Febbraio2012 Anno1n.1 sulla VIA della VITA · Premi Nobel ed uomini politici responsa...

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La citazione lucana riporta le parole di Ge sù a quel lebbroso che, unico fra dieci, do po aver ottenuto una guarigione miracolosa è ritornato da Lui “a rendere gloria a Dio”. Proprio queste parole il pa pa ha voluto mettere a titolo del suo annuale messaggio per la Giornata Mondiale del Malato, giunta alla sua se conda decade. Di quei lebbrosi che erano stati sanati, uno solo era anche “salvato”. Questi due verbi sanare e salvare , simi li ma non identici, rimandano a due di mensioni della persona malata, entrambe importanti ma che si pongono su piani di versi: se è il corpo ad essere sanato, è la persona ad essere salvata. Il corpo umano è sempre anche corpo di una persona, e questo comporta che ogni azione diretta al corpo è sempre in qualche modo anche un messaggio rivolto alla persona del ma lato. In un’organizzazione sociale del lavoro di ventata sempre più particolareggiata e in un servizio sanitario sempre più specialisti co, non è lontano il pericolo che il corpo venga scisso dalla persona, “isolato” dal re sto per poter concentrare e potenziare al meglio l’intervento diagnostico, terapeuti co o assistenziale che sia. In un certo senso l’adagio romano “divide et impera” dal controllo politico/militare è transitato al mondo della medicina. I tuttofare sono guardati con sospetto oggi, in qualsiasi terreno. Questo è comprensibile, diciamo pure che è nella natura delle cose, ma il punto critico non è questo. I problemi na scono allorquando la tendenza alla separa zione da opportunità professionale comincia a diventare un fatto culturale e antropologico. Quando cioè “ci si dimenti ca” delle altre sfere della persona, addi rittura quando ci si disinteressa Dio non voglia! delle altre parti anatomiche o delle altre funzioni organiche di non stretta pertinenza della propria specialità. Ma non è di questa deriva deprecabile che si vuole qui trattare; qui parliamo della ne cessità di non separare il corpo dalla persona all’interno del piano di cura. ** La cura è a tutto l’uomo, e l’uomo è perso na. Si leggono qua e là vari tentativi di de scrivere le dimensioni o manifestazioni della persona: la fisicobiologica, la funzio nale, la psicoemotiva, la cognitivorazio nale, la socialerelazionale, l’estetico creativa, l'eticoreligiosospirituale… I puntini sono d’obbligo: proprio perché si parla di persona, perdura il dubbio di tra lasciare qualcosa d’importante e di non rendere il dovuto omaggio alla sua complessità ed eccellenza. Se tale è la persona, quali sono le implica zioni nella cura sanitaria? Essa non potrà appiattirsi alla considerazione della sola parte o funzione malata (sarebbe una forma di riduzionismo), bensì stagliarsi sull’orizzonte di tutta la persona. È doveroso a questo punto mettere in guardia anche dal rischio opposto al ridu zionismo, quello della ricerca o pretesa di una salute estensiva e onnicomprensiva. Non si può chiedere al Servizio Sanitario di tutto e di più, il segreto stesso della feli cità. Non si va in ospedale per avere un accompagnamento psicoterapeutico e neppure per fare un corso di esercizi spi rituali: ci si va – è doveroso chiarircelo – perché e fino a che il corpo ammalato è in una situazione di criticità, e si viene di messi non appena la situazione può esse re gestita altrove, la cosa propria o una struttura riabilitativa che sia. Resta tuttavia la fatica di declinare la cura sanitaria con le esigenze della persona, trovando un equilibrio fra i due opposti rischi riportati. È vero che la cura sanitaria non è un sostegno psicologico, tuttavia come dimenticare che il malato vive un tu multo interiore di sentimenti negativi da gestire? È vero che non è animazione so ciale e ricreativa, ma come non riconosce re l’opportunità di occupare la mente per chi vive noiosi e prolungati tempi di atte sa? È vero che non è accademia filosofica o religiosa sui grandi perché della vita, ma come non riconoscere che proprio l’evento morboso innesca quelle do mande che nella vita quotidiana si evitano per non complicarsi la giornata?… E si potrebbe continuare, perché la persona malata viene paurosamente mutilata nelle sue relazioni famigliari, amicali, professio nali…; perché non perde la voglia di capi 11 febbraio 2012 XX Giornata Mondiale del Malato Servire tutto l’uomo “Va’, la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19) Presenza Pastorale in Ospedale Febbraio 2012 Anno 1 n. 1 Storie di corsia Nella buona e nella cattiva sorte Questa è la testimonianza rilasciata per il nostro giornalino di Dante, un uomo di 59 anni di Mantova, felicemente sposato con Vanna da 33 anni, entrambi pensio nati. All’età di 19 anni alla visita militare, a lui viene riscontata la presenza di un solo rene, menomazione che gli vale l’esone ro, ma lui precisa che “non mi sono mai sentito invalido”. All’età di 21 anni trova lavoro come rappresentante di gelati. Confidai al parroco il mio problema fisico e quello, senza che io l’avessi capito sulle prime, mi fece firmare un foglio in bianco per la domanda d’invalidità civile. Risultò superiore al 3° grado e mi permetteva di partecipare ai concorsi per posti riservati sulla VIA della VITA segue a pag.2

