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Fiscal News La circolare di aggiornamento professionale

N. 52 16.02.2015

Novità per l’e-commerce diretto dal 01.01.2015

Dal 01.01.2015 molte le novità per il commercio elettronico diretto “B2C”.

Categoria: IVA Sottocategoria: Territorialità

Per affrontare gli aspetti IVA legati al commercio elettronico, va operata innanzitutto una distinzione tra:

- commercio elettronico DIRETTO, dove tutte le fasi della transazione (dall’ordine, al pagamento,

alla consegna), avvengano on-line;

- commercio elettronico INDIRETTO, dove l’acquisto avviene on-line, ma la consegna avviene in

seguito, fisicamente, attraverso il tradizionale servizio postale o tramite vettore.

Per le fattispecie che rientrano nel commercio elettronico indiretto non è obbligatoria l’emissione della

fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione,

come disposto dall’art. 22, comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633/1972.

Le transazioni relative al commercio elettronico diretto, invece, non godono dell’esonero dall’obbligo di

emissione della fattura previsto dall’art. 22 D.P.R. n. 633/1972.e dunque, ove territorialmente rilevanti ai

fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R.

n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.

Nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03615 del 24.09.2014, l’Agenzia delle Entrate ha

ribadito che le operazioni di commercio elettronico “diretto” (cd. “servizi di e-commerce”), ove

territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui

all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del

corrispettivo.

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Nell’occasione, in relazione alle novità in vigore dal 01.01.2015, è stato osservato che la Commissione

europea, nella “Relazione della Commissione al Consiglio relativa all’art. 6 della Direttiva n. 2008/8/CE,

ha raccomandato agli Stati membri di esonerare dall’obbligo di emissione della fattura le prestazioni di

servizi relative al commercio elettronico diretto rientranti nell’ambito di applicazione del MOSS (Mini

One Stop Shop).

In linea con questa raccomandazione, nello schema di Decreto Legislativo approvato dal Consiglio dei

Ministri il 24.12.2014, è stato previsto espressamente l’esonero dagli obblighi di cui al Titolo II del D.P.R. n.

633/1972 (fatturazione, registrazione, ecc.) per le imprese che aderiscono al MOSS.

Nessuna deroga è, invece, prevista per i servizi digitali resi nei rapporti “B2B”, che restano soggetti

all’obbligo di emissione della fattura (art. 21, comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972).

Premessa Per affrontare gli aspetti IVA legati al commercio elettronico, va operata

innanzitutto una distinzione tra:

- commercio elettronico DIRETTO, ove tutte le fasi della transazione

(dall’ordine, al pagamento, alla consegna), avvengano on-line;

- e commercio elettronico INDIRETTO, dove l’acquisto avviene on-line,

ma la consegna avviene in seguito, fisicamente, attraverso il

tradizionale servizio postale o tramite vettore.

Mentre le operazioni di commercio elettronico indiretto possono essere

ricondotte alla fattispecie delle cessioni di beni (perché assimilate alle

cosiddette “vendite a distanza”), il commercio elettronico diretto, invece, va

ricondotto nel novero delle prestazioni di servizi (per cui assume rilevanza il

momento di ultimazione della prestazione o del pagamento ai fini della

determinazione del momento impositivo).

Il commercio indiretto

Il commercio indiretto è la forma di e-commerce più semplice da disciplinare:

la consegna fisica del bene presso il consumatore finale tramite posta o

corriere consente, infatti, di individuare agevolmente il luogo nel quale

l’operazione è resa.

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Il Se.c.i.t. (Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario), nella sua Relazione

annuale del 1999 aveva fornito una definizione di commercio elettronico

indiretto. Esso si ha quando “la fase preliminare di ordine ed anche il

pagamento vengono effettuati on-line, ma il bene viene poi fisicamente

spedito al domicilio o alla sede dell’acquirente. Si tratta della vendita di

beni tradizionali (come vino, libri, computer, eccetera) che ha delle

analogie con la vendita per corrispondenza e che si avvantaggia della

forma elettronica per espandere i propri canali e le proprie vendite”.

