Filippo Petruccelli - Osservare e valutare lo sviluppo ...
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Filippo Petruccelli - Osservare e valutare lo sviluppo comunicativo e linguistico
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).
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Indice
1. LO SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO..................................................................................... 3
2. QUESTIONARIO SULLO SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO NEL SECONDO ANNO DI VITA
(QSCL) ...................................................................................................................................................... 6
3. STRUTTURA, SOMMINISTRAZIONE E CODIFICA DEL QUESTIONARIO .................................................... 8
4. SCHEMA DI CODIFICA DELLE CONVERSAZIONI IN CLASSE ............................................................... 11
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................................. 14
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1. Lo sviluppo comunicativo e linguistico
Il presente contributo si propone di analizzare i comportamenti comunicativi e linguistici dei
bambini in relazione alle diverse fasi di sviluppo. In particolare, verranno presentati due diversi
contributi: il primo riguarda un questionario standardizzato che permette di valutare lo sviluppo del
linguaggio nel secondo anno di vita del bambino; il secondo consiste in uno schema di codifica
del linguaggio di insegnanti e bambini della scuola primaria.
Il linguaggio è un sistema di segni associati a significati che permette di partecipare alle
interazioni sociali e di conoscere la realtà. Nelle primissime fasi dello sviluppo il bambino si esprime,
dapprima, tramite vocalizzi; nel secondo anno di vita inizia a pronunciare le parole e, infine, a
partire dai tre anni impara a utilizzare il linguaggio in funzione dell’interlocutore e della situazione
specifica in cui si trova. Essendo il linguaggio una tappa essenziale nello sviluppo psicologico del
bambino, eventuali ritardi in questo ambito sono spesso motivo di consultazione in età prescolare.
L’acquisizione del linguaggio si inserisce nel più ampio contesto della capacità comunicativa, che
può essere descritta in quattro fasi:1
- Fase della comunicazione preintenzionale (0-9 mesi): sebbene il bambino non sia ancora in
grado di comunicare con intenzionalità, si esprime con le figure che si prendono cura di lui
attraverso vocalizzazioni, lallazione canonica e attenzione condivisa.
- Fase della comunicazione intenzionale (9-12 mesi): in questa fase il bambino comprende
che i suoi segnali hanno delle conseguenze sull’ambiente circostante e comincia a utilizzarli
in funzione dei propri obiettivi. Compaiono i gesti comunicativi deittici (come indicare con il
dito), i gesti comunicativi referenziali (come il gesto di salutare con la mano) e si inizia a
manifestare una prima comprensione del linguaggio.
1 Camaioni, L., Aureli, T., & Perucchini, P. (2004). Osservare e valutare il comportamento infantile. Il mulino.
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- Fase del primo linguaggio (12-20): il bambino diventa consapevole che ogni oggetto può
essere nominato e comincia a produrre parole. Questa fase è caratterizzata dal fenomeno
definito esplosione del vocabolario, che indica la velocità con cui il bambino acquisisce
una molteplicità di nuove parole.
- Fase dello sviluppo morfologico-sintattico (20-36 mesi): il bambino capisce che le parole
possono essere combinate per produrre delle frasi. Si presentano, in questa fase, le prime
capacità morfosintattiche.
Lo sviluppo del linguaggio si completa nel quarto anno di vita, quando il bambino impara a
utilizzarlo in funzione dell’interlocutore e della situazione. Un esempio è il contesto scolastico: a
differenza di quello familiare, qui il bambino deve imparare una nuova competenza importante, la
presa di turno. L’alternanza dei turni, che in famiglia avviene in modo spontaneo e senza il ricorso a
regole esplicite, a scuola viene invece regolata dall’insegnante. In questo modo il bambino
impara che, per poter prendere la parola, occorre alzare la mano e adeguare il proprio linguaggio
a regole implicite o esplicite tipiche del contesto scolastico.
La maggior parte dei bambini apprende il linguaggio in modo spontaneo, anche in assenza di
insegnamento formale. Tuttavia, circa il 10% della popolazione infantile presenta difficoltà che, pur
non essendo riconducibili a una patologia specifica, possono compromettere il percorso
scolastico. In quest’ottica, l’utilizzo di strumenti standardizzati è fondamentale per identificare
precocemente le difficoltà dello sviluppo e impostare un intervento riabilitativo.
