Fia mdma

115
Fenilisopropilamine Introduzione Le fenilisopropilamine sono un grande gruppo di sostanze di sintesi ad attività simpaticomimetica: esistono numerose possibilità di sostituzioni, a carico dell’anello aromatico, della catena laterale e del gruppo aminico, che portano a sostanze anche molto diverse tra loro, quanto ad attività cerebrale e a specificità farmacologica. Per semplificare, è possibile dividere la classe delle fenilisopropilamine (PIA) in due grossi gruppi, che derivano da: 1) sostituzioni sulla catena laterale 2) sostituzioni sull’anello benzenico: Questa suddivisione è molto importante, poiché le caratteristiche farmacologiche dei due gruppi di sostanze si discostano, pur essendo entrambi dei forti psicostimolanti; infatti, mentre il primo 1

description

 

Transcript of Fia mdma

Page 1: Fia mdma

Fenilisopropilamine

Introduzione

Le fenilisopropilamine sono un grande gruppo di sostanze di sintesi ad attività

simpaticomimetica: esistono numerose possibilità di sostituzioni, a carico

dell’anello aromatico, della catena laterale e del gruppo aminico, che portano a

sostanze anche molto diverse tra loro, quanto ad attività cerebrale e a

specificità farmacologica. Per semplificare, è possibile dividere la classe delle

fenilisopropilamine (PIA) in due grossi gruppi, che derivano da:

1) sostituzioni sulla catena laterale

2) sostituzioni sull’anello benzenico:

Questa suddivisione è molto importante, poiché le caratteristiche

farmacologiche dei due gruppi di sostanze si discostano, pur essendo entrambi

dei forti psicostimolanti; infatti, mentre il primo gruppo (amfetamine classiche)

agisce essenzialmente sui sistemi adrenergico e dopaminergico, il secondo

gruppo agisce essenzialmente sul sistema serotoninergico e ha potenzialità

allucinogene (metossi- e metilendiossiamfetamine).

1

Page 2: Fia mdma

I Sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti

ad opera del gruppo delle fenilisopropilamine

Come accennato in precedenza, gli stimolanti di sintesi interagiscono

essenzialmente col sistema delle catecolamine e della serotonina (monoamine),

in modo diverso a seconda della loro struttura.

Regolano il rilascio delle monoamine in modo dose-dipendente e specifico per

ogni sistema neuronale monoaminergico, sia favorendo il rilascio di

trasmettitore che inibendone il reuptake, fatta eccezione per le fibre dotate di

autorecettori, sia somatiche sia terminali, con la conseguenza che nel

meccanismo d'azione è osservabile un aspetto bifasico, correlato a dosi

generalmente anche medio-alte, tranne che per la norepinefrina, che manifesta

carattere bifasico nella risposta a basse dosi di amfetamina. La risposta bifasica

allo stimolo è molto importante nello studio della varietà di aspetti

comportamentali che si osservano nel consumo di amfetaminici e stimolanti in

genere, soprattutto quando a dosaggi elevati si manifestano atteggiamenti

aggressivi e violenti e addirittura stereotipie.

I simpaticomimetici comprendono sia amfetaminici e loro derivati, che

molecole a diversa struttura, utilizzate per il trattamento dell’obesità come

anoressizzanti (fenmetrazina, fendimetrazina, dietilpropione); gli amfetaminici

comprendono l'amfetamina (racemo), la metamfetamina, la benzfetamina e i

derivati diossimetamfetaminici.

I neurotrasmettitori modulati sono la dopamina, la serotonina e la

norepinefrina, in quanto agonisti dei recettori monoaminergici e antagonisti

(come inibitori) dell’attività della tirosinaidrossilasi e del gruppo MAO b

(centrale).

Si definiscono simpaticomimetiche tutte quelle sostanze in grado di mimare

l’azione delle catecolamine naturali (adrenalina, noradrenalina e dopamina),

attive sui recettori , e DA, presenti a livello centrale e periferico. Tali

sostanze possono essere distinte in tre gruppi: catecolamine, agonisti non

catecolici ad azione diretta e simpaticomimetici indiretti. In quest’ultimo

gruppo rientrano l’efedrina, l’amfetamina e i suoi derivati. La molecola di base

2

Page 3: Fia mdma

di tutti questi composti è la feniletilamina, che, variamente sostituita, dà luogo

ai diversi simpaticomimetici:

_sostituzione sul gruppo aminico: maggiore è il sostituente alchilico e

maggiore è l’attività sui recettori , mentre minore è l’attività sui recettori

_sostituzione sull’anello benzenico: il massimo dell'attività o stimolante si

ha con le catecolamine, che hanno gruppi idrossilici su C3 e C4. L’assenza di un

idrossile, soprattutto su C3, senza altre sostituzioni sull’anello può diminuire

drasticamente la potenza stimolante della molecola. L’assenza di uno o

entrambi gli idrossili, però, aumenta la biodisponibilità orale e prolunga

l’attività, permettendo anche la distribuzione al SNC.

_sostituzione sul carbonio : impedisce l’ossidazione da parte delle MAO e

prolunga il tempo d’azione, soprattutto dei farmaci non catecolaminici. I

composti -metilati sono detti fenilisopropilamine e sono stimolanti indiretti,

per cui, almeno in parte, la loro azione dipende dalle scorte endogene di

catecolamine.

Con la denominazione di amfetaminici, o amfetamine, si indicano i diversi

composti derivati dall’amfetamina, le cui attività dipendono dalle varie

sostituzioni ottenute dal composto di base, la destroamfetamina (o

fenilisopropilamina). Così, ad esempio, mentre l’amfetamina inibisce il

recupero sinaptico delle catecolamine (soprattutto noradrenalina e dopamina),

una sostituzione sull’anello benzenico la trasforma in una sostanza

serotoninergica. Se il gruppo sostituente è poi di tipo metossilico, la sostanza

acquisisce anche proprietà allucinogene. Quindi, modificando anche solo

leggermente la struttura di base, è possibile ottenere composti con

caratteristiche farmacologiche diverse, che vengono anche chiamate “designer

drugs” (o droghe progettate o droghe d’autore). Queste sostanze vengono

sintetizzate in laboratorio per ottenere prodotti finalizzati all’ottenimento di

effetti particolari a prezzi contenuti, a partire da molecole lecitamente utilizzate

in campo farmaceutico, industriale o domestico.

Le catecolamine vengono prodotte a partire dall’aminoacido tirosina introdotto

con la dieta: per idrossilazione si ottiene la L-DOPA e per successiva

decarbossilazione si ottiene la dopamina. Quest’ultima può poi essere

3

Page 4: Fia mdma

trasformata in noradrenalina grazie ad una idrossilazione. L’adrenalina si

ottiene, infine, per metilazione del gruppo amminico.

Sistema dopaminergico

I neuroni dopaminergici sono per lo più localizzati a livello mesencefalico e

diencefalico. Il raggruppamento più consistente si trova nella sostanza nera

mesencefalica, la quale, insieme a piccoli gruppi vicini di neuroni

dopaminergici, dà estese proiezioni ascendenti, che possono essere distinte in:

_via nigro-striatale: diretta ai nuclei caudato, putamen e amigdala, fa parte del

sistema extrapiramidale; la degenerazione di questa via è alla base del morbo di

Parkinson

_via meso-limbica: diretta a diverse formazioni del lobo limbico, come nucleo

accumbens, tubercolo olfattorio e setto; è coinvolta quindi nelle vie emotive e

si considera iperattiva nella schizofrenia

_via meso-corticale: diretta prevalentemente alla corteccia prefrontale, al giro

del cingolo, all’amigdala e all’area piriforme; è stato ipotizzato il

coinvolgimento di questi sistemi nella regolazione della sfera emozionale.

Il gruppo diencefalico è localizzato nell’ipotalamo e dà sistemi a proiezione

breve (intraipotalamica) e media, come:

_via tubero-infundibolare: i corpi cellulari sono localizzati nel nucleo arcuato

(o infundibolare) e inviano fibre afferenti ai lobi intermedio e posteriore

dell’ipofisi e all’eminenza mediana; si ritiene che la dopamina sia da

identificare con il fattore inibente il rilascio di prolattina e che possa anche

inibire la secrezione di ACTH,

_sistema incerto-ipotalamico: origina nel talamo caudale e termina nelle aree

anteriore e dorsale dell’ipotalamo.

Infine, neuroni dopaminergici sono presenti nella retina, nel bulbo olfattorio,

nell’area postrema del bulbo e nei gangli periferici.

Esistono almeno cinque tipi diversi di recettori per la dopamina: D1 e D2 sono

noti da tempo e ben caratterizzati, mentre gli altri sono stati identificati di

recente.

4

Page 5: Fia mdma

Recettori D1: sono presenti a livello centrale nei nuclei caudato, putamen e

accumbens, nel tubercolo olfattorio e nella sostanza nera mesencefalica; sono

presenti anche a livello periferico, a livello della muscolatura liscia dei vasi

renali, mesenterici, coronarici e cerebrali (vasodilatazione) e a livello delle

paratiroidi (rilascio di paratormone). Questo recettore è accoppiato a una

proteina GS e così attiva l’adenilato ciclasi, con produzione di cAMP.

Recettori D2: sono presenti a livello post- e presinaptico nel SNC e hanno

un’attività opposta ai recettori D1, poiché sono accoppiati a una proteina GI,

che inibisce l’adenilato ciclasi. I recettori D2 postsinaptici sono localizzati a

livello striatale, dove inibiscono i neuroni colinergici, a livello infundibolare,

dove inibiscono la secrezione di prolattina, e nella zona chemocettrice dell’area

postrema. I recettori D2 presinaptici inibiscono sintesi e rilascio di dopamina

da parte delle terminazioni assoniche. I recettori D2 possono anche attivare

altri sistemi di trasduzione del segnale, oltre all’inibizione dell’adenilato

ciclasi, ovvero possono aumentare la conduttanza al K+ e diminuire quella al

Ca++, agendo sui canali ionici. Queste diverse risposte possono anche

verificarsi contemporaneamente, come si è stato documentato

sperimentalmente a livello delle cellule lattotrope ipofisarie.

Recettori D3: sono simili ai recettori D2, poiché inibiscono la produzione di

cAMP; sono presenti a livello pre- e postsinaptico nel tubercolo olfattorio, nel

nucleo accumbens e nell’ipotalamo.

Recettori D4: sono simili ai recettori D2 e D3 e inibiscono la produzione di

cAMP e aumentano la conduttanza al K+; sono localizzati nella corteccia

frontale, nel mesencefalo e nelle aree limbiche.

Recettori D5: sono simili ai recettori D1, poiché stimolano la produzione di

cAMP, ma sono assai meno numerosi, pur avendo una maggior affinità per la

dopamina. Sono per lo più localizzati a livello di ippocampo e ipotalamo.

Sintetizzando, i ruoli principali del sistema dopaminergico sono due:

A) azione inibitrice sullo striato (centro di integrazione motoria, che a sua volta

inibisce il pallido): quindi la dopamina favorisce la scarica attivatrice del

pallido sulle aree motrici corticali e sui nuclei del tronco encefalico;

5

Page 6: Fia mdma

B) modulazione delle emozioni per attività sul lobo limbico (ippocampo,

amigdala e nucleo accumbens soprattutto); in particolare la dopamina sembra

avere un ruolo importante nella fisiologia delle sensazioni di piacere e

gratificazione (accanto al sistema degli oppioidi endogeni): alterazioni della

trasmissione dopaminergica a livello mesolimbico sembrano, infatti, costituire

il substrato neurochimico della dipendeza da sostanze di abuso.

P. Romualdi e Coll. hanno dimostrato come cocaina e metamfetamina

partecipino al meccanismo di down regulation del sistema oppioide endogeno

al pari della morfina, con una specificità che si manifesta in peculiari aspetti di

danno cellulare in aree cerebrali diverse. L’interazione fra i sistemi oppioide e

dopaminergico costituisce la base dell’adattamento cerebrale all’esposizione

cronica a sostanze di abuso (plasticità neuronale), base molecolare

dell’addiction. In particolare la cocaina induce una diminuzione

dell’espressione genica per la prodinorfina nell’ipotalamo, un suo aumento

nello striato, e nessuna variazione nel nucleo accumbens e nell’ippocampo. La

metamfetamina stimola la prodinorfina nell’ipotalamo, striato, corteccia

frontale, ma non nel nucleo accumbens e nell’ippocampo. Dato che le vie

mesocorticolimbiche contengono prevalentemente neuroni dopaminergici è

chiaro che il meccanismo di gratificazione nell’uso di queste sostanze

coinvolge l’interazione fra il sistema oppioide e quello dopaminergico. Inoltre

l’inibizione del reuptake, sperimentale con inibitore specifico (GBR 12909),

della dopamina regola l’espressione della prodinorfina nell’ipotalamo mentre

l’aumento osservato dopo somministrazione cronica di cocaina non può essere

collegato ad una inibizione dell’uptake di dopamina, dato che il fatto non è

indotto da un inibitore selettivo dell’uptake di dopamina. Tutto ciò suggerisce

come l’espressione della prodinorfina modulata dalla cocaina nel putamen e

caudato possa essere mediata dall’inibizione dell’uptake della norepinefrina e

della serotonina, ovvero una combinazione di due o tre neurotrasmettitori.

Stesse considerazioni possono essere condotte sul meccanismo di azione della

metamfetamina, estendendole oltre che all’espressione della prodinorfina anche

a quella della dinorfina A.

6

Page 7: Fia mdma

Sistema adrenergico

I neuroni noradrenergici sono localizzati nel tronco encefalico; il

raggruppamento più consistente corrisponde al locus coeruleus, localizzato

nella parte posteriore del ponte. Esso riceve afferenze in pratica da tutto il SNC

e, a sua volta, manda proiezioni a midollo spinale, cervelletto, talamo, corteccia

e sistema limbico. Gruppi più piccoli di neuroni noradrenergici sono localizzati

nella formazione reticolare e nel contesto di nuclei di nervi encefalici (nucleo

del tratto solitario e nucleo dorsale del vago). L’insieme dei neuroni

noradrenergici dà luogo a un’ampia proiezione, estesa in senso sia rostrale, sia

caudale, che raggiunge praticamente tutte le formazioni del SNC, tanto che si

parla di sistema noradrenergico a proiezione diffusa. Esso fa parte del sistema

reticolare attivatore ascendente (SRAA), che ha un’azione di attivazione

diffusa della corteccia telencefalica e interviene in funzioni importanti, come la

regolazione di sonno e veglia, la modulazione del comportamento e le risposte

di allarme.

Esistono poi raggruppamenti di neuroni adrenergici bulbari: essi svolgono

importanti funzioni nel controllo delle risposte vasopressorie da parte del SNC.

Adrenalina e noradrenalina sono prodotte anche perifericamente: infatti, la

noradrenalina è il mediatore della maggior parte delle terminazioni

postgangliari ortosimpatiche ed entrambe le catecolamine vengono sintetizzate

nella midollare del surrene, che ha origine dalla cresta neurale. Questa

ghiandola produce per l’80% adrenalina e solo per il 20% noradrenalina:

piccole quantità di catecolamine vengono liberate anche in fase di riposo, ma è

sotto l’influenza di stress esogeni o endogeni (situazioni di emergenza,

ipoglicemia, ferite, infezioni) che si ha la massima attività secretiva

ghiandolare. Quindi entrambe le sostanze rappresentano importanti fattori di

regolazione nelle situazioni di stress, ma mentre l’adrenalina circolante è di

provenienza surrenalica, la noradrenalina è per lo più di provenienza simpatica.

I recettori adrenergici sono ampiamente rappresentati nell’organismo e si

possono suddividere in due gruppi, e , a loro volta suddivisi in due sottotipi.

Recettori 1: sono presenti a livello centrale e periferico e sono esclusivamente

postsinaptici. La loro attivazione porta a un aumento della concentrazione

7

Page 8: Fia mdma

citoplasmatica di Ca++, grazie al sistema del fosfatidilinositolo di membrana,

che viene scisso dalla fosfolipasi C in diacilglicerolo e inositolo trifosfato:

quest’ultimo è poi responsabile della liberazione del Ca++ dai depositi. A livello

periferico, sono localizzati sulla muscolatura liscia, dove inducono contrazione,

in particolare vasocostrizione, piloerezione, midriasi, aumento del tono

sfinteriale.

Recettori 2: sono anch’essi presenti a livello centrale e periferico, ma sono

prevalentemente presinaptici; agiscono inibendo l’adenilato ciclasi, grazie

all’accoppiamento con una proteina Gi. I recettori presinaptici inibiscono la

liberazione di noradrenalina da parte dei terminali assonici; un analogo

meccanismo di feed-back negativo è operato da collaterali delle fibre efferenti,

che stimolano autorecettori 2 localizzati sul corpo cellulare. Tali recettori sono

presenti anche su alcune terminazioni colinergiche centrali, sempre con

un’attività inibitoria; al contrario, sulle terminazioni colinergiche periferiche

sono presenti recettori 2 che facilitano la liberazione di acetilcolina.

Recettori : i recettori 1 e 2 sono molto simili dal punto di vista biochimico e

funzionale e stimolano entrambi l’adenilato ciclasi con produzione di cAMP; si

differenziano però per una diversa distribuzione e per una diversa affinità di

legame con adrenalina e noradrenalina: infatti, mentre i recettori 1 sono

ugualmente stimolati dalle due catecolamine, i recettori 2 hanno una maggior

affinità per l’adrenalina.

