fissata da e3.Supponiamo che ci sia una resistenza del mezzo che crea un’altra forza linearenella velocita: fd = −kx(t), dove k > 0. Quindi l’equazione del moto e

mx(t) = −mge3 − kx(t).

Sia v(t) = x(t), con v(0) = 0. Quindi l’equazione del moto e data da

v(t) = −ge3 − cv(t) = −c(v(t) + (g/c)e3)

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dove c = k/m. Chiamando u = v + (g/c)e3, si ha

u(t) = −cu(t),

con soluzione u(t) = u(0) exp(−ct), per cui v(t)+(g/c)e3 = (g/c) exp(−ct)e3,ovvero

v(t) = −(g/c)(1− exp(−ct))e3

e la velocita tende per tempi grandi alla velocita limite v(∞) = −(mg/k)e3.Si vede quindi che in presenza di una resistenza del mezzo si ha una ve-locita limite proporzionale alla intensita della forza gravitazionale. Per tpiccolo la velocita non differisce molto da quella che si ha nel vuoto: v(t) =−gt(1− (ct/2) + O(t2))e3. Un modello piu realistico per velocita grandi, mamolto minori della velocita del suono nel mezzo, e che non trattiamo ora,consiste in una resistenza dell’aria quadratica nella velocita.Nota.L’esistenza della resistenza del mezzo puo avere influenzato l’idea di Aris-totele su una proporzionalita tra la intensita della forza e la velocita.Un altro fenomeno meccanico che puo trarre in inganno e una forza im-pulsiva che agisce per un tempo molto breve su un sistema inizialmentein quiete e che lascia il sistema in moto con una velocita proporzionaleall’intensita della forza impulsiva oltre al tempo in cui agisce.

Il moto relativo in dinamica: le forze inerziali.Consideriamo l’effetto sulla dinamica di un moto rotatorio del sistema diriferimento. Usiamo le notazioni della cinematica laciando cadere il simbolo′ che serviva a indicare i vettori sulla base mobile. Sia f la legge di forzareale, vista nel sistema mobile, per cui la forza effettiva nel sistema mobile emar = f−mat−mac = f+ft+fc, dove, tra le forze fittizie o inerziali troviamola forza di trascinamento ft, che contiene la forza centrifuga: −mω×(ω×x),e fc = −2mω × v e la forza di Coriolis. Il termine di Coriolis e osservabilefacilmente su tempi non troppo piccoli in rapporto al periodo della rotazioneterrestre: Il piano di oscillazione di un grande pendolo (di Foucault) che ruotadi qualche grado in un’ora alle nostre latitudini. La forza di Coriolis fu osser-vata sperimentalmente a Bologna (verso il 1792) confrontando la traiettoriadella caduta dei gravi rispetto allla direzione del filo a piombo. Altri effettisono la circolazione antioraria dei venti attorno ai punti di pressione min-ima (cicloni) e il diametro dei meandri dei grandi fiumi nell’emisfero boreale.

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Anche l’acqua che esce dallo scarico del nostro bagno generalmente crea unvortice in senso antiorario. Si noti che la forza di Coriolis non compie lavoroperche normale alla velocita e quindi alla tangente alla traiettoria. Il lavorodi una forza di Coriolis in un intervallo di tempo I, per un moto x(t) e datoda: L(fc(t),x(t), I) =

∫Ifc(t).v(t)dt = −2m

∫I(ω(t)× v(t)).v(t)dt = 0.

Esercizio. Deviazione della traiettoria della caduta di un grave dalla ver-ticale definita da un filo a piombo. Siamo nel sistema terreste ruotante.L’accelerazione di gravita e g = −ge3 e fissiamo la velocita iniziale nulla.Calcoliamo la deviazione al primo ordine nella velocita angolare ω della Terra.Quindi calcoliamo la velocita ad ordine zero in ω: v(t) = gt, per cui la forzadi Coriolis e fc = −2mω × v(t) dove

ω = ω(cos(θ)e3 − sin(θ)e1),

dove θ e la colatitudine ed il versore e1 e diretto verso sud. Quindi l’accelerazioneal primo ordine in ω diventa

a(t) = g − 2tω × g,

e la velocita al primo ordine in ω:

v(t) = tg − t2ω × g

la posizione al primo ordine e quindi data da

x(t) = x0 + (1/2)t2g − (1/3)t3ω × g.

Se fissiamo l’altezza da cui cade il grave: x0 = he3, e fissiamo t in modo cheil grave cada al suolo: x3(t) = 0, si ha t =

√2h/g, per cui:

x(t) = (1/3)g(2h/g)3/2ω × e3 = (1/3√

g)(2h)3/2ω sin (θ)e2

dove il versore e2 e diretto verso Est e θ e la colatitudine che a Bolognavale circa π/4. Ricordiamo che g vale 9, 81m/sec2 e ω = 2π/86400sec. Lospostamento verso Est risulta quindi dell’ordine del centimetro per un valoredi h di 100 metri alle nostre latitudini. Questo spostamento e giustificatoeuristicamente dal fatto che la velocta di trascinamento dovuta al moto dirotazione della Terra e maggiore ad una altezza maggiore, ed e diretta versoEst. Considerando effetti di ordine superiore in ω, si trova anche una piccoladeviazione verso Sud. Qui non e stata considerata la resitenza dell’aria che

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puo modificare sensibilmente i risultati.

Analisi statistica di un moto deterministico: teorema del viriale.Supponiamo di avere una energia potenziale all’infinito maggiore del valoredell’energia totale per cui sappiamo che il punto non puo raggiungere unacerta distanza M dall’origine. Supponiamo anche che il potenziale sia in-feriormente limitato per cui l’impulso non possa superare un certo valore:|p| < K.Consideriamo quindi la grandezza fisica (viriale) G = x.p che in questo casoe limitata: |G| < kM . Si ha: G = x.p+x.p = p2/m +x.f = 2T −x.∇V . Seprendiamo il valor medio nel tempo della derivata temporale di G, si ha:

< G >:= limτ→∞

(1/τ)

∫ τ

0

Gdt =

= limτ→∞

(1/τ)(G(τ)−G(0)) = 0 = 2 < T > − < x.∇V > .

Sia V (x) una funzione differenziabile omogenea di grado j 6= 0 in x, per cui

V (λx) = λjV (x),

allora si ha che:

x.∇V (x) = jV (x).

Infatti, basta verificare che per λ = 1 + ε:V (x+εx) = V (x)+εx.∇V (x)+O(ε2) = (1+ε)jV (x) = (1+jε)V (x)+O(ε2)Quindi in questo caso:< T >= (j/2) < V >.Nel caso dell’oscillatore armonico, abbiamo < T >=< V > che rispecchia lasimmetria del problema nello scambio delle x con le p. Nel caso di Keplero,abbiamo < T >= −(1/2) < V >, da cui −E = − < T > +2 < T >=< T >in accordo con il fatto che il potenziale all’infinito e nullo e solo per energianegativa si ha il moto confinato in una regione finita. In realta nel caso diKeplero il potenziale non e inferiormente limitato per cui il risultato valesolo nel caso di momento angolare diverso da 0. Infatti, come vedremo inseguito, nel caso di momento angolare non nullo, si ha un’orbita chiusa cheresta sempre a distanza finita dal punto in cui diverge il potenziale.Problemi omogenei: similitudini e leggi di scala.