Il commercio elettronico di tipo indiretto eseguito in Italia è assimilato alle

vendite a distanza o per corrispondenza.

La disciplina IVA ed i connessi adempimenti sono differenti, a seconda che si

tratti di:

- cessioni effettuate in Italia;

- cessioni intracomunitarie o acquisti intracomunitari;

- esportazioni o importazioni.

Territorialità – COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO

In base ai soggetti che prendono parte al processo di vendita, il commercio

elettronico indiretto può essere classificato come segue:

- 1. business to consumer (B2C): si tratta delle transazioni commerciali

di beni e servizi tra imprese e consumatori finali;

- 2. business to business (B2B): si tratta dell’insieme delle transazioni

commerciali effettuate tra imprese.

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In base a tale suddivisione, si avranno profili IVA diversi a seconda dei casi:

B2B

Se un soggetto italiano cede il bene ad un soggetto passivo IVA UE e invia il

bene stesso in un altro Paese UE si configura un’operazione intracomunitaria.

Di conseguenza si applicheranno tutte le disposizioni previste in materia di

scambi intracomunitari previsti dal D.L. n.331/93.

SCAMBI DEL TIPO “B2B” – SOGGETTO IVA – SOGGETTO IVA

CEDENTE CESSIONARIO IVA

ITALIANO ITALIANO RILEVANTE IVA IN ITALIA

ITALIANO UE

CESSIONE INTRA NI art. 41 D.L. 331/93

L’operazione si configura come una

normale cessione intracomunitaria,

non imponibile IVA ex art. 41 del D.L.

n. 331/1993 e, pertanto, l’acquirente

verserà l’IVA nel proprio paese,

emettendo ed integrando la fattura

ricevuta secondo la tecnica del

reverse charge.

ITALIANO EXTRA-UE

CESS ALL’EXP. NI art.8 c.1 lett. a) D.P.R.

633/72

Normale cessione all’esportazione: il

cedente emetterà fattura non

imponibile ex. art. 8 del D.P.R. n.

633/72 e presenterà apposita

dichiarazione in dogana per acquisire

il cosiddetto “visto uscire”, il quale

rappresenta la prova dell’avvenuta

esportazione definitiva del bene

ceduto.

UE ITALIANO ACQUISTO INTRA NI art. 38 D.L.

331/93

EXTRA - UE ITALIANO IMPORTAZIONE

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B2C

Le operazioni effettuate dal cedente italiano verso cessionari (non soggetti

IVA) di altri Stati membri, scontano l’IVA in Italia a condizione che:

1) i beni siano spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel

territorio di un altro Stato membro;

2) l’importo annuo delle vendite nello Stato membro di destino,

nell’anno precedente e nell’anno in corso, non sia superiore ad Euro

100.000, o al minor ammontare stabilito in ogni Stato membro di

destinazione, secondo la Direttiva 2006/112/CE.

Il cedente che non abbia superato il limite prima indicato può comunque

optare previa specifica opzione di durata triennale da esplicitare in sede di

dichiarazione IVA, per l’applicazione dell’IVA nel paese di destinazione.

Nel caso in cui il cedente opti volontariamente per la tassazione nel Paese di

destinazione o ne sia costretto per superamento dei limiti, dovrà nominare un

rappresentante fiscale nello Stato membro di destinazione oppure procedere

ad identificarsi direttamente.

SCAMBI DEL TIPO “B2C” – SOGGETTO IVA – PRIVATO

CEDENTE CESSIONARIO IVA

ITALIANO ITALIANO RILEVANTE IVA IN ITALIA

ITALIANO UE

SE SOTTO SOGLIA

RILEVANTE IVA IN ITALIA

Il cedente che non abbia

superato il limite prima indicato

può comunque optare previa

specifica opzione di durata

triennale da esplicitare in sede di

dichiarazione IVA, per

l’applicazione dell’IVA nel paese

di destinazione.

ITALIANO UE

SE SOPRA SOGLIA

CESSIONE INTRA NI art. 41 DL

331/93 + CESSIONE IVA UE

Il cedente è costretto a tassare

nel Paese di destinazione per

superamento dei limiti, dovrà

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nominare un rappresentante

fiscale nello Stato membro di

destinazione oppure procedere

ad identificarsi direttamente.