I recettori 1 sono presenti in tutto il SNC, tranne nel cervelletto, e sono

particolarmente abbondanti negli strati superficiali della corteccia, nel nucleo

accumbens, nel tubercolo olfattorio, nella sostanza nera e nella pia madre. A

livello periferico sono invece localizzati in cuore e tessuto adiposo.

I recettori 2 sono localizzati prevalentemente nel cervelletto, mentre a livello

periferico sono localizzati sulla muscolatura liscia, dove inducono

rilasciamento, in particolare a livello bronchiale, venoso, digerente e nelle

arteriole del muscolo scheletrico, e nel fegato, dove inducono glicogenolisi e

gluconeogenesi.

Quindi, il sistema adrenergico, oltre ad avere un fondamentale ruolo di

controllo vegetativo, è coinvolto nella regolazione dei meccanismi di sonno e

8

Page 9: Fia mdma

veglia e delle sensazioni di allarme e paura. Si pensa inoltre che i circuiti che

esistono tra locus coeruleus e corteccia cerebrale costituiscano il substrato

neuroanatomico dell’influenza che l’apprendimento può esercitare su dolore e

paura: tale funzione sembra essere di fondamentale importanza per

l’elaborazione dell’anticipazione dell’esperienza nociva.

Sistema serotoninergico

La serotonina viene sintetizzata a partire dall’aminoacido L-triptofano, che

viene prima idrossilato a 5-idrossitriptofano e poi decarbossilato, con

produzione di 5-idrossitriptamina (5-HT o serotonina). Il triptofano presente

nel plasma proviene esclusivamente dagli alimenti e la sua eliminazione dalla

dieta fa diminuire la concentrazione cerebrale di serotonina. Oltre che nel SNC,

la serotonina è presente perifericamente nelle piastrine, nei mastociti e nelle

cellule enterocromaffini del tratto digerente.

I neuroni serotoninergici sono localizzati essenzialmente nel tronco encefalico

e corrispondono principalmente ai nuclei del rafe, anche se non tutti i neuroni

di tali nuclei sono serotoninergici. Possiamo distinguere due gruppi principali

di neuroni serotoninergici: un gruppo ponto-mesencefalico, che dà proiezioni

ascendenti, e un gruppo bulbare, che dà proiezioni discendenti. Analogamente

al sistema noradrenergico, quello serotoninergico costituisce un sistema a

proiezione diffusa, facente parte anch’esso del SRAA, e raggiunge

praticamente tutti i centri del SNC: corteccia, ippocampo, amigdala, setto,

ipotalamo, sostanza nera, nucleo interpeduncolare, locus coeruleus, neostriato,

nuclei visceromotori e sensitivi dei nervi cranici. I fasci discendenti di origine

bulbare arrivano invece a midollo spinale e cervelletto. Le sinapsi del sistema

serotoninergico sono per lo più di tipo dendro-dendritico, indicative quindi di

una funzione modulatoria più che eccitatoria o inibitoria del sistema.

I recettori serotoninergici cerebrali sono presenti a livello sia pre- che

postsinaptico e sono suddivisibili in diversi tipi, sulla base del meccanismo

d’azione, della distribuzione e dell’affinità di legame con la 5-HT.

9

Page 10: Fia mdma

Recettori 5-HT1: hanno come meccanismo d’azione l’inibizione dell’adenilato

ciclasi e hanno una grossa affinità per la serotonina. Ne esistono almeno cinque

sottotipi:

_5-HT1A: oltre ad inibire l’adenilato ciclasi, determinano anche l’apertura di

canali per il K+, con conseguente iperpolarizzazione della membrana. Sono

localizzati in ippocampo, amigdala, setto, ipotalamo e nuclei del rafe

_5-HT1D: ne esistono due forme, e , che sono codificate da cromosomi

diversi, ma hanno la stessa distribuzione e lo stesso meccanismo d’azione.

Sono localizzate nella sostanza nera, nei gangli della base e nel collicolo

superiore.

_5-HT1E: non è stato ancora ben definito

_5-HT1F: è localizzato nella corteccia cerebrale, nello striato, nell’ippocampo e

nel bulbo olfattorio.

Il sottotipo 1B, isolato nel topo e nel ratto, si è rivelato essere un omologo di

specie del sottotipo 1D, presente nell’uomo; il sottotipo 1C è stato invece

incluso nei recettori 5-HT2, coi quali ha maggiori affinità funzionali.

Recettori 5-HT2: hanno come meccanismo d’azione la stimolazione della

fosfolipasi C, con attivazione della via del fosfatidilinositolo. Ne esistono tre

sottotipi:

_5-HT2A: oltre a stimolare la fosfolipasi C, determina anche la chiusura di

canali per il K+; è localizzato nel claustro, nella corteccia, nel tubercolo

olfattorio, nello striato e nel nucleo accumbens

_5-HT2B: non è stato ancora ben definito

_5-HT2C: è localizzato nei plessi coroidei, nel globo pallido, nella corteccia,

nell’ipotalamo, nel setto e nella sostanza nera.

Recettore 5-HT3: è costituito da un canale transmembrana a controllo chimico,

la cui apertura determina l’entrata di cationi, in particolare Ca++.

Recettore 5-HT4: ha come meccanismo d’azione la stimolazione dell’adenilato

ciclasi e si trova a livello di ippocampo, striato, tubercolo olfattorio e sostanza

nera.

10

Page 11: Fia mdma

Recettore 5-HT5: inibisce l’adenilato ciclasi e la sua localizzazione è incerta;

ultimamente è stato trovato un recettore simile, codificato da un gene diverso,

per cui attualmente si considerano due sottogruppi, 5-HT5A e 5-HT5B.

Recettore 5-HT6: stimola l’adenilato ciclasi e la sua localizzazione è incerta.

Recettore 5-HT7: stimola l’adenilato ciclasi e si trova a livello di corteccia,

setto, talamo, ipotalamo, amigdala e collicolo superiore.

Data la grande diffusione del sistema serotoninergico e la grande varietà di

recettori, non stupisce che tale sistema sia implicato in molte funzioni diverse,

prime fra tutte il controllo dei ritmi circadiani neuroendocrini e la modulazione

e l’integrazione di stimoli sensoriali. Schematizzando, il sistema

serotoninergico ha le seguenti funzioni:

A) controllo della soglia di eccitabilità dei neuroni bersaglio

B) regolazione dei ritmi circadiani per trasmissione da un ipotetico orologio

centrale (Forse localizzato proprio nei nuclei del rafe) ai nuclei ipotalamici con

attività endocrina (preottico e soprachiasmatico). Il sistema serotoninergico

ritma frequenza e ampiezza della secrezione circadiana soprattutto di ACTH,

PRL e GH; in particolare sembra avere un ruolo nell’armonizzazione del ciclo

sonno-veglia coi ritmi endocrini. Inoltre la serotonina è un inibitore degli effetti

della luce sul ritmo circadiano ed è anche il precursore della melatonina,

ormone prodotto dall’epifisi. Il ruolo della melatonina nei mammiferi è poco

conosciuto, ma si ritiene che sia un importante fattore di regolazione dei ritmi

circadiani, soprattutto in relazione alle modificazioni di luminosità ambientale.

Infatti, secrezione e produzione di melatonina vengono inibite dalla luce e

stimolate dal buio e tale sostanza sembra essere un importante fattore di

induzione del sonno.

C) controllo inibitorio dei neuroni noradrenergici del locus coeruleus e dei

neuroni dopaminergici mesolimbici (recettori 5-HT3)

D) controllo dell’appetito e del comportamento alimentare: infatti, la

deplezione di serotonina, ottenuta tramite iniezione di neurotossine nei

ventricoli cerebrali, induce iperfagia e aumento di peso, mentre un aumento di

attività serotoninergica è collegata a diminuzione dell’appetito

11

Page 12: Fia mdma

E) modulazione degli intervalli di latenza e della durata degli episodi di sonno

REM e dei fenomeni motori collegati, per attività sul locus coeruleus

F) modulazione della soglia dolorifica: l’aumento di 5-HT induce analgesia,

probabilmente per interazioni col sistema degli oppioidi endogeni

G) regolazione della temperatura corporea, attraverso i recettori 5-HT1A (la

stimolazione dei recettori presinaptici induce ipotermia nell’animale), sempre

collegata ai ritmi circadiani

H) modulazione e integrazione di tutti gli stimoli sensoriali, influenzando così

diversi aspetti del comportamento, dall’aggressività alla condotta alimentare.

Modificazioni cellulari

Ora un accenno a quelli che possono essere i meccanismi molecolari alla base

dell’attività cerebrale delle sostanze d’abuso. Gli effetti ricercati di una droga

sono, in ultima analisi, dovuti a modificazioni nella conduttanza agli ioni,

legate ad apertura o chiusura di canali transmembrana. Sono essenzialmente

due i sistemi di trasduzione del segnale coinvolti in questi processi: il sistema

dell’adenilato ciclasi e il sistema dei fosfatidi di membrana. Nel primo caso, il

secondo messaggero è rappresentato dall’AMP ciclico, che va ad attivare la

proteinchinasi A, la cui attività può determinare l’apertura di canali ionici e

l’attivazione o l’inibizione di vari enzimi. Nel secondo caso, invece, abbiamo

la produzione di due secondi messaggeri: l’inositolo trifosfato (IP3) e il

diacilglicarolo (DAG). L’IP3 agisce innalzando la concentrazione

intracitoplasmatica di Ca++: mano a mano che il Ca++ fuoriesce dai depositi

agisce con un sistema di feed-back positivo sulla propria liberazione e

determina anche l’apertura di canali cationici di membrana, aumentando

sempre più la sua concentrazione citosolica. Il DAG, invece, attiva la

proteinchinasi C, che agisce fosforilando varie proteine e modificandone così

l’attività: uno dei suoi bersagli è rappresentato proprio dalla fosfolipasi C, che

viene così inibita, con interruzione della produzione di IP3 e DAG (feed-back

negativo). Il Ca++ liberato dai depositi va a legarsi a specifiche proteine,

attivandole: una di queste è la calmodulina, la quale è in grado di attivare altre

12

Page 13: Fia mdma

proteine legandosi ad esse (canali ionici, proteinchinasi, fosfatasi, fattori di

trascrizione). Ma questi effetti a breve termine possono essere accompagnati da

modificazioni a medio e lungo termine, sulla base di meccanismi di

polarizzazione del neurone e di modificata espressione genica.

L’induzione dell’espressione di geni porta alla sintesi di proteine, che possono

essere rappresentate da enzimi, recettori di membrana, proteine strutturali,

canali ionici. Oggi vari studi indicano che molti dei geni espressi sui neuroni

possono essere diversamente regolati da diverse sostanze d’abuso. In

particolare, il sistema del cAMP sembra fortemente implicato nella

compulsione all’uso di sostanze psicoattive: l’esposizione cronica a tali

sostanze porta infatti a una up-regulation della via del cAMP (ovvero aumenta

il numero di molecole di adenilato ciclasi e proteinchinasi A). Questo

fenomeno è legato all’attivazione di fattori di trascrizione che appartengono

alla famiglia delle proteine FOS: l’esposizione acuta a molte sostanze d’abuso,

comprese cocaina e amfetaminici, porta alla transitoria induzione di alcune di

tali proteine, agendo sui sistemi di trasduzione prima ricordati. L’esposizione

cronica alle sostanze d’abuso porta invece al graduale accumulo nel neurone di

proteine FOS stabili, che pertanto permangono a lungo nella cellula anche dopo

la cessazione dell’esposizione alla droga.

Di particolare interesse sono le modificazioni che si hanno nel nucleo

accumbens, che è una regione fondamentale per le sensazioni di gratificazione

e ricompensa. Recenti studi indicano che l’up-regulation della via del cAMP in

questo centro possa essere alla base dell’insorgenza di comportamenti

appetitivi compulsivi (drug-seeking behavior), elemento alla base dei fenomeni

di addiction e dipendenza.

Con ciò, non bisogna assolutamente dimenticare le differenze individuali, che

rendono un soggetto più o meno sensibile all’attività di una droga e più o meno

esposto all’insorgenza di dipendenza. Infatti, i dati provenienti da studi su

famiglie e gemelli omozigoti separati al momento dell’adozione mettono in

evidenza come vi sia un contributo del patrimonio genetico nel favorire l’abuso

di sostanze psicoattive. Inoltre, recenti studi su ratti transgenici dimostrano che

13

Page 14: Fia mdma

l’alterata espressione di specifici geni appartenenti al sistema dopaminergico

può influire sul comportamento di autosomministrazione della droga.

E’ stato recentemente accertato il danneggiamento delle fibre sottili del rafe

dorsale, mentre quelle più grosse del rafe ventrale permangono integre: a

questo proposito si è osservato un fenomeno di rimodellamento neuronale nel

rafe dorsale, nel senso che i neuroni presentano un neurite più breve e un

aumentato numero invece di connessioni dendritiche.

II- Amfetamina

La -metilazione della feniletilamina porta alla fenilisopropilamina, o

amfetamina, che si può pensare come precursore di tutte le altre molecole

correlate.

Col termine “amfetamine” possono essere designate le sostanze classiche,

come destroamfetamina e metamfetamina e, più in generale, le molecole con

sostituzioni sulla catena laterale, che sono usate nella pratica clinica come

anoressizzanti. Le molecole sostituite sul gruppo benzenico, invece, pur

14

Page 15: Fia mdma

essendo sostanze amfetamino-simili, hanno alcune peculiarità, per cui verranno

trattate separatamente.

Il fatto che tali farmaci penetrino nel SNC e portino, oltre all’effetto

terapeutico desiderato, sensazioni di benessere e vigore fisico e diminuzione

della necessità di sonno, ha fatto sì che se ne diffondesse l’abuso.

Le principali amfetamine classiche sono:

_ D-amfetamina e metamfetamina: sono state le prime molecole del gruppo ad

essere sintetizzate e in pratica clinica non sono più usate da molti anni. Furono

introdotte come decongestionanti nasali e se ne diffuse rapidamente l’abuso;

sono anche potenti anoressizzanti

_ fenmetrazina e fendimetrazina: sono derivati amfetaminici ampiamente usati

come anoressizzanti fino a pochi anni fa; hanno lo stesso meccanismo d’azione

dell’amfetamina, però la fendimetrazina (Plegine) ha minori effetti

cardiovascolari, ma è causa frequente d’insonnia, mentre la fenmetrazina

(Preludin) ha minori effetti psicostimolanti, ma in trattamenti prolungati può

essere causa di depressione psichica

_ fenfluoramina (Pesos, Ponderal): agisce come anoressizzante bloccando il

recupero della serotonina e non ha attività simpaticomimetica; induce però

tolleranza ed è tossica per il sistema serotoninergico a dosi solo di poco

superiori di quelle terapeutiche

_ metilfenidato (Ritalin): non in commercio in Italia, ha una forte attività

tachicardizzante

_ pemolina (Deadyn): è una molecola poco attiva a livello cardiovascolare; in

Italia si trova in commercio associata a L-glutammina o aspartato, come

antiastenico e mnemotonico.

Oltre che per il trattamento dell’obesità, le amfetamine sono state studiate

anche per un eventuale uso terapeutico in patologie di rilievo: già nel 1985

Jasinski sperimentò l’associazione tra morfina e D-amfetamina per diminuire il

dolore. L’associazione tra i due farmaci migliora sicuramente la risposta al

dolore e diminuisce gli effetti collaterali indotti dall’uso singolo delle due

sostanze; purtroppo però, questa combinazione, per gli importanti effetti

euforizzanti, è anche ad alto potenziale d’abuso: eroina e amfetamine vengono

15

Page 16: Fia mdma

spesso immesse sul mercato illecito in associazione, col duplice scopo di

diminuire gli effetti collaterali dell’eroina e aggiungere un ulteriore effetto

gratificante alla miscela.

Il potenziale d’abuso delle amfetamine è elevato ed è in parte legato

all’innalzamento del tono dell’umore e in parte legato all’effetto

anoressizzante. L’abuso di D-amfetamina e metamfetamina dipende per lo più

dalla ricerca dell’effetto euforizzante e anti-fatica, mentre l’abuso di

fenmetrazina, fendimetrazina e fenfluoramina è collegato per lo più alla ricerca

dell’effetto anoressizzante. In ambito dietologico esiste, infatti, un mercato e

un uso illecito di tali sostanze, sia con prescrizione sia con auto-prescrizione,

che ha portato anche a casi di intossicazione acuta. Il recente DECRETO

LEGISLATIVO 24 gennaio 2000, con l’intento di arginare questo fenomeno,

vieta ai farmacisti di “eseguire preparazioni contenenti fentermina,

mazindololo, norpseudoefedrina, fenbutrazato, fendimetrazina, amfepranone

(dietilpropione) e propilexedrina e comunque tutte le sostanze che, da sole o in

associazione tra loro o con altre sostanze, abbiano lo scopo di ottenere un

effetto anoressizzante ad azione centrale e i medici sono tenuti ad astenersi dal

prescriverle.”

Da non sottovalutare poi l’utilizzo in ambito sportivo, soprattutto non

professionale. Oltre però alle molecole presenti sul mercato lecito, esistono

numerosissimi amfetaminici diversi sul mercato illecito di sostanze.

