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Progetto Mosaico Università degli Studi dell’Insubria-CreaRes

Report dell’indagine Varese, come la vedi?

Realtà e tendenze della condizione giovanile a Varese

Il giudizio dei giovani sulla città

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Rapporto chiuso al 27 luglio 2010 La ricerca è stata coordinata da Rossella Locatelli, direttore del CreaRes dell’Università degli Studi dell’Insubria. Il Rapporto è stato redatto da Lelio Demichelis, docente di Sociologia alla Facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria. L’elaborazione dei dati è stata curata da Stefano Barbuto e Paola Ossola, con la collaborazione di Beatrice Corti, Rosine Ngande, Federica Padovani e Sara Zalla, per il completamento del database. L’attività di somministrazione dei questionari è stata condotta con la partecipazione di: Giulia Anastasi, Alessandra De Santis, Davide Romanelli, Eric Azangue, Giuliano Colucci, Suela Haxhi, Ludovico Cobuccio, Ilaria Lambiase, Lorenzo Marchi, Marcello Erario. Ulteriori approfondimenti sono disponibili alla pagina: http://www.eco.uninsubria.it/creares/varesecomelavedi

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Indice

Introduzione. Il Progetto Mosaico e l’indagine: Varese come la vedi? 1 1. Il contesto. La condizione giovanile in Italia. ................................... 5

Giovane? Ma chi è giovane? ................................................................................. 5 Società del disimpegno e dell’indifferenza. ...................................................... 7 Società dell’edonismo e dello spettacolo. E dell’impegno. ............................. 8 Società liquida, giovani liquidi. ............................................................................. 9 Giovani senza passato e senza futuro. ............................................................... 11 Società del divertimento. ................................................................................... 14 Il lavoro come campeggio. ................................................................................... 15 Il lavoro e il disinvestimento dai giovani. ....................................................... 16 Società della conoscenza, ma senza conoscenza. ............................................ 18 Ieri e oggi. Il quinto Rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia: Giovani del nuovo secolo. ...................................................................................... 19 La carica dei Millennials. .................................................................................... 23

2. Foto di gruppo: un voto alla Città di Varese ............................. 25 Varese? Bocciata. O con grandi debiti formativi. .............................................. 25 Benestanti e nichilisti? ........................................................................................ 28 Viziati, apatici, borghesi, pigri. E soprattutto snob. ....................................... 31 Varese, vizi e/o virtù? ........................................................................................ 33 Varese. Un pragmatismo low profile. ................................................................ 35 Radiografia del campione .................................................................................. 36 Socializzazione, tempo libero e partecipazione. ............................................. 41 Poca cultura, molto connessi ............................................................................. 48 L’associazionismo formale. ................................................................................. 55 L’associazionismo informale. .............................................................................. 56 Divertirsi. Ma dove? ........................................................................................... 60

3. Cosa c’è e cosa manca a Varese ................................................... 63 Dai pub alle pizzerie, dallo sport alla politica e ritorno ................................ 63 Criticare senza impegnarsi troppo. .................................................................. 72 Giovani e politica. ............................................................................................... 73

4. I giovani e il lavoro. ...................................................................... 77

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Prime conclusioni ................................................................................. 89

5. Dalla foto di gruppo ai primi piani ............................................ 93 Un voto a Varese ................................................................................................. 93 Varese, una città per i giovani? ......................................................................... 96 Ti senti un giovane varesino? ............................................................................... 99 Radiografia del campione. I luoghi di somministrazione ........................... 102 Divertimento. Dove, come e con chi? ............................................................. 102 Edonismo e tempo libero. Come passare il tempo? ...................................... 105 Tempo libero. Con chi? ..................................................................................... 105 Le associazioni formali ...................................................................................... 108 Le associazioni informali ................................................................................... 111 I giovani. Rappresentati o dimenticati? ......................................................... 113 Responsabilità e partecipazione? Forse ......................................................... 116 Cosa e quanto offre Varese. E’ sufficiente? ..................................................... 119 Il ruolo dell’Università dell’Insubria .............................................................. 121 La conoscenza? Speriamo che sia femmina! ...................................................... 124 Insubria o non Insubria? .................................................................................. 126 Perché scegliere l’Insubria? ............................................................................. 127

6. Cinque profili di giovani ............................................................ 131 Lo sportivo ......................................................................................................... 132 L’intellettuale .................................................................................................... 135 L’impegnato ...................................................................................................... 138 L’edonista .......................................................................................................... 142 L’amante del social network ........................................................................... 145 I cinque profili. Sintesi. .................................................................................... 149

Conclusioni. Varese, dove sei? Cosa sei? ............................................ 151

Riferimenti bibliografici .................................................................... 161

Allegato 1. I grafici ...................................................................................

Allegato 2. Il questionario .......................................................................

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Introduzione. Il Progetto Mosaico e l’indagine: Varese come la vedi?

Il Rapporto che qui si presenta è una proposta di lettura dei risultati di una indagine svolta attraverso la somministrazione di un apposito questionario strutturato a giovani di Varese e della provincia. L’obiettivo dell’indagine era duplice.

Da un lato, ottenere un quadro sufficientemente analitico e aggiornato delle caratteristiche sociali, culturali e personali, delle scelte di istruzione, lavoro e svago e delle esigenze dei giovani varesini, valutandoli nel loro insieme e poi scendendo nel dettaglio delle possibili distinzioni e differenziazioni per genere, età, occupazione, istruzione e luoghi di residenza. Dall’altro – obiettivo principale e contenuto nello stesso titolo dato all’indagine – verificare come la città di Varese viene vista (osservata, interpretata, valutata, giudicata) dai giovani che vivono in città e nella provincia; e da questo ricavare poi delle indicazioni sulle aspettative che i giovani esprimono sotto il profilo dell’accoglienza, dell’offerta di servizi a vario livello - cultura, intrattenimento, divertimento, ricettività, istruzione, sport - della città capoluogo.

In questa indagine - e quindi nel relativo Report - non è stato preso in esame il problema droga e nuove dipendenze, che pure riguarda molti giovani anche di Varese. Di questo importante argomento se ne occupa da anni il Dipartimento delle Dipendenze dell’Asl di Varese e per questo si rimanda alle analisi di questa struttura per la valutazione del fenomeno.1.

L’indagine ha costituito un tassello del più generale Progetto “Mosaico Giovani”, finanziato dalla Regione Lombardia su fondi del Ministero delle Politiche Giovanili, in attuazione di un Accordo di Programma Quadro e del programma “Nuova generazione di idee. Le politiche e le linee di intervento per i giovani della Regione Lombardia”. Si tratta di un progetto di durata pluriennale che si è sviluppato in diverse e molteplici attività sul territorio, aventi come comune denominatore

1 Per la valutazione del fenomeno si rimanda ai dati del Dipartimento

delle Dipendenze dell’Asl di Varese sia per quanto riguarda l'uso delle droghe, in particolare la cocaina, sia per la diffusione di alcol e fumo proprio tra i giovani.

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interventi a favore dei giovani che vivono nella provincia di Varese. Partner del Progetto sono la Provincia di Varese quale Ente capofila, il Comune di Varese e l’Università degli Studi dell’Insubria, nonché altri 18 partner del territorio della provincia, attivi su vari fronti e con varie azioni progettuali, anche se non direttamente coinvolti nella ricerca (Comuni di Gallarate, Saronno, Luino, della Valle Olona e altri). L’indagine qui presentata è frutto di una collaborazione tra Comune di Varese, Provincia di Varese e Università dell’Insubria.

Data la varietà dei luoghi di somministrazione e considerato soprattutto il numero dei questionari raccolti – alla fine decisamente superiore rispetto alle stime iniziali - si è trattato di un’indagine piuttosto rappresentativa dei giovani varesini e che è assolutamente comparabile - se non superiore, in termini di rappresentatività - rispetto ad indagini analoghe riferite al contesto nazionale o ad aree più circoscritte.

La quantità e la ricchezza delle informazioni raccolte, nonché, appunto, l’ampiezza del campione, hanno permesso una ricca rielaborazione statistica, oltre a diverse disaggregazioni dei dati.

La ricerca è stata coordinata da Rossella Locatelli, direttore del CreaRes dell’Università degli Studi dell’Insubria. L’impostazione dell’indagine e l’analisi dei risultati è stata condivisa da un Gruppo di lavoro e di coordinamento comprendente i rappresentanti della Provincia di Varese (Donatella Ballerini), del Comune di Varese (Francesco Spatola ed Elena Emilitri), e dell’Università degli Studi dell’Insubria (Lelio Demichelis, Rossella Locatelli, Paola Ossola, Stefano Barbuto e Marco Cosentino).

Nel Rapporto viene commentata e riportata una selezione dei dati maggiormente rappresentativi, utili per una valutazione qualitativa della situazione. Le tabelle analitiche, con i dati, gli incroci e l’analisi statistico-econometrica multivariata sono disponibili in formato elettronico sul sito: http://www.eco.uninsubria.it/creares/varesecomelavedi.

Tali dati potranno essere impiegati per ulteriori valutazioni e approfondimenti e/o lo svolgimento di specifici focus tematici.

Il Rapporto è così strutturato. Nel primo capitolo è offerto un inquadramento (il contesto)

nazionale con un richiamo alle principali letture della condizione giovanile, così come offerte dall’analisi di stampo sociologico e

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psicologico. Partendo da quella che viene comunemente definita come una condizione diffusa di mal-essere dei giovani.

Nel secondo capitolo è scattata una sorta di foto di gruppo dei giovani del territorio e di Varese in particolare, leggendo i dati raccolti e rielaborati, ma senza particolari disaggregazioni. I giovani appaiono così come la foto scattata li presenta e li rappresenta nel loro insieme. Seguono due capitoli relativi uno a cosa c’è e cosa manca a Varese e l’altro al rapporto dei giovani con il mondo del lavoro. Alla fine vengono tratte delle prime conclusioni.

Il quinto capitolo passa invece ad analizzare i dati ottenuti incrociandoli in particolare con età, sesso, istruzione, occupazione, distretti di residenza. Il dettaglio della foto si approfondisce. Segue poi, nel sesto capitolo, una parte di ulteriore analisi qualitativa, nel tentativo di definire più identikit di certi particolari tipi di giovani, così immaginati: il ludico/edonista (ovvero, soprattutto piacere e divertimento), l’impegnato (nel sociale, nel volontariato), lo sportivo, l’intellettuale e infine colui che passa il suo tempo nei social network.

Quindi, le conclusioni. Con la proposta di un tentativo di interpretazione che viene offerto alle istituzioni, ai mass-media, ai giovani stessi ma soprattutto alla città, perché possa essere occasione di dibattito, di confronto, di decisione.

Come già evidenziato, la ricerca si è basata sull’analisi dei dati emersi da un questionario (Allegato) somministrato a giovani di età compresa tra 16 e 30 anni. La somministrazione è avvenuta in prevalenza presso le scuole superiori di Varese e l’Università; in punti strategici della città; con la compilazione on line (circa 200, complessivamente); con la somministrazione in occasione di manifestazioni destinate ai giovani. Hanno risposto al questionario complessivamente circa 3.600 giovani (la maggior parte di loro compresi nelle due fasce di età 16-19 e 20-25 anni, studenti delle scuole superiori o delle diverse Facoltà dell’Insubria), di cui validi 3570. Per i dettagli del campione, si veda a pag. 36 e segg.

La compilazione del questionario richiedeva 15/20 minuti. 230 questionari sono stati compilati on-line, mentre i rimanenti 3340 sono stati somministrati in forma cartacea.

Il questionario era composto da quattro sezioni. La prima, intitolata: Informazioni sui comportamenti/percezioni del ‘giovane varesino’ era finalizzata a conoscere i modi di vita dei giovani, dal tempo libero alle amicizie, dai luoghi di ritrovo all’associazionismo (formale e

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informale), fino alla valutazione qualitativa dei ‘giovani varesini’. La seconda, Informazioni su come viene vista la città di Varese dai giovani, voleva conoscere i luoghi e i modi di divertimento, la valutazione dei giovani sull’offerta in città (adeguata o inadeguata), un loro giudizio su Varese come città o meno per i giovani, sul ruolo dell’Università degli Studi dell’Insubria, sulla attenzione o meno della città per i giovani, infine chiedendo ai giovani un voto alla città (2, fa scena muta; 5, ha le capacità ma non si applica abbastanza; 6, sufficiente; 7, ha studiato e ci ha messo del suo; 8, è portata per la materia; 10, non c’è posto migliore per un giovane). La terza sezione era dedicata allo sport (sì, no, perché si pratica attività sportiva; e al ruolo del Cus). La quarta era invece dedicata alle Informazioni generali: età, sesso, stato civile, Comune di residenza, attività, aspettative di studio e di lavoro, livello di istruzione, composizione del nucleo familiare.

Molte domande del questionario prevedevano un massimo di 3 risposte. Le percentuali per ciascuna risposta riflettono quindi questa condizione.

In appendice si trovano ulteriori grafici di approfondimento e il questionario somministrato.

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1. Il contesto. La condizione giovanile in Italia. Giovane? Ma chi è giovane?

Da tempo la sociologia – e l’economia e la psicologia – si

interrogano sulla condizione dei giovani, sui loro problemi, sulle tendenze di comportamento che li attraversano, sui saperi che li organizzano e che li coinvolgono maggiormente. Da tempo viene registrato – soprattutto in Italia - un diffuso e radicato mal-essere nelle fasce giovanili. Quelle, cioè, con età oggi comprese tra 15 e 30/35 anni. Una fascia di età in verità molto ampia, che contiene al proprio interno non solo molte età diverse (però spesso molto simili), ma anche una sorta di condizione giovanile lunga, che appunto si estende (ed estende l’essere o il pensarsi giovani) ben oltre la soglia a cui si fermava in passato, quando adulti si diventava (e la giovinezza finiva) attorno ai 25 anni.

Per giovinezza, in psicologia, si intende l’ultima fase dell’età evolutiva, caratterizzata non solo dalla maturità sessuale ma anche o soprattutto dal raggiungimento di una autonomia individuale e di una personalità responsabile. Nella giovinezza si ha inoltre la progressiva creazione dei tratti psicologici e sociali che si stabilizzeranno poi, divenendo caratteristici dell’età adulta.

Come si arriva alla giovinezza? Si distingueva solitamente, nella psicologia dell’età evolutiva, una

fase di maturazione affettiva, con il passaggio da un periodo dominato dal principio del piacere ad uno successivo, dominato maggiormente dal principio di realtà, attraverso l’educazione al differimento delle emozioni e alla loro relativizzazione rispetto, appunto, alla realtà. Si aveva il progressivo distacco dall’attenzione verso se stessi e il passaggio ad una sempre maggiore capacità di socializzazione e di composizione dei propri interessi con l’interesse per gli altri.

Una fase di maturazione cognitiva, legata all’organizzazione dei processi come memoria, percezione, linguaggio, pensiero concettuale e soluzione dei problemi che la vita pone di fronte agli individui.

Una fase di maturazione sociale, data dalla crescente capacità di vivere relazioni e interazioni sociali; fase che dipende appunto dai modi con cui ciascun individuo entra in relazione/interazione con gli altri e fa esperienza di questa relazione/interazione, coniugando e regolando tra

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loro aggressività, dipendenza, isolamento, capacità di cooperazione, coscienza di sé.

Infine una maturazione morale (sintesi dei diversi processi di sviluppo: emotivi, cognitivi, operativi) e che, ad esempio Jean Piaget ha individuato nel passaggio da una situazione di anomia (si tende a considerare il punto di vista personale come unico, sconfinando nel solipsismo) ad una di eteronomia (ciò che si fa, dipende dall’autorità che lo ha prescritto) , arrivando infine all’autonomia.

Oggi invece si assiste ad una estensione temporale ed esistenziale della condizione giovanile, che rimescola tra loro queste quattro fasi di maturazione, spesso lasciandole incompiute, spesso volutamente incompiute. Questa estensione della condizione giovanile però non sembra essere una tendenza naturale o biologica (per cui, aumentando la speranza di vita delle persone, anche la fascia giovanile tenderebbe conseguentemente ad allungarsi), quanto un prodotto culturale, se non economico della stessa società e dei suoi saperi organizzativi. Saperi (da intendere come ciò che organizza e dà senso alla vita sociale: mode, stili di vita, istruzione, modelli di riferimento, ideologie, consumo, eccetera) che portano gli individui (e quindi, poi, la società) a pensarsi e a percepirsi appunto come sempre giovani; o giovani il più a lungo possibile. L’entrata nel mondo del lavoro si sposta nel tempo, lo stesso l’età della formazione della coppia e della nascita dei figli (oggi attorno ai 30 anni), ugualmente l’uscita dalla casa dei genitori e la formazione di una abitazione indipendente.

In realtà, l’idea/speranza di essere sempre giovani, di restare giovani per sempre è qualcosa di antico - dal mito dell’eterna giovinezza a Peter Pan, all’interesse del marketing per i bambini e gli adolescenti - i giovani sono sempre al centro delle attenzioni della società, delle ideologie politiche, dell’economia.

Ma questa condizione giovanile lunga si è accentuata soprattutto negli ultimi tre decenni. Sia nella variante fisica (la cura del corpo, il narcisismo e il giovanilismo come tendenze di vita, come abiti mentali, come modalità per una particolare cura di sé). Sia in quella economica e di consumo (i giovani consumano di più rispetto agli anziani, dunque indurre ad essere e a restare giovani consente una crescente offerta di beni di consumo da parte dell’economia e una parallela domanda di capacità di consumare da parte dei giovani). E sia, infine, in quella esistenziale e politica, posto che nella società di oggi sembrano prevalere - e sono stimolati - determinati comportamenti cosiddetti giovanili: gli impulsi

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sulla deliberazione, il sentimento sulla ragione, la certezza sul dubbio, il gioco sul lavoro, il principio di piacere sul principio di realtà, le immagini sulle idee, l’egoismo sull’altruismo, il narcisismo sulla socialità, il presente sul futuro. Alla fine ne risulta una condizione complessiva come se la società odierna fosse una società che procrastina ed estende appunto nel tempo, spalmandoli per molti più anni rispetto al passato, quei processi di maturazione visti in precedenza e tipici dell’età evolutiva.

Società del disimpegno e dell’indifferenza.

Forse non esiste più la società, ma molte società apparentemente diverse. Forse non esistono più i giovani, ma molti giovani diversi. Dando vita ad un mosaico sociale dove, da un lato sembrano evidenziarsi, con crescente intensità, fenomeni di disimpegno, di disinteresse per la realtà comune, di chiusura in se stessi da parte dei giovani. Di apatia (etimologicamente, come mancanza di pathos, di passioni, mentre invece le passioni dovrebbero essere la condizione tipica, normale della gioventù). Di anomia (assenza di regole, assenza di un nomos che dia senso alla vita). Di nascita di un nuovo conformismo (fare come fanno gli altri, senza però avere idea di dove andare insieme). Di anoressia sentimentale e psicologica (perdita della intensità nei sentimenti e nell’amore, incapacità di vivere soprattutto sentimenti duraturi, di costruire vere relazioni, fino ad un autentico rifiuto dei sentimenti e la preferenza per un consumismo dei sentimenti). Di consumo crescente di droghe e di alcool e di emersione di nuove forme di dipendenza. Di atteggiamenti rinunciatari (tanto non cambia niente).

Solitamente questi atteggiamenti/comportamenti possono essere e sono spesso considerati come patologie (in questo caso) sociali. Oggi sembrano essere invece diventati la fisiologia (il modo normale di vivere e di stare insieme) di larghe parti della società italiana. Che vanno a comporre un quadro esistenziale e uno stile di vita comune o comunque largamente diffuso, che in realtà non sembra essere specifico dei giovani o di una parte dei giovani, ma appunto della società o della parte prevalente della società. Società che diventa tendenzialmente nichilista o comunque dominata dall’indifferenza, perché le differenze, quelle che in passato davano confronto, dialogo, possibilità di progettualità, sembrano scomparse: tra destra e sinistra, tra giusto e ingiusto, tra bene e male, tra rispetto delle regole e loro violazione, tra egoismo e altruismo, tra politica e anti-politica. E’ quindi, una società percorsa da

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disimpegno da sé e dagli altri e insieme da disincanto per la vita (vivere senza progetti e senza un autentico principio speranza).

Con una generale paura (o perdita) del futuro come progetto, che porta a vivere sempre più nel presente e nell’istantaneità - come per altro è dettato della stessa logica e dai modi di funzionamento delle nuove tecnologie della Rete.

Società dell’edonismo e dello spettacolo. E dell’impegno.

Dall’altro lato, quasi come contrappunto alla prima condizione, ecco apparire processi apparentemente di segno opposto. Quindi, da una parte bulimia edonistica e consumismo compulsivo non solo di beni ma anche di divertimento, di piacere, di passioni, di pathos, di mettersi in mostra, di essere connessi in rete indipendentemente dal perché si è connessi. L’affannosa ricerca di un’identità e una incessante (forse anche estenuante e senza fine apparente) rincorsa di modelli di vita quali che siano, percorrendo strade – in una società che fa della prestazione e della competizione il proprio senso comune - dove cercare di essere qualcuno e di mettere in mostra il proprio ego narcisistico (nello spettacolo, con Facebook e Twitter, in YouTube, in certi programmi televisivi).

Per contro, un altro tassello del mosaico-giovani, esiste anche una grande voglia di cambiare le cose, anche se sembra espressa soprattutto sul lato individuale o di una protesta che non diventa proposta, senza riuscire o a volte senza nemmeno provare davvero a farlo insieme e per tutti (la voglia resta una voglia, senza diventare un progetto), e quindi sembra mancare una necessaria maturazione sociale. Ed esiste anche il parallelo impegno dei giovani, tanti e in modo articolato e diffuso, nel volontariato e nella socialità, che però spesso è un impegno poco visibile, quasi nascosto, che non cambia i modelli di riferimento prevalenti nella società e tra gli stessi giovani, non diventa senso comune facendo crescere l’altruismo e l’empatia sociale. O ancora, esiste una voglia di partecipazione alla politica, ma anch’essa breve nel tempo (provo a cambiare le cose, non ci riesco, mi ritiro e mi adatto alla realtà) e con obiettivi importanti, ma solo specifici e poco generali (ad esempio, l’Onda degli studenti).

Su tutto, i giovani spesso scontrandosi con l’indifferenza o l’insofferenza o l’incapacità di ascolto, su questi temi, da parte degli ‘adulti’. Adulti che magari si credono giovani e vivono da giovani (giovanilisti, sempre giovani, sempre attivi, edonisti), senza però riuscire non solo a capire, ma nemmeno ad ascoltare ciò che i giovani (quelli che

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sono giovani davvero), vorrebbero dire loro. Nella società della comunicazione, a volte sembra che la comunicazione (tra genitori e figli, tra gli stessi giovani, tra società e giovani, tra politica e giovani) sia ai minimi termini.

Società liquida, giovani liquidi.

Questo mal-essere spesso si accompagna a (e convive con) quello che si può definire una condizione (o una percezione) di ben-avere materiale, quanto a reddito e a disponibilità economiche della famiglia di origine. I giovani non si sentono poveri, l’età che vivono è comunque quella dell’eccesso, mille lavori permettono di integrare eventualmente il reddito della famiglia di provenienza.

E’ un mal-essere spesso dunque contenuto dentro ad un ben-avere. Ma è anche un ben-avere che non produce un parallelo ben-essere (nel senso di vivere bene).

Un mal-essere che alla fine, provando a ricomporre il contesto fin qui descritto, evidenzia la presenza di una condizione giovanile molteplice e apparentemente senza senso unitario o maggioritario. Sembra non esserci una gioventù, ma appunto una molteplicità di gioventù. E questa è cosa che era vera anche in passato; ma ieri questa molteplicità era comunque dominata da valori, da passioni politiche, da fedi, da progetti di vita. Questa molteplicità strutturale e naturale, oggi, sembra esplodere invece in una frammentazione infinita, in una molteplicità di condizioni esistenziali senza progettualità, senza futuro, senza valori; o dove la progettualità fa fatica a realizzarsi, molta più fatica rispetto al passato, anche recente. E dalla navigazione nei mondi virtuali (dove tutte le rotte possono essere tracciate), ad una navigazione nel mondo reale (senza più mappe, forse senza bussola), la con-fusione tra reale e irreale può essere fortissima. Oppure, prendendo a prestito la metafora dallo scrittore portoghese José Saramago (da Il racconto dell’isola sconosciuta), tutti navigano, ma a bordo di comode navi da crociera, senza più voglia di cercare isole sconosciute, senza più voglia di avventure che non siano quelle già preparate e realizzate dagli animatori di bordo.

E allora, la stessa condizione giovanile, come la società nel suo insieme che la contiene e forse le dà comunque forma, sembra essersi fatta liquida (qui estendendo la metafora di Zygmunt Bauman), ovvero: nulla è stabile e fermo, tutto si muove e muta in un autentico e incessante divenire, la società e la vita hanno la natura dei liquidi; liquidi che non possiedono, appunto una forma propria.

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Una società liquida: che sembra incapace di pensare a se stessa - non avendo una forma, non riesce a ricomporsi in modo sensato, non riesce a pensarsi come dotata di una certa forma - dove quindi si è persa anche la cognizione e la capacità degli adulti di capire, pensare, vedere chi sono i giovani, come sono, cosa fanno, perché sono questo e non altro. Liquida perché anche i giovani hanno molti (forse troppi) sensi e scopi e frammenti di sé (stili, motivazioni, atteggiamenti, comportamenti), che coesistono negli stessi gruppi giovanili, persino negli stessi individui, senza riuscire a sommare tra loro e in loro questi frammenti di personalità, di identità, di richieste di riconoscimento, di motivazioni.

Una molteplicità, una liquidità di vita e di relazioni che possono (anzi: devono) essere intese come un vantaggio, come una autentica positività sociale ed esistenziale: consentendo e/o producendo un politeismo dei valori e degli stili di vita utile alla costruzione di personalità e di identità più forti, più creative e meglio responsabili (in particolare, per una maturazione affettiva e sociale), aperte e non chiuse. Non essere chiusi in pochi modelli identitari, in poche dimensioni esistenziali, non avere più dei limitati modelli di riferimento (politici, religiosi, familiari, etici), non avere più ideologie pesanti a cui dover credere, ma essere invece aperti al nuovo, alla sperimentazione, tutto questo è solitamente valutato, in psicologia, come qualcosa di estremamente positivo. Perché offre l’occasione e l’opportunità di costruire un sé molteplice, non chiuso, non auto-referenziale e quindi aperto alla molteplicità, alla di-versità. Per la costruzione di un sé più forte, più consapevole. Meno eteronomo, più autonomo.

Molteplicità e liquidità possono però contenere in sé – ed è questa la realtà che sembra oggi maggiormente presente nelle società - anche una valenza opposta e negativa: un grande disorientamento degli individui; una impossibilità di stabilizzare vita e relazioni; un consumismo compulsivo delle identità e del piacere; una moltiplicazione di stimoli apparentemente intensi, apparentemente ricchi di pathos, di emozione, di coinvolgimento, anche se dominati da quella esasperazione dell’eccesso che alla fine produce – per una sorta di inflazione delle emozioni e degli eccessi - la perdita di pathos (anche le passioni e gli eccessi si svalutano) e della capacità di emozionarsi davvero. Per esistenze infine svuotate (anche) per un eccesso di stimoli, di offerta di beni-vita superiore alla domanda (o con un’offerta di beni-vita diversa dalla domanda che partirebbe dai giovani se l’offerta non soffocasse la domanda), di

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orgasmi consumistici ed edonistici, per un eccesso intollerabile di liquidità. Per identità, alla fine, più eteronome e meno autonome.

Giovani senza passato e senza futuro.

Se poi il presente è l’unica realtà che si vive o che si è portati a vivere; se il futuro non va più in là di domani o dopodomani; se il futuro è visto non più come una promessa, come lo era nel passato anche recente, o come una speranza, ed è percepito piuttosto come una minaccia (secondo Miguel Benasayag) o come qualcosa che non si può in alcun modo prevedere o progettare - allora questo eterno presente a sua volta sempre più compulsivo (fare sempre più cose, avere sempre più emozioni/divertimento in un tempo sempre più compresso e breve) diventa, secondo Umberto Galimberti “un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia che fa la sua comparsa ogni volta che il paesaggio assume i contorni del deserto di senso”. Il tempo lineare della modernità, tendente verso il futuro inteso come scopo, sembra ripiegare in un tempo istantaneo, senza direzione né scopo.

E però, anche questa non è una condizione solo giovanile, ma dell’intera società. Perché è l’intera società che sembra avere perso la capacità di ricordare il passato (avere memoria di ciò che si è fatto e di ciò che si è stati) e soprattutto quella di progettare un domani a lunga scadenza. I giovani, gli adulti-giovani così come i giovani-adulti non sembrano essere più in grado, in questa condizione giovanile lunga, in questa modernità liquida, incerta e instabile, di pensare a cosa faranno da grandi. La vita diventa allora un interminabile vivere alla giornata. Nuove tecnologie, tempo reale, istantaneità esistenziale, nuovi lavori e precarietà: tutto questo abbrevia l’orizzonte temporale, limita il vivere (e i modi in cui la società organizza il proprio vivere) ad un vivere appunto alla giornata.

Diffusione del lavoro precario, disinvestimento da istruzione e ricerca (e investimenti crescenti, invece, nella società dello spettacolo) – questo produce/induce atteggiamenti di dis-impegno e di in-differenza per la realtà, per ciò che non si può controllare né progettare (la globalizzazione); accanto ad una esplosione di principio di piacere e di divertimento.

Era invece un tratto tipico della vita umana moderna, sia individuale che sociale, quello di pensare al futuro (la modernità nasce con questa idea forte). Se la società invece cancella il futuro come

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progettualità sociale, come immaginazione del domani, come direzione della storia (individuale e sociale), se tutta la società si organizza sul brevissimo periodo, sull’immediatezza, sul qui e ora, sul subito e adesso, è evidente che mette a rischio la sua stessa esistenza perché si spoglia di futuro.

Il tutto, accanto a quella che è stata definita con una sorta di abdicazione degli adulti dal loro ruolo di genitori. Abdicazione che si evidenzia appunto nel mondo che i padri e le madri stanno lasciando ai loro figli, giudicato peggiore rispetto al mondo che avevano ereditato dai loro genitori; come se i padri e le madri non avessero più fiducia nei figli che hanno generato o si disinteressassero a loro. Che sono giovani ma che non riescono a diventare adulti perché gli adulti stanno cancellando o peggiorando le condizioni - di lavoro, di fiducia, di offerta di futuro - per poterlo diventare.

E’ una società che al più cerca di tamponare gli effetti di maggiore rischio presenti al proprio interno, senza riuscire però (spesso senza nemmeno provare) a rimuovere le cause che generano tali condizioni di rischio e di insicurezza. Ovvero e ancora: la precarizzazione crescente del lavoro e quindi della vita individuale e sociale; il disinvestimento da istruzione e cultura, quindi una società che sa/conosce sempre meno; il nichilismo dei valori, effetto non del relativismo ma dell’assolutizzazione di valori come consumo e competizione; l’anti-patia sociale e relazionale al posto dell’em-patia con gli altri; il narcisismo invece di relazioni di aiuto. Gli individui forse cercano una o diverse modalità di adattamento (di sopravvivenza) ai loro effetti, senza andare a rimuovere le cause. E questo spiega la rinascita delle reti di protezione familiare, i gruppi auto-referenziali tra simili/uguali (anche in rete), la rinascita di uno spirito comunitario chiuso, l’attivazione di amicizie e conoscenze a scopo soprattutto di utilità (gli amici sono tali solo se servono per qualcosa, non per stare semplicemente insieme), ma anche la chiusura di molti in una sorta di autismo sociale.

Ma il dis-orientamento, il dis-incanto e il mal-essere si coniugano, come detto - e sembrano voler essere curati - con l’edonismo e con il divertimento (meccanismi di re-azione davanti ad un eccesso di rischi incontrollabili); o con la paura e ancora la ricerca di una comunità che dia sicurezza e protezione, sia essa la famiglia, Facebook o lo Stato. Quello Stato a cui si chiede più controllo e maggiore protezione in termini di ordine pubblico (si curano ancora gli effetti) ma non in termini di ordine economico, quindi di riduzione dell’insicurezza sociale o lavorativa (le

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cause); con la ricerca compulsiva di eccesso e di trasgressione, non finalizzata però a creatività e anticonformismo, ma alla ricerca di un piacere (alla soddisfazione di un principio di piacere) fine a se stesso, magari molto erotizzato, ma senza sensualità. Per un conformismo del piacere e del divertimento.

I giovani, dunque – soprattutto i giovani - si trovano ad affrontare un nuovo e più radicale conflitto: tra principio di realtà (basato su: fare i conti con la vita, costruire nel tempo se stessi e la relazione con gli altri, imparare a vivere la consapevolezza di non poter avere tutto e subito); principio di piacere (fondato su: pensare o essere indotti a pensare che invece si possa avere tutto e subito, senza mediazioni e senza fatica, che la realtà non esista perché ormai bypassata dal virtuale e dalla con-fusione tra realtà e finzione, che il piacere sia qualcosa di facile e a buon mercato, da prendere e da consumare in fretta, assecondando un nuovo, accattivante ed emozionante consumismo dei piaceri); principio di prestazione (fare sempre di più, accrescere la produttività, dare sempre il massimo); principio di responsabilità (ovvero: assumersi la responsabilità per ciò che si fa e per come lo si fa, avere lungi-miranza per gli effetti lontani delle azioni di oggi: processo quasi impossibile se manca appunto ogni idea di futuro, di dopo); e principio speranza (non perdere la speranza – meccanismo psicologico importantissimo - di poter migliorare le cose, di poter cambiare il mondo, di pensare che il domani possa essere meglio dell’oggi).

Superare questo conflitto tra principi diversi è difficile e ancora più difficile farli convivere tra loro, magari negli stessi individui, in una società dove l’etica del lavoro (e il principio di realtà) è svaporata ed è stata sostituita da un’etica del consumo (e del piacere, senza responsabilità e senza speranza). Tanto che - ancora Zygmunt Bauman –sostiene che si sarebbe passati da una società dei produttori (o da quella che Bauman aveva definito come modernità pesante della prima metà del ‘900, fatta di regole stabilizzate, di processi sociali prevedibili, di capacità di immaginare il futuro) ad una società dei consumatori, o ad una modernità appunto liquida.

E il consumo ha una logica di funzionamento del tutto diversa dal produrre: una logica dove massimo deve essere il piacere da raggiungere o da desiderare, ma dove ogni cosa deve essere consumata in fretta, secondo quel meccanismo che si chiama invecchiamento psicologico e che riguarda la sostituzione, in tempi sempre più brevi, di beni e di servizi, di piacere e di divertimento, di mode e di simboli, perché possano essere

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sostituiti da altri prodotti/beni/mode/simboli (psicologicamente) nuovi. Questa logica del consumo ha contagiato – Bauman, e non solo - l’intera società, facendo consumare tutto sempre più in fretta ed estendendo/traslando questi meccanismi di consumismo anche su valori, relazioni, amore, lavoro, passioni.

In una società dove tutti devono essere giovani a lungo, in realtà tutto sembra dover invecchiare in fretta.

Società del divertimento.

Svaporata l’etica del lavoro, della fatica, del fare qualcosa oggi per

goderne i frutti più avanti, trionfante l’etica del consumo, trionfa necessariamente anche l’etica del divertimento e dello spettacolo, compresa quella della spettacolarizzazione di sé. E’ una società che fa del divertimento e dello spettacolo sempre e comunque una condizione esistenziale in sé e per sé (e il divertimento e lo spettacolo sono qualcosa a cui è difficile resistere, soprattutto nell’età giovanile). Producendo una società dove massimo sembra essere l’impegno richiesto (e la produttività richiesta) per tutto ciò che dis-impegna, che distrae, che diverte.

Una società dove alto è il tasso di piacere offerto/venduto dai molti distretti o cluster del piacere e del divertimento esistenti (spettacolo, rete, televisione ma anche discoteche, bar e pub: con livelli differenti di coinvolgimento e di intensità di divertimento, ma comunque tutti coerenti tra loro), e dove invece basso è il confronto con la realtà (come se l’esasperazione del principio di piacere permettesse la rimozione del principio di realtà).

Una realtà dove i rischi diventano crescenti e soprattutto individuali, perché si è passati, forse troppo velocemente, da una società della sicurezza (il welfare state) ad una società del rischio secondo la definizione del sociologo Ulrick Beck: lo stato sociale si riduce e si riducono tutte le reti di sicurezza e di protezione create nel ‘900 a garanzia dei diritti politici e sociali dei cittadini. Molti dei rischi di cui ieri si faceva carico lo Stato (lavoro, salute, previdenza, assistenza), oggi sono demandati, esternalizzati agli individui.

Una società del rischio che, nelle intenzioni di molti avrebbe dovuto finalmente responsabilizzare ciascuno - dopo le intrusioni dello Stato nella vita delle persone, dalla culla alla bara come si diceva.

E però, per molti, soprattutto per i giovani, questi rischi e la loro crescita quasi esponenziale, invece di rendere adulti e responsabili,

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insegnando a ciascuno come gestire tali rischi diventando cittadino autonomo, hanno prodotto più paura e più insicurezza, più fuga dalla realtà e maggiore domanda/offerta di divertimento.

Il lavoro come campeggio.

Alla fine si è prodotto quell’autentico paradosso al quale si è già accennato: quello di una società dove i figli (i giovani) – forse per la prima volta da molti decenni a questa parte - starebbero peggio dei padri. Per lavoro, per la perdita dell’attesa/speranza del domani, per reddito. E quindi, l’analisi sul mal-essere dei giovani non può non tornare alla questione del lavoro. Perché se è vero che oggi identità, atteggiamenti, stili di vita, personalità, modi di socializzazione sono effetto soprattutto di mezzi particolari come televisione, rete e spettacolo – ciò che oggi massimamente produce modelli di normazione e di normalizzazione sociale – il lavoro resta quella cosa senza la quale una vita è impossibile da vivere. Vero, questo, in una società che si diceva fondata sul lavoro, ma vero anche in quella stessa società che starebbe oggi uccidendo il lavoro. O almeno: lo starebbe indebolendo nella sua funzione di costruttore/facilitatore di identità, di progettualità, di socializzazione, di partecipazione, di cittadinanza. Producendo una nuova forma (meglio: una molteplicità di forme) del lavoro dominate dalla flessibilità, dalla lean production e che è stata chiamata (Bauman) del campeggio: morto o comunque in crisi quello che definiva come il matrimonio tra capitale e lavoro e che aveva caratterizzato gran parte del ‘900 (pur tra conflitti sindacali e sociali, le due parti/classi in lotta avevano trovato uno specifico modus vivendi utile a entrambe), oggi il rapporto tra capitale e lavoro sembra invece fondato su una convivenza per di più solo temporanea tra le persone, il lavoro e i luoghi del loro lavoro.

Il lavoro precario e a tempo determinato (o genericamente definibile come atipico) moltiplica i luoghi e i tempi di lavoro vissuti nel corso di una vita, portando le persone a muoversi professionalmente – questo il senso della metafora del campeggio - con poco bagaglio (di conoscenze e di competenze) e con l’accompagnamento solo di una tenda, da montare là dove si lavora per qualche tempo, pronti (o meglio: obbligati) a smontarla e a rimontarla altrove qualora le condizioni di convivenza venissero meno.

E’ una modalità di lavoro ma anche di vita – se è vero che la società sempre si modella sulle diverse forme di lavoro dettate dall’economia - del tutto diversa (migliore o peggiore, qui interessano

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gli affetti che il cambiamento ha prodotto), che sta trasformando radicalmente le pratiche di socializzazione, di partecipazione, di cittadinanza. Di vita delle persone.

La flessibilità del lavoro e nel lavoro è ovviamente esigenza dell’apparato produttivo per competere su scala globale; e in Italia, anche per alleggerire il peso del carico contributivo sul lavoro (questo pur in presenza di salari reali tra i più bassi dell’area Ocse) - tanto che, secondo il Governatore della Banca d’Italia, Draghi, nel 2008 “il prelievo fiscale e contributivo per un lavoratore-tipo senza carichi familiari era pari al 46%”, mentre la media della zona Euro era del 43%.

Ma non è solo una esigenza delle imprese: la flessibilità del lavoro e nel lavoro può essere anche (come la liquidità di vita) una modalità personale di grande liberazione del lavoro: flessibilità, quindi da poter intendere anche come maggiore autonomia, come più libertà, maggiore creatività, minore rigidità delle carriere professionali, maggiore conoscenza da acquisire, eccetera. Questo sembra essere tuttavia vero per una parte ridotta, limitata del mercato del lavoro, quello delle fasce alte, del lavoro immateriale e/o di conoscenza; certamente non è vero per i giovani né per la gran parte dello stesso mercato del lavoro. E soprattutto: se questa flessibilità viene costruita senza adeguate reti di protezione, se la flessibilità significa anche adattarsi ad una competizione al ribasso (quanto a salari, diritti, tutele), se la flessibilità può tradursi troppo spesso in precarietà (e questo sembra essere l’effetto delle diverse e incomplete riforme del mercato del lavoro introdotte in Italia negli ultimi anni), allora il lavoro non è più costruttore/facilitatore di identità personali e sociali, ma diviene un de-costruttore di identità personali e sociali. Non è più il mezzo per realizzare una vita ma diviene un non-mezzo per non realizzarla mai, o per lasciarla sempre incompiuta.

Il lavoro non è più produttore di partecipazione alla polis, alla cittadinanza, ma rischia di essere, nelle sue nuove forme, produttore di assenza dalla polis e di assenteismo dalla cittadinanza. Un lavoro che non è più un mezzo per il miglioramento di sé (da grande sarò meglio di come è stato mio padre/madre), ma confinamento della vita in un limbo di precarietà (la mia vita e il mio lavoro saranno comunque peggio di quella di mio padre/madre).

Il lavoro e il disinvestimento dai giovani.

E però, una società - nelle trasformazioni che produce o che subisce da parte degli apparati di organizzazione del lavoro – che lascia i

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giovani in questa condizione ormai strutturale (da contingente che doveva essere) di crescente incertezza sul proprio futuro, è una società che ha smesso di investire nei giovani (una contraddizione: una società non può non investire nei suoi giovani). Sentirsi emarginati, messi da parte, non considerati; viversi come proletariato esistenziale; vivere come la peggio gioventù degli ultimi decenni in termini economici e sociali; non poter avere ideali, progetti, speranze, attese, bloccati nella crescita civile e sociale e non più visti come attivatori del movimento e del miglioramento; sentirsi abbandonati dai padri e dalle madri – questo fa della società italiana una società (metaforicamente) senza più figli, una società che (sempre metaforicamente) ha ucciso, sta uccidendo i propri figli. Ma una società che penalizza i giovani, è una società che penalizza se stessa.

A differenza dei giovani italiani, invece, quelli europei completano prima gli studi, escono prima dalla casa dei genitori (in Italia è stata famosa, anni fa, la definizione di bamboccioni: i giovani italiani che non avrebbero la forza di fare da soli e che continuerebbero a confidare nella famiglia di origine, restando ad abitare nel nucleo originario), entrano prima nel mercato del lavoro, hanno migliori possibilità di scalare le gerarchie professionali e di influenzare le decisioni collettive. Anche il divario di reddito (reddito reale) dei giovani rispetto ai lavoratori maturi è maggiore in Italia rispetto al resto d’Europa.

Sempre rispetto all’Europa, in Italia vi è minore sostegno da parte dello Stato in caso di disoccupazione, di povertà, di famiglie numerose, vi sono meno servizi sociali, come asili e assistenza. Di fatto – ulteriore paradosso italiano – questi sono segni di una società non solo ineguale e produttrice di disuguaglianze crescenti tra le classi sociali o tra i componenti del ceto medio (il 10% più ricco degli italiani ha una quota del 30% del reddito nazionale), ma addirittura tra le generazioni.

Anche l’ultima crisi (ancora in corso) è stata in realtà fatta pagare soprattutto o quasi esclusivamente ai giovani: secondo l’Ocse, nell’anno 2009, tutte le perdite nette di posti di lavoro (il saldo fra assunzioni e licenziamenti) si sono concentrate nel grande bacino degli occupati atipici e temporanei, dove chi ha meno di 35 anni è in netta maggioranza sul totale, perché quasi il 60% dei precari è nato dopo il 1974. Sulla cifra di circa 1,8 milioni di senza lavoro (dato gennaio 2010) in Italia, un milione di persone aveva meno di 34 anni. Mentre il tasso di disoccupazione dei giovani era salito a maggio 2010 al 29,2%. E questo mentre l’85% di chi è giovane (under 35 anni) e ha comunque un lavoro,

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sia pure precario a tempo determinato o a progetto, guadagna meno di mille euro al mese.

Questo dipende ovviamente dal fatto che gli over 35 anni sono invece prevalentemente inquadrati con contratti di lavoro a tempo indeterminato, più difficili da sciogliere. E dal fatto che oltre il 25% dei lavoratori sotto i 35 anni ha un lavoro temporaneo (solo il 7%, invece, per gli over 35).

Come evidenziava il Cnel già nel 2000, un mercato del lavoro che era stato a lungo a tre facce – lavoro salariato e normato, lavoro autonomo e libere professioni – si era frammentato “in una molteplicità di schegge dove più che le forme in cui si è al lavoro conta quanto si è nomadi lungo il ciclo produttivo e quanto si è multiattivi, cioè disponibili a più attività lungo l’arco della propria esistenza”. Nomadismo, ovvero lavoro campeggio; multiattività, ovvero lavoro precario e troppo spesso senza accrescimento di conoscenza e di professionalità.

Oggi si evidenzia invece la presenza di un nuovo e diverso triplo mercato del lavoro: costituito, per una parte ridotta, da lavori di alta conoscenza, di alta creatività e immaterialità; per una parte crescente fondato sulla flessibilità/precarietà (per permettere alle imprese di competere prevalentemente sulla riduzione dei costi del lavoro e meno generando invece innovazione di prodotto); e per una parte altrettanto importante su una precarizzazione fine a se stessa.

L’effetto complessivo di questa riorganizzazione del lavoro è stato appunto quello di una “dichiarazione di guerra ai giovani e ai lavoratori precari”, secondo gli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi. Una guerra tra padri e figli, pur essendo poi la famiglia (un altro paradosso) l’unico o il prevalente ammortizzatore sociale realmente esistente per questi giovani precari (famiglia come ammortizzatore sociale di ultima istanza). Anche se la famiglia dà necessariamente una risposta residuale, che forse attenua, come detto, gli effetti del disagio, ma il cui rafforzamento come rete di sicurezza non cambia le cause dell’insicurezza, lasciandole anzi intatte e in continuo rafforzamento.

Società della conoscenza, ma senza conoscenza.

In più, sempre relativamente ai bassissimi investimenti connessi a istruzione e cultura (addirittura decrescenti), in Italia solo il 30% della popolazione ha un’istruzione superiore, contro il 40% della Francia, il 55% della Germania e il 57% della Gran Bretagna. E se la scuola non funziona (perché non si investe nella scuola pubblica), se lo Stato spende

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sempre meno in istruzione e cultura, allora la mobilità sociale si riduce, producendo per contro una società diseguale anche in termini educativi e culturali. In Italia, i laureati sono la metà rispetto alla media dell’Ocse. E secondo il sociologo Luca Ricolfi, su 100 giovani italiani over 30, solo 40 avrebbero un mestiere in senso proprio, ossia un diploma tecnico-professionale (29%) o un’istruzione universitaria completa (11%). Gli altri si perderebbero tra processi di semi-istruzione, frequenza a scuole professionali e lauree brevi; moltissimi (34%) addirittura fermandosi, ancora oggi alla scuola media.

Con l’aggravante però, secondo l’Istat, che negli ultimi cinque anni i sotto-inquadrati, cioè coloro che svolgono un lavoro meno qualificato del loro titolo di studio sono saliti da 3,4 a 4,6 milioni di persone e di questi la metà circa sono under 34 anni. Producendosi un blocco soprattutto psicologico, che deprime coloro che avevano investito in sapere e conoscenza, perché è vero che bisogna imparare ad adattarsi, ma stimolare i giovani a sapere e a conoscere riducendo però poi gli sbocchi occupazionali è un altro dei molti paradossi italiani. Un’altra tattica nella guerra dei padri contro i figli.

Effetto degli scarsi investimenti in cultura e istruzione, in una società che sembra privilegiare più il fare rispetto al sapere, l’avere rispetto all’essere, l’abilità rispetto al merito; e di una precarizzazione del mercato del lavoro che induce le imprese (per ragioni diverse) a non investire nella formazione, nella specializzazione, nell’accrescimento e nella messa a valore della conoscenza e delle competenze (essere una società che si dice della conoscenza, ma che non investe in conoscenza è un’altra contraddizione italiana). Il dato sui brevetti riflette questa incapacità dell’economia e delle imprese italiane a investire in conoscenza; uno su tutti, riferito alla città più avanzata da questo punto di vista: a Milano, tra il 2002 e il 2009, il numero dei brevetti è crollato del 20%).

Ieri e oggi. Il quinto Rapporto IARD sulla condizione giovanile

in Italia: Giovani del nuovo secolo.

Per valutare come sia cambiato il contesto della condizione giovanile in Italia, si può fare riferimento a diversi Rapporti dello Iard, che periodicamente hanno preso in esame la condizione giovanile e le sue trasformazioni. In particolare è utile citare il quinto Rapporto (anno 2000), intitolato Giovani del nuovo secolo.

Di seguito si evidenziano alcuni punti chiave di quel Rapporto, per dare ulteriori elementi utili a un confronto o per offrire materiale

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complementare per valutare realtà e tendenze. Un confronto certo improprio, dato che l’indagine Iard era a livello nazionale, mentre questo Report riguarda un’indagine compiuta solo a Varese, con un diverso campionamento, con numeri diversissimi quanto a questionari somministrati e con un questionario anch’esso molto diverso nella sua struttura e nei suoi scopi. Confronto tuttavia utile – soprattutto per i dieci anni trascorsi da allora – al fine di completare l’analisi del contesto dentro al quale anche Varese e i giovani di Varese si trovano a vivere.

La famiglia e la socialità ristretta. Se la famiglia mantiene il suo ruolo fondamentale – “anzi, la percentuale di coloro che continuano a ritenerla ‘molto importante’ è sempre elevata, dal momento che si aggira intorno all’86% dell’intero campione” – i dati del 2000, scrivevano gli Autori del Rapporto “confermano e rafforzano una tendenza già evidenziata nelle passate edizioni: il crescente peso dato dai giovani alle relazioni interpersonali, in particolare a quelle amicali e affettive, accanto a quelle familiari”. Questo stava producendo, già dieci anni fa, l’evolversi del sistema dei valori “verso la sfera della socialità ristretta e della vita privata, a scapito soprattutto dell’impegno collettivo. La diminuzione dell’impegno sociale e religioso, la flessione dell’interesse per l’attività politica si accompagnano alla crescita dell’area delle relazioni amicali ed affettive e dell’importanza che i giovani attribuiscono allo svago e al tempo libero”.

Circostanza evidenziata anche dal fatto che nel 2000 il lavoro, nella gerarchia dei valori, era sceso dal secondo posto delle indagini Iard precedenti, al quarto posto; superato dall’amore e dall’amicizia.

Non che i valori legati alla vita collettiva fossero scaduti o che la cultura civica fosse scomparsa; ma eguaglianza, solidarietà, libertà e democrazia – era scritto nel Rapporto - non venivano viste tanto “come esercizio di virtù civiche o come riconoscimento di diritti generalizzati, quanto piuttosto come elementi costitutivi della propria identità personale. In altre parole, la libertà e la democrazia sono intese più come diritti personali da far valere, che come conquiste collettive”; cioè: “si vive con i propri amici, si fa riferimento agli affetti più cari, nel bozzolo di relazioni primarie che ci si è costruiti; ed è per la difesa di tale bozzolo che si chiede solidarietà e libertà”. Determinando, tutto questo, “un insieme di atteggiamenti e di orientamenti all’azione che sembra sempre più rinserrarsi nella ristretta cerchia degli affetti sicuri, delle certezze che derivano solo dallo stare insieme e dal sostenersi a vicenda tra chi condivide i nostri stessi criteri di giudizio, i medesimi modi di vita, lo

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stesso ambiente sociale. L’altro appare sempre più lontano, la società viene relegata nel retroscena”.

Anche su lavoro e precarietà, il Rapporto Iard evidenziava elementi interessanti, utili per la lettura della realtà di Varese. L’enfasi dei giovani era posta appunto, anche nel 2000, su flessibilità e cambiamento. Un giovane su quattro si dichiarava non particolarmente soddisfatto del bagaglio di risorse proprie, interne (psicologiche, se si vuole), “con cui affronta i passaggi che la crescita richiede e con cui si gestisce il turbamento emotivo che i nuovi compiti inevitabilmente comportano”. Tuttavia, “e considerando soprattutto il modo in cui i giovani percepiscono il rapporto tra sé e l’esterno, sembra che un punto di svolta sia collocabile intorno ai 25 anni”, quando si esce di casa e si inizia una attività lavorativa. Ma allora, nel 2000, la flessibilità del lavoro e soprattutto la sua degenerazione – la precarietà/precarizzazione – erano molto minori rispetto a oggi.

Interessanti erano poi i consumi culturali dei giovani. Consumi che –secondo il Rapporto citato - stavano diventando una galassia sempre più ampia e variegata, ma che evidenziavano anche “un ulteriore prolungamento dell’età giovanile”. Dove “non solo l’immaginario giovanile ma anche l’immagine che dei giovani cercano di fornire gli adulti contengono spesso delle rappresentazioni dicotomiche, che tendono a tipizzare o a sintetizzare meglio il profilo socio-culturale delle giovani generazioni. Una di queste è senz’altro rappresentata dal binomio uniformità/diversità, con ciò intendendo sia il bisogno di appartenenza e di integrazione nei gruppi di riferimento, sia la spinta al protagonismo, alla trasgressione, all’individualità, che ne connotano al tempo stesso l’esigenza di esplorazione e di affermazione personale”. Il Rapporto distingueva poi tra consumi culturali pervasivi, maggioritari, di nicchia o minoritari.

Nel 2000, i consumi culturali più diffusi erano quelli di tipo audiovisivo: tv, radio, musica e cinema. Mentre la fruizione dei prodotti culturali legati al linguaggio scritto (giornali, libri, periodici) raggiungeva livelli di penetrazione superiori alla metà dei giovani, ma inferiori ai tre quarti. Altri consumi culturali (dibattiti, convegni, teatro) erano invece minoritari (meno di un giovane su quattro).

Quanto alla distinzione dei consumi culturali per genere, allora sembravano ridursi le distinzioni tra maschi e femmine, “anche se resta ancora confermata la minore propensione delle ragazze alla lettura dei quotidiani e all’uso di Internet, come pure il deficit dei ragazzi nella

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lettura dei libri”. Mentre la distinzione per età evidenziava come tra i teenagers prevalessero musica, spettacolo e sport; tra i ventenni prevalessero cultura e salute/benessere; tra i giovani-adulti prevalessero l’informazione e il rapporto con la realtà sociale.

Questo – ancora il Rapporto Iard - sembrava “produrre due conseguenze apparentemente contraddittorie: la prima, che porta a suddividere sempre più l’età giovanile in sotto-età, in ambiti di vita temporalizzati, scanditi da continui riti di passaggio, di consumo, di espressività, all’interno dei quali molte esperienze vengono anticipate o dilazionate, in funzione di un raggiungimento più rapido di una propria identità e di una propria autoaffermazione; la seconda (…) che trasforma la giovinezza lunga in giovanilismo, e cioè produce la valorizzazione culturale – anche se non biologica – di una condizione transitoria in condizione permanente, valida per l’intero ciclo di vita collettivo”. Fermo restando che il consumo culturale giovanile, nelle sue diverse articolazioni ma soprattutto nelle sue componenti maggioritarie e pervasive, è elemento sia di individualizzazione/innovazione e sperimentazione, sia di integrazione e di conformazione sociale.

Anche nell’associazionismo si evidenziavano tendenze interessanti. Per cui circa la metà dei giovani del campione dichiarava di partecipare a forme associative. E l’associazionismo rivestiva sia un ruolo di mezzo esplorativo, “per avere cioè molteplici esperienze (sia di carattere strumentale che espressivo)”, ma anche come “antidoto a una chiusura egoistica nel piccolo gruppo (familiare o amicale)”.

La musica e la notte avevano un ruolo decisamente importante nella vita dei giovani di dieci anni fa. Soprattutto per i giovani tra i 15-20 anni. La musica attirava più i ragazzi delle ragazze e tra i ragazzi prevaleva un tipo di ascolto concentrato (come unica o prevalente attività), mentre tra le ragazze prevaleva un uso strutturale (in compagnia, come sottofondo) e partecipativo (accompagnato dal ballare e dal cantare). Mentre l’interesse per le discoteche e simili si legava nuovamente ad una sorta di rito di passaggio verso una condizione diversa, coinvolgendo però più i ragazzi che le ragazze.

Il 50% degli intervistati usciva di sera anche nei giorni feriali. Attività che coinvolgeva di più i maschi (81%), delle femmine (66%).

Tuttavia, non solo la musica come luogo/momento di socializzazione. Nell’ordine: andare in giro con gli amici (63%), bar pub e pizzerie (50%), vedere gli amici in casa (41%), palestre e sport (36%), locali da ballo (14%) e cinema (10%).

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Ne usciva un ritratto con molte facce ma con alcune tendenze che sembrano essersi consolidate – il rapporto amicale, il gruppo chiuso, il ruolo della famiglia, l’associazionismo sia formale che informale – mentre altre tendenze sembrano essersi modificate.

La carica dei Millennials.

Ma è solo questa la condizione dei giovani in Italia, oggi? Una

condizione tutta e solo in negativo, fatta di precarizzazione, di incertezza, di perdita di futuro? Evidentemente no, ma sicuramente quella fatta nelle pagine precedenti è la lettura più condivisa e maggiormente realistica. Ma per completare il quadro rispetto ad una condizione giovanile sempre più articolata e complessa, è opportuno richiamare ad esempio una ricerca svolta nel 2009, nell’ambito dell’Università Cattolica di Milano – a cura di Alessandro Rosina e Paolo Balduzzi - dal titolo: Giovani oltre la crisi, la carica dei Millennials. Una tendenza, quella dei Millennials nata negli Stati Uniti e poi trasferitasi anche in Europa.

Sarebbero giovani positivi, questi millennials, giovani che non si credono bamboccioni, che si impegnano nel sociale e in politica (pochi in realtà: il 10% del campione, ma in aumento rispetto al passato). Che ritengono superati i neets, acronimo per designare i not in employment, education or training, altrimenti definiti come generazione né-né, o giovani senza lavoro, senza titolo di studio, che sono indifferenti a cercare l’uno o l’altro: in Italia sarebbero circa 2 milioni, il doppio della media europea.

Giovani millennials che sarebbero oltre anche rispetto alla generazione boomerang (i giovani che, dopo un’esperienza di vita in autonomia, tornano alla casa dai genitori; ma oggi, comunque, secondo l’Istat, il 50,2% dei giovani tra 25 e 29 anni abita ancora nella casa dei genitori, erano il 34,5% nel 1983). Giovani che non sembrano interessati neppure alla crescente pratica del downshifting (come dire: scalare le marce, uscire dal lavoro e fare altro nella vita - e una vita diversa). Millennials come giovani che sembrano avere anche superato lo choc di essere i primi a dover vivere una condizione peggiore di quella dei loro genitori, che hanno dunque imparato a gestire meglio le situazioni di incertezza prodotte dalla società del rischio. Società del rischio che per loro diventerebbe quindi una risorsa, una opportunità. Non un problema. Giovani che usano le nuove tecnologie, sono creativi, più propositivi,

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che sono mobili (liquidi in modo positivo e di auto-valorizzazione; e non negativo), che innovano nel modo di relazionarsi, che affermano che per riuscire nella vita bisogna rischiare (lo affermava il 60% di coloro che avevano tra i 20 e i 24 anni, anche se la percentuale scendeva al 30% per coloro che avevano 30 anni, a conferma del fatto che tra giovani-adulti e adulti-giovani vi sono molte differenze e che l’età produce modelli di vita assai diversi tra loro).

Giovani che sembravano vivere senza grandi mal-esseri, senza disincanto o indifferenza. Ma positivi, appunto, anche se resta da valutare quale sia il peso reale di questa categoria – una delle possibili, una delle molte - all’interno dalla macro-categoria dei giovani italiani. Quella positività, quella intraprendenza che oggi – secondo una certa interpretazione della società – sembra invece mancare a troppi giovani, poco propensi a muoversi, a investire su se stessi, a rischiare.

Macro-categoria dei giovani a sua volta scomposta dal demografo Massimo Livi Bacci in giovani-pochi (perché sono pochi numericamente), giovani-lenti (perché la transizione alla vita adulta è meno rapida rispetto al passato) e giovani-tardi (perché accedono in ritardo alle funzioni di rilevanza sociale e politica).

A conferma però del fatto che il mondo giovanile è un insieme di mondi; che in questi mondi e tra gli stessi giovani molte sono le situazioni, gli stili, gli approcci, le attese, i modi di vivere. Anche se questo insieme di mondi apparentemente plurale e variamente diversificato spesso nasconde una sostanziale uniformità, una standardizzazione di fatto di comportamenti e di atteggiamenti davanti alla vita. Ma è anche vero che accanto ai disimpegnati e agli indifferenti, agli edonisti e ai nichilisti vi sono coloro che invece puntano in alto (la fuga dei cervelli verso l’estero è un effetto non solo del disinvestimento in ricerca perseguito dall’Italia da troppi anni, quanto, anche, della ricerca di eccellenza e di esperienze da parte di giovani positivi e virtuosi), giovani che fanno rete vera e non solo nei social network, che si spendono tra volontariato e politica, che hanno voglia di fare e soprattutto di cambiare. Che hanno progetti, speranze, attese, proposte, forse anche qualche utopia. Il problema sono le troppe barriere all’entrata alzate dalla società nei confronti dei giovani. Queste barriere andrebbero abbattute (come tutte le barriere); e l’Italia dovrebbe tornare ad ascoltare i giovani, a dare loro spazio di iniziativa e di cambiamento. A dare loro luoghi e tempi dove mettere a frutto creatività, fantasia, eccesso e immaginazione.

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2. Foto di gruppo: un voto alla Città di Varese Dopo avere svolto nel precedente capitolo dedicato al contesto alcune

riflessioni sulla condizione giovanile in Italia, è tempo dunque di passare alla riflessione sulla condizione giovanile a Varese, quale emerge dalle risposte date da un ampio campione di giovani ad un questionario loro somministrato nei primi mesi del 2010.

La premessa di contesto fatta nelle pagine precedenti sarà ovviamente utile a re-interpretare – con un quadro più ampio di confronto offerto a chi si appresta a leggere e ad interpretare i risultati – la realtà di Varese: valutandone uniformità e/o differenze rispetto al quadro macro dell’Italia. L’analisi della realtà varesina procederà per accrescimenti progressivi, partendo da alcuni dati generali e riassuntivi e soprattutto descrittivi, ovvero provando a scattare in primo luogo una foto di gruppo dei giovani varesini, senza distinzioni per età, sesso, attività, eccetera.

Varese? Bocciata. O con grandi debiti formativi.

La prima domanda - non la prima del questionario, ma la prima che qui si prende in esame - è: Varese, come è vista, valutata, giudicata dai giovani che la vivono o che, più anonimamente la abitano? Che voto danno alla città? Il risultato è un voto non buono, anche se contiene molte possibili combinazioni qualitative.

Provando a comporre i voti secondo una prima griglia, il giudizio maggioritario è sostanzialmente e pesantemente negativo, come si evidenzia dal primo grafico (areogramma) che segue (Fig. 1). L’11,82% delle risposte dà voto 2 alla città (declinato nel senso di: Varese fa scena muta); mentre il 41,46% dà un voto leggermente superiore ma comunque ancora largamente insufficiente: voto 5, e riassumibile nel giudizio qualitativo: ha le capacità, ma non si applica abbastanza. Come dire: Varese ha buone capacità, forse ha anche le risorse di capitale sociale e di idee da spendere, potrebbe fare di più e meglio, ma non si applica abbastanza nel creare le condizioni per trasformare le sue capacità, che pure sembra avere, in realtà.

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Fig. 1 Dai un voto a Varese Sommando i voti di insufficienza (voto 2 e voto 5), più della

maggioranza assoluta (53,28%) dei giovani varesini valuta in modo fortemente negativo e decisamente critico la città. Varese ne esce male. Si potrebbe obiettare che questa somma è impropria, perché legata a giudizi di valore troppo diversi tra loro. Non solo: si potrebbe compiere un’operazione diversa e sommare tra loro tutti i voti positivi: in questo caso si arriverebbe ad una percentuale complessiva del 42,75%, molto alta, che dunque evidenzia una spaccatura quasi a metà del voto (dei gruppi di voto). Tuttavia, il voto positivo è più frammentato, mentre quello negativo (voto 5) è decisamente più omogeneo, quindi più forte e più convinto. Il suo peso viene dunque qui valutato come maggiore, e maggiore non solo in termini numerici ma di qualità, pur essendo un voto (il voto 5) in sé ambiguo o meglio ambivalente: Varese ha le capacità (parte positiva), ma non si applica abbastanza (parte negativa).

Quali letture dare di questo voto però tendenzialmente (e pesantemente) negativo? Il risultato ottenuto è l’effetto forse di una normale insofferenza generazionale (i figli che contestano i genitori, che rifiutano il loro mondo, il loro sistema di valori, i loro comportamenti, le regole sociali che vivono), esprimendola con questo voto? Oppure di un rifiuto radicale e convinto per ciò che i padri e le madri hanno costruito - sintomo però forse anche di un disincanto esistenziale per ciò che Varese è diventata (aveva le possibilità, ma non si è applicata)? Oppure è l’effetto, ancora, di un disinvestimento dei genitori sui figli (si veda la parte Il

0,76%

11,82%

41,46%25,10%

13,67%

3,22%3,97%

10, non c'è posto migliore per un giovane 2, scena muta5, ha le capacità ma non si applica 6, sufficiente7, ha studiato e ci ha messo del suo 8, è portata per la materiaNd

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contesto), per cui la città che i genitori lasceranno ai figli è peggiore di quella che hanno ereditato dai loro genitori e questo produce necessariamente un mal-essere dei loro figli verso la città, vista come rappresentazione del mondo degli adulti?

Forse, il voto negativo è dato non da uno soltanto di questi elementi, ma dalla loro somma, dalla loro presenza simultanea nell’animo dei giovani del campione.

Il dato negativo, come detto, viene parzialmente corretto da un 25% di risposte che dà un voto di sufficienza (voto 6), pari a un giovane su quattro. Sufficienza, però e appunto; dunque un voto sì positivo ma comunque basso: una sorta di si applica ma potrebbe fare ancora meglio. Ma anche un: Varese cerca di sopravvivere più che di vivere come città. Anche in queste risposte di sufficienza (6, appunto), sembra essere contenuta dunque una riflessione critica – anche se meno caratterizzata, meno forte, meno radicale delle precedenti - sulla città e sulla sua capacità (sufficiente, nulla di più) di proporsi e soprattutto di essere con una propria identità, con una propria personalità, con la creazione di un proprio senso di cittadinanza.

Un 13% circa del campione – dunque leggermente superiore alla percentuale di voto 2 - dà un voto pari a 7; voti maggiori si disperdono su percentuali decisamente inferiori. Dunque - e per quanto i voti positivi siano una quota importante del campione, ma date le riflessioni svolte poco sopra relativamente al diverso peso qualitativo dei voti espressi – la foto è quella di una generazione che valuta male la città. O se si preferisce: che giudica non bene la città. L’accusa, in gran parte implicita, ma anche esplicita, alla città è quella di non aver saputo mettere a frutto ciò che era e ciò che aveva (le capacità) per creare ciò che avrebbe potuto essere. E questo, avendo forse nel proprio dna di città una quantità di malesseri, se non di veri difetti/deficit di socialità/cittadinanza che, se non rimossi o curati, rischiano di aggravare la malattia della città.

Varese dunque come città che non c’è, che non ha una identità. Varese come città che però (provando a leggere in modo trasversale i risultati del ‘voto’) sembra vivere – molto più di altre città - alla giornata (questa, forse, la sua identità vera?), che pensa molto all’apparire dentro di sé (dei suoi abitanti all’interno della città), ma che non ama apparire all’esterno (apparire nel senso qui dato, di emergere in eccellenza, in visibilità per eventi di rilievo, per il suo fare sistema economico e produttivo, per il suo competere sull’innovazione di prodotto più che su quella da costi).

Anche eventi come i mondiali di ciclismo sembrano essere stati una sorta di corpo estraneo immesso nel corpo della città, che non hanno prodotto

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un cambiamento nell’essere della città e neppure sono stati occasione per ripensare alle infrastrutture, per pensare al dopo.

Varese sembra una città indifferente a molte cose e soprattutto a se stessa, ma quasi fiera di questa sua indifferenza, vissuta come la propria normalità sociale: se ha le potenzialità, ma non si applica, significa allora che Varese preferisce il basso profilo, tanto basso da sconfinare nel non fare niente; o nel fare poco; chiusa nel proprio egotismo (più che nel proprio egoismo) e nell’auto-referenzialità dei suoi abitanti (si vedano, più avanti, i vizi della città così come valutati dai giovani). Addirittura (per una minoranza, certo, ma superiore al 10%), fa scena muta, ovvero: non esiste come città, come società, come comunità. Sopravvive, ma non vive.

Città come puro contenitore di cose e di attività; di ben-essere e di mal-esseri; piazze e strade vissute prevalentemente come luoghi di svago, luoghi per l’es-porsi e il farsi vedere – e piazza Monte Grappa da intendere luogo privilegiato di quella che viene definita, dal sociologo Vanni Codeluppi, vetrinizzazione di sé, qui sessuale o meno che sia; pratica che vale oggi soprattutto per i giovanissimi; accanto all’altra, non rivelata dal sondaggio, ma esistente e diffusa, del consumismo sessuale tra adolescenti, della banalizzazione del sesso mediante la sua esibizione/ostentazione). Una città da molti vissuta e osservata prevalentemente dall’automobile; città-contenitore del fare e dell’avere (l’economia, i servizi), ma molto meno dell’essere e del vivere/con-vivere.

Città ricca in termini economici, ma povera dal punto di vista sociale? E’ questo il ritratto di Varese?

Benestanti e nichilisti?

E allora, Varese è o può essere una città per i giovani? Sembrerebbe di no, sulla base dei risultati alla domanda successiva; dove, invece di un voto alla città, si chiedeva esplicitamente se Varese (Fig. 2) fosse o meno una città per i giovani. Anche in questo caso il giudizio negativo è forte (44% circa delle risposte), compensato da un 23% di sì. Ovvero: no in maggioranza, ma relativa; sì per quasi un giovane su quattro. Il dato che tuttavia più inquieta (rimandando però alle distinzioni per fasce di età per una migliore definizione delle risposte dei giovani) riguarda le risposte non saprei, pari ad un elevato 28,7% (quasi un giovane su tre); da leggere sia come una classica risposta di indifferenza (sono giovane, ma non so dire o non mi interessa sapere se la città è una ‘città per i giovani’; i miei interessi sono altri e altrove); sia come effetto di un più generale disorientamento (non riesco a capire se sia o meno una ‘città per i giovani’, non riesco a vedere o a trovare ciò che

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potrebbe renderla una ‘città per i giovani’). Se ai no si sommano i non saprei (per vicinanza e nella ovvia difficoltà a sommare i sì ai non saprei), ne esce comunque il ritratto di una città che largamente (oltre il 67% delle risposte) non è ritenuta a misura di giovani o che nulla fa per dare di sé una certa idea, una certa personalità (sì o no, città per i giovani).

Fig.2 Credi che Varese sia una città per i giovani?

La foto di gruppo che esce dalle risposte alla domanda forse più

drastica e dirimente del questionario sembra dunque confermare che i giovani vivono male (con un mal-essere che diviene un mal-vivere) la città, giudicandola negativamente o comunque debole nella sua offerta; giudicandola male o negativamente non solo nel suo essere città, ma soprattutto nel suo essere città (anche) a misura di giovani. Come se Varese non avesse una identità propria, né come città in sé né come città per i giovani e quindi non permettesse ai giovani di averne una propria al suo interno.

Se poi si scende nel dettaglio, nelle valutazioni delle ragioni e dei perché Varese non sarebbe una città per i giovani (Grafico 1, in Allegato), le risposte si articolano e si complicano, ma con una certa chiarezza di risultati. Denunciando una serie di problematiche che i giovani misurano con un peso abbastanza simile tra loro.

Per cui, Varese non è una città per i giovani: perché mancano le infrastrutture, per il 19,4%; perché manca lo spirito giusto per il 26%; perché manca (22,4%) la volontà (la volontà, non le capacità) delle istituzioni per farla diventare tale; ma perché manca anche (per il 15,4%) la volontà (ancora

3,39%

44,51%

28,71%

23,39%

Nd NO Non saprei Sì

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la volontà, non le capacità) degli stessi giovani per creare un clima giusto, capace di farla diventare città per i giovani. E il concetto di clima è qualcosa che evidentemente ha a che fare con il contesto psicologico e sociale, con l’ambiente della città, con un good mood da produrre, con un feeling da creare e da mantenere nel tempo. Il 15% denuncia infine l’esistenza di problemi di comunicazione, come se città e giovani fossero due mondi separati o poco comunicanti tra loro.

Se invece ci si pone nella prospettiva opposta, ovvero dalla parte di chi ha valutato positivamente (il 23% del totale del campione) la città giudicandola come città per i giovani, le risposte sono altrettanto articolate e interessanti (Grafico 2). Perché è bene attrezzata, per quasi il 30% delle risposte; perché ci sono molte iniziative, per il 16%; perché ha lo spirito giusto, per il 36,3%; e perché le istituzioni giocano un ruolo forte per la soddisfazione delle esigenze giovanili, per una quota di quasi l’11% dei giovani.

Legando e leggendo tra loro le risposte a queste due domande, si vede una realtà giovanile apparentemente polarizzata.

E con l’ulteriore elemento di valutazione, per cui chi giudica Varese come una città per i giovani valuta positivamente, perché esistenti, quelle stesse cose (attrezzature, iniziative, soprattutto lo spirito giusto) la cui assenza viene invece considerata, da chi risponde negativamente, come fattore per escludere la definizione di Varese come città per i giovani. Integrando tuttavia questi dati con quelli complessivi (Varese è una città per i giovani solo per una minoranza, sia pure molto ampia), molto è il lavoro che deve essere fatto. Perché Varese riesce a produrre di sé e per sé uno spirito giusto (una coscienza di sé e forse anche per sé) e quindi inclusione e soprattutto senso di appartenenza, ma riesce a farlo solo per una minoranza dei suoi giovani.

Un quadro articolato e complesso, dunque – che evidenzia e conferma la frammentazione dello stesso mondo giovanile – ma che si manifesta anche nella valutazione qualitativa, caratteriale, psicologica, sociale che i giovani danno del giovane varesino.

Un giudizio ancora una volta negativo, per cui non solo la città, come visto, ottiene voti prevalentemente (maggioranza assoluta) negativi, ma anche la stessa gioventù si guarda e/o viene guardata con criticità; e alla fine ne esce un ritratto non particolarmente riuscito di se stessa.

La somministrazione del questionario non riguardava solo i giovani abitanti di Varese, anche se è stata effettuata solo all’interno della città. Quindi una parte del campione era composta da giovani abitanti fuori

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Varese. Resta il fatto che comunque il giovane varesino è giudicato negativamente.

Molti i giudizi negativi, ma soprattutto quello di essere snob. E snob significa, secondo il dizionario, ‘ostentare raffinatezza, assumendo atteggiamenti attribuiti a classi sociali più elevate della propria, seguendo mode particolari, con l’intenzione di distinguersi dai più’.

Viziati, apatici, borghesi, pigri. E soprattutto snob.

Un ritratto di sé - o meglio: di loro giovani varesini, posto che nel rispondere alla domanda come vedi i giovani varesini? sembra si sia verificato più che un guardarsi allo specchio, un guardare gli altri da sé e giudicarli; un guardare se stessi come se fossero degli altri da sé - che sembra non un auto-ritratto quanto piuttosto un mosaico di immagini negative viste negli altri (Tab. 1): snob (18,5%), viziati (15%), poco impegnati o indifferenti/apatici (circa 10%), pensano solo a bere e a fumare (9,7%), sono pigri (4%), hanno poco spirito di iniziativa (5%) e borghesi (14,3% e dando al termine una connotazione evidentemente non positiva), poco aperti (6%).

Una valutazione che conferma quel mal-essere che sembra connotare e contagiare i giovani (anche) di Varese e che è fatto di disimpegno e di indifferenza (sono easy, poco impegnati, pensano solo a bere e a fumare), di egotismo (sono borghesi), di solipsismo e narcisismo (sono snob, viziati).

Mentre socialità, impegno, capacità propositiva hanno numeri percentuali davvero molto esigui (attorno al 12% complessivo, di cui hanno tanto spirito di iniziativa solo lo 0,7%).

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Tab. 1 Come vedi i giovani varesini?

Snob 18,55% Viziati 14,95% Borghesi 14,30% Pensano solo a bere fumare… 9,74% Poco aperti 5,95% Indifferenti apatici 5,41% Poco impegnati 5,10% Socievoli 5,00% Hanno poco spirito di iniziativa 4,94% Pigri 4,09% Easy 2,72% Aperti 2,70% Alternativi 1,48% Impegnati 1,31% Fanno tendenza 1,20% Hanno tanto spirito di iniziativa 0,71% Propositivi 0,49% Altro 1,37%

L’altra domanda forte del questionario era quella relativa a: ci si sente

giovani varesini? - con tutto ciò che questo sentirsi e questo percepirsi come varesini comporta o potrebbe o dovrebbe comportare (Fig. 3). A questa domanda, le risposte sono negative per oltre il 70%.

In realtà, dalla domanda – un autentico aut aut sulla propria condizione esistenziale di giovani - emerge nuovamente la distanza radicale tra Varese e il sentirsi o essere giovani varesini. Perché? Un nuovo modo di esprimere il proprio rifiuto rispetto alla città, una voglia di essere diversi dal luogo dove si abita (identità, tradizioni, modi di vivere)? Un ulteriore tentativo per distanziarsi dai genitori, oppure un rifiuto netto, senza appello, culturale e non biologico/generazionale? O ancora una volta, le diverse motivazioni, insieme?

Sembra – in realtà i processi sono complessi: si vedano le parti a seguire sull’associazionismo e sul divertimento - che i giovani varesini si trovino ad abitare nella città, ma non a viverla. Oppure ad usarla, ma senza

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viverla. Cercando di porre quindi - per marcare questo rifiuto, questo abitare/usare ma non vivere la città - una distanza psicologica tra sé e la città. Forse anche da se stessi, in quanto giovani di Varese.

Fig. 3 Ti senti un giovane varesino?

Varese, vizi e/o virtù?

Nessuna città è, ovviamente, uniforme, univoca, unitaria. Ed è nell’idea stessa di città il fatto di non poter essere uniforme e di dover essere molteplice, anche se poi i meccanismi di relazione sociale, di conformismo, il prevalere di forme di comunitarismo possono indurre omologazione e uniformità (ma così trasformando la stessa città e, oltre una certa soglia, di fatto impoverendola). E’ però anche vero che molte città hanno o rivendicano una propria identità, un proprio spirito cittadino, evidenziando o stimolando addirittura la presenza di una quasi-empatia tra città e cittadini (Berlino e New York, come due esempi). E molte città cercano di ri-creare, quando assente, una qualche forma di identità. Cercandola magari più nel passato che nel futuro.

Varese si conferma come città molteplice e dai molteplici problemi, come ogni altra città; anche se poi tende ad omologarsi nel suo non essere città, nella sua indifferenza. Resta da valutare se sia Varese (e i suoi abitanti) coi suoi difetti così come espressi dai giovani (e che rischiano di diventare il suo carattere sociale) a generare dei giovani con queste caratteristiche, con le loro critiche ma anche con i loro vizi, che vedono

3,81%

71,15%

25,04%

Nd NO Sì

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negli altri ma che forse sono anche propri; o se sono queste caratteristiche anche dei giovani (essere snob, viziati, borghesi, pensando solo a bere e a fumare, eccetera) a produrre (e soprattutto: a far riprodurre anche in futuro) questi difetti.

Quasi che la città si avvitasse su se stessa e fosse auto-referenziale nei propri vizi che riproduce e nelle proprie virtù che non riesce a tirare fuori (ha le capacità, ma non si applica); i giovani ponendosi sì contro la città (non ci si sente varesini, Varese non è una città per i giovani), ma poi facendosi (con i vizi che si riconoscono o che vengono riconosciuti) come la città; e la città facendosi come i giovani che saranno adulti domani.

Perché i giovani – oltre al ritratto negativo che essi stessi fanno del giovane varesino – sembrano poi spesso attuare dei comportamenti e degli atteggiamenti (sociali e culturali) se non diversi, semmai coerenti e congrui con quelli della città nel suo insieme (indifferenza, disimpegno, disincanto, voglia di fuga, ma anche voglia di apparire), come se la città fosse un luogo che ha perso la sua centralità, qualcosa che c’è e che non c’è, ma di cui si può fare a meno, come detto puro contenitore.

I giovani lamentandosi delle sue carenze, con una sorta di rabbia o di rancore giovanile, che però sembra espresso a mezza voce, senza che questa disillusione fatta di insofferenza per la realtà ma anche di indifferenza, produca poi un cambiamento, un ri-radicamento, una responsabilizzazione per il luogo - e per la vita che vi passa attraverso. La consapevolezza dei vizi della città e la valutazione negativa sulla città non sembrano cioè produrre una re-azione (se si vuole, ancora: ha le capacità, ma non si applica; ma anche: abbiamo le capacità, ma non ci applichiamo); non sembrano generare comportamenti di-versi da quelli pure criticati e capaci di modificare la situazione. Anche in questo, Varese appare tuttavia molto simile al resto d’Italia.

Si genera un circolo vizioso, almeno nei dati emersi da queste prime domande/risposte; che si conferma e si rafforza nel tempo, evidenziando (al di là delle critiche) una sorta di codice genetico urbano che passa di generazione in generazione, senza soluzione di continuità.

Varese sembra essere così una città-non-città, un luogo-non-luogo: con i suoi giovani che sono sì consapevoli che le cose non vanno come invece potrebbero o dovrebbero andare, ma senza maturare la consapevolezza e soprattutto senza maturare la volontà di potercela fare a cambiarle, le cose, come piacerebbe a loro. Attitudine che troverà poi conferma nelle risposte alle domande sul rapporto con la politica e sulla capacità dei giovani di essere rappresentati o di impegnarsi nelle istituzioni.

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Certo, la città piace a un giovane su quattro, il 42,75% dà voti positivi, ampio è l’impegno nel sociale, eppure sembra che qualcosa blocchi la città e i suoi giovani.

Una sorta di accettazione della realtà così com’è, che produce appunto mal-essere; o indifferenza; che è un mal-essere e una indifferenza con le quali però si convive, si coabita, si scende a patti. Ma che non si cerca di cambiare (si riveda la parte di Contesto).

Anche perché non sembra esistere un modello virtuoso di riferimento (ci piacerebbe che Varese fosse così; la nostra ‘città di utopia’ dovrebbe essere fatta in questo modo); né la politica sembra in grado di proporglielo, anch’essa portata a convivere con questo specifico carattere sociale (o forse antropologico) di Varese, piuttosto che cercare di cambiarlo. Varese non investe su se stessa, vive delle sue reti corte locali auto-referenziali fatte di relazioni amicali e di utilità, senza riuscire a cogliere e quindi a fermare i flussi, le reti lunghe che vengono dall’esterno, reti lunghe economiche, di innovazione, anche culturali; che pure la attraversano, ma che non si fermano e non si solidificano in qualcosa di progettuale per il futuro, c’è la capacità ma non la volontà per farlo.

Varese. Un pragmatismo low profile.

Un eccesso di modernità liquida, uno stare bene in questa liquidità post-moderna; o una difficoltà a progettare e a costruire qualcosa di solido? Un modo di vivere assolutamente post-moderno; o antico, che viene da lontano?

Da queste prime risposte, Varese sembra non riuscire ad immaginarsi, sembra accontentarsi di una propria condizione di media-città di provincia, ricca e sostanzialmente benestante (ma con molti problemi e molte nuove povertà), ma priva appunto di progettualità sociale, di lungimiranza (provare a immaginarsi tra dieci/vent’anni, cominciando a costruire, oggi, le basi per esserlo davvero).

Questa assenza o questo deficit di progettualità, questa prevalenza di pragmatismo low profile fa poi vivere ai giovani una condizione di mal-essere, appunto; giovani che comunque sono più aperti rispetto ai loro genitori; ma giovani che anch’essi si lasciano poi contagiare dall’indifferenza o dalla fuga (nel divertimento, in una socializzazione da bar/pub, nello sport). Da quel pragmatismo basso che criticano nei genitori e nella città.

Una democratizzazione dell’indifferenza, una socializzazione del disincanto, una conformazione al nichilismo?

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Radiografia del campione

Come era composto il campione utilizzato per l’indagine? Come vivono questi giovani? Come si relazionano tra loro?

Di seguito, una serie di risposte, utili a completare il quadro generale, a definire i contorni entro cui valutare la foto di gruppo che sta lentamente emergendo.

La prima (Fig. 4) riguarda le fasce di età del campione, dove appunto netta è la prevalenza della componente studentesca (cosa in sé inevitabile, data la scelta dei luoghi di somministrazione, ma anche corretta dal punto di vista dell’indagine), quindi compresa nelle fasce tra 16-19 e 20-25 anni, che insieme raggiungono circa il 90% del totale dei questionari somministrati.

Fig. 4 Fascia di età. A seguire (Fig. 5) il dato relativo alla ripartizione per sesso del

campione, con una leggera prevalenza delle femmine sui maschi. Mentre i dati riguardanti la situazione occupazionale in senso lato

(80% di studenti e 10% di studenti-lavoratori); quella di vita familiare (l’82% vive nella casa dei genitori, il 6% da solo; per evidenti ragioni di reddito e di occupazione, essendo prevalentemente studenti); di stato civile (87%, celibi o nubili); e relazionale/affettiva sono negli allegati (Grafici 3, 4, 5, 6 e 7).

Interessante la parte concernente quello che si è definito lo stato sentimentale dei giovani del campione, ovvero il tipo di relazione affettiva

54,51%35,04%

6,89% 3,56%

16-19 20-25 26-30 Nd

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o meno che stanno vivendo. Il 42% dichiara di avere una relazione, un 46,6% dice di essere single, mentre un 11% non risponde.

Ovvero, sembra delinearsi una condizione di affetti/non affetti sentimentali equamente ripartita, se si prende in esame il campione nel suo complesso.

Una società dei giovani spaccata affettivamente quasi a metà.

Fig. 5 Sesso. Altrettanto interessante l’analisi sulla composizione dei nuclei

familiari di appartenenza, un altro tassello della fotografia-mosaico della realtà varesina, per come emerge dal campione (Grafico 8).

Nel 40% circa dei casi la famiglia è composta da quattro persone, compreso chi ha risposto al questionario, presumibilmente i due genitori e due figli. Nel 20% si tratta di una famiglia di tre persone (ancora presumibilmente: due genitori con figlio unico).

Prevale dunque un modello di famiglia stretta, nel 60% circa delle situazioni di vita.

Solo nel 16% dei casi la famiglia sale a cinque componenti, anche se – data la struttura della domanda del questionario, volta a conoscere unicamente il numero dei componenti del gruppo familiare e non la sua suddivisione interna - non è possibile valutare se si tratta di un numero maggiore di figli o della presenza, all’interno del nucleo familiare di un parente (presumibilmente anziano), o di entrambe le condizioni, per un modello di famiglia tendenzialmente allargato.

51,79%44,85%

3,36%

Femmina Maschio Nd

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Tornando al tema dell’istruzione e delle fasce di età del campione, di seguito l’areogramma con la ripartizione dei giovani per livello di studi (Fig. 6).

I dati mettono in luce un 49% di titoli di scuola media inferiore, un 40% di scuola superiore e un 5% di istruzione universitaria. Resta tuttavia da annotare che a questa domanda si doveva rispondere indicando il titolo di studio posseduto al momento della compilazione del questionario (chi frequentava le scuole superiori indicava quindi la licenza media inferiore, e così via).

Il risultato è quindi dettato da questa particolare modalità di compilazione, tuttavia necessaria a fotografare lo stato dell’arte relativamente ai livelli di studio posseduti al momento della somministrazione del questionario agli intervistati.

Fig. 6 Livello di istruzione. Il dato va allora letto insieme all’areogramma seguente (Fig. 7),

relativo al tipo di corso di studi che si stava frequentando al momento della compilazione del questionario. Domanda che dà indicazioni sicuramente migliori e più reali sul livello di istruzione e sulla quantità e qualità di conoscenze possedute dai giovani intervistati. I dati indicano un 48,2% di frequentanti le scuole medie superiori e un 40,7% di universitari. Anche in questo caso, il dato è ovviamente pre-determinato dalla struttura stessa del campione e di luoghi di somministrazione.

5,15%

49,47%

40,00%

5,38%

Nd Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

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Fig. 7 Se sei studente, che scuola frequenti? Il questionario chiedeva inoltre ulteriori notizie sul nucleo familiare

di appartenenza. In particolare si voleva conoscere quali fossero - relativamente alle madri e ai padri – le attività che svolgono, lavorative o meno e quale fosse il loro livello di istruzione. I dati relativi alle professioni della madre (Grafico 9) evidenziano una grande frammentazione di risposte (anche se un dato importante riguarda le non-risposte): casalinghe, il 19%; impiegate, il 16%; insegnanti, il 10%; libere professioniste, il 3,2%; ancora meno le donne dirigenti, il 2,3%.

Diversa, ma solo in parte la situazione di lavoro per il padre (Grafico 10). Pur confermandosi una ritrosia dei giovani a dichiararne la professione, si evidenzia anche in questo caso una grande frammentazione di attività/professioni e qui si esplicitano i dati più interessanti: pensionati, 8,4%; dirigenti, 7,1%, impiegati, 11%; insegnanti (confermando la prevalenza del genere femminile in questa attività), 2,7%; liberi professionisti, 8,2%; imprenditori, 4,8%; commercianti, 2,3%; artigiani, 5%; operai generici 7% e operai qualificati, 8,7%. Appare bassa la quota di commercianti e di imprenditori. Significativa la quota di operai e impiegati, oltre che di pensionati.

Interessanti i dati sui livelli di istruzione dei genitori. A seguire, quelli relativi alla madre (Fig. 8), dove largamente maggioritari sono gli studi superiori o universitari. Con l’ulteriore specificazione per scuole frequentate (Grafico 11), dove tuttavia il dato maggioritario sono nuovamente le non-risposte.

6,50%

4,37%

0,06%

48,29%

40,78%

Na Nd Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

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Fig. 8 Livello di istruzione madre Analogamente per quanto riguarda il padre (Fig. 9). Con le specifiche

in allegato (Grafico 12).

Fig. 9 Livello di istruzione padre

15,13%4,26%

22,27%

39,38%

18,96%

Nd Scuola elementare Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

0,04%17,11%

4,20%

22,94%

35,07%

20,64%

Na Nd Scuola elementare Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

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Socializzazione, tempo libero e partecipazione.

Come trascorrono il loro tempo libero, i giovani? Dove? Con chi? Anche queste domande – e le relative risposte – servivano a dare il quadro generale della situazione e della condizione giovanile a Varese. Questi giovani sono soli o vivono molte amicizie? E dove trovano queste amicizie, nella realtà reale o in quella virtuale, a Varese e fuori città?

Con chi, il tempo libero. Una prima domanda chiedeva con chi viene trascorso il tempo libero. I risultati (Fig. 10) mettono in luce una fortissima componente amicale nei giovani di Varese, pari al 60,9% delle risposte, maggiore di quella riportata dal Rapporto Iard visto nella prima parte del Report. L’amicizia è dunque importante nella vita dei giovani, forti sono i legami che cercano di creare tra di loro, la solitudine sembrerebbe essere sostanzialmente assente dal loro stile di vita (solo il 5,2% dichiara di trascorrere il tempo libero da solo). Si conferma comunque quella tendenza alla socialità ristretta, di gruppo di amici definita sempre nel Rapporto Iard. Socialità e amicizie comunque ancora in larga parte fisiche.

A seguire, nella graduatoria delle risposte, il tempo passato con un/a ragazzo/a (26,4% del totale), quindi in una relazione sentimentale: percentuale importante che conferma una tendenza alla vita e alle relazioni d’affetto; dato che va comunque legato a quello, visto in precedenza sullo stato sentimentale dei giovani. Infine la famiglia, dove passa il suo tempo libero solo il 7,3% dei giovani.

Il quadro definisce dunque un tempo libero dei giovani passato essenzialmente fuori di casa, con un forte sistema di relazioni amicali, e/o più ristretto (sentimentale).

I dati evidenziano una forte capacità di relazione, anche se non si doveva specificare la qualità del rapporto amicale: se intenso, continuo, caldo o freddo, eccetera; e un bisogno di stare con gli amici (o con coloro che si intendono come amici).

La famiglia perde di importanza mentre crescono le relazioni all’esterno della famiglia, tratto comunque tipico (naturale) delle due fasce di età prevalenti prese in esame (16-19 e 20-25 anni).

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Fig. 10 Con chi trascorri il tuo tempo libero? Il come, del tempo libero. Passando dal con chi al come si trascorre il

tempo libero, durante la giornata, ecco i risultati (Tab.2). Che mettono in luce una grande frammentazione di attività e di modalità di uso del tempo libero disponibile, anche se vi sono processi di concentrazione delle frequenze su determinati temi.

Tra questi, in evidenza la quantità di tempo trascorsa davanti ad un computer (18,9% di risposte, la percentuale maggiore), anche se non viene specificato (né era richiesto) se questo significa essere anche in rete (si veda oltre), né se questa attività viene svolta individualmente o con gli amici (e se con gli amici, resta da valutare quanto di amicale vi sia nell’essere davanti ad un computer, sia pure assieme ad altri); seguito dalle attività sportive (13% circa), una componente, come si vedrà anche più avanti, decisamente importante nella vita dei giovani. Poi la musica (10,7%), il tempo passato all’aria aperta (10,3%), in piazza con gli amici (quasi il 10%) o a fare shopping (9,3%).

Un come dettato dunque in primo luogo dalle nuove tecnologie, visto il peso percentuale che ha il pc. Ma un peso altrettanto forte lo hanno le attività sportive, mentre ci si poteva aspettare un ruolo maggiore per la musica. Più basso, forse, rispetto alle attese, anche lo shopping.

Seguono ancora i viaggi (5,8%), gli spettacoli (5,7%) e la lettura di libri e riviste (4,9%). L’arte e altre attività culturali sono in bassa classifica con il 2%, la partecipazione a tematiche socio-politiche è ancora più in basso, all’1,5%. Il dato va letto incrociandolo con la partecipazione ad associazioni

60,93%

7,31%

26,48%

5,28%

Amici Famiglia Ragazza/o Da solo

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di volontariato, ma evidenzia comunque una assenza, nell’uso del tempo libero, di tematiche collettive e sociali/politiche, che riguardino cioè la collettività o il bene comune. Computer, divertimento, shopping e svago (sport compreso) hanno un ruolo preponderante, con oltre il 65% delle risposte totali. I giovani varesini, critici ma disimpegnati, sembrano poco attenti alle tematiche culturali e politiche (confermando la tendenza nazionale), più interessati a ciò che è ludico.

Queste attività vengono praticate comunque sia durante la settimana (Fig. 11) che durante il week-end (Fig. 12), con differenze percentuali che tuttavia non cambiano di molto la realtà.

Tab. 2 Come trascorri il tuo tempo libero durante la giornata?

Computer 18,89% Sport 12,93% Musica 10,78% All'aria aperta 10,33% In piazza con gli amici 9,96% Shopping 9,32% Viaggi 5,83% Spettacolo 5,74% Libri e riviste 4,90% In Casa 3,77% Motori 2,74% Arte e cultura 2,05% Tematiche socio-politiche 1,57% Altro 1,19%

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Fig. 11 Queste attività le fai durante la settimana?

Fig. 12 Queste attività le fai durante il weekend? Scomponendo tra loro i diversi modi e tempi di trascorrere il tempo

libero, questi i risultati evidenziati dalle risposte al questionario. La prima analisi (Tab.3) riguarda il tempo libero della sera, durante la

settimana ed evidenzia come il tempo libero passato in casa raggiunga il 28%, mentre un altro 21,3% di giovani dedica questo tempo alle attività sportive. Bassissima la presenza in discoteca o altri locali notturni (meno del 2%), ben più alta la percentuale di chi passa la serata al ristorante o in

80,34%

17,17%

2,49%

Sì NO Nd

75,69%

21,82%

2,49%

Sì NO Nd

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pizzeria (11,8%). Altre attività (cinema e teatro, bar o pub) si situano attorno al 10%, mentre ancora più bassa è la percentuale di chi frequenta ad esempio concerti o festival all’aperto (5,1%). Dai dati risulta una forte componente del tempo libero (alla sera e durante la settimana) passato in casa o praticando attività sportive (in percentuale, con una quota di poco inferiore al tempo passato a casa), sostituito eventualmente da cinema/teatro o ristorante/pizzeria. Casa/famiglia & sport.

Tab. 3 Come preferisci trascorrere il tuo tempo libero la sera in settimana?

Serata a casa 27,91% Facendo attività sportiva 21,35% Cinema/teatro 11,88% Ristorante/Pizzeria 11,84% Serata al bar o pub 10,16% Minigolf e bowling 6,45% Concerti e festival all'aperto 5,10% Al casinò 2,40% Serata in discoteca e locali notturni 1,96% Altro 0,95%

Le cose cambiano radicalmente nell’uso del tempo libero nelle sere

dei week-end (Tab. 4). Aumentano di poco cinema e teatri (dall’11,8 al 13,0%), più che raddoppia il tempo per concerti e festival all’aperto (dal 5,1 al 12,6%), sale di più di 8 punti il tempo passato al bar o al pub (arrivando al primo posto), il tempo passato a casa scende dal 27,9% al 2,8%, la discoteca prevale nel 17% circa dei casi (salendo dal 2% durante la settimana), aumenta (ma con percentuali comunque basse) anche la quota di presenze ai casinò (dal 2,4 al 7,6%) e quella di chi passa la serata al ristorante/pizzeria o al minigolf/bowling; anche l’attività sportiva crolla quanto a gradimento, dal 21,3 al 4,0%.

Dunque, fenomeno per altro prevedibile, i giovani nei week-end ribaltano usi e costumi della settimana e si concentrano su attività di puro svago, e bar/pub e discoteca raggiungono insieme il 35,1%. Se nella settimana, famiglia e/o sport prevalgono, nel week-end prevale la ricerca del piacere, dell’intrattenimento senza impegno, del divertimento comunque.

Il tempo libero sembra liberarsi di ogni fatica (come per lo sport) e diventa ricerca di accelerazione del tempo e dei ritmi (discoteca, pub/bar),

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anche se aumentano le frequenze per ristoranti/pizzerie e concerti all’aperto.

L’uso del tempo libero prende dunque strade diverse da quelle usate o percorse durante la settimana. Dal tempo libero, nella settimana, dove sembra prevalere (almeno in parte) il principio di realtà; al tempo libero nel week-end, dove invece prevale la ricerca del principio del piacere. O del disimpegno.

Tab. 4 Come preferisci trascorrere il tuo tempo libero la sera nel weekend?

Serata al bar o pub 18,20% Serata in discoteca e locali notturni 16,90% Ristorante/Pizzeria 14,40% Cinema/teatro 13,02% Concerti e festival all'aperto 12,61% Minigolf e bowling 9,69% Al casinò 7,68% Facendo attività sportiva 4,09% Serata a casa 2,89% Altro 0,51%

Scendendo più nel dettaglio delle modalità di costruzione dei processi

di relazione dei giovani, era stato chiesto di specificare i luoghi preferiti dove passare il tempo libero, andando a divertirsi, ma con gli amici.

La tabella seguente (Tab. 5) evidenzia un dato su tutti: il bar/pub è il luogo preferito da un quarto dei giovani varesini. Seguito, in ordine decrescente, dalle vie del centro, dalle case private, dalle scuole e dalle università, seguite a loro volta dalle discoteche e dai locali notturni. Ovvero – dato su cui riflettere – il bar/pub è il luogo primario di divertimento e di socializzazione insieme, come dire: divertirsi stando con gli altri, in un luogo chiuso o nelle sue adiacenze, ma senza particolari stimoli ulteriori se non quelli (apparentemente pochi e/o di basso contenuto) afferenti allo stesso locale (musica, video, alcolici, eccetera) e alle persone che si incontrano (simili se non uguali a sé quanto a stile di vita). Se il bar/pub è il luogo più amato, ciò significa che altri luoghi dove andare a divertirsi con gli amici hanno un fascino e una carica seduttiva decisamente inferiore; o che la loro offerta è bassa; o che basse sono le aspirazioni degli stessi giovani. Se il bar/pub ha questo fascino – pur con le dovute differenze tra bar e pub - ciò significa anche che i giovani non cercano di meglio, ma si

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accontentano di quello che offre questo tipo di locale; o che proprio in questo tipo di locale trovano ciò che cercano.

Distaccati, oratori, associazioni o strutture sportive, aule studio e biblioteche (3,0%), centri commerciali (2,6%), sale giochi (0,8%), ma anche i più recenti social network, fermi al 5,6%.

Tab. 5 Dove vai da divertirti con i tuoi amici?

Bar e pub 24,86% Vie del centro cittadino 12,44% In case private 10,83% Scuole 8,70% Università 7,53% Discoteche e locali notturni 7,16% Social Network 5,61% Strutture sportive/piscine/palestre 4,88% Cinema multisala 4,87% Associazioni sportive/volontariato/giovanili 3,43% Aule studio e biblioteca 3,09% Oratorio 2,73% Centri commerciali 2,59% Sala giochi 0,80% Altro 0,48%

Le risposte alla domanda precedente si legano con quelle alla

domanda che segue e qui si prova a leggerle unitariamente: quali sono i contesti dove sarebbe più facile fare amicizia? Partendo dal presupposto che dove andare a divertirsi con gli amici e dove fare nuove amicizie potrebbero essere/avere modalità diverse. In questo caso (Tabella 6), bar/pub restano al primo posto, ma scendono in percentuale di quasi dieci punti (dal 24,8% se intesi come luoghi dove andare a divertirsi, al 15,0% se visti come luoghi dove fare amicizia) mentre crescono scuole e università. Crescono, come facilitatrici di amicizia anche le discoteche, gli oratori e le associazioni sportive e/o le palestre-piscine. Scendono invece le case private, dal 10,8% se intese per il divertimento al 2,0% se intese come luoghi dove far nascere le amicizie (in casa evidentemente si va per divertirsi tra amici, e con amici che sono già tali; in discoteca si incontrano più persone che non si conoscono e con le quali è/sarebbe più facile fare amicizia). In crescita i

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social network visti, dal 9,5% dei giovani come luoghi dove fare appunto amicizia, sia pure virtuale; percentuale comunque lontana, anche in questo caso, dall’enfasi e dalle retoriche sul ruolo crescente che i social network avrebbero per il mondo giovanile e per la costruzione di relazioni e di amicizia. Resta comunque il dato complessivo per cui oltre il 30% dei giovani ritiene migliori, per la nascita di amicizie, i luoghi dello svago e del divertimento/piacere. E il dato per cui le case private sarebbero più luoghi per il divertimento che per la nascita di amicizie.

Tab. 6 Quali secondo te sono i contesti in cui è più facile fare amicizia?

Bar e pub 15,02% Scuole 14,17% Università 13,17% Discoteche e locali notturni 11,71% Social Network 9,50% Strutture sportive/piscine/palestre 9,42% Associazioni sportive/volontariato/giovanili 8,96% Oratorio 4,69% Aule studio e biblioteca 4,32% Vie del centro cittadino 4,22% In case private 2,07% Centri commerciali 1,19% Sala giochi 0,73% Cinema multisala 0,57% Altro 0,28%

Poca cultura, molto connessi

Leggere. I libri. La lettura di libri, pur nella sua residualità rispetto ad altre attività (Tab. 2), risulta avere, per chi la pratica, una discreta intensità (Fig. 13).

Un terzo dei giovani legge da 1 a 3 libri all’anno, percentuale quasi equivalente a quella (circa il 27%) di quanti ne leggono più di 6. Per contro, il 20% non legge alcun libro nel corso dell’anno.

Dai dati risulta quindi che una discreta percentuale di giovani legge più di un libro, molti uno o più di sei; ma che una percentuale altrettanto

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importante (e preoccupante) non legge. Segno che il libro resta comunque un ospite scomodo o non amato nella vita dei giovani, riflettendo una caratteristica comune a tutta la società italiana.

Fig. 13 Quanti libri leggi in un anno? Leggere. I giornali. Qualcosa di analogo (Fig. 14) risulta dai dati

relativi alla lettura di quotidiani, ovviamente nella loro forma cartacea. Solo l’11% dei giovani legge un giornale tutti i giorni, percentuale

molto bassa; e comunque, nella domanda non si distingueva tra giornali a pagamento e giornali free, tra giornali sportivi e giornali politici o economici. La lettura saltuaria prevale invece nettamente, con una percentuale del 45,5%, per coloro che leggono un quotidiano una o due volte alla settimana; il 14% lo legge 3-5 volte, mentre il 25% non lo legge mai in assoluto.

Se il quotidiano può o dovrebbe essere inteso come un mezzo di comunicazione e di informazione, ma anche di analisi e di riflessione, il fatto che un quarto dei giovani non lo legga mai denota una mancanza di abitudine o una ridotta capacità/voglia di essere informati sulla realtà, non solo locale ma soprattutto esterna. Che tuttavia si inquadra in un dato nazionale altrettanto negativo – e consolidato da tempo: negli ultimi 25 anni nessun aumento delle copie vendute – sulla scarsa pratica di lettura dei giornali da parte degli italiani (poco più di cento copie vendute ogni mille abitanti). Resta da valutare quanto il giornale cartaceo sia stato sostituito da altre fonti/mezzi di informazione online; va tuttavia ricordato

33,08%

19,33%

1,68%

19,30%

26,61%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd Ness. Oltre 6 all'anno

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che l’informazione in rete è comunque diversa (più breve, più veloce, meno approfondita) rispetto a quella che solitamente passa attraverso il giornale cartaceo.

Fig. 14 Quanti quotidiani leggi? Dalle parole alle immagini. I dati cambiano in modo importante

passando dalla parola scritta alle immagini, ovvero ai film e in genere agli audiovisivi. Qui (Fig. 15), oltre il 76% dei giovani dichiara di guardare più di 10 film in un anno, solo l’1% dichiara di non vederne alcuno; mentre il 7% dichiara di vederne meno di 5 in un anno. E’ la conferma che la cultura dell’immagine prevale largamente, tra i giovani, sulla cultura della parola scritta, cosa del tutto scontata e ovvia in una società che da tempo ha fatto e fa delle immagini, della loro produzione (si veda il successo di YouTube) e del loro consumo, la sua cifra più importante.

45,52%

14,00%

3,56%

25,10%

11,82%

1-2 volte la settimana 3-5 volte la settimana Nd Ness. Tutti i giorni

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Fig. 15 Generalmente quanti film vedi in un anno?

I dati mutano ancora se si passano ad esaminare altri consumi culturali. Iniziando con quelli musicali (Fig. 16).

Fig. 16 Generalmente a quanti concerti assisti in un anno? Il dato evidenzia una realtà che sembra scontrarsi con il peso che

solitamente viene attribuito alla musica rispetto al mondo giovanile. Forse l’ascolto musicale si sta facendo sempre più individualizzato, grazie alle nuove tecnologie di riproduzione della musica; forse il costo dei concerti è

7,20%

13,36% 1,54%

1,09%

76,81%

1-5 all'anno 4-10 all'anno Nd Ness. Oltre 10 all'anno

44,40%

7,51%2,55%

38,99%

6,55%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd Ness. Olte 6 all'anno

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troppo elevato per le disponibilità dei giovani (ma alla domanda se le risorse economiche disponibili sono sufficienti per fare ciò che piace, il 50% dei giovani risponde sì – si vedano le Prime conclusioni); forse Varese (e dintorni) non rientra tra le tappe d’obbligo di cantanti e gruppi; ma a fronte di una percentuale del 44% di giovani che assiste fino a tre concerti in un anno (che sale al 51%, fino a sei concerti), esiste una percentuale del 39% di giovani che non assiste ad alcun concerto, e per i quali evidentemente la musica è un mondo non interessante, o comunque non lo è la partecipazione diretta ai concerti (come si evidenzierebbe anche dal fatto che per i giovani, a Varese – si veda oltre - mancherebbero spazi per fare musica). Dunque: individualizzazione dei consumi musicali, meno concentrati. E tuttavia, la musica resta una parte importante del mondo giovanile (il 6,5% assiste a più di sei concerti all’anno).

Discorso diverso, invece relativamente (anche questa un’attività poco attrattiva nel complesso) alla visita a musei e a mostre (Fig. 17). Da una a tre visite, per il 45% dei giovani e anche in questo caso una percentuale importante, ma di segno contrario: un 35,7% che non visita né mostre né musei nel corso di un intero anno. Segno di una mancanza di interesse, ma anche di una cultura sociale non favorevole alla conoscenza, all’arte, all’esplorazione culturale. Controbilanciata tuttavia dal dato molto significativo per cui circa il 56% dei giovani visita da una a sei mostre/musei all’anno.

Fig. 17 Generlmente a quante mostre vai e quanti musei visiti in un anno?

44,73%

11,08%2,21%

35,71%

6,27%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd Ness. Olte 6 all'anno

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Altro consumo culturale, quello della partecipazione a seminari, convegni, dibattiti pubblici sui temi più diversi (Fig. 18).

Anche qui i giovani varesini sembrano confermare quel disimpegno, quella indifferenza già messa in luce in precedenza.

In particolare, il dato sull’assenteismo culturale, civile e politico dei giovani (a fronte dei dati, visti in precedenza, che mettono in luce una auto-valutazione negativa degli stessi giovani e un giudizio largamente negativo sulla città): se vi è un 34% di giovani che partecipa ad almeno 1-3 eventi nel corso dell’anno (e un 7,2% che partecipa fino a sei eventi), esiste poi una maggioranza assoluta (oltre il 51%) che non partecipa e non frequenta momenti di approfondimento, dibattiti, eccetera. Appunto, ciò che potrebbe essere definito un fenomeno di assenteismo civico.

Rispetto a qualche decennio fa, sembra di assistere ad un capovolgimento totale, come se i giovani fossero stati politicamente rovesciati come un guanto: da una condizione di ampia e diffusa partecipazione alla politica e al dibattito culturale, a una situazione di partecipazione alla vita della città come della grande polis, nettamente deficitaria. Da un eccesso di politica a un eccesso di antipolitica? Dal famoso tutto è politica al recente tutto è divertimento?

Fig. 18 A quanti seminari/dibattiti/convegni assisti in un anno? E qual è il peso, invece, dell’utilizzo delle nuove tecnologie, in

particolare di rete e social network? Quanto sono attivi, in rete i giovani e quanto pesano i social network (dato da integrare con quanto visto in precedenza, relativamente al divertimento e alle amicizie)?

34,09%

7,25%

2,91%

51,32%

4,43%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd Ness. Olte 6 all'anno

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Anche questi risultati (Fig. 19) sono complessivi, ovvero riferiti al campione nel suo insieme: il 52% dei giovani passa davanti al pc (il che non necessariamente significa navigare in rete) non più di 3 ore; il 16% da 4 a 7 ore; il 21% meno di un’ora; il 7% più di sette ore. Ne risulta un uso particolarmente intenso del computer. Sommando chi trascorre meno di un’ora e chi meno di tre, risulta un totale del 74,2%.

Fig. 19 Quante ore passi al PC al giorno? Relativamente invece alla partecipazione ai social network, i dati

(Fig. 20), cambiano. Il 50% dei giovani vi trascorre meno di un’ora, mentre il 36% circa vi passa da 1 a 3 ore del proprio tempo.

52,52%

16,19%

21,71%

2,04%

7,54%

1-3 ore 4-7 ore Meno di 1 ora Nd Oltre 7

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Fig. 20 Quante ore passi nei social network al giorno? L’associazionismo formale.

Quali canali di relazione e di partecipazione, per i giovani? Quale peso ha l’associazionismo? E quale tipologia di associazione si privilegia? Se si va a considerare la partecipazione a gruppi e ad associazioni, questa è la realtà messa in evidenza dalle risposte al questionario. Prima domanda: fai parte di qualche gruppo o di qualche associazione formale? - e formale nel senso di strutturata, con uno scopo esplicito o altro. Le risposte positive (Fig. 21) sono pari al 43,8%, quelle negative sono invece pari al 48,9%.

Il mondo giovanile sembra spaccarsi nuovamente a metà quanto a partecipazione a gruppi o ad associazioni formali. Sembra l’ulteriore fotografia di un mondo giovanile diviso tra impegno e disimpegno. Una risposta come questa, infatti, se evidenzia un forte astensionismo partecipativo sembrerebbe mettere in luce anche una forte carica di partecipazione, pari appunto a circa la metà del campione.

Il fatto però che questa partecipazione sia stata poco enfatizzata nelle risposte precedenti, potrebbe essere il segnale – così lo si può interpretare - di una sorta di partecipazione fredda, o di una partecipazione passiva all’associazionismo, se questo non potesse apparire una contraddizione. Passiva perché si farebbe parte di un’associazione, ma si vivrebbe questa appartenenza come elemento di pari o minore peso rispetto ad altri. In realtà, quando si vedranno poi le tipologie di associazione, il fatto sembrerebbe in parte smentito.

36,25%

8,15%

49,38%

3,47%2,75%

1-3 ore 4-7 ore Meno di 1 ora Nd Oltre 7

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Fig. 21 Fai parte di qualche gruppo/associazione formale? L’associazionismo informale.

Analoga domanda, ma relativamente alla partecipazione (Fig. 22) a gruppi o associazioni questa volta informali. Qui i sì prevalgono sui no, ma con una situazione ancora di spaccatura quasi a metà del campione.

Fig. 22 Fai parte di qualche gruppo/associazione informale?

7,23%

48,96%

43,81%

Nd NO Sì

7,23%

43,22%

49,55%

Nd NO Sì

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Alla domanda, poi, se si fa parte sia di gruppi o associazioni formali che informali, il 27,7% risponde positivamente (Fig. 23). Alte le non-risposte (35%).

Fig. 23 Faccio parte sia di un’associazione formale che informale Andando però ora ad analizzare, come detto, la tipologia di

associazione a cui si aderisce, sia formale che informale, le valutazioni cambiano.

Il dato più evidente è quello relativo alle associazioni/gruppi sportivi, cui aderisce il 43,2% del totale, relativamente alle associazioni formali (Tab. 7). A seguire, ma fortemente distaccato, pur avendo una percentuale di tutto rilievo, il volontariato sociale, cui partecipa il 17,1% dei giovani intervistati, percentuale significativa e probabilmente superiore alle attese.

Seguono le associazioni culturali (9,2%), che rappresenta un risultato, date le premesse, anche questo superiore alle attese, seguite da quelle di carattere religioso (8,4%) – ma va anche aggiunto che molte associazioni di volontariato possono avere comunque una ascendenza o un referente di tipo religioso, quindi esiste il rischio di una sorta di confusione nella scelta effettuata.

Staccate le associazioni studentesche (7,7%), quelle politiche (5,0%), e quelle per la tutela dell’ambiente (3,1%), tema, quest’ultimo che evidentemente non coinvolge i giovani varesini.

Complessivamente, i dati denotano una partecipazione attiva ed estesa all’associazionismo formale, ma con una netta prevalenza di quello

27,17%

7,23%

37,84%

27,76%

Na Nd NO Sì

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sportivo (che è una forma molto particolare, specifica di associazionismo, che non agisce nel sociale se non in via indiretta, che stimola l’aggregazione ma anche l’individualizzazione - e grande è la varietà di sport praticati dai giovani).

Resta da valutare se per adesione ad una associazione sportiva formale sia stata intesa la semplice iscrizione ad una organizzazione strutturata (ipotesi: Varese calcio), oppure ad una organizzazione con una propria vita associativa, oppure, ancora, anche ad una palestra (dove la vita associativa potrebbe essere molto minore).

Comunque significativa ed estesa la partecipazione al volontariato sociale (quasi un giovane su cinque), segno che nella società varesina, sia pure sotto traccia, senza particolare enfasi, senza particolare visibilità, vi è fermento e movimento quanto ad azione sociale e di solidarietà.

Tab. 7 Di quale associazione formale fai parte?

Associazioni sportive 43,25% Associazioni di volontariato 17,17% Associazioni culturali 9,24% Associazioni religiose 8,47% Associazioni studentesche 7,74% Associazioni politiche 5,03% Associazioni per la tutela dell'ambiente 3,14% Protezione civile 1,74% Altro 4,21%

Se dalle associazioni/gruppi formali si passa ad analizzare quelle

informali, questi i risultati (Tab. 8): gruppo, 31,9%; crew, 5,7%; cumpa, 57,3%; confraternita 2,0%; tribù, 2,8%.

Tab. 8 Di quale associazione informale fai parte?

Cumpa 57,30% Gruppo 31,96% Crew 5,77% Tribù 2,88% Confraternita 2,08%

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Per gruppo si intende (riprendendo la legenda presente nel questionario) un insieme generico di persone, sia esso musicale, sportivo, un club, una band musicale, un coro, eccetera; per crew, si intende un gruppo di ragazzi solitamente legato al mondo dei writers, che ascolta musica hip-hop, che realizza graffiti, eccetera; cumpa invece designa un gruppo di amici coi quali si esce abitualmente e si condivide il tempo libero; confraternita significa una associazione di ragazzi, legata solitamente ai quartieri, che si riunisce segretamente, adotta uno stemma come simbolo e veste in modo uniforme come segno di appartenenza; infine, con tribù si designa un gruppo sociale autonomo, con un proprio capo/leader e un proprio ordinamento interno, gruppo formato da più famiglie e unito da identità di lingua e di costumi.

A Varese è dunque largamente prevalente (maggioritaria) la modalità della cumpa. Modalità informale, che al proprio interno sembra poter contenere molte cose, assai diverse tra loro. Cumpa sembra allora designare molteplici modalità di associazione/socializzazione, una sorta di definizione-mantello, di associazione-mantello, generica ma proprio per questo utile a dare un senso a ciò che apparentemente potrebbe non averlo. Resta da vedere quanto i giovani siano convinti e coscienti di essere parte di una cumpa e quanti invece abbiano espresso questa indicazione solo dopo avere valutato le definizioni date dallo stesso questionario, ma senza la consapevolezza che il proprio gruppo di amici sia una cumpa.

Se questo è il quadro complessivo, sia per le associazioni formali che per quelle informali, quali sono le ragioni e le motivazioni che portano a farne parte? Vi sono scopi prevalenti che determinano la scelta di partecipare o meno? Cominciando dalle associazioni di carattere formale, ecco la specificazione (Grafico 13) per temi: perché si crede nei valori dell’associazione, nel 20,9% dei casi; perché piacciono le attività svolte, nel 29,5%; perché si fanno amicizie, per il 15,3%; per il senso di appartenenza solo nel 5,8% delle risposte; per condividere le passioni, nel 27,0%.

Ne risulta che bassa è la motivazione legata al senso di appartenenza, mentre alta è la logica della condivisione delle passioni; e soprattutto prevale l’attenzione per le attività svolte (per le cose concrete) più che per i valori incarnati dall’associazione, o per i valori condivisi, la cui percentuale è comunque alta, coinvolgendo un giovane su cinque. Si tratta dunque di una adesione all’associazionismo formale prevalentemente finalizzata al fare attività e al condividere passioni, più che dettata o motivata da etica o da valori convintamene condivisi. Cosa evidente dal fatto che in prevalenza si tratta di associazionismo sportivo.

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Diverso il discorso, ovviamente, per le associazioni informali (Grafico 14). Qui prevale lo scopo del fare amicizia (37,7%), dato da collegare a quella del far parte del gruppo (16,3%), nella logica per cui gruppo uguale inclusione, non-gruppo uguale esclusione; amici uguale gruppo, non-gruppo uguale non-amici. Anche in questo caso, forte è però il peso, per la decisione se aderire o meno, delle attività svolte (25,5%) ed anche – e per di più maggiore (doppia), ma anche questo prevedibile rispetto alle associazioni formali - la motivazione relativa al senso di appartenenza.

Divertirsi. Ma dove?

E’ ora tempo di tornare ai modi come viene vista/valutata la città da parte dei giovani. Un altro aspetto da tenere in conto – nella logica, come visto, del grande peso che il divertimento ha nella vita dei giovani - è quella relativa all’offerta di svago e di divertimento che Varese sa o meno produrre.

La prima domanda riguardava dunque il dove si va a divertirsi. E qui (Fig. 24), a fronte di un 35,7% di giovani che resta a Varese (percentuale comunque molto alta, pari a più di un giovane su tre, segno che Varese è sì carente nella sua offerta, ma che poi comunque molti restano in città), vi è una maggioranza (sia pure relativa: 40%) di giovani che si sposta fuori città, pur rimanendo all’interno della provincia. Un 16,5% si sposta poi a Milano o nella sua provincia, un 8,26% si sposta altrove e questo altrove comprende destinazioni assai diverse, da Lugano/Canton Ticino a Como, alle province di Novara o del Verbano-Cusio-Ossola. Sommando queste ultime percentuali, risulta che circa il 64% dei giovani cerca il divertimento fuori dalla città.

Sommando invece tra loro i dati su Varese e provincia, esce un’altra e diversa maggioranza, ugualmente interessante ai fini della valutazione dei comportamenti, pari a circa il 75% complessivo, per cui andare a divertirsi significa comunque non uscire dalla provincia di Varese. In questa analisi, tuttavia, legata alla città di Varese (appunto: Varese, come la vedi?), sembra essere di maggiore interesse e peso il fatto che il divertimento venga cercato soprattutto fuori dalla città.

Che poi queste attività, come visto in precedenza, si concentrino nel fine settimana, aggiunge un ulteriore elemento favorevole agli spostamenti e alle navigazioni fuori città.

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Fig. 24 Dove vai a divertirti?

A queste riflessioni preliminari si aggiunge poi la valutazione degli stessi giovani sul perché cercano il divertimento fuori Varese (Tab. 9). E qui tornano all’attenzione dell’osservatore tutte le critiche che i giovani rivolgono – come visto dalle prime risposte al questionario - alla città e ai suoi difetti, ai suoi deficit di offerta e di spirito giusto.

Il 53% circa dei giovani giudica ancora negativamente la città, e questo dato maggioritario lo si ottiene sommando tra loro tutte le percentuali relative a: non mi piace la gente (15%), non mi piace lo ‘spirito’ di Varese (10%), la città non offre i servizi che vorrei (17,4%), Varese non ha una vita sociale culturale (10,4%). Pesa anche il dato relativo al fatto che gli amici sono altrove (15,4%), o che il gruppo si ritrova in altri luoghi (12,5%) o che la città è cara (4%), e resta critico il problema della viabilità e dei parcheggi in città (11%). Tab. 9 Se vai a divertirti fuori Varese, perché lo fai?

Varese non mi offre i servizi che vorrei 17,42% I miei amici non sono qui 15,40% Non mi piace la gente di Varese 15,06% Il mio gruppo si ritrova altrove 12,57% Varese ha problemi alla viabilità ed in particolare di parcheggi 11,08% Varese non ha una vera e propria vita sociale e culturale 10,45% Non mi piace lo spirito di Varese 10,06% Varese è una città cara 4,05% Altro 3,91%

35,70%

39,49%

16,56%

8,26%

Varese Provincia di Varese Milano e Provincia Altro

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3. Cosa c’è e cosa manca a Varese

Dai pub alle pizzerie, dallo sport alla politica e ritorno

Cosa offre Varese e cosa manca invece alla città? Quali sono i servizi che sarebbe necessario approntare, migliorare, aumentare? Cosa c’è, ma non viene adeguatamente utilizzato?

Il questionario elencava una serie di elementi da valutare come presenti o insufficienti a Varese, sui quali i giovani dovevano esprimere le loro valutazioni. Di seguito vengono riportati i relativi areogrammi di dettaglio, voce per voce. Ai quali si rimanda.

Fig. 25 Bar e pub Fig. 26 Ristoranti e pizzerie

Fig. 27 Locali e discoteche Fig. 28 Cinema e teatri

31,43%

14,26%

4,43%1,29%

48,60%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

34,93%

7,31%

5,35%0,48%

51,93%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

3,89%

53,50%

6,02%

13,19%

23,39%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

4,59%

35,24%

5,55%1,23%

53,39%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

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Fig. 29 Negozi Fig. 30 Bellezze naturalistiche

Fig. 31 Bellezze artistiche Fig. 32 Spazi per fare musica

Fig. 33 Spazi per l’allenamento sportivoo Fig. 34 Spazi di aggregazione giovanile libera

39,92%

11,65%

5,49%

0,70%

42,24%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

13,42%

37,51%

6,02%

10,87%

32,18%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

5,85%

46,44%

6,08%

13,87%

27,76%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

0,92%

51,48%

9,38%

25,55%

12,67%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

7,54%

32,27%

7,54%3,22%

49,43%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

3,61%

42,63%

9,94%16,31%

27,51%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

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Fig. 35 Associazioni varie Fig. 36 Eventi sportivi

Fig. 37 Eventi musicali Fig. 38 Eventi ludici

Fig. 39 Eventi culturali, seminari e convegni Fig. 40 Eventi politici

5,71%

36,67%

13,36%8,04%

36,22%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

5,69%

43,64%

9,19%7,81%

33,67%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

2,38%

53,75%

9,44%

13,64%

20,79%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

1,88%

46,64%

13,59%

19,22%

18,67%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

2,94%

45,63%

11,46%

12,32%

27,65%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

4,40%

42,94%

12,44%

17,90%

22,32%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

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Fig. 41 Musei e mostre Fig. 42 Corsi

Fig. 43 Servizi per i giovani Fig. 44 Siti web e spazi di discussione su

Varese

Dai dati emerge che l’offerta di bar/pub è giudicata buona (bar e pub:

sono molti, 31%; pochi, 14%; sono sufficienti, 49%). Anche ristoranti e pizzerie sono giudicate sufficienti dal 52% degli

intervistati e molte dal 35%. Pochi invece i locali e poche le discoteche, per il 53%; sufficienti per

un 23% - e in effetti è lamentata l’assenza o viene dichiarata la mancanza di locali simili a Varese o nelle immediate vicinanze.

Cinema e teatri sono giudicati in numero sufficiente dal 54% dei giovani del campione, pochi dal 35%.

Abbondanti invece i negozi: sono molti per il 40%, sufficienti per il 42%.

2,32%

53%

9,97%

12,78%

21,93%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

9,69%

32,97%

11,79%6,64%

38,91%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

2,69%

46,55%

10,81%

14,62%

25,32%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

4,20%

40,62%

13,08%

18,57%

23,53%

Ce ne sono molti Ce ne sono pochiNd Non ci sonoSono sufficienti

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Invece le bellezze naturalistiche sarebbero molte solo per il 14%, poche per il 37% e sufficienti per il 32%. Più netta la risposta sulla presenza o meno di bellezze artistiche: poche per il 46%, sufficienti per il 28%, poche per il 14%.

Del tutto carenti gli spazi per fare musica, per il 51%, assenti per il 25%, sufficienti solo per il 12%.

Sufficienti anche gli impianti sportivi per il 49% dei giovani, ancora pochi tuttavia per il 32%. E la presenza o meno di eventi sportivi in città: pochi per il 44%, sufficienti per il 34%.

I giovani ritengono poi, a maggioranza relativa che anche gli spazi per una aggregazione libera siano pochi (43%), che siano del tutto assenti nel 16% dei casi, mentre sono giudicati sufficienti dal 27%.

Ancora una spaccatura del campione anche nella valutazione sul mondo associativo: poche associazioni, per il 36%, sufficienti per un altro 36%.

Pochi anche gli eventi musicali (54%), mentre sono del tutto assenti per il 13% e sufficienti per il 21% degli intervistati.

Eventi ludici: pochi per il 47%, del tutto assenti per il 19%, sufficienti per il 18%.

Eventi culturali: pochi per il 46%, del tutto assenti per il 12%, sufficienti per il 27%.

Eventi politici: pochi per il 43% dei giovani, assenti per il 18%, sufficienti per il 22%.

Servizi per i giovani: pochi, per il 47%, assenti per il 15%,sufficienti per il 25%.

Musei e mostre: poche per il 53%, assenti per il 13%. Il questionario prevedeva poi anche una serie di domande aperte, dove

i giovani potevano indicare liberamente le loro idee e opinioni, ma sono state poco utilizzate in termini di Report in quanto scarsamente significative o spesso ripetitive di risposte prefissate.

Ad esempio, alla domanda aperta su cosa manca a Varese, le risposte prevalenti riguardavano ancora discoteche, pub, cultura in senso lato, parcheggi, spazi auto-gestiti, gente diversa.

Fin qui le risposte date ai singoli elementi. Riassumendo: pur in una città che sembra disinteressata per cultura e politica, la richiesta di eventi culturali, persino di eventi politici è interessante. Ovviamente, i giovani chiedono più musica/concerti ma anche maggiori spazi dove fare musica più eventi ludici, più momenti di aggregazione libera. Mentre vengono appunto ritenuti sufficienti bar e pub, ristoranti e pizzerie, negozi per lo

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shopping, viene lamentata la scarsa offerta di locali notturni e di discoteche e di servizi per i giovani.

Situazione ripresa poi dagli stessi giovani quando rispondono alla domanda se ritengono sufficiente o meno l’offerta nel suo complesso. I no sono la grande maggioranza, pari al 62,2%. E anche questo grafico evidenzia ancora una volta come i giovani vivano con mal-essere - che diventa un mal-vivere - il loro rapporto con la città. La risposta complessiva (Fig. 45) relativa all’offerta sufficiente o meno sembra tuttavia in parte contraddire le risposte prevalentemente positive o di sufficienza date ad alcune delle domande specifiche precedenti (o almeno, sembrano non giustificare una risposta complessiva così pesantemente negativa).

Fig. 45 Pensi che l’offerta sia sufficiente? Esiste forse anche un problema di comunicazione e di informazione?

L’offerta esistente viene correttamente pubblicizzata (meglio: come tale viene giudicata dai destinatari della comunicazione, ovvero dai giovani)? Qui (Fig. 46) le risposte negative (pari al 42,4%) quasi si equivalgono con le risposte non saprei, oltre il 43%. Ancora una elevatissima percentuale di giovani che non sa dunque valutare, che ripiega in un non saprei. Ancora: un problema di comunicazioni che non arrivano o di giovani che non sanno dove cercare le informazioni o di giovani indifferenti?

10,81%

62,27%

26,92%

Nd NO Sì

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Mentre le risposte positive – sì, l’offerta è adeguatamente pubblicizzata - sfiorano appena il 9%.

Fig. 46 Pensi che l’offerta per i giovani della città sia correttamente pubblicizzata? Segno che l’informazione non passa, o che passa a fatica e che quella

che passa viene giudicata in modo sostanzialmente negativo; ma segno, anche, che molto ampia è la fascia di giovani che non sa valutare, per i quali cercare informazioni è comunque qualcosa di non essenziale, probabilmente per il prevalere del passaparola e perché i modi prevalenti del divertimento e di incontro (bar/pub e simili) non necessitano di particolari comunicazioni o informazioni.

Questa prima riflessione può però ora dettagliarsi meglio, valutando i mezzi di comunicazione usati prevalentemente dai giovani per informarsi (Tab. 10).

Qui i vecchi e tradizionali modi/mezzi di comunicazione (locandine, manifesti, passaparola, scuole/università) si affiancano, quanto ad efficacia e ad uso, a quelli più recenti, dai siti internet (13,4%) a (soprattutto) Facebook (21,5%), tra tutti il mezzo più usato per informarsi e per informare.

Scarso il ruolo di giornali e di televisione, dell’Informagiovani, ma anche degli sms.

4,71%

42,49%

43,89%

8,91%

Nd NO Non saprei Sì

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Tab. 10 Qual è il mezzo informativo attraverso il quale vieni a conoscenza degli eventi di Varese?

Facebook 21,49% Volantini/locandine 17,39% Passaparola 14,70% Siti Internet 13,40% Scuole ed università 10,64% Giornali 6,27% TV 4,73% SMS 4,43% Informagiovani 2,57% Luoghi di ritrovo giovanile 2,49% Pannelli luminosi 1,01% Newsletter 0,58% Altro 0,31%

I dati riassunti nella tabella precedente possono tuttavia essere in

parte viziati dalla natura e dalla composizione del campione. Se ad esempio si prendono in considerazione le attività dello sportello Informagiovani del Comune di Varese, il dato riportato in tabella (2,6%) sembra contrastare con i numeri reali: nel periodo gennaio 2009-giugno 2010, le attività legate o promosse a favore dei giovani (da Notturno Giovani ai Cortisonici, dalla Festa del volontariato all’Amor di libro giovani) hanno visto la partecipazione diretta nell’organizzazione degli eventi di circa 420 giovani e un pubblico complessivo di più di 8mila persone. Anche il dato relativo ai mezzi di comunicazione/informazione andrebbe corretto, posto che (ad esempio) i 60 articoli pubblicati sul sito nel periodo aprile-maggio 2010, hanno avuto più di 2700 utenti che li hanno visualizzati; mentre il social network dell’Informagiovani ha circa 5mila utenti, in crescita.

A questo punto, il questionario passava dalle critiche alle proposte: cosa dovrebbe offrire lo spazio giovani in via di allestimento in città? Le risposte evidenziano una molteplicità di proposte (Tab. 11).

Consensi che si raccolgono su alcuni temi più forti e più attrattivi di altri, ma con percentuali non particolarmente alte (tali da poter dire: questo soprattutto manca): come l’idea di spazi silenziosi dove studiare (10,3% dei consensi) e quella per spazi di ristoro (12,9%), o spazi dove fare concerti, cineforum e altro (14,0%) o un Internet point (11,1%).

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Tenendo conto che anche in questo caso vi era un limite massimo di tre risposte, la torta evidenzia non solo una frammentazione di richieste, ma anche una (solo apparente) contraddittorietà, accomunando al vertice delle aspettative, spazi di silenzio, spazi di ristoro e spazi per concerti, cineforum e postazioni per fare musica.

Evidentemente queste tre modalità di spazio sono sentite come contestualmente mancanti/carenti. Interessante poi il quarto elemento in ordine di importanza: ovvero la richiesta di spazi per corsi e soprattutto di laboratori creativi.

Tab. 11 Cosa dovrebbe offrire lo "Spazio giovani" che la città di Varese sta realizzando?

Spazio per fare concerti, cineforum, teatro 14,08% Bar/spazio ristoro 12,89% Internet point 11,12% Luoghi silenziosi per studiare 10,32% Spazio per corsi del tempo libero/laboratori creativi 9,06% Punto informativo opportunità per i giovani 7,94% Sala relax 7,74% Postazioni PC per creare musica, cortometraggi, grafica,ecc. 6,38% Sala wii - play station 5,76% Spazio per le associazioni giovanili 5,51% Sala prove 4,15% Spazio espositivo per mostre 3,96% Altro 1,10%

Se queste sono le proposte dei giovani su come e con cosa dovrebbe

essere riempito un nuovo spazio giovani della città, sarebbero disponibili, i giovani, a partecipare e a contribuire alla creazione di altri spazi e di altre strutture a loro immagine e somiglianza?

Le risposte (Fig. 47) sembrano mettere in evidenza una voglia ancora non bene espressa di qualcosa di nuovo, ma anche una sorta di indifferenza alla partecipazione diretta alla loro realizzazione, quasi un qualcuno deve pensarci, ma se devo pensarci io, allora forse no.

Alla domanda se a Varese esista spazio per iniziative organizzate direttamente dai giovani, le risposte negative sono pari a un terzo dei giovani (no, non vi sono spazi), quelle positive al 24,8%, ma quelle non saprei salgono addirittura al 39,7%. Segno di una non conoscenza della

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realtà o forse anche una manifestazione implicita di indifferenza (forse sì, forse no, la cosa non mi interessa più di tanto).

Fig. 47 Pensi che a Varese ci sia spazio per delle iniziative organizzate direttamente dai giovani?

Criticare senza impegnarsi troppo.

Una indifferenza che sembra trovare conferma nelle risposte successive, relative a una disponibilità o meno a organizzare o a partecipare direttamente alla costruzione di qualcosa per i giovani.

Fig. 48 Saresti interessato ad organizzare tali iniziative?

4,26%

31,18%

39,75%

24,82%

Nd NO Non saprei Sì

37,79%

4,93%

31,71%

25,57%

Forse Nd NO Sì

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Qui, come evidenziato dalla Fig. 48, le risposte forse raggiungono il 37,7%, quelle negative il 31,7%, quelle positive il 25% (dato comunque molto importante: un giovane su quattro dimostra di volersi impegnare). Ma ancora: pur giudicando negativamente l’offerta esistente, pur proponendo un ampio ventaglio di idee per riempire lo spazio giovani, pur criticando la città per non avere lo spirito giusto e giudicandola una città non per i giovani, alla fine i giovani si ritraggono o sono comunque incerti (forse) davanti alla possibilità e alla responsabilità di costruire essi stessi qualcosa per loro.

La critica (il 44% di risposte: no, Varese non è una città per i giovani, o l’indicazione di una maggioranza di voti negativi – voti 2 e 5 – dati alla città) sembra poi tradursi in prevalenza in una sorta di delega a fare rilasciata a qualcun altro diverso da se stessi, mentre l’impegno personale e convinto a fare è appunto del 25% (importante, come detto; ma forse basso rispetto al tasso di critica).

Certo, le risposte forse possono essere equiparate ad un quasi-sì. E tuttavia, il fatto che i forse siano la maggioranza, sia pure relativa, è comunque indice di un trattenersi, di un vedremo. Qualcosa che si potrebbe esprimere in un giudizio di disponibilità fredda: sì, forse ci si impegnerebbe, ma l’impegno sarebbe appunto non caldo, non entusiasticamente partecipativo, non fortemente attivo; ma relativo: dipende da, solamente se… forse, appunto.

Giovani e politica.

Eppure, i giovani si sentono drammaticamente sotto-rappresentati nelle istituzioni. In una società, come quella italiana, vecchia quanto a posti di potere e di responsabilità; e con una classe politica giudicata o percepita come vecchia quanto a rappresentanti eletti, i giovani si sentono esclusi, e allo steso tempo cresce in loro il dis-interesse per le istituzioni, viste più come luoghi lontani che come luoghi e tempi per la partecipazione e per la cittadinanza attiva, con idee e proposte utili a migliorare la polis. Come luoghi separati, auto-referenziali e poco aperti all’ascolto e al dialogo con la società. Una sorta di anti-politica in forma di disinteresse, di distanza appunto.

Dato evidente nella figura che segue (Fig. 49) e che corrisponde alla domanda: credi che i giovani siano sufficientemente rappresentati a livello politico e istituzionale? I no superano il 74% del totale.

Evidentemente la distanza tra giovani e politica/istituzioni è grandissima – o percepita come grandissima - e drammatica, data la percentuale raggiunta, e anche questo spiega (contribuisce a spiegare) il

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dis-interesse per la cosa comune, il dis-incanto verso la politica che si era già manifestata, e prepotentemente in molte delle domande precedenti.

Fig. 49 Credi che a Varese i giovnai siano sufficientemente rappresentati a livello politico? In caso di risposta negativa, era stato chiesto di indicare le possibili

soluzioni. La percentuale maggiore (37,7%) concerne appunto una sostanziale richiesta di ascolto (Fig. 50). Da parte della politica, ma anche da parte delle istituzioni scolastiche. Ascolto – saper ascoltare la voce dei giovani, che evidentemente hanno l’impressione, la sensazione o la certezza di essere non-ascoltati, se non di essere-ignorati. E’ questa la richiesta che sale dai giovani, quale via principale e preferita per ridurre (o per cercare di ridurre) la distanza esistente tra mondo giovanile e politica/istituzioni.

A seguire, la richiesta (26,1%) di un ricambio generazionale nella politica e nelle istituzioni. Inteso come mezzo capace di portare innovazione, nuovi stili ma forse anche scelte politiche diverse – pur persistendo il dubbio su quanto i giovani vorrebbero partecipare in prima persona a questo ricambio generazionale. Che trova espressione anche nel dato seguente.

Terza e quarta posizione, infatti (diverse, ma vicine tra loro) per quanto riguarda la richiesta dell’istituzione di Consulte giovanili, di Consigli o altre forme di rappresentanza autonoma dei giovani; e la costituzione di gruppi di lavoro su singole tematiche di interesse giovanile. E’ ancora una richiesta di partecipazione alle decisioni, in modo magari attivo, coinvolgente e specifico (su questioni di interesse dei giovani), ma

7%

74,09%

18,91%

Nd NO Sì

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sostanzialmente esterno, collaterale, di affiancamento rispetto alle istituzioni classiche, ma che non implichi una partecipazione continua e integrata ai processi decisionali.

Fig. 50 Perché secondo te a Varese i giovani non sono ben rappresentati a livello politico?

26,19%

37,74%

21,51%

14,57%

Politici/professori/presidi/funzionari più giovaniPiù occasioni di ascolto delle istanze giovanili da parte dei politici/professori/presidiConsulte, Consigli giovani o altre forme di rappresentanza Gruppi di lavoro su singole tematiche di interesse giovanileAltro

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4. I giovani e il lavoro.

Dopo le diverse analisi fin qui svolte relativamente a vita, tempo

libero e giudizio sulla città è ora il momento di valutare quale rapporto hanno i giovani varesini con il lavoro. Cosa si aspettano da una realtà che vede il lavoro precario come un destino quasi inevitabile, almeno a livello nazionale? Quali speranze (ancora le speranze) hanno, se ne hanno, riguardo alla loro vita professionale?

Un lavoro dipendente full time – ovvero un lavoro alle dipendenze di altri ma che offra un sufficiente spettro di garanzie di stabilità e quindi di progettualità professionale e di vita (personale e/o di coppia) - è al primo posto tra le attese o le speranze dei giovani. Alla domanda (Fig. 51): che tipo di lavoro cercherai, ovvero, quale forma di lavoro vorresti o addirittura sogni per il tuo futuro, questa tipologia occupazionale raggiunge infatti il 31,8% delle risposte. Cosa deve intendersi per lavoro full time? Potrebbe essere inteso come un lavoro a tempo indeterminato, ma anche a tempo determinato ma per un tempo sufficientemente lungo.

Davanti ad un mercato del lavoro incerto e soprattutto precario – che oggi impone a due giovani su tre di accettare un contratto di lavoro atipico (in una delle circa quaranta tipologie oggi previste dalla normativa del lavoro atipico in Italia, atipicità come condizione che coinvolge, a seconda delle stime, tra i 2,8 e i 4,8 milioni di persone) – i giovani varesini non rinunciano, appunto uno su tre, a sperare in un destino diverso, fatto di sicurezza; o almeno a voler cercare questo tipo di lavoro: full time.

Per contro, e in apparente contraddizione con il dato precedente, in seconda scelta il lavoro autonomo, con il 23,1% delle preferenze. Una scelta diversa dalla prima, una scelta di autonomia. Con maggiore accettazione del rischio legato al suo successo o meno. Espressione di una voglia evidente di auto-imprenditorialità, di mettersi in gioco, di provare.

In terza posizione, con il 15,8% delle preferenze, ecco invece una scelta che non è o non sembra essere una scelta: qualsiasi tipo di lavoro, senza particolari preferenze, quindi va bene ciò che offre il mercato.

Il lavoro atipico è scelto deliberatamente invece dal 4,6% (segno della sua assoluta mancanza di attrattività), quello alle dipendenze ma part-time sarà invece cercato dal 10,3% dei giovani. Non so è invece la risposta del 10,8% degli intervistati; percentuale che, sommata a quella relativa a qualsiasi lavoro (simile per atteggiamento nei confronti del futuro) porta a superare il 26% delle risposte, segno della esistenza di una ampia fetta di

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mercato del lavoro giovanile disposta a tutto o indifferente alle scelte di lavoro.

Tutte le risposte evidenziano comunque una distanza tra richieste delle imprese (flessibilità e precarizzazione) e attese del mondo giovanile, divise tra ricerca di stabilità (sicurezza, professionalità, futuro) e auto-imprenditorialità (lavoro in proprio). Una distanza che anche le imprese dovrebbero valutare con attenzione, per non svuotare di senso il lavoro, per lasciare al lavoro la sua funzione di produttore non solo di reddito ma anche di identità, di partecipazione alla vita sociale e, soprattutto, di futuro, il futuro di sé come giovani; perché giovani senza la possibilità anche materiale – un reddito sufficiente, un lavoro che duri un tempo sufficientemente lungo - di pensare al proprio futuro, sono giovani svuotati di senso, resi indifferenti, subordinati allo stato delle cose e incapaci di governarlo.

Fig. 51 Che tipo di lavoro cercherai? Scendendo nel dettaglio, alla domanda: quale qualifica di lavoro

vorresti?, i sogni e le speranze dei giovani si materializzano – come è giusto e corretto che sia - in una loro moltiplicazione e frammentazione anche statistica (Tab. 12). Tuttavia la professione maggiormente ambita (nel 14,1% dei casi) è la libera professione (avvocato, commercialista e simili). A seguire, l’accettazione di una qualifica di lavoro qualsiasi (11,8%), poi il medico, il dirigente, l’impiegato. Segnale – da collegare alla domanda precedente - di due possibili attitudini: ancora l’indifferenza (per le qualifiche più che per la

15,81%

23,17%

10,30%

31,76%

4,68%

10,84%

3,44%

Qualsiasi Inproprio Dipendentepart–time Dipendentefull–time

Atipico Nonso Altro

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forma di lavoro), oppure la caduta di importanza della qualifica nelle aspettative dei giovani. E comunque, mentre sembrano investire molto sulla forma del loro lavoro futuro (Fig. 51), minore peso sembra essere attribuito appunto alla qualifica (Tab. 12).

Bene la speranza di essere imprenditore (7%), anche se probabilmente legata a vincoli familiari. Poco ambita la qualifica di insegnante.

Tab. 12 Quale qualifica di lavoro vorresti?

Libero professionista (avvocato, commercialista, …) 14,15% Qualsiasi 11,79% Medico 11,49% Dirigente 10,18% Imprenditore 7,06% Quadro/funzionario direttivo 5,29% Impiegato di concetto 3,65% Impiegato esecutivo 3,45% Insegnante 3,42% Apprendista 2,82% Operaio specializzato 2,63% Commerciante 1,61% Artigiano 1,41% Capo operaio 0,89% Operaio comune 0,79% Coltivatore diretto 0,76% Socio di cooperativa 0,69% Lavoratore a domicilio 0,53% Collaboratore o collaboratrice domestica 0,43% Coadiuvante familiare 0,23% Non so 9,98% Altro 6,77%

Rispetto alla domanda: che tipo di lavoro cercherai? la domanda

seguente (Fig. 52) chiedeva invece di fare i conti con una possibile realtà, quindi: che tipo di ‘contratto’ di lavoro credi che ti verrà fatto? In questo caso le percentuali cambiano e a fronte di una previsione di contratto di lavoro a

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tempo indeterminato del 29%, quella relativa a un contratto a tempo determinato è del 26%. Segue la quota stage-tirocinio (13,3%) e apprendistato (8,4%), ma ancora più elevata quella relativa alla risposta non so (19%).

Ancora una volta: alta l’attesa/speranza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (quasi uno su tre), ma alta anche la consapevolezza di una realtà fatta di incertezza contrattuale (71% sommando tutte le forme di lavoro atipico e semi-atipico). Tuttavia, si confronti questo dato con quello della Fig. 54.

Risposte che mettono comunque ancora una volta in evidenza la precarizzazione dell’attuale mercato del lavoro, anche a Varese dove i contratti atipici sembrano essere meno usati rispetto ad altre zone d’Italia.

Nel suo complesso, il lavoro è passato da produttore di sicurezza, di identità e di ruolo (familiare e sociale) a produttore di insicurezza e di disorientamento. Solitamente si calcolano i vantaggi per l’economia dei processi di flessibilizzazione, ma non i costi sociali.

Fig. 52 Che tipo di contratto credi ti verrà fatto?

Se queste erano le attese dei giovani, riguardo alle forme di contratto di lavoro che si aspettano o che sperano di ottenere, diversa è la situazione relativamente a quanti, all’interno del campione, svolgevano già un lavoro.

In questo caso (Fig. 53), alla domanda che tipo di lavoro fai?, queste le risposte: per il 40%, un lavoro dipendente part-time, probabilmente per conciliare studio con lavoro; nel 31,2%, un lavoro dipendente full-time; nel 10,3% era una forma atipica di lavoro; nel 9,6% un lavoro autonomo.

29,00%

25,94%13,35%

8,46%

2,19%

1,35%18,93%

0,77%

A tempo indeterminato A tempo determinato Stage TirocinioApprendistato Contratto atipico Contratto di consulenzaNon lo so Altro

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Fig. 53 Che tipo di lavoro fai?

Scomponendo le qualifiche di lavoro, ovvero il tipo di attività svolta da chi lavora, questo il quadro riassuntivo (Grafico 15), dove il peso maggiore è per le diverse forme di lavoro impiegatizio, poi il medico, il quadro e altre qualifiche.

Molto interessanti i dati relativi alla forma contrattuale applicata a chi già svolge una forma di lavoro (Fig. 54). In questo caso, come anticipato, il lavoro dipendente è prevalente, nella forma a tempo indeterminato (39,3%) e in quella a tempo determinato (26,6%).

Sommando le forme contrattuali non a tempo indeterminato, si conferma il dato nazionale sulla diffusione del lavoro atipico, anche a Varese.

Fig. 54 Che tipo di contratto hai?

9,66%

40,00%

31,26%

10,34%

8,74%

Inproprio Dipendentepart–time Dipendentefull–time Atipico Altro

39,39%

26,60%

5,63%

7,67%

11,00%

3,32% 6,39%

Atempoindeterminato Atempodeterminato StageTirocinioApprendistato Contrattoatipico ContrattodiconsulenzaAltro

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Nel possibile legame tra scuola e mondo del lavoro, era quindi utile

cercare di conoscere il ruolo che l’Università dell’Insubria svolge su Varese e sul territorio come Università attrattiva.

Una prima domanda (Fig. 55) era quindi volta a conoscere appunto l’attrattività dell’Insubria per i giovani. Frequentando una scuola superiore e dovendo scegliere una Università, si sceglierebbe l’Insubria?

Le risposte sono dominate da una grande incertezza ma anche, dato il campione, dalle diverse fasce di età presenti, come evidenziato dalle non-risposte alla domanda, pari a oltre il 70% del totale (una percentuale elevatissima). Solo il 4,5% di giovani ha già deciso per il sì, mentre il 23% ha già deciso per il no.

Molte le ragioni possibili, ma sembra evidenziarsi anche un altro aspetto, quello di una scelta ancora non compiuta dai giovani, quanto al loro futuro universitario.

Fig. 55 Se sei studente delle scuole superiori e andrai all’Università, sceglierai l’Insubria?

Cercando di capire le ragioni della scelta a favore dell’Università

dell’Insubria, sul perché gli studenti sceglierebbero di frequentare una delle sue Facoltà, prevale pesantemente (Fig. 56) la scelta dettata dalla vicinanza territoriale, per il 42,5% delle risposte; a seguire, per il 21,5% delle risposte è invece importante l’offerta didattica, quindi il consiglio di amici e conoscenti, infine le condizioni economiche, con percentuali attorno al 10%. Seguono, con percentuali molto più basse, altre motivazioni di scelta.

57,20%

15,18%

23,56%

4,06%

Na Nd NO Sì

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Di fatto, l’Università dell’Insubria gioca un ruolo forte in quanto Università locale, scelta soprattutto per la sua vicinanza: è dunque attrattiva in questo senso; meno importanti, ma comunque essenziali per la scelta sono le motivazioni legate alla sua offerta didattica.

Fig. 56 Perché hai scelto o sceglierai l’Insubria?

Interessante, ovviamente, è valutare le risposte legate alla non-scelta dell’Insubria (perché non si è scelta l’Insubria?). In questo caso (Tab. 13), prevale la non-conoscenza dell’Università e della sua offerta formativa (servirebbe dunque un maggiore investimento in informazione) e quella che viene considerata come un’offerta didattica limitata (perché mancano i Corsi che si vorrebbero frequentare). A seguire, la sua qualità e immagine ritenuta non sufficiente, e il fatto che sia stata sconsigliata da amici e parenti.

Da notare come l’offerta didattica sia valutata positivamente dal 21% dei giovani alla domanda precedente e negativamente dal 25% in questa. Ovvero, è considerata positivamente o negativamente quasi dalla stessa percentuale.

Se poi si volesse andare a vedere quali altre scelte intendono compiere gli studenti, relativamente agli studi universitari, si ottiene una esplosione di indicazioni estremamente parcellizzate, delle quali si dà qui solo un breve cenno, per cui non si resta a Varese: perché non esiste il corso di laurea scelto (motivazione principale; e le indicazioni date sono altrettanto frammentate quante sono le possibili scelte di corsi), perché si

21,51%

3,43%

3,03%

4,02%

0,63%

1,89%42,55%

10,28%

10,91%1,73%

Tipologia di offerta didatticaQualità ed immagineServizi erogati e loro qualitàStretto rapporto con la cittàIniziative per la città e studentiCapacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitariaVicinanza a casaCondizione economicaMi è stata consigliataAltro

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vuole andare via dalla città, perché si ha un pessimo giudizio sull’Insubria o su Varese, perché non ci sono possibilità di lavoro, perché Milano è meglio come città universitaria, perché a Varese manca un Conservatorio, eccetera.

Tab. 13 Perché non hai scelto o non sceglierai l'Insubria?

Offerta didattica limitata 24,93% Non la conosco – poche informazioni 22,41% Limitata qualità ed immagine 12,06% Me l’hanno sconsigliata 11,55% Servizi limitati 7,43% Limitato rapporto con la città 3,77% Collocazione territoriale disagevole 3,43% Incapacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitaria 3,20% Incapacità nell’organizzare iniziative per la città e studenti 2,80% Altro 8,40%

Il quadro che ne esce è dunque incerto. Sia perché le non-risposte (ad esempio alla domanda se si sceglierà l’Insubria) sono in misura troppo elevata per poter effettuare una valutazione seria del fenomeno, sia perché (anche in questo caso) si presenta una doppia lettura della realtà (ancora l’esempio dell’offerta formativa, che è giudicata positivamente quasi dalla stessa percentuale di giovani che la giudica negativamente).

E tuttavia, l’Università dell’Insubria sta giocando e ancora potrà giocare in futuro un ruolo importante. Lo evidenziano le due figure che seguono.La prima (Fig. 57), relativa al ruolo attuale dell’Università. Dove tra abbastanza e molto, la percentuale arriva al 58% circa. Resta un 10% di risposte per niente e un 26% di poco. La seconda (Fig. 58) relativa al futuro.

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Fig. 57 Attualmente per Varese la presenza dell’Università dell’Insubria è un fattore per lo sviluppo della città?

Fig. 58 Per il futuro per Varese la presenza dell’Università dell’Insubria è un fattore per lo sviluppo della città? Infine il ruolo dello sport. Già si è visto, ad esempio nel caso della

partecipazione o meno all’associazionismo formale, quanto forte sia il ruolo dello sport per i giovani varesini.

39,97%

17,94%6,64%

9,69%

25,85%

Abbastanza Molto Nd Per niente Poco

34,26%

34,96%

8,99%

5,52%

16,27%

Abbastanza Molto Nd Per niente Poco

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A seguire una serie di ulteriori areogrammi relativi all’argomento e in particolare al perché si pratica un’attività sportiva, dove la si svolge (prevalentemente in strutture pubbliche), al ruolo del Cus quale promotore di attività sportive sul territorio.

Perché si pratica un’attività sportiva (piace, 42%; fa stare in forma, 36%); per competizione (solo nel 10% dei casi), per conoscere gente (solo nel 9% dei casi e si riveda la parte sull’associazionismo formale).

In quale tipo di struttura (privata o pubblica), con quale modalità (amatoriale, 38%; o competitiva, 21% - ma troppo elevate le non-risposte).

Quanto è conosciuto il Cus e quanto sono conosciute le sue iniziative, purtroppo con una grande maggioranza di risposte negative.

Fig. 59 Pratichi attività sportiva?

2,97%

32,94%

64,09%

Nd NO Sì

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Fig. 60 Perché pratichi attività sportiva?

Fig. 61 Pratichi attività sportiva in una struttura pubblica o privata? Fig. 62 A che livello pratichi attività sportiva?

36,31%

42,07%

8,79%

10,82%

2,00%

Per rimanere in forma Mi piace Per conoscere gente Per competizione Altro

32,94%

8,32%26,25%

32,49%

Na Nd Privata Pubblica

21,54%

38,12%

32,94%

7,40%

Agonistico Amatoriale Na Nd

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Fig. 63 Conosci il CUS dei Laghi o qualche sua iniziativa? Fig. 64 Sapevi che è un’opportunità aperta a tutti i giovani non solo agli universitari

Fig. 65 Ti piacerebbe praticare attività sportiva organizzata dalle strutture universitarie?

3,59%

75,55%

20,87%

Nd NO Sì

4,00%

85,24%

10,76%

Nd NO Sì

12,35%

20,73%

28,40%

38,52%

Nd NO Non saprei Sì

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Prime conclusioni

Varese sembra essere una città non particolarmente amata dai suoi

giovani. Una città molto criticata. Una città, tuttavia, dalla quale si esce con fatica, sia per divertimento che per svolgere attività di diverso tipo.

Una città che per i giovani presenta molte lacune, pur avendo buone possibilità e capacità; che però non sa o non vuole metterle in campo, mancandole soprattutto la volontà di farlo (avere le capacità e non usarle significa non avere la volontà di farlo). Una città che sembra indifferente a ciò che le accade attorno, chiusa in se stessa, molto egotista, soprattutto snob. Una società indifferente e di indifferenti. Di assenteisti della cittadinanza.

Varese, una città senza identità, senza personalità, o forse con una identità sbagliata di se stessa, valutando i giudizi che i giovani ne danno. Soprattutto, con lo spirito sbagliato. Atteggiamento collettivo diffuso, che per una città rappresenta un grave problema, soprattutto in tempi in cui l’identità sembra essere un bene di largo consumo, o comunque ad altissima domanda, ma a scarsissima offerta.

E i suoi giovani: che giudicano molto severamente anche se stessi, o meglio: i giovani varesini. Pieni di vizi e con poche virtù.

Giovani che in maggioranza addirittura non si sentono giovani varesini, e non solo per una questione generazionale. Giovani però che preferiscono non impegnarsi o che, se lo fanno, lo fanno in modo poco appariscente, che fa poco tendenza, che fa poco modello virtuoso da imitare. Realtà, questa, che non deve mascherare o ridurre il ruolo della partecipazione, del volontariato e dell’impegno di moltissimi giovani.

Giovani che però (a giudicare dalle risposte al questionario), se sollecitati e invitati a partecipare alla realizzazione di qualcosa che li possa riguardare - come spazi da organizzare direttamente e liberamente - in gran parte si tirano indietro (pur rivendicando con forza spazi liberi dove riunirsi).

Giovani che si sentono poco rappresentati e soprattutto poco ascoltati dalle istituzioni e dalla politica.

Giovani che privilegiano un impegno nello sport. Giovani per i quali l’amicizia è una cosa molto importante, ma che passano anche molto del loro tempo davanti ad un computer.

Giovani che forse non sanno chi sono né cosa vogliono, e che intanto cercano di passare il loro tempo tra bar e pub, assurti a luoghi primari di incontro, di amicizia, di socializzazione. Condizione preoccupante – se

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indicativa del fatto che forse i giovani non trovano di meglio che passare il loro tempo al bar o al pub.

Una generazione liquida anche a Varese, dunque; forse tanto liquida da essersi liquefatta? Avendo tante identità o tanti interessi, in realtà non avendone nessuno? Liquida ma – a differenza di quanto mette Bauman in questo concetto – anche o soprattutto stanziale, legata al territorio e poco mobile, spostandosi al più nelle vicinanze, senza voglia di uscire e di andare lontano in senso fisico ma soprattutto in senso culturale, di stili di vita, di interessi.

Un ulteriore paradosso per una società post-moderna che invece fa (si dice faccia) della mobilità, dell’ubiquità, del multitasking, della velocità, della multiutilità, della connessione sempre e comunque la propria natura.

Varese sembra contraddire in parte questa natura della post-modernità o della modernità liquida, privilegiando stanzialità e chiusura. Vivendo però stanzialità e chiusura non come recupero dell’identità locale (che anzi i giovani contestano fortemente: si riveda la bocciatura della città, il loro non sentirsi varesini, il loro non considerarla una città per i giovani, il loro bocciare gli stessi giovani varesini, pieni di vizi e di difetti), ma come nichilismo low cost (da bar e da pub), come narcisismo da vetrinisti di se stessi (soprattutto i giovanissimi, ancora e Piazza Monte Grappa alla sera), come auto-referenzialità dell’indifferenza (gli indifferenti che producono indifferenza che a sua volta diventa il carattere sociale dominante della città).

Una condizione giovanile incerta anche sul futuro di lavoro, accettando magari un lavoro qualsiasi, ma che sogna anche una maggiore stabilità di lavoro e di vita e insieme un lavoro autonomo, un fare da sé, una propria auto-imprenditorialità. Anche sul tema del lavoro replicandosi quella condizione generale (e tipica della stessa condizione giovanile, oscillante tra autonomia ed eteronomia) per cui si cerca stabilità e stabilizzazione di relazioni (di amicizia, di lavoro dipendente) ma anche una propria autonomia (magari o soprattutto di lavoro).

Giovani edonisti, ma indifferenti. Critici, ma restii a prendere in mano la loro vita di giovani. Con bassi investimenti in consumi culturali (però ne vorrebbero di maggiori), ma molto connessi in Rete.

Un autentico mosaico: così appare la condizione giovanile a Varese dopo questi primi tentativi di interpretazione. Giovani con poche certezze, molta indifferenza e molti dubbi, forse anche esistenziali. Edonisti nel disimpegno, arrabbiati nella critica alla città ma appunto senza alzare la voce (ma la rabbia è anche un fenomeno carsico, potrebbe tornare alla superficie in modalità più forti).

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Soprattutto – come detto - poco propensi a cambiare le cose, impegnandosi a farlo in prima persona, convinti di poterlo fare. Perché due sarebbero, secondo Bauman, le condizioni che permetterebbero la nascita di una voglia di progettualità, se non di utopia: la prima, è la considerazione critica sul mondo in cui si vive (le cose non vanno come dovrebbero andare), e questa condizione sembra ben presente tra i giovani, largamente maggioritaria; mentre sembra che ancora non si sia attivato il secondo elemento, sempre secondo Bauman, la consapevolezza di potercela fare a cambiare questo mondo che non piace. E a cambiare se stessi, soprattutto, premessa ulteriore ma necessaria perché le cose possano cambiare davvero. La condizione giovanile a Varese sembra un girare su se stessi (stanzialità, divertimento low cost, rancore contro la città).

Anche la condizione economica influisce sui comportamenti dei giovani? Ecco allora un dato che ancora non è stato preso in considerazione, ma che può essere utile, in queste prime conclusioni: il dato che riguarda la valutazione, da parte dei giovani, delle proprie condizioni di reddito disponibile. Una delle domande del questionario chiedeva infatti: credi che le tue disponibilità economiche siano adeguate rispetto a quello che ti piace/piacerebbe fare?

Queste le risposte (Fig. 66): 50,3% di sì (percentuale alta), ma anche un 38% di no (percentuale altrettanto alta). Ma perché sono state valutate non adeguate? Reddito o disponibilità economiche effettivamente basse? O percepite come basse rispetto alle aspettative? E quali aspettative (ciò che piace o che piacerebbe fare)?

I giovani del campione sono mediamente benestanti (50%), segno che la città è comunque ricca (e per questi giovani, ciò che si ha è sufficiente per fare ciò che piace o ciò che piacerebbe fare); ma resta un 38% di risposte negative, difficili da attribuire ad una effettiva povertà/difficoltà o solo ad una percezione di insufficienza da parte dei giovani (e una società del consumo e dello spettacolo è comunque costosa).

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Fig. 66 Credi che le tue disponibilità economiche siano adeguate rispetto a quello che vorresti fare? Ma questa è appunto una prima foto di gruppo. Una foto, una

descrizione con qualche contraddizione, con qualche errore forse di esposizione, con molte dettagli rimasti sfocati. La foto di un grande e articolato universo giovanile.

E’ allora giunto il momento di passare dalla foto di gruppo ad una serie di primi piani, per vedere se, all’interno di questo grande universo, esistono differenze per genere, per livelli di istruzione, per età, per luoghi di somministrazione e per distretti di residenza2.

2 La costruzione dei diversi distretti di Comuni all’interno dei quali sono stati

compresi i Comuni di residenza dei giovani, è data dalla composizione dei distretti socio-sanitari esistenti in provincia.

11,74%

37,93%

50,34%

Nd NO Sì

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5. Dalla foto di gruppo ai primi piani Un voto a Varese

Come visto, il voto dei giovani alla città è fortemente negativo o comunque critico. Ma come hanno votato i giovani varesini? Come si sono differenziati – iniziando per età - nel loro dare un voto alla città (Fig. 67)? Il voto più basso (2) cresce al crescere dell’età: se questo voto è attribuito alla città dai giovani tra i 16 e i 19 anni nella misura dell’11%, la percentuale sale (quasi raddoppia) per chi ha tra i 26 e i 30 anni. Anche l’altro voto di insufficienza (5) aumenta al crescere dell’età (+ 10 punti percentuali). E il voto di sufficienza (6) diminuisce, di circa 10 punti percentuali: più alto per i giovani 16-19 anni, più basso verso i trent’anni. Analogamente per il voto 7.

La consapevolezza delle insufficienze di Varese aumenta dunque con l’età. Facendo maggiormente i conti con il principio di realtà, Varese appare ai giovani con deficit crescenti e con problemi crescenti. La consapevolezza data dall’età maggiore porta a peggiorare il voto dato alla città. Mentre i più giovani sono portati ad aumentare i voti positivi. Varese città per giovani-giovani?

Fig. 67 Dai un voto a Varese ed età

0,67% 0,88% 0,81%11,15% 12,15%

19,11%

39,83%45,32%

48,37%

25,95%

26,46%15,85%

16,24%11,43% 10,98%

4,11% 2,24% 2,44%

2,06% 1,52% 2,44%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Nd

8, è portata per la materia

7, ha studiato e ci ha messo del suo

6, sufficiente

5, ha le capacità ma non si applica abbastanza2, scena muta

10, non c’è posto migliore per un giovane

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Se dalla divisione per età si passa a quella per sesso, i dati (Fig. 68) evidenziano questa realtà: le femmine sembrano essere meno critiche rispetto ai maschi.

Il voto 2 è minore per le femmine (9,9% rispetto alla media generale dell’intero campione dell’11,8), mentre è maggiore per i maschi (14,3%). Il voto 5 non ha grandi differenze di genere, mentre il voto 6 vede ancora le femmine in numero maggiore rispetto ai maschi (27,4 contro 23,4%).

Fig. 68 Dai un voto a Varese e sesso

Il campione a cui è stato somministrato il questionario, come detto, non era solo di giovani abitanti della città. Componendo a questo punto il voto alla città per distretti di provenienza (le aree urbane di provenienza, determinate sulla base di specifiche classificazioni), è ora possibile valutare come Varese viene valutata dai suoi giovani e dai giovani della provincia (Grafico 16).

Anche in questo caso emergono dati particolarmente interessanti. Per cui sarebbero i giovani dell’area di Busto Arsizio a dare un peso maggiore al voto di sufficienza per la città di Varese (quindi a giudicarla meglio), dato confermato dal fatto che sono sempre i giovani di Busto quelli che danno in minor numero (2,6%) un voto di 2, seguiti da quelli di Saronno (4,1%), dove alto è anche il giudizio di sufficienza; mentre il maggior numero di voti assolutamente negativi (a parte l’area ‘altro’) proviene dai

0,65% 0,87%9,90% 14,37%

42,73%41,91%

27,47% 23,42%

14,60% 13,37%

3,24% 3,44%

1,41% 2,62%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Nd

8, è portata per la materia

7, ha studiato e ci ha messo del suo

6, sufficiente

5, ha le capacità ma non si applica abbastanza2, scena muta

10, non c’è posto migliore per un giovane

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giovani della stessa Varese (13,6%) e dei distretti più vicini, come Azzate e Arcisate (attorno al 12%). Anche il voto 7 è maggiore fuori Varese, arrivando al 24% per i residenti dell’area di Somma Lombardo, e a oltre il 18% di Gallarate e di Busto Arsizio. Ne risulta che Varese è più criticata dai residenti, mentre lo è meno da chi vive fuori Varese, presumibilmente in base ad una valutazione personale di ciò che offre il capoluogo rispetto a ciò che offrono altre aree della provincia.

Interessante anche la scomposizione dei voti (Fig. 69) dati a Varese, sulla base delle condizioni di occupazione. Per chi è disoccupato, il voto 2, ovvero Varese fa scena muta, si impenna al 30,1%. Per chi lavora, il voto 5 supera addirittura la maggioranza: 51,4%. Per disoccupati e lavoratori, crolla il voto di sufficienza (da una media generale del 25% al 7,9% per i disoccupati e al 18,3% per i lavoratori). Dunque il voto dato a Varese peggiora nettamente per chi lavora e per chi è disoccupato. Per i disoccupati, la valutazione negativa è quasi fisiologica, mentre per i lavoratori evidenzia una distanza tra loro e la città, nel senso che anche chi lavora valuta la città non a propria misura.

Fig. 69 Dai un voto a Varese e occupazione Nella Fig. 70, la lettura dei dati relativi alla scomposizione dei voti su

Varese in base ai livelli di istruzione.

3,17% 0,59% 0,84%

30,16%

17,75%10,85% 15,87%

44,44%

51,48%

41,41%

46,11%

7,94%18,34%

26,66%

22,75%

7,94%9,47%

14,58%11,68%

1,59%0,59% 3,58% 2,40%

4,76% 1,78% 2,07% 1,20%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

Nd

8, è portata per la materia

7, ha studiato e ci ha messo del suo

6, sufficiente

5, ha le capacità ma non si applica abbastanza2, scena muta

10, non c’è posto migliore per un giovane

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Il voto molto negativo (2) cresce al crescere del livello di istruzione (università in particolare, ovvero maggiori conoscenze, come una età maggiore, portano ad una consapevolezza maggiore e anche migliore – più articolata - della realtà). Lo stesso per quanto riguarda il voto 5, per chi possiede un livello di istruzione superiore o universitaria, ben oltre il 41,4% generale.

Analogamente, la decrescita percentuale del voto 7 al crescere del livello di istruzione.

Fig. 70 Dai un voto a Varese e livello di istruzione

Varese, una città per i giovani?

Secondo blocco di incroci. Questa volta relativamente alla domanda: Varese è una città per i giovani?

Sulla base delle distinzioni per fasce di età, il dato più eclatante (Fig. 71) sembra essere quello delle risposte positive (sì, Varese è una città per i giovani). Rispetto ad una media generale del 23,3%, tra i giovani di età tra i 16 e i 19 anni la percentuale sale al 29,1%, mentre scende al 17% per quelli di fascia 20-25 anni, e scende ancora, al 14,2%, per quelli tra i 26 e i 30 anni. Stesso meccanismo valutativo per il giudizio negativo (no, Varese non è una

0,79% 0,70% 0,52%11,66% 10,71%

19,07%

39,98% 44,61%

46,91%

26,39%26,05%

20,10%

15,06% 13,10%9,28%

3,85% 2,59% 2,58%2,27% 2,24% 1,55%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

Nd

8, è portata per la materia

7, ha studiato e ci ha messo del suo

6, sufficiente

5, ha le capacità ma non si applica abbastanza2, scena muta

10, non c’è posto migliore per un giovane

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città per i giovani): rispetto ad una media complessiva del 44,5%, i no salgono al 60% per i giovani 26-30 anni, ma superano il 51% anche per quelli tra i 20 e i 25 anni.

Varese sembra essere dunque (ma in termini molto relativi) più a misura dei giovanissimi (anche se per meno di uno su tre) che dei giovani (e comunque, anche tra i giovanissimi i no sono al 39%); se si vuole, Varese è un po’ più a misura dei giovani-giovani che dei giovani-adulti e ancor meno per gli adulti-giovani. Molto alta, invece, come già visto, la quota di chi risponde non saprei, maggiore per i giovanissimi (uno su tre) e meno per gli over 26 anni (uno su quattro).

Fig. 71 Varese è una città per giovani ed età Nella distinzione di genere non vi sono scostamenti particolari, a parte

i non saprei, maggiori per le femmine; e i no, ancora maggiori per i maschi (Fig. 72).

2,21% 1,92% 1,22%

39,05%51,64%

60,16%

29,55%

29,42%24,39%

29,19%17,03% 14,23%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Non saprei

NO

Nd

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Fig. 72 Varese è una città per giovani e sesso La distinzione – sempre relativamente alla domanda: Varese è una città

per i giovani - secondo l’occupazione offre ulteriori spunti di riflessione (Fig. 73). Evidenziando, in particolare, come per disoccupati, lavoratori e lavoratori-studenti il segno negativo sia oltre il 50% delle risposte. Mentre quello positivo aumenta, per chi dichiara di essere solo studente, al 25%. Sempre alta la quota di non saprei, a seconda delle forme di occupazione.

Fig. 73 Varese è una città per giovani ed occupazione

1,84% 2,37%

42,78% 47,28%

31,75% 26,36%

23,63% 23,99%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Non saprei

NO

Nd

1,59% 2,37% 1,93% 2,10%

53,97% 57,99%

43,20%53,29%

23,81%28,99%

29,68%

27,25%

20,63%10,65%

25,18%17,37%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente - Lavoratore

Non saprei

NO

Nd

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Fig. 74 Varese è una città per giovani e livello di istruzione

Nella suddivisione per livelli di istruzione (Fig. 74), si conferma quanto visto in precedenza: al crescere del livello cresce il giudizio negativo sull’essere o meno Varese una città per i giovani. E conseguentemente si riduce il peso del giudizio positivo, arrivando fino al bassissimo 11% degli universitari.

Relativamente invece alla distinzione per distretti di provenienza degli intervistati (Grafico 17, in allegato), Varese viene valutata positivamente come città per i giovani soprattutto (e nuovamente) dagli appartenenti delle aree di Busto e di Saronno, con variazioni comprese tra il 21,3% di sì a Varese al 34% di Tradate; mentre si conferma il giudizio negativo dei varesini sulla loro città. Molto elevate – pur con differenze molto significative tra i diversi distretti, dal 25,6 al 45,24% - le risposte non saprei e soprattutto quelle negative (dal 26,1% di no dell’area di Somma, al 51,1%, appunto, di Varese).

Ti senti un giovane varesino?

Anche l’articolazione delle risposte per sesso, età, occupazione, distretto e titolo di studio evidenzia e conferma come il non sentirsi un giovane varesino sia l’atteggiamento largamente prevalente e nuovamente crescente al crescere dell’età e del livello di istruzione.

2,43% 1,96%

39,64%49,02%

64,58%

28,20%

31,72%

23,96%

29,73%

17,44%11,46%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

Non saprei

NO

Nd

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100

Fig. 75 Ti senti un giovane varesino ed età

Fig. 76 Ti senti un giovane varesino e sesso

3,75% 2,08% 3,25%

65,62%78,98% 81,71%

30,63%18,94% 15,04%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

NO

Nd

3,08% 3,25%

73,34% 69,52%

23,58% 27,23%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

NO

Nd

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Fig. 77 Ti senti un giovane varesino ed occupazione

Fig. 78 Ti senti un giovane varesino e livello d’istruzione

4,76% 2,96% 3,13% 3,29%

74,60% 81,66%70,28%

78,74%

20,63%15,38%

26,59%17,96%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente - Lavoratore

NO

Nd

4,25% 2,10% 1,04%

64,84%78,50%

86,98%

30,92%19,40%

13,02%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferioreScuola media superiore Università

NO

Nd

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Relativamente al livello di istruzione (Fig. 78), il dato sicuramente più forte ed evidente è ancora quello per cui minore è il livello di conoscenza, maggiore è il sentirsi un giovane varesino, al 31% per chi ha il titolo di terza media. Mentre i no salgono all’87% degli universitari.

Nell’ultimo caso preso in considerazione, ovvero nella distinzione per distretti di provenienza (Grafico 18), appare evidente come per molti di coloro che ritenevano Varese una città per i giovani, alla domanda: ti senti un giovane varesino le risposte negative oscillino tra un 64% di Varese al 91,6% di Saronno.

Radiografia del campione. I luoghi di somministrazione

Se nella prima parte di questo Report era stata effettuata una prima radiografia del campione preso nel suo complesso, di seguito viene approfondita l’analisi scendendo nel dettaglio anche della sua composizione, avendo scelto come discriminante il luogo di somministrazione, a sua volta suddiviso per età, sesso, eccetera.

Partendo dalla distinzione per età, la maggiore diversità è legata ovviamente alle vie del centro e alle Facoltà dell’Università degli Studi dell’Insubria. Per gli altri luoghi di somministrazione, in base alla loro specificità, la varietà per età tende necessariamente ad annullarsi (Grafici da 19 a 22).

Divertimento. Dove, come e con chi?

Proseguendo nell’analisi di dettaglio dei dati raccolti, di seguito le specifiche relative al divertimento.

Il primo istogramma (Fig. 79) riguarda il dove i giovani vanno a divertirsi, sulla base delle diverse fasce di età. In questo modo si intendeva verificare se vi fossero differenze di comportamemto, in parte prevedibili, altre no, tra i giovani. Dalla scomposizione risulta allora come i giovani nella fascia di età fino a 19 anni restino a divertirsi prevalentemente nella città (come confermato anche rispetto al livello di istruzione), nel 40,6% dei casi, ma che si spostino ugualmente all’interno della provincia (36,7%) per una quota quasi equivalente. La quota di chi resta in città scende poi bruscamente nella fascia tra i 20 e i 25 anni, mentre sale quella di chi si sposta fuori città, ma all’interno della provincia (41,8%). Nella fascia 26-30 anni aumenta nuovamente la quota di giovani che resta in città per divertirsi, si riduce la quota sulla provincia di Varese, mentre aumenta quella relativa a Milano e provincia.

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Pur evidenziandosi differenze di comportamenti ludici, resta il dato di fondo per cui, per divertirsi, i giovani si spostano, ma relativamente poco.

Fig. 79 Dove vai a divertirti ed età Quanto invece alle distinzioni per sesso, non si evidenziano particolari

differenze tra maschi e femmine quanto al dove andare a divertirsi (Fig. 80). Analogamente, le poche differenze legate all’occupazione (Fig. 81), se

non per i disoccupati che sembrano privilegiare Milano e provincia o altri luoghi.

Fig. 80 Dove vai a divertirti e sesso

40,66%26,52% 31,56%

36,71%

41,80% 33,52%

12,59%19,38% 21,79%

10,04% 12,31% 13,13%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Altro

Milano e Provincia

Provincia di Varese

Varese

34,48% 35,01%

40,01% 36,64%

15,04% 16,60%

10,47% 11,75%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Altro

Milano e Provincia

Provincia di Varese

Varese

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Fig. 81 Dove vai a divertirti ed occupazione

Fig. 82 Dove vai a divertirti e livello di istruzione La tendenza a privilegiare Varese e la provincia si evidenzia anche

con l’ultimo istogramma relativo a dove si va a divertirsi, ma sulla base

25,97%32,78% 36,10%

24,78%

27,27%

39,00%38,33%

40,09%

27,27%

19,92% 14,80%

20,69%

19,48%8,30% 10,77% 14,44%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

Altro

Milano e Provincia

Provincia di Varese

Varese

41,19%

26,57%32,08%

35,75%

41,88%41,64%

12,96%18,82%

18,77%

10,10% 12,74%7,51%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore

Università

Altro

Milano e Provincia

Provincia di Varese

Varese

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delle indicazioni espresse dai giovani delle diverse aree distrettuali (Grafico 23).

Edonismo e tempo libero. Come passare il tempo? Come i giovani trascorrono il tempo libero è stato valutato nella

prima parte del Report. Si tratta ora di analizzare i comportamenti sulla base delle distinzioni già utilizzate e dei relativi incroci.

Partendo dalla distinzione per fasce di età (Grafico 24, in allegato) ciò che appare è una sostanziale omogeneità di comportamenti e di attività. Anche se alcune variazioni sono significative: aumentano i viaggi al crescere dell’età (il tempo dedicato raddoppia, tra i giovani 16-19 e quelli 26-30 anni), mentre – sempre al crescere dell’età - diminuisce il tempo trascorso con gli amici e quello dedicato alla musica ed aumenta il tempo libero passato nella lettura di libri e di riviste, oppure dedicato all’arte e alla cultura o al volontariato e all’attività politica (si tratta comunque di percentuali ridotte).

Nella distinzione per sesso, invece (Grafico 25), si evidenziano comportamenti assai differenti, per cui le femmine – rispetto ai maschi - usano meno il computer, frequentano di più cinema e teatri, fanno molto più shopping dei maschi e molto meno sport, ma viaggiano di più. Frequentano meno gli amici. Leggono di più, mentre sono meno interessate alla musica.

Ovvero, le femmine mantengono differenti atteggiamenti e interessi diversi rispetto ai maschi, molto più interessati allo sport, alla musica e agli amici.

Minori differenze (Grafico 26) sembrano evidenziarsi nella suddivisione in base all’occupazione, se non – in particolare – per lo shopping dei disoccupati e per lo stare con gli amici, il cui tempo nuovamente diminuisce quando si comincia ad entrare, a qualunque titolo, nel mondo del lavoro.

Infine la distinzione per livello di istruzione (Grafico 27) e per distretto (Grafico 28).

Tempo libero. Con chi?

Ancora una specificazione, mediante un nuovo incrocio dei dati. Con chi si passa normalmente il proprio tempo libero? Nella prima parte si erano evidenziate alcune particolarità.

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106

Qui si comincia l’analisi in dettaglio partendo ancora dall’incrocio con l’età (Fig. 83).

Si evidenziano comportamenti sostanzialmente omogenei, pur mettendo in chiaro come il tempo passato con gli amici – questa domanda era più netta rispetto alla precedente - diminuisca con l’età (dal 63% al 55%), mentre cresca quello passato con il/la partner (dal 25 al 30% delle risposte).

Sostanziale omogeneità si riscontra anche incrociando i dati con il sesso (Fig. 84). E con le diverse occupazioni (Fig. 85) degli intervistati, anche se studenti e studenti-lavoratori sembrano avere più tempo per le amicizie.

Fig. 83 Con chi trascorri il tuo tempo libero ed età

63,27% 59,10% 55,19%

6,63%8,30%

8,44%

25,32% 26,77% 30,19%

4,78% 5,82% 6,17%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Da solo

Con la mia ragazza/oCon famiglia

Con amici

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Fig. 84 Con chi trascorri il tuo tempo libero e sesso

Fig. 85 Con chi trascorri il tuo tempo libero ed occupazione

Diverso il caso relativamente all’incrocio con i dati dei diversi livelli di

istruzione (Fig. 86). Per la voce Università, ad esempio, il tempo passato con

60,63% 61,16%

7,77% 7,04%

27,18% 25,39%

4,42% 6,41%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Da solo

Con la mia ragazza/oCon famiglia

Con amici

53,09% 53,18%61,96% 58,90%

6,17% 10,45%

7,30%7,27%

32,10%31,82% 25,75%

26,32%

8,64% 4,55% 4,99% 7,52%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

Da solo

Con la mia ragazza/oCon famiglia

Con amici

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gli amici diminuisce di dieci punti rispetto a chi ha un titolo di licenza media. Per il resto, salvo l’aumento del tempo passato da soli, ancora comportamenti sostanzialmente omogenei tra i diversi livelli di istruzione.

Fig. 86 Con chi trascorri il tuo tempo libero e livello d’istruzione Lo stesso discorso vale per i diversi distretti territoriali di

provenienza (Grafico 29), con una sostanziale omogeneità di comportamenti e di meccanismi di socializzazione, con l’eccezioni, ancora, di Busto e di Saronno.

Le associazioni formali

L’incrocio dei dati del questionario è utile anche per una valutazione, ancora descrittiva però maggiormente qualitativa della partecipazione dei giovani al mondo associativo.

Come per la prima parte del Report, si inizia con le associazioni di carattere formale.

E subito si evidenzia l’assenza di differenze significative tra le diverse fasce di età prese in esame (Fig. 87). Ovvero, la partecipazione ad un mondo associativo formale non cambia di molto al crescere dell’età.

Segue l’incrocio (Fig. 88) con i dati relativi al sesso. Qui le differenze emergono invece con evidenza: l’associazionismo (si tenga presente che in

62,84% 60,06%52,83%

6,65% 7,86%9,06%

25,78% 26,61%29,06%

4,72% 5,48% 9,06%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore

Università

Da solo

Con la mia ragazza/oCon famiglia

Con amici

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massima parte è di carattere sportivo) è maggiore per i maschi che per le femmine.

Quanto invece alle diverse occupazioni, la partecipazione ad una o a più associazioni di carattere formale tende a crescere al passaggio dalla condizione di lavoratore o disoccupato a quella di studente e di studente-lavoratore (Fig. 89).

Fig. 87 Associazione formale ed età

Fig. 88 Associazione formale e sesso

7,09% 5,68% 5,69%

49,49% 48,84% 52,44%

43,42% 45,48% 41,87%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

NO

Nd

7,14% 5,93%

55,60%

42,22%

37,26%

51,84%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

NO

Nd

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110

Fig. 89 Associazione formale ed occupazione L’associazionismo formale tende poi a non cambiare al mutare dei

diversi livelli di istruzione raggiunti (Fig. 90). Segno che è un modo di vita sostanzialmente stabile nel tempo. E a non presentare variazioni di rilievo se l’incrocio dei dati viene effettuato con le appartenenze di distretto (Grafico 30).

Fig. 90 Associazione formale e livello d’istruzione

7,94% 6,51% 6,53% 5,99%

58,73% 59,17%50,02%

37,13%

33,33% 34,32%43,45%

56,89%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

NO

Nd

7,93% 4,76% 4,69%

48,64%49,16% 55,21%

43,43% 46,08% 41,15%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferioreScuola media superiore Università

NO

Nd

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Le associazioni informali

La realtà cambia, e cambia in modo significativo, se dalle associazioni formali si passa a quelle informali (pur con tutta l’ambiguità del termine informale, già ricordata nella prima parte, ‘Foto di gruppo’, di questo Report).

Fig. 91 Associazione informale ed età

Partendo dall’incrocio con i dati relativi all’età di adesione ad una

associazione informale, il risultato è quello (prevedibile) di un’età bassa e di una adesione che tende a diminuire al crescere dell’età stessa (Fig. 91). Il 57% dei giovani di età tra i 16 e i 19 anni dichiara di far parte di una di queste associazioni, percentuale che scende al 28% (quasi venti punti in meno) per gli over 26 anni. Segno che questo tipo di associazionismo è appunto tipico dell’età adolescenziale, mentre perde di importanza in seguito.

Non sembrano esserci invece particolari differenze (Fig. 92) per quanto riguarda il sesso, pur evidenziandosi una maggiore attrattività di questo tipo di associazionismo informale per i maschi.

Relativamente invece (Fig. 93) ai livelli di occupazione, appare evidente come questo associazionismo sia legato al mondo studentesco, perdendo di importanza al momento in cui si entra nel mondo del lavoro (a parte, il dato dei disoccupati).

7,09% 5,68% 5,69%

36,33%50,52%

65,85%

56,58%

43,80%

28,46%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

NO

Nd

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Fig. 92 Associazione informale e sesso

Fig. 93 Associazione informale ed occupazione L’ultimo dato è confermato dall’incrocio con i livelli di istruzione

(Fig. 94). Questo tipo di associazionismo perde di importanza anche al

7,14% 5,93%

46,24%40,47%

46,62%53,59%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

NO

Nd

7,94% 6,51% 6,53% 5,99%

46,03%

65,68%

40,92%52,69%

46,03%

27,81%

52,55%41,32%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

NO

Nd

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crescere del livello culturale, confermandosi come una modalità specifica delle fasce basse di età e di istruzione (dal 57% delle scuole medie inferiori a meno del 30% delle università).

Fig. 94 Associazione informale e livello d’istruzione Non sembrano esserci invece differenze di adesione se si prende in

esame l’intero territorio della provincia e i differenti distretti di appartenenza degli intervistati (Grafico 31), con l’eccezione di Gallarate.

Segno che il fenomeno è diffuso e ben presente, coinvolgendo in modo omogeneo territori per altri aspetti maggiormente diversi e differenti tra loro.

I giovani. Rappresentati o dimenticati?

A Varese i giovani sono ben rappresentati nelle e dalle istituzioni? Nella parte generale emergeva una forte distanza tra giovani e istituzioni/politica. Anche nella suddivisione e nell’incrocio dei dati, il quadro trova la sua conferma.

Le risposte, come si evidenzia e si conferma dagli istogrammi che seguono, per ciascuno dei diversi incroci, mettono infatti nuovamente in evidenza un no deciso e chiaro.

7,93% 4,76% 4,69%

34,60%51,19%

66,67%

57,47%

44,05%

29,69%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

NO

Nd

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Senza differenze per sesso, età, occupazione, distretti di provenienza (con l’eccezione di Somma L.) e livelli di istruzione (Figg. 95, 96, 97, 98 e Grafico 32).

Fig. 95 Credi che a Varese i giovani siano sufficientemente rappresentati a livello politico/istituzionale ed età

Fig. 96 Credi che a Varese i giovani siano sufficientemente rappresentati a livello politico/istituzionale e sesso

4,32% 5,68% 6,10%

75,69% 76,02% 76,02%

19,99% 18,31% 17,89%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

SìNONd

4,71% 5,37%

76,15% 75,08%

19,15% 19,55%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

NO

Nd

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Fig. 97 Credi che a Varese i giovani siano sufficientemente rappresentati a livello politico/istituzionale ed occupazione

Fig. 98 Credi che a Varese i giovani siano sufficientemente rappresentati a livello politico/istituzionale e livello d’istruzione

9,52% 6,51% 4,85% 5,99%

76,19% 78,11%75,59% 75,75%

14,29% 15,38% 19,56% 18,26%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

NO

Nd

4,42% 6,71% 3,65%

76,61% 73,85% 79,69%

18,97% 19,44% 16,67%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferioreScuola media superiore Università

NO

Nd

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Ne esce un quadro complessivo che sostanzialmente non muta. I

giovani non si sentono rappresentati a livello istituzionale e politico. Con una chiarezza che non lascia adito a dubbi. Una condizione (negativa) che attraversa le diverse età, i sessi, le forme di occupazione, le diverse parti del territorio e i livelli di istruzione.

Responsabilità e partecipazione? Forse

Elemento legato al precedente è ovviamente quello della responsabilizzazione dei giovani e soprattutto alla loro valutazione sul fatto che a Varese vi sia spazio per delle iniziative organizzate direttamente da loro. Dunque, in senso ampio, se esiste la volontà di farsi coinvolgere direttamente e attivamente e di promuovere iniziative che abbiano a che fare con il loro mondo giovanile.

Per le risposte di carattere generale si rinvia ancora alla prima parte del Report. Qui si analizzeranno in dettaglio i comportamenti e gli atteggiamenti, secondo l’incrocio di dati già considerato.

Partendo dall’età, gli atteggiamenti (Fig. 99) sono assai simili. A fronte di un terzo dei giovani che risponde di no nelle diverse fasce di età (atteggiamento che dunque non muta nel tempo), rilevante è sempre la quota di risposte non saprei, anche in questo caso trasversali nelle diverse fasce e oscillanti tra un 36 e un 41%. Mentre si spostano tra il 22% e il 28% i sì. Analogo atteggiamento di omogeneità nelle distinzioni per sesso (Fig. 100), per distretti di provenienza (Grafico 33), per occupazione (Fig. 101) e per livello di istruzione (Fig. 102). Un giovane su quattro invece, percentuale come detto assai significativa, dà una risposta positiva.

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Fig. 99 Pensi che a Varese ci sia spazio per delle iniziative organizzate direttamente dai ragazzi ed età

Fig. 100 Pensi che a Varese ci sia spazio per delle iniziative organizzate direttamente dai ragazzi e sesso

2,57% 2,16% 2,44%

33,04% 29,98% 30,08%

36,79% 46,36% 41,06%

27,60%21,50% 26,42%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Non saprei

NO

Nd

2,11% 2,75%

29,91% 33,54%

44,13% 36,54%

23,85% 27,17%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Non saprei

NO

Nd

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Fig. 101 Pensi che a Varese ci sia spazio per delle iniziative organizzate direttamente dai ragazzi ed occupazione

Fig. 102 Pensi che a Varese ci sia spazio per delle iniziative organizzate direttamente dai ragazzi e livello di istruzione

4,76% 2,37% 2,42% 2,40%

34,92%31,36% 31,30% 34,43%

41,27%41,42% 40,53%

39,82%

19,05%24,85% 25,75% 23,35%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

Non saprei

NO

Nd

2,83% 3,01%

33,52% 29,20%29,38%

35,56% 46,36%44,33%

28,09%21,43% 26,29%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferioreScuola media superiore Università

Non sapreiNO

Nd

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Cosa e quanto offre Varese. E’ sufficiente? Poco rappresentati dalle/nelle istituzioni; incerti o poco propensi ad

impegnarsi direttamente. Eppure, buone ragioni per fare, per agire, per costruire vi sarebbero. Alla domanda complessiva: ciò che offre Varese è sufficiente? - e come visto nella parte generale - le risposte sono fortemente negative e critiche.

A seguire, dunque, ancora un incrocio con i dati su età, sesso, occupazione, distretto di provenienza e livello di istruzione.

Per valutare se questo giudizio negativo conosce variazioni e oscillazioni utili per una migliore conoscenza di questa forte problematicità.

Il primo dato mette in luce come questo giudizio di insufficienza aumenti ancora una volta all’aumentare dell’età di chi risponde (Fig. 103). Mutando con l’età e soprattutto facendosi più complessi i bisogni, i desideri e gli interessi dei giovani, la città appare sempre più come del tutto insufficiente nella sua offerta. Nel suo essere città. Giudizio comune ai due sessi (Fig. 104).

Fig. 103 Ciò che ti offre Varese è sufficiente ed età

9,61% 9,91% 6,10%

59,76%66,59% 73,17%

30,63%23,50% 20,73%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

NO

Nd

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Fig. 104 Ciò che ti offre Varese è sufficiente e sesso

Qualche variazione significativa relativamente all’occupazione (Fig. 105) dichiarata dagli intervistati. Per quanto i giudizi negativi siano tra il 60 e l’80%, tra gli studenti sale il numero dei sì (sì, è sufficiente), fino a coinvolgere quasi uno studente su tre.

Fig. 105 Ciò che ti offre Varese è sufficiente ed occupazione

9,84% 9,06%

63,44% 62,71%

26,72% 28,23%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

NO

Nd

9,52% 10,65% 9,48% 8,68%

80,95% 73,96%

61,08%73,35%

9,52%15,38%

29,43%17,96%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente -Lavoratore

NO

Nd

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Giudizio di insufficienza che ovviamente, e ancora una volta, cresce al crescere anche del livello di istruzione (Fig. 106). Stabile la valutazione in base al distretto (Grafico 34), con alcune eccezioni.

Fig. 106 Ciò che ti offre Varese è sufficiente e livello d’istruzione

Il ruolo dell’Università dell’Insubria Data questa situazione, quale può essere il contributo dell’Università?

E soprattutto, l’Università dell’Insubria offre iniziative che possono essere importanti per la città? A seguire, sempre nella logica degli incroci, una serie di istogrammi specifici. Il primo (Fig. 107) evidenzia, per età, una risposta largamente positiva, che quasi raddoppia passando dalla fascia 16-19 a quella 26-30; anche se alta è la quota dei non saprei (che tuttavia si riduce fortemente, quasi dimezzandosi, dalla fascia 16-19 a quella 26-30 anni). A seguire, per sesso e occupazione.

10,14% 9,45% 6,25%

60,82% 64,01%79,17%

29,05% 26,54%15,63%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

NO

Nd

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122

Fig. 107 L’Università dell’Insubria offre iniziative che possono essere considerate importanti per la città ed età

Fig. 108 L’Università dell’Insubria offre iniziative che possono essere considerate importanti per la città e sesso

5,60% 2,16% 3,66%

17,27%12,95% 13,41%

48,66%

25,66% 24,80%

28,47%

59,23% 58,13%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Non saprei

NO

Nd

3,89% 4,68%

15,31% 15,43%

41,21% 35,54%

39,59% 44,35%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Non saprei

NO

Nd

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123

Più articolata la risposta dei distretti (Grafico 35). Con la conferma per cui Saronno, Busto e Castellanza sono più positive di Varese. A seguire l’incrocio con l’occupazione (Fig. 109) e con livelli di istruzione. Maggiore è, meglio si conosce l’Insubria, più positiva è il giudizio (Fig. 110).

Fig.109 L’Università dell’Insubria offre iniziative che possono essere considerate importanti per la città ed occupazione

Fig. 110 L’Università dell’Insubria offre iniziative che possono essere considerate

importanti per la città e livello d’istruzione

9,52%

42,04%

4,14% 3,89%

23,81%

13,38%

15,28% 13,77%

33,33%

22,93%

41,03%

21,26%

33,33%21,66%

39,55%

61,08%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente - Lavoratore

Non saprei

NO

Nd

6,29% 2,03% 2,06%

16,59%13,94%

7,73%

50,68%

26,96%

19,59%

26,44%

57,07%70,62%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferioreScuola media superiore Università

Non saprei

NO

Nd

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124

Ma quali delle iniziative già realizzate o comunque collegate all’Università dell’Insubria sono conosciute? In realtà, al di là di chi non ne conosce nessuna, in ordine vengono le Insubriadi, i seminari, le feste universitarie, le iniziative sportive e infine i concerti (Fig. 111).

Fig. 111 Quali iniziative dell’Università dell’Insubria conosci? La conoscenza? Speriamo che sia femmina! Quanti giovani pensano di andare all’università, completati gli studi

superiori? Era una domanda che voleva valutare l’attenzione che i giovani pongono al tema dell’investimento in conoscenza, dell’istruzione di livello alto. Valutare quanti pensavano di investire sul proprio futuro, puntando sulla conoscenza, sulla ricerca e sul lavoro immateriale, sui contenuti.

Questi i risultati offerti dagli incroci ottenuti. In primo luogo, rispetto all’età, dove è evidente che la fascia

maggiormente interessata (Fig. 112) è quella tra 16 e 19 anni, l’unica da prendere quindi in considerazione, le altre avendo anagraficamente già comunque risolto il problema. Il 44% dichiara che frequenterà l’università, il 17% non ha ancora deciso, mentre dà risposta negativa il 16,5% dei ragazzi.

Moltissime tuttavia le risposte incerte o le non risposte. Comunque, circa la metà del campione aveva già deciso per gli studi

universitari.

34,42%

17,76%8,16%

13,66%

11,83%

13,57%

0,60%

Nessuna Insubriadi ConcertiSeminari Iniziative sportive-CUS Feste universitarieAltro

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125

Fig. 112 Se frequenti la scuola superiore, andrai all’università ed età A seguire gli incroci (Fig. 113) per sesso. Dove si evidenzia una netta

predominanza di femmine intenzionate a proseguire gli studi e questo in misura ben maggiore rispetto ai maschi (30% contro 20,8%).

La conoscenza sembra essere femmina, tendenza confermata anche dalla percentuale di chi aveva già deciso di non proseguire gli studi (12,4% i maschi contro l’8% delle femmine). Molte le risposte incerte e le non risposte.

Fig. 113 Se frequenti la scuola superiore, andrai all’università e sesso

15,06%

90,41% 95,12%

6,94%

2,80%4,47%

16,55%

1,84%

0,41%

17,57%

1,92%

43,88%

3,04%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Non ancora decisoNO

Nd

Na

47,76% 48,34%

4,22% 7,00%8,06%

12,43%9,90%

11,37%

30,07%20,86%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Non ancora deciso

NO

Nd

Na

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126

E quindi, la suddivisione per distretti territoriali di appartenenza (Grafico 36). Prevalenti, ancora, le risposte incerte e le non risposte.

Insubria o non Insubria? Qual è il peso dell’Università dell’Insubria sul territorio e sulla

società? Quanto è scelta dai giovani? Quali tracce ha lasciato sul territorio per essere scelta dagli studenti?

Di seguito un solo incrocio (Fig. 114), quello con le diverse fasce di età. Ovviamente, le risposte cambiano ancora una volta a seconda delle

diverse età. E nella fascia di riferimento principale (16-19 anni, qui l’unica da prendere in considerazione) solo il 7% degli studenti delle superiori dichiara di avere già scelto l’Insubria, mentre le risposte no sono decisamente maggiori (41%). La maggioranza è data tuttavia dalla somma di non sa/non risponde, e proprio per la particolarità della domanda (e quindi delle risposte) non sono stati ritenuti significativi gli incroci relativi al sesso.

Fig. 114 Sceglierai o hai scelto l’insubria ed età

31,71%

92,25% 95,53%20,50%

3,92%4,47%

40,85%

3,12%6,94%

0,72%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

SìNONdNa

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127

Perché scegliere l’Insubria? La domanda chiedeva le ragioni per le quali si sceglierà o si era scelta

l’Università dell’Insubria. Il primo incrocio qui presentato (Fig. 115) riguarda ancora una volta le diverse fasce di età. La ragione della vicinanza a casa prevale nettamente, con una percentuale attorno al 41%.

A seguire l’offerta didattica, con circa il 22% di risposte, offerta evidentemente rispondente agli interessi di una parte significativa degli studenti (ma si rinvia alla parte generale di questo Report e alla domanda sul perché non si era scelta l’Insubria per il proseguimento degli studi).

Terze in classifica, le condizioni economiche. Scelta invece perché consigliata, da circa il 10% di giovani.

Risposte analoghe, negli incroci per sesso. Ultimo incrocio preso in considerazione, quello con le aree territoriali della provincia (Grafico 37). A seguire, invece, gli istogrammi relativi alla domanda perché non si è scelta o non si sceglierà l’Insubria.

Fig. 115 Perché sceglierai o hai scelto l’Insubria ed età

20,95% 22,34% 21,82%

5,00% 2,99% 1,21%4,05% 2,67% 3,03%

5,81%3,18% 5,45%

1,76%0,19%

2,97%

1,46% 1,21%

41,35%44,18% 43,64%

6,35% 11,97% 15,15%

11,76% 11,01% 8,48%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Mi è stata consigliata

Condizione economica

Vicinanza a casa

Capacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitariaIniziative per la città e gli studenti

Rapporto con la città

Servizie erogati e loro qualità

Qualità dell'immagine

Offerta didattica

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128

Fig. 116 Perché sceglierai o hai scelto l’Insubria e sesso

Fig. 117 Perchè non sceglierai/non hai scelto l’Insubria ed età

21,70% 22,10%

2,62% 4,57%2,62%3,65%3,86%4,38%0,58%

0,73%1,97%1,83%

44,79% 41,46%

10,20% 10,78%

11,65% 10,50%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Mi è stata consigliata

Condizione economica

Vicinanza a casa

Capacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitariaIniziative per la città e gli studenti

Rapporto con la città

Servizie erogati e loro qualità

Qualità dell'immagine

Offerta didattica

26,86%

11,27%

24,60%

43,14%

42,11%

12,59%16,67%

15,79%

8,22%

6,86%

15,79%

4,29%2,45% 10,53%3,28%

1,47%5,26%

3,71% 2,45%

12,66% 11,76%10,53%

3,78% 3,92%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Collocazione territoriale disagevole

Me l'hanno sconsigliata

Incapacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitariaIncapacità nell'organizzare inziative per gli studenti e la cittàLimitato rapporto con la città

Servizi limitati

Limitata qualità ed immagine

Offerta didattica limitata

Perché non la conosco/ho poche informazioni

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129

Fig. 118 Perché non sceglierai o non hai scelto l’Insubria e sesso

24,97% 24,08%

29,06%24,93%

10,90% 16,01%

8,17% 7,79%3,29% 5,10%3,18% 2,97%3,52% 3,40%

11,92% 13,46%

4,99%2,27%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Collocazione territoriale disagevole

Me l'hanno sconsigliata

Incapacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitariaIncapacità nell'organizzare inziative per gli studenti e la cittàLimitato rapporto con la città

Servizi limitati

Limitata qualità ed immagine

Offerta didattica limitata

Perché non la conosco/ho poche informazioni

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6. Cinque profili di giovani

Un mosaico di situazioni e di atteggiamenti apparentemente diversi.

Una molteplicità di giovani, di figure giovanili tutte contenute nella stessa città. Ma anche molte uniformità e forse poche differenze reali. Quasi una sorta di standardizzazione della condizione giovanile a Varese. Questa sembra essere la realtà che emerge dai dati fin qui analizzati.

E’ possibile allora, per verificare e controllare la verità di questa condizione, provare ad analizzare alcune tipologie, tra quelle presentate nelle pagine precedenti, e tracciare alcuni ipotetici profili dei giovani. Immaginando per loro la possibilità di trovare degli ideal-tipi, delle figure sociali omogenee e pertanto più facilmente identificabili.

Di seguito si è provato a disegnare alcuni di questi profili, alcune tipologie di giovane. Tipologie astratte, ovviamente, frutto di una scelta preventiva e - come tale - potenzialmente arbitraria (si potevano immaginare altri profili, altre tipologie, altrettanto possibili e legittime), ma comunque ritenute utili a definire ancora di più e possibilmente meglio la condizione dei giovani a Varese.

Sono state dunque scelte le seguenti figure sociali di giovane (Tabella 14): lo sportivo (colui che pratica molta attività sportiva), l’intellettuale (colui che legge molti libri, più di sei all’anno), l’impegnato (nel volontariato e in politica), l’edonista (colui che pensa soprattutto a divertirsi al bar e al pub) e l’amante dei social network (colui che vive soprattutto nella realtà virtuale e di relazioni on-line).

Ciascuna di queste figure sociali immaginarie è stata incrociata con una serie di altri elementi (ovviamente, per ciascuna di esse, ad esclusione di quello di appartenenza), per verificare quali fossero le caratteristiche di vita, di relazione, di partecipazione, di valutazione della città. Per cercare appunto differenze oppure omogeneità. Questi elementi sono stati così definiti: quanto è importante lo sport, quanto tempo si passa al bar/pub, quanto nei social network, quanti libri si leggono e quale voto viene dato alla città, secondo la classificazione vista all’inizio di questo Report.

Di seguito si cercherà dunque di tracciare il profilo di ciascuna di queste figure sociali.

Partendo da quella dello sportivo.

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132

Tab. 14 I tipi di giovani sulla totalità del campione TIPO Frequenza % sul totale degli

intervistati Caratteristica identificativa del questionario

Sportivo 2288 64,09% Pratichi attività sportiva Intellettuale 690 19,33% Libri letti in un anno: 4-6 Social Network

291 8,15% Ore trascorse nei Social Network al giorno: 4-7

Edonista 2307 64,62% Ritrovo con amici: PUB Impegnato 355 9,94% Associazione formale:

Associazione di volontariato Lo sportivo

Chi è lo sportivo? Cosa fa normalmente, oltre a praticare sport o un’attività sportiva o comunque legata all’attività fisica? Come passa il suo tempo, al di fuori della palestra o del campo di gioco/allenamento? Quali valori lo guidano nelle sue scelte? Dove incontra gli amici, quanti libri legge, quante ore in un social network?

Di seguito il primo areogramma, relativo al divertimento e alle relazioni. Quanto è importante il bar/pub? Molto, a giudicare dalla percentuale del 65% che indica appunto nel bar/pub il luogo principale di incontro con gli amici.

Fig. 119 Lo sportivo e il ritrovo con gli amici: il PUB

7,6%

27,4%

65,0%

Nd NO Sì

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133

E quale ruolo hanno gli interessi culturali, per il varesino sportivo? In questo caso è stato preso come indicatore il numero di libri letti in un anno. Ne è uscita una realtà coerente con il dato generale: per cui, nel 27% dei casi si leggono più di sei volumi, da quattro a sei nel 20% dei casi, mentre il 33% ne legge non più di tre nel corso di un anno.

Fig. 120 Lo sportivo e la lettura E i social network? Nel 35,7% dei casi, da una a tre ore al giorno, perfettamente in linea con il dato generale; nel 7% da quattro a sette ore, ma per il 52% dei giovani sportivi il tempo passato in un social network è inferiore a un’ora al giorno, di poco superiore al dato complessivo del campione.

Fig. 121 Lo sportivo e i Social Networks

32,8%

20,1%

1,2%

19,0%

27,0%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd ness. oltre 6 all'anno

35,7%

7,3%

52,0%

2,4% 2,5%

1-3 ore 4-7 ore Meno di 1 ora Nd oltre le 7 ore

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134

Interessante anche la distinzione di genere, per quanto riguarda la pratica sportiva: 53% maschi, 46% femmine.

Fig. 122 Il sesso dello sportivo

Dunque, un giovane sportivo che ha nel bar/pub il luogo privilegiato di incontro con gli amici, ma che non disdegna qualche lettura nel corso dell’anno. Uno sportivo che non ama particolarmente i social network e che in maggioranza è maschio. Se questo è un abbozzo di ritratto possibile, qual è il voto che questo giovane sportivo ha dato alla città?

Fig. 123 Lo sportivo e il voto a Varese

45,7%

52,9%

1,4%

Femmina Maschio Nd

1,0% 10,8%

42,4%25,5%

14,8%

3,5% 2,0%

10, non c’è posto migliore per un giovane 2, scena muta5, ha le capacità ma non si applica abbastanza 6, sufficiente7, ha studiato e ci ha messo del suo 8, è portata per la materiaNd

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135

Pur con qualche leggera variazione percentuale rispetto al dato complessivo, si conferma comunque un giudizio non particolarmente positivo. Leggermente più alto il voto 5, ovvero Varese ha le capacità, ma non si applica abbastanza, dal 41% del dato generale al 42,4%. Di poco maggiore anche il voto 7.

L’intellettuale

Cambiano le cose, passando dallo sportivo a quello che si è definito come intellettuale, ovvero – nella selezione fatta tra i diversi consumi culturali – colui che legge molti libri? Forse chi legge molto si astiene dal fare sport? Non si direbbe, guardando ai dati, per cui anche chi legge molto non disdegna dal fare sport: il 66,5%.

Fig. 124 L’Intellettuale e l’attività sportiva L’intellettuale non vive isolato, ma frequenta anche bar e pub.

1,4%

32,0%

66,5%

Nd NO Sì

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136

Fig. 125 L’Intellettuale e il luogo di ritrovo: il PUB E leggere molto, significa anche avere una vita sociale

particolarmente attiva, nello specifico essere parte di una associazione formale? Anche in questo caso, la figura dell’intellettuale non si abbina ad una partecipazione associativa più intensa rispetto ad altre figure sociali presenti: i sì sono pari al 45,7%, ma i no raggiungono il 47,8%. Leggere molto non significa avere anche una vita associativa/associata intensa.

Fig. 126 L’Intellettuale e l’associazionismo formale

6,4%

28,0%

65,7%

Nd NO Sì

6,5%

47,8%

45,7%

Nd NO Sì

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137

Ciò che piuttosto si evidenzia – e con numeri decisamente importanti – è la distinzione di genere, già evidente nel dato generale.

Fig. 127 Il sesso dell’Intellettuale E oltre ai libri, i social network. Il 38% dei giovani vi passa

giornalmente da una a tre ore (il 2% in più rispetto alla media generale), l’8,4% da quattro a sette ore, mentre il 48,7% (49,3% il dato generale) vi trascorre meno di un’ora.

Fig. 128 L’Intellettuale e i Social Networks

59,6%

38,4%

2,0%

Femmina Maschio Nd

38,4%

8,4%

48,7%

2,6% 1,9%

1-3 ore 4-7 ore Meno di 1 ora Nd oltre le 7 ore

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138

Molti libri, ovvero maggiore capacità di osservazione e di critica? Non necessariamente. Il voto dato alla città dai giovani che qui sono stati definiti intellettuali non si discosta più di tanto dal dato generale.

Fig. 129 L’Intellettuale e il voto a Varese Chi è allora il giovane intellettuale? A parte la grande maggioranza di

femmine, gli altri dati utilizzati per definire questo profilo non evidenziano particolari specificità. Anche l’intellettuale sembra essere perfettamente nella norma.

L’impegnato

Impegnato è stato considerato il giovane che fa parte di associazioni dedite appunto al volontariato e all’impegno sociale e politico. Che tipo di giovane è? Diverso o simile agli altri?

Si prenda il tempo passato nei bar/pub. Anche il giovane impegnato ha nel bar/pub il luogo privilegiato di incontro/ritrovo con gli amici (67,3% delle risposte). Analogo il discorso per la pratica sportiva.

0,1%

10,7%

41,7%26,1%

15,1%

3,9% 2,3%

10, non c’è posto migliore per un giovane2, scena muta5, ha le capacità ma non si applica abbastanza6, sufficiente7, ha studiato e ci ha messo del suo8, è portata per la materiaNd

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139

Fig. 130 L’Impegnato e il luogo di ritrovo: il PUB

Fig. 131 L’Impegnato e lo sport Impegnato ma anche intellettuale? Quanto pesano i libri nella sua

vita? Il dato che emerge è interessante, evidenziando una intensa attività di

5,4%

27,3%

67,3%

Nd NO Sì

2,3%

34,4%

63,4%

Nd NO Sì

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140

lettura: il 39% legge più di sei libri in un anno, contro la media del 26,6; il 23,4% ne legge da quattro a sei, contro una media del 19%.

Fig. 132 L’Impegnato e la lettura Impegnati anche nei social network? Sembrerebbe di no, se la media

giornaliera è inferiore ad un’ora nel 56% dei casi, contro un dato complessivo del 49,3%. Il 35% vi passa da una a tre ore, in linea con la media generale (36%).

Fig. 133 L’Impegnato e i Social Networks

28,7%

23,4%

1,1%

7,9%

38,9%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd ness. oltre 6 all'anno

35,2%

5,1%

55,8%

2,5% 1,4%

1-3 ore 4-7 ore Meno di 1 ora Nd oltre le 7 ore

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141

E di che genere è il giovane impegnato? Come per gli intellettuali, sono le femmine a dominare il campo.

Fig. 134 Il sesso dell’impegnato

E’ invece sul voto a Varese che si evidenziano le maggiori differenze

rispetto al dato generale. Il fatto di essere parte di un’azione di volontariato sociale a favore di qualcun altro, sembra portare i giovani impegnati ad accentuare il voto negativo dato alla città. Il voto 5 sale dal 41% generale al 48,7%, il voto 2 è nella media, scende la percentuale delle sufficienze, mentre per contro aumenta il voto 7.

Fig. 135 L’Impegnato e il voto a Varese

59,7%

37,2%

3,1%

Femmina Maschio Nd

,3%

11,5%

48,5%

20,6%

14,4%2,5%

2,3%

10, non c’è posto migliore per un giovane 2, scena muta5, ha le capacità ma non si applica abbastanza 6, sufficiente7, ha studiato e ci ha messo del suo 8, è portata per la materiaNd

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142

Dunque, impegnato e di molte letture, poco interessato ai social network, in prevalenza femmina, non positivo nel voto alla città.

L’edonista

L’edonista, ovvero colui che privilegia il tempo libero senza pensieri, che passa la maggior parte del suo tempo al bar/pub. Che cosa incarna, quali valori segue, come vive? Si prenda lo sport. Edonista sì, ma anche sportivo (64,5%), o edonista e dunque anche sportivo.

Fig. 136 L’Edonista e lo sport

Edonismo uguale disimpegno? Il luogo comune viene in parte

smentito dal fatto che, a fronte di un 50,7% di no alla partecipazione ad una associazione di carattere formale, vi è comunque un 43,1% di sì.

2,0%

33,5%

64,5%

Nd NO Sì

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143

Fig. 137 L’Edonista e l’associazionismo formale L’edonista e la lettura di libri. Anche in questo caso, i dati sono

perfettamente in linea con quelli generali.

Fig. 138 L’Edonista e la lettura Nella media anche la partecipazione ai social network.

6,2%

50,7%

43,1%

Nd NO Sì

34,9%

19,6%

,8%

19,1%

25,7%

1-3 all'anno 4-6 all'anno Nd ness. oltre 6 all'anno

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144

Fig. 139 L’Edonista i Social Networks Interessante invece, ancora una volta, il dato relativo al genere. Anche

nell’edonista, prevalgono le femmine sui maschi, anche se con una differenza meno marcata: 52,4 contro 45%

Fig. 140 Il sesso dell’Edonista

Se questo è un sintetico ritratto dell’edonista, com’è il suo voto alla

città? Non dissimile dal dato generale.

37,0%

8,5%

48,9%

2,9%

2,7%

1-3 ore 4-7 ore Meno di 1 ora Nd oltre le 7 ore

52,4%45,0%

2,6%

Femmina Maschio Nd

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145

Fig. 141 L’Edonista il voto a Varese

L’amante del social network

Ultimo identikit tentato. Quello che ha come elemento discriminante il tempo passato in un social network. Anche in questo caso, l’obiettivo era cercare di definire se vi fosse un ideal-tipo del giovane virtuale, con atteggiamenti, abitudini, stili di vita specifici e particolari.

Il primo incrocio è relativo al tempo passato al bar/pub, con gli amici. Il risultato conferma il ruolo prevalente di questo luogo nella vita sociale e amicale dei giovani.

,7%

11,7%

42,9%25,0%

13,8%

3,2%2,7%

10, non c’è posto migliore per un giovane2, scena muta5, ha le capacità ma non si applica abbastanza6, sufficiente7, ha studiato e ci ha messo del suo8, è portata per la materiaNd

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146

Fig. 142 Il giovane dei Social Networks e il ritrovo con gli amici:il PUB A seguire, l’attività sportiva. In questo caso, minori rispetto alla

norma sono le risposte positive, il giovane che pratica social network fa meno sport delle altre figure sociali fin qui esaminate.

Fig. 143 Il giovane dei Social Networks e lo sport

6,9%

25,8%

67,4%

Nd NO Sì

1,7%

40,9%

57,4%

Nd NO Sì

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A seguire, i dati relativi al genere, ancora con una netta prevalenza di femmine. Il social network è femminile.

Fig. 144 Il sesso del giovane dei Social Networks

La realtà virtuale e il pc producono un maggiore isolamento dei

giovani? Il dato è forse improprio, ma chi vive più tempo in un social network partecipa meno all’associazionismo formale. Con una doppia lettura: forse perché, appunto, il pc produce isolamento, ma anche perché lo stesso social network può essere inteso come una forma di associazionismo o di partecipazione (non ci si sente soli, anzi).

Fig. 145 Il giovane dei Social Networks e l’associazionismo formale

64,3%

34,0%

1,7%

Femmina Maschio Nd

5,2%

57,4%

37,5%

Nd NO Sì

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Amare i social network significa non amare la lettura dei libri? Preferire il virtuale nega il libro reale? I dati sono meno semplici di quanto potrebbero sembrare. A fronte di un 37,5% che legge da uno a tre libri all’anno (contro una media generale del 33%), aumentano, anche se di poco i lettori di più di sei libri (29 contro 26,6%) ma anche quelli che non ne leggono alcuno (21,6 contro 19%).

Fig. 146 Il giovane dei Social Networks e la lettura

Dato questo ritratto, ecco come il giovane dei social network dà il suo voto alla città. Diminuisce fortemente il voto 2 (quasi si dimezza), è stabile il voto 5, mentre passa al 30,2% il voto di sufficienza. Varese è giudicata meglio da chi ama il social network, ovvero vive in una realtà virtuale.

37,5%

19,9%

21,6%

21,0%

1-3 all'anno 4-6 all'anno ness. oltre 6 all'anno

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Fig. 147 Il giovane dei Social Networks e il voto a Varese

I cinque profili. Sintesi.

I ritratti che emergono da questi cinque profili – molto parziali, molto imprecisi, come detto anche molto arbitrari forse nella loro definizione, ma comunque un tentativo utile per meglio definire la condizione giovanile a Varese – segnalano il sostanziale rispetto di una specifica norma sociale da parte di questi giovani. Norma sociale fatta di comportamenti simili o non troppo diversi tra loro. Norma sociale nel senso di atteggiamenti simili o non troppo diversi tra loro. L’unica figura sociale che in parte sembra distanziarsi da questa norma è l’ultima, quella che si è definita degli amanti del social network: apparentemente fa meno sport e vive meno l’associazionismo formale (ma in quest’ultimo caso, con la riserva già evidenziata in precedenza, per cui il social network stesso può essere inteso come una forma di associazione - formale, informale? - o di associazionismo).

Per il resto, questi profili sembrano diversi solo in apparenza, ed evidenziano invece una standardizzazione di fatto dei comportamenti e degli atteggiamenti. Lo sportivo, l’intellettuale, l’impegnato, l’edonista e l’amante del social network sembrano infatti molto simili tra loro. L’intellettuale non disdegna i bar e i pub, lo sportivo non disdegna il social

,7%

7,6%

42,3%

30,2%

12,7%4,8% 1,7%

10, non c’è posto migliore per un giovane2, scena muta5, ha le capacità ma non si applica abbastanza6, sufficiente7, ha studiato e ci ha messo del suo8, è portata per la materiaNd

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network, l’edonista legge comunque un certo numero di libri. Le differenze sono minime e non disegnano profili troppo diversi tra loro. Per quanto l’impegnato e l’intellettuale, o l’edonista e lo sportivo privilegino determinati comportamenti e atteggiamenti, in realtà rientrano tutti nella media generale del giovane che vive a Varese.

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Conclusioni. Varese, dove sei? Cosa sei?

A conclusione di questo viaggio nella condizione giovanile a Varese (e provincia), quanto evidenziato nelle prime conclusioni sembra dunque convalidarsi.

Dall’indagine sono emersi un insieme di dati diversi, a volte anche contraddittori tra loro. Alcune negatività (Varese non sarebbe una città per i giovani), alcune non-positività (Varese ha le capacità, ma non si applica abbastanza). Ma anche molte e specifiche positività: elementi che lasciano ben sperare nel possibile e auspicabile superamento di quelle che per molti giovani (la maggioranza, come espressa dal voto alla città) sono delle forti criticità (vere o ritenute tali). Una positività in particolare va menzionata: il peso del volontariato, pari al 17%. Una percentuale molto alta, significativa, segno che - nonostante tutti i vizi dei giovani varesini, nonostante le mancanze della città denunciate dagli stessi intervistati - questa azione nel sociale coinvolge molti giovani, denota voglia di fare, empatia con gli altri e con la città stessa, impegno capacità e volontà di fare e di essere (per sé e per gli altri). Analogamente – volendo dare un peso qualitativo elevato a queste specifiche attività e a queste particolari attitudini – la partecipazione all’associazionismo culturale, pari al 9%.

Restano le domande sottese ad ogni indagine basata su questionari: le domande sulla verità o almeno sulla veridicità delle risposte offerte dai giovani, sulla coerenza delle risposte tra loro.

E quindi, le domande: i giovani hanno risposto responsabilmente alle domande del questionario? Hanno detto la verità o hanno detto una verità solo percepita ma, proprio perché solo percepita, non del tutto reale? Hanno saputo davvero guardare alla città e valutarla, dandole un voto ben ponderato? Oppure la stessa condizione giovanile che stanno vivendo, come detto in altra parte di questo Report, li ha portati a privilegiare un atteggiamento di critica esistenziale o generazionale, di rifiuto di ciò che vivono, mascherando o di fatto alterando la loro percezione della realtà reale? E dunque, quella che emerge dalle risposte dei giovani è una Varese reale oppure è una Varese solo percepita? E quanto conoscono davvero i giovani di ciò che la città offre loro e fa per loro? E per contro, la città offre davvero ciò di cui avrebbero bisogno i giovani?

Varese, come la vedi? era la domanda di partenza dell’indagine. Ma quanto sanno vederla, i giovani e quanto invece il loro giudizio è frutto di non-conoscenza, o di una conoscenza insufficiente; quanto il loro vedere e giudicare è fuorviato da luoghi comuni? Nel leggere i dati, come detto,

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alcune negatività forti, alcune non-positività, ma pure il dubbio che non sempre, anche tra risposte vicine si siano date valutazioni coerenti tra loro. O il dubbio, altrettanto fondato, sulla reale capacità di vedere la città, posto che Varese è giudicata sì o no una città per i giovani partendo dalla presenza o dalla mancanza delle stesse cose (infrastrutture, spirito giusto, eccetera). O, altro esempio, relativamente al giudizio sull’offerta della città, nel complesso fortemente negativo, pari al 62% delle risposte, mentre sarebbe positivo per il 27% (percentuale comunque alta). O, ancora, le risposte sulla presenza o meno di bellezze artistiche, poche o insufficienti per il 60% dei giovani: il che sembra denotare una non-conoscenza di ciò che Varese offre (molto, diversificato, forse non adeguatamente pubblicizzato, ma ben presente) dal punto di vista dell’arte.

Come vedono la città, i giovani? A fronte, come detto, di importanti percentuali, comprese tra il 20 e il 25% di favorevoli a Varese così com’è – di giovani che si sentono giovani varesini, che considerano Varese una città per i giovani - e a fronte, ancora, di un 42% di giovani che danno alla città un voto 6 o superiore, è però vero che il 53,3% di giovani dà un giudizio critico e non positivo. E forti, nel dettaglio, sono le criticità espresse, riassunte poi sinteticamente e schematicamente attraverso un voto numerico (la somma dei voti 2 e 5, come detto, dà la maggioranza assoluta).

E tuttavia anche il voto 5 esprime un desiderio di essere meglio e di fare di più, evidenziato nel giudizio qualitativo collegato: Varese ha le capacità, ma non si applica abbastanza. Dunque, le capacità ci sono, e tali vengono valutate dagli stessi giovani come ben presenti; o meglio: vi sarebbero, ma Varese non si applica, non investe in se stessa e su se stessa (e nei giovani). Non sa mettere al lavoro le proprie capacità per qualcosa che potrebbe essere definito in senso lato - e ricorrendo ad una terminologia che sembra oggi passata di moda – come bene comune o interesse generale.

Nello specifico: bene dei giovani e interesse dei giovani. Ma anche, bene della città e interesse della società varesina.

Avere le capacità ma astenersi dal metterle in pratica per mancanza di volontà – è questo l’aspetto che sembra emergere dunque con maggiore forza – è tuttavia un atteggiamento (un atteggiamento esistenziale) decisamente poco proficuo per una città e per i suoi abitanti. Come se la città, pur avendo le capacità per farlo, preferisse astenersi dal fare. Un fare che in questo caso diventerebbe anche un essere: essere/diventare città, essere/diventare città per i giovani, essere/diventare una società fatta di cittadinanza attiva. Per evitare che questo astenersi dal fare, non per incapacità ma per mancanza di volontà cresca ulteriormente e diventi un fare scena muta

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(voto 2, pari al 12% circa delle risposte, ma crescente con età e livello di istruzione), occorre che la città – le sue istituzioni, ma anche quella politica che sembra non ascoltare i giovani, e gli stessi adulti/genitori – si applichi di più.

Anche e soprattutto producendo per sé un progetto (non basta avere le capacità, non basta applicarsi con volontà se manca un obiettivo da raggiungere, qualcosa da gettare in avanti, appunto un pro-getto).

Perché è vero che, secondo le retoriche correnti, il futuro è nelle mani dei giovani; che il raggiungimento dell’autonomia individuale e personale presuppone anche quella di progettare (e avere le condizioni per progettare) un futuro per sé (e magari anche per gli altri e/o con gli altri); ma se i padri/genitori, se la società hanno davvero tolto il futuro, come molti sostengono, dall’orizzonte di tempo e di senso di sé e dei loro figli (precarietà del lavoro, disinvestimento dalla scuola e dalla cultura, indifferenza per la cura della polis e per il rispetto delle regole, esasperazione della società dello spettacolo), questo complica terribilmente le cose, bloccando anche per i figli la stessa possibilità di pensare un futuro per sé.

Giovani che poi - guardandosi (e guardando i giovani varesini) e con tutto il peso interpretativo di quanto detto all’inizio su questionari e risposte su una realtà spesso più percepita che vera – si vedono in modo non-positivo. Se sono i giovani a giudicare i giovani varesini come prevalentemente snob, indifferenti, apatici, che pensano solo a bere e a fumare, borghesi nel senso non nobile del termine, questo sembra evidenziare una grande capacità di osservazione, di valutazione della realtà, ma anche una profonda amarezza o un grande disincanto. Attuando un processo di astrazione da sé – anche i giovani di Varese si sono valutati in modo fortemente critico – ne è uscito un ritratto/autoritratto non riuscito.

Giovani varesini che sono comunque – elemento questo certo da non sottovalutare - un modello per un giovane su quattro. Perché anche questo emerge dalle risposte: una positività forte, un giudicare bene la città per come è adesso, una città che dunque non dovrebbe cambiare perché ha già lo spirito giusto, perché è bene attrezzata, eccetera. Giovani – molti, tanti, anche se non la maggioranza – che si sentono giovani varesini, che dunque empatizzano con la città. Una città a loro misura, a loro immagine, dentro la quale e con la quale si sentono bene, vivendoci bene. Alla quale danno un voto sufficiente e anche maggiore. Ciò significa che questa Varese ha creato un feeling tra sé e molti dei suoi giovani.

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Dall’altra parte vi è una capacità critica di osservazione che produce una consapevolezza collettiva forte rispetto a tutto quello che non va, al perché non va e per tutto quello che dovrebbe cambiare (forse, in prima battuta, gli stessi giovani varesini, affinché possa poi cambiare anche la città). Una consapevolezza che poi sembra fermarsi, si blocca al momento della traduzione della critica in movimento e in cambiamento. In fare per essere. Per essere anche se stessi. Una sorta di rancore verso la città che però resta rancore. D’altra parte, quei giovani che si sentono invece giovani varesini, che valutano positivamente la città, che le danno un voto da 6 a 10, possono essere i motori del cambiamento? Evidentemente no, se la città, per loro, è giusta così com’è.

Dove sono allora le risorse – i tanti giovani-risorsa e non i giovani-problema - da cui innescare il cambiamento, chiesto implicitamente o esplicitamente a larga maggioranza? Molte, come visto, le nicchie di giovani varesini diversi, critici ma anche impegnati, che alla richiesta di mettersi in gioco non rispondono forse, ma un sì convinto. Giovani che sono una risorsa, appunto, e non un problema. Sono i giovani del volontariato, della partecipazione alla politica, delle associazioni culturali; ma sono anche i giovani che partecipano alle molte iniziative e alle molte politiche per i giovani messe in campo negli ultimi anni, dal Comune di Varese e dal suo Informagiovani, dalla Provincia e dagli altri Comuni del territorio. Molte iniziative, che coinvolgono molti giovani, ma che forse spesso rimangono limitate agli ambiti locali, senza fare rete, senza passaggio di flussi informativi.

Il problema, forse, è che i processi di individualizzazione presenti nella società, anche in quella varesina - processi di consumo, divertimento, edonismo - sono tanto forti da avere impedito e di impedire ancora ogni forma di aggregazione finalizzata a scopi comuni? Quanto può esistere un giovane varesino che sia diverso da un giovane italiano? Come resistere a questi processi di individualizzazione tanto potenti, persuasivi, accattivanti, seduttivi, ma che stanno di fatto rompendo/bloccando ogni possibilità di investimento (sociale e personale) a medio-lungo termine? La liquidità è un destino? Come fare per trasformarla, se possibile, da problema a opportunità?

E dunque, cosa dovrebbe cambiare? Quali sono gli obiettivi su cui investire a Varese? Si rimanda al dettaglio delle risposte/proposte date dagli stessi giovani, che evidenziano però, nel complesso una varietà molto ampia di idee, senza che si definisca una richiesta o più richieste prevalenti. Ma forse, quanto elencato non basta, se a cambiare dovrebbe essere

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soprattutto lo spirito di Varese, ancora nel senso (se vero e non frutto anch’esso di una percezione della realtà e non della realtà stessa) che la città ha le capacità, ma non si applica abbastanza. Perché ridisegnare ad esempio la città non è sufficiente (è utile, ma non è sufficiente), se non cambiano anche gli atteggiamenti, i modi di fare, se tutta la città non si pone appunto uno o più obiettivi di lungo periodo e non adotta una o più strategie per raggiungerli. Non basta l’urbanistica per fare/essere una città.

Se un aspetto specifico esce dalla risposte al questionario, ebbene questo sembra essere appunto una diffusa voglia di fare/essere di più e meglio rispetto a ciò che è stato fatto, anche se poi molti sono i forse rispetto alla domanda: ti impegneresti per fare/realizzare? Risposte non saprei che diventerebbero però probabilmente un sì convinto e partecipato se ci fossero delle diverse condizioni di partenza. O forse, e meglio: se vi fosse maggiore informazione su quanto (e molto) già si fa, su quanto (e molto) già esiste, già viene proposto. Ovvio che quanto fatto o esistente non è ancora sufficiente, che le critiche non sono l’effetto di una realtà solo percepita come deficitaria. Non trascurando poi un altro elemento forte che emerge dalle risposte: il desiderio di essere ascoltati di più. Anche questa una positività da non sottovalutare: se vogliono essere ascoltati, significa che hanno qualcosa da dire, che la loro rabbia non è ancora diventata indifferenza.

E appunto, i molti giovani attivi, partecipativi – e basterebbe riguardare i filmati realizzati, sempre nell’ambito del Progetto Mosaico, dal Laboratorio multimediale dell’Università dell’Insubria, per vedere quanto movimento, quante iniziative, quanta partecipazione vi sia a Varese e in provincia. O ricordare i molti interventi, pensando a Varese, dell’Informagiovani. O alle molte iniziative delle scuole superiori a favore degli studenti; o dell’Università dell’Insubria a favore non solo degli studenti ma dell’intera città, dai concerti ai dibattiti.

Giovani attivi e positivi che sono l’altra faccia della medaglia rispetto a quegli altri giovani che in gran parte sono però molto incerti nell’impegnarsi in prima persona in qualcosa che possa essere di interesse anche per loro. Giovani che privilegiano il divertimento e lo sport quali momenti di uso del tempo libero, ovvero che scelgono, o che sembrano scegliere, il disimpegno dalla città che pure criticano. Non che – ovviamente - divertimento e sport siano da giudicare in termini negativi, anzi (soprattutto lo sport). Divertimento e investimento libidico sono parte essenziale, imprescindibile della giovinezza, sono suoi tratti caratterizzanti. Se però diventano prevalenti (e il confronto è ovviamente con la

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generazione precedente, poco impegnata nello sport e nel divertimento e molto in politica), allora il passaggio dalla giovinezza all’età adulta ritarda forse eccessivamente, giovinezza ed età adulta si confondono. Oggi, l’investimento libidico comincia sempre prima nell’età (e passa anche attraverso la vetrinizzazione di sé dei giovanissimi) e tarda a concludersi - e non per colpa dei giovani ma, come visto nella parte di contesto, anche o soprattutto perché è su questo principio di piacere sempre più diffuso che la società stessa (la sua economia) sta investendo sempre più. Pensando che la risposta alla ricerca della felicità da parte degli uomini possa essere risolta solo offrendo sempre più divertimento.

Giovani, ancora che investono molto nello sport: che è fattore, come detto, importantissimo nella costruzione e nella maturazione di sé nell’età giovanile, nei processi di costruzione delle amicizie e di socializzazione; ma che sembra pesare molto rispetto ad altre attività e ad altre modalità di impegno. E dove quindi maggiore potrebbe essere l’azione e il ruolo del Cus, legando cultura e sport in un binomio più forte di quello esistente.

Qualcosa di simile si produce anche nell’ambito associativo. Dove il mondo dei giovani si spacca più o meno a metà, tra chi è parte o meno di associazioni, siano esse formali o informali. Associazioni formali dove grande è appunto il ruolo e il peso dello sport, mentre minore, ma molto importante, come già ricordato, è invece il peso dell’associazionismo sociale (17%), culturale, ambientale (molto meno), in una parola dell’associazionismo di scopo (mettersi insieme per fare qualcosa, per raggiungere un obiettivo). Dove comunque forte è l’idea di essere insieme per fare un’attività che piace, più che per condividere ideali, o appunto scopi (se non quello, ma prevalentemente individuale, di stare bene e di essere in forma).

Eppure, grande è il valore dell’amicizia. O attribuito dai giovani all’amicizia. E dunque, la domanda: cos’è l’amicizia? E’ da intendere come quel sentimento che nasce dall’incontro e dal dialogo tra due o più persone “che percepiscono una comunanza di interessi, di valori e di ideali e che per questo stabiliscono delle interazioni intime fondate sulla comprensione e sulla fiducia reciproca”? E’ quella che manifestano i giovani del campione, questa amicizia, o quella che si vive a Varese è una amicizia liquida anch’essa, mobile, instabile? L’amicizia, nei bambini è tappa fondamentale per superare l’egocentrismo, mentre nella fase adolescenziale si manifesta in modi più esclusivi e si avvicina a quella che si è chiamata socialità ristretta. Ma cosa chiamano, i giovani, cosa definiscono con il termine amicizia?

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Ovviamente è importante l’amicizia, nel mondo dei giovani – maturazione degli affetti, maturazione sociale e maturazione morale – ma con il rischio di diventare troppo spesso auto-referenziale e soprattutto e ancora, di produrre una socialità (troppo) ristretta, non favorendo il passaggio ad una vera e più ampia socializzazione, ad una cittadinanza con gli altri diversi dai propri simili. Con l’età, come visto, il tempo passato con gli amici tende a diminuire, ma resta un elemento importante nella costruzione della socializzazione.

E l’Università dell’Insubria? Poco conosciuta, si fa poco conoscere e fa

poco per farsi conoscere meglio. Eppure, è valutata positivamente per il suo ruolo (per ciò che fa) e per il ruolo che potrà giocare (per ciò che potrà fare) nel futuro della città (e non solo). Tuttavia, quanto a Università per lo studio e la conoscenza, è giudicata positivamente e negativamente quasi in eguale misura e per le stesse ragioni. Ma soprattutto, scelta per vicinanza geografica rispetto alla famiglia e al luogo di abitazione. Elemento che può essere un limite dell’Università stessa (troppo localistica per poter crescere e per diventare un’Università più grande), ma anche un suo possibile vantaggio competitivo (poter agire meglio e di più per produrre il cambiamento necessario e in fondo richiesto dagli stessi giovani)3. Per questo, tuttavia, servirebbe soprattutto un maggiore investimento culturale, emozionale, politico della città sull’Università, da intendere come risorsa, come opportunità, come stimolo al cambiamento.

Dunque, Varese come città che in sé contiene molti giovani, molti

problemi, molte positività. Città-per-i-giovani per una grande percentuale di ragazzi, città-non-per-i-giovani per la loro maggioranza.

Città, Varese, dove molto è in movimento, ma forse si vede poco; dove molto si vede poco, ma esiste e fa. Dove la domanda non sempre incontra l’offerta, e viceversa. E dove non sempre la domanda che sale dal basso ha mezzi per creare una adeguata offerta.

Città dove i giovani sembrano però in cerca di qualcosa di più rispetto a ciò che c’è; o che credono ci sia o non ci sia. Ancora: Varese ha le capacità, ma non si applica abbastanza. Atteggiamento normale della condizione giovanile l’insoddisfazione per la realtà, l’insofferenza per il mondo degli adulti, la voglia di una realtà diversa. Che poi le non-positività evidenziate 3 Si veda a questo proposito anche il Report: Le ricadute economiche e sociali della presenza dell’Università dell’Insubria. Analisi dell’impatto sulle province di Como e Varese, Locatelli R. (a cura di), IUP, Varese 2010.

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siano reali o non siano piuttosto solo l’effetto distorto di una errata percezione della realtà (la realtà percepita è ovviamente assai diversa dalla realtà reale) o di una insufficiente conoscenza da parte degli stessi giovani, questo non deve nascondere il problema. Perché se questa è la città – così solo percepita o davvero così nella realtà – Varese dovrebbe comunque applicarsi ancora di più. Oltre il molto che già è stato realizzato, ma che evidentemente non viene ritenuto o non è sufficiente (e la percezione della realtà ha maggiore influenza, sulla psicologia sociale di quanto possa farlo la realtà reale). Se le non-positività di Varese sono quelle evidenziate dalle risposte, allora la città deve fare in modo che le sue positività (le sue capacità) non restino minoranza, ma diventino (applicandosi di più) almeno una minoranza più ampia.

Tracciando ora una possibile sintesi finale, eccola riassunta nelle

domande poste come sottotitolo a queste conclusioni. Varese, dove sei? Guardando i questionari, sembra che Varese sia una

città che non c’è, che non si trova, talmente liquida da scappare di mano, o che si nasconde così bene da nascondersi anche a se stessa; o meglio: esiste fisicamente, sulle mappe, ma è come se non ci fosse socialmente e culturalmente, nella propria auto-costruzione di senso, nel suo essere come cosa di tutti e per tutti (anche dei e per i giovani). Se esiste (ha le capacità), ma non si fa vedere (non si applica abbastanza), vi è dunque un serissimo problema di trasformazione della percezione di sé che la città produce, soprattutto nei giovani.

Quindi: Varese, cosa sei? Sembra essere edonista e insieme nichilista, impegnata e insieme disimpegnata, altruista ed egoista, critica e insieme assente, positiva e non-positiva: forse è tempo di definire scopi, obiettivi, e soprattutto pro-getti. Di stendersi sul lettino dello psicanalista e cominciare a raccontarsi.

E dunque: Varese cosa vuoi essere, dove vuoi andare, con chi e come? Il questionario ha posto una serie di problemi, ha evidenziato una serie di opportunità. A messo in luce anche nicchie forti di giovani con la voglia e la capacità e soprattutto la volontà di fare. Di essere. Ha ricordato il molto che c’è, il molto che è stato fatto. Adesso spetta a Varese cominciare a pensare davvero a sé e per sé (e per i suoi giovani).

Partendo appunto da come i giovani vedono la città e dai risultati di questa indagine. Certo parziale, incerta e imprecisa come tutte le indagini basate su questionario. Ma utile – come mappa o meglio come bussola - per definire, ridefinire o aggiornare politiche e strategie. Per verificare se

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quanto (molto) è stato fatto dagli Enti locali attraverso le loro politiche giovanili può essere integrato, diversificato. Partendo appunto dalle risposte dei giovani alla domanda da cui questo lungo ragionamento è iniziato: Varese, come la vedi?

Adesso che i giovani hanno guardato e giudicato (severamente) la città e se stessi, è tempo che la città guardi e ascolti i giovani. Ma soprattutto, che cominci a guardare se stessa e in se stessa. Facendo tesoro delle critiche anche dure fatte dai giovani. Mettendo meglio in mostra le molte cose fatte. Rovesciando la domanda del questionario nella nuova domanda: Varese, come ti fai vedere? Non nel senso di apparire semplicemente, ma di essere veramente.

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Allegato 1. I grafici

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Grafico 1 Perché secondo te Varese non è una città per i giovani?

Grafico 2 Perché secondo te Varese è una città per i giovani?

19,47%

25,95%

22,44%

15,41%

15,13%

1,60%

Mancano le infrastruttureManca lo spiritoManca la volontà delle istituzioni a farla diventare tale anche sotto il profilo organizzativoI giovani vareseini sono restii a creare un clima tala per la creazione di una città per i giovaniC'è poca comunicazioneAltro

29,80%

16,14%36,34%

10,89%

6,83%

Varese è ben attrezzataCi sono molte iniziativeC'è lo spirito giustoLe istituzioni puntano molto sulla soddisfazione delle esigenze giovaniliAltro

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Grafico 3 Occupazione.

Grafico 4 Con chi vivi?

1,76% 4,73%

4,40%

79,75%

9,36%

Disoccupato Lavoratore Nd Studente Studente - Lavoratore

82,41%

1,99%

5,91%

9,69%

Con i miei genitori Con la mia ragazza/o Da solo Nd

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Grafico 5 Stato civile.

Grafico 6 Hai figli?

1,40% 0,62%

10,14%

87,84%

Coniugato Divorziato Nd Nubile/celibe

10,25%

87,65%

2,10%

Nd NO Sì

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Grafico 7 Stato sentimentale.

Grafico 8 Da quanti membri è composto il tuo nucleo familiare?

42,16%

11,43%

46,41%

In una relazione Nd Single

1,85%3,50%

19,08%

39,97%

16,27%

3,33%1,04%

0,59%

0,22%14,15%

1 2 3 4 5 6 7 8 9 Nd

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Grafico 9 Professione madre

Grafico 10 Professione padre

1,65%

19,13%

1,18%

3,45%

0,64%

4,01%2,35%

7,34%

9,80%10,14%1,04%

3,33%

6,30%

3,84%

1,99%1,15%

0,25%1,93%

1,15% 3,25%

0,08%

0,17%15,83%

Altro

Casalinga

Disoccupato

Pensionato

Capo operaio

Collaboratore domestico

Dirigente

Impiegato di concetto

Impiegato esecutivo

Insegnante

Lavoratore a domicilio

Medico

Operaio comune

Operaio specializzato

Quadro/funzionario direttivo

Artigiano

Coadiuvante familiare

Commerciante

Imprenditore

Libero professionista

Socio di coperativa

Na

Nd

2,67%

0,28%1,29%

8,40%

4,12%

0,17%

7,14%

4,59%

6,13%

2,77%

0,62%

2,97%

7,03%8,77%

4,85%4,93%

0,11%

0,22%

2,32%

4,85%

8,21%

0,25%

17,31%

Altro

Casalinga

Disoccupato

Pensionato

Capo operaio

Collaboratore domestico

Dirigente

Impiegato di concetto

Impiegato esecutivo

Insegnante

Lavoratore a domicilio

Medico

Operaio comune

Operaio specializzato

Quadro/funzionario direttivo

Artigiano

Coadiuvante familiare

Coltivatore diretto

Commerciante

Imprenditore

Libero professionista

Socio di coperativa

Nd

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Grafico 11 Specializzazione istruzione madre

Grafico 12 Specializzazione istruzione padre

26,89%

29,89%

16,53%

11,90%

8,07%

6,72% Na

Nd

Scuola media superiore SPECIALIZZAZIONE TECNICO SCIENTIFICA

Scuola media superiore SPECIALIZZAZIONE UMANISTICA

Università: SPECIALIZZAZIONE TECNICO SCIENTIFICA

Università: SPECIALIZZAZIONE UMANISTICA

27,70%

28,85%

24,54%

2,75%

12,97%

3,19% Na

Nd

Scuola media superiore SPECIALIZZAZIONE TECNICO SCIENTIFICA

Scuola media superiore SPECIALIZZAZIONE UMANISTICA

Università: SPECIALIZZAZIONE TECNICO SCIENTIFICA

Università: SPECIALIZZAZIONE UMANISTICA

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Grafico 13 Perché fai parte di un’associazione formale?

Grafico 14 Perché fai parte di un’associazione informale?

20,92%

29,47%

15,38%

5,82%

27,07%

1,34%

Perché credo nei valori dell'associazione Perché mi piacciono le attività che fanno

Per fare amicizie Per il senso di appartenenza

Per condividere le mie passioni Altro

37,76%

16,34%

2,66%

25,51%

11,42%

6,30%

Per fare delle amicizie Per essere parte del gruppo

Per sentirmi più forte Mi piacciono le attività che fanno

Per il senso di appartenenza Altro

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Grafico 15 Qual è la tua qualifica lavorativa

0,99% 1,98%

4,95%1,24%

14,36%

17,82%

0,99%4,21%

7,92%

1,73%0,50%

10,89%

2,72%

4,95%

3,22%

0,99%0,00%

0,99%

1,73%

17,82%

Dirigente

Quadro/funzionario direttivo

Insegnante

Medico

Impiegato di concetto

Impiegato esecutivo

Capo operaio

Operaio specializzato

Operaio comune

Lavoratore a domicilio

Collaboratore o collaboratrice domestica

Apprendista

Imprenditore

Libero professionista (avvocato, commercialista, …)

Artigiano

Commerciante

Coltivatore diretto

Coadiuvante familiare

Socio di cooperativa

Altro

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Grafico 16 Dai un voto a Varese e distretto

0,63% 0,33% 2,63% 0,38% 0,52% 2,42% 0,83% 2,38% 0,63% 1,01%

14,73%11,18% 12,11%

2,63% 5,88% 7,92% 8,25%9,68%

4,17%10,00% 7,14% 12,58% 13,65%

38,87% 47,04% 47,66%

28,95%

44,12% 41,51% 38,66%41,13%

37,50%

45,83%

38,10%36,48%

43,82%

25,08%

27,96% 22,66%

44,74%

29,41% 29,43% 30,93%

31,45%

37,50%

26,67%

26,19%28,30%

21,98%

14,73%

11,18%14,45% 18,42% 14,71% 13,96% 18,04%

13,71%

12,50%10,83%

23,81% 18,87% 13,58%

3,45%1,32% 3,13% 2,63% 5,88% 4,53%

3,09% 0,81%4,17%

2,38% 1,89% 3,95%2,51%

0,99%2,26%

0,52% 0,81%

8,33%

1,67% 1,26%2,01%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Nd

8, è portata per la materia

7, ha studiato e ci ha messo del suo6, sufficiente

5, ha le capacità ma non si applica abbastanza2, scena muta

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Grafico 17 Varese è una città per i giovani e distretto

2,82% 3,62%1,56%

5,88%1,13% 0,52% 0,81%

4,17% 2,38%0,63% 1,87%

42,95% 43,42% 48,83%

26,32%

29,41% 40,38% 40,72% 37,90% 33,33% 40,00%26,19% 31,45%

51,15%

33,23% 28,29%26,17%

42,11%

38,24%30,57% 31,96% 34,68%

29,17%

35,00%

45,24%33,96%

25,65%

21,00% 24,67% 23,44%31,58%

26,47% 27,92% 26,80% 26,61%33,33%

25,00% 26,19%33,96%

21,34%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Non saprei

NO

Nd

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Grafico 18 Ti senti un giovane varesino e distretto

2,19% 2,63%1,17% 1,89%

2,58% 2,42% 2,50% 2,38%1,89%

3,88%

88,71%

73,36%67,19% 71,05% 73,53%

75,47%78,87% 76,61%

91,67%79,17% 83,33%

75,47%64,01%

9,09%

24,01%31,64% 28,95% 26,47% 22,64% 18,56% 20,97%

8,33%18,33% 14,29%

22,64%32,11%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

NO

Nd

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Grafico 19 Luogo di distribuzione ed età

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

Nd

26-30

20-25

16-19

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Grafico 20 Luogo di distribuzione e sesso

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

Nd

Maschio

Femmina

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Grafico 21 Luogo di distribuzione ed occupazione

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

Studente - Lavoratore

Studente

Nd

Lavoratore

Disoccupato

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Grafico 22 Luogo di distribuzione e livello di istruzione

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

Università

Scuola media superiore

Scuola media inferiore

Nd

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Grafico 23 Dove vai a divertirti e distretto

18,56%

36,74% 37,57%

5,56% 7,14%

35,29%

19,42% 20,78%

5,88%

22,84%

10,42%

26,82%

46,23%

19,33%

40,39%45,56%

61,11% 59,52%

48,18%

51,80%57,79%

44,12%

51,85%

64,58%

49,55%

30,35%

23,97%

13,14%

12,43%

31,48%26,19%

10,08%

21,58%11,04%

38,24%

15,43% 16,67% 15,00% 14,68%38,14%

9,73%4,44% 1,85%

7,14% 6,44% 7,19% 10,39% 11,76% 9,88% 8,33% 8,64% 8,73%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Altro

Milano e ProvinciaProvincia di VareseVarese

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Grafico 24 Come trascorri il tuo tempo libero ed età

18,94% 18,43% 16,54%

4,67% 6,63% 8,65%

9,71%10,66% 11,38%

9,90%8,94% 5,31%

13,07% 12,18%11,84%

4,98%6,40%

9,26%

12,12% 7,62%4,25%

3,53% 6,13%8,65%

11,99% 9,46%6,07%

2,83%2,60%

2,28%

2,74% 4,76%

5,77%

1,80% 1,99%4,10%

1,10% 1,90% 2,88%2,62% 2,31% 3,03%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

16-19 20-25 26-30

Altro

Volontariato/politica

Arte/cultura

Fai da te

Motori

Musica

Libri/riviste

Con Amici

Viaggi

Sport

Shopping

All'aperto

Cinema-teatro

Al Computer

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Grafico 25 Come trascorri il tuo tempo libero e sesso

16,23%21,63%

6,64%

4,40%

10,52%9,75%

14,65%2,56%

7,87%

18,55%

7,60% 3,57%

9,51%10,36%

6,06%3,36%

9,93%11,50%

0,74% 5,13%4,34% 2,89%2,43% 1,54%

1,46% 1,54%

2,03% 3,22%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Femmina Maschio

Altro

Volontariato/politica

Arte/cultura

Fai da te

Motori

Musica

Libri/riviste

Con Amici

Viaggi

Sport

Shopping

All'aperto

Cinema-teatro

Al Computer

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Grafico 26 Come trascorri il tuo tempo libero ed occupazione

20,48% 17,97% 18,89% 16,90%

4,82%5,47% 5,60%

6,04%

7,83% 10,68% 10,04% 10,87%

4,22%8,59% 9,45% 8,89%

11,45%

12,24% 12,73% 13,50%4,82%

3,39%5,47% 7,79%12,65%

9,64%

10,55% 5,05%6,02% 3,65%

4,42%6,92%

13,25% 11,72%

10,89%8,45%

4,82%1,30%

2,65%2,63%

3,61%

3,65%

3,46%5,27%

1,81%

1,30%

1,98% 2,31%2,34%

1,43% 2,63%4,22%

8,07%

2,44%2,74%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Disoccupato Lavoratore Studente Studente - Lavoratore

Altro

Volontariato/politica

Arte/cultura

Fai da te

Motori

Musica

Libri/riviste

Con Amici

Viaggi

Sport

Shopping

All'aperto

Cinema-teatro

Al Computer

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Grafico 27 Come trascorri il tuo tempo libero e livello d’istruzione

18,18% 19,04% 18,21%

9,09% 4,79% 6,29%

9,70% 10,53%

9,40% 9,68%27,27%

12,64%12,97%

4,81%6,32%

18,18%12,51% 7,63%

3,67% 5,73%9,09%

12,01% 9,12%

18,18% 2,92%2,52%

2,71% 4,85%1,87% 1,80%

1,18% 1,75%

2,77% 2,59%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Scuola media inferiore Scuola media superiore Università

Altro

Volontariato/politica

Arte/cultura

Fai da te

Motori

Musica

Libri/riviste

Con Amici

Viaggi

Sport

Shopping

All'aperto

Cinema-teatro

Al Computer

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Grafico 28 Come trascorri il tuo tempo libero e distretto

16,74% 17,82% 20,00% 21,50% 22,47% 18,91% 20,86% 17,29%24,24%

19,50% 21,19% 20,98% 17,85%

7,52% 5,45% 4,85%6,54% 7,87%

5,31% 4,84%4,32%

10,61%

4,33%6,78% 5,59%

5,91%

10,93% 11,15% 9,56% 6,54%7,87%

11,16% 9,87%10,95%

7,58%

9,91%9,32%

6,76% 10,15%

9,68% 9,21% 9,85% 9,35%10,11%

10,07% 11,73%8,65%

6,06%

7,12%8,47%

7,69% 9,00%

12,64% 12,48% 12,50% 13,08%11,24% 13,61% 12,48%

12,68%

12,12%

12,38%

12,71%13,75% 12,52%

7,63% 6,79% 6,03% 3,74%4,49% 6,94% 4,10%

6,63%

9,09%

5,57%3,39%

4,20% 5,49%

9,68%8,97% 10,44%

4,67%

12,36% 9,93%8,38%

8,07%

7,58%

9,29%8,47% 11,42% 10,68%

4,67%4,12%

5,59%

5,61%

7,87%4,22%

3,17%6,34%

6,06%

7,43%8,47% 5,59% 4,53%

7,74%10,67%

11,03%

13,08%

3,37% 10,07%10,99% 11,53%

9,09%

13,31% 10,17% 12,59% 10,92%

4,56%4,56%

6,54% 5,59% 4,32%5,08%

3,96%4,49%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Altro

Volontariato/politica

Arte/cultura

Fai da te

Motori

Musica

Libri/riviste

Con Amici

Viaggi

Sport

Shopping

All'aperto

Cinema-teatro

Al Computer

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Grafico 29 Con chi trascorri il tuo tempo libero e distretto

63,14% 63,79%57,43%

70,73%65,79%

61,02% 60,43% 59,46%68,97%

62,24%55,81%

61,96% 60,51%

7,05% 5,57%9,24%

7,32%7,89%

7,35% 8,09% 8,11%

3,45%

6,29%13,95%

8,15% 7,17%

25,75% 26,74%24,75%

14,63% 21,05%26,20% 26,38% 28,38%

27,59%27,97% 25,58% 25,00% 26,70%

4,07% 3,90%8,58% 7,32% 5,26% 5,43% 5,11% 4,05% 3,50% 4,65% 4,89% 5,62%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Da solo

Ragazzo/a

Famiglia

Amici

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Grafico 30 Associazionismo formale e distretto

5,33% 7,57% 7,42%2,94% 6,42% 5,67% 6,45% 8,33%

0,83% 4,76% 3,77% 7,47%

46,08%49,01%

44,92% 60,53%58,82%

43,02%48,97% 43,55% 41,67% 54,17%

57,14%51,57%

49,93%

48,59%43,42%

47,66%39,47% 38,24%

50,57%45,36%

50,00% 50,00%45,00%

38,10%44,65% 42,60%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

NO

Nd

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Grafico 31 Associazionismo informale e distretto

5,33% 7,57% 7,42%2,94% 6,42% 5,67% 6,45% 8,33%

0,83%4,76% 3,77% 7,47%

46,39% 44,74%38,67%

47,37% 41,18%38,87%

48,97%

37,10%37,50%

38,33%

40,48% 39,62%

43,75%

48,28% 47,70%53,91% 52,63% 55,88% 54,72%

45,36%

56,45% 54,17%60,83%

54,76% 56,60%48,78%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

NO

Nd

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Grafico 32 Credi che a Varese i giovani sianno ben rappresentati a livello politico e distretto

9,72%1,32% 3,13%

10,53%4,53% 3,61% 5,65% 8,33%

2,50% 2,52% 4,96%

71,79%79,93%

80,86%

76,32%

82,35% 76,60% 76,80%78,23%

79,17%

80,00%

69,05%

74,84%74,43%

18,50% 18,75% 16,02% 13,16%17,65% 18,87% 19,59% 16,13% 12,50%

17,50%

30,95%22,64% 20,62%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

SìNONd

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Grafico 33 Pensi che a Varese ci sia spazio per iniziative organizzate direttamente dai giovani e distretto

2,19% 1,97% 1,17% 2,64% 0,52% 1,61% 2,38% 0,63% 3,09%

24,76%32,89% 33,98%

15,79%

32,35% 29,06%

23,20%25,00% 25,00%

40,00%

9,52%

30,19%

35,20%

48,28%38,82% 40,23%

65,79%

50,00%

41,13%53,09% 48,39%

45,83%

35,00%

52,38%

45,91% 34,70%

24,76% 26,32% 24,61%18,42% 17,65%

27,17%23,20% 25,00%

29,17%25,00%

35,71%

23,27% 27,01%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

SìNon sapreiNONd

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Grafico 34 Credi che l’offerta di Varese sia sufficiente e distretto

14,73% 10,86%4,69%

13,16% 11,76%6,42% 8,76% 6,45%

16,67%8,33% 9,52% 9,43% 7,97%

53,92% 65,13%

66,02% 52,63%

67,65%

63,02% 58,76%58,06%

50,00% 69,17%

47,62%

62,26% 66,88%

31,35%24,01%

29,30%34,21%

20,59%30,57% 32,47% 35,48% 33,33%

22,50%

42,86%

28,30% 25,14%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

NO

Nd

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Grafico 35 Credi che l’Università dell’Insubria offra iniziative che possono essere considerate importanti per la città e distretto

3,76% 3,95% 2,73% 5,66% 3,61% 4,84% 4,17% 1,67% 3,14% 5,03%

17,24%12,17% 15,23%

7,89%14,71%

14,72%10,31%

18,55%

8,33% 16,67%9,52%

13,21%16,31%

32,60% 41,12%43,75%

36,84%29,41%

35,85%

30,41%

29,84%

12,50%

45,00% 59,52% 48,43% 38,86%

46,39% 42,76%38,28%

55,26% 55,88%

43,77%

55,67%46,77%

75,00%

36,67%30,95% 35,22%

39,80%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

SìNon sapreiNONd

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Grafico 36 Se frequenti la scuola superiore, andrai all’università e distretto

68,03%

39,47% 36,33%

97,37%88,24%

49,81%

76,29%

54,03%

75,00%

50,00%

73,81%

43,40% 39,94%

4,39%

5,92%3,52%

4,91%

2,58%

4,84%

4,17%

2,50%

2,38%

3,77%6,68%

5,33%

13,82%

12,89%

2,94%

8,30%

3,09%

16,13%

4,17%

11,67%

2,38%

21,38%

9,48%

6,58%

16,45%

14,06%

2,94%

10,57%

5,67%

7,26%

4,17%

6,67%

7,14%

11,32%

10,99%

15,67%24,34%

33,20%

2,63% 5,88%

26,42%

12,37%17,74%

12,50%

29,17%

14,29%20,13%

32,90%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Non ancora decisoNO

Nd

Na

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Grafico 37 Perché sceglierai o hai scelto l’Insubria e distretto

25,87%

15,93%21,02%

26,98%31,48%

22,16% 23,77%16,24%

42,31%

23,15% 20,00% 23,14% 20,21%

4,10%

3,85%0,64%

4,76%

5,56%

3,09% 2,05%

4,27%

3,85%

0,83% 4,82%

3,79%

3,85% 3,18%

1,59%

1,85%

2,58% 1,64%

1,71%

3,85%

0,93%2,22%

1,65%3,75%

1,89%

5,49% 5,10%

1,59%

2,58% 2,46%4,27% 2,78%

2,22%3,31%

6,29%0,63%

0,55% 0,52% 0,41% 0,85%

1,34%1,89%

0,55% 2,55%

3,70%

2,58% 0,82%0,85%

7,69%

1,85%2,48%

2,14%

35,02% 47,80%48,41% 44,44%

40,74%

44,85% 47,95%47,01%

23,08%

49,07%53,33%

48,76%40,56%

8,83%

12,64% 10,19%7,94%

7,41%12,89% 11,89%

12,82% 3,85%13,89% 13,33% 10,74% 9,50%

17,98%9,34% 8,92% 12,70% 9,26% 8,76% 9,02% 11,97% 15,38%

8,33% 8,89% 9,09% 11,38%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Mi è stata consigliata

Condizione economica

Vicinanza a casa

Capacità di coinvolgimento dello studente/giovane alla vita universitaria

Iniziative per la città e gli studenti

Rapporto con la città

Servizie erogati e loro qualità

Qualità dell'immagine

Offerta didattica

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Ulteriori approfondimenti: I giovani varesini e il voto a Varese

Grafico A Con chi trascorri il tuo tempo libero: AMICI

Grafico B Con chi trascorri il tuo tempo libero: FAMIGLIA

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Grafico C Con chi trascorri il tuo tempo libero: RAGAZZA/O

Grafico D Con chi trascorri il tuo tempo libero: DA SOLO

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Grafico E Come trascorri il tuo tempo libero: AL COMPUTER

Grafico F Come trascorri il tuo tempo libero: SHOPPING

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Grafico G Come trascorri il tuo tempo libero: SPORT

Grafico H Come trascorri il tuo tempo libero: CON AMICI

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Grafico I Come trascorri il tuo tempo libero: LIBRI E RIVISTE

Grafico J Come trascorri il tuo tempo libero: MUSICA

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Grafico K Come trascorri il tuo tempo libero: ARTE E CULTURA

Grafico L Come trascorri il tuo tempo libero: VOLONTARIATO E POLITICA

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Grafico M Fai parte di qualche associazione formale?

Grafico N Fai parte di qualche associazione informale?

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Grafico O Come vedi i giovani varesini? SNOB

Grafico P Come vedi i giovani varesini? BORGHESI

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Grafico Q Ti senti un giovane varesino?

Grafico R Dove vai a divertirti? VARESE

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Grafico S Dove vai a divertirti? PROVINCIA DI VARESE

Grafico T L’Università dell’Insubria offre iniziative interessanti per la città di Varese?

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Grafico U Saresti interessato ad organizzare iniziative per i giovani? Ulteriori approfondimenti di tipo statistico, già iniziati e ancora in corso alla data di chiusura del Report, 27 luglio 2010, saranno disponibili sul sito: http://www.eco.uninsubria.it/creares/varesecomelavedi. I risultati di tali analisi, che vanno ad indagare la relazione tra due o più variabili e l’intensità della relazione che tra queste variabili si instaura (analisi bivariata e analisi multivariata), saranno oggetto di approfondimenti e discussione.

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Allegato 2. Il questionario