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Consideriamo ora in modo piu diretto le leggi di scala dei problemi autonomicon legge di forza posizionale omogenea. La legge di forza sia indipendentedal tempo e dipenda in modo omogeneo dalle posizioni:

f(λx) = λcf(x).

Se trasformiamo la scala dei tempi in modo che t va in λdt e la scala delle xin modo tale che x va in λx, la legge di forza f diventa λcf . Consideriamol’equazione del moto:

mx(t) = f(x(t))

soddisfatta da un moto x(t). Vogliamo dimostrare con questo cambiamentodi scala che l’equazione e soddisfatta anche dal moto

x1(t) = λx(t/λd) = λx(τ)

per un qualunque λ > 0. L’equazione del moto diventa:

f(x1(t)) = λcf(x(τ)) = λcmd2x(τ)/dτ 2 = mλc−1λx(t/λd)(dt/dτ)2 =

= λ−1+c+2dmx1(t)

per cui l’equazione resta la stessa se

d = (1− c)/2.

Nel caso particolare di c = −2, come per il problema di Keplero, si chiedeche d = 3/2 cioe che la scala dei tempi vari con legge di potenza 3/2 rispettoa quella spaziale per avere gli stessi moti. Se abbiamo un moto x(t), avremoanche un moto λx(t/λd) per qualunque λ > 0, che nel caso di Keplero di-venta γ2x(t/γ3) per γ =

√λ. Se T e il periodo minimo del moto x(t), con

x(t+T ) = x(t), si avra anche che λx(t+λdT )/λd = λx(t/λd+T ) = λx(t/λd),per cui λdT e il periodo minimo di x1(t). Quindi nel caso di Keplero, perqualunque γ > 0, un moto periodico di periodo positivo T e orbita ellitticadi semiasse maggiore positivo A, implica l’esistenza di un altro moto peri-odico di periodo γ3T con semiasse maggiore dell’orbita data da: γ2A. Sefacciamo il rapporto tra i quadrati dei due periodi otteniamo γ6 chee anche il rapporto dei cubi degli semiassi maggiori (terza legge diKeplero). Nel caso dell’oscillatore armonico, con c = 1, si ha d = 0 per cui

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il periodo del moto non dipende dall’ampiezza del moto.

Sistema di N punti in Rn.Equazioni cardinali.Dato un sistema di piu punti materiali valgono sempre le equazioni cardinali.In seguito vedremo che nel caso del corpo rigido sono sufficienti a descrivereil moto del sistema. Dalle equazioni del moto per i singoli punti:pj = fj, sommando gli N vettori di entrambi i membri si ha:p ≡ Σjpj = R ≡ Σjfj.Distinguiamo ora le forze interne che soddisfano alla terza legge dalle forzeesterne da quelle esterne f e

j :fj = Σk 6=jfkj + f ej . La risultante R e data da

R = Σk,j;k 6=jfkj + Σjfej = Σk,j;k<j(fkj + fjk) + Re e quindi la risultante delle

forze e uguale alla risultante delle forze esterne R = Re, essendo fkj = −fjk.Quindi vale la legge:p = Re

Se definiamo centro di massa o baricentro (B) un punto materiale astratto diposizione xB = Σjmjxj/M , e di massa M = Σjmj, esso soddisfa all’equazionedel moto:M xB = Re

Nel caso di sistema isolato: Re = 0 si ha la legge d’inerzia per il centro dimassa e la conservazione dell’impulso totale:p(t) = M xB(t) = p(0)Consideriamo ora il momento della quantita di moto l definito per unsistema di particelle da l = Σjxj×pj. Dalla legge del moto si ha la dinamicadi l, l(t) = Σjxj(t)× (pj(t) = fj) da cui si ha che:l(t) = N(t) = Ne(t),dove N(t) = Σjxj × fj e il momento delle forze e Ne(t) = Σjxj × f e

j e ilmomento delle forze esterne.Legge di attrazione gravitazionale di Newton-Keplero. Dato un sis-tema isolato di punti materiali (mi,xi)i=1,...,j, interagenti solo tramite le forzegravitazionali, l’energia potenziale del sistema e

V (X) = −GΣk,lmkml/xkl

dove X = (x1, ...,xj), xkl = |xkl| = |xk − xl| e la costante positiva G e unacostante universale che ha le dimensioni [G] = [M−1][L3][T−2]. Le massesono le masse inerziali dei punti che compaiono nella legge della dinamicadi Newton. In realta sono le masse gravitazionali che determinano le forzegravitazionali come le cariche elettriche in elettrostatica. Ma poiche sulla

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superfice terrestre i corpi cadono con la stessa accelerazione gravitazinale, sideduce la proporzionalita, ovvero la coincidenza dei due tipi di massa perscelta opportuna delle due unita di misura. La legge di forza che agisce suun punto k−esimo e data da: fk(X) = −∇xk

V (X) = −GmkΣlmlxkl/x3kl

Forze elettrostatiche di Coulomb.Le forze elettrostatiche di Coulomb sono dello stesso tipo di quelle gravi-tazionali di Newton, salvo che, dipendono dalle cariche elettriche invece chedalle masse gravitazionali, possono essere anche repulsive se si hanno carichedello stesso segno, nei sistemi atomici sono estremamente piu forti di quellegravitazionali. Si ha quindi:

V (X) = e2Σk,lzkzl/xkl,

dove e e l’unita di carica elettronica e zj ∈ Z e il numero di unita di cariche,positive o negative, di cui sono dotate le particelle presenti nel sistema.Sistema conservativo. In un sistema conservativo e definita univocamentea meno di una costante addittiva l’energia potenziale del sistema: V (X), conF(X) = −∇V (X). L’energia cinetica e definita da: T (X) = (1/2)Σjmjx

2j .

Riduzione del problema dei due corpiSia dato un sistema di due corpi interagenti con forze interne

f12 = −f21 = f(|x12|)x12,

dove x12 = x1 − x2, e soggetti a forze esterne:

f ej = mjg,

dove j = 1, 2, dovute ad un campo di accelerzione gravitazionale uniforme g.La posizione del baricentro e definita come sopra

xB = Σjmjxj/M,

dove M e la massa totale del sistema. La legge del moto del baricentro edata da:

M xB(t) = Re = Mg

per cui il baricentro si muove di moto uniformemente accellerato: xB(t) = g.Definiamo x = x12, la posizione del primo punto rispetto all’altro. Si ha:

mx = m(x1 − x2) = m(fx/m1 + fx/m2) = f(|x|)x,

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se m e la massa ridotta, cioe: 1/m = (1/m1 + 1/m2). Quindi, se prendiamocome origine l’altro punto materiale, si ha l’equazione del primo punto co-incidente con quella del sistema inerziale, salvo che, invece della massa m1,si deve considerare la massa ridotta m. Da qui si deduce che e equivalenteconsiderare che la Terra giri attorno al Sole o viceversa, salvo che la massaridotta e molto piu vicina a quella della Terra piuttosto che a quella del Sole,per cui e meno sbagliato dire che la Terra gira attorno al Sole. E’ piu correttodire che entrambi girano attorno al baricentro (che si trova molto vicino alcentro del Sole). Naturalmente il problema e piu complicato perche ci sonoanche gli altri pianeti.Legge di forza radiale: x2f = (f .x)x.Conservazione della velocita areolare e del momento angolare. Dato

l = x× p,

si ha l = x × p + x × p, dove il primo termine del secondo membro e nulloed il secondo puo essere riscritto tramite la legge del moto, per cui si ha:

l = x× f = 0

se f e radiale, cioe diretta nella direzione di x. In questo caso,se l non e nullo,il moto avviene su un piano normale a l = le3 e possiamo chiamare velocitaareolare