Farmacodinamica

Le amfetamine classiche hanno un effetto simpaticomimetico sia centrale che

periferico; infatti, per le loro analogie strutturali con le catecolamine, si

sostituiscono ad esse a vari livelli, legandosi ai recettori pre- e postsinaptici,

inibendo l’uptake del neurotrasmettitore e inibendo le MAO neuronali, con

conseguente aumento dell’emivita delle catecolamine stesse.

16

Page 17: Fia mdma

A livello periferico le amfetamine sono 1 e 1 agoniste, pertanto i principali

effetti saranno:

_ tachicardia e aumento della forza di contrazione cardiaca

_ vasocostrizione (a eccezione del distretto muscolo-scheletrico)

_ lipolisi

_ piloerezione

_ midriasi.

A livello centrale le amfetamine agiscono sui sistemi noradrenergico e

dopaminergico, sui recettori pre- e postsinaptici.

Sinapsi neuronale (SEM, 8000)

L’effetto immediato è quello di alterare il rilascio delle catecolamine e ciò

avviene in maniera dose-dipendente e specifica per ogni sistema neuronale.

L’effetto netto sul rilascio delle catecolamine è complesso, dato che le

amfetamine vanno ad agire su meccanismi che aumentano il rilascio del

neurotrasmettitore (blocco della ricaptazione e aumento del rilascio

17

Page 18: Fia mdma

indipendente dall’impulso elettrico) e su meccanismi che ne diminuiscono

invece il rilascio (attivazione degli autorecettori somatici e terminali).

Numerosi studi, effettuati in vivo su cervello di ratto, hanno permesso di

mettere in luce i meccanismi d’azione dell’amfetamina: una delle sue più note

azioni elettrofisiologiche è quella di diminuire la velocità di scarica spontanea

dei neuroni dopaminergici e noradrenergici. Ciò è dovuto alla stimolazione

degli autorecettori somato-dendritici, con iperpolarizzazione della membrana

(legata soprattutto ad un aumento di conduttanza al K+); i neuroni

noradrenergici del locus coeruleus sono molto sensibili a questo sistema di

inibizione elettrica, mentre lo sono meno i neuroni dopaminergici della

sostanza nera (i neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe sono sensibili solo

per dosi molto più alte). L’iperpolarizzazione della membrana, mediata

dall’amfetamina, si traduce in una minor liberazione di neurotrasmettitore dai

terminali sinaptici. Contemporaneamente però, l’amfetamina va ad agire anche

a livello sinaptico, con effetti molto simili a quelli prodotti dagli agonisti

diretti. L’amfetamina induce la liberazione di catecolamine dal terminale

sinaptico, le quali vanno a legarsi ai recettori postsinaptici, ma anche

presinaptici: quest’ultimo legame inibisce la liberazione di ulteriori quote di

neurotrasmettitore. Pertanto, l’effetto netto sarà rappresentato da un

compromesso tra azioni incrementanti e diminuenti il rilascio di catecolamine.

Dato però che i neuroni del locus coeruleus sono molto sensibili all’inibizione

dell’attività elettrica indotta dalla stimolazione degli autorecettori somato-

dendritici (meccanismo che si oppone alla liberazione di catecolamine dai

terminali assonici), l’amfetamina a basse dosi non induce liberazione di

noradrenalina. L’amfetamina, infatti, è meno potente nel rilasciare

noradrenalina di quanto non lo sia nel rilasciare dopamina: quindi a basse dosi

l’effetto è per lo più dopaminergico, mentre ad alte dosi si aggiunge un effetto

noradrenergico. L’amfetamina può quindi avere molteplici e svariati effetti

dose-dipendenti sui neuroni; per es. si è osservato un effetto bifasico

sull’attività elettrica di neuroni ippocampali, che è stato interpretato come

un’azione inibitoria delle basse dosi di amfetamina sul rilascio di

noradrenalina. Un effetto bifasico è stato anche osservato sull’eccitabilità dei

18

Page 19: Fia mdma

terminali assonici di neuroni del locus coeruleus che proiettano alla corteccia

frontale.

Schematizzando, gli effetti neuronali dell’amfetamina da un lato favoriscono

l’attività delle catecolamine e dall’altro la inibiscono.

Fattori favorenti sono:

_stimolazione del rilascio di catecolamine

_stimolazione diretta e indiretta dei recettori postsinaptici

_inibizione dell’uptake presinaptico delle catecolamine

_lieve inibizione delle MAO.

Sono invece fattori inibenti:

_stimolazione dei recettori presinaptici

_stimolazione degli autorecettori somato-dendritici.

In ultima analisi, sono comunque i cambiamenti indotti a livello postsinaptico

che mediano la risposta dell’organismo e le modificazioni del comportamento

in seguito all’assunzione di amfetaminici.

La stimolazione dopaminergica centrale porta ad aumento dell’attività motoria

extrapiramidale, con tremori, digrignamento dei denti, senso di tensione alla

mascella: ciò è dovuto alla stimolazione della via nigro-striatale. La

stimolazione locomotoria, ovvero la spinta a camminare e a spostarsi spesso,

sembra legata invece al rilascio di dopamina a livello del nucleo accumbens,

soprattutto dalle afferenze provenienti dal sistema meso-limbico. Le piacevoli

sensazioni di apertura mentale, aumento dell’autostima, affabilità, fiducia negli

altri e accondiscendenza, fino ad arrivare all’euforia, sembrano invece dovute

all’attivazione della via meso-limbica e meso-corticale. Queste sono, infatti,

vie legate prevalentemente ai fenomeni di slatentizzazione, come documentato

dall’analogia funzionale degli stati empatici dati dall’alcool etilico a basse dosi

(inferiori di 0,5g/l). Infine, la stimolazione dopaminergica può interferire coi

normali ritmi secretori di PRL e ACTH, con possibili effetti a lungo termine.

19

Page 20: Fia mdma

La stimolazione noradrenergica centrale porta ad aumento della vigilanza e

diminuzione della sonnolenza, a lucidità e prontezza di riflessi, a sensazioni di

forza e vigore. Questi effetti sembrano mediati dall’attivazione del SRAA, in

particolare del sistema noradrenergico a proiezione diffusa, che ha un’azione di

stimolazione diffusa della corteccia telencefalica. Tali modificazioni dipendono

dall’attivazione dei sistemi deputati alla regolazione dei ritmi sonno-veglia e

dei comportamenti difensivi di attacco-fuga di fronte a un pericolo: per questo

è anche possibile che si manifestino irritabilità e atteggiamenti aggressivi.

Per quanto riguarda poi l’attività anoressizzante delle amfetamine, che si

accompagna anche a diminuzione del senso della sete, sappiamo essere

fondamentali entrambi i due tipi di sistemi. Il ruolo dell’ipotalamo nel consumo

di cibo è stato studiato negli animali da laboratorio, praticando lesioni in

diverse aree ipotalamiche o stimolandole elettricamente. Da questi esperimenti

è risultato che l’area laterale rappresenta il centro della fame, mentre l’area

ventro-mediale rappresenta il centro della sazietà. Da studi successivi si è però

potuto rilevare come questi siano in realtà centri atipici: infatti, le lesioni

dell’ipotalamo laterale (centro della fame), che inducono afagia e adipsia,

interrompono la via dopaminergica nigro-striatale. Questo fascio non agisce

specificamente sul consumo di cibo, ma fa parte di un sistema di rinforzo o

ricompensa: l’inibizione di questo sistema interferisce con le motivazioni che

spingono l’animale a mangiare (disinteresse sensoriale: in seguito a lesioni del

fascio nigro-striatale di un solo lato, l’animale non presta più attenzione e non

si orienta verso stimoli alimentari controlaterali). Invece, le lesioni

dell’ipotalamo ventro-mediale (centro della sazietà), che inducono iperfagia,

vanno a interrompere il fascio ascendente noradrenergico che innerva

l’ipotalamo: la stimolazione noradrenergica dell’ipotalamo induce quindi senso

di sazietà. Schematizzando quindi, l’effetto anoressizzante delle amfetamine

dipende in parte dalla stimolazione noradrenergica dell’ipotalamo (senso di

sazietà) e in parte dall’inibizione delle proiezioni dopaminergiche nigro-

striatali (disinteresse sensoriale).

Tutti questi effetti si esauriscono però per tachifilassi, poiché la deplezione di

catecolamine indotta dall’amfetamina è più rapida dei processi di sintesi.

20

Page 21: Fia mdma

Farmacocinetica

L’amfetamina e i suoi derivati vengono rapidamente assorbiti dal tratto

digerente e scarsamente metabolizzati dal fegato, pertanto la biodisponibilità

orale è elevata, diversamente dalle catecolamine, che sono invece rapidamente

metabolizzate dalle monoaminoossidasi (MAO) e dalle catecol-O-

metiltranferasi (COMT) intestinali ed epatiche (presenti anche in reni e

cervello). La protezione da questi due tipi di enzimi permette un

prolungamento della durata d’azione e dipende dalla struttura chimica delle

amfetamine: l’assenza degli ossidrili in C3 e C4 protegge dalle COMT, mentre

la -metilazione protegge dalle MAO.

Dopo somministrazione orale, si ha un picco plasmatico in circa 15 minuti;

l’eliminazione è quasi esclusivamente urinaria e ha inizio dopo circa 30 minuti

dall’assunzione. Le amfetamine sono in parte eliminate come tali e in parte

metabolizzate a livello epatico, mediante reazioni di deaminazione e

idrossilazione. Così si possono formare diversi metaboliti, alcuni ancora attivi,

come idrossiamfetamina e p-idrossinorefedrina, e altri inattivi, come acido

benzoico ed ippurico. La curva di eliminazione delle amfetamine dipende

notevolmente dal pH urinario: se il pH è acido, l’amfetamina viene eliminata

rapidamente (emivita di 8-10 ore a pH=6) e prevalentemente in forma

immodificata, se invece il pH è alcalino, l’amfetamina viene eliminata

lentamente (emivita di 16-31 ore a pH7,5) e per lo più sotto forma di

metaboliti. Quindi, se il pH urinario è acido, l’80% della dose assunta viene

eliminata in circa 24 ore, se il pH urinario è invece alcalino, l’80% della dose

assunta viene eliminata in circa 5 giorni. Infine, esiste anche una differenza

legata agli stereoisomeri: le forme D vengono allontanate più rapidamente delle

forme L.

21

Page 22: Fia mdma

III- Metamfetamina

Durante gli anni 30 ci fu la necessità di supplire alla efedrina naturale poiché

non era sufficiente per rispondere ai bisogni degli asmatici. Molti laboratori si

proposero di sintetizzare l’efedrina. Uno studente (G. Alles) ebbe come tesi di

laurea il progetto di sintetizzare l’efedrina. Consultò la vecchia letteratura e

scoprì le ricerche di Edelano, che sintetizzò e caratterizzò le proprietà basiche

della molecola Fenilisopropilamina nel 1887. Prese questa molecola come

punto di partenza e da questa cercò di sintetizzare l’efedrina. Non ne fu capace

ma scoprì che la fenilisopropilamina (più tardi chiamata destroamfetamina)

aveva delle proprietà stimolanti; sperimentò sulle cavie e, una volta stabilitone

il grado di tossicità, tentò su se stesso. La capacità di alterare lo stato d’animo

fu presto evidente. Nello stesso periodo il chimico giapponese Ogata cominciò

un lavoro sullo stesso argomento. Egli sintetizzò un’altra amfetamina :la d-

fenilisopropilamina Cl, poi conosciuta come Metamfetamina:

La potente azione della metamfetamina è dovuta alla stretta analogia strutturale

con la dopamina:

22

Page 23: Fia mdma

analogia strutturale della metamfetamina con la dopamina

L’efedrina fu alla fine sintetizzata nel 1929 ma non ne supplì la carenza. Ogata

brevettò il suo metodo per produrre la metamfetamina alla B.W.C. che vendette

la metamfetamina negli USA sotto il nome di Methedrine. Nel 1932 Smith

Kline e French misero sul mercato un inalatore nasale (Benzedrine) che altro

non era che fenilisopropilamina racemo. Effettivamente c’era un sollievo dalla

congestione nasale ma anche dalla fatica e sonnolenza con rischi di abuso. La

comunità medica rispose alla introduzione delle amfetamine come reagì alla

introduzione della cocaina 50 anni prima. Le indicazioni per l’uso delle

amfetamine oggi ci sembrano bizzarre: schizofrenia, antidoto per l’overdose da

barbiturici, caffeinomania, fumo, sclerosi multipla, miastenia, orticaria,

dismenorrea, colon irritabile, calo della libido, antidoto per la morfinemia.

Alla fine della seconda guerra mondiale la richiesta aumentò tanto che il

suddetto inalatore ebbe un enorme successo. Nel 1949 venne cambiato il nome

dell’inalatore in Benzedrex che conteneva propilexedrina che è un potente

vasocostrittore nonché blando stimolante rispetto le amfetamine. Qualche anno

dopo furono segnalate le prime morti da amfetamine.

Nel ratto, la metamfetamina agisce inibendo l’enzima tirosinaidrossilasi,

diminuendo il numero dei siti per l’uptake presinaptico e provocando

degenerazione assonica nelle aree ricche di dopamina. Dosi elevate e ripetute

23

Page 24: Fia mdma

di metamfetamina vanno ad alterare anche i neuroni serotoninergici,

determinando, sempre nel cervello di ratto, una diminuzione dell’attività

dell’enzima triptofanoidrossilasi, del contenuto di 5-HT e dei siti per l’uptake

presinaptico. Probabilmente queste stesse alterazioni si hanno con l’abuso di

catinone e metcatinone. Sebbene queste alterazioni non siano state dimostrate

nell’uomo, gli studi sui modelli animali suggeriscono che la deplezione di

dopamina nello striato sia un fattore in causa nello sviluppo di ipertermia

metamfetamino-dipendente.

Nell’uomo, le più evidenti manifestazioni di tossicità cerebrale sono le psicosi

e l’ictus: quest’ultimo è spesso dovuto a una vasculite necrotizzante legata

all’abuso protratto di amfetaminici o al poliabuso di sostanze, mentre la causa

delle psicosi è più oscura.

Metabolismo

La metamfetamina viene demetilata in amfetamina quindi la presenza di

amfetamina in un campione è la prova che la metamfetamina è stata assunta.

Da un punto di vista generale del problema, gli studi sugli animali

suggeriscono che la distribuzione delle amfetamine è stereoselettiva con

significative differenze tra le forme “d” ed “l”. In uno studio giapponese sono

stati individuati alcuni casi di morte per amfetamine nella forma “l” e altri a

causa di una mistura racemica; la conversione da metamfetamina ad

amfetamina è stereospecifica: d-metamfetamina darà la d-amfetamina; l-

metamfetamina darà l-amfetamina. La mistura di amfetamine riscontrata nelle

urine riflette, quindi, la mistura di metamfetamine ingerite.

Tossicità

Sono del tutto peculiari gli esiti di danno a carico di organi e apparati, che, da

un punto di vista anatomopatologico, passiamo qui di seguito ad illustrare

sinteticamente.

24

Page 25: Fia mdma

Cuore e vasi Si segnalano a carico del sistema cardiovascolare cardiomiopatie

causate da un eccesso di catecolamine. Il cuore degli amfetaminomani presenta

aree con fibrosi e ipertrofia dei miociti.

Polmoni: è molto comune l’arteriopatia tromboembolica causata da residui

insolubili (microcristalli di cellulosa, fibre di cotone) contenuti nelle pasticche

che restano intrappolate nel microcircolo polmonare.In questo modo si

formano trombi e granulomi da corpo estraneo.Inoltre gli alti livelli di

serotonina causano contrazione dell’arteria polmonare, causando ipertensione

polmonare.

SNC: le amfetamine sono anoressizzanti, causano psicosi, allucinazioni, stato

paranoide. Alte dosi di metamfetamina (10-15 mg/kg) negli animali da

esperimento portano ad una diminuzione dell’attività della tirosinaidrossilasi

Questo calo non è uniforme nelle varie aree cerebrali: molti studi mostrano che

il decremento di concentrazione della dopamina è particolarmente accentuato

nel nucleo caudato mentre aumenta nel nucleo accumbens.

Rene: il primo caso riportato in letteratura di danno renale collegato con l’uso

di amfetamine fu nel 1970. Contrariamente alla cocaina, le amfetamine

causano rabdomiolisi piuttosto raramente. Quando succede, mioglobina fosforo

e potassio sono rilasciati nel plasma con conseguenti problemi metabolici. Il

danno risultante può essere indiretto risultando da una ipotensione e ischemia

renale oppure diretto come quando la mioglobina o i suoi metaboliti

ostruiscono i tubuli. Molti danni possono essere mediati dalla formazione dei

radicali liberi. Quello che non si sa sulle amfetamine è il danno specifico.Il

primo paziente descritto aveva coagulopatia e iperpiressia. Altri pazienti hanno

mostrato ipotensione e coma. Quelli che usavano l’endovena come via di

somministrazione hanno mostrato shock septico e coagulazione intravasale

disseminata.

Fegato: due amfetamino-simili di tipo sintetico (Pemoline e Ritalin come

metilfenidato) possono essere epatotossici. Ma questa complicazione è rara più

che altro causata da una reazione metabolica idiosincrasica.La biopsia di un

individuo che faceva uso di Ritalin e.v. ha messo in evidenza

un’infiammazione portale e danno epatico. Infine la metamfetamina può

25

Page 26: Fia mdma

intensificare la tossicità di altri agenti epatotossici. Sperimentalmente si è visto

che la metamfetamina aumenta l’epatotossicità del carbonio tetracloride.Si

suppone che alla base ci sia un meccanismo associato ai recettori adrenergici.