Nel corso degli anni il metodo d’elezione per lo studio dello sviluppo linguistico nei bambini
è stata l’osservazione in contesti naturali, che ha permesso di descrivere in modo dettagliato le
varie fasi dello sviluppo. Tuttavia, nel caso di un campione molto grande, non è possibile applicare
questa metodologia e generalizzarne i risultati. Per questa ragione le procedure osservative si sono
perfezionate anche grazie all’utilizzo del videoregistratore, degli schemi di codifica, di strumenti
indiretti di indagine e di contesti più strutturati.
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Queste acquisizioni hanno permesso di indagare lo sviluppo comunicativo e linguistico nei
bambini attraverso un confronto con un campione normativo. In ogni caso, i diversi metodi di
indagine devono essere adattati in funzione dell’età del bambino e della dimensione specifica
che si vuole indagare: per bambini molto piccoli è preferibile strutturare l’osservazione in un
contesto di gioco o di routine, anche in presenza dei genitori. La seduta verrà videoregistrata e
sottoposta ad analisi per una valutazione qualitativa. Un altro metodo di indagine consiste nel
somministrare questionari o interviste direttamente ai genitori: questo permette una valutazione,
oltre che qualitativa, anche quantitativa. A partire dai tre anni possono essere utilizzate procedure
standardizzate: il bambino, infatti, è abbastanza grande per collaborare attivamente alle richieste
dello sperimentatore.
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2. Questionario sullo sviluppo comunicativo e
linguistico nel secondo anno di vita (QSCL)
Lo strumento, ideato da Camaioni e colleghi nel 19922 permette di valutare lo sviluppo
comunicativo e linguistico del bambino attraverso le informazioni fornite dai genitori e dagli altri
adulti di riferimento. La letteratura evidenzia, infatti, come genitori, educatori o chiunque altro si
occupi quotidianamente del bambino rappresenti una fonte attendibile di informazioni su quelli
che sono i comportamenti comunicativi (motori, vocali e gestuali) e linguistici (parole e frasi) 3. Il
questionario può essere somministrato nel periodo che va dai 12 ai 20 mesi di età, ovvero dalla
comparsa della comunicazione intenzionale fino allo stadio della combinazione di parole. Le
condizioni di base per la somministrazione sono le seguenti:
- I comportamenti del bambino che vengono riferiti devono essere quelli attualmente
presenti e osservabili;
- Per quanto riguarda i comportamenti emergenti, devono essere poste domande relative in
modo da permetterne la quantificazione.
Queste condizioni sono necessarie affinché non venga sovrastimato o sottostimato il livello
di sviluppo del bambino. Occorrerà, pertanto, limitarsi a descrivere ciò che il bambino fa in un
determinato momento di vita. Inoltre, lo strumento è composto da domande chiuse e risposte
strutturate in modo da limitare le interpretazioni personali: viene presentata una lista di
comportamenti e il genitore o l’educatore si devono limitare a indicare quelli esibiti dal bambino.
2 Camaioni, L., Volterra, V., Luchenti, S., & Caselli, M. C. (1992). Questionario sullo sviluppo comunicativo e linguistico nel
secondo anno di vita: manuale. Organizzazioni Speciali.
3 Bates, E., Bretherton, I., & Snyder, L. (1988). Acquisition of a novel concept at 20 months. From First Words to Grammar:
Individual Differences and Dissociable Mechanisms, 124-134.
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L’ideazione di questo strumento ha origine da studi scientifici che hanno evidenziato due
aspetti importanti nello sviluppo comunicativo e linguistico:
- Il contesto sociale svolge un ruolo fondamentale nella produzione comunicativa;
- I contesti maggiormente adibiti alla comunicazione sono quelli di routine e quelli di gioco.
La cornice teorica è quella interattivo-cognitivista, che evidenzia la correlazione tra
sviluppo linguistico e sviluppo cognitivo, pone enfasi sulle influenze ambientali e inserisce lo sviluppo
linguistico all’interno della più ampia competenza comunicativa45.