A = (1/2m)l = r2θ/2,

avendo introdotto le coordinate polari nel piano: x1 = r cos θ, x2 = r sin θ,x1 = r cos θ − r sin θθ, x2 = r sin θ + r cos θθ, da cui si estrae: x = rx/r +re3 × xθ. Quindi 2A = l/m = e3.(x× x) = e3.(x× (e3 × xθ)) = r2θe costante come previsto dalla seconda legge di Keplero.Nota. Se il momento angolare e nullo, per r 6= 0 l’angolo θ e costante. Inquesto caso si risolve il problema della traiettoria del moto che si riduce aduna retta passante per l’origine. In realta si riduce ad una semiretta nelcaso di potenziale singolare come quello di Keplero perche in questo caso seil punto arriva nell’origine non si sa se e come prosegue il moto (si ha unproblema incompleto).Flusso determinato dalla dinamica di un punto soggetto ad unaforza radiale.Supponiamo che il potenziale V (r) sia differenziabile per r > 0 e valga:

limr→0

r2V (r) = 0,

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ed esistano costanti positive c, R per cui valga: V (r) > −cr2, per r > R.Allora esiste il flusso in tutto lo spazio delle fasi a cui si sia tolta la regioneinvariante definita dall’annullarsi del momento angolare:

Ω = (x,p) ∈ <6, l = x× p 6= 0.

Dimostrazione: La dimostrazione si basa sulla riduzione del problema almoto unidimensionale radiale. Abbiamo che:

l2 = (x× p).(x× p) = x.p× (x× p) = x.(p2x− (p.x)p) = p2x2 − (p.x)2,

da cui si ottiene:

p2 = l2/r2 + p2r/r

2,

dove pr = p.x/r. Si noti che pr e l’impulso radiale nel senso che: 2rr =˙(x.x) = 2(x.x) = 2(x.mx)/m = 2rpr/m per cui

mr = pr. La conservazione dell’energia dice che:

E = p2/2m + V (r) = p2r/2m + l2/2mr2 + V (r) =

= p2r/2m + Vc(r) + V (r) = p2

r/2m + Ve(r),

dove Vc(r) = l2/2mr2 e il potenziale centrifugo e Ve(r) e il potenziale effet-tivo. Per le ipotesi fatte sul potenziale, Ve(r) → +∞ per r tendente a 0 equindi per momento angolare positivo fissato ed energia finita fissata sarasempre r ≥ r−0 > 0.Inoltre il punto puo andare all’∞ solo a tempo infinito perche il potenzialeeffettivo, sempre superiore a quello radiale, anche se diverge verso −∞ perr → ∞, lo fa troppo lentamente perche questo possa accadere. Quindi ilproblema a l > 0 fissato puo essere trattato come un normale problema uni-dimensionale hamiltoniano confinato nella parte positiva dell’asse delle coor-dinate, ed in particolare, in base ai dati iniziali, nell’intervallo I = [r−, r+],dove 0 < r− ≤ r+ ≤ +∞:

H(r, pr) = (p2r/2m) + Ve(r) = E.

Soluzione delle equazioni del moto a l > 0 e E ∈ R fissati.Le traiettorie nello spazio delle fasi sono date, in base ai dati iniziali, da

(r,±pr(r)), r ∈ I

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dove I = [r−, r+], supponendo che r− < r+, e dove pr(r) =√

2m(E − Ve(r))e positivo nell’interno di I e si annulla agli estremi dello stesso intervallo.Queste traiettorie vengono percorse con velocita data da:

r = ∂prH(r, pr) = pr/m,

pr = −∂rH(r, pr) = −V ′e (r).

Il vantaggio di risolvere l’equazione radiale nello spazio delle fasi riguarda lamancanza di punti di inversione.Volendo risolvere l’equazione radiale nello spazio delle configurazioni si puoprocedere nel seguente modo.Se la legge del potenziale radiale e analitica fuori dall’origine, come nel casodi Keplero, per ogni valore possibile di l2 e di E ci sara un intervallo di valorit, finito o infinito su cui si avra un moto radiale monotono. L’equazionedel moto si risolve in termini del tempo in funzione del raggio, a partiredalle condizioni iniziali: r0, r0. Supponendo che sia r0 > 0 si ha la soluzionelocale della equazione del moto radiale. Infatti si ha direttamente il tempoin funzione di r:

t(r) = m

∫ r

r0

dx/pr(x),

Questa funzione e invertibile per cui si ha anche r(t) che risolve localmente lalegge oraria del moto. I punti di inversione r± > 0, dove si ha E−Ve(r±) = 0e dove si annulla la velocita radiale vengono raggiunti in un tempo finitose V ′

e (r±) 6= 0. Da qui il moto riparte in senso inverso secondo l’analisialla Weierstrass fatta nel caso unidimensionale. Nel caso di r+ = +∞,laconvergenza dell’integrale per r tendente all’∞, dipende solo dal potenzialevero, mentre il potenziale centrifugo non contribuisce perche si annulla all’∞.Quindi, per le ipotesi fatte sul potenziale, si avra moto asintotico. Nel casoin cui I si riduce ad un punto r− = r+ = r0, con V ′

e (r0) = 0 si ha un motoradiale stazionaro: r(t) ≡ r0. In questo modo si e risolto il moto radiale.Dalla espressione della velocita areolare, si ha:

θ(t) = θ0 + (l/m)

∫ t

0

dτ/r2(τ).

Questa espressione, insieme alla precedente per il moto radiale, risolve com-pletamente il problema del moto: sia della legge oraria, che della traiettoria.

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Nel caso di moto radiale stazionario, si ha un moto circolare uniforme. ♣Si puo procedere in modo diverso, cercando prima la legge della traietto-ria, e poi la legge oraria. Usando sia la conservazione dell’energia che laconservazione del momento angolare:

r = ±(2/√

m)√

E − Ve(r)

θ = l/mlr2

si ottiene:

θ′(r) = ±(1/2l√

m)/r2√

E − Ve(r)

e quindi nel caso in cui i dati iniziali siano θ(r0), θ′(r0) con θ′(r0) > 0, si ha

localmente:

θ(r) = θ(r0) + (1/2l√

m)

∫ r

r0

dxx−2/√

E − Ve(x) =

= θ(r0) + (1/2l√

m)

∫ 1/r0

1/r

dx/√

E − Ve(1/x),

Dove il cambiamento di variabile nell’integrale e utile nel caso del poten-ziale di Keplero V (r) = −k/r. Questa funzione θ(r) puo essere invertitalocalmente ottenendo l’espressione della traiettoria r = r(θ) e quindi la leggeoraria del moto:

t(θ) = (m/l)

∫ θ

0

r2(θ)dθ,

da cui si ottiene per inversione θ(t). L’equazione della traiettoria ci da quindila legge oraria di r: r(t) = r(θ(t)).Nel caso di Keplero, con legge di forza f = −kx/r3, c’e un’altra costantedel moto definita dalla direzione di un vettore costante c ortogonale a l. Inquesto caso la conservazione dell’energia, del momento angolare e di c, per-mette di risolvere il problema dellla traiettoria del moto senza integrazioni.Un altro modo di trovare l’equazione dell’orbita e quello generale espostosopra nel caso del potenziale V (r) = −k/r.Definiamoc = x(t)× l− kx(t)/r(t),da cui, x(t).c = r(t)|c| cos θ(t) = x(t).(x(t) × l) − kr(t) = l2/m − kr(t), e