I livelli di metamfetamina nei campioni biologici sono difficili da interpretare.

Come per la cocaina la morte da amfetamine è associata sia a livelli molto alti

sia all’iperpiressia, spesso maligna, che interviene per alterazione del controllo

ipotalamico della temperatura per esposizione a livelli alti di catecolamine.

Come per la cocaina (e diversamente dall’alcool) i livelli nel sangue non sono

correlati bene col danno.Una volta iniziata la tolleranza non ci si stupirà di

riscontrare livelli molto alti nel sangue (maggiore di 500 ng/ml).

Nella maggior parte delle morti i livelli nel sangue sono circa 5000-10000

ng/ml o anche di più.

I test sulle urine non sono molto affidabili se non lo screening

immunoenzimatico Infatti la prima generazione di amfetamine da spesso un

risultato positivo e uguale a quello dell’efedrina, fenilpropanolamina,

fentermina, fenmetrazina, fenfluramina (falsi positivi).

IV- D

iossiderivati principali (MDA, MDMA ) e congeneri.

Dalla metamfetamina, come capostipite di questo gruppo che passiamo ora a

trattare, partirono poi tutte le altre sintesi di derivati.

A parte la MDMA (metilendiossimetamfetamina) poco è noto sugli effetti

clinici e sugli eventuali danni a lungo termine indotti dall’uso dei

componenti il gruppo.

MDMA (ADAM,Ecstasy) 3,4 metilendiossi N metilamfetamina

Dosaggio: 80-150 mg, durata 4-6 ore.

La sintesi della MDMA come capostipite di tutti i diossiderivati può partire sia

dall’isosafrolo che dal safrolo (i derivati di questi precursori attualmente sono

26

Page 27: Fia mdma

interdetti alla pubblica vendita e sottoposti addirittura al regime di una

convenzione internazionale che ha il compito di seguire, nel mondo, il destino

delle partite di isosfrolo vendute dalle Compagnie); altrimenti si può partire

anche dal piperonale oppure da un intermedio “chiave” dato dall’efedrina

(sistema detto “russo” per via della diffusione nei paesi dell’Est europeo).

Il fatto che tutte le reazioni passino dalla formazione di metamfetamina è di

particolare interesse criminalistico: ad ovest degli Urali il fosforo utilizzato

come catalizzatore a partire dalla Npseudoefedrina ha un punto isotopico

diverso, così che in GC-MS ionica si può identificare la provenienza di una

partita di compresse di ecstasy.

La reazione intermedia è generalmente isotermica, e va attentamente

controllata: molti sono infatti gli incidenti nei laboratori clandestini e in

letteratura sono riportate spesso le casistiche delle fatalità che li

accompagnano.

L’isomero D è meno potente, per cui molta attenzione e competenza è

richiesta all’analista che si occupa della sintesi.

MDA (3,4 metilendiossiamfetamina)

La MDA è conosciuta anche come “love drug”; ha un effetto e una tossicità

simili a quelli dell’ecstasy, di cui rappresenta anche il metabolita principale, e

il suo uso più frequente è legato agli effetti sull’umore. La MDA, infatti,

diminuisce l’ansia e migliora la consapevolezza di sé, facilitando anche la

comunicazione e l’interazione affettiva e inducendo uno stato di amplificazione

sensoriale senza distorsioni. Rispetto alla MDMA ha una maggiore attività

simpaticomimetica.

MDE (MDEA,EVA) 3,4 metilendiossi N etilamfetamina.

Dosaggio: 100-200 mg, durata 3-5 ore.

La MDEA è conosciuta anche come Eve o Eva; si è diffusa nell’abuso nel

1985, dopo l’inserimento dell’ecstasy nella tabella I della DEA. E’ stata

inizialmente studiata come sostanza con un potenziale uso terapeutico, ma oltre

ai classici effetti entactogeni in comune con la MDMA, tale molecola ha

27

Page 28: Fia mdma

provocato anche esperienze depersonalizzanti e lievi disturbi della percezione,

con successiva insonnia prolungata. Rispetto alla MDMA, ha effetti più

individuali e meno comunicativi.

MBDB

La MBDB (-etil-omologo della MDMA) perde completamente l’attività

allucinogena e inoltre ha un minor effetto entactogeno ed euforizzante rispetto

alle altre molecole correlate. Per questo motivo, probabilmente, ha scarso

successo come sostanza d’abuso. Permane però l’effetto stimolante sul SNC e

anche la neurotossicità, sebbene inferiore a quella dell’ecstasy.

TMA (2,4,5 trimetossiamfetamina)

Esprime una potenza doppia rispetto a quella della Mescalina (Shulgin,

1973). Sintetizzata per la prima volta nel 1933, fu impiegata come

psichedelico solo a partire dal 1962; la dose necessaria per indurre

allucinazioni è comunque troppo prossima a quella che induce

l’avvelenamento acuto, per cui la TMA è di scarsa diffusione (Chester,

1990).

DOM (metil 2,5 dimetossiamfetamina)

Sintetizzata nel 1963 è nota anche come STP (Serenità Pace Tranquillità).

Alla dose di 3 mg gli effetti sono simili a quelli della Mescalina, per

quantità maggiori sopraggiungono allucinazioni ed effetti indesiderati

(nausea, vomito, diaforesi, tremore, aumento della pressione sistolica) per

periodi di tempo anche di una decina di ore. Dosaggio: 3-10 mg, durata 14-

20 ore. Rapida comparsa di tolleranza.

PMA (parametossiamfetamina)

DOET (2,5dimetossi 4 etilamfetamina)

Dosaggio: 2-6 mg, durata 14-20 ore.

28

Page 29: Fia mdma

MMDA (3 metossi 4,5 metilendiossiamfetamina)

Dosaggio: 100-250, durata breve.

2C-T-7

Recentemente sono apparse nel mercato clandestino, e soprattutto in legame

con le tendenze dei rave parties, nuove forme molecolari nelle quali appaiono

alogenazioni o tio-sostituzioni, come di seguito rappresentato:

Tali sostituzioni sembra che permettano di ottenere stati di coscienza

modificati, soprattutto a sfondo mistico e particolarmente ricercate dai gruppi

estremi del movimento New Age.

Poiché la molecola più usata per fini ricreazionali è l’MDMA, descriveremo di seguito nel prossimo capitolo gli aspetti peculiari di questo derivato della

metamfetamina, che può essere considerato un vero e proprio capostipite di tutti i derivati metamfetaminici tanto che ad esso ci si riferisce con il termine di

Ecstasy nell’uso corrente.

29

Page 30: Fia mdma

V- 3,4 metilendiossi N metilamfetamina

(MDMA, Ecstasy)

Oggi la più nota designer drug è la MDMA (3,4-metilendiossi N

metilamfetamina) o ecstasy, sintetizzata in Germania nel 1914 e immessa sul

mercato come anoressizzante. Fu studiata sotto il profilo tossicologico solo nel

1950, presso l’Università del Michigan e si rivelò tossica: nel 1985 gli Stati

Uniti la inserirono tra le sostanze stupefacenti da tenere sotto controllo

internazionale.

L’MDMA è caratterizzata da un gruppo metilendiossilico in posizione 3,4; si

presenta come racemo di cui la forma (+) è dotata di maggiore attività.

L’emivita plasmatica è di 1,5 ore per os nell’animale da esperimento. La

30

Page 31: Fia mdma

struttura molecolare è caratteristica di altri composti come: MDA (3,4 -

metilendiossiamfetamina), MDEA (3,4-metilendiossietilamfetamina) e MBDB

(3,4-metilendiossifenilbutanamina). I derivati amfetaminici con il più spiccato

potere allucinogeno sono quelli tri-sostituiti sull’anello benzenico

(diossiderivati con gruppi metossilici, per es. MMDA o 3-metossi-4,5-

metilendiossiamfetamina); tale tipo di sostituzione, infatti, produce analoghi

strutturali della mescalina.

L’uso ricreazionale di MDMA e di altre sostanze simili è oggi molto diffuso: i

sequestri di ecstasy iniziano a essere documentati in Italia a partire dal 1987,

anno in cui si sono anche registrati i primi casi di morte collegati a tale

sostanza. Il trend dei sequestri è in netto aumento e presenta un certo

parallelismo con quello dei sequestri di cocaina. A fronte però dei dati ufficiali,

che testimoniano in Italia una crescente disponibilità di “designer drugs”, esiste

una percezione generale che tali sostanze, specialmente l’ecstasy, siano

nell’uso più diffuse di quanto sia possibile documentare. Tale difficoltà nel

conoscere la dimensione del fenomeno “ecstasy” è anche dovuta al fatto che, a

differenza dei consumatori di altre sostanze, sono ancora pochi gli assuntori

che contattano i servizi pubblici.

Gli effetti ricercati che hanno decretato il successo dell’ecstasy tra i giovani

sono principalmente i seguenti:

_ caduta delle barriere nei rapporti con le altre persone

_ aumento della sensibilità di tutte le percezioni (tattile, visiva, uditiva,

olfattiva)

_ aumento dell’autostima

_ sensazione di pace interiore, sollievo, felicità

_ aumento dell’intensità esperienziale.

In particolare, da un punto di vista clinico e psicologico, gli effetti soggettivi

sono così classificabili:

Effetti registrati dall’assuntore come positivi:

buon umore

aumento della capacità di comunicazione

31

Page 32: Fia mdma

aumento della prestanza fisica

aumento del tono dell’Io psicologico

senso di benessere e di apertura agli altri

sentimento di affetto e empatia

aumento della memoria

aumento delle capacità percettive dell’esperienza musicale

aumento dell’input sensoriale

sensazioni mistiche

effetti registrati come neutri

perdita dell’appetito

disturbi dell’accomodamento visivo

nistagmo

tachicardia e aumento della pressione (dose dipendente)

ipertermia

agitazione

Effetti registrati come negativi

Disturbi dell’affettività

Tendenza a dire cose di cui ci si pente successivamente

Movimento mandibolare come da masticazione a vuoto, incoercibile

Tensione muscolare

Disturbi nella concentrazione e nella memoria a breve termine

Ipertermia

Iponatremia con rischio di disidratazione

Affaticamento e stato depressivo (come da deplezione di catecolamine)

Per queste peculiarità, si era ravvisato nella MDMA e nei composti correlati

una potenziale nuova classe di farmaci, definiti “entactogeni” (poiché possono

mettere in contatto il soggetto con parti di sé più profonde, che vengono così

percepite dal soggetto stesso) o “empatogeni” (dato che permettono una grossa

sintonia emotiva con gli altri, rimuovendo le barriere relazionali nella

32

Page 33: Fia mdma

comunicazione). Queste due caratteristiche, insieme, facilitano spesso il

compito dello psicoterapeuta che si trovi a parlare con persone particolarmente

chiuse o che non riescano ad esprimere con parole le proprie emozioni o i

propri problemi. Tant’è vero che, alla fine degli anni ’70, la MDMA fu

utilizzata da parte di alcuni psichiatri statunitensi su pazienti con difficoltà di

verbalizzazione. Nel 1985 però, l’Agenzia americana di controllo del mercato

degli stupefacenti ( D.E.A ) ne vieta la prescrizione e l’uso, a causa della

neurotossicità evidenziata negli animali da laboratorio. Anche in Svizzera la

MDMA è stata usata per vari anni in tal senso, ma dal ’93 si è interrotta la

sperimentazione. Secondo alcuni autori queste sostanze potrebbero essere usate

in campo psichiatrico se si riuscisse a renderle meno tossiche.

Tra i consumatori, la MDMA è conosciuta con diversi appellativi: Ecstasy,

XTC, Adam o pillola di Adamo, X, E, Rave. E’ una sostanza bianca,

cristallina, dal sapore amaro, che solitamente viene assunta per os, sotto forma

di pastiglie di vari colori, forme e dimensioni. Spesso su queste compresse

sono impressi dei simboli, che rappresentano una sorta di “marchio di

fabbrica”, che distingue alcuni produttori. Il contenuto medio di una pasticca

varia dai 75 ai 150mg di MDMA; a volte in una pastiglia sono contenute anche

altre sostanze amfetamino-simili, soprattutto MDA e MDEA.

Meccanismo d’azione della MDMA e neurotossicità

I diossi-derivati amfetaminici, come abbiamo già detto in precedenza da un

punto di vista più generale, a differenza delle altre amfetamine, agiscono

prevalentemente sul sistema serotoninergico. Immediatamente dopo

l’assunzione orale di MDMA si verifica un rilascio estensivo di 5-HT dalle

terminazioni presinaptiche e, contemporaneamente, si ha l’inibizione del loro

reuptake così come dell’enzima triptofano-idrossilasi, con conseguente blocco

della sintesi di 5-HT. Pertanto, 3-6 ore dopo l’assunzione, la cessazione degli

effetti piacevoli si accompagna a un esaurimento della biodisponibilità di

33

Page 34: Fia mdma

serotonina e del suo metabolita 5-HIAA (acido 5-idrossiindolacetico), che

torna però a livelli normali entro 24 ore.

La MDMA agisce quindi a livello dei recettori per la 5HT e come inibitore

della triptofanoidrossilasi, ma anche sui recettori 2 adrenergici, sui recettori

M1 muscarinici (effetti cardiovascolari con tachicardia, aritmia, ipertensione,

acidosi metabolica CID, insuff. renale per blocco dell’ADH), su quelli H1

dell’istamina; l’azione è debole sui recettori per gli oppioidi endogeni e

pressochè non misurabile su quelli GABAergici.

La maggiore affinità poi per il tipo 5HT2 rispetto agli altri sembra essere la

chiave per la spiegazione delle potenzialità della MDMA come allucinogeno.

La MDMA entra effettivamente nel neurone, rispetto ad altre sostanze

psicotrope, probabilmente con un meccanismo di cotrasporto attraverso i

carrier deputati alla ricezione della 5HT (azione mimetica).

Numerosi studi hanno evidenziato anche il coinvolgimento del rilascio di

dopamina nel meccanismo di neurotossicità da MDMA: l’MDMA determina,

infatti, anche il rilascio di una certa quantità di questo neurotrasmettitore. Tale

attività è caratteristica dello stereoisomero (+), mentre la (-)MDMA non ha

alcun effetto sull’efflusso di dopamina.

Studi immunocitochimici nel ratto hanno confermato che 1’MDMA provoca

degenerazione neuronale: dopo 36-48 ore dalla sua somministrazione sono

visibili segni inequivocabili di degenerazione degli assoni, che risulta più

marcata nella corteccia telencefalica, nello striato e nel talamo. Gli effetti

neurotossici, analogamente a quelli sul rilascio di dopamina e a differenza di

quelli della fase acuta, sono caratteristici dello stereoisomero (+) MDMA. Sono

stati eseguiti numerosi studi per valutare se si verifica una rigenerazione dei

terminali serotoninergici a seguito della lesione: nel ratto i neuroni

serotoninergici possono rigenerare, in quanto la MDMA distrugge gli assoni,

ma risparmia i corpi cellulari, pertanto si assiste a una graduale re-innervazione

della corteccia e delle altre strutture. Sembra che nel ratto vi sia una totale

ripresa delle lesioni del sistema serotoninergico entro un anno, mentre gli

effetti prodotti da alte dosi di MDMA nel primate non umano sono

irreversibili. Non è ancora completamente accertato se l’MDMA produca

34

Page 35: Fia mdma

effetti neurotossici nell’uomo: nei consumatori cronici è stata messa in

evidenza una diminuzione dei livelli liquorali di 5-HIAA (metabolita principale

della serotonina), che persiste anche per 12 mesi dopo l’interruzione

dell’assunzione, ma da lavori diversi si ottengono dati contrastanti.

Concludendo, l’assunzione di MDMA a scopo ricreativo pone

fondamentalmente due tipi di problematiche, una relativa agli effetti osservati

in acuto e l’altra, estremamente complessa, riguardante gli effetti a lungo

termine di un possibile danno neuronale.

Il problema di tossicità acuta da MDMA è stato ed è ampiamente discusso ed

evidenziato dalla stampa popolare, soprattutto in relazione ai numerosi decessi

di individui in giovane età (morti del sabato sera). Va tuttavia ulteriormente

sottolineato che 1’assunzione di questa droga, anche una sola volta la

settimana, impedisce ai consumatori di riprendere il ritmo quotidiano delle

proprie abitudini, sia scolastiche che di lavoro. Infatti in questi soggetti è

rilevabile un’alterazione delle capacità decisionali, un diminuito desiderio di

svolgere attività fisiche, difficoltà nell’eseguire operazioni matematiche, cui

spesso si associano crisi di panico, insonnia, disorientamento e confusione.

Meno noti ed analizzati dai mass-media risultano invece gli effetti a lungo

termine di questa sostanza sui neuroni cerebrali: infatti, sebbene non siano

attualmente disponibili nella letteratura scientifica prove certe di un danno

neuronale permanente nell’uomo, gli studi condotti sugli animali testimoniano

inequivocabilmente che l’MDMA produce una distruzione a lungo termine

degli assoni e dei terminali serotoninergici nel cervello. Questi effetti, come è

stato descritto, sarebbero lentamente reversibili nel ratto, mentre le lesioni

ottenute nei primati, non sarebbero invece in alcun modo reversibili. Gli effetti

neurodegenerativi a lungo termine ottenuti nei roditori e nei primati, a dosi che

differiscono poco da quelle usate a scopo ricreativo, farebbero propendere

quindi per l’ipotesi che la neurotossicità da MDMA nell’uomo possa essere un

processo lento ed insidioso che potrebbe determinare l’insorgenza, dopo alcuni

anni, di disturbi psichiatrici anche gravi.

35

Page 36: Fia mdma

L’extasy ha un’attività psicostimolante per certi versi simile a quella delle

amfetamine: infatti abbiamo alcuni effetti analoghi, come diminuzione del

senso di fame e sete, stimolazione locomotoria, aumento della vigilanza e

insonnia. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che, come il sistema

noradrenergico a proiezione diffusa, anche il sistema serotoninergico a

proiezione diffusa fa parte del SRAA. Anche altri effetti fisici ricordano molto

le amfetamine classiche, sebbene alle dosi abituali essi siano alquanto variabili

e soggettivi: a volte sono infatti riferiti digrignamento dei denti e tensione alla

mascella, bocca asciutta, movimenti involontari degli occhi, iperidrosi, nausea.

Vi sono però alcune differenze: per es. la somministrazione ai ratti di

2-10mg/kg di MDMA (dosi analoghe a quelle che si hanno normalmente

nell’uomo) porta ad aumento dell’attività locomotoria per almeno 2 ore e la

locomozione è essenzialmente orizzontale, con tendenza a evitare il centro

dell’ambiente e spiccata stereotassi (modificazione del proprio movimento a

seguito del contatto con un altro corpo). Questo profilo comportamentale è

molto simile a quello indotto da sostanze allucinogene pure, come l’LSD.

Sempre la liberazione di serotonina è poi responsabile degli effetti entactogeni

ed empatogeni dell’extasy, come pure dell’aumento della sensibilità delle

diverse percezioni e dell’intensità di qualunque esperienza (infatti la serotonina

ha un ruolo importantissimo nella modulazione e integrazione degli stimoli

sensoriali). Esistono poi alcune sensazioni particolari, mediate anch’esse

probabilmente dalla serotonina, che avvicinano le diossi-amfetamine agli

allucinogeni; sono infatti esperienze di alterazione sensoriale, senza però vere e

proprie allucinazioni.

Piuttosto che di quadro allucinatorio è opportuno quindi parlare di stato di

coscienza modificato.

Gli stati di coscienza modificati si distinguono clinicamente per le seguenti

proprietà:

_ alterata percezione del tempo

_ assenza di confini tra sé e il mondo esterno

_ alterata percezione dei rapporti spaziali

36

Page 37: Fia mdma

_ dispercezioni visive (per es. alterazioni dei volti dei compagni).

L’assunzione di diossi-derivati porta a tachicardia, midriasi, mani fredde e

sudate, vasocostrizione periferica (dovuta anche all’attività sui recettori

periferici 5-HT2, localizzati a livello venoso e arterioso, a eccezione di muscolo

scheletrico e cardiaco). Inoltre è stato evidenziato come l’attività stimolante sia

più accentuata nelle forme L, mentre quella allucinogena sia più pronunciata

nelle forme D: normalmente le pasticche contengono una miscela racemica,

con variabili proporzioni dei due isomeri e con conseguenti attività diverse. A

titolo d’esempio, nei ratti l’isomero d-MDA è alquanto aritmogenico e anche

dosi moderate possono essere causa di aritmie ventricolari (questo potrebbe

spiegare alcuni casi di morte improvvisa associata all’uso di MDA). Ad ogni

modo, le attività cerebrali dei diossi-derivati sono ancora lontane dall’essere

chiare, basti pensare al fatto che la serotonina esplica un controllo di tipo

inibitorio nei confronti dei neuroni noradrenergici del locus coeruleus, come

pure su quelli dopaminergici meso-limbici.

Cercando di schematizzare, possiamo comunque dire che gli effetti ricercati

dell’extasy dipendono essenzialmente dalle scorte endogene di serotonina

preformata: la cosiddetta fase di “high”, durante la quale si manifestano tali

effetti, corrisponde all’aumento del rilascio di 5-HT a livello centrale. Questa

fase ha inizio 15-30 minuti dopo l’assunzione per via orale (in tempi più brevi

per assunzioni nasali o endovenose), raggiunge la massima intensità dopo circa

1 ora, poi decresce progressivamente, fino ad arrivare alla cosiddetta fase di

“down”, che si manifesta circa 6 ore dopo l’assunzione. In questa fase, gli

effetti piacevoli e ricercati dell’extasy sono ormai finiti e lasciano spazio

invece ad effetti indesiderati, primo fra tutti la stanchezza. La fase di “down” è

dovuta all’esaurimento della serotonina a livello sinaptico: difatti, mentre la 5-

HT viene lentamente metabolizzata dalle MAO, l’enzima triptofano-idrossilasi

è inibito dall’ecstasy stessa, per cui la produzione del neurotrasmettitore è

bloccata o nettamente diminuita. Nella fase di “down” è anche possibile che si

rendano più manifesti gli effetti simpaticomimetici, per cui mano a mano che la

serotonina diminuisce, prende il sopravvento la noradrenalina, così che il

37

Page 38: Fia mdma

soggetto, da affabile, fiducioso e sensibile, diventi irritabile, sospettoso e a

volte aggressivo.

Gli assuntori abituali, che conoscono bene queste fasi, consigliano quanto

segue: “Se avete assunto una dose singola di MDMA (di circa 2mg/kg), dopo

circa 1 ora e 30 minuti avrete raggiunto la fase di picco; se vorrete prolungare

gli effetti provati in quel momento dovrete assumere circa 1/3 o ½ della dose

precedentemente assunta (…). Un dosaggio supplementare maggiore di questo

potrà produrre o aumentare effetti secondari indesiderati, senza favorire alcun

protrarsi o incrementarsi del piacere.” (Ecstasy: allargamento della coscienza

restringimento dello stomaco; produzione e distribuzione: Laboratorio

antiproibizionista Livello 57, Bologna)

Infatti, una volta che la serotonina preformata sia stata completamente liberata

negli spazi sinaptici, ulteriori dosi di MDMA non potranno aumentare ancora

gli effetti piacevoli, viceversa porteranno a importanti effetti

simpaticomimetici, con ulteriore affaticamento del soggetto. Tutto ciò ha

importanti implicazioni per quanto riguarda il contesto nel quale l’extasy viene

consumata prevalentemente, la discoteca o il rave-party.

In caso di poliassunzioni una sostanza può agire sulla cinetica e/o sulla

dinamica di un’altra sostanza in modo variabile, a seconda del dosaggio, del

momento in cui la seconda sostanza viene assunta (contemporaneamente o

successivamente alla prima), della via di somministrazione.

Per quanto riguarda il poliabuso di MDMA, l’associazione più frequente è

sicuramente quella con l’alcool. Le due sostanze possono essere assunte

contemporaneamente (è segnalata l’abitudine di sciogliere le pastiglie o la

polvere in bevande alcoliche) o in tempi diversi e le interazioni biochimiche

cerebrali che ne derivano sono sconosciute. In generale, possiamo dire che

l’alcool tende ad aumentare la concentrazione ematica di altre sostanze

metabolizzate dal fegato (e quindi anche dell’extasy e degli amfetaminici), in

quanto va ad occupare gli enzimi del sistema NADH-ossidasi. Per quel che

riguarda poi le interazioni a livello cerebrale, è noto che l’azione dell’alcool è

legata al suo inserimento nel bilayer lipidico, con modificazioni della

permeabilità agli ioni e possibile dislocazione recettoriale. Ciò può anche

38

Page 39: Fia mdma

essere responsabile di modificazioni nell’attività delle sostanze che per agire

necessitano di un legame con recettori superficiali, come appunto gli

amfetamino-simili; ad es. ci potrebbe essere un disaccoppiamento tra recettore

e sistema del fosfatidilinositolo oppure è possibile che l’alcool ne faciliti

l’attivazione, con reazioni, almeno per il momento, assolutamente

imprevedibili. Quel che è certo è che tale uso concomitante aumenta il rischio

di disidratazione, infatti l’alcool è fortemente diuretico (per la sua azione di

inibizione sulla secrezione di ADH) e l’ecstasy induce spesso abbondante

sudorazione (stimolata ovviamente anche dal caldo e dal ballo: si ricordi che

l’ambiente in cui viene usata l’ecstasy è solitamente la discoteca). Ad ogni

modo, dato che l’ecstasy è uno stimolante e l’alcool è un depressivo, è

prevedibile che gli effetti cerebrali si antagonizzeranno. Difatti, sono gli

assuntori stessi a riferire come l’effetto ricercato dell’MDMA sia diminuito

dall’assunzione di alcool. Un rischio di tale associazione, sempre riportato

dagli assuntori, è quello di bere eccessivamente senza rendersene conto, con

l’eventualità di “ritrovarsi completamente ubriachi non appena scende l’effetto

dell’ecstasy”. Allo stesso modo, l’assunzione di MDMA non permette al

consumatore di rendersi conto di quanto stia fumando (tabacco, hashish o

marijuana).

L’associazione tra ecstasy e droghe stimolanti come cocaina o amfetamine

classiche (soprattutto metamfetamina o “speed”) è piuttosto pericoloso, poiché

vengono fortemente accentuati gli effetti simpaticomimetici e si rischiano gravi

aritmie cardiache. Inoltre la metamfetamina aumenta l’aggressività già a basse

dosi, per cui l’associazione con cocaina o ecstasy (che, oltre all’effetto

simpaticomimetico, altera le percezioni sensoriali) può spingere ad atti

incontrollati di violenza. Anche blandi stimolanti come caffè, guaranà, ginseng

e bevande energetiche come Red Bull o XTC possono aumentare l’effetto

stimolante dell’ecstasy.

Un’altra importante associazione è quella tra ecstasy ed oppiacei e in tal caso

bisogna distinguere due situazioni diverse. Nel caso dei tossicodipendenti da

oppiacei, si ha solitamente un’assunzione contemporanea di eroina ed ecstasy

(o amfetamine classiche) per via endovenosa. Poiché gli effetti di queste due

39

Page 40: Fia mdma

categorie farmacologiche sono opposti, i risultanti stati d’animo e sensazioni

saranno alquanto altalenanti e potranno risultare piacevoli o sgradevoli. Inoltre,

l’effetto stimolante degli amfetaminici può andare a coprire quello sedativo

degli oppiacei, col rischio di eccedere nella dose di eroina e di rendere quindi

più probabile l’overdose. Abbiamo poi il caso degli assuntori di ecstasy che

fumano eroina quando permangono troppo a lungo gli effetti stimolanti o

simpaticomimetici: questi soggetti, a lungo andare, rischiano di sviluppare una

inconsapevole dipendenza fisica agli oppiacei.

L’LSD viene a volte usato in associazione all’MDMA per ottenere piacevoli

stati psichedelici: dato però che l’effetto degli allucinogeni dipende molto dalle

condizioni psichiche dell’assuntore, se l’LSD viene somministrato durante la

fase di discesa dell’ecstasy, è possibile che le allucinazioni siano di tipo

angosciante o spaventoso, con reazioni imprevedibili da parte del soggetto. Per

questo, forse, gli assuntori più esperti e “navigati” consigliano di tenere basse

le dosi di LSD. Per quanto riguarda la chetamina, invece, essa viene per lo più

usata a basse dosi per togliere l’effetto simpaticomimetico dell’ecstasy.

Farmacocinetica

Il profilo farmacocinetico della MDMA è simile a quello delle amfetamine

classiche: in seguito ad assunzione orale, l’effetto ricercato ha inizio dopo circa

30 minuti e raggiunge l’apice dopo 1-1,5 ore, scomparendo poi lentamente in

4-6 ore. Le diossiamfetamine vengono in parte metabolizzate nel fegato,

mediante reazioni di N-demetilazione, O-dealchilazione, deaminazione e

coniugazione, e in parte escrete come tali per via renale: per fare un esempio, il

più importante metabolita della MDMA è la MDA, ottenuta tramite N-

demetilazione, ed entrambe si ritrovano nelle urine. Il metabolismo di questi

composti è però ancora in gran parte sconosciuto, tant’è vero che esistono

discrepanze tra reperti urinari ed ematici: ad esempio, è possibile ritrovare

MDEA nel sangue e MDMA nelle urine.

40

Page 41: Fia mdma

VI- I quadri di intossicazione

1) INTOSSICAZIONI ACUTE

L’intossicazione acuta da amfetaminici ed in particolare da MDMA si

manifesta solitamente con ipertermia, tachicardia, ipertensione, agitazione

psicomotoria e aggressività, che rappresentano essenzialmente gli effetti

indesiderati dai consumatori di tali sostanze. Ovviamente, esistono vari gradi di

intossicazione acuta, pertanto potremo avere casi lievi, che vanno incontro ad

autorisoluzione e non portano a particolari problemi, e casi più gravi, che

possono esitare nella morte del soggetto. I livelli ematici ai quali compaiono

queste manifestazioni sono però piuttosto variabili: un soggetto che assume per

la prima volta un amfetaminico potrà manifestare questi sintomi già a basse

dosi, mentre un soggetto con una lunga storia d’abuso sarà andato incontro a

tolleranza e pertanto potrà raggiungere anche elevati livelli ematici senza gravi

sintomi da iperdosaggio. Una volta che sia iniziata la tolleranza, ad esempio, è

possibile trovare livelli ematici di di metamfetamina maggiori di 5000 ng/ml e

la maggior parte delle morti da iperdosaggio vede valori ematici che vanno da

5000 a 10000 ng/ml. Per fare un altro esempio, esiste una grossa

sovrapposizione tra livelli tossici e ricreazionali di MDMA: nelle morti da

sovradosaggio, la concentrazione ematica varia all’incirca da 100 a 1250

ng/ml.

Come per la cocaina, quindi, le morti da amfetamine sono correlabili sia con

livelli ematici molto bassi, sia con livelli molto alti, pertanto esiste una grossa

imprevedibilità nel comportamento di tali sostanze, che dipende in parte anche

41

Page 42: Fia mdma

dalle condizioni dell’assuntore. Le principali cause di morte da intossicazione

acuta sono:

_ sindrome ipertermica

_ alterazioni cardiache (gravi tachiaritmie, arresto cardiaco, infarto)

_ ictus cerebrale

_ epatite acuta fulminante.

La sindrome ipertermica è una delle più frequenti manifestazioni di tossicità

acuta delle molecole amfetamino-simili e si può manifestare a seguito

dell’assunzione sia di metamfetamina, sia di diossiderivati. Non è stato ancora

definitivamente chiarito se l’ipertermia sia da imputare ad alterazioni della

funzione dei centri termoregolatori o alla stimolazione periferica indotta dalle

catecolamine. Certamente l’aumento della temperatura corporea è legato

all’aumento dell’attività muscolare (dovuto sia al ballo in discoteca, sia alla

stimolazione dopaminergica), all’attivazione dei meccanismi simpatici di

difesa dal freddo (vasocostrizione periferica e brivido) e all’elevata

temperatura ambientale; inoltre non bisogna dimenticare che il soggetto che

assume amfetaminici non sente la stanchezza, pertanto, in discoteca, continuerà

a ballare anche oltre le proprie possibilità. Pertanto, si viene a creare una

situazione simile al colpo di calore da sforzo, che si manifesta quando la

quantità di calore prodotta dal lavoro muscolare è maggiore di quella che

l’organismo riesce a disperdere. La temperatura corporea sale a 40°C e, nei casi

più gravi, può arrivare a 43°C e solitamente è associata a forte tachicardia

(maggiore di 150 battiti al minuto) e ipotensione. Questo quadro è

accompagnato da gravi alterazioni sistemiche, quali:

_ diminuzione del livello di coscienza, fino al coma, talvolta con crisi

convulsive

_ rabdomiolisi, con conseguente iperkaliemia e acidosi

_ coagulazione intravasale disseminata (CID)

_ insufficienza renale acuta (molto frequente a causa dell’ipotensione, della

mioglobinuria e della CID).

42

Page 43: Fia mdma

La sindrome ipertermica è una situazione molto grave, che a volte può essere

risolta col dantrolene, ma che spesso porta a morte, soprattutto a causa di

riconoscimento e intervento tardivi.

Un altro grosso problema collegato all’abuso di amfetaminici è rappresentato

dall’insorgenza di problemi cardiovascolari, dovuti essenzialmente

all’eccessiva stimolazione simpatica. Difatti, l’eccessiva liberazione di

catecolamine è cardiotossica e l’abuso protratto di simpaticomimetici porta a

cardiomiopatia. Normalmente, l’assunzione di amfetaminici porta a

tachicardia, la cui entità dipenderà principalmente dalla dose assunta. In alcuni

casi, la frequenza può arrivare a 180 battiti/min ed è possibile l’insorgenza di

angina e infarto o di asistolia con morte improvvisa. Inoltre, sempre a causa

dell’ipertensione simpatica, è frequente l’innalzamento della pressione

arteriosa, che a volte può però essere diminuita. Le morti da causa cardiaca

sono piuttosto frequenti in chi abusa di sostanze stimolanti, ma sono per lo più

correlate a una sottostante patologia cardiaca: in caso di uso prolungato di

amfetaminici, sono essi stessi causa di cardiomiopatia. Esistono casi di infarto

del miocardio insorto in soggetti con cuore sano che hanno fatto uso di

amfetaminici: in questi casi entrano probabilmente in gioco più fattori

contemporaneamente, come spasmo coronarico, aumento della pressione

arteriosa, tachicardia e aumentate richieste di ossigeno da parte del cuore,

induzione dell’aggregazione piastrinica. Questi meccanismi sembra entrino in

gioco anche a seguito dell’inalazione di vapori di metamfetamina, che vengono

ritenuti responsabili pure dell’insorgenza di edema polmonare acuto.

Un’altra possibile causa di morte da amfetaminici è l’ictus, ischemico o

emorragico, collegato soprattutto alla metamfetamina. In alcuni casi, l’ictus è

da mettere in relazione con una vasculite, in altri con preesistenti

malformazioni atero-venose, ma spesso non si riscontrano anormalità. Inoltre,

il sanguinamento non segue la tipica distribuzione delle emorragie correlate a

ipertensione, più frequenti nei gangli della base e a livello ipotalamico, ma è

prevalentemente localizzato ai lobi frontali. Alla base di questi sanguinamenti

sembra esserci una vasculite necrotizzante, legata all’abuso di amfetaminici o a

poliabuso.

43

Page 44: Fia mdma

Infine, non sono da sottovalutare le reazioni idiosincrasiche, che possono

portare a epatite acuta fulminante. Sebbene alcuni amfetaminici (pemolina e

metilfenidato) siano epatotossici e la metamfetamina possa aumentare

l’epatotossicità di altre sostanze (per es. il tetraclururo di carbonio), i casi di

epatite acuta, a volte fulminante; sembrano legati essenzialmente a

idiosincrasia nei confronti dei contaminanti presenti nelle preparazioni illegali.

2) INTOSSICAZIONI CRONICHE

L’uso protratto di amfetaminici (e MDMA in particolare) porta a problemi

diversi, a seconda delle modalità di assunzione, dei meccanismi d’azione delle

sostanze e della predisposizione individuale.

Sistema cardiovascolare

E’ noto come l’abuso di amfetaminici porti ad alterazioni cardiache e vascolari,

con sviluppo di cardiomiopatia e ipertrofia della tonaca muscolare vasale, con

successiva ipertensione. Nonostante la causa di queste alterazioni sia

rappresentata dall’eccesso di catecolamine circolanti, esattamente come accade

in caso di abuso di cocaina, e considerando il grande numero di persone che,

soprattutto in passato, ha fatto uso di amfetamine, l’incidenza di infarto

amfetamino-dipendente è piuttosto bassa. Gli infarti del miocardio sono quindi

più frequentemente associati ad abuso di cocaina, mentre l’abuso di

amfetamine porta essenzialmente allo sviluppo di cardiomiopatie.

Recentemente, una possibile spiegazione di questa differenza è stata data dalla

biologia molecolare: l’aumento della temperatura corporea legata all’uso di

amfetaminici determinerebbe la produzione di proteine da shock termico (HSP)

nel miocardio. Le HSP sono proteine prodotte normalmente, in piccole

quantità, da tutti i tessuti e la loro sintesi aumenta a seguito di stress di varia

natura, come calore, radicali liberi, alterazioni del pH; si ritiene che queste

proteine abbiano la funzione di aiutare il corretto avvolgimento delle proteine

neosintetizzate e di rinaturare le proteine denaturate, pertanto proteggono

l’integrità e la funzionalità delle cellule che le producono. Allora l’ipertermia

ripetuta indotta dalle amfetamine sarebbe in grado di proteggere il cuore dal

danno ischemico, proprio grazie alle HSP; ovvero perché insorga un infarto in

44

Page 45: Fia mdma

un consumatore di amfetaminici è necessaria un’ischemia maggiore di quella

necessaria allo sviluppo di infarto miocardico nei consumatori di cocaina.

Il principale problema cardiaco legato all’abuso di amfetaminici è

rappresentato da una cardiomiopatia caratterizzata da aree di fibrosi, emorragie

focali subendocardiche, alterazioni dei miociti (disorganizzazione, granularità,

ipertrofia), infiltrati linfocitari. A peggiorare il quadro, si aggiunge l’ipertrofia

della tonaca media delle arteriole. Si ritiene che questa cardiomiopatia sia alla

base delle morti improvvise legate all’abuso di amfetaminici, morti che sono

per lo più dovute ad alterazioni della conduzione miocardica. La presenza di

reperti di mioglobinuria è costante nella letteratura, conseguente alla

rabdomiolisi.

Riportiamo di seguito alcuni quadri istopatologici, nei quali è evidente il danno

cellulare causato da elevati livelli di catecolamine:

Cuore: distruzione di miociti, accompagnata dalla migrazione linfocitaria (EE,

400 X)

45

Page 46: Fia mdma

Alterazione delle miocellule cardiache: il quadro è sovrapponibile alle lesioni

da ipertermia (SEM, 5000X).

Per quanto riguarda invece le alterazioni vascolari, sappiamo che le

catecolamine, agendo sui recettori 1-adrenergici, determinano vasocostrizione.

Uno stimolo vasocostrittore frequente mette in moto i meccanismi di sintesi

proteica, con conseguente ipertrofia della muscolatura liscia vasale, pertanto

l’uso protratto di amfetaminici, come di altre sostanze simpaticomimetiche,

porterà ad un aumento stabile della pressione arteriosa.

Polmone

La più frequente alterazione polmonare riscontrata nei soggetti che abusano di

stimolanti simpatici è data dall’arteriopatia tromboembolica, legata

essenzialmente all’iniezione endovenosa di tali sostanze. Infatti, soprattutto

quando sono le compresse ad essere sciolte e iniettate, i residui insolubili, come

microcristalli di cellulosa o fibre di cotone, restano intrappolati nel

microcircolo polmonare e qui determinano l’insorgenza di piccole trombosi e/o

46

Page 47: Fia mdma

di granulomi. Se le iniezioni vengono ripetute spesso, è possibile che

progressivamente insorga ipertensione polmonare, con conseguente cuore

polmonare cronico. L’amfetaminico che è stato più frequentemente associato a

tali alterazioni è il metilfenidato, che può anche essere causa di enfisema

panacinare.

Le sostanze serotoninergiche, come fenfluoramina e diossiderivati, possono

anch’esse essere responsabili dell’insorgenza di ipertensione polmonare, ma

con un diverso meccanismo d’azione. Infatti, elevati livelli di serotonina

causano contrazione delle arterie polmonari e favoriscono la proliferazione

della muscolatura liscia vasale; inoltre, i soggetti che soffrono di ipertensione

polmonare primitiva hanno elevati livelli plasmatici di serotonina. Pertanto si

ritiene che sia l’eccesso di serotonina il principale responsabile dello sviluppo

di ipertensione polmonare. L’esame istologico mette in evidenza un’ipertrofia

della tonaca media arteriolare, del tutto simile a quella legata ad eccesso di

stimolazione simpatica. In alcuni casi, è visibile anche una fibrosi eccentrica,

con ispessimento asimmetrico dell’intima e grossa diminuzione del calibro del

lume vasale.

Sistema nervoso centrale

In fase acuta emorragie ad anello perivascolari specie in regione sottocorticale.

Il SNC rappresenta il principale bersaglio degli amfetaminici, eppure sono

ancora pochi gli elementi che si conoscono per quanto riguarda la tossicità

cronica. Poiché il meccanismo d’azione è diverso, analizziamo separatamente

amfetamine classiche (le notizie fanno riferimento essenzialmente la

metamfetamina o speed) e diossi-derivati (le notizie fanno riferimento

essenzialmente alla MDMA).

Contaminanti e precursori

Nell’ambito della tossicità degli stimolanti sintetici, grande importanza riveste

il ruolo svolto da sostanze diverse dal principio attivo: nelle preparazioni

illecite, sono infatti spesso presenti vari contaminanti, a volte anche in grosse

quantità. Durante i processi di sintesi della metamfetamina e dei diossi-derivati,

47

Page 48: Fia mdma

si formano alcuni sottoprodotti, che a volte risultano essere più tossici della

droga in sé, come tossici sono spesso i reagenti utilizzati per la sintesi.

Pertanto, a seconda della professionalità di chi esegue la sintesi, del tipo di

precursori e reagenti utilizzati, dell’attrezzatura presente nel laboratorio

clandestino, si otterranno composti di purezza variabile, spesso contenenti

contemporaneamente più principi attivi. Il tipo di contaminanti presenti nelle

preparazioni illecite sarà diverso a seconda del composto di partenza. Durante

gli anni ’70, era il fenil-2-propafenone (P2P) il precursore più utilizzato, poi

divenne anch’esso una sostanza soggetta a controllo, tanto che i produttori

clandestini furono costretti a sintetizzarlo o a cambiare precursore. Il P2P può

essere sintetizzato a partire da acido fenilacetico o da acetato di piombo; tale

sostanza viene poi convertita in metamfetamina, ed eventualmente in MDMA,

utilizzando metilammina, dietil-etere, cloruro di mercurio, isopropanolo.

Vediamo quindi come, tramite questa via sintetica, sia possibile che nel

prodotto finale compaiano metalli pesanti, come piombo e mercurio. Altre vie

prevedono l’impiego in partenza dal MDP-2-P (3,4 metilendiossi

fenil2propanone), dal piperonale, dal safrolo.

Un’altra via sintetica, oggi largamente utilizzata, vede come precursori

l’efedrina o la pseudoefedrina e in tal caso viene usato fosforo rosso come

catalizzatore. In questo caso, i contaminanti più pericolosi sono lo stesso

fosforo rosso, che è altamente tossico già a piccole dosi (agisce soprattutto sul

SNC ed è mortale), e la 2-(fenilmetil)fenetilamina, che è epatotossica (si pensa

sia la principale responsabile dei casi di epatite acuta fulminante). La crescente

popolarità di questa via sintetica, ha reso necessario porre sotto controllo la

produzione e la vendita di efedrina e pseudoefedrina, come già era successo per

il P2P.

Le vie di sintesi per le metilendiossiamfetamine sono molto simili,

differenziandosi solo per le sostituzioni di metilamina e N-metilformamide con

analoghi; inoltre, con l’eccezione della reazione di Ritter, i metodi vanno bene

anche per la sintesi di amfetamina e metamfetamina.

Pertanto, considerando la preparazione spesso molto approssimativa di chi

opera tali sintesi e le condizioni in cui essa viene effettuata, è intuitivo che, a

48

Page 49: Fia mdma

prescindere dal metodo utilizzato, nel prodotto finito saranno presenti

intermedi di sintesi, contaminanti, solventi e reagenti chimici non

adeguatamente allontanati, alcuni dei quali altamente tossici o cancerogeni.

Il piombo è spesso presente nelle preparazioni illecite di metamfetamina,

MDMA, MDA e altri composti amfetamino-simili; la sua concentrazione è

piuttosto variabile e in letteratura vengono riportati valori da 0,1 a 50mg per

compressa (la quale pesa mediamente 1g). Quindi è possibile, nei consumatori

abituali, lo sviluppo di un vero e proprio saturnismo, mentre le intossicazioni

acute da piombo sono rare e legate essenzialmente all’iniezione endovenosa di

amfetaminici che ne contengano elevate quantità. Come è noto, il Pb è tossico

e va incontro a deposito in vari organi e tessuti, soprattutto nell’osso: a seguito

di particolari condizioni, come gravidanza, malattie infettive, fratture, dieta

povera di calcio, alcolismo, i depositi possono venire mobilizzati, con aumento

della piombemia e possibilità di sviluppo di quadri clinici acuti.

A livello di mass-media ma anche in qualche pubblicazione scientifica si è

dibattuto sulla realtà o meno di casi effettivamente di parkinsonismo, che

peraltro sembra che debbano essere prevalentemente ascritti al problema dei

precursori o contaminanti nella produzione delle compresse di ecstasy. Fra le

sostanze segnalate come potenzialmente capaci di indurre quadri di

parkinsonismo ricordiamo l’1metil4fenil1,2,3,6tetraidropiridina nella

fabbricazione della meperidina, estremamente tossica per la substantia nigra.

L’osservazione è importante dato che il dibattito sulla tossicità della MDMA è

centrato sui suoi effetti sul sistema serotoninergico piuttosto che su quello

dopaminergico.

Rimane ancora da segnalare che alcuni casi di tossicità acuta da MDMA con

esito fatale si verificano, anche se raramente, in assuntori di sesso femminile

per inibizione e blocco dell’ADH, con conseguente compromissione

dell’attività renale (Schifano).

49

Page 50: Fia mdma

VII- Tolleranza, dipendenza e aspetti neuropsichiatrici

I disturbi correlati all’uso di sostanze vengono contemplati nel DSM IV, dove

troviamo la seguente classificazione, inerente ai disturbi legati alle sostanze di

tipo amfetaminico:

_ sintomi da sospensione

_ delirio da intossicazione (delirium)

_ disturbo psicotico (con delirio o con allucinazioni)

_ disturbo dell’umore

_ disturbo d’ansia

_ disfunzioni sessuali

_ disordini del sonno

_ disturbi non altrimenti specificati.

Si parla di abuso quando la sostanza viene usata attraverso una modalità

patologica, caratterizzata da segni di intossicazione, dalla incapacità di

interromperne l’uso e dal bisogno di un’assunzione quotidiana per funzionare

adeguatamente (con conseguente compromissione delle attività sociali e

lavorative), con durata dei disturbi di almeno un mese. Si parla invece di

dipendenza quando siano presenti i fenomeni di tolleranza (necessità di

aumentare la dose per ottenere l’effetto desiderato) e astinenza (sintomatologia

di vario tipo e gravità, dovuta a cessazione o grossa diminuzione dell’uso di

una sostanza psicoattiva in precedenza assunta ripetutamente). Tali concetti di

abuso e dipendenza sono applicabili a tutte le sostanze psicoattive, ma nel caso

degli amfetaminici e di altre droghe ricreazionali (come cocaina e

allucinogeni), l’uso il più delle volte non è quotidiano, ma episodico,

soprattutto concentrato nel fine settimana, e può essere intervallato da lunghi

periodi di sospensione.

50

Page 51: Fia mdma

Nello sviluppo e nel mantenimento del comportamento d’abuso, ha un ruolo

fondamentale il sistema dopaminergico. In particolare, esistono centri della

gratificazione appartenenti al sistema limbico a cui arrivano afferenze

dopaminiche, tramite la via meso-limbica e meso-corticale, che sembrano

essere essenzialmente rappresentati da nucleo accumbens e corteccia

prefrontale. Qualsiasi evento esterno che sia in grado di stimolare questi centri

sarà giudicato piacevole e da ripetere. L’intensità della sensazione gratificante

sembra poi essere correlata alla quantità di dopamina liberata, soprattutto nel

nucleo accumbens. Ma la continua stimolazione di questi centri tende a

elevarne la soglia di risposta e ciò rappresenta la base dell’insorgenza di

tolleranza, che sarà presente anche nei confronti dei normali stimoli

gratificanti. Nella fattispecie, l’astinenza da stimolanti centrali sarà

caratterizzata da elevazione della soglia di risposta agli stimoli normalmente

piacevoli, come ad esempio l’attività sessuale. Dal momento che insorge

tolleranza, il soggetto che fa uso di amfetaminici tenderà ad aumentarne la

dose, favorendo così anche l’insorgenza di intossicazione. Esistono poi soggetti

che anziché andare incontro a fenomeni di tolleranza, sviluppano una

sensibilizzazione agli amfetaminici: in tal caso, anche basse dosi di sostanza

possono produrre una intossicazione, con evidente ipertono simpatico e/o

psicosi.

Il DSM IV definisce l’intossicazione anfetaminica come la presenza di

alterazioni del comportamento o cambiamenti psicologici clinicamente

significativi, che si sviluppano durante o poco dopo (entro 1 ora) l’assunzione

di sostanze amfetaminiche. In caso di intossicazione acuta, le piacevoli

sensazioni di “high” ed euforia sono seguite da ansietà e senso di allarme,

tensione, comportamenti stereotipati e ripetitivi, rabbia, aggressività,

diminuzione della capacità di giudizio, che può anche portare a comportamenti

alquanto pericolosi, per sé e per altri. In caso di intossicazione cronica, ci

possono essere ottundimento emotivo, affaticamento, tristezza, senso di

inadeguatezza sociale. Ovviamente, l’entità di queste manifestazioni dipenderà

dalla dose assunta e dalle caratteristiche del soggetto.

51

Page 52: Fia mdma

Questo quadro clinico può poi essere accompagnato da disturbi della

percezione (allucinazioni visive, uditive e tattili), che compaiono in assenza di

delirio, ovvero in uno stato di coscienza lucida, nel quale il soggetto si rende

conto che le allucinazioni sono indotte dalla sostanza. Se invece le

allucinazioni compaiono in un quadro di alterazione della coscienza, deve

essere presa in considerazione la diagnosi di “disturbo psicotico indotto da

amfetaminici, con allucinazioni”.

Sono stati descritti casi di attacchi di panico persistenti per lungo periodo,

aumento dell’aggressività ma sempre secondo il modello dell’azione bifasica

delle amfetamine come classe in generale, deficit cognitivi e soprattutto

disturbi dell’attenzione.

Il periodo della sospensione dell’uso

I classici modelli di astinenza dagli oppiacei e dall’alcool non sono applicabili

agli stimolanti centrali; nel caso infatti di cocaina e amfetaminici, possiamo

idealmente suddividere la sintomatologia da sospensione in tre fasi. Nella

prima fase, compare uno stato disforico (ricordiamo che per “disforia” si

intende un umore irritabile a tonalità sgradevole), solitamente associato ad

affaticamento, insonnia o ipersonnia, incubi, aumento dell’appetito, agitazione

o rallentamento psicomotorio. Questa fase tende ad autolimitarsi, però può

comunque causare problemi nella sfera lavorativa e sociale del soggetto.

Nella seconda fase, permane un senso di ansia, anergia, anedonia: ciò,

associato agli ambienti e/o alle situazioni in cui si è soliti assumere lo

stimolante, favorisce la ripresa dell’assunzione. Similmente quindi alle altre

droghe, si avrebbe lo stato di “craving”, ovvero il desiderio incoercibile di

sostanza attiva e dei suoi effetti. Il craving è alla base del cosiddetto “drug

seeking behaviour” e si compone di due elementi: disforia, o comunque

malessere, per l’assenza della droga, e piacere anticipatorio legato al pensiero

di assumerla.

Nella terza fase, infine, si avrebbe una normalizzazione del tono dell’umore,

del tono edonico e affettivo, e del pattern del sonno. Anche in questa fase però

52

Page 53: Fia mdma

persisterebbe un saltuario stato di craving, che può giocare un ruolo

significativo nelle ricadute.

Nel caso poi dell’uso di grosse dosi di stimolanti in un breve periodo di tempo

(speed-run o “binge”), come spesso accade nelle notti del fine settimana,

compaiono sintomi da sospensione molto più intensi, caratterizzati da forte

depressione, apatia, sfinimento. Questa sintomatologia è detta anche “crashing”

e sono necessari molti giorni di riposo per riuscire a tornare alle normali

condizioni.

L’abuso di metamfetamina e diossi-derivati amfetaminici può causare

l’insorgenza di diversi disturbi (delirio da intossicazione, psicosi, disturbi

dell’umore, disturbi d’ansia, disfunzioni sessuali, disturbi del sonno): la

diagnosi di queste condizioni può però essere fatta solo quando il disturbo è

talmente grave e preponderante sugli altri da costituire una entità clinica a sé

rispetto all’intossicazione o ai sintomi da sospensione anfetaminica.

I disturbi più importanti e significativi, anche da un punto di vista sociale, che

possono insorgere dopo l’uso di psicostimolanti amfetaminici, sono: deliri di

vario tipo, psicosi depressione e disturbi d’ansia. Il delirio si può definire come

un errore morboso di giudizio, legato ad una alterazione della coscienza della

realtà, e ha tre caratteristiche peculiari: una convinzione con assoluto senso di

certezza, la non influenzabilità da parte del ragionamento o dell’evidenza, la

manifesta assurdità del contenuto. Esiste una grossa differenza tra delirio

lucido o “delusion”, nel quale lo stato di coscienza è conservato, e il delirio

confuso o “delirium”, nel quale invece lo stato di coscienza è alterato. Nel caso

di intossicazione acuta con grave compromissione dello stato di coscienza, è

frequente la comparsa di delirium, caratterizzato da imponenti fenomeni

dispercettivi (soprattutto allucinazioni visive), con forte coinvolgimento

emotivo, e dai contenuti mutevoli e frammentari. I deliri a coscienza lucida

invece sono ben strutturati e vanno solitamente a organizzarsi in sindromi

(paranoide, paranoica e parafrenica). I contenuti del delirio possono essere

diversi e così posso avere deliri di influenzamento, di persecuzione, di

riferimento, di grandezza, di gelosia, di colpa, mistici, che possono rientrare a

far parte di più complessi problemi, come le psicosi.

53

Page 54: Fia mdma

Le psicosi sono disturbi gravi, con perdita del contatto con la realtà, e scarsa

coscienza di malattia. Le psicosi correlate all’uso di amfetaminici sono

essenzialmente di due tipi: con delirio lucido o con allucinazioni. Diversamente

dai quadri di intossicazione anfetaminica, le allucinazioni sono ritenute vere e

il soggetto non si rende conto del legame che esse hanno con la sostanza

d’abuso.

Depressione e ansia sono entrambi disturbi dell’affettività (complesso di

sentimenti emozioni e umore), la quale si pone ad un livello intermedio tra la

vita istintivo-pulsionale e le attività cognitive. La depressione (diminuzione del

tono dell’umore) è vissuta come un senso di tristezza, disperazione, dolore

profondo, con senso di vuoto, di tormento interiore, di inutilità e spesso è

accompagnata da una sofferenza fisica mal definibile e senso di oppressione al

torace. Si accompagna a perdita di qualunque interesse con anedonia e

ideazione rallentata e polarizzazione su pensieri negativi e sensi di colpa (si

può arrivare a deliri). A livello motorio ci può essere rallentamento e a livello

somatico può esserci anoressia, insonnia, impotenza sessuale. Tipiche sono le

alterazioni dei ritmi circadiani con risveglio mattutino precoce. Nei casi più

gravi compaiono ideazioni suicide.

L’ansia implica un senso di attesa, il prefigurarsi di un pericolo, solitamente

indefinito, associato ad un senso di inadeguatezza alla situazione. L’ansia è

patologica quando è sproporzionata all’evento scatenante, quando si manifesta

senza motivi apparenti o quando si protrae a lungo nel tempo andando quindi

ad interferire con le attività del soggetto.

L’ansia può essere anticipatoria o generalizzata e a volte può portare ad un

attacco di panico, ovvero un episodio parossistico ,di breve durata, in cui il

senso di pericolo è grave e imminente ed è associato a imponenti sintomi

vegetativi.

Il fatto che le sostanze amfetaminiche possano alterare la funzionalità del

sistema dopaminergico e serotoninergico, può indurre a pensare che siano

queste alterazioni la causa, o la concausa, della comparsa della sintomatologia

psichica che si manifesta solitamente negli assuntori cronici. Difatti, anche se i

dati sono a volte in contrasto, si ipotizza che le alterazioni del sistema

54

Page 55: Fia mdma

dopaminergico siano alla base della schizofrenia. Nell’ambito di questa grave

psicosi ritroviamo sintomi positivi (allucinazioni, deliri, incoerenza del

pensiero, agitazione, comportamento bizzarro) e sintomi negativi (anedonia,

appiattimento affettivo, compromissione dell’attenzione): secondo la classica

teoria dopaminergica alla base della schizofrenia vi sarebbe l’eccessiva attività

del sistema dopaminico, tanto è vero che i neurolettici classici bloccano i

recettori D2, che sono prevalentemente localizzati a livello striatale. Questi

farmaci però sono attivi solo sui sintomi positivi della schizofrenia, che

pertanto sembrano direttamente correlati agli aumentati livelli di dopamina.

Quindi, l’ipotesi dopaminergica classica, va integrata coi dati che depongono

per il coinvolgimento di altri sistemi neurotrasmettitoriali, soprattutto quello

serotoninico. Difatti, in soggetti schizofrenici cronici, è stata documentata una

elevazione della 5-HT ematica e una diminuzione dei suoi metaboliti liquorali.

Considerando che il sistema serotoninergico ha essenzialmente una attività

regolatrice di tipo inibitorio sul sistema dopaminergico, si può presumere

all’origine dei sintomi positivi un elevato rapporto dopamina/5-HT e alla base

dei sintomi negativi un basso rapporto (è anche dimostrata l’efficacia sui

sintomi negativi di alcuni antagonisti recettoriali della serotonina). Allora si

può ipotizzare che i sintomi negativi siano dovuti a una bassa attività

dopaminergica prefrontale (a sua volta legata a un eccesso di attività

serotoninergica) e i sintomi positivi a un eccesiva attività dopaminergica

mesolimbica. A supporto di questa ipotesi c’è il fatto che i recenti antipsicotici

atipici, come la clozapina, hanno una scarsa affinità coi recettori D2, ma

bloccano principalmente i recettori D1 (prevalentemente localizzati nel nucleo

accumbens) e serotoninici, risultando attivi su sintomi positivi e negativi.

Per quanto riguarda i disturbi del tono dell’umore, l’interessamento dei diversi

sistemi neurotrasmettitoriali è ancora meno chiaro. Sicuramente vengono

interessati il sistema serotoninergico e noradrenergico, come evidenziato

dall’attività dei farmaci antidepressivi, che producono un aumento delle

monoamine nel sistema nervoso centrale, e dalle alterazioni dei metaboliti, con

diminuzione dei metaboliti della noradrenalina e della serotonina nei depressi.

Ma l’ipotesi catecolaminica classica e le sue rielaborazioni vengono fortemente

55

Page 56: Fia mdma

criticate, poiché mentre l’effetto degli antidepressivi sui neurotrasmettitori è

immediato, la loro azione terapeutica compare dopo una latenza di almeno due

settimane. Pertanto, l’attenzione dei ricercatori si è spostata sulle modificazioni

di numero e/o sensibilità dei recettori cerebrali. Inoltre, ultimamente si è preso

in considerazione il ruolo della dopamina: infatti i suoi metaboliti liquorali

risultano diminuiti nei depressi, e i trattamenti prolungati con antidepressivi

sembrano stimolare l’attivazione dopaminergica a livello mesolimbico.

Attualmente viene valutato anche il ruolo di altri sistemi neurotrasmettitoriali:

tra le diverse ipotesi, la più interessante è quella che prevede l’alterazione del

rapporto tra sistema colinergico e adrenergico, con prevalenza del primo nella

depressione e del secondo nella mania. Dall’insieme dei diversi dati, sembra

quindi improbabile che la depressione derivi dall’alterazione di un singolo

sistema neurotrasmettitoriale, mentre è più verosimile che siano coinvolti

diversi sistemi tra loro interagenti, oppure che certi sintomi siano espressione

dello squilibrio relativo di un sistema rispetto agli altri. A tale proposito, è

indicativa la correlazione tra diminuzione liquorale di 5-HIAA e

comportamenti aggressivi e violenti, diretti verso sé o gli altri.

Analizzando i dati, sembra che la comparsa di patologia psichica sia

statisticamente e significativamente correlata al numero totale di assunzioni di

ecstasy nell’arco della vita e alla contemporanea assunzione di alcool; i

consumatori di oppioidi presentano invece una minor incidenza di problemi

rispetto agli altri soggetti. Studiando più in profondità la correlazione con

l’oppio, si può osservare che i consumatori di eroina sono mediamente più

vecchi, hanno iniziato ad assumere MDMA a un’età più avanzata, hanno

complessivamente assunto un minor quantitativo di ecstasy e hanno meno

frequentemente associato ecstasy e alcool. Sesso, età, peso ed uso di altre

droghe non sono invece correlati statisticamente con l’insorgenza di disturbi

psichici.

Questi soggetti sono però affetti da disturbi gravi, che li hanno spinti a

presentarsi al SerT; la maggior parte dei consumatori di ecstasy non si

presenta, perché non ha problemi o non si rende conto di averne. Data la

evidenza sperimentale di neurotossicità, si ipotizza che questi problemi psichici

56

Page 57: Fia mdma

siano da attribuire ad alterazioni del sistema serotoninergico, ma il fatto che

non si presentino in tutti gli assuntori potrebbe far supporre a una

predisposizione individuale o alla ridondanza del sistema serotoninergico, la

quale preserva le principali funzioni cerebrali, così che solo una forte tossicità

si manifesti clinicamente (ciò può allora spiegare perché l’alto rischio di

sviluppare problemi neuropsichici si abbia nei forti consumatori di ecstasy).

Nei casi invece in cui i problemi si manifestano dopo piccole dosi, possiamo

pensare a una predisposizione individuale o a una preesistente vulnerabilità nei

riguardi dei disturbi psichiatrici.

Sempre lo stesso Autore riferisce poi alcuni casi in cui, insieme ai disturbi

psichici classici, si mette in evidenza una modificazione del comportamento

alimentare, con l’insorgenza di un vero e proprio craving nei confronti della

cioccolata e, meno frequentemente, dei carboidrati in genere. Senza arrivare

alle abbuffate di questi casi, in generale nei consumatori di ecstasy si assiste a

un aumento del consumo di cioccolata e/o di cibi altamente calorici, soprattutto

dolci, nei giorni successivi all’assunzione. Sappiamo che l’ingestione di

cioccolata è in grado di innalzare l’uptake cerebrale di triptofano,

conseguentemente può aumentare la produzione di serotonina: si può pensare

quindi che l’istintiva attrazione verso i dolci sia una sorta di automedicazione,

messa in atto per aumentare i livelli cerebrali di 5-HT. Questo si accompagna

spesso a una diminuzione del peso corporeo, probabilmente a causa dell’effetto

anoressizzante dell’MDMA e/o della associazione con la depressione maggiore

(assai frequente nei soggetti presi in esame da Schifano). Ma c’è di più: si

pensa che la spiccata preferenza nei confronti della cioccolata sia da imputare

al fatto che essa è ricca in fenilalanina e tirosina, precursori di dopamina e

noradrenalina, pertanto è possibile che innalzi la concentrazione di questi

neurotrasmettitori nel cervello (l’attività centrale della dopamina può poi anche

essere implicata nelle anormali ed edonistiche reazioni al cibo). Infine, la

cioccolata contiene anche feniletilamina e teobromina, che hanno una attività

stimolante centrale.

Un’altra caratteristica peculiare dell’ecstasy è quella di poter dare luogo a

flash-back, ovvero un transitorio ripresentarsi degli stati emozionali e/o

57

Page 58: Fia mdma

dispercettivi provati sotto l’effetto della sostanza. Questo fenomeno è

caratteristico degli allucinogeni, come l’LSD, ma può presentarsi anche coi

cannabinoidi; la sua durata è variabile da pochi secondi ad alcune ore e la sua

pericolosità risiede nel fatto che può comparire in qualunque momento, nel

modo più imprevedibile. Poco si conosce sui flash-back da MDMA, ma si può

supporre per analogia che abbiano le stesse caratteristiche di quelli da

allucinogeni (diminuzione di frequenza e intensità col tempo e possibile

ripresentarsi del fenomeno a seguito del fumo di marijuana). I falsh-backs

possono comparire in associazione ad altri problemi psichici, come

depressione, psicosi ed ansia, ma possono anche essere isolati. Non tutti i

soggetti che assumono ecstasy svilupperanno flash-backs, pertanto ci si chiede

se questo fenomeno sia veramente provocato dall’MDMA in soggetti

predisposti, o non sia piuttosto dovuto alla co-assunzione, magari

inconsapevole, di LSD. I meccanismi biologici e molecolari alla base di questo

fenomeno sono sconosciuti; ad ogni modo l’aloperidolo sembra migliorare la

situazione, diminuendo la frequenza dei flash-backs, mentre la clorpromazina

sembra aggravarla.

VIII- Musica designer drugs

e stati alterati di coscienza

Per approfondire l’analisi degli effetti che gli stimolanti di sintesi possono

avere sugli assuntori, è necessario conoscere l’ambiente nel quale queste

sostanze vengono consumate, dove le figure sonore svolgono un importante

ruolo, anche fisiologico: la discoteca. E’ in questo ambito che cocaina e

MDMA in primis, ma anche LSD, metamfetamina, cannabinoidi, eroina,

ketamina, vengono prevalentemente assunti, sullo sfondo di abuso di alcool e

58

Page 59: Fia mdma

talora di droghe “lecite””come solventi e nitriti di amile/isobutile/cicloesile.

Data la peculiarità di questa area ricreativa e considerando gli effetti

empatogeni, entactogeni e simpaticomimetici dell’ecstasy, è logico pensare che

parte delle risposte del soggetto alla sostanza dipenderanno anche

dall’interazione con l’ambiente circostante, motivando quindi una indagine

sulle interrelazioni tra musica e individuo.

La caratteristica delle forze elementari è di esprimere la massima forza nella

minima estensione, tanto che il più importante è sempre il meno apparente, il

più nascosto, e si può esprimere solo come archetipo, secondo la formula

poetica del mito. Ecco perché da sempre in tutte le culture umane si pone la

poesia alla base della conoscenza, e la musica come voce della poesia. Al pari

degli Universali non percepibili dall’uomo nella loro totalità, anch’essa si

manifesterà dualisticamente, o come musica celeste o come musica di oscura

magia capace di perdere l’uomo. Farmacista e incantatrice furono infatti

sinonimi per un lungo periodo, poiché in origine le sostanze erano

somministrate con un rituale cantato, preponderante per importanza.

La musica/poesia originaria permette di vivere nella fisicità del corpo, cioè la

danza, tutta questa tematica, che oggi noi esploriamo con i mezzi dell’analisi

psicologica, ma che possiede radici ben consolidate in tutte le culture.

Nella discoteca, sia essa commerciale o di tendenza, l’ambiente è

completamente saturo di musica: i volumi sono altissimi, tanto che le

vibrazioni sonore possono essere percepite all’interno del corpo, (attenzione

però che una pressione sonora oltre 95 dB per 4 ore al giorno porta a danno

uditivo (strutture ciliari)); il ritmo è veloce, incalzante, il tempo viene

frammentato e fermato dalle luci stroboscopiche, il caldo e l’elevata umidità

creano un ambiente a volte surreale. L’atmosfera è spesso estremamente

sensuale e questo effetto è caratteristico degli ambienti provvisti di sub-woofer:

infatti, da alcuni studi sembra che le basse frequenze ad elevato volume

operino una sorta di “massaggio” genitale. Alcuni stimoli perdono di intensità a

vantaggio di altri, ma contemporaneamente diminuisce la resistenza alla

frustrazione, la capacità cognitiva, l’altruismo (sotto effetto di MDMA sono

poi frequenti le crisi di aggressività). Il controllo della corteccia sulla sostanza

59

Page 60: Fia mdma

reticolare si altera, disponendosi ad una curva esponenziale, di saturazione, per

cui l’intensità e la durata dello stimolo inibiscono la capacità di controllo

individuale sia sui canali sensoriali aperti (non solo quindi quello acustico) sia

sulla percezione e il controllo delle emozioni, intese come percezione cognitiva

dell’insieme delle funzioni neurofisiologiche attivate. Gli elementi della

musica (ritmo - numero di battute nell’unità di tempo-, melodia - canto o forma

orizzontale-, armonia - colloquio fra le voci o forma verticale-, tono - altezza

del suono o nota-, colore - aspetti del tono legati alla differenza fra gli

strumenti-) sono quindi potenziati da molti fattori ambientali, psicologici,

fisiologici. Le prime due dimensioni della musica, altezza e ritmo, influenzano

molto i processi cognitivi, ma anche le rappresentazioni spaziali: i potenziali

evocati, soprattutto da musica tonale, aprono la funzione della risposta evocata

da parte del sacculus dell’orecchio, responsabile appunto della

rappresentazione del nostro spazio; sopra i 90 dB si registrano potenziali

evocati anche da parte di muscoli (sternocleidomastoideo).

La musica è in grado di modificare anche alcuni parametri ematici,

elettrofisiologici e cardiopolmonari. Innanzi tutto, bisogna specificare che è la

melodia in sé a determinare tali effetti, mentre le parole non sembrano

importanti. Un altro elemento importante è il ritmo della musica ascoltata:

difatti alcuni studi indicano che si tende a preferire musica che abbia un tempo

compreso tra 70 e 100 cicli/min, ovvero simile alla frequenza cardiaca

dell’adulto a riposo; la musica percepita come rilassante tende a far diminuire

frequenza cardiaca e respiratoria, la musica più scatenata, come il rock o la

techno, tende invece a farle aumentare. Se per es. si fa un paragone tra suoni

della Natura e suoni sintetizzati, questi ultimi sono in grado di inibire il

parasimpatico e di promuovere spiacevoli sentimenti di allerta, con aumento

della frequenza cardiaca e respiratoria. Inoltre, la frequenza cardiaca viene

modificata in modo più significativo da musiche conosciute e familiari, rispetto

a musiche di uguale tempo ma mai ascoltate prima: ciò può far pensare che

nella genesi di tali modificazioni siano importanti i fattori psicologici e

affettivi. L’attenzione psicologicamente distaccata ma che sia accompagnata da

un senso di disponibilità, permette di integrare come elementi musicali anche i

60

Page 61: Fia mdma

suoni normalmente considerati fastidiosi, come studiò Cage a proposito dei

suoni a frequenza costante, da lui sentiti come vere e proprie sculture sonore

nello spazio.

Recentemente è stato notato come la musica di tipo melodico possa

riequilibrare lo sbilanciamento di livello bioelettrico nelle aree cerebrali

frontali, disequilibrio che normalmente accompagna gli stati depressivi di tipo

maggiore, soprattutto nell’età avanzata.

La musica va a influire anche sulla concentrazione plasmatica di alcuni ormoni,

soprattutto ACTH, GH, cortisolo e noradrenalina, b-endorfine: la musica

rilassante e meditativa sembra associata a diminuzione di cortisolo e

noradrenalina, mentre la musica pop sembra diminuire i livelli di prolattina

aumentare gli altri parametri. Ma tali effetti neuroendocrini sono, almeno in

parte, correlati al background professionale e culturale nei confronti della

musica: si può avere a seconda dei casi un aumento dello stress, anziché ad una

sua diminuzione.

Gli effetti della MDMA potenziano quindi l’attivazione del sistema

adrenergico già indotta dalla potenza sonora di un ambiente, e dal tipo di

61

0

1 0

2 0

3 0

4 0

5 0

6 0

7 0

B e t a e n d o r f i n eG H

N o ra d r e n a l i n a

A C T HC o r t i s o l o

P r e s s i o n e s i s t o l i c a

M u s i c a t e c n o

M u s i c a c l a s s i c a

Page 62: Fia mdma

frequenze in esso presenti (forme musicali di tipo techno). La contemporaneità

dell’immersione in un determinato contesto musicale (setting) si interfaccia

quindi con una particolare modificazione del funzionamento del SNC indotta

dall’uso di MDMA (set). Set e setting concorrono assieme nell’indurre uno

stato di coscienza modificato (transe), che perdurerà anche al termine del

setting, ovvero oltre l’uscita dall’ambiente discoteca quando si prepara il

rientro a casa.

In questa situazione di passaggio fra la transe e lo stato normale possono

svilupparsi potenziali evocati cerebrali di tipo visivo, che portano alla

coscienza oggetti inesistenti (allucinazioni), tali da indurre il conducente l’auto

a eseguire manovre errate: questa sembra essere la causa principale degli

incidenti stradali mortali nella notte.

62

a t t i v a z i o n e

t r a n c e

r i e q u i l i b r i o P o t e n z i a l i e v o c a t i

A l l u c i n a z i o n i

Page 63: Fia mdma

Bibliografia

1 Ames D, Wirshing WC: Ecstasy, the serotonin syndrome, and neuroleptic

malignant syndrome--a possible link? JAMA 1993 Feb 17; 269(7): 869-70

2 Andreu V, Mas A, Bruguera M, et al: Ecstasy: a common cause of severe

acute hepatotoxicity. J Hepatol. 1998 Sept; 29(3): 394-7

3 Burgess C, O'Donohoe A, Gill M: Agony and ecstasy: a review of MDMA

effects and toxicity. Eur Psychiatry. 2000 Aug; 15(5): 287-94

4 Centini, F.; Bassi Luciani, A.; Giusani, M.; Mazzeo, E.; Fineschi, V.: Le

evidenze istopatologiche nella intossicazione mortale da MDMA e MDEA.

Rivista italiana di medicina legale, 3, 2000.

5 Christophersen AS: Amphetamine designer drugs - an overview and

epidemiology. Toxicol Lett. 2000 Mar 15; 112-113: 127-131

6 Cloud J: The lure of ecstasy. Time 2000 Jun 5;; 155(23): 62-8

7 Cunningham M: Ecstasy-induced rhabdomyolysis and its role in the

development of acute renal failure. . Intensive Crit Care Nurs 1997 Aug; 13(4):

216-23

8 Cuomo MJ, Dyment PG, Gammino VM: Increasing use of "Ecstasy"

(MDMA) and other hallucinogens on a college campus. J Am Coll Health 1994

May; 42(6): 271-4

9 Diana, M.: Azioni neuronali dell’amfetamina nel cervello di ratto. Boll

Farmacodip e Alcoolis, XVIII(1), 10-15, 1995, DSM IV.

63

Page 64: Fia mdma

10 Diana, M.: Azioni neuronali dell’amfetamina nel cervello di ratto. Boll.

Farmacodip. Alcolism., XVIII, 1, 10-15, 1995

11 Fahal IH, Sallomi DF, Yaqoob M, Bell GM: Acute renal failure after

ecstasy. BMJ 1992 Jul 4; 305(6844): 29

12 Ferrara, S.D.; Snenghi, R.; Giorgetti, R.; Zancaner, S.; Rossi, A.; Montisci,

M.; Fenato, F.: Amfetaminici e analoghi di sintesi: disabilità e crimine. Boll

Farmacodip e Alcoolis, XVIII(1), 45-52, 1995.

13 Gibb, J.W.; Stone, D.M.; Johnson, M.; Hanson, G.R.: Role of dopamine in

the neurotoxicity induced by amphetamines and related designer drugs. NIDA,

94, 161-178, 1989.

14 Green AR, Cross AJ, Goodwin GM: Review of the pharmacology and

clinical pharmacology of 3,4- methylenedioxymethamphetamine (MDMA or

"Ecstasy"). Psychopharmacology (Berl) 1995 Jun; 119(3): 247-60

15 Henry J, Fallon J, Kicman A, et al: Low-dose MDMA ("ecstasy") induces

vasopressin secretion. . Lancet 1998 Jun 13; 351(9118): 1784

16 Holden R, Jackson M: Near-fatal hyponatraemic coma due to vasopressin

over-secretion after "ecstasy" (3,4-MDMA) . Lancet 1996 Apr 13; 347(9007):

1052

17 Joseph M: Ecstasy - Its History and Lore. Carlton Books; 2000: 1-96.

18 Maxwell D, Polkey M, Henry J: Hyponatraemia and catatonic stupor after

taking "ecstasy". . BMJ 1993 Nov 27; 307(6916): 1399

19 McElhatton PR, Bateman DN, Evans C, et al: Congenital anomalies after

prenatal ecstasy exposure. Lancet 1999 Oct 23; 354(9188): 1441-2

20 Randall T: 'Rave' scene, ecstasy use, leap atlantic. JAMA 1992 Sep 23-30;

268(12): 1506

64

Page 65: Fia mdma

21 Reneman L, Booij J, Schmand B, et al: Memory disturbances in "Ecstasy"

users are correlated with an altered brain serotonin neurotransmission.

Psychopharmacology 2000 Feb; 148(3): 322-4

22 Ricaurte GA, Martello AL, Katz JL, Martello MB: Lasting effects of (+-)-

3,4-methylenedioxymethamphetamine (MDMA) on central serotonergic

neurons in nonhuman primates: neurochemical observations. J Pharmacol Exp

Ther 1992 May; 261(2): 616-22

23 Schifano, F.; Di Furia, L.; Forza, G.; Minicuci, N.; Bricolo, R.: MDMA

(“extasy”) consumption in the context of polydrug abuse: a report on 150

patients. Drug Alcohol Dependence, reprint, 1998.

24 Schifano, F.; Di Furia, L.; Forza, G.; Miconi, L.; Levarta,E.; Bricolo, R.:

Aspetti clinici peculiari dell’abuso di MDMA (“Extasy”). Boll Farmacodip e

Alcoolis, XVIII(1), 53-6, 1995.

25 Schifano, F.; Magni, G.: MDMA (“extasy”) abuse: psychopathological

features and craving for chocolate: a case series. Biol psychiatry, 36, 763-7,

1994.

26 Schwartz R, Miller N: MDMA (ecstasy) and the rave: a review. . Pediatrics

1997 Oct; 100(4): 705-8

27 Sporer KA: The serotonin syndrome. Implicated drugs, pathophysiology

and management. Drug Saf 1995 Aug; 13(2): 94-104

28 Steele TD, McCann UD, Ricaurte GA: 3,4-

Methylenedioxymethamphetamine (MDMA, "Ecstasy"): pharmacology and

toxicology in animals and humans. Addiction 1994 May; 89(5): 539-51.

29 Weir E: Raves: a review of the culture, the drugs and the prevention of

harm. CMAJ 2000 Jun 27; 162(13): 1843-8.

65

Page 66: Fia mdma

Aspetti psicologici

30 Ampolo, V; Zappatore, G. (a cura di): Musica droga e transe. Materiali di

ricerca, Sensibili alle foglie, Milano, 1994.

31Balaban, M.; Ebcioglu,K.; Laske O.(Eds.): Understanding music with AI,

The AAAI Press, Menlo  Park 1992. 

32 Ballerini A. (1973). Aspetti della psichiatria contemporanea.

Sansoni:Firenze.

33 Bankson, M.G.; Cunningham, K.A.: 3,4-Methylendioxynethamphetamine

(MDMA) as a unique model of Serotonin receptor function and Serotinin-

Dopamine interactions. J.Pharm. Exp. Ther. (JPET), 297, 846-852, 2001.

34 Beatty, W.W.; Barrell, G.K.: Forms of knoweledge, cognitive impairment

and drug abuse: a demonstration. Prog. Neuropsychopharm.Biol.Psych., 24,

17-22, 2000.

35 Benazzi, F.; Mazzoli, M.: Psychiatric illness associated with ecstasy.

Lancet, 338, 1520.

36 Bertol.E. Mari,F. Lodi,F. Marozzi,E. Trattato di Tossicologia forense.

Cedam, Padova, 1994.

37 Beck, S.L.: The therapeutic use of music for cancer-related pain. Oncol

Nurs Forum, 18(8), 1327-37, 1991.

38 Benazzi, F.; Mazzoli, M.: Psychiatric illness associated with “extasy”.

Lancet, 338, 1520, 1991.

66

Page 67: Fia mdma

39 Blood, A.J.; Zatorre, R.J.: Intensely pleasurable responses to musica

correlate with activity in brain regions implicated in reward and emotion.

PNAS, 98, 11818-11823, 2001.

40 Blumemberg,H. Paradigmi per una metaforologia. Il Mulino, Bologna,

1969.

41 Brauchli,P.: Comparative study of the psychophysiologic relaxation effects

of an optic-acoustic mind machine with relaxation music. Z.Exp. Angew.

Psychol., 40(2), 179-1993, 1993.

42 Caccavari,R.; Delsignore,R.; Brambilla,F.: Neuroendocrine responses of

healthy volunteers to “techno music”: relationships with personality traits and

emotional state. Int.J.Psychophisiology,28,99-111, 1998.

43 Callieri B., Cargnello D., De Giacomo .U, Giberti F., Morselli G.E. &

Tonini G. (1962). Le psicosi sperimentali. Feltrinelli: Milano.

44 Canotti, G.: La musica nella cultura greca e romana. EDT, Torino, 1991.

45 Cassano, G.B.; Cioni, P.; Perugi, G.; Poli, E.: Manuale di psichiatria, Utet,

Torino, 1998.

46 Cerlini, G.: La discoteca: modelli psicologici e comunicazione. Facoltà di

scienze della Comunicazione, Reggio Emilia, 1999.

47 Chandler, D.B.; Norton, L.R.; Kauffman, Z.W.; Gordon, J.; Forster, L.R.:

Lead poisoning associated with intravenous metamphetamine use. JAMA, 263,

6, 797-798, 1988.

48 Charlton,B.: A sillabus for evolutionary medicine. JRSM, 90, 347-363,

1997.

67

Page 68: Fia mdma

49 Cherek, D.R.; Steimberg, J.L.; Kelly, T.H.; Robinson, D.E.: Effects of d-

amphetamine on human aggressive behavior. Psycopharmachology, 88, 3, 381-

386, 1986.

50 Chlan, L.L.: Psychophysiologic responses of mechanically ventilated

patients to music: a pilot study. Am J Crit Care, 4(3), 233-8, 1995.

51 Creighton, F.J.; Black, D.L.; Hyde, C.E.: Extasy psycosis and flashbacks.

British J Psychiatry, 159, 713-5, 1991.

52 Ellinwood, E.H.: Amphetamine psychosis: individuals, settings and

sequences. In: Ellinwood E.H., Cohen S. Eds.: Current concepts on 53

Amphetamine abuse. Rockville, M.D.: National Institute on Mental Health,

143-157.

54 Fodor, J.: The modularity of mind, The MIT Press, Cambridge Mass. 1983,

tr. it. La mente modulare,  Il Mulino, Bologna 1988. 

55 Gallagher, A.G.; Dinan, T.G.; nBacker,L.J.: The effects of varyng auditory

input on schizophrenic hallucinations: a replication. Br.J.Med.Psychol., 67(1),

67-75, 1994.

56 Hanser, S.B.; Thompson, L.W.: Effects of a music therapy strategy on

depressed older adults. J Gerontol, 49(6), 265-9, 1994.

57 Harrison: Principi di Medicina Interna (dodicesima edizione) (traduzione di

Iwanaga, M.: Relationship between heart rate and preferences for tempo of

music. Percept Mot Skills, 81(2), 435-40, 1995.

58 Lapassade, G.: Dallo sciamano al raver, Urra, 1997.

68

Page 69: Fia mdma

59 Shergill, S.S.; Murray, R.M.; McGuire, P.K.: Auditory hallucinations: a

review of psychological treatments. Schizofr.Res., 32, 137-150, 1998.

60 Siegel, G.J. et al: Basic neurochemistry, Lippincott-Raven, Philadelphia-

New York.

69

Page 70: Fia mdma

Indice

Itroduzione …………………………………………..pag 1

Cap.I Sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti ad opera del gruppo delle

fenilisopropilamine ………………………………….pag 2

Cap.II Amfetamina …………………………….. ………….pag 15

Cap.III Metamfetamina ……………………………..……….pag 22

Cap.IV Diossiderivati principali (MDA, MDMA) e congeneri

……………………………………………………….pag 26

Cap.V 3,4 metilendiossi N metilamfetamina (MDMA, Ecsasy)

……………………………………………………….pag 30

Cap.VI I quadri di intossicazione …………………………….pag 41

Cap.VII Tolleranza, dipendenza e aspetti neuropsichiatrici

…………………………………………………….….pag 50

Cap.VIII Musica designer drugs e stati alterati di coscienza

…………………………………………….………….pag 58

Bibliografia …………………………………………………………..pag 63

70