In tal caso emetterà fattura non

imponibile ex art. 41 del D.L. n.

331/1993 al rappresentante

fiscale o, se il soggetto si è

identificato direttamente, a “se

stesso” con la partita IVA

ottenuta nel paese della

Comunità europea.

Il cedente dovrà predisporre i

modelli Intrastat, sia ai fini fiscali

che statistici.

ITALIANO EXTRA-UE

CESS ALL’EXP. NI art.8 c.1 lett. a)

DPR 633/72

Normale cessione

all’esportazione: il cedente

emetterà fattura non imponibile

ex. art. 8 del D.P.R. n. 633/72 e

presenterà apposita

dichiarazione in dogana per

acquisire il cosiddetto “visto

uscire”, il quale rappresenta la

prova dell’avvenuta esportazione

definitiva del bene ceduto.

UE ITALIANO

SE SOTTO SOGLIA

IVA CON ALIQUOTA PAESE UE

UE ITALIANO

SE SOPRA SOGLIA

CESSIONE RILEVANTE AI FINI IVA

IN ITALIA (RF O ID DEL

SOGGETTO UE IN ITALIA +

CESSIONE INTERNA)

EXTRA - UE ITALIANO IMPORTAZIONE

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Per la verifica delle soglie, si faccia riferimento alla seguente tabella:

La tabella aggiornata al mese di marzo 2014 delle soglie degli acquisti a

distanza fissate dai singoli Stati membri, allegata alla fiscal, può essere

reperita anche all’indirizzo Internet:

www.ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/vat/traders/vat_community/ind

ex_en.htm .

La fatturazione delle

operazioni

Per le fattispecie che rientrano nel commercio elettronico indiretto non è

obbligatoria l’emissione della fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente

non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, come disposto dall’art.

22, comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633/1972 che recita:

L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non

oltre il momento di effettuazione dell’operazione: 1) per le cessioni di beni

effettuate (…) per corrispondenza (….).

Dato che l’acquirente può richiedere l’emissione della fattura è opportuno

predisporre il sito internet in modo che sia possibile, per l’acquirente,

effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari

per la fatturazione.

L’art. 101, comma 2 della Legge 21 novembre 2000, n. 342 ha condizionato la

previsione di non obbligatorietà della emissione della fattura sia al vincolo

che il pagamento sia stato effettuato “con l’intervento di intermediari

finanziari abilitati” (es. carte di credito), sia alla necessità della “presenza di

idonea documentazione”.

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Le operazioni in commento, inoltre, non sono soggette all’obbligo di

certificazione fiscale (mediante scontrino o ricevuta) ai sensi dell’art. 2,

comma 1, lett. oo) del D.P.R. 696/1996.

Dalla norma si legge: “Non sono soggette all’obbligo di certificazione …

(scontrino o ricevuta fiscale): oo) le cessioni di beni poste in essere da

soggetti che effettuano vendite per corrispondenza, limitatamente a dette

cessioni.”

Queste semplificazioni, proprie della vendita per corrispondenza, consentono

a chi decide di aprire un negozio on-line e operare nell’ambito del commercio

elettronico indiretto di non emettere nessun documento a fronte di una

vendita a consumatori privati, essendo sufficiente l’annotazione sul registro

dei corrispettivi del totale delle operazioni giornaliere ex art. 24 del D.P.R. n.

633/1972.

I corrispettivi giornalieri delle vendite, comprensivi dell’Iva, devono essere,

tuttavia, annotati nel registro di cui al citato art. 24 del D.P.R. n. 633/1972 entro

il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con

riferimento al giorno di effettuazione.

Nell’ipotesi in cui vengano emesse fatture su richiesta o meno dei clienti,

occorrerà istituire, insieme con il registro dei corrispettivi, il registro delle

fatture emesse di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633/72 (cfr. R.M. 20.01.1994, n.

2615).

IL CASO DEI RESI - Va detto che l’emissione della fattura consente di utilizzare

la procedura di variazione prevista dall’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, qualora il

cessionario restituisca i beni al venditore (ad esempio esercitando il diritto di

recesso).

Qualche dubbio interpretativo si è avuto nei casi in cui i beni ceduti, per cui

non è stato prodotta la fattura, vengano restituiti al fornitore.

Per risolvere tali criticità si fa riferimento alla Ris. n. 274/E del 5 novembre

2009. In tale documento, l’Agenzia delle Entrate asserisce che per recuperare

l’IVA sui resi di merce nell’ambito delle attività di commercio elettronico

indiretto che non comportino l’obbligo di emissione di

fattura/scontrino/ricevuta fiscale, il contribuente deve fornire la

documentazione, che consenta l’identificazione degli elementi necessari a

correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento che

prova la vendita originaria quali:

- le generalità del soggetto acquirente;

- l’ammontare del prezzo rimborsato;

- il “codice” dell’articolo oggetto di restituzione;

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- il “codice di reso” (quest’ultimo deve essere riportato su ogni documento

emesso per certificarne il rimborso).

Il commercio elettronico

diretto

Nella definizione di commercio elettronico diretto rientrano tutte le

operazioni che si svolgono interamente in modalità telematica (dalla cessione

alla consegna del prodotto) e che hanno per oggetto un bene o un servizio

messo a disposizione del destinatario in forma digitale e tramite una rete

elettronica.

Si ricorda che per tale tipologia di operazioni non si parla di cessione di beni

ma di prestazione di servizi; pertanto, ai fini della determinazione del

momento impositivo assume rilevanza il momento del pagamento.

Il regolamento comunitario di riferimento (Allegato 1 regolamento

2011/282/UE, così come modificato dal regolamento UE n. 1042/2013) fornisce

anche un’elencazione esemplificativa dei servizi prestati tramite mezzi

elettronici; l’elenco è puramente esemplificativo:

� fornitura di siti Web e Web-hosting, gestione a distanza di programmi e

attrezzature;

� fornitura di software e relativo aggiornamento;

� fornitura di immagini, testi (e-book) e informazioni e messa a disposizione

di basi di dati;

� fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d’azzardo,

programmi o manifestazioni politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici

o di intrattenimento;

� fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza (e-learning).

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Il solo fatto che un prestatore di servizi e il suo destinatario comunichino

per posta elettronica, non implica che il servizio reso sia un servizio

prestato per via elettronica.

Non costituiscono servizi di e-commerce (art. 7 § 3 Reg (UE) 282/2011 – già art.

12 Reg. (CE) 1777/2005):

a) i servizi di tele radiodiffusione;

b) i servizi di telecomunicazione;

c) i beni per i quali l’ordine o la sua elaborazione avvengano

elettronicamente;

d) i CD-ROM, i dischetti e supporti fisici analoghi;

e) il materiale stampato, come libri, bollettini, giornali o riviste;

f) i CD e le audiocassette;

g) le video cassette e i DVD;

h) i giochi su CD-ROM;

i) i servizi di professionisti, quali avvocati e consulenti finanziari, che

forniscono consulenze ai clienti mediante la posta elettronica;

j) i servizi di insegnamento, per i quali il contenuto del corso è fornito da

un insegnante attraverso Internet o una rete elettronica, vale a dire

mediante un collegamento remoto;

k) i servizi di riparazione materiale off line delle apparecchiature

informatiche;

l) i servizi di conservazione dei dati off line;

m) i servizi pubblicitari, ad esempio su giornali, manifesti e in televisione;

n) i servizi di help desk telefonico;

o) i servizi di insegnamento che comprendono esclusivamente corsi per

corrispondenza, come quelli inviati per posta;

p) i servizi tradizionali di vendita all’asta che dipendono dal diretto

intervento dell’uomo, indipendentemente dalle modalità di offerta;

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Il termine “tele radiodiffusione” di cui alla lett. a) è stato inserito dal

1/1/2015 in sostituzione ai precedenti termini “radiodiffusione” e

“televisione” (modifiche apportate dal Regolamento UE n. 1042/2013).

Non costituiscono servizi di e-commerce, inoltre, (art. 7 § 3 Reg (UE) 282/2011):

t. la prenotazione in linea di biglietti di ingresso a manifestazioni culturali,

artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o a manifestazioni affini;

u. la prenotazione in linea di soggiorni alberghieri, autonoleggio, servizi di

ristorazione, trasporto passeggeri o servizi affini.

Le lettere t) e u) sono state inserite dal 1° gennaio 2015 ad opera del

Regolamento UE n. 1042/2013.

D’altro canto le Lettere q), r), s) sono state soppresse dall’elenco con effetto

dal 1° gennaio 2015, ad opera del Regolamento UE n. 1042/2013.

q. i servizi telefonici con una componente video, altrimenti noti come servizi di

videofonia;

r. l’accesso a Internet e al World Wide Web;

s. i servizi telefonici forniti attraverso Internet.

Dal 01.01.2015, quindi, abbiamo una tassazione a destino per i servizi

elettronici e di telecomunicazione e tele radiodiffusione.

Il nuovo criterio territoriale applicabile ai servizi elettronici, di

telecomunicazione e di tele radiodiffusione resi a privati consumatori

comunitari, non è più basato sul Paese del fornitore, ma su quello del cliente

(art. 58 della Direttiva n. 2006/112/CE, nel testo sostituito dall’art. 5 della

Direttiva n. 2008/8/CE).

L’art. 5 della Direttiva n. 2008/8/CE ha ridefinito i criteri di individuazione

del luogo impositivo dei suddetti servizi, estendendo ai rapporti “B2C” le

regole già attualmente applicabili alle prestazioni di servizi generiche”

scambiate nell’ambito nei rapporti “B2B”.

Dal nuovo anno, quindi, anche per i servizi prestati a persone che non

agiscono in veste di soggetti IVA, l’imposta sarà dovuta nel Paese del cliente a

prescindere dal Paese in cui il fornitore è stabilito (Paese UE o extra-UE).

Un’eccezione è stata introdotta dal nostro Legislatore per i servizi di

telecomunicazione e tele radiodiffusione resi a clienti nazionali, non soggetti

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IVA. Avvalendosi della facoltà di deroga prevista dall’art. 59-bis, par. 1, lett. a),

della Direttiva n. 2006/112/CE, i citati servizi saranno imponibili in Italia a

condizione che le prestazioni siano utilizzate all’interno dell’Unione Europea.

Nell’ambito della legislazione interna, le modifiche descritte hanno

determinato:

- la riformulazione delle lett. f) e g) dell’art. 7-sexies del D.P.R. n.

633/1972;

- con la contestuale soppressione delle lett. h) ed i) del successivo art. 7-

septies.

Dal 1° gennaio di quest’anno, in coincidenza, è stata prevista la possibilità di

avvalersi del MOSS (Mini One Stop Shop), cioè un regime opzionale che evita,

alle imprese che erogano i suddetti servizi, di doversi identificare ai fini IVA in

tutti i Paesi membri in cui l’imposta è dovuta, vale a dire i Paesi in cui sono

stabiliti i clienti.

La semplificazione consiste nella facoltà di accentrare gli obblighi di

dichiarazione e di versamento dell’imposta in capo alla posizione IVA:

• del Paese in cui il fornitore, UE, ha fissato la sede della propria attività

o dispone di una stabile organizzazione (cd. “regime UE”);

• del Paese in cui il fornitore, non UE, ha deciso di identificarsi, a

condizione che non sia né stabilito, né identificato o tenuto ad

identificarsi nell’Unione europea (cd. “regime non UE”).

In sostanza:

- il “regime UE” si applica ai fornitori che hanno la sede dell’attività in

un Paese membro e a quelli che, pur avendo la sede al di fuori

dell’Unione Europea, dispongono di una stabile organizzazione in uno

o più Paesi membri. Con l’opzione MOSS, tali imprese, attraverso il

numero di partita IVA di cui sono già in possesso, adempiono agli

obblighi di dichiarazione e di versamento dell’imposta relativi ai

servizi digitali resi nell’ambito dei rapporti “B2C” esclusivamente nel

Paese membro in cui hanno la sede o la stabile organizzazione.

Sono, quindi, esclusi dal regime speciale i servizi digitali forniti a privati

consumatori stabiliti negli stessi Paesi membri in cui l’impresa ha la sede o

dispone di una stabile organizzazione; sicché, per tali prestazioni, diventa

obbligatoria l’apertura di una partita IVA locale con la procedura di

identificazione diretta o la nomina di un proprio rappresentante fiscale, con la

conseguente gestione “ordinaria” dei relativi adempimenti attraverso tale

posizione IVA.

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Ad esempio, l’impresa con sede in Italia e stabili organizzazioni in Francia e

Germania, se aderisce al MOSS, deve applicare il regime speciale per i

servizi digitali resi, anche per il tramite delle stabili organizzazioni, a privati

consumatori comunitari, fatta eccezione per quelli prestati ai clienti stabiliti

in Italia, Francia e Germania, soggetti al regime ordinario.

- il “regime non UE” si applica, invece, ai fornitori che, nell’Unione

Europea, non hanno la sede dell’attività o una stabile organizzazione,

né sono identificati o tenuti ad identificarsi ai fini IVA. Avvalendosi del

regime speciale, tali imprese possono scegliere il Paese membro nel

quale aprire la partita IVA ed accentrare gli obblighi di dichiarazione e

di versamento dell’imposta dovuta sui servizi digitali resi nell’ambito dei

rapporti “B2C”.

A differenza del “regime UE”, il regime speciale in parola si applica a tutti i

servizi digitali resi a forniti a privati consumatori comunitari,

indipendentemente dal Paese membro in cui gli stessi sono stabiliti.

Se l’impresa ha sede in Svizzera e sceglie di identificarsi in Italia, rientrano

nel regime speciale anche i servizi digitali resi a clienti italiani, non soggetti

IVA.

Con Porvv. 30.09.2014, n. 122854 l’Agenzia delle Entrate ha attivato

la procedura telematica di registrazione per le imprese che intendono

avvalersi del MOSS (Mini One Stop Shop) e la richiesta poteva essere

presentata già dal 01.10.2014.

In generale, la registrazione ai regimi speciali decorre dal 1° giorno del

trimestre successivo a quello di esercizio dell’opzione.

In deroga, è tuttavia previsto che i regimi speciali siano applicabili dalla data

di effettuazione della prima prestazione qualora le imprese interessate

richiedano la registrazione entro il 10° giorno del mese successivo (art. 57-

quinquies del Reg. UE n. 282/2011).

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La fatturazione delle

operazioni

Per quanto riguarda le transazioni relative al commercio elettronico diretto è

necessario precisare che tali operazioni non godono dell’esonero dall’obbligo

di emissione della fattura previsto dall’art. 22 D.P.R. n. 633/1972.

Nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03615 del 24.09.2014,

l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le operazioni di commercio elettronico

“diretto” (cd. “servizi di e-commerce”), ove territorialmente rilevanti ai fini IVA

in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6,

comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del

pagamento del corrispettivo.

Nell’occasione, in relazione alle novità in vigore dal 01.01.2015, è stato

osservato che la Commissione Europea, nella “Relazione della Commissione al

Consiglio relativa all’art. 6 della Direttiva n. 2008/8/CE, ha raccomandato agli

Stati membri di esonerare dall’obbligo di emissione della fattura le prestazioni

di servizi relative al commercio elettronico diretto rientranti nell’ambito di

applicazione del MOSS (Mini One Stop Shop).

In linea con questa raccomandazione, nello schema di Decreto Legislativo

approvato dal Consiglio dei Ministri il 24.12.2014, è stato previsto

espressamente l’esonero dagli obblighi di cui al Titolo II del D.P.R. n. 633/1972

(fatturazione, registrazione, ecc.) per le imprese che aderiscono al MOSS.

Nessuna deroga è, invece, prevista per i servizi digitali resi nei rapporti

“B2B”, che restano soggetti all’obbligo di emissione della fattura (art. 21,

comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972).

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