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quindi, se c e un vettore costante, si ha l’equazione di una conica conuno dei fuochi nell’origine(prima legge di Keplero):r(θ) = a(1 + ε cos θ)−1

dove a = l2/mk, ε = |c|/k. Si noti che per c nullo anche ε e nullo e quindi siha il caso della traiettoria circolare, con centro nell’origine. Se si prova che ce costante si prova anche la prima legge di Keplero enunciata sopra. Noinon diamo una derivazione del vettore costante c a partire dalla simmetriee dalle proprieta di omogeneita del problema di Keplero, ma dimostriamoche e una costante del moto, come abbiamo fatto per il momento angolare l.Trascurando le dipendenze da t nella scrittura, si ottiene:c = x× l− kx/r + k(x.x)x/r3,da cui si ricava, usando l’equazione del moto e raggruppando due termini,c = −kx× (x× x)/r3 − k(r2x− (x.x)x)/r3,dove il secondo membro diventa−(k/r3)((x.x)x− r2x + r2x− (x.x)x) = 0.

Vincoli olonomi bilateri reonomi. Coordinate lagrangiane, numerodi gradi di liberta.Definiamo ora i vincoli olonomi bilateri reonomi tramite delle condizioni cherestringono il sistema, definito su <k su una superfice di dimensione n < k =3N . Le condizioni sono del tipo uj(X, t) = 0 dove le uj, j = n+1, .., k sono re-golari: cioe in particolare esistono continue le derivate parziali prime, inoltresono tali per cui si possono trovare altre funzioni locali uj(X, t), j = 1, .., n,con l’insieme delle (uj(X, t))k

j=1, invertibile per t fissato, e con inversa G(Q, t)tale che G(q1, .., qn, 0, .., 0, t) = G0(q1, .., qn, t) = G0(q, t) definisce un sistemadi n coordinate locali sulla varieta M(t) definita dai vincoli. Notiamo che”olonomo” significa definito da una fegge intera, contrapposta a differenziale,”reonomo” significa dipendente dal tempo, mentre ”scleronomo” significa in-dipendente dal tempo.Le coordinate locali (qj = uj(X, t))n

j=1 della ipersuperficie regolare(varieta) M(t) sono dette coordinate lagrangiane, e le funzioni G0(q, t)rappresentano una carta. n e detto numero dei gradi di liberta delsistema.Esempio.Sia k = 3 ed n = 2, il vincolo impone al sistema di stare su una sfera diraggio 1 con centro dato da x0(t) = (t, 0, 0). Sia x(t) = x−x0(t) la posizionerelativa del punto rispetto al centro mobile. Il vincolo si esprime quinditramite l’equazione u3(x, t) = x(t)2−1 = 0. Le altre funzioni che definiscono

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le coordinate locali, sono date dalle coordinate polari per x(t), escludendo ilmodulo, cioe le sole variabili angolari u1(x, t) = θ(t), u2(x, t) = φ(t) definitenel sistema di origine x0(t). Cioe le variabili definite implicitamente dalle:x1(t) = sin θ(t) cos φ(t), x2(t) = sin θ(t) sin φ(t), x3(t) = cos θ(t)Definiamo spostamenti virtuali al tempo t fissato, i δX tali per cui

∇Xul(X, t).δX = 0,

per l = n + 1, .., k (gli spostamenti virtuali sono i vettori di TM(t)X, doveM(t) e la varieta definita dai vincoli), mentre gli spostamenti infinitesimireali soddisfano alle

∇Xul(X, t).dX + ∂tul(X, t)dt = 0

per gli stessi valori di l.Definizione: le reazioni vincolari.In un sistema con vincoli non e detto che il sistema di forze garantisca che ivincoli siano soddisfatti. Si possono definire reazioni vincolari quel sistemadi forze che, aggiunte al sistema di forze date (attive), garantiscono che tuttii moti, definiti da condizioni iniziali compatibili (cioe del tipo X0 ∈ M(t =0), X0 ∈ TMX0(t = 0)), soddisfano ai vincoli. Si postula che in un sistemadi vincoli olonomi bilateri regolari esiste un sistema di reazioni vincolariFr = (f r

j )j.Il principio dei lavori virtuali per le reazioni vincolari dice che nelcaso di vincolo bilatero liscio ( da ora in poi assumeremo che i vincoli sonolisci per cui vale questo principio):

Fr.δX = 0.

Condizione di equilibrio:In un sistema vincolato si ha l’equilibrio se e solo se la somma vettoriale delleforza attiva e della reazione vincolare che agiscono su ciascun punto e nulla:

Fa + Fr = 0.

Quindi, come condizione per l’equiilibrio, si ha ilprincipio dei lavori virtuali per le forze attive:

Fa.δX = 0.

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Esempio: la bilancia. Consideriamo una bilancia con due bracci oppostidi lunghezza l1, l2 rispettivamente e con due masse m1,m2 rispettivamenteposate agli estremi dei bracci. Il sistema di vincoli e scleronomo e per sposta-menti virtuali si possono considerare spostamenti infinitesimi reali definiti daδx1 = l1dθe3, δx2 = −l2dθe3, e le forze attive sono date da fa

1 = −m1ge3,e fa

2 = −m2ge3. La condizione di equilibrio data dal principio dei lavorivirtuali e δx1.f

a1 = −δx2.f

a2 da cui si ottiene: m1l1 = m2l2.

Principio di d’Alembert della dinamica.Il principio di d’Alembert generalizza il principio dei lavori virtuali intro-ducendo il concetto di forza utilizzata (f1, .., fN) = Fu = P = (p1, .., pN) equindi di forza perduta:Fp = Fa − Fu.Inserendo le equazioni di Newton nel principio dei lavori virtuali si ha ilprincipio di d’Alembert per la forza perduta:

Fp.δX = (Fa − P(t)).δX = 0,

dove X = (x1, ..,xN). Il principio di d’Alembert sostituisce le leggi del motodi Newton nei sistemi vincolati e si traduce nelle equazioni di Eulero-Lagrangee di Hamilton, come vedremo in seguito.Equazioni di Eulero-Lagrange.Abbiamo visto che le equazioni di Newton per i sistemi conservativi senzavincoli sono esprimibili come equazioni di Eulero-Lagrange. Infatti, essendo∇VT (V) = P e ∇XV (X) = −F si ha che le quazioni di Newton sonoequivalenti a quelle di Eulero-Lagrange:

∇XL(X,V, t)− (d(∇VL(X,V))/dt) = 0,

dove L = T −V. Nel caso con vincoli l’uso delle coordinate lagrangiane esteseQ = (q1, .., qn, .., qk) = (q, qn+1, .., qk) ci permette di esprimere il principiodi d’Alembert in un sistema di equazioni del moto di Eulero-Lagrange chegenerelizzano quellle del caso senza vincoli. Supponiamo che sia X = G(Q, t)un sistema di coordinate locali che si riduce a X = X∗(q, t) se X(t) appar-tiene alla varieta M(t), dove X∗(q, t) = G(q, qn+1 = 0, .., qk = 0, t). I moticondizionati sono esprimibili nelle coordinate locali tramite le funzioni inversealle G: qj(t) = uj(X(t), t); j = 1, .., n. (Le velocita potranno esprimersi nellaforma X(t) = Σj∂qj

X∗(q(t), t)qj(t) + ∂tX∗(q, t) = V∗(q(t), q(t), t). Quindi

la lagrangiana, definita su moti condizionati a stare sulla varieta, nel senso

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che X(t) ∈ M(t), si potra esprimere nella forma: L(X∗(q, t),V∗(q, q, t), t) =L∗(q, q, t). Notiamo che, se chiamiamo V ∗(q, t) = V (X∗(q, t)), si ha:

−Fa(X).δX = Σj∇XV (X).∂qjX∗(q, t)δqj = Σj∂qj

V (X∗(q, t))δqj =

= Σnj=1∂qj

V ∗(q, t)δqj.