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La citazione lucana riporta le parole di Ge­sù a quel lebbroso che, unico fra dieci, do­po aver ottenuto una guarigionemiracolosa è ritornato da Lui “a renderegloria a Dio”. Proprio queste parole il pa­pa ha voluto mettere a titolo del suoannuale messaggio per la GiornataMondiale del Malato, giunta alla sua se­conda decade. Di quei lebbrosi che eranostati sanati, uno solo era anche “salvato”.Questi due verbi ­ sanare e salvare ­, simi­li ma non identici, rimandano a due di­mensioni della persona malata, entrambeimportanti ma che si pongono su piani di­versi: se è il corpo ad essere sanato, è lapersona ad essere salvata. Il corpo umanoè sempre anche corpo di una persona, equesto comporta che ogni azione direttaal corpo è sempre in qualche modo ancheun messaggio rivolto alla persona del ma­lato.In un’organizzazione sociale del lavoro di­ventata sempre più particolareggiata e inun servizio sanitario sempre più specialisti­co, non è lontano il pericolo che il corpovenga scisso dalla persona, “isolato” dal re­sto per poter concentrare e potenziare almeglio l’intervento diagnostico, terapeuti­co o assistenziale che sia. In un certosenso l’adagio romano “divide et impera”dal controllo politico/militare è transitatoal mondo della medicina. I tuttofare sonoguardati con sospetto oggi, in qualsiasiterreno. Questo è comprensibile, diciamopure che è nella natura delle cose, ma ilpunto critico non è questo. I problemi na­scono allorquando la tendenza alla separa­zione da opportunità professionalecomincia a diventare un fatto culturale eantropologico. Quando cioè “ci si dimenti­ca” delle altre sfere della persona, addi­rittura quando ci si disinteressa ­ Dio nonvoglia! ­ delle altre parti anatomiche odelle altre funzioni organiche di nonstretta pertinenza della propria specialità.Ma non è di questa deriva deprecabile chesi vuole qui trattare; qui parliamo della ne­cessità di non separare il corpo dallapersona all’interno del piano di cura.

* *La cura è a tutto l’uomo, e l’uomo è perso­na. Si leggono qua e là vari tentativi di de­

scrivere le dimensioni o manifestazionidella persona: la fisico­biologica, la funzio­nale, la psico­emotiva, la cognitivo­razio­nale, la sociale­relazionale, l’estetico­creativa, l'etico­religioso­spirituale… Ipuntini sono d’obbligo: proprio perché siparla di persona, perdura il dubbio di tra­lasciare qualcosa d’importante e di nonrendere il dovuto omaggio alla suacomplessità ed eccellenza.Se tale è la persona, quali sono le implica­zioni nella cura sanitaria? Essa non potràappiattirsi alla considerazione della solaparte o funzione malata (sarebbe unaforma di riduzionismo), bensì stagliarsisull’orizzonte di tutta la persona.È doveroso a questo punto mettere inguardia anche dal rischio opposto al ridu­zionismo, quello della ricerca o pretesa diuna salute estensiva e onnicomprensiva.Non si può chiedere al Servizio Sanitariodi tutto e di più, il segreto stesso della feli­cità. Non si va in ospedale per avere unaccompagnamento psicoterapeutico eneppure per fare un corso di esercizi spi­rituali: ci si va – è doveroso chiarircelo –perché e fino a che il corpo ammalato è inuna situazione di criticità, e si viene di­messi non appena la situazione può esse­re gestita altrove, la cosa propria o unastruttura riabilitativa che sia.Resta tuttavia la fatica di declinare la curasanitaria con le esigenze della persona,trovando un equilibrio fra i due oppostirischi riportati. È vero che la cura sanitarianon è un sostegno psicologico, tuttaviacome dimenticare che il malato vive un tu­multo interiore di sentimenti negativi dagestire? È vero che non è animazione so­ciale e ricreativa, ma come non riconosce­re l’opportunità di occupare la mente perchi vive noiosi e prolungati tempi di atte­sa? È vero che non è accademia filosoficao religiosa sui grandi perché della vita, macome non riconoscere che propriol’evento morboso innesca quelle do­mande che nella vita quotidiana si evitanoper non complicarsi la giornata?… E sipotrebbe continuare, perché la personamalata viene paurosamente mutilata nellesue relazioni famigliari, amicali, professio­nali…; perché non perde la voglia di capi­

11 febbraio 2012 ­ XX Giornata Mondiale del MalatoServire tutto l’uomo

“Va’, la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19)

P r e s e n z a P a s t o r a l e i n O s p e d a l e

Febbraio 2012 Anno 1 ­ n. 1

Storie di corsia

Nella buonae nella cattiva sorteQuesta è la testimonianza ­ rilasciata per ilnostro giornalino ­ di Dante, un uomo di59 anni di Mantova, felicemente sposatocon Vanna da 33 anni, entrambi pensio­nati. All’età di 19 anni alla visita militare, alui viene riscontata la presenza di un solorene, menomazione che gli vale l’esone­ro, ma lui precisa che “non mi sono maisentito invalido”. All’età di 21 anni trovalavoro come rappresentante di gelati.

Confidai al parroco il mio problema fisicoe quello, senza che io l’avessi capito sulleprime, mi fece firmare un foglio in biancoper la domanda d’invalidità civile. Risultòsuperiore al 3° grado e mi permetteva dipartecipare ai concorsi per posti riservati

sulla VIA della VITA

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agli invalidi, ma non lo feci mai. Ognitre anni venivo sottoposto alla visita direvisione dell’invalidità. Il rapporto coimedici in quel periodo lo sentivo moltoburocratico e non ho trovato ungrand’aiuto morale. Nel 2009, proprioquando la condizione del rene andavapeggiorando, si affacciarono grossi pro­blemi al cuore e, a seguito di un infarto,mi venne applicato uno stent alla coro­naria, intervento che risultava rischiosoper il mio quadro generale ma che deci­si assieme a mia moglie di affrontare, vi­sto il parere favorevole dei medici.Intanto l’insufficienza renale andavapeggiorando, e nel maggio 2011 il medi­co prospettò l’inizio della dialisi allacomparsa della febbre o di qualche ano­malia, aggiungendo che “l’unica pro­spettiva di vita” era trovare un donatoredi rene. Vanna, appena sentito questo, siè subito resa disponibile.Nonostante la mia paura, insieme abbia­mo optato per tale soluzione, ma io eromolto preoccupato per lei.D’accordo col nefrologo di Mantova edin comunicazione col dott. Boschiero, aiprimi di luglio abbiamo avviato la prati­ca; i medici ci hanno seguito molto be­ne e rispondevano con informazioniesaurienti alle varie domande, anchequelle che nascevano dalle ricerche chemia moglie faceva su internet. È statauna trafila lunga: esami e visite dellacommissione medica, psicologi, ulterio­ri accertamenti a Milano… ed infineabbiamo ottenuto il nullaosta del tribu­nale. D’accordo con l’èquipe medica diVerona, l’intervento venne fissato ilgennaio 2012.Invece la chiamata arrivò in anticipo equesto fatto ci mandò in crisi per tuttigli aspetti organizzativi che avevamoprevisto. Ci siamo trovati a decidere indue giorni se anticipare o nol’intervento al 9 dicembre. Vanna è unadonna forte, più di me, sì … posso direche è una grande donna! Lei non ha maiavuto dubbi, non ha mai avuto ripensa­menti. Io invece sì: in quei momenti misentivo egoista nei suoi confronti. Insie­me abbiamo deciso di accettare l’antici­pazione. Vanna ed io siamo una coppia“tradizionale”, semplice e senza figli,per cui anche l'affetto per il nostro ca­gnolino di compagnia è stato per noi unaiuto in quel frangente.L’intervento è stato fatto con qualchegiorno di ritardo, il 14 dicembre, ed orasiamo contenti e rilassati. Ma, per dirlatutta, la sera prima, l’imminenzadell’intervento ci ha mandato in crisi.Dell’11 settembre 2001 mantengo un ri­cordo ancora molto vivo perché quel

re e di controllare la situazione conl’informazione; perché non perdeimprovvisamente, per grazia di stato, il pu­dore nel mostrare le proprie parti intime;perché non diventa improvvisamente buo­na e docile di carattere, sempre per statodi grazia… E se è un dirigente abituato adorganizzare le cose per sé e per gli altri,non si arrenderà ad una sorta di precetta­zione o di deroga di ogni decisione chepossa riguardarlo. E se è una madre di fa­miglia non sarà del tutto convinta che siameglio anteporre la propria salute alla cu­ra dei figli…E veniamo più da vicino alla dimensionespirituale, della quale più direttamentes’interessa la pastorale. Il malato, per ilfatto stesso di esserlo diventato, non di­venta ipso facto un non credente daconvertire o un non praticante cui tirarele orecchie, una pecora perduta alla quale“tirare dietro” qualche sacramento delquale non ricorda più neppure il signifi­cato: il malato è e continua ad essere ilcredente che è. Così pure, la buona e de­vota signora che a casa andava alla Messatutte le domeniche, non è che improvvisa­mente venga promossa religiosa consa­crata col diritto/dovere della santa

Comunione quotidiana: è più che suffi­ciente che le sia garantita l’Eucaristia do­menicale. Insomma, anche per ilcappellano e per i vari volontari va tenutoin gran conto la personalità di chi viene sìallettato, ma non per questo va…allattato! Resta una persona responsabiledi se stessa.Tuttavia… tuttavia…Riprendendo lo spunto evangelico dellebbroso sanato ma anche salvato,aggiungo una considerazione finale cheritengo il cuore del messaggio papale: “lafede… lascia intravedere che la saluteriacquistata è segno di qualcosa di piùprezioso della semplice guarigione fisica,è segno della salvezza che Dio ci donaattraverso Cristo”. Passando attraversol’esperienza della malattia e della guari­gione, si può apprendere una lezione divita unica. Ci sono migliaia di utenti cheaccedono all’ospedale e ne escono cosìcome un’automobile entra ed esce dalcarrozziere. Ce ne sono alcuni che, da­vanti alle cure e alla professionalità, fannodue cose: sono riconoscenti agli uominiprima, adorano il Padre in loro operantepoi.

e.g.

20 Gennaio 2012

Al Polo Confortini la visita dell’Arcivescovo Zimowski.Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari

continua dalla prima ­ Nella buona

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continua dalla prima

È stata gradita e quasi inaspettata la visi­ta del titolare del Dicastero vaticanoche direttamente si occupa del settoresanitario. Per capire la portata dellapersonalità, va ricordato che il Vaticano,per guidare la Chiesa a livello mondia­le, si avvale di una serie di dicasteri pre­posti ai diversi settori in cui agisce laChiesa: la dottrina, la liturgia, il dialogointerreligioso, la vita consacrata, etc.Per dirla in modo laico, una sorta di “mini­steri”.Il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sa­nitari era stato istituito nel 1985 dalcompianto papa Giovanni Paolo II, cheaveva dato un grande impulso alla pastora­le della salute, istituendo fra l’altro anchela Giornata Mondiale del Malato (1992)giunta alla sua XX edizione, e la PontificiaAccademia per la Vita (1994). Fra i compitiassegnati al Pontificio Consiglio ci sonoquello di stimolare, promuovere, coordi­nare, collaborare con le Chiese locali e se­guire con attenzione i programmi sanitarie le loro ripercussioni nella pastoraledella Chiesa. Il Pontificio Consiglio hapubblicato una “Carta degli Operatori Sa­nitari”, cura la pubblicazione della Rivista“Dolentium Hominum” in quattro lingue,

organizza una Conferenza internazionaleannuale su un tema sanitario di attualitàche riunisce luminari sanitari e scientifici,Premi Nobel ed uomini politici responsa­bili della sanità.In successione cronologica, i presidenti diquesto dicastero sono stati il Card. Fio­renzo Angelini (febbraio 1985­ dicembre1996), il Card. Javier Barragàn (gennaio1997 – aprile 2009) e, dall’aprile 2009,l’Arcivescovo Zygmunt Zimowski,polacco.

Il presule era accompagnato dal suoSottosegretario padre Augusto Chendi, ca­milliano, già cappellano nel nostro ospe­dale. Essi sono stati invitati dalla“Montefortiana”, che da anni accompagnaalle manifestazioni sportive un convegnosulla salute, per una due giorni di cono­

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Nome: Claudio Venturini.Ruolo: portantino ospedaliero della Cro­ce Verde, da 10 mesi opero presso il PoloConfortini.

Perché hai scelto di dedicarti a questoservizio?Ho scelto di svolgere questo servizio percimentarmi in una nuova esperienza inquanto il servizio che svolgo ormai da 12anni come volontario di emergenza sanita­ria sulle ambulanze è diverso da quelloche si presta in ospedale; ho voluto quindisperimentare anche questa opportunitàper arricchire ancora di più il mio bagagliodi esperienze.

In che cosa consiste il tuo lavoroall’interno dell’ospedale?Il mio lavoro consiste nel collaborare conil personale all’interno dei reparti di Pneu­mologia, Chirurgia Toracica e Day Surgery,nell’accompagnare i pazienti nelle saleoperatorie o per fare gli esami a loro pre­scritti: da solo se camminano autonoma­mente o sono in carrozzina, con uninfermiere o un altro operatore sanitariose sono allettati. Talvolta aiuto anche imiei colleghi che operano negli altri re­parti.

Come sono le relazioni con il personaledell’ospedale?Con il personale sono riuscito ad instaura­re un rapporto molto positivo di collabora­zione e stima reciproca: loro mi lascianosvolgere il mio compito dandomi la massi­ma fiducia ed io constato sempre moltaprofessionalità e umanità in tutti loro.Inoltre, fin dal primo giorno, prima ilpersonale tecnico medico e infermieristicodelle diagnostiche e poi il personale dei va­ri reparti, mi hanno accolto come se avessisempre lavorato lì e fra noi si è instauratoanche un rapporto che va oltre la profes­sione.

E come instauri i rapporti coi pazienti?Con i pazienti, se loro me lo concedono,cerco sempre di instaurare un rapportoumano ed aperto fatto di sorrisi chiacchie­

re e battute, sempre però attento alla lorocondizione. Ognuno di loro mi lascia em’insegna qualche cosa di nuovo sui valo­ri della vita e quando qualcuno di loro ­col quale si era instaurato un rapporto piùprofondo ­ viene a mancare, ne rimangomolto scosso.

Cosa ti ha insegnato questa esperienza?Questa esperienza, a differenza di quellache svolgo da volontario sulle ambulanze ­dove il rapporto col paziente è molto piùbreve anche se a volte intenso ­, mi stainsegnando a capire di più i veri valoridella vita e ad apprezzare giorno pergiorno quello che ci viene dato, impa­rando da chi, nonostante stia soffrendo,eppure riesce a vivere giorno per giornocon positività e fiducia.A tutti vorrei dare un consiglio, in partico­lare ai giovani che hanno perso la stimanei valori, di provare a dedicare parte delloro tempo a chi ha bisogno per ampliarele loro prospettive e ritrovare la fiducianel futuro.

giorno non mi sentivo bene per la pres­sione alta: dalla visita nefrologica risultòun netto peggioramento del rene e ini­ziarono i controlli semestrali per teneresotto controllo l’insufficienza renale.L’intervento è stato eseguito prima su dilei e poi su di me. Quando Vanna è usci­ta dalla sala operatoria, ho chiesto almedico di poter rimanere qualche mi­nuto da soli. È stato bello quel mo­mento di intimità, e ringrazio il medicoper il permesso: è stato meraviglioso edemozionante, questo momento da soli,perché Vanna era sofferente e io misentivo in colpa.Ci hanno lasciati soli per cinque minuti.Con lo sguardo le ho detto grazie, manon sono riuscito ad esprimerlo a paro­le e non ci riesco ancora adesso. Le hodetto “non riesco a dirti quello che pro­vo”, e Vanna, piccola di statura magrande di cuore, mi ha risposto “non cen’è bisogno”.Per me questo gesto, tutta questa vitacon Vanna, è amore. Riconosco che so­no un rompiscatole e ho pure un bruttocarattere, ma lei mi vuole bene così co­me sono. Riconosco la meraviglia diavere una moglie più forte di me, edinsieme ringraziamo Dio per questa vi­ta, questa meravigliosa vita. Certo, ungrazie va a Dio perché, anche se nonsiamo cristiani praticanti, non escludola sua presenza.Di mia moglie sono tuttora innamorato:nonostante siamo ricoverati nelle stanzedel medesimo reparto, lei mi manca emi mancherà ancora di più quando traqualche giorno andrà a casa, mentre ioresto ricoverato fino al 6 gennaio.( Dante si ferma per un attimo, è emo­zionato e sorride; gli occhi sono lucidi,scende qualche lacrima e mi vuolesottolineare ancora una cosa )Questa è una storia a due, profonda eforte. Dopo l’intervento mi capita di es­sere triste: io vivo questo grande donograzie a mia moglie.Noi facciamo tuttoinsieme, anche la più piccola cosa.L’ultima parola la lascio a lei, è sempresua. Io non sono molto espansivo.Tornando indietro e ripensandoci, ades­so accetto il dono che mia moglie mi hafatto e, soprattutto, con quanta genero­sità lo ha fatto: il dono di un rene, il do­no di una vita nuova. Voglio dire, senzastancarmi mai grazie, grazie a lei, “gra­zie Vanna” e un grazie particolareall’èquipe medica e a tutto il personale,perché in questo reparto c’è una grandeumanità: sono più che persone, semprecol sorriso e con una grande voglia divivere, trasmessa con i loro gesti, e conle loro parole incoraggianti.Grazie a tutti… “Grazie Vanna”.

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Tre domande a …Quando la parola passa agli operatori

scenza de visu della realtà sanitaria scalige­ra. Il programma ha contemplato la visitaal reparto specialistico per l’autismo nellastruttura di Marzana, la visita all’Ospedale“G.B. Rossi” con una conferenza a due vo­ci , la visita al Polo Chirurgico “PietroConfortini” della durata di 90 minuti inNeurologia, Rianimazione, Gruppo ope­ratorio e Pronto Soccorso , conclusasi alle

10:30 in un cordiale incontro nella saladella piazza Canneto con la partecipazio­ne di un centinaio di operatori. Gli onoridi casa li ha fatti il Direttore GeneraleSandro Caffi per l’Amministrazione, emons. Roberto Vesentin per la Curia.

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sulla VIA della VITAPeriodico del Servizio Religioso presentenell’Ospedale di B.go Trento, Verona.Il bollettino viene distribuito in cartaceo ein digitale sul sito AziendaleOspedale Civile MaggioreB.go Trento ­ VeronaTelefono: 045.812.2110email: [email protected]

Perché il Giornalinosolo per B.go Trento?Comprendiamo la domanda spontanea dichi, avendo in mente un’unica AziendaOspedaliera e trovandosi ad operare inquel di B.go Roma, trova innaturale cheun organo informativo pastorale debba ri­ferirsi alla sola sede di B.go Trento. Tantopiù che il prodotto trova diffusione suIntranet che concerne tutta l’areadell’Azienda. La ragione è molto pratica:nelle due sedi citate ci sono due distintecappellanie che si occupano autonoma­mente della propria pastorale in loco. Sein futuro maturerà una forma di collabora­zione o di… sana emulazione, ben venga.Possiamo garantire in ogni caso che nonesiste alcuna “divisione” fra le duecappellanie: si faccia semplicemente contoche siano due diverse “parrocchie”. Del re­sto non sono neppure le uniche sediaziendali­pastorali.

Orario SS. MesseBorgo TrentoChiesa centraleFeriale 7.15 ­ 15.30Prefest. 16.15Festiva 11.00

GeriatricoFeriale 7.15Festiva 10.30

MaternitàFestiva 10.15

PoloFestiva 9.30(Cardiologia, 3° p. Azzurro)Festiva 11.00(Chirurgia, 5° p. Arancione)

Borgo RomaFeriale 17.00Prefest. 17.00Festiva 10.30 ­ 17.00

Marzo­Maggio 2012Corso di auto aiuto per il luttoA partire dal 17 marzo, per una decina di sabati,viene riproposto il corso di auto mutuo aiuto perpersone che vivono l’esperienza del lutto.L’orario degli incontri è dalle 17:30 alle 19:00.L’obiettivo primo è creare uno spazio dove ­ in unclima di fiducia, rispetto e confidenza ­ si affrontaassieme il processo doloroso e a volte paralizzantedel lutto, per individuare piste efficaci di crescita e disuperamento.Chi fosse interessato contatti il responsabile P. Pierpaolo Valli(Tel. 045­918478 oppure int. 2110).

Ci h@nno scritto… ci h@nno chiesto…

Invito alla collaborazioneChi vuole, può collaborare inviando il proprio contributo: testo, immagini, domande,segnalazioni,..., alla mail: [email protected],Grati per quanto vorrete donare a questa causa, con stima ed amicizi.La Redazione

Cos’è il CPO?Consiglio Pastorale OspedalieroCi sarà modo di parlare più diffusa­mente della natura e degli scopi delC.P.O. nei prossimi numeri di “… sullaVIA della VITA”. Per ora limitiamoci a di­re che esso è il corrispettivo, perquanto concerne l’ambito pastorale diuna realtà a se stante quale l’ospedale,del Consiglio Pastorale Parrocchiale, unorganismo consultivo e non deliberati­vo che affianca il responsabile di unacomunità cristiana (il parroco) perchépossa osservare e dare indirizzo all’azio­ne pastorale. Il CPO è preferibile chesia formato da membri appartenenti avarie categorie di presenza ospedalierae che abbiano a cuore l’efficacia dellapresenza pastorale nell’ambiente:infermieri, medici, volontari, tecnici,amministrativi… possibilmente anchemalati e, naturalmente, i diretti re­sponsabili della pastorale, i cappellani.Lungo l’anno tiene alcuni raduni di pro­gramma, di riflessione e di preghiera.

“Alzati e va' la tua fede ti hasalvato” (Lc17,19)

Preghiera perla giornata del Malato

Padre, Sorgente di ogni dono,a te affidiamo la nostra vita,nella certezza del Tuo amore.

Accresci la nostra fedeperché possiamo riconoscere in Gesùil nostro unico Salvatore.

La grazia del Tuo Spiritorisani le nostre feritee sostenga la nostra speranza.

Maria, Salute degli infermi,veglia sul nostro camminoe intercedi per noi.Amen!

23 febbraio dalle 14.30 alle 18.30 ­ Centro MaraniL’appropriatezza terapeutica nel curare tutto l’uomoLa giornata di studio vuole con un approccio multiprofessionale mettere in evidenzache l’appropriatezza terapeutica è momento di alleanza con malato. L’obiettivo dellagiornata mondiale del malato di quest’anno è riflettere sull’importanza di unapproccio olistico alla cura della persona. Verrà approfondito il tema in riferimentoagli orientamenti della CEI sul tema “Educare alla vita nella fragilità. Sfida e profeziaper la pastorale della salute”.A conclusione della giornata verrà offerta la presentazione dell’opera “L’uomo dalfiore in bocca” di Pirandello. Racconta di un uomo che ha appena appreso di avere unepitellioma in bocca e nella drammatizzazione condivideremo con l’attore i timori, lepaure e l’attaccamento alla vita di quest’uomo che si sente condannato dalla vita.Per ulteriori informazioni:Servizio per lo Sviluppo della Professionalità e l’Innovazione, AO UI – Verona.