Gli ambiti applicativi di maggiore interesse sono quello diagnostico - clinico e quello di ricerca. Nel
primo caso è importante valutare lo sviluppo comunicativo e linguistico nei bambini che sono stati
segnalati ai servizi specialistici, ma anche per uno screening delle popolazioni a rischio (prematura,
dismaturi, con basso peso alla nascita) o, ancora, per uno screening a scopo preventivo.
Nell’ambito della ricerca, invece, può essere utile valutare il livello di sviluppo comunicativo e
linguistico per confrontarlo con altri aspetti dello sviluppo oppure per un confronto con un
campione normativo.
4 Camaioni, L., & Di Blasio, P. (2002). Psicologia dello sviluppo. Il mulino.
5 D'Amico, S., & Devescovi, A. (2013). Comunicazione e linguaggio nei bambini. Carocci.
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3. Struttura, somministrazione e codifica del
questionario
Il QSCL presenta un manuale di descrizione dello strumento con le istruzioni per la
somministrazione e la codifica. Come già accennato, sono previsti una serie di comportamenti che
possono essere esibiti o meno dal bambino e il genitore o l’educatore devono indicare quelli
presenti. È possibile somministrare lo strumento in tre diversi momenti: a 12 mesi, a 16 mesi e a 20
mesi. Per le prime due rilevazioni si utilizza la Forma I, mentre a 20 mesi si utilizza la Forma II. I
comportamenti che il bambino può produrre si riferiscono a sei specifici contesti di vita quotidiana,
definiti dai seguenti interrogativi:
1) Cosa fa il bambino quando ha fame?
2) Cosa fa il bambino quando vuole uscire di casa?
3) Come si comporta il bambino quando vuole un giocattolo?
4) In assenza della persona preferita, cosa fa il bambino per richiamarla?
5) Quando guardate/leggete insieme un libro, cosa fa il bambino?
6) Quando giocate insieme a cucù-settete, cosa fa il bambino?
Per ognuna di queste domande vengono specificati i comportamenti, sia di tipo motorio
che vocale e linguistico. Oltre ad indicare il comportamento prodotto, è opportuno che il
compilatore ne indichi anche la frequenza: mai, qualche volta, sempre. In entrambe le versioni è
presente sia una lista di parole che una lista di gesti: la prima comprende i termini che
maggiormente i bambini utilizzando quando imparano a parlare; la seconda si riferisce ai gesti
referenziali o simbolici che il bambino può utilizzare (ad esempio, fare ciao con la mano). La Forma
I, dato che viene utilizzata con bambini più piccoli, prevede anche una lista delle abilità motorie. È
opportuno che il compilatore osservi attentamente, per un periodo di tempo, il bambino nei diversi
contesti di gioco o routine. Con l’obiettivo di migliorare la validità dell’osservazione, quindi, il
questionario viene consegnato al compilatore circa dieci giorni prima.
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La codifica dei risultati avviene distinguendo i comportamenti rilevati in nove categorie, più
il numero dei gesti e il numero delle parole. Nel caso della Forma I, si codificherà anche la variabile
abilità motorie. Ad ogni item del questionario si attribuisce un punteggio, dato dalla frequenza con
cui si presenta quello specifico comportamento. Riportiamo di seguito le categorie: Pianto (P),
Ricorso all’adulto (A), Comportamento solitario (S), Indicazione (I), Gesti referenziali (G), Vocalizzi
(V), Parole (L), Indicazione + Parola (IL), Frasi (F), Numero gesti referenziali (NG), Numero parole
(NP), Abilità motorie (MOT). I punteggi ricavati dalla codifica sono punteggi grezzi, che possono
essere utilizzati per valutare il livello di sviluppo comunicativo e linguistico. Se si vogliono confrontare
i punteggi ottenuti con quelli di un campione normativo, occorre trasformarli in punteggi
standardizzati. Inoltre, nel caso di bambini considerati “a rischio”, si raccomanda di somministrare
nuovamente il questionario a distanza di un mese. Nel caso in cui anche la seconda
somministrazione evidenzi un profilo a rischio, si procederà con ulteriori accertamenti.
