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Ogni diffusore di Fuori Binario DEVE avere ben visibile il cartellino dell’autorizzazione come quello qui a fianco. Sostenete la nostra indipendenza con il vostro 5X1000. Cod. Fisc. 94051000480 G I O R N A L E DI STRA D A - A U TOGESTITO E AUTOFINANZIATO - N. 166 MAGGIO 2014 - OFFERTA LIBE R A - W W W.FUORI B I N A R I O . ORG - SPED. ABB. POSTALE ART. 2 COMMA 20/CL 662/96 - FIRENZE - N elle pagiNe iNterNe iNserto: p alestiNa IL BLOG DELLL’OSSERVATOTRIO INDIPENDENTE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO (http://cadutisullavo- ro.blogspot.com) ENTRA IN SCIOPERO: CONTRO L’INDIF- FERENZA DELLE ISTITUZIONI E DELLA POLITICA VERSO LE TRAGEDIE DELLE MORTI SUL LAVORO. DA QUESTO MOMENTO NON SARANNO PIU’ POSTATE NOTI- ZIE INERENTI A QUESTE TRAGEDIE CHE SI SUSSEGUO- NO SENZA NESSUNA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ E CHE VEDE IN QUESTI PRIMI MESI DEL 2014 UN’IMPENNA- TA DELLE MORTI RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DEL 2013 E ANCHE RISPETTO A TUTTI GLI ANNI PRE- CEDENTI. DAL 26 APRILE ABBIAMO COMINCIATO UN DIGIUNO CHE OLTRE ALL’OSSERVATORIO VEDE COME PARTECI- PANTI I FAMILIARI DELLE VITTIME SUL LAVORO CHE ASPETTANO GIUSTIZIA GIÀ DA TANTISSIMO TEMPO E CHIEDIAMO PER IL PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVO- RATORI DI PARTECIPARE ALLE MANIFESTAZIONI CON IL LUTTO AL BRACCIO. SCIOPERIAMO OLTRE CHE PER L’INDIFFERENZA DELLA POLITICA E DELLE ISTITUZIONI ANCHE PER- CHE’ VOGLIAMO CHE SI PRENDA FINALMENTE COSCIENZA CHE IL FENOMENO È MOLTO PIU’ ESTESO DI QUELLO CHE DIRAMANO LE STATISTICHE UFFICIA- LI, CHE OLTRE UN MIGLIAIO DI LAVORATORI (STIMA MINIMA) NON APPAIONO COME MORTI SUL LAVORO, CHE TANTISSIME CATEGORIE, PENSIONATI E LAVORA- TORI IN NERO NON APPAIONO COME MORTI SUL LAVO- RO. SCIOPERIAMO CONTRO IL REGIME DI SEMI SCHIAVITU’ CHE VEDE ORMAI MILIONI DI PARTITE IVA CHE SPES- SO NASCONDONO LAVORI SUBORDINATI, NON SI PUO’- MORIRE PER LE STRADE IN ITINERE E SUI LUOGHI DI LAVORO E NON APPARIRE NEPPURE COME TALI PER- CHE’ SI HANNO ASSICURAZIONI PROPRIE CHE NON LI FANNO COMPARIRE COME MORTI SUL LAVORO, E MUOIONO CLASSIFICATI GENERICAMENTE COME MORTI “PER INFORTUNI STRADALI”. LAVORATORI QUE- STI CHE COME I PRECARI NON POSSONO NEPPURE OPPORSI PENA IL LICENZIAMENTO ANCHE AL MANCA- TO RISPETTO DELLE NORMATIVE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO. SCIOPERIAMO ANCHE PERCHÈ NONOSTANTE ABBIAMO MANDATO L’OTTO DI MARZO UNA MAIL CON UN’ACCO- RATO APPELLO AL PRIMO MINISTRO RENZI, AL MINI- STRO DEL LAVORO POLETTI E DELLE POLITICHE AGRI- COLE MARTINA PER FARE UN’IMMEDIATA CAMPAGNA D’INFORMAZIONE SULL’IMMINENTE STRAGE DI AGRI- COLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE, OLTRE CHE FARE LEGGI PER FAR DOTARE LE CABINE, ANCHE DEI VECCHI TRATTORI DI PROTEZIONI E CINTURE DI SICU- REZZA.. SENZA OTTENERE NESSUNA RISPOSTA. DA QUEL GIORNO SONO MORTI COSI’ ATROCEMENTE 35 AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE E 45 DAL- L’INIZIO DELL’ANNO. UNA CARNEFICINA A CUI È IMPOSSIBILE ASSISTERE INDIFFERENTI. L’OSSERVATORIO CONTINUERÀ A MONITORARE LE VIT- TIME SUL LAVORO, DIRAMERÀ SOLO IL NUMERO DI MORTI COMPLESSIVE. Carlo Sorricelli L’Osservatorio Morti sul Lavoro entra in sciopero FB166_FB16 12/05/14 20:09 Pagina 1

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FuoriBinario n 166 maggio 2014

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Ogni diffusore di Fuori Binario DEVE avere ben visibile il cartellino dell’autorizzazione come quello qui a fianco.

Sostenete la nostra indipendenza con il vostro 5X1000. Cod. Fisc. 94051000480

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Nelle pagiNe iNterNe iNserto: palestiNa

IL BLOG DELLL’OSSERVATOTRIO INDIPENDENTE DIBOLOGNA MORTI SUL LAVORO (http://cadutisullavo-ro.blogspot.com) ENTRA IN SCIOPERO: CONTRO L’INDIF-FERENZA DELLE ISTITUZIONI E DELLA POLITICAVERSO LE TRAGEDIE DELLE MORTI SUL LAVORO. DAQUESTO MOMENTO NON SARANNO PIU’ POSTATE NOTI-ZIE INERENTI A QUESTE TRAGEDIE CHE SI SUSSEGUO-NO SENZA NESSUNA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ E CHEVEDE IN QUESTI PRIMI MESI DEL 2014 UN’IMPENNA-TA DELLE MORTI RISPETTO ALLO STESSO PERIODODEL 2013 E ANCHE RISPETTO A TUTTI GLI ANNI PRE-CEDENTI. DAL 26 APRILE ABBIAMO COMINCIATO UN DIGIUNOCHE OLTRE ALL’OSSERVATORIO VEDE COME PARTECI-PANTI I FAMILIARI DELLE VITTIME SUL LAVORO CHEASPETTANO GIUSTIZIA GIÀ DA TANTISSIMO TEMPO ECHIEDIAMO PER IL PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVO-RATORI DI PARTECIPARE ALLE MANIFESTAZIONI CONIL LUTTO AL BRACCIO.SCIOPERIAMO OLTRE CHE PER L’INDIFFERENZADELLA POLITICA E DELLE ISTITUZIONI ANCHE PER-