Le uj(X, t) sono le coordinate lagrangiane come funzioni dello spazio delleX e del tempo, per cui, componendo con un moto X(t), si ha il moto di unacoordinata lagrangiana: qj(t) = uj(X(t), t). Inoltre,

V(t) = Σj∂qjX∗(q(t), t)qj(t) + ∂tX

∗(q(t), t) := V∗(q(t), q(t), t).

Dove si vede che vale la relazione:

∂qjV∗(q, q, t) = ∂qj

X∗(q, t).

Se ora confrontiamo:

d∂qjX∗(q, t)/dt = Σl∂ql

∂qjX∗(q, t)ql + ∂t∂qj

X∗(q, t),

con:

∂qjV∗(q, q, t) = Σl∂qj

∂qlX∗(q, t)ql + ∂qj

∂tX∗(q, t)

e vediamo che coincidono per la regolarita della X∗ (che supponiamo almenodi classe C3). Si noti che le velocita V = V∗(q, q, t) sono sempre funzionilineari nelle q, e sono lineari omogenee nel caso scleronomo. L’energia cineticaT (V) = T (V∗(q, q, t)) = T ∗(q, q, t) e una forma quadratica definita positivanelle velocita V ed e una funzione convessa nelle q e nel caso scleronomo euna forma quadratica definita positiva anche nelle q. Inoltre, si ottiene:

P.δX = (d(∇VT (V)/dt).δX =

= Σj(d(∇VT (V)/dt).∂qjX∗(q, t)δqj =

Σj[(d(∇VT (V).∂qjX∗(q, t))/dt)−∇VT (V).(d(∂qj

X∗(q, t))/dt)]δqj =

= Σj[(d(∇VT (V).∂qjV∗(q, q, t))/dt)−∇VT (V).∂qj

V∗(q, q, t)]δqj =

= Σj[(d(∂qjT ∗(q, q, t))/dt)− ∂qj

T ∗(q, q, t))]δqj.

Il principio di d’Alembert nelle coordinate lagrangiane diventa:

(d∇qL∗(q(t), q(t), t)/dt).δq(t) = ∇qL

∗(q(t), q(t), t).δq(t).

62

Possiamo scegliere nello spazio tangente un vettore, per t fissato, con δqj(t)non nullo mentre δql(t) = 0 per l 6= j, e ripetendo l’argomento per ciascunvalore di j possiamo dimostrare la validita dell’intero sistema di equazioni diEulero-Lagrange:

d∇qL∗(q(t), q(t), t)/dt = ∇qL

∗(q(t), q(t), t),

dove L∗(q, q, t) = T ∗(q, q, t)− V ∗(q, t).Principio variazionale. Derivazione alternativa delle equazioni diEulero-Lagrange.Calcolo delle variazioni. Lo scopo del calcolo delle variazioni e simile aquello del calcolo del differenziale per una funzione definita su uno spazio didimensione finita. Si considera invece un funzionale definito su uno spaziodi funzioni o di moti, a valori reali.Esempio: lunghezza di una traiettoria. Sia dato il moto differenziabileX = X(t), t0 ≤ t ≤ t1, si definisce lunghezza della traiettoria il funzionaledefinito sul moto: Φ1(X) =

∫ t1t0|X(t)|dt.

Si dice che il funzionale Φ e differenziabile se

Φ(X + h)− Φ(X) = FX(h) + RX(h)

dove FX(h) e lineare in h ed RX(h) = O(h2), nel senso che, se |h(t)| < ε,|h(t)| < ε uniformemente in t, allora |RX(h)| < Cε2, per un C > 0. Inoltre sidefinisce FX(h) variazione o differenziale del funzionale Φ, calcolato sullavariazione h del moto X.Diamo ora un risultato su una classe di funzionali di interesse meccanico.Teorema. Un funzionale di azione, cioe del tipo:

Φ(X) =

∫ t1

t0

L(X, X, t)dt,

con L (detta funzione lagrangiana) di classe C3, e differenziabile ed il suodifferenziale e dato da:

FX(h) =

∫ t1

t0

[∇XL(X(t), X(t), t)− (d(∇XL(X(t), X(t), t)/dt].h(t)dt +

+(∇XL(X(t), X(t), t).h(t))|t1t0 .

63

Dimostrazione.

Φ(X + h)− Φ(X) =

∫ t1

t0

[L(X(t) + h(t), X(t) + h(t), t)− L(X(t), X(t), t)]dt =

=

∫ t1

t0

[∇XL(X(t), X(t), t).h(t) + ∇XL(X(t), X(t), t).h(t)]dt + O(h2) =

= FX(h) + RX(h).

L’espressione finale del differenziale si ottiene tramite un integrale per parti.

∫ t1

t0

∇XL(X(t), X(t), t).h(t)dt =

= −∫ t1

t0

(d(∇XL(X(t), X(t), t)/dt).h(t)dt + ∇XL(X(t), X(t), t).h(t)|t1t0♣

Definizione di estremale.Un moto X e estremale per il funzionale differenziabile Φ se il differen-ziale FX e identicamente nullo.Teorema.Consideriamo il funzionale Φ di azione di cui sopra ristretto ai moti di es-tremi fissati: X(t0) = X0, X(t1) = X1 per cui una qualunque variazione hdel moto sara ad estremi nulli: h(t0) = h(t1) = 0. Allora, condizione neces-saria e sufficiente perche x sia estremale di Φ e che la lagrangiana L soddisfialle equazioni di Eulero-Lagrange:

∇XL(X(t), X(t), t)− (d(∇XL(X(t), X(t), t))/dt) = 0,

per ogni t con t0 ≤ t ≤ t1.Dimostrazione.La sufficienza e ovvia perche per l’ipotesi di estremi fissi nel differenzialenon compaiono i contributi agli estremi ed inoltre si annulla identicamentel’integrando dell’integrale che definisce il differenziale. Per la necessita con-sideriamo unLemma:Sia data una funzione continua f(t) definita sul’intervallo compatto I =[t0, t1], e sia

∫ t1t0

f(t)h(t)dt = 0 per qualunque funzione h di classe C∞0 definita

su I che si annulla agli estremi: h(t0) = h(t1) = 0.Dimostrazione del Lemma. Dimostriamo che la f si annulla in tutti i

64

punti interni di I, e per continuita si ha il risultato su tutto I. Supponiamoper assurdo che f(t∗) 6= 0 per un t∗, t0 < t∗ < t1. Supponiamo in partico-lare, senza perdere generalita che f(t∗) > 0, per cui esistera un intorno di t∗:I∗ = (t∗ − ε, t∗ + ε), ε > 0 in I su cui la f si mantiene maggiore di f(t∗)/2.Prendiamo la h non negativa e non nulla, avente supporto I∗ e maggiore di2/f(t∗) in (t∗ − ε/2, t∗ + ε/2). Si ha quindi che l’integrale

∫ t1t0

f(t)h(t)dt = 0in questo caso e maggiore di ε, in contraddizzione con l’ipotesi. Si ha quindiche il Lemma e dimostrato.♣Continuiamo la dimostrazione del Teorema. Si tratta di dimostrare chel’integrale:

FX(h) =

∫ t1

t0

[∇XL(X(t)− (d(∇XL(X(t), X(t), t)/dt)].h(t)dt)],

e nullo per qualunque h continua che si annulla agli estremi, allora devonovalere le equazioni di Eulero-Lagrange. Cominciamo col scegliere una h contutte le componenti nulle, tranne una: hj(t) ≡ 0, j 6= l, in modo da ridurrel’integrale ad un integrale unidimensionale, e chiamiamo

f(t) = ∂XlL(X(t), X(t), t)− (d(∂Xl

L(X(t), X(t), t))/dt),

e h(t) = hl(t), per cui diventa evidente che possiamo dimostrare, tramite ilprecedente Lemma , che f(t) e identicamente nulla. Essendo questo provatoper ogni l si prova il Teorema.♣Nota 1. Il fatto che un moto X sia estremale per un funzionale Φ, e unaproprieta intrinseca del moto e non dipende dalla scelta delle coordinate.Nota 2. Ricordiamo che se, in un problema conservativo, prendiamo:L(x(t), x(t), t) = T (x)− V (x), le equazioni di Newton coincidono con quelledi Eulero-Lagrange, ed il principio variazionale del funzionale di azione di-venta il principio di minima azione di Hamilton. Questo vale anche perun sistema di punti materiali.Nota 3. Il principio di minima azione con estremi fissi equivale alle equazionidi Eulero-Lagrange con condizioni agli estremi. Rispetto al problema diCauchy per le stesse equazioni, il principio variazionale pone lo stesso nu-mero di condizioni 2n, ma non e equivalente. Il problema delle equazionidifferenziali con condizioni agli estremi, anche se sono soddisfatte tutte lecondizioni di regolarita del teorema di Picard puo non avere soluzione unica.Esempio 1. Consideriamo il caso di una particella libera: L = (m/2)x2. Leequazioni corrispondenti si integrano immediatamente, e danno la costanza

65

della velocita: x(t) = v = (x1 − x0))/(t1 − t0) univocamente definita dallecondizioni agli estremi. Il moto e univocamente definito da: x(t) = x0 + tv.Quindi in questo caso si ha la soluzione unica.Esempio 2. Consideriamo il caso di una particella vincolata su una sfera diraggio 1. La lagrangiana e L = (m/2)(θ2 +sin2 θφ2). Le equazioni corrispon-denti sono: φ(t) = c, 2θ(t) = c2 sin(2θ(t)). Supponiamo ovviamante che ilpunto iniziale sia diverso da quello finale, ma che non sia neppure ai suoi an-tipodi. Allora possiamo scegliere le coordinate polari sulla sfera in modo taleche si ha0 < (θ1 − θ0) < π, e φ1 = φ0. Segue che c = 0 e: θ(t) = c1. Ci sonodue valori possibili di c1 corrispondenti a due traiettorie sul cerchio massimopassante per i due punti estremi. Uno vale c1 = (θ1 − θ0)/(t1 − t0), l’altro:c1 = (θ1 − 2π − θ0)/(t1 − t0). Nel caso particolare dei punti estremi postiagli antipodi, si hanno le stesse soluzioni in θ con (θ1 − θ0) = π, ma succedeanche che l’angolo φ non e definito e quindi ci sono infinite soluzioni aventiper traiettorie i meridiani (avendo posto i punti estremi ai poli). Quindi inquesto problema la soluzione del principio variazionale non e mai unica.Esempio 3. Torniamo al funzionale lunghezza della traiettoria di un motoΦ1(x) definito precedentemente, nel caso di un singolo punto materiale. Pos-siamo restringerci ai moti con velocita sempre diversa da 0. Il principiovariazionale porta alle equazioni: x(t)/|x(t)| = t(t) ≡ (x1 − x0)/|x1 − x0|che sono le equazioni della retta passante per gli estremi. Le equazioni nonimpongono nulla sulla legge oraria del moto. Quindi il moto estremale none unico mentre la traiettoria estremale e unica.Equivalenza del principio di d’Alembert, il principio di minimaazione condizionato e le equazioni di Eulero-Lagrange.Poiche il principio di minima azione e indipendente dalla scelta delle coordi-nate, e adatto a trattare il pricipio di D’Alembert che si semplifica partico-larmente per una scelta di coordinate Q che si riducano a coordiante localiq sulla varieta M(t) imposta dai vincoli. Si ha quindi il Teorema:Teorema.Sia dato il funzionale Φ(X) definito dalla lagrangiana: L(X(t), X(t), t), dovei moti sono condizionati a stare sulla varieta M(t). Si avra sempre e co-munque la forza attiva data da: Fa(t) = ∇XL(X(t), X(t), t), inoltre il motodell’impulso sara dato da: P(t) = ∇XL(X(t), X(t), t). Supponiamo che siaX = G(Q, t) un sistema di coordinate locali che si riduce a X = X∗(q, t)se X(t) appartiene alla varieta M(t), dove X∗(q, t) = G(q, qn+1 = 0, .., qk =0, t). I moti condizionati sono esprimibili nelle coordinate locali tramite lefunzioni inverse alle G: qj(t) = uj(X(t), t); j = 1, .., n. (Le velocita po-

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tranno esprimersi nella forma X(t) = Σj∂qjX∗(q(t), t)qj(t) + ∂tX

∗(q, t) =V∗(q(t), q(t), t). Quindi la lagrangiana, definita su moti condizionati a staresulla varieta, nel senso che X(t) ∈ M(t), si potra esprimere nella forma:L(X∗(q, t),V∗(q, q, t), t) = L∗(q, q, t). Il funzionale condizionato sara sem-plicemente il funzionale definito sulla L∗, e la variazione h dei moti saraesprimibile come: h(t) = δX(t) = Σj∂qj

X∗(q(t), t)δqj(t) non avra nessuncondizionamento su δqj(t). Il Teorema e provato se il differenziale risultaesprimibile in termini che devono essere nulli per il principio di d’Alembert.In effetti si ha:

FX(h) =

∫ t1

t0

[L∗(q + δq, q + δq, t)− L∗(q, q, t)]dt =

=

∫ t1

t0

Σj[∂qjL∗(q(t), q(t), t)− (d(∂qj

L∗(q(t), q(t), t)/dt)]δqj(t)dt,

ma vale anche:

FX(h) =

∫ t1

t0

[L(X + δX, X + ˙δX, t)− L(X, X, t)]dt =

=

∫ t1

t0

(Fa(t)− P(t)).h(t)dt,

dove si sono seguiti i soliti passaggi per ottenere l’espressione finale del dif-ferenziale del funzionale. Notiamo che l’ultimo integrando deve essere nulloper il principio di d’Alembert e quindi deve valere il principio variazionale edevono valere le equazioni di Eulero-Lagrange per la lagrangiana L∗.♣

Simmetrie e leggi di conservazione: il Teorema di Noether.Definizione. Consideriamo un problema autonomo con vincoli scleronomi.Supponiamo che esista un gruppo differenziabile ad un parametro di diffeo-morfismi: (hs)s, (hs : M → M) per cui valgono le proprieta di gruppo:h0 = 1, hs1hs2 = hs1+s2 . Supponiamo di potere definire tutto quanto ciserve in un unico sistema di coordinate locali q ∈ Rn e definiamo

q∗(s) = hs(q).

Per ipotesi il gruppo e ammissibile, nel senso che valgono le proprieta diinvarianza:

L(q, q) = L(q∗(s), q∗(s))

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Teorema di Noether. Se un sistema lagrangiano (L,M) ammette ungruppo ad un parametro di diffeomorfismi ammissibili (hs)s, allora esisteuna costante del moto:

I(q, q) = (∇qL(q, q)).(dhs(q)/ds)|s=0.

Dimostrazione. Consideriamo un moto q(t) del sistema, si avra ancheuna famiglia di moti q∗(s, t). Per ogni t fissato la lagrangiana: L(s, t) =L(q∗(s, t), q∗(s, t), t) sara invariante in s, per cui, definendo con il ′ laderivata rispetto a s, si ha:

L′(s, t) = (∇qL(q∗(s, t), q∗(s, t))).q∗(s, t)′ +

+(∇qL(q∗(s, t), q∗(s, t))).q∗(s, t)′ = 0.

Inoltre valgono le equazioni di Eulero-Lagrange per i moti a s fissato, per cuisi ha:

(d(∇qL(q∗(s, t), q∗(s, t)))/dt) = (∇qL(q∗(s, t), q∗(s, t))).

Usando queste equazioni e scambiando la derivata parziale rispetto a s conquella rispetto a t per la regolarita dei moti q∗, si ottiene:

(d(∇qL(q∗(s, t), q∗(s, t)))/dt).q∗(s, t)′ +

+(∇qL(q∗(s, t), q∗(s, t))).(d(q∗(s, t)′)/dt) = 0

da cui si ricava quindi che:

I(q(t), q(t)) = (∇qL(q(t), q(t))).hs(q(t))′|s=0,

e costante.♣Esempio. Sia hs(q) = q + se1 la traslazione di q1. Allora la simmetria delproblema che corrisponde alla invarianza della lagrangiana per questa trasfor-mazione implica la conservazione dell’impulso corrispondente: p∗1(q(t), q(t)) =(∇qL(q(t), q(t))).e1 = p∗1(q(0), q(0)).Generalizzazione. Si puo generalizzare il teorema di Noether compren-dendo il tempo come variabile lagrangiana e introducendo un tempo fittizioτ . Si considera la nuova varieta M1 = M ×< e la nuova lagrangiana

L1(q, t, q, t) = L(q, q/t, t)t,

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dove la derivata temporale e fatta rispetto a τ . Se hs(q, t) = (q∗(s), t∗(s)) eun gruppo di diffeomorfismi in M1 ammissibili per L1, esiste la costante delmoto I1(q, t, q, t) nel sistema lagrangiano (M1, L1), che corrisponde ad unacostante del moto in (M, L), tramite la relazione: I1(q, t, q, 1) = I(q, q, t).Ad esempio, se hs(q, t) = (q, t + s), la costante del moto (o integrale primo)corrispondente e l’energia totale. Infatti:

I1 = ∂tL1 = ∂t(L(q, q/t, t)t) = −∇qL(q, q/t, t).(q/t) + L(q, q/t, t)

per cui

I(q, q, t) = −p.q + L(q, q, t) = −E.

Impulsi e spazio delle fasi.Si definiscono gli impulsi in un sistema vincolato nelle coordinate lagrangiane:

p = (pj)nj=1 = p∗(q, q, t) = ∇qL(q, q, t).

L dipende dalle q solo tramite T , e questo e una funzione convessa, percui la p∗ e una funzione invertibile con inversa: q = q∗(q,p, t). Dato unmoto nello spazio delle configurazioni: q(t), si ha il corrispondente motonello spazio degli impulsi: p(t) = p∗(q(t), q(t), t). Le equazioni del moto diEulero-Lagrange si possono anche scrivere:

p(t) = ∇qL(q(t), q(t), t).

Hamiltoniana. Si definisce hamiltoniana nello spazio delle fasi:

H(q,p) = q∗(q,p, t).p− L(q, q∗(q,p, t), t).

Equazioni canoniche. Le equazioni del moto nello spazio delle fasi sonodate in termini della hamiltoniana, e sono le stesse del caso senza vincoli.Per dimostrarlo, notiamo che valgono le seguenti espressioni per le derivateparziali rispetto alle coordinate:

∂qjH(q,p) = p.∂qj

q∗(q,p, t)− ∂qjL(q, q, t)|q = q∗(q,p, t)−

−(∇qL(q, q, t)).∂qjq∗(q,p, t), t),

69

per la definizione degli impulsi diventano:

∂qjH(q,p) = −∂qj

L(q, q, t)|q = q∗(q,p, t).

Inoltre valgono le seguenti espressioni per le derivate parziali rispetto agliimpulsi:

∂pjH(q,p) = q∗j (q,p, t) + p.∂pj

q∗(q,p, t)−−(∇qL(q, q, t)).∂pj

q∗(q,p, t) = q∗j(q,p, t),

per la definizione degli impulsi.Nota 1. L’hamiltoniana, a parte il segno, e la trasformata di Legendredella lagrangiana, come funzione delle velocita, a configurazioni fissate. In-fatti si definisce trasformata di Legendre −H della funzione convessa L:−H(p) = minv(L(v) − v.p), dove il minimo si realizza per ∇vL(v) = p.Nella trasformata di Legendre la derivata della vecchia funzione rispetto allavecchia variabile diventa la nuova variabile.Nota 2. Nel caso scleronomo l’hamiltoniana e l’energia totale. Infattil’energia cinetica e una forma quadratica nelle velocita e quindi, essendoL = T − V , si ha: H = q.∇qL− L = q.∇qT − L = 2T − T + V = T + V .Se ora consideriamo un moto nello spazio delle fasi: (q(t),p(t)) le equazionidel moto di Eulero-Lagrange, tramite le espressioni delle derivate parzialidate sopra, diventano le equazioni canoniche:

q(t) = ∇pH(q(t),p(t), t)

p(t) = −∇qH(q(t),p(t), t)

Nota 3. L’hamiltoniana che non dipende dal tempo: H(q,p) e una costantedel moto. La dimostrazione e la stessa del caso senza vincoli. Si noti che epossibile che l’hamiltoniana non dipenda dal tempo in un caso di vincoli re-onomi per cui l’hamiltoniana puo essere una costante del moto diversa dallaenergia totale.Nota 4. Nel formalismo hamiltoniano e piu immediato vedere che a coor-dinate cicliche corrispondono impulsi conservati. Infatti se ∂qj

H(q,p, t) ≡ 0una delle equazioni canoniche impone che pj(t) ≡ 0.Pendolo sferico.Si tratta di un vincolo scleronomo che da <3 porta alla sfera: u3(x) =x2 − l2 = 0, per cui k = 3, n = 2. Come coordinate lagrangiane usiamo

70

le coordinate angolari delle coordinate sferiche (q1 = θ, q2 = φ), essendo ilraggio fissato:ρ = l > 0. Ricordiamo che: x∗1(θ, φ) = l sin θ cos φ, x∗2(θ, φ) =l sin θ sin φ, x∗3(θ, φ) = l cos θ). L’energia cinetica e una forma quadraticanelle velocita: T = (ml2/2)(θ2 + sin2 θφ2). L’energia potenziale e quelladovuta alla forza peso: V (θ, φ) = mgl cos θ. Gli impulsi sono dati dap1 = ml2θ = ml2q1, p2 = ml2 sin2 θφ = ml2 sin2 q1q2. Quindi l’hamiltonianavale:

H(q,p) = (1/2ml2)(p21 + (1/ sin2 q1)p

22) + mgl cos q1 = E.

Si noti che l’hamiltoniana non dipende dalla coordinata q2 (ciclica) per cuidalle equazioni canoniche si ottiene la conservazione dell’impulso corrispon-dente:

p2(t) = ml2 sin2 q1(t)q2(t) = p2(0) = c.

Conoscendo due costanti del moto si ottiene che il moto, in base ai datiiniziali, si restringe ad una curva che puo anche coincidere con la traiettoria,definita nello spazio delle fasi ridotto q1 ∈ S1, p1 ∈ <, dalla equazione:

E = (1/2ml2)(p21 + (1/ sin2 q1)c) + mlg cos q1.

Si ricava quindi:

p21 = m2l4q2

1 = −c(1/ sin2 q1)− 2m2gl3 cos q1 + E2ml2.

Inoltre si ottiene:

q1 = ±√−c(m2l4 sin2 q1)− 2(g/l) cos q1 + 2E/ml2.

Per separazione di variabili si ha:

∫ q1(t)

q1(0)

dq/√−c(m2l4 sin2 q)− 2(g/l) cos q + 2E/ml2 = t.

Dove si e supposto di essere in un tratto di moto con velocita positiva.Avendo risolto formalmente il moto q1(t), si risolve anche il moto q2(t) tramitela espressione della derivata:

q2(t) = c/ml2 sin2 q1(t).

71

Quindi risulta che il problema e solubile. Si noti che per c = 0 si ha ilproblema del pendolo semplice (non sferico). Se le condizioni iniziali sonodate da q1(0) = −q0 < 0, q1(0) = 0. Il periodo del moto T e dato da:

√l/2g

∫ q0

−q0

dq/√− cos q + cos q0 = T/2.

Al limite di q0 tendente a 0 si hanno le piccole oscillazioni di periodo:

√l/2g

∫ 1

−1

dx/√

1− x2 =√

l/2g

∫ π/2

−π/2

d sin α/ cos α

=√

l/2g

∫ π/2

−π/2

dα = π√

l/2g = T/2.

Piccole oscillazioni.Consideriamo vincoli scleronomi e un sistema conservativo. Spesso succedeche un sistema a piu gradi di liberta sia prossimo ad una configurazione diequilibrio che puo essere stabile o instabile. Nel caso generico l’andamentodel potenziale vicino ad una configurazione di equilibrio e quadratico, per cuisi ha un problema di piccole oscillazioni:

L(q, q) = (q.Aq)− (q.Bq),

dove la matrice A e definita positiva e B e simmetrica. Vale il seguenterisultato: il problema si decompone in n oscillatori disaccoppiati secondo icosiddetti modi normali:

L(q′, q′) = Σj(|q′j|2 − bj|q′j|2),dove q′ = Eq, con detE 6= 0. Infatti esiste una matrice invertibile C taleche la matrice: A = CtC. Definiamo r = Cq e la matrice simmetrica:B′ = (Ct)−1BC−1. La lagrangiana diventa: L(r, r) = |r|2 − (r.B′r). Inoltreesiste una matrice di rotazione R per cui: B′ = RtB”R, dove B” e la matricediagonale degli autovalori di (bj)j di B′. Basta quindi prendere E = RC. Siottengono le equazioni del moto separate:qj(t) = bjqj(t), j = 1, .., n,che sono immediatamente solubili.Nota tecnica. Come si trova una matrice invertibile C tale che la ma-trice positiva: A = CtC? Sappiamo che A e diagonalizzabile con matrice

72

diagonale positiva che ammette una radice diagonale positiva D tale che:A′ = (D)2. La matrice D ha per elementi diagonali le radici dei corrispon-denti elementi di A′. Sia Q una matrice di rotazione che diagonalizza A.Allora possiamo scrivere:

A = (QtD)(DQ) = (DQ)t(DQ) = CtC

da cui si ricava l’espressione della matrice C = DQ che e invertibile in quantoprodotto di due matrici invertibili.Vincoli olonomi monolateri Questo tipo di vincoli si formula tramitedelle diseguaglianze che impongono al sistema di stare in una parte di spaziolimitata da una superficie M . Ad esempio, consideriamo un solo punto ma-teriale che non puo penetrare dentro ad una boccia limitata da una sfera:u(x) = (x.x) − l2 ≥ 0. Notiamo che la normale esterna alla sfera e definitada (1/2)∇u(x) = x. In questo caso si hanno due tipi di spostamenti virtualiper un punto sulla sfera: quelli invertibili dello spazio tangente e quelli noninvertibili con δx.x ≥ 0. Nel caso di vincolo liscio o perfetto, le reazioni vin-colari non rallentano il moto sulla superficie della sfera, ma impediscono lapenetrazione nell’interno della stessa, per cui, se non sono nulle, sono diretteverso la normale esterna alla sfera: f r.x > 0, e quindi formano anche unangolo acuto con gli spostamenti virtuali non invertibili: f r.δx > 0. Questoproblema si divide in due problemi distinti. Uno rappresenta il caso in cuiil moto del punto resta sulla superficie limite, l’altro rappresenta il caso delmoto libero nello spazio permesso fuori dalla superficie M . Il problema nuovoconsiste nel trovare i momenti di passaggio dai due regimi, ad esempio il dis-tacco dalla superficie.Esempio. Consideriamo il caso di un punto materiale di massa m soggettoal campo gravitazionale uniforme g con il vincolo che impedisce di entraredentro la sfera di raggio l e centro l’origine. Un problema di distacco edefinito dai dati iniziali di posizione sulla superficie della sfera nella semis-fera superiore, escludendo il polo superiore e l’equatore. La velocita iniziale enulla: x0 = 0. Possiamo quindi trattare inizialmente il problema esattamentecome il pendolo sferico di cui sopra. Si avra il distacco quando si annullerala reazione vincolare, il che equivale a: (−fa + mx).x = 0. Supponiamo chei dati iniziali siano, in coordinate polari: (θ0, φ0), dove 0 < θ0 < π/2 e φ0

non riveste molta importanza perche la variabile φ e ciclica o ignorabile. Siricava facilmente che la condizione di distacco in coordinate polari e:

(−fa + mx).x = mgl cos θ −ml2(θ)2.

73

Dalla conservazione dell’energia, e dalla nullita dell’impulso corrispondentealla variabile ciclica φ, abbiamo:

(θ)2 = −2(g/l) cos θ + 2E/ml2 = 2(g/l)(cos θ0 − cos θ).

Quindi si ha il distacco per:

mgl(3 cos θd − 2 cos θ0) = 0,

cioe perθd = arccos((2/3) cos θ0)

da cui si vede facilmente che θ0 < θd < π/2. Prima del distacco il moto segueesattamente le leggi del pendolo sferico, ed in particolare il punto scendelungo la sfera ed il moto della coordinata θ(t) e monotono decrescente finoal valore del distacco.

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