La validità e l’attendibilità dello strumento sono state confermate da numerosi studi: il QSCL
ha mostrato di rilevare l’andamento effettivo dello sviluppo comunicativo e linguistico; inoltre,
l’attendibilità è stata dimostrata dalla concordanza delle osservazioni sia da parte del genitore o
educatore, sia da parte del giudice indipendente. A partire dalla pubblicazione, lo strumento è
stato impiegato sia in ambito clinico-diagnostico che in ambito di ricerca. Nel primo caso viene
utilizzato all’interno di una batteria per una valutazione psicodiagnostica, sia nei dipartimenti di
neuropsichiatria infantile, sia nei servizi materno-infantili. Un altro ambito di applicazione è stato
quello dello screening preventivo6: nel 1998 il Comune di Roma ha commissionato un progetto per
l’individuazione precoce di problemi nel linguaggio e, tra gli strumenti utilizzati, è stato incluso il
QSCL in entrambe le forme.
6 Capirci, O., & Caselli, M. C. (2002). Giochiamo a parlare: osservare e promuovere lo sviluppo comunicativo e linguistico
nella prima infanzia. MC Caselli e O. Capirci (a cura di), Indici di rischio nel primo sviluppo del linguaggio. Ricerca, clinica,
educazione. Milano: Franco Angeli.
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Per quanto riguarda l’ambito della ricerca, lo strumento è stato utilizzato per valutare il
livello di sviluppo in bambini inclusi in un campione oppure a selezionare bambini con specifici livelli
di sviluppo. In altri casi, il livello di sviluppo comunicativo e linguistico è servito per metterlo in
relazione con altre capacità.
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4. Schema di codifica delle conversazioni in classe
Il linguaggio e la comunicazione vengono utilizzati dal bambino prevalentemente
all’interno del contesto scolastico-educativo. Partendo da questo presupposto, l’analisi delle
conversazioni tra insegnanti e alunni può consentire una valutazione accurata dello sviluppo
comunicativo e linguistico e della capacità del bambino di adattare l’uso del linguaggio alla
situazione specifica.
Alcuni autori hanno ideato uno strumento di codifica delle conversazioni in classe partendo
dal concetto di base di routine, ovvero attività e situazioni che si presentano allo stesso modo e
che permettono la condivisione dei significati e l’interpretazione dei comportamenti. La routine,
essendo parte delle organizzazioni didattiche, permette a tutti di conoscere il proprio ruolo, le
attività da svolgere, le possibili reazioni altrui. In questo senso lo scambio comunicativo può essere
considerato prevedibile e controllato7.
Attraverso numerose analisi di videoregistrazioni delle conversazioni in classe, gli autori
hanno individuato una serie di categorie riferite a specifici interventi di insegnanti e bambini nel
corso dell’attività didattica.
Gli interventi comunicativi possono essere distinti in due categorie:
- Routine: le routine sono scambi di turni nei quali la conversazione è prevedibile sulla base di
una risposta specifica dell’alunno o dell’insegnante; le routine educative vengono utilizzate
per l’apprendimento, quelle organizzative forniscono le regole generali su come regolare la
conversazione in classe.
- Interventi semplici: non prevedono necessariamente una risposta da parte
dell’interlocutore.
7 Selleri, P., & Santarcangelo, B. (2001). L'analisi delle routine conversazionali ed organizzative come strumento di
osservazione del clima di classe. Rassegna di psicologia.
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Le routine educative possono essere di quattro tipi: 1) Domanda ambigua, dove
l’insegnante propone un’attività senza fornire indicazioni specifiche; 2) Suggerimento allusivo, dove
l’insegnante fornisce indizi su come procedere; 3) Scomposizione in sottoparti, operata
dall’insegnante per facilitare il compito; 4) Domanda con risposta implicita, ovvero una domanda
che contiene già al suo interno una risposta.
Le routine organizzative presentano anch’esse quattro categorie distinte: 1) Assegnazione
del turno; 2) Contributo atteso, che consiste nell’assegnare il turno ad un bambino facendo sì che
l’attenzione sia diretta al suo contributo; 3) Partecipazione, ossia l’assegnazione del turno in modo
indiretto; 4) Contributo ignorato, quando viene ignorato l’intervento di un bambino.
Per quanto concerne gli interventi semplici, occorre distinguere tra quelli dell’insegnante e
quelli degli alunni. I primi possono riguardare, ad esempio, le istruzioni sul compito, le valutazioni
positive o negative di un intervento, il controllo della condotta. Gli interventi dei bambini possono
essere di turno non sollecitato, di richiesta di aiuto, di risposta o di mancata risposta.
L’osservatore, nella raccolta dei dati, può avvalersi di carta e matita oppure di
videoregistrazioni, ma in ogni caso occorre che sia stato precedentemente addestrato. Per
migliorare la validità dell’osservazione è possibile presentarlo come un insegnante o uno studente
interessato all’attività scolastica. In ogni caso deve restare in disparte in modo da non interferire
con l’attività comunicativa e didattica.
Gli autori propongono di suddividere la raccolta dati in due parti: nella prima parte si riportano le
informazioni generali (data, orario, sezione, insegnante, alunni presenti, ambito disciplinare,
modalità) e si annotano informazioni importanti per la successiva valutazione come, ad esempio,
l’ingresso di qualcuno nella classe, gli spostamenti, le distrazioni. Per la seconda parte si
raccomanda di disegnare una piantina della classe in modo da facilitare le identificazioni nel
corso dell’osservazione. Durante l’attività l’osservatore segna sulla piantina i turni della
conversazione, assegnando un numero progressivo per indicarne la sequenza.
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Il materiale può poi essere utilizzato con diverse finalità: anzitutto è possibile analizzare la
classe nell’insieme per coglierne le regole e la gestione delle attività; inoltre è possibile analizzare il
contributo del singolo bambino per capire come si muove all’interno del gruppo, se partecipa
attivamente e se riceve attenzione dagli altri. Un’altra analisi può riguardare le tipologie di
intervento per capire quali sono le modalità comunicative prevalenti: solitamente le routine
educative prevalgono nella prima parte dell’attività didattica, mentre nella seconda fase sono
maggiormente presenti le istruzioni sul compito. L’analisi delle interazioni permette anche di
operare confronti tra singoli bambini, in particolare nei casi di difficoltà, per capire la modalità
prevalente di comunicazione con l’insegnante e con i pari.
Come ogni schema di codifica, non avendo effetti dovuti alla ripetizione, lo strumento può
essere utile per rilevazioni ripetute in modo da coglierne l’andamento temporale. Nel contesto
scolastico, questo tipo di procedura può essere utile al fine di valutare il clima relazionale, che ha
un impatto significativo sull’apprendimento; a livello educativo per migliorare le scelte didattiche;
infine, l’osservazione sistematica può essere utile nella formazione degli insegnanti, affinché essi
capiscano meglio l’influenza delle interazioni e delle modalità di comunicazione nei processi di
apprendimento.
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Bibliografia
• Bates, E., Bretherton, I., & Snyder, L. (1988). Acquisition of a novel concept at
20 months. From First Words to Grammar: Individual Differences and
Dissociable Mechanisms, 124-134.
• Camaioni, L., & Di Blasio, P. (2002). Psicologia dello sviluppo. Il mulino.
• Camaioni, L., Aureli, T., & Perucchini, P. (2004). Osservare e valutare il
comportamento infantile. Il mulino.
• Camaioni, L., Volterra, V., Luchenti, S., & Caselli, M. C. (1992). Questionario
sullo sviluppo comunicativo e linguistico nel secondo anno di vita: manuale.
Organizzazioni Speciali.
• Capirci, O., & Caselli, M. C. (2002). Giochiamo a parlare: osservare e
promuovere lo sviluppo comunicativo e linguistico nella prima infanzia. MC
Caselli e O. Capirci (a cura di), Indici di rischio nel primo sviluppo del
linguaggio. Ricerca, clinica, educazione. Milano: Franco Angeli.
• D'Amico, S., & Devescovi, A. (2013). Comunicazione e linguaggio nei
bambini. Carocci.
• Selleri, P., & Santarcangelo, B. (2001). L'analisi delle routine conversazionali
ed organizzative come strumento di osservazione del clima di
classe. Rassegna di psicologia.