CHE’ VOGLIAMO CHE SI PRENDA FINALMENTECOSCIENZA CHE IL FENOMENO È MOLTO PIU’ ESTESODI QUELLO CHE DIRAMANO LE STATISTICHE UFFICIA-LI, CHE OLTRE UN MIGLIAIO DI LAVORATORI (STIMAMINIMA) NON APPAIONO COME MORTI SUL LAVORO,CHE TANTISSIME CATEGORIE, PENSIONATI E LAVORA-TORI IN NERO NON APPAIONO COME MORTI SUL LAVO-RO.SCIOPERIAMO CONTRO IL REGIME DI SEMI SCHIAVITU’CHE VEDE ORMAI MILIONI DI PARTITE IVA CHE SPES-SO NASCONDONO LAVORI SUBORDINATI, NON SI PUO’-MORIRE PER LE STRADE IN ITINERE E SUI LUOGHI DILAVORO E NON APPARIRE NEPPURE COME TALI PER-CHE’ SI HANNO ASSICURAZIONI PROPRIE CHE NON LIFANNO COMPARIRE COME MORTI SUL LAVORO, EMUOIONO CLASSIFICATI GENERICAMENTE COMEMORTI “PER INFORTUNI STRADALI”. LAVORATORI QUE-STI CHE COME I PRECARI NON POSSONO NEPPUREOPPORSI PENA IL LICENZIAMENTO ANCHE AL MANCA-TO RISPETTO DELLE NORMATIVE SULLA SICUREZZASUL LAVORO.

SCIOPERIAMO ANCHE PERCHÈ NONOSTANTE ABBIAMOMANDATO L’OTTO DI MARZO UNA MAIL CON UN’ACCO-RATO APPELLO AL PRIMO MINISTRO RENZI, AL MINI-STRO DEL LAVORO POLETTI E DELLE POLITICHE AGRI-COLE MARTINA PER FARE UN’IMMEDIATA CAMPAGNAD’INFORMAZIONE SULL’IMMINENTE STRAGE DI AGRI-COLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE, OLTRE CHEFARE LEGGI PER FAR DOTARE LE CABINE, ANCHE DEIVECCHI TRATTORI DI PROTEZIONI E CINTURE DI SICU-REZZA.. SENZA OTTENERE NESSUNA RISPOSTA. DAQUEL GIORNO SONO MORTI COSI’ ATROCEMENTE 35AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE E 45 DAL-L’INIZIO DELL’ANNO. UNA CARNEFICINA A CUI ÈIMPOSSIBILE ASSISTERE INDIFFERENTI.L’OSSERVATORIO CONTINUERÀ A MONITORARE LE VIT-TIME SUL LAVORO, DIRAMERÀ SOLO IL NUMERO DIMORTI COMPLESSIVE.

Carlo Sorricelli

L’Osservatorio Morti sul Lavoro entra in sciopero

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LAVORO PAGINA 2

Ultima colata alla lucchiniLA PAROLA AI LAVORATORI

Si sta concludendo, in questi giorni, e probabilmenteper sempre, l’attività delle acciaierie di piombino,uno storico stabilimento le cui origini possono esserefatte risalire alla fine dell’800 con la costruzione deiprimi impianti per la produzione dell’acciaio e, perdimensioni, il secondo polo siderurgico italiano.La chiusura di questo stabilimento fa registrare laperdita di un altro pezzo del comparto produttivo delpaese, mostrando ancora una volta l’incapacità difare industria nella competizione globale dei capita-listi italiani che, incapaci di reggere la concorrenzadella siderurgia Cinese e Tedesca (in un circolo vizio-so di sfruttamento in cui gli operai sono spesso messidi fronte alla scelta tra un peggioramento delle con-dizioni di lavoro e la perdita del lavoro stesso con lachiusura delle fabbriche) si limitano a spremere quelche rimane delle aziende del paese con la complicitàdella politica e dei governanti; andando solamentead ingrossare le bolle finanziarie come quella che poiè scoppiata nel 2008 e quella che sta gonfiandoattualmente. Mentre il capitale fa i suoi giochi di pre-stigio che fanno fiorire la ricchezza dal nulla, maanche dallo smantellamento delle fabbriche e dalladistruzione di posti di lavoro gli operai lavorano incondizioni sempre più disastrose e vivono nell’incer-tezza sul proprio futuro.Intervista ad un operaio addetto al treno rotaie nellostabilimento siderurgico.Come si lavorava alla Lucchini?Era un posto di lavoro molto tranquillo, mai in vitamia ho lavorato in un luogo dove potevo permetter-mi di guardare film, giocare e fare le grigliate coi col-leghi durante i turni. Da un certo punto di vista erafantastico, un ambiente conviviale e divertente, con iclassici personaggi assurdi del mondo operaio su cuifiorivano leggende e scherzi tra colleghi, nel com-plesso molto umano e non alienante. Dal punto divista produttivo era però uno sfacelo, c’erano sprechiin ogni cosa: lavoratori senza alcuna formazionespesso impiegati in mansioni inutili, capireparto rac-comandati e nullafacenti, mezzi di lavoro obsoleti odi pessima qualità. Ogni cosa non strettamente ine-rente alla produzione siderurgica veniva appaltata aditte esterne con enorme spreco di denaro: per fartiun esempio, se bisognava spostare qualcosa da unaparte all’altra dello stabilimento bisognava chiamareuna ditta appaltatrice in quanto i camion dell’azien-da o non erano funzionanti o non venivano utilizzati.Raccontami un po’ la vicenda che ha portatoalla chiusura.Tutto secondo me è cominciato con l’acquisto dellafabbrica nel 2005 da parte dei russi della Severstal,uno dei più grandi gruppi mondiali dell’acciaio, capi-tanato dall’oligarca Aleksej Mordašov. A quei tempila crisi economica non era ancora scoppiata e l’ac-ciaio vendeva bene, i russi hanno spremuta l’aziendafino in fondo, facendo produrre il massimo possibilee spendendo il minimo. Fino a quando, nel 2011, conl’avanzare della crisi e la necessità sempre più pres-sante di fare sostanziosi investimenti per continuarela produzione, se ne sono elegantemente sfilati lasci-ando la fabbrica con un debito di 700 milioni di euro.Ora la Lucchini è in mano alle banche creditrici chel’hanno affidata in amministrazione straordinaria alcommissario Piero Nardi con il compito di “sistemare”l’azienda, in modo da renderla appetibile per uncompratore. Il compito è però molto difficile a causadella situazione ormai degradata dell’azienda macomunque mi sembra che manchi anche la volontàdi portarlo a termine. In questi anni di amministra-zione straordinaria la Lucchini è andata sempre più in

sfacelo, i suoi conti sono peggiorati e la produzione èdiventata sempre più scadente, tanto che, qualchetempo fa, abbiamo inviato una nave di rotaie inTurchia che è stata rispedita al mittente in quanto ipezzi erano tutti difettati o comunque di pessimaqualità.Insomma in queste condizioni sarà molto diffi-cile trovare il tanto sospirato acquirente cherilevi l’azienda mantenendo la produzione e iposti di lavoroImpossibile, nonostante l’accordo statale degli ultimigiorni e la farsa dell’altoforno acceso in bianco (cioèche brucia solo carbone coke senza metallo perché èfinito, non ne hanno più) fino al 30 Maggio, giorno dichiusura della presentazione delle offerte vincolanti.Infatti i 250 milioni messi a disposizione da stato eregione nella speranza che aiutino a indorare la pil-lola per un investitore non sono niente: sono solouna goccia nel mare di investimenti che andrebberofatti per fare un serio piano industriale.

Quell’altoforno che stanno tenendo acceso è finito, èda rifare completamente da nuovo e la gran partedegli altri impianti è da sistemare o ammodernare.In queste condizioni gli unici acquirenti possibili sonoquelli interessati ai pochi comparti dell’aziendaancora produttivi come i laminatoi o, al massimo, alproseguimento della produzione su scala più ridottacon l’impianto di un forno elettrico come nella pro-posta della ditta indiana Jsw. L’unico a fare una pro-posta di acquisto di tutta l’azienda, senza esuberi emantenimento di tutta l’area a caldo, è stato l’araboma fin da subito mi era sembrato un gambler.Chi è l’arabo? In che senso un gambler?Un truffatore, un personaggio losco. Ti racconto tuttala storia che secondo me è meravigliosa.Praticamente il sindaco di piombino Gianni Anselmiavrebbe contattato un ex caporeparto della Lucchini,Renzo Capperucci, che, dopo aver lavorato in giro peril mondo come set manager e consulente nellacostruzione di impianti siderurgici, adesso è in pen-sione a Piombino. Il Capperucci, cresciuto nell’azien-da ma ormai con contatti in tutto il mondo, ha acuore le sorti dello stabilimento e convince unmagnate giordano – che, a suo dire, non ha maiinvestito nell’acciaio ma è innamorato della Toscana– che la Lucchini è un affarone. Il manager dellasocietà Msc, Khaled al Habahneh, ha promesso marie monti: acquisto di tutta l’area industriale con unpiano di riammodernamento degli impianti, sposta-mento di parti della lavorazione e bonifica dell’areadella fabbrica più interna alla città con costruzione diun albergo di lusso, un centro congressi e delle villet-te. Un lavoro colossale con una spesa di tre miliardi dieuro.

Quando è venuto fuori che l’arabo faceva solo pro-messe senza poi impegnarsi realmente e la societàMsc del capitale dichiarato di tre miliardi ne aveva inrealtà solo mezzo sono incominciati a nascere dubbi.L’arabo pensava di poter chiudere l’affare in fretta,senza essersi reso conto, inizialmente, di essere nelmezzo di una gara di acquisto, probabilmente nellasperanza di riuscire ad intascare qualche centinaio dimilioni messi a disposizione dalla comunità europeae dallo stato italiano per poi sparire col malloppo.Qualche indagine sul suo passato in cui si è scopertoche si è fatto tre anni di galera per truffa e commer-cio di metanfetamine negli USA tra il 2001 e il 2004ha evidenziato che Khaled è un uomo dai pochi scru-poli e di non specchiata onestà. Gli organi di infor-mazione della destra sono ovviamente andati anozze con la vicenda dell’amministrazione locale Pdche si fa fregare da un avventuriero finanziariomediorientale.Prima parlavi di un aggravamento della situa-

zione della fabbrica nel periodo di ammini-strazione speciale, quali interessi, secondo te,hanno portato a questo?In fabbrica gira voce che il commissario specialePaolo Nardi, già amministratore delegato della fab-brica nel periodo parastatale, sia un uomo legato allalobby italiana dell’acciaio, cioè i gruppi siderurgicidel Nord Italia come Duferco, Feralpi e Marcegagliacon cui ha collaborato durante la sua carriera. Questipunterebbero alla definitiva morte dell’industriapiombinese in modo da poterne acquistare per untozzo di pane i bocconi migliori e prenderne il postosul sempre più stretto mercato dell’acciaio.Qual’è stato il ruolo dei sindacati?In fabbrica sono presenti tutti e tre i sindacati confe-derali CGIL,CISL e UIL con le rispettive divisionimetalmeccanici, si sono mossi in modo unitario ecoordinato, ma troppo tardi, solo adesso si sono dav-vero mobilitati, coi riflettori puntati sulla fabbrica perassistere allo show della sua morte. Raccogliendoqualche briciola per gli operai in modo da garantirgliun più morbido atterraggio nel mondo della disoccu-pazione, ma soprattutto garantirsi visibilità televisi-va e notorietà pubblica. Le richieste di mantenimen-to della produzione e dei posti di lavoro sono ad oggiirrealizzabili, quando, ancora pochi anni fa esisteva-no le possibilità e i soldi non hanno mai alzato latesta per costringere i padroni a fare un vero pianoindustriale che garantisse un futuro alla fabbrica. Isindacati si sino resi in tal modo complici del pro-trarsi della situazione di speculazione da parte deicapitalisti e di continua incertezza sul proprio futuroper gli operai che ormai va avanti da anni.L’ultima splendida iniziativa da parte della CGIL è

stato l’appello al Papa da parte degli operai, la cuirisposta è stata tanto apprezzata dal presidente dellaregione Enrico Rossi, sembra più che altro un affida-re la soluzione del problema alla divina provvidenza.Ci sono state iniziative autonome da partedegli operai?Praticamente nessuna. Una delle poche è stato losciopero della fame nei giorni di Pasqua e Pasquettaeseguito sugli scalini dello stabilimento dall’operaioPaolo Francini. Tra noi colleghi il gesto individualistanon è stato molto apprezzato; come del resto non èmolto apprezzato il personaggio che, consiglierecomunale Sel a Castagneto Carducci, cavalca l’ondadi interesse per le vicende legate alla chiusura delleacciaierie per portare avanti la propria carriera politi-ca. La Lucchini è diventata la tribuna elettorale (leelezioni europee sono alle porte) e il palcoscenico ditutti, da Beppe Grillo a Renzi, dal Papa ai sindacati.Manca, tra gli operai, una coscienza sindacale, pernon parlare di una coscienza politica o di classe. C’èstato un forte ricambio generazionale nell’acciaieria,quasi tutta la vecchia guardia di operai che aveva vis-suto il periodo delle lotte e rivendicazioni sindacali èandata in pensione, sostituita da giovanotti senz’ar-te né parte, immigrati meridionali e disperati di variogenere, perché nessuno vuole più lavorare allaLucchini. Nessuno che ne ha appena la possibilitàvuole lavorare in questo stabilimento dove il lavoro èfatto male, i macchinari obsoleti e pericolosi nel loroutilizzo, le norme di sicurezza trascurate e il futuroogni giorno più incerto.Il 24 è stato firmato un accordo di programmaper Piombino. Cosa prevede?L’accordo mette a disposizione 250 milioni di europrovenienti dalla regione e dallo stato, fondi che ver-ranno impiegati per la bonifica del territorio, l’am-pliamento del porto dove saranno dismesse le navidella difesa e il rifacimento della bretella che collegail porto di Piombino alla superstrada Aurelia. Tuttilavori di contorno che non vanno a toccare la que-stione dello stabilimento siderurgico che, in mancan-za di un investitore privato chiuderà definitivamentee le promesse di Rossi di riattivazione dell’impiantoentro due o tre anni saranno parole al vento.Per gli operai della Lucchini sarà garantito un lavoroin queste opere di bonifica con contratti di solidarie-tà, posticipandone ancora per un po’ la disoccupazio-ne, mentre per i quasi 2000 lavoratori dell’indotto cisarà solo la cassa integrazione.Come te la vivi l’imminente fine della fabbricapreannunciata dall’ultima colata di acciaiofuso?Male. Ormai da anni ci troviamo in una situazione diprecarietà insostenibile e snervante, il nostro postodi lavoro in preda alle imponderabili vicende del libe-ro mercato, non sai fino a quando avrai un lavoro,non sai se ti pagheranno il tfr (giacché parte di queisoldi li hanno utilizzati per far andare avanti l’azien-da negli ultimi tempi) e non puoi fare progetti sul tuofuturo.Ogni tanto al lavoro dico ai colleghi: “Non sentite unasensazione strana, come di essere su una barca alladeriva?”, ma molti sembrano non capire tanto sonoassuefatti allo stato di cose. La cosa paradossale èche mentre la barca sta andando a sbattere sugli sco-gli tutti fanno finta di niente, i capi pretendono di farandare avanti la produzione e mantenere gli stessiritmi lavorativi facendo fare agli operai anche lavoricompletamente inutili.Mi sento in una situazione irreale, assurda. Ormaispero che quest’agonia finisca presto per poter anda-re a fare il pizzaiolo.

Fonte: Cortocircuito

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PAGINA 3 LA BACHECA DI FUORI BINARIO

Radio CORA (acronimo per COmmissione RAdio) fu un'emittente clandestina, approntata

e gestita da membri del Partito d'Azione fiorentino, che dal gennaio al giugno 1944 man-

tenne i contatti tra la Resistenza toscana e i comandi alleati.

Si trattava allora di combattere un regime efferato, che utilizzava la vio-

lenza e la sopraffazione come strumento di dominio della società

Oggi i regimi si sono fatti più scaltri: lavorano 'a bassa intensità' prefe-

rendo per lo più il controllo alla violenza. Eppure anche oggi, anche nel

nostro paese, il pericolo di una deriva autoritaria, nei fatti se non nella

forma, diventa ogni giorno più palpabile: nella negazione dei diritti, nella

prevaricazione dei forti, nella corruzione, nella violenza contro i migran-

ti, nel mancato rispetto del dettato costituzionale, nel dilagare del pre-

cariato selvaggio e della disoccupazione, , nella devastazione ambien-

tale, nella demolizione dello Stato Sociale, nell'allargamento della for-

bice che separa i (pochi ricchi) dai (tantissimi) poveri, nella violenza

degli impuniti.

C'è bisogno dunque di una nuova Resistenza e di una nuova voce. La

nuova RADIO CORA sarà dunque prima di tutto una grande operazione

culturale, indirizzata a (ri)creare un immaginario condiviso e popolare che abbia al

centro i valori della Resistenza e della Costituzione.

Si parte dalla corretta e puntuale informazione, radicalmente indipendente, aggan-

ciata ai territori ed alle loro istanze. Ma non basta: Radio Cora si ispirerà in ogni sua

attività ai valori espressi nella nostra Carta Costituzionale, la cui applicazione con-

creta, rappresenta ancora oggi il presupposto per una rinascita (anche economica,

oltre che morale, etica, civile, sociale e culturale) del ns Paese.

Il 7 GIUGNO del 1944, un commando nazista supportato da fascisti repubblichini

pose fine in maniera drammatica e violenta all'esperienza di RadioCora. 70 anni

dopo, il 7 GIUGNO DEL 2014, nascerà www.raiocora.it, un portale ed una web radio

che avranno il compito di raccogliere idealmente quella straordinaria esperienza.

Essere indipendenti però significa contare solo sulle proprie forze: per questo radio

Cora ha bisogno di tutti voi, per questo vi chiediamo uno sforzo: 10 euro l'anno per

supportare il progetto. Noi ci crediamo. e voi?

Cari amic*abbiamo controllato il conto aperto su Banca Etica: ci sono 60 euro! (cui si vanno

ad aggiungersi 900 euro attraverso le 90 tessere che avete sottoscritto eche ci hanno permesso di comprare il pc della regia e il mixer). È evidenteche a queste condizioni è inutile anche solo pensare di far partire il pro-getto.

Se a 7 mesi da quando abbiamo cominciato a parlarne, questi sono i risultatidel 'tesseramento' dobbiamo con chiarezza dedurre che, al di là delle parole edelle ottime intenzioni, questa esperienza rischia di non avere le gambe perreggersi.È vero che l'iban è stato diffuso da due settimane, ma credevamo che l'in-teresse dichiarato e più volte confermato nei confornti del progetto aves-se già portato ad una mobilitazione in vista dell'attivazione del conto.Così evidentemnete non è stato e non è. Noi ce l'abbiamo messa e ce la stiamo mettendo tutta, ma, evidente-

mente, la supposta fame di informazione indipendente e di qua-lità non è così 'pressante' da portarci ad investire anche solo 10 euro

all'anno.Ci diamo un'altra settimana di tempo, ma,purtroppo, a malincuore, se non

vedessimo un cambiamento deciso di rotta, dovremmo completamete rive-dere i ns piani. Se le cose stanno così infatti partiremo se e quendo arriveran-

no i soldi promessi a settembre dalla regione toscana di cui al momento nonabbiamo visto un euro. Vi invitiamo pertanto calororsamente a sollecitare le persone che conoscete e

pensate possano credere nelle finalità del progetto, a sostenerci e sottoscrive-re la tessera usando il conto corrente. Chi volesse contribuire alla nascita del progetto, e diventare 'amico/a di Radio

Cora' può farlo versando (almeno...) 10 euro sul conto aperto a nomedell'Associazione Radio Cora, presso Banca Etica, IT49 Y050 1802 8000 0000 0173 825 indicando nella causale 'tesseramento

2014'.

Il gruppo di Radio Cora

LIBERA

E

RESISTENTE

La Bottega di Fuori Binario

Vi aspettiamo in Via Gioberti 5r (lato

Piazza Alberti) per queste e molte

altre novità.

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IMMIGRAZIONE PAGINA 4

Il sistema italiano per il diritto d’asilo vapotenziato e vanno salvaguardati in ogni casoi diritti dei migranti soccorsi in mare. Le racco-mandazioni e richieste dell’ASGI al Governo, alParlamento e all’Unione europea.

Le persone in fuga da gravi situazioni che minaccia-no i loro diritti fondamentali sono in aumento . Laconferma viene dai numeri sempre crescenti delledomande di asilo accolte anche in Italia, presentateda quanti fuggono dai gravissimi conflitti interni incorso nei loro Paesi . Lo afferma l’ASGI in un docu-mento pubblicato il 14 aprile 2014 in cui invia alGoverno e al Parlamento, oltre che all’Unione euro-pea, le proprie proposte e raccomandazioni . I datiforniti da Eurostat   sulle richieste di asilo presentatein Europa e in Italia nel 2013 e il numero - aggiorna-to a settembre 2013 da Frontex - degli arrivi viamare confermano la complessità dello scenario chedeve essere considerato un tema di competenza nondi un solo Stato, ma va affrontato con un interventocomplessivo da parte dell’Unione Europea. In primoluogo vanno salvaguardati i diritti fondamen-tali delle persone,   tenendo presente che, comeconfermano i dati citati dal Ministro Alfano il 15 apri-le 2014 al Comitato parlamentare di controllo sull’at-tuazione dell’accordo di Schengen: la bassa percen-tuale di dinieghi alle richieste di protezione presen-tate conferma che non si tratta, per la maggior parte,di arrivi di migranti economici. Il ministro ribadisceche l’obiettivo   è, percio’,   rendere piu’ efficiente edelastico  il sistema, prevedendo tempi rapidi nelladefinizione domande   di asilo e aumentandole commissioni territoriali che le possano esa-minare.   Si tratta di proposte contenute neldocumento dell’ASGI che, pero’, ricorda, ad oggi,non hanno trovato nè nel Governo né nelParlamento la volontà politica per permetteredi far fronte alle gravi e persistenti le carenzedel sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e dellemisure di supporto all’integrazione sociale dei titola-ri di protezione internazionale. La mancata pro-

grammazione del’accoglienza, ulteriormenteaggravata dall’esiguo numero di Commissioniterritoriali per l’esame delle domande di protezio-ne internazionale, costringe ogni anno migliaiadi richiedenti asilo a sopravvivere in condizio-ni di indigenza in ripari di fortuna e si è manifesta-ta in tutta evidenza già nel 2011 con la cd EmergenzaNord Africa, che non sembra non aver insegnatonulla. In questo a farne le spese sono spesso sog-getti vulnerabili come i minori stranieri non

accompagnati che, pur essendo fuggiti dai loropaesi di origine per ragioni riconducibili alla prote-zione internazionale, rimangono invisibili per tutto ilperiodo della loro minore età non accedendo allaprocedura di riconoscimento di detta protezione permancanza di informazioni e adeguati supporti, spes-so abbandonando le strutture di accoglienza perrecarsi in altri paesi. In merito all’operazioneMareNostrum, permangono forti perplessi-tà sugli obiettivi , sul rispetto dei diritti fondamen-tali dei migranti soccorsi  e sulle regole d’ingaggio daparte del personale coinvolto in queste operazioni.ASGI   ricorda che le operazioni di soccorso inmare svolte delle autorità italiane sono daconsiderarsi obblighi al quale lo Stato è vinco-

lato in adempimento delle norme del diritto inter-nazionale del mare che impongono di soccorrere levite umane in difficoltà nel mare. In passato  la Corteeuropea dei diritti dell’uomo aveva condannatol’Italia per aver effettuato respingimenti in mareeffettuati in violazione della Convenzione europeadei diritti dell’uomo. A tal fine nel documentol’ASGI ricordache  l’identificazione dei migrantisoccorsi in mare deve avvenire in maniera approfon-dita dopo lo sbarco e che, in caso di minori stranie-

ri non accompagnati,  la minore età deve esseresempre presunta nelle more della determinazionedell’età e dell’identificazione, al fine dell’accessoimmediato all’assistenza, al sostegno e alla protezio-ne  .Ogni valutazione sommaria e presuntiva o“di gruppo” circa la provenienza o la condizionegiuridica del migrante deve essere sempre evitatae  nei confronti degli stranieri soccorsi in mare e sbar-cati dalle navi della Marina militare i provvedimen-ti di respingimento sono illegittimi. Vanno, infi-ne chiarite senza indugio le regole di ingaggiodelle unità partecipanti all’operazione MareNostrum, nonché il contenuto delle direttive impar-tite in concreto circa l’uso della forza. ASGI, anchein relazione alle recenti dichiarazioni politiche

del Ministro Alfano ritiene che vada evitata l’a-dozione di misure normative ad hoc (es: sottoforma di decreti legge) che ben lungi dal porre rime-dio a problemi complessi, aumenterebbero la disfun-zionalità del sistema asilo e ritiene invece che siaquanto mai inderogabile ed urgente procederead una riforma legislativa del Sistema nazionaleper il diritto di asilo in Italia- conclude l’ASGI - Lariforma deve riguardare sia per ciò che attiene gliorgani e le procedure di esame delle domande diasilo (riformando e rendendo più indipendente, pre-parata ed efficiente la composizione delleCommissioni e ampliandone il loro numero ancheper velocizzare le procedure), sia per ciò che attiene ilsistema di accoglienza con la progressiva chiusuradei CARA e l’ampliamento ed il consolidamento di ununico sistema di accoglienza che valorizzi i numerosiaspetti positivi dell’attuale sistema SPRAR, superan-done, però, gli intrinseci limiti strutturali (in primis ladisomogeneità dei programmi di accoglienza basatisu una mera adesione volontaria degli enti locali) econ una realistica programmazione generale plu-riennale tra Stato-regioni ed enti locali. All’Unioneeuropea, infine, l’ASGI chiede che venga attua-to un piano sull’Italia, ai sensi dell’art. 33 delRegolamento UE Dublino III, che prevede la predi-sposizione di un piano d’azione per la gestione dellacrisi nel rispetto dei diritti fondamentali dei richie-denti protezione internazionale . A livello europeol’ASGI chiede la definizione di un piano euro-peo di reinsediamento di rifugiati che si trovanoin paesi terzi dell’area del Mediterraneo dove nonpossono godere di adeguate forme di protezione eper i quali non sussiste alcuna ragionevole prospetti-va di rientro e l’ applicazione estensiva delRegolamento Dublino III che favorisce ilricongiun-gimento dei migranti con altri parenti presen-ti in altri Stati Ue per ragioni umanitarie fondate inparticolare su motivi familiari o culturali.  

A.S.G.I. - Associazione per gli studi giuridici sul-l’immigrazione

Soccorso in mare e diritto d’asilo

Riammissioni dall’Italia alla Grecia: nel 2013rimandati nel paese ellenico 3 migranti al gior-no.Nel corso di un’approfondita indagine svolta inGrecia e in Italia nel corso del 2013, MEDU (Mediciper i Diritti Umani) ha raccolto oltre cento testimo-nianze dirette di riammissioni sommarie di adulti eminori stranieri dai porti italiani alla Grecia.Nell’85% dei casi i migranti riammessi hanno riferitodi essere stati reimbarcati nel giro di poche ore sullastessa nave con cui erano arrivati. In otto casi su diecii migranti riammessi hanno dichiarato di aver cerca-to inutilmente di comunicare alle autorità italiane lapropria volontà di richiedere protezione internazio-nale o comunque di voler rimanere in Italia per iltimore di quanto sarebbe potuto loro accadere incaso di ritorno. Questo aspetto appare particolar-mente sconcertante, se si pensa che, secondo i datiufficiali, nel corso di tutto il 2013 appena il 9% deimigranti intercettati ai valichi di frontiera adriaticiha potuto fare richiesta di protezione internazionale.Tale dato appare tra l’altro fortemente differenziatoda un porto all’altro - come ad evidenziare prassi dis-omogenee tra le varie autorità portuali – tanto che aBari i richiedenti asilo sono stati 65 (il 21%) mentre

a Brindisi otto (il 2%) e a Venezia addirittura solo due(l’1%). I casi di riammissione di minori non accom-pagnati raccolti dagli operatori di MEDU sono stati26, dei quali 16 si sarebbero verificati nei primi novemesi del 2013. Solo in quattro casi sono state effet-tuate le procedure per l’accertamento dell’età primache venisse eseguita la riammissione. In un caso sucinque i migranti hanno affermato di aver subitoqualche tipo di violenza, al momento della riammis-sione o durante il viaggio di ritorno. Sebbene l’Italia abbia il diritto di controllare l’acces-so al proprio territorio, le politiche di contrasto del-l’immigrazione irregolare devono in ogni caso rispet-tare i diritti fondamentali dei migranti, dei richie-denti asilo e ovviamente di soggetti particolarmentevulnerabili come i minori stranieri non accompagna-ti. Nel caso delle riammissioni dai porti adriatici, lenumerose e approfondite testimonianze raccolte nelrapporto PORTI INSICURI dimostrano come l’Italiavioli sistematicamente alcuni principi basilari sancitidal diritto interno e internazionale quali il divieto direfoulement diretto e indiretto, il divieto di esporre imigranti al rischio di trattamenti inumani e degra-danti, il divieto di espulsioni collettive. Sembranoinoltre essere sistematicamente lesi i diritti al ricorso

effettivo, all’informazione, ai servizi di interpretaria-to e orientamento legale, a procedure adeguate diaccertamento della minore età. Sulla base di diciannove testimonianze raccolte daMEDU nel corso dell’indagine, i legalidell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione(ASGI) hanno potuto presentare un ricorso alla Corteeuropea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, denun-ciando numerose violazioni del diritto interno edeuropeo.Medici per i Diritti Umani torna a chiedere al Governoitaliano la cessazione immediata delle riammissionisommarie verso la Grecia e la garanzia di un realeaccesso al territorio nazionale e alla protezione per imigranti che giungono ai valichi di frontiera adriati-ci. Qui di seguito due testimonianze.

M., 15 anni [Afghanistan]Nell’estate del 2013 sono arrivato in Grecia conun’imbarcazione di fortuna partita dalla Turchia.Quando stavamo per raggiungere le coste greche, ilmotore della barca si è rotto.Insieme agli altri passeggeri, sono stato trasportatodalla guardia costiera sull’isola di Creta, dove sonostato detenuto e poi trasferito in un centro per mino-

ri nella Grecia continentale.Nel settembre 2013 ho cercato di raggiungere l’Italianascondendomi in un tir in partenza da Patrasso sudi un traghetto. Quando il camion è sbarcato dal tra-ghetto al porto di Bari, sono stato scoperto dallapolizia italiana. Non c’era un interprete e non mi èstata data alcuna informazione. Ho cercato di indica-re a gesti la mia età - 15 anni – ma i due agenti,sempre a gesti, mi hanno risposto che avevo ven-t’anni e, pertanto, dovevo essere rimandato inGrecia.Mi hanno fatto subito imbarcare sulla nave con cuiero arrivato e chiuso in una piccola cabina. Mi hannopreso il cellulare e i vestiti, per cui sono rimasto pertutto il viaggio di ritorno con gli slip e la canottiera.Nonostante fossi partito da Patrasso, mi hanno fattosbarcare a Igoumenitsa e mi hanno portato, amma-nettato, in una cella del porto dove sono rimasto per15 giorni. Dentro la stanza c’erano molte persone -circa 20 adulti e 5 minori - tutti rimandati indietrodai porti di Ancona e Bari.A.C., 60 anni [Afghanistan]Ho 60 anni e vengo dall’Afghanistan, paese da cuisono dovuto scappare con mio figlio perché, essendoun ex-ufficiale dell’esercito, temevo di essere ucciso.

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PAGINA 5 IMMIGRAZIONE

Prigione per stranieriImmigrazione: riapre in estate la

"prigione per stranieri" di via

Corelli a Milano

Nonostante molte voci "contro", tracui quella del Comune di Milano e dialcuni esponenti del Pd nazionale, ilgoverno ha deciso di riaprire il Ciemilanese. Alla fine dell'anno la strut-tura concentrazionaria simbolo delfallimento delle politiche per l'immi-grazione verrà affiancata da unCentro di accoglienza per richiedentiasilo. Le associazioni milanesi e i sin-dacati protestano e preparano unamanifestazione di protestaL'immigrazione? Non c'è più. Il turbogoverno di Renzi ha risolto la "que-stione" eliminandola dal discorsopolitico, così come sono spariti unaministra e un ministero nel silenziogenerale. E non c'è nemmeno lo strac-cio di una delega a qualche sottose-gretario. Non è un disimpegno maun'indicazione precisa: ordine pub-blico e galere regoleranno la "mate-ria", in attesa di nuovi sbarchi e trage-die annunciate (per l'operazione mili-tare Frontex nel Mediterraneol'Europa ha appena stanziato 7,1milioni).Ne è una prova anche la riaperturadel Cie milanese di via Corelli previstain estate. La struttura concentrazio-naria addirittura raddoppia: entro lafine dell'anno la prigione per stranie-ri che non hanno commesso alcunreato - aperta nel '98 con la leggeTurco-Napolitano e chiusa mesi faperché distrutta da una rivolta - verràaffiancata da un Cara (Centro di acco-

glienza per richiedenti asilo).Con buona pace dei "democratici" delPd che si sono sbilanciati in chiaveantirazzista contro una mostruositànon solo giuridica, come EmanueleFiano qualche mese fa ("via Corelli vachiuso), Khalid Chauki qualche giornofa ("mi opporrò e mi farò sentire") el'assessore del Comune di Milano

Pierfrancesco Majorino ("un'occasio-ne persa").La nuova prigione perstranieri da 140 posti verrà gestitadalla società Gepsa di proprietà delcolosso francese Gdf Suez, un'aziendaleader nel settore carcerario, "uno deipartner principali dell'amministra-zione penitenziaria francese".Un esperimento, il primo passo versola privatizzazione delle carceri. Gepsa

si è aggiudicata l'appalto al ribassoper via Corelli (40 euro al giorno perdetenuto), cifra che aveva scoraggiatola Croce Rossa dopo sedici anni digestione impossibile e contestata, trarivolte, pestaggi, violenze e tentatividi fuga e suicidio.Via Corelli, come glialtri Cie sparsi per l'Italia (quasi tuttichiusi o in ristrutturazione), è la

prova di un fallimento generale checoinvolge anche chi non ha più avutola forza o la voglia di battersi controun simbolo piuttosto ingombrantedell'ingiustizia che domina il mondo,perché muri e celle sono qui, nellenostre città.Il Cie è inutile, non funziona, è antieconomico, e la sua stessa esistenza èuna violazione dei diritti umani,

senza bisogno che vi si commettanoviolenze. A Milano però non c'è aria dirivolta, anche se qualcosa si sta muo-vendo, non fosse altro che per unaquestione di toni. Inusuali, per esem-pio, quelli di Cgil-Cisl-Uil che prote-stano definendo il Cie "luogo di segre-gazione su base razziale che non puòessere più tollerata".I sindacati chiedono a prefettura eComune di Milano che la strutturavenga riconvertita in un centro diaccoglienza per rifugiati, "perché siesca finalmente da una visione securi-taria e punitiva del fenomeno dell'im-migrazione per attivare, al di là dellebelle dichiarazioni, politiche di inte-grazione e di accoglienza". LucaCusani, presidente del Naga, parla di"vuoto abissale della politica" e temeil peggio: "Dato che la ristrutturazio-ne è avvenuta in seguito a una distru-zione da parte dei detenuti e visto chele ribellioni sono state l'unica veraforma di contrasto ai Cie, immaginia-mo che la nuova versione conterràstrumenti e dispositivi che tenteran-no di neutralizzare ogni forma dirivolta attraverso meccanismi di sot-tomissione e costrizione".Via Corelli non è ancora aperto. Neiprimi giorni di maggio, con una mani-festazione ancora da preparare, alcu-ne associazioni proveranno ad inau-gurare una nuova stagione di resi-stenza antirazzista. Difficile. Ma tuttisi augurano almeno che possa accade-re con a fianco il Comune di Milano.

Luca Fazio (Il Manifesto)

riapre Corelli:riapre la stagione del controllo! Milano 15/4/2014 Nonostante sia dannoso, inutile, disfunzionale, diseconomico, un buconero dove vengono ogni giorno violati i diritti dei cittadini stranieri reclusi, riapre il Centrodi Identificazione ed Espulsione (CIE) di Milano in Via Corelli. O meglio, il fatto che sia dannoso, inutile, disfunzionale, diseconomico, un buco nero dovevengono ogni giorno violati i diritti dei cittadini stranieri reclusi, non ha nessuna rilevanzaperché l’obiettivo del centro non è né l’identificazione, né l’espulsione, né tantomeno l’ac-coglienza, ma il controllo. Nella stessa logica è prevista anche l’apertura del Centro di Accoglienza per Richiedenti

Asilo (CARA) entro la fine dell’anno.“Con la riapertura del CIE e del CARA di Milano riapre, in grande stile, la stagione del con-trollo, l’unica risposta che, da sempre, la politica riesce a dare al fenomeno migratorio.”Dichiara Luca Cusani, presidente del Naga. “Dato che la ristrutturazione è avvenuta a segui-to di una distruzione da parte dei detenuti e visto che le ribellioni interne sono state l’uni-ca vera forma di contrasto ai CIE, immaginiamo che la nuova versione del CIE conterrà stru-menti e dispositivi che tenteranno di neutralizzare ogni forma di rivolta attraverso mecca-nismi di sottomissione e costrizione” prosegue il presidente del Naga. “Nel vuoto abissaledella politica è evidente, una volta di più, che l'ordine pubblico e le carceri rimangono i solistrumenti per non- affrontare l’immigrazione: un fenomeno della realtà e non un’emer-genza da dover controllare!” conclude Luca Cusani. Il Naga si augura che con la riapertura del CIE di via Corelli si riaprirà non solo la stagionedel controllo, ma anche quella delle risposte forti da parte della città che, ci auguriamoanche con la voce del suo sindaco, ripudia ogni forma di discriminazione, reclusione e raz-zismo.

Info: Naga Cell 3491603305 - www.naga.it - [email protected]

Viste le difficoltà riscontrate nel chiedere asilo in Grecia, hodeciso di far partire mio figlio di 11 anni alla voltadell’Italia e ho tentato di raggiungerlo nel dicembre 2012,nascondendomi in un tir diretto via nave ad Ancona.Sbarcato in Italia, sono stato scoperto da due poliziotti e hocercato di spiegare loro che volevo chiedere asilo in Italiaperché mio figlio era a Venezia.Non sono stato foto segnalato e non sono stato assistito néda un interprete né da un operatore delle associazioni chelavorano presso la frontiera marittima. Mi hanno solo fattofirmare un foglio di cui non ho compreso il contenuto esono stato subito chiuso a chiave in una stanza della navecon cui era arrivato. Raggiunta la Grecia, sono stato fattosbarcare a Igoumenitsa, città molto distante dal porto di Patrasso dacui ero partito. Dopo una notte trascorsa alla stazione dipolizia della città, sono tornato a Patrasso, dove però sonostato arrestato e trasferito al centro di detenzione diCorinto. Nel centro vi sono circa mille persone e nella miacamerata circa settanta uomini con, a disposizione, soloquattro bagni e due ore d’aria al giorno. Non mi hannodetto fino a quando dovrò essere detenuto.

I., 17 anni [Afghanistan]Ho 17 anni e sono nato in Afghanistan, paese da cui sonoscappato dopo l’uccisione di mia madre e la scomparsa dimio padre e di mio fratello. Durante il viaggio dall'Iran allaTurchia sono stato preso in ostaggio, insieme ad altri ragaz-zi, da un gruppo di trafficanti, che sperava di ottenere unriscatto dalle nostre famiglie. Durante la nostra prigionia,

mi hanno maltrattato. Sul braccio sinistro ho ancora le cica-trici delle sigarette che mi spegnevano addosso. Dopoessere riuscito a scappare, sono arrivato in Turchia e, attra-versato il mare, sono sbarcato nell'isola di Lesbo, in Grecia.Da tre anni vivo in una fabbrica abbandonata di fronte alnuovo porto di Patrasso e mi procuro il cibo dalla spazzatu-ra, nonostante abbia fatto richiesta di protezione interna-zionale. Qui sono stato vittima delle violenze di un gruppodi ragazzi greci che mi hanno picchiato e mi hanno rotto gliocchiali da vista. A causa di questa situazione ho provatomolte volte a lasciare il paese. Nel dicembre 2012 sonoriuscito a nascondermi sotto un tir imbarcatosi su una navecargo in partenza dal porto di Corinto. Quando mancavanocirca due ore all’arrivo in Italia, sono uscito dal tir in cerca dipane. Era un viaggio lungo, di circa 30 ore. Non potevoaspettare, avevo troppa fame.Purtroppo il personale della nave mi ha scoperto e mi haconsegnato, arrivati al porto di Venezia, alle forze dell’ordi-ne italiane che mi hanno portato in un ufficio e, senza ilsupporto di un interprete, hanno registrato le mie genera-lità. Nonostante cercassi di spiegare che volevo stare inItalia e chiedere asilo, dopo una notte trascorsa nell’ufficio,mi hanno imbarcato di nuovo sulla nave e chiuso in unastanza. Dopo più di trenta ore di viaggio, sono sbarcato dinuovo al porto di Corinto, dove la polizia greca ha registra-to le mie generalità e, prima di rilasciarmi, mi ha rasato icapelli. