Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale · 2018-10-23 · pensiero...

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Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale Giuseppe Duso Université de Padoue email: [email protected] 1. Noi lettori di Fichte Non intendo qui offrire un nuovo contributo analitico sui testi fichtiani, quanto piuttosto fare una riflessione sul tema “Fichte e la politica” sulla base da una parte dei lavori compiuti sulle strutture speculative della GWL e sul pensiero politico fichtiano tra il Naturrecht e gli sviluppi che culminano nella Sittenlehre del 1812 1 e nella cosiddetta Staatslehre, e dallaltra dei lavori sui concetti politici moderni e della criticità che è propria di una consapevolezza storico-concettuale 2 . In questo orizzonte il presente intervento riguarda non solo il modo in cui Fichte pensa la politica, ma anche il tipo di ricerca che è necessaria per comprendere una tale pensiero e la relazione che si pone tra quest ultimo e la nostra stessa pratica della filosofia politica : che ne viene dunque a noi che 1 Faccio riferimento, in relazione al nucleo speculativo della filosofia fichtiana, a G. Duso, Contraddizione e dialettica nella formazione del pensiero fichtiano, Argalia, Urbino 1974, e Id., Absolutheit und Widerspruch in der GWL, in E. Fuchs I. Radrizzani (a cura di), I. Der Grundsatz der ersten Wissenschaftslehre Fichtes. II. Der Stand der Fichte-Forschung. Tagung des Internationalen Kooperationsorgangs der Fichte-Forschung in Neapel, April 1995, Neuried 1996, pp. 145-157 e ai lavori di G. Rametta, soprattutto a Le strutture speculative della Dottrina della scienza. Il pensiero di J.G. Fichte negli anni 1801-1807, Genova 1995. Per quanto rigarda il pensiero politico rimando ai miei saggi citati nelle note seguenti. 2 Cfr. G. Duso, Storia concettuale come filosofia politica, in Id., La logica del potere, Polimetrica, Monza 2007, pp. 19-60 (anche www.polimetrica.com ) .

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Fichte e la filosofia politica in una

prospettiva storico-concettuale

Giuseppe Duso – Université de Padoue email: [email protected]

1. Noi lettori di Fichte

Non intendo qui offrire un nuovo contributo analitico sui testi

fichtiani, quanto piuttosto fare una riflessione sul tema “Fichte e la

politica” sulla base da una parte dei lavori compiuti sulle strutture

speculative della GWL e sul pensiero politico fichtiano tra il

Naturrecht e gli sviluppi che culminano nella Sittenlehre del 18121

e nella cosiddetta Staatslehre, e dall’altra dei lavori sui concetti

politici moderni e della criticità che è propria di una

consapevolezza storico-concettuale2. In questo orizzonte il presente

intervento riguarda non solo il modo in cui Fichte pensa la politica,

ma anche il tipo di ricerca che è necessaria per comprendere una

tale pensiero e la relazione che si pone tra quest’ultimo e la nostra

stessa pratica della filosofia politica : che ne viene dunque a noi che

1 Faccio riferimento, in relazione al nucleo speculativo della filosofia fichtiana, a G. Duso, Contraddizione e dialettica nella formazione del pensiero fichtiano, Argalia, Urbino 1974, e Id., Absolutheit und Widerspruch in der GWL, in E. Fuchs – I. Radrizzani (a cura di), I. Der Grundsatz der ersten Wissenschaftslehre Fichtes. II. Der Stand der Fichte-Forschung. Tagung des Internationalen Kooperationsorgangs der Fichte-Forschung in Neapel, April 1995, Neuried 1996, pp. 145-157 e ai lavori di G. Rametta, soprattutto a Le strutture speculative della Dottrina della scienza. Il pensiero di J.G. Fichte negli anni 1801-1807, Genova 1995. Per quanto rigarda il pensiero politico rimando ai miei saggi citati nelle note seguenti. 2 Cfr. G. Duso, Storia concettuale come filosofia politica, in Id., La logica del potere, Polimetrica, Monza 2007, pp. 19-60 (anche www.polimetrica.com) .

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 2

facciamo oggi filosofia politica3. Perciò il tema non si riduce alla

filosofia politica di Fichte, ma può essere indicato come “Fichte e la

filosofia politica”.

Una tale modalità di accostare il pensiero politico fichtiano mi

sembra riesca a spostare l’asse delle discussioni che su di esso

spesso si incrociano. Le varie letture di un Fichte rivoluzionario, o

conservatore, o democratico, o paladino dei diritti naturali,

rischiano di perdere il senso filosofico del suo pensiero e dunque

anche il profondo significato che ha per noi. Non è tanto da negare

che Fichte abbia avuto nel contesto storico in cui è vissuto

intenzioni politiche e prese di posizione, ma da evitare che a queste

si riduca il significato del suo pensiero della politica. Alla luce di

una tale impostazione anche i mutamenti che si possono riscontrare

nell’atteggiamento fichtiano, ad esempio in relazione alla

rivoluzione o all’Eforato o al concetto di libertà, possono essere

letti in modo diverso da una semplice reazione ad avvenimenti

esterni o da un cambiamento del suo orientamento politico ed

essere interrogati in relazione alla maturazione o al mutamento

delle sue categorie filosofiche.

Per la chiarezza del ragionamento è necessaria una premessa che

ha carattere insieme teoretico e metodologico, con l’avvertenza che

la sua eventuale validità non sta nella mera enunciazione, quanto

piuttosto nei risultati che riesce a produrre nel concreto lavoro di

ricerca. Nell’accostare i testi di un autore classico per intendere il

suo pensiero politico, mi sembra che siano necessarie tre avvertenze

critiche4.

Innanzitutto 1) bisogna avere presente in cosa consista il nucleo

speculativo del suo pensiero. Se si cerca di descrivere la concezione

politica di un filosofo intendendola come una dottrina, una serie di

affermazioni tra di loro coerenti e configuranti una proposta, magari

da inserire nel continuum di una storia del pensiero politico, si

rischia di precludersi a-priori la possibilità di porsi realmente in

3 Come si comprenderà in seguito, ciò non ha niente a che vedere con quelle “attualizzazioni” degli antichi, che non hanno presente né il senso del movimento filosofico del loro pensiero, né la necessità di una contestualizzazione storico-concettuale degli autori. 4 Per una articolazione di queste avvertenze si veda G. Duso, La storia della filosofia politica tra storia concettuale e filosofia, in www.sifp.it/seminari.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 3

relazione con il filosofo in questione. Che per intendere il pensiero

politico di un filosofo sia necessario tenere presenti le strutture

speculative della sua filosofia, può sembrare una cosa ovvia, ma, se

si fa attenzione al vasto mare delle interpretazioni, si può notare che

si tratta di una avvertenza spesso disattesa.

Ciò appare con evidenza se ci riferiamo alle interpretazioni del

pensiero politico di Hegel, che cercano di definirlo sulla base di

quello che è individuato come il suo atteggiamento politico e

cercano di descrivere il modello politico che caratterizzerebbe la

sua proposta, magari contestualizzandola con gli avvenimenti

storici che lo circondano. Possiamo riferirci ad esempio alla

posizione che occupa, nella struttura dei Lineamenti di Filosofia del

diritto, la fürstliche Gewalt. Ci si affanna spesso a mostrare il

rapporto che la figura del monarca e la posizione che essa occupa

nell’opera ha con la situazione politica della Prussia o con la

censura che ha toccato anche la vicenda del testo stesso dei

Lineamenti. In questo modo si evita di riflettere sull’indicazione

che Hegel dà a questo proposito, e che ripete spesso nel corso

dell’opera : che per comprendere ciò che si dice a livello della

Rechtsphilosophie bisogna capire la scienza della logica, e questo

non perché la logica dello spirito oggettivo si identifichi con la

scienza della logica, ma perché la presuppone. O si pensi ancora

alla diatriba su uno Hegel liberale o uno Hegel statalista. Le

interpretazioni che a questo proposito si scontrano non tengono

conto della struttura speculativa che caratterizza l’Eticità, nella

quale non si tratta tanto di trovare una mediazione tra individuo e

Stato, quasi queste fossero realtà in se stesse significanti e

sussistenti, ma piuttosto di comprendere che essi sono due elementi

che nella loro determinazione e nel loro isolamento si ottengono

solo mediante l’astrazione che caratterizza il lavoro dell’intelletto,

che non ha in se stesso la sua verità, anche se risulta necessario allo

svolgimento e alla articolazione della Darstellung del sistema. In

realtà l’individuo è quello che è in quanto è determinato da una

serie molteplice di rapporti, e dunque si trova all’interno di

determinate cerchie, e lo Stato, a sua volta, non è mera istituzione,

ma un insieme esso stesso di rapporti, cerchia delle cerchie, come

dice Hegel, ed è condizione, ma nello stesso tempo anche prodotto

(nel senso non che sia alla fine, mero risultato, ma che non è

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 4

pensabile se non attraverso) della soggettività degli individui. Se si

comprende una tale struttura logica, risulta anche che

quell’individuo e quello Stato che permettono di parlare di

liberalismo e di statalismo sono superati, aufgehoben. Con il

movimento della Aufhebung si incontra la modalità caratteristica

del procedimento di pensiero hegeliano, il quale non si presenta

certo come una posizione particolare, magari quella vera contro le

altre considerate false, ma intende collocarsi all’interno della

posizione con cui si confronta per recuperare una verità che è in

essa presente e la rende possibile, ma che essa tuttavia non riesce ad

esprimere. Una tale consapevolezza non comporta che si consideri

a-priori riuscita la Aufhebung hegeliana, ma richiede che con

questo movimento di pensiero di volta in volta, nei diversi passaggi

del sistema, ci si debba confrontare ; altrimenti, riducendo il

pensiero hegeliano alla forma meramente affermativa di una

concezione particolare, di una posizione teorica, di un punto di

vista, si finisce con il perdere l’oggetto della propria indagine e con

non misurarsi nemmeno con esso.

Anche in rapporto a Fichte è necessario intendere in cosa

consista lo specifico movimento del suo pensiero. Già questo è

richiesto nel momento in cui si ha coscienza che la verità che

dovrebbe caratterizzare la WL si accompagna alla possibilità-

necessità degli innumerevoli e sempre rinnovati tentativi di esporla.

Ma a ciò ci costringe lo stesso Fichte nel momento in cui, nello

stesso titolo della sua opera sul diritto naturale, indica come il

fondamento di questa disciplina sia trattato “secondo i principi della

Dottrina della scienza”. Già si può intendere che se la filosofia

fichtiana consiste nella Dottrina della scienza (che lo stesso Fichte

non considera certo come la sua particolare filosofia), questa a sua

volta non coincide con quella dottrina del diritto naturale che si

presenta a Fichte come una scienza dotata di una sua logica

determinata e diffusa attraverso una serie di manuali nella

Germania della fine del Settecento. Ci si può allora chiedere quale

sia lo specifico filosofico nello scritto sul Naturrecht, ma ci si può

anche chiedere come mai Fichte parli del corpo politico e dell’agire

in comune degli uomini all’interno dei canoni della moderna

scienza del diritto naturale e non ad esempio sulla base di

coordinate come quelle della giustizia e della relazione tra anima e

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 5

polis che caratterizzano il pensiero di Platone e in parte anche

quello di Aristotele.

Con questa ultima domanda ci si apre alla seconda avvertenza

critica. 2) Non è sufficiente comprendere la relazione tra il pensiero

politico e le categorie speculative dell’autore, bisogna anche

comprendere come il pensiero dell’autore sia condizionato dal

proprio tempo. Nell’ambito di un lavoro di storia concettuale

questa affermazione non ha il significato del rapporto tra testo e

contesto storico, quale si determina mediante i fatti politici e il

dibattito politico dell’epoca. Piuttosto ciò che più conta è il modo in

cui in un’opera è presupposta una determinata costellazione

concettuale, con la consapevolezza che i tempi dei concetti non

coincidono con i normali tempi storici5. Nello specifico si tratta di

avere coscienza del fatto che Fichte ragiona sì sulla base della sua

filosofia, ma all’interno del modo – al suo tempo ormai diffuso

nelle Università – di intendere il vivere in comune tra gli uomini

che caratterizza i trattati di diritto naturale. Si tratta di una modalità

che non è universale e a-temporale e che non nasce con la filosofia

fichtiana. Se si ha questa avvertenza critica, si evita il rischio di

identificare l’apporto specifico di Fichte con gli elementi che

caratterizzano la struttura logica del giusnaturalismo moderno e si è

più disposti a registrare la perdita di centralità che il diritto naturale

viene ad avere nella maturità di Fichte6, il quale può sembrare

invece più vicino ad alcune movenze del pensiero della politica che

ricordano Platone.

E’ lo stesso Fichte a ricordare il condizionamento subito nella

sua prima esposizione della GWL dal modo in cui i contemporanei

post-kantiani ponevano il problema della filosofia. Noi possiamo

5 Si pensi per esempio a quanto le concezioni politiche tedesche del primo Seicento siano ancora all’interno di un modo di pensare la politica che parte dall’antichità greca (nonostante i notevoli cambiamenti storici complessivi e anche le notevoli differenze che caratterizzano le diverse concezioni) e quanto invece appaia diversa la concettualità della nuova scienza del diritto naturale che inizia con Hobbes, anche se la distanza da quelle concezioni è di pochi decenni (Cfr., a proposito del confronto tra Althusius e Pufendorf sul modo di intendere la società, Duso, La logica del potere cit., sp. “Alle origini del moderno concetto di società civile”, pp. 123-156. 6 E’ a questo proposito da condividere la proposta già avanzata da C. Cesa, La posizione sistematica del diritto, in Filosofia trascendentale e destinazione etica, a cura di A. Masullo et M. Ivaldo, Guerini, Napoli 1995, pp. 239-260.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 6

riassumere tale maniera di filosofare in questo tipo di procedimento

logico : la filosofia è sapere, ma questo è rigoroso se è sistema, e se

c’è un sistema c’è un principio primo7. Tale modalità comporta

quegli aspetti intellettualistici denunciati da Hegel e superati del

resto nelle ulteriori esposizioni della WL. Nel passo

immediatamente successivo della stessa lettera Fichte esprime la

convinzione di essere andato oltre questo condizionamento con gli

scritti successivi, tra cui nomina il Naturrecht e la Sittenlehre.

Nonostante questa affermazione credo sia invece possibile

affermare che nel ‘96-97, proprio in relazione al compito che si

pone per lo scritto e per le sue lezioni, Fichte venga ad essere

condizionato dalla logica tipica della nuova scienza politica dei

moderni, che appare nella veste del diritto naturale. Non è che nel

Naturrecht non sia presente il nucleo speculativo della WL,

secondo quanto recita lo stesso titolo del saggio, ma questo resta

fortemente condizionato dalla logica del diritto naturale, che nella

sua essenza con quel nucleo non coincide o, come tenderei a

proporre, rischia di essere addirittura in conflitto.

Se ci si chiede perché il pensiero fichtiano sia spesso identificato

con l’orizzonte dei diritti naturali degli individui, si può riscontrare

come nel lavoro interpretativo questo orizzonte venga a costituire in

molti casi un presupposto di valore. Ecco allora la terza avvertenza:

3) nella lettura dell’autore bisogna avere coscienza dei concetti che

adoperiamo e dei valori a cui, consapevolmente o no, facciamo

riferimento. Bisogna cioè, contemporaneamente al rapporto con il

testo, interrogare i concetti usati per l’interpretazione, verificarne la

pretesa universalità, la loro genesi, la loro logica, la quale comporta

conseguenze spesso inaspettate, e infine le aporie che in essi si

possono nascondere. Questo è forse l’aspetto più rilevante di un

lavoro di ricerca storico-concettuale: bisogna interrogare

criticamente i concetti che abitano le nostre parole. Spesso nel

nostro accostare i testi fichtiani, elementi come diritti, uguaglianza,

libertà, democrazia restano concetti fermi, valori presupposti, che

indicano la strada nella quale in modo imprescindibile la filosofia

deve camminare, e nello stesso tempo ci rassicurano sulla nostra

identità. A causa di questo atteggiamento presupposto, si rischia di

7 Cfr. la lettera del gennaio 1801 a Johannsen (GA , III/5, 9 21-22).

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 7

leggere anche il nostro autore sulla base di questi concetti,

rintracciandoli in lui per l’aspetto di adesione che la nostra lettura

comporta. Da un tale atteggiamento la nostra lettura non solo viene

ad essere pregiudicata, ma manca di quella criticità - necessaria per

affrontare un lavoro filosofico - consistente nell’interrogare i

concetti, i presupposti, quei valori che sono divenuti doxa comune,

e dunque nel chiedere ragione e nel dare ragione.

Ci può essere utile l’esempio offertoci dalla discussione presente

in uno dei primi numeri delle Fichte-Studien, che è indicativa di un

atteggiamento che coinvolge un numero ben maggiore di interpreti

di quelli che hanno dato vita a quella discussione8. Quando si nota il

modificarsi dell’atteggiamento di Fichte nei confronti del diritto

naturale, o meglio dell’assolutezza e primarietà con cui sono posti i

diritti degli individui nel saggio sul diritto naturale e si riconosce

nelle opere dell’Ottocento un quadro più ampio in cui la libertà del

singolo è inserita, un senso più concreto e comunitario dell’etica9,

in genere si tende a chiedersi se nel Fichte maturo ci sia ancora il

rispetto per i diritti degli individui o se questi passino in secondo

piano, siano affossati da una concezione di carattere comunitario. In

ogni caso, sia che la risposta sia positiva o negativa, resta ferma in

tutti la convinzione che diritti dell’individuo, uguaglianza e libertà

siano valori a partire dai quali si debba giudicare lo spostamento

fichtiano. Ma in questo modo i concetti usati non vengono

interrogati: non se ne chiede ragione, come l’esercizio della

filosofia richiede, ma rimangono acriticamente presupposti.

Da quanto detto ci si può accorgere che la seconda e la terza

avvertenza si intrecciano. Infatti i pre-giudizi del nostro pensare

moderno consistono nell’intendere come eterni e come valori

indiscussi una serie di concetti fondamentali. Si è in tal modo

dipendenti da quel modo di pensare la politica che nasce con il

giusnaturalismo moderno e che condiziona lo stesso Fichte nel

1796-97. Se fosse vero che la logica di questi concetti non è poi

8 Cfr. in particolare : Geismann, Fichtes “Aufhebung” des Rechtstaates, e R. Schottky, Rechtstaat und Kulturstaat bei Fichte. Eine Erwiderung, rispettivamente in “Fichte-Studien”, 3 (1991, pp. 86-117 e 118-153. 9 Su ciò interessante la proposta di L. Fonnesu, Antropologia e idealismo. La destinazione dell’uomo nell’etica di Fichte, Laterza, Bari 1993, che non ricade nell’atteggiamento qui denunciato.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 8

quella che sembra, in quanto comporta presupposti per niente

universali e magari porta a delle aporie strutturali, a delle

conseguenze che sono in contraddizione con le intenzioni che in

quei concetti sono riposte, ecco che l’eventuale spostamento

fichtiano (che credo si possa sostenere) in relazione alla centralità

del diritto naturale può assumere una valenza diversa e anche essere

giudicata in modo diverso : addirittura i mutamenti che avvengono

nell’Ottocento in relazione alla tematica dei diritti, della pratica e

dunque della filosofia politica possono apparire più consoni al

nucleo speculativo della filosofia fichtiana.

2. La logica del diritto naturale e il problema del controllo

Non è questo il luogo per ripercorrere i passaggi salienti che

segnano il processo logico del Naturrecht. E’ piuttosto utile

ricordare due aspetti : quello che mostra il legame che l’opera ha

con i trattati di diritto naturale, e quello secondo cui questo legame

è forzato in una direzione che esploderà in seguito in modo più

evidente. Il primo si manifesta nel modo in cui è ripresa la

costruzione teorica che sta alla base dello Stato, richiedente una

forza che garantisca l’ordine ed elimini il conflitto. Si pensi

all’affermazione della necessità di una forza immane che agisca con

una inesorabilità meccanica al fine di scoraggiare il delitto e di

rendere prevedibile il comportamento di ognuno in modo tale da

garantire una pace stabile e l’affermarsi della legalità10

. Il secondo

aspetto consiste nella volontà di tenere aperto il problema del

controllo del potere, della responsabilità dei rappresentanti, di una

concezione del diritto che ecceda il dispositivo formale costituito

dalla legge e dalla sua legittimazione.

Bisogna ricordare che, dalla sua nascita, la scienza del diritto

naturale è caratterizzata da una razionalità di tipo formale : lo Stato

e il politico sono pensati sulla base di una razionalità giuridica. Il

procedimento “scientifico” che la caratterizza parte dagli individui,

10 Per questi aspetti cfr. G. Duso, Libertà e Stato in Fichte : la teoria del contratto sociale, in Id. (a cura) Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, FrancoAngeli, Milano 20073 (El contrato social en la filosofia politica moderna, tr. sp. di Martha Rivero, “Res publica”, Leserwelt, Valencia 2002), sp. pp. 284-292.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 9

connotati dai diritti fondamentali di uguaglianza e libertà, e giunge

a dedurre il diritto di coazione e il potere comune, al quale tutti

devono essere soggetti. Nel momento in cui si nega che ci siano

differenze tra gli uomini che possano giustificare o meglio imporre,

la necessità che ci sia qualcuno che governi gli altri, è il concetto di

libertà ad assumere il ruolo di pietra angolare della costruzione. La

libertà è qui strettamente connessa con l’opinione e con la

possibilità di manifestazione, priva di ostacoli, delle potenzialità dei

singoli : implica cioè l’assolutizzazione della coscienza dei singoli.

Seguendo il filo del ragionamento quale comincia ad apparire con il

Leviatano di Hobbes, si può mostrare che è proprio questo concetto

di libertà, inteso come la mancanza di ostacoli e l’indipendenza

della volontà, a portare, secondo un procedimento rigoroso, alla

necessità di un potere sommo in quanto unico. E’ il concetto

moderno di sovranità e del comando decisivo che da essa promana

ad apparire necessario non solo per realizzare quella libertà, ma

anche per pensarla. Infatti una tale libertà non può essere attribuita

contemporaneamente a tutti gli individui se non ci sono regole che

impediscano che l’agire di uno occupi lo spazio di libertà dell’altro;

e le regole sono appunto il comando del sovrano11

. Tra l’esercizio

della sovranità e i sudditi si determina un rapporto di comando-

ubbidienza che è formale : riguarda cioè la posizione che occupano

reciprocamente coloro che esprimono il comando e coloro che

ubbidiscono. Si ha in tal modo una risposta univoca a quella

domanda sulla giustizia – caratterizzante la filosofia politica della

tradizione - considerata da Hobbes fonte di destabilizzazione e di

conflitto. Perciò il risultato della costruzione consiste nella

dimostrazione della affemazione che egli nella Prefazione del De

cive aveva auspicato come fonte dei più grandi vantaggi: cioè che

“giusto è ubbidire alle leggi”. Tale affermazione, che caratterizzerà

la storia della forma politica moderna, non permette un’ulteriore

precisazione: che si debba però trattare di “leggi giuste”. Una tale

aggiunta significherebbe che il singolo individuo ha la possibilità di

condizionare l’ubbidienza nei confronti della legge al proprio

giudizio sul contenuto di essa; che c’è cioè un criterio di giustizia

11 Cfr. G. Duso, Il potere e la nascita dei concetti politici moderni, in S. Chignola e G. Duso, (a cura di), Sui concetti politici e giuridici della costituzione dell’Europa, FrancoAngeli, Milano 2005, sp. pp. 176-184.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 10

ulteriore a quello della legittimazione del potere. Ma è proprio una

tale possibilità che il giusnaturalismo intende negare al fine di una

pace duratura e questa negazione caratterizza la storia della

sovranità moderna, fino alla sua più recente declinazione

democratica12

.

Una tale razionalità formale traspare anche nel Naturrecht di

Fichte, a causa della linea argomentativa che caratterizza le dottrine

del diritto naturale. Si può ricordare quel passaggio essenziale del

testo in cui si ipotizza la perdita di lealtà e fiducia (Treue und

Glaube)13

, e il permanere di una situazione conflittuale tra i singoli

finché ognuno resta giudice della sua causa. Ma si può ricordare

anche l’affermazione decisa della inappellabiltà del potere

esecutivo e della necessità del principio rappresentativo, con la

comprensione della logica che ad esso è propria : quella che

impedisce di pensare il soggetto collettivo, il popolo, accanto o di

fronte a coloro che esercitano il potere, in quanto il concetto

moderno di rappresentanza, quale appare già nel XVI capitolo del

Leviatano di Hobbes, si mostra come l’unico modo possibile di

immaginare il soggetto collettivo, una persona artificiale e dunque

la persona civile, nel momento in cui il rapporto di comunità non

venga ritenuto come naturale e originario, ma come costruito sulla

base di un molteplicità di individui14

. Che Fichte si muova

all’interno di questa logica lo mostra la stessa difficoltà che egli

incontra nel pensare le modalità del controllo nel momento in cui,

di fronte al corpo rappresentativo costituito dall’esecutivo, si pone

la domanda su “wo ist… die Gemeine, und was ist sie”15

.

12 Cfr. G. Duso, Genesi e aporie dei concetti della democrazia moderna, in Id. (a cura di), Oltre la democrazia. Un itinerario attraverso i classici, Carocci, Roma 2004, pp.107-138. 13 Cfr. J. G. Fichte, Grundlage des Naturrechts nach den Prinzipien der Wissenschaftslehre (1796-97), Gesamtsausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaften (GA), hrsg R. Lauth u. H. Jakob, Mitwirkung R. Scottkhy, Frommann, Stuttgart - Bad Cannstatt 1966, I, 3, p. 425. 14 Cfr. Duso, libertà e Stato, sp. pp. 292-301. Per quanto riguarda la nascita del concetto di rappresentanza in Hobbes, cfr. Id., La rappresentanza politica sp. pp.80-92 (anche G. Duso, Génesis y logica de la representación política moderna, “Fundamentos. Quadernos monográficos de teoría del Estado, derecho público e historia constitucional”, Oviedo, Spagna 2004, pp. 71-147, sp. pp. 102-116). 15 Cfr. J.G. Fichte, Naturrecht, GA, I, 3, 446-447 (Su ciò Duso, Libertà e Stato in Fichte cit., sp. pp. 297 ss.). Per comprendere quanto sia difficile uscire da questa

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 11

Non si possono dunque non riscontrare nel Naturrecht elementi

tipici del modo di pensare la società e il potere che è stato

inaugurato da Hobbes16

. Su tale presenza – si pensi ad esempio alla

necessità del conflitto per il processo della deduzione della forza

coattiva – è stata espressa meraviglia, soprattutto considerando le

critiche a Hobbes mosse nel Beitrag e il poco interesse nutrito da

Fichte per questo autore anche negli anni successivi al testo sulla

rivoluzione17

. Se ci si chiede come mai avvenga questo mutamento

nel pensiero fichtiano, credo che la risposta sia da rintracciarsi nel

fatto che ora non si tratta più di pensare il movimento della

rivoluzione e il protagonismo dell’agire degli uomini in essa, ma

piuttosto di riflettere sulla genesi e sulla giustificazione razionale

della forma politica, su quel potere comune che appare necessario

affinché gli uomini possano vivere insieme in pace. In altri termini

Fichte ha ora il compito di insegnare e di scrivere sullo Stato nella

forma dei trattati di diritto naturale. Allora la presenza di elementi

hobbesiani non è tanto legata ad un rapporto diretto con i testi di

Hobbes, ma piuttosto con i numerosi trattati di diritto naturale

presenti nelle Università tedesche. Sono questi ad essere il tramite

di diffusione del pensiero hobbesiano; e non tanto perché si ispirino

consapevolmente e positivamente ad esso, ma in quanto ne

riprendono la razionalità formale e lo schema del ragionamento,

quello che dagli individui liberi ed uguali giunge alla fondazione

del potere di coazione. Tale influenza del pensiero hobbesiano non

logica, è da riflettere sul fatto che Fichte, per superare la difficoltà consistente nel rintracciare il soggetto collettivo fuori dalla mediazione rappresentativa, debba ricorrere a modalità sempre di tipo rappresentativo. L’Eforato è infatti una seconda forma di rappresentanza. E anche la rivoluzione, che non è pensabile come la sollevazione contemporanea di tutti (il popolo sarebbe così presente direttamente come soggetto collettivo) comporta la necessità di coloro che chiamano i cittadini alla rivolta e questi sono significativamente chiamati “efori naturali” (cfr. Libertà e Stato cit., pp. 292-301). 16 L’implicazione della concettualità del giusnaturalismo nel Naturrecht è il tema che guida l’analisi del saggio Libertà e Stato in Fichte, che deve per altro essere letto, ai fini della comprensione della filosofia politica di Fichte quale qui proposta, insieme ai due saggi riguardanti il periodo successivo. 17 Cfr. R. Schottky, La “Grundlage des Naturrechts” de Fichte et la philosophie politique de l’Aufklärung, in “Archives de Philosophie” XV (1962), pp. 441-485. E’ significativo che Schottky riconosca che è la natura stessa della cosa, dunque della trattazione del diritto naturale, a comportare questi aspetti hobbesiani (p. 450).

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 12

dipende certo da una adesione alla proposta del Leviatano da parte

degli autori dei trattati ; si può al contrario notare che sovente

l’atteggiamento è di critica e rifiuto, e ciononostante la logica del

dispositivo concettuale hobbesiano è presente e determinante anche

quando il suo rifiuto appare esplicitamente persino nel titolo delle

opere, come avviene ad esempio nell’Anti-Hobbes di Anselm

Feuerbach18

.

Nonostante si muova in questo orizzonte concettuale, tuttavia il

pensiero fichtiano non è certo riducibile ad esso. Il filosofico a cui

rimanda il titolo del Naturrecht non consiste nell’aspetto normativo

e di costruzione concettuale che connota lo schema dei trattati di

diritto naturale (che, è da ricordare, non è prodotto dalla WL, ma la

precede di molto), quanto piuttosto negli aspetti con i quali quella

costruzione è interrogata e complicata. Ciò si manifesta nello stesso

problema del controllo del potere esercitato dai rappresentanti, in

quanto tale problema comporta l’ulteriorità del diritto nei confronti

della risposta formale data dal diritto naturale. Una messa in

questione della razionalità formale è presente anche in Kant, il

quale, pur negando decisamente la resistenza all’autorità dello

Stato, apre uno spazio di controllo costituito dalla pubblicità della

ragione. In questo modo non riduce la giustizia al meccanismo della

legge, intesa come il comando espresso da colui o da coloro che

sono stati da tutti autorizzati, e lega piuttosto il meccanismo

rappresentativo all’idea e alla ragione19

. Anche in Fichte è presente

questa eccedenza della ragione nei confronti della costruzione

formale, e la volontà comune non è riducibile alla volontà prodotta

18 Per questa funzione che vengono ad avere i trattati di diritto naturale si veda ora G. Tonella, Il problema del diritto di resistenza. Saggio sullo Staatsrecht tedesco della fine Settecento, Editoriale Scientifica, Napoli 2007, in particolare sull’Anti-Hobbes, pp. 227 ss. 19 Di questo si tratta : del riferimento alla ragione e alla filosofia e non ad una sfera di discussione pubblica quale può essere pensata nell’ambito del pensiero liberale o della odierna etica pubblica. Ne risulta allora che proprio il filosofo della forma non ha una concezione della politica e del potere riducibile alla razionalità formale nata con il giusnaturalismo : per il chiarimento di questa affermazione si vedano La libertà moderna e l’idea di giustizia, “Filosofia politica”, XV (2001), n. 1, pp. 5-28 e Idea di libertà e costituzione repubblicana cit. Per il tema della rappresentanza in Kant e in Fichte cfr. G. Duso, Génesis y logica de la representación cit, sp. pp. 122-136 (anche La rappresentanza politica cit., sp. pp. 96-109).

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 13

dal corpo rappresentativo. Il potere costituito deve garantire diritto,

sicurezza e giustizia, e di questo si deve chiedere ragione ai

rappresentanti. Insomma appare una sfera di razionalità che eccede

il rapporto formale di rappresentanza e il processo di autorizzazione

e di scelta che legittima i rappresentanti. A differenza di Kant,

Fichte vuole però tenere aperto lo spazio del controllo dal punto di

vista non solo della discussione pubblica, ma anche di un agire

efficace : all’interno cioè dello spazio costituzionale.

Questa operazione risulta però difficile nel Naturrecht, non solo

perché qui egli si colloca nell’orizzonte teorico determinato dal

giusnaturalismo, ma anche perché tende a risolvere il problema del

controllo mediante soluzioni che hanno ancora una

caratterizzazione formale. E’ ben vero che nell’Eforato si manifesta

l’eccedenza della ragione nei confronti della funzione

rappresentativa e che, a proposito degli Efori, si richiama la

necessità della saggezza ; ma, ciononostante, anche quella degli

Efori è una figura che ha un carattere costituzionale e che dovrebbe

garantire il controllo con la sua stessa presenza. Ma come si sa

questa soluzione viene posta in crisi una volta che, nel testo, si

prospetta la possibilità che anche gli Efori tradiscano il popolo.

Anche l’estremo rimedio costituito dalla rivoluzione, se da una

parte mette in crisi la costruzione della forma politica, che non dà

più sicurezza nel momento in cui è sempre aperta al suo

rovesciamento, dall’altra non mette in questione radicalmente la

logica della forma politica, mostrandosi, al contrario, momento

essenziale alla sua fondazione, alla dimensione cioè del potere

costituente.

3. La filosofia pratica oltre la razionalità propria della

forma politica

Gli sviluppi del pensiero fichtiano dopo il Naturrecht vanno nella

direzione di un decentramento e di una perdita di rilevanza del

diritto, privilegiando un altro modo di concepire la filosofia

politica20

. La scienza del diritto non viene certo negata, mostra una

20 Rimando a G. Duso, La philosophie politique de Fichte : de la forme juridique à la pensée de la pratique, in “Fichte-Studien”, Bd. 16 (1999), pp. 191-211, che

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 14

sua necessità, come evidenzia la sua ripresa nella Rechtslehre del

‘12, ma appare insufficiente, a causa del suo aspetto meramente

negativo, ai fini di illuminare la natura pratica dell’uomo e dunque

l’azione nella sua positività. Al di là del modello teorico che dai

diritti degli individui conduce al diritto di coazione, si pone il

problema di un pensare nella pratica guidati dall’idea21

. La stessa

costruzione che ha in Hobbes la sua matrice e vede nell’egoismo

del singolo la molla per l’imporsi di una forma giuridica che serva

alla sicurezza di tutti viene messa sotto accusa nei Discorsi alla

nazione tedesca ; e in questa accusa non si può non vedere un

distacco dalla stessa assunzione di alcuni aspetti essenziali di questa

logica che è propria anche dello scritto sul Naturrecht, come sopra

è stato detto22

. E’ cioè la stessa costruzione del Diritto naturale che

appare inficiata da questo fondamento costituito dall’egoismo e da

una razionalità formale che impedisce una domanda radicale sul

giusto.

Rimandando ai saggi precedenti ai fini del chiarimento di questo

mutamento nel percorso filosofico di Fichte, ritengo sia utile qui

soffermarsi solo su un punto, che era già stato al centro dei

precedenti interventi, ma al quale vorrei ora dare un rilievo ed un

significato ancora più forte. Si tratta del problema della coazione e

di chi nello Stato ha il compito di esercitarla. Il comando continua,

come nel Naturrecht, ad essere considerato necessario per la vita in

comune degli uomini. Tuttavia non è più pensato nella modalità

della sovranità, cioè di quel potere che caratterizza il modo di

intendere il comando non solo nei trattati di diritto naturale, ma

anche nella scienza politica moderna e nelle costituzioni. Per

esprime, già nel titolo il mutamento qui indicato, e a Id., Politische als praktische Philosophie beim spätem Fichte, in Der Transzendental-philosophische Zugang zur Wirklichkeit. Beiträge aus der aktuellen Fichte-Forschung, hrsg. E. Fuchs, M. Ivaldo, G. Moretto, Frommann-Holzboog, Stuttgart- Bad Cannstatt, 2001, pp. 393-409. 21 Per il chiarimento di tale modo di concepire la filosofia politica rimando a Politische als praktische Philosophie beim spätem Fichte cit., ma soprattutto, per la rilevanza data alla Weisheit e per il nesso che questa nozione ha con il nucleo speculativo della WL, rimando ai lavori di G. Rametta, sp. Le strutture speculative cit., pp. 149 ss. 22 Cfr. La philosophie politique de Fichte cit., p. 206 e J. G. Fichte, Discorsi alla nazione tedesca, tr. it. A cura do G. Rametta, Laterza, Roma-Bari 2003, p. 95 e la stessa nota 5 del traduttore, che ribadisce questa ipotesi).

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 15

intendere questa affermazione bisogna ricordare i due aspetti che

determinano il concetto moderno di sovranità o potere politico. Da

una parte esso è unico e irresistibile e impedisce che l’ubbidienza

possa dipendere dal giudizio sui contenuti del comando. Dall’altra

tale irresistibilità e la negazione della rilevanza del giudizio dei

singoli per l’ubbidienza sono pensabili solo sulla base di un

processo di legittimazione, che non può consistere in altro che in

questo : colui che esprime il comando è autorizzato da coloro che

dovranno ubbidire. In questo modo i singoli sono bensì costretti ad

ubbidire sempre, a qualsiasi comando, ma loro stessi hanno voluto

colui o coloro che esprimono il comando : dunque essi ubbidiscono,

in fondo, alla propria volontà. E’ questo il processo di

autorizzazione che caratterizza il concetto moderno di

rappresentanza politica.

Il segreto del concetto moderno di sovranità, quale nasce con la

nuova scienza del diritto naturale e condiziona la dottrina dello

Stato moderno, sta non tanto nella dimensione verticale e

irresistibile che la connota, ma nella base che la rende possibile, il

concetto di libertà e il processo di autorizzazione, come si è sopra

detto, che fondano il potere dal basso legittimandolo. Si viene a

determinare, da un punto di vista concettuale, un arco storico che

dalle dottrine del diritto naturale giunge alla moderna democrazia

rappresentativa, che è pensata, costituzionalmente, sulla base dei

concetti di sovranità e di rappresentanza, e che perciò ravvisa la

legittimazione del potere pubblico nelle procedure elettorali23

. Qui

l’elemento legittimante si identifica con l’espressione dell’opinione

e dell’arbitrio dei singoli e la logica del dispositivo è una logica

formale che impedisce che possa avere rilievo pratico per

l’obbligazione politica una questione della giustizia che ecceda il

meccanismo formale e procedurale di legittimazione24

. Se questo

23 Cfr. Duso, Genesi e aporie dei concetti della democrazia moderna cit., sp. pp. 133-136. 24 Sul nesso tra i concetti nati nel laboratorio del diritto naturale e quelli che stanno alla base della forma democratica, nonché sulle aporie che li connotano, cfr. il volume collettaneo Oltre la democrazia cit., “Democrazia”, in “Filosofia politica”, XX (2006), n. 3, e G. Duso, J-F. Kervégan (ed.), Crise de la démocratie et gouvernement de la vie, Polimetrica, Monza 2007 (www.polimetrica.com), in particolare, sulla funzione dell’opinione, il saggio di B. Karsenti, Election et jugement de tous, pp. 115-135.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 16

fosse vero bisognerebbe dire che l’evoluzione del pensiero di Fichte

nell’Ottocento lo porta al di là della logica giusnaturalistica così

come della democrazia moderna25

. Per lo stesso motivo egli si

mostrerà insoddisfatto anche dello strumento rivoluzionario, che al

contesto appena indicato è solidale. Insomma il filosofico in questo

Fichte si mostra, come in Kant, irriducibile alla razionalità formale

che caratterizza il dispositivo concettuale con cui viene pensata la

politica nelle concezioni giusnaturalistiche e che sta alla base della

moderna democrazia.

Si pensi infatti al modo in cui si pone la questione dello

Zwingherr, sia nella Rechtslehre, sia nella cosiddetta Staatslehre.

Certo il comando e anche l’uso della forza restano necessari nella

società, ma il problema non può più essere ridotto ad una

dimensione formale, giuridica. Punto di riferimento resta la legge

della ragione e dunque la libertà, ma questa non è certo riducibile

all’espressione libera dell’arbitrio dei singoli e deve essere guida

per colui che meglio al suo tempo può ad essa approssimarsi.

Bisogna riconoscere che nella Rechtslehre del 1812 permane il

meccanismo giuridico della sovranità come pure il suo intreccio con

la logica della rappresentazione. L’uso stesso dei termini

Souveränität e Souverain sono un segnale di questa permanenza.

Tuttavia La Herrschaft sembra irriducibile alla logica della

sovranità moderna nel momento in cui si mostra con evidenza che

essa deve essere esercitata in relazione ad una razionalità e ad una

concezione della libertà e della giustizia che eccedono il

meccanismo di legittimazione. Proprio per questo Fichte alla

domanda di chi sia legittimato a divenire Oberherr nel suo popolo

risponde : quello che è il migliore intelletto del suo tempo e del suo

popolo26

. Nella Rechtslehre si propone la via, solo apparentemente

duplice, che non può non richiamarci la repubblica platonica : Der

Beste soll herrschen, oder … der Herrscher soll der Beste sein27

.

Deve essere il migliore e, nella RL si dice anche “il più giusto del

25 Sul rapporto di Fichte con la democrazia cfr.G. Rametta, Politica e democrazia nell’idealismo tedesco, in Duso, Oltre la democrazia cit., su Fichte pp. 186-196. 26 J.G. Fichte, Sämmtliche Werke, hrsg. I. Fichte Berlin 1845-46, rip. an. Walter de Gruyter, Berlin 1971, IV, p. 444, (La Doctrine de l’Etat (1813), tr. fr., présentation par JC. Goddard, Vrin, 2006, p. 126). 27 J. G. Fichte, Rechtslehre (RL), ed Schottky, Felix Meiner, Hamburg RL, 149; cfr. La philosophie politique de Fichte cit., sp. pp. 200-203.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 17

suo tempo”. Ma allora ciò che garantisce la bontà del governo non è

una autorizzazione che viene dal basso, ma la capacità di innalzarsi

all’idea e alla ragione.

Non viene immediatamente negato il meccanismo della

sovranità, ma sono i due processi che nel NR apparivano rilevanti

per la sovranità a monte e a valle ad essere messi in crisi. Da una

parte, a monte, quello della autorizzazione, cioè della legittimazione

derivante dalla scelta dei singoli che avviene attraverso il voto,

secondo quanto afferma il ritornello consueto negli anni della

Rivoluzione francese : non c’è rappresentazione senza elezione. Già

con Kant questa legittimazione viene a cadere, e proprio per questo

l’ideale della costituzione repubblicana, nella quale la

rappresentazione ha a che fare con l’idea e dunque con la ragione,

non è riducibile al buon senso delle costituzioni democratico-

rappresentative contemporanee, dove il fondamento indiscusso

della legittimazione consiste nella maggioranza dei voti28

.

Nonostante tutte le notevoli differenze esistenti tra i due autori,

troviamo un atteggiamento analogo (per quanto riguarda lo statuto

della filosofia) anche in Fichte. Già infatti nella Rechtslehre

emerge, sulla base della realistica constatazione della cattiveria dei

più, la convinzione che “nicht der Vorschlag des Weisen und

Guten, sondern des Unweisen die Majorität für sich gewinnen

werden”29

. Ciò che mi pare maggiormente rilevante è non tanto

l’opinione che la maggioranza sia cattiva, ma l’indicazione che la

bontà della scelta non è riducibile alla maggioranza delle opinioni.

La semplice espressione dell’arbitrio di tutti, non solo non è

sufficiente, ma appare a Fichte contraria alla scelta del migliore. La

conclusione è drastica : “Also, die Aufgabe das Recht zu

konstituiren, welche jetzt auf die zurückgeführt worden ist, den

Gerechtesten seiner Zeit und Nation zum Herrscher derselben zu

machen, ist durch menschliche Freiheit nicht zu lösen “30

. La

libertà, intesa qui nel senso riduttivo dell’espressione libera

dell’arbitrio, sembra abbandonare la centralità e il ruolo

28 Cfr. Duso, L’idea di libertà e l’ideale repubblicano nel pensiero di Kant cit. sp. pp. 28-42. 29 Cfr. RL, p. 154.Riprendo qui alcune indicazioni presenti in Politische als praktische Philosophie beim spätem Fichte cit. 30 R L, p. 155-156.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 18

fondamentale e unico che riveste nella costruzione del diritto, e

quest’ultimo sembra perdere la sua autosufficienza e la capacità di

risolvere il problema della giustizia. La domanda a cui è necessaria

la scelta del migliore, del più giusto e del saggio è quella della

Gerechtigkeit im Staate31

. Si badi bene che questa riproposizione

della questione della giustizia nello Stato non si lascia ricondurre

alla giustizia dello Stato, nell’ottica della conquista del dispositivo

concettuale nato con il giusnaturalismo, che, sulla base della

constatazione della conflittualità e della instabilità che nascono

dalle contrapposte opinioni sulla giustizia, produce un modo

univoco di intendere quest’ultima, e appunto formale, tale da

prevedere un comportamento uniforme degli uomini a prescindere

dalla pluralità delle opinioni che essi possono avere. La costruzione

scientifica della forma politica tende a ridurre la giustizia al diritto,

e questo all’insieme delle leggi prodotte dallo Stato, e nello Stato da

colui o coloro che da tutti sono stati designati a tale funzione. Porre

una domanda di giustizia che ecceda questa razionalità formale

significa mettere in crisi la costruzione della forma politica e apri -

o riaprire - un modo diverso di pensare la politica.

Da una parte dunque è il processo che sta a monte della

sovranità ad essere messo in questione, dall’altra quello a valle, che

risulta di assai difficile soluzione per tutti i giusnaturalisti, ma che

con caparbietà Fichte cercava di perseguire nel NR, cioè quello

delle garanzie formali che possono realizzare un autentico controllo

del potere. Un tale controllo era ricercato attraverso la forma

costituzionale dell’Eforato e, nel fallimento di questa, attraverso il

mezzo della rivoluzione. Entrambe queste due vie, vengono scartate

nella Rechtslehre, per lo stesso motivo per il quale l’elezione non è

soluzione del problema della scelta dell’uomo più giusto. Non è con

un secondo corpo rappresentativo che si può avere una garanzia del

controllo : la ricerca del controllo dei controllori porta all’aporia la

logica di garanzia e di sicurezza che è insita nella forma politica

moderna. La stessa espressione di volontà della maggioranza del

popolo ha carattere solo formale, ma non dà la garanzia che il

governo e l’agire comune siano giusti da un punto di vista concreto

e materiale.

31 RL, p. 156.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 19

La messa in crisi del carattere formale della relazione comando-

obbedienza, la denuncia della inefficacia del processo legittimante

basato sulla libertà dei singoli32

e la ricerca di una giustizia che

vada oltre il circolo che dai diritti degli individui porta al diritto

come insieme delle leggi dello Stato, ci spingono a dire che qui non

ci troviamo più di fronte al concetto di sovranità : la logica della

sovranità viene messa radicalmente in crisi e la Herrschaft di cui si

parla non è riducibile ad un gioco di volontà : quella obbligante del

soggetto collettivo e quella autorizzante dei singoli individui. Si

tratta piuttosto di un comando che è legato ad una funzione di guida

e che comporta la necessità di rivolgersi ai punti di orientamento

che la ragione ci offre, che oltrepassano la volontà sia di chi

comanda, sia di chi è soggetto al comando. C’è un orizzonte che

deve accomunare chi si trova nella stessa realtà politica. Come ho

sopra ricordato, più che la logica del giusnaturalismo, è qui presente

un modo di pensare la politica che richiama una tradizione più

antica, che giunge fino a Platone, come si è detto. Non è sufficiente

la messa in questione della affermazione platonica dei re filosofi o

dei filosofi re, o della ripresa nella Repubblica del mito dei diversi

metalli di cui sono fatti gli uomini33

per ravvisare una radicale

opposizione al modo platonico di pensare la politica. Intendiamoci

bene, non voglio qui sostenere che Fichte si rifaccia ad un modello

antico. La proposta è piuttosto un’altra : che al di là della

concettualità diffusa con i trattati di diritto naturale, che pensa

l’agire in comunità degli uomini mediante il dispositivo logico

determinato dai poli di libertà e potere, Fichte, per la radicalità che

comporta il nucleo filosofico del suo pensiero, riattinge, all’interno

della costruzione teorica che segna il pensiero moderno della

politica, un problema più originario, che è quello della giustizia e

quello della necessità di pensare l’azione di governo e il rapporto

tra governante e governati. Sarei tentato di dare a questo Zwingherr

32 Naturalmente non si vuole qui trascurare l’idea di libertà che è centrale in Fichte e connaturata, come egli stesso afferma, a ciò che egli intende per filosofia ; piuttosto si vuole registrare il fatto che essa non coincide con il concetto di libertà che appare essenziale al dispositivo nato con il giusnaturalismo. 33 SW , IV, p. 458 (tr. fr., p. . 137), 453-54 (tr. fr., pp. 133-134).

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 20

non il nome di sovrano, ma piuttosto quello di governante nel senso

forte e originario del termine governo34

.

Per tornare al quadro da cui sono partito e che lega

l’attraversamento di Fichte al problema della filosofia politica e

all’analisi dei concetti politici moderni, ricordo che in una serie di

lavori abbiamo cercato di mostrare come lo stratagemma logico

della sovranità, che trova il suo compimento nella democrazia

moderna, consista nel negare, sulla base dell’uguaglianza un

rapporto di governo tra gli uomini. Dal momento che il comando e

l’obbligazione non è negabile, lo stratagemma consiste allora nel

fare della volontà di chi ubbidisce la fonte del comando. Solo così

si può pensare a quella disciplina che il concetto di potere

comporta, secondo cui chi ubbidisce, come dice Weber, per propria

volontà, pone il comando della legge a norma della propria azione,

a prescindere dal contenuto del comando, ma solamente in

relazione alla posizione in cui si trova nei confronti di chi esprime il

comando35

. Così in democrazia il potere è teoricamente di tutti e

proprio ciò impedisce sia di pensare la partecipazione dei cittadini -

perché non si partecipa a ciò che è già proprio -, sia la

responsabilità di chi governa (che compirebbe azioni di cui autori

sono coloro che lo hanno autorizzato), sia la reale presenza politica

dei cittadini di fronte al corpo rappresentativo e al nesso di

legislativo ed esecutivo, dal momento che è proprio quella

rappresentativa la via di manifestazione della volontà del soggetto

collettivo36

.

34 E’ ben vero che è l’educazione filosofica a venire in luce con forza in questo contesto, ma questa non sostituisce né nega il comando e l’obbligazione politica; piuttosto li pensa in un modo diverso da quello del potere e della sovranità. Per la distinzione della categoria del governo dal concetto moderno di potere cfr. Fine del governo e nascita del potere, in Duso, La logica del potere, pp. 83-122, Id., Il potere e la nascita dei concetti cit., sp. pp. 184-188. 35 Cfr. M. Weber, Wirtschaft und Gesellschaft, hrsg. J. Winckelmann, Mohr, Tübingen, 19765, I Bd., p. 28 (tr. it. Economia e società, a cura di P. Rossi, Edizioni di Comunità, Milano, 19742, ora 1981, vol. I, pp. 51-52 (su questo cfr. Tipi del potere e forma politica moderna in Max Weber, in G. Duso, La rappresentanza politica cit., pp. 120-144). 36 Per un approfondimento dei paradossali effetti di spoliticizzazione che derivano dal dispositivo democratico di legittimazione del potere, rimando a G. Duso, La democrazia e il problema del governo, “Filosofia politica”, XX (2006), n. 3, pp.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 21

Alla luce anche della riflessione critica sulle opinioni comuni

che stanno alla base della forma democratica, l’eccedenza della

filosofia di Fichte nei confronti dello stato di diritto, della

democrazia e della rivoluzione, lungi dal dover essere deprecata,

appare piuttosto come uno spazio filosofico da attraversare senza

pregiudizi per il nostro stesso tentativo di pensare la politica.

367-390; per quanto riguarda il riemergere del problema del governo, sp. pp. 381-385.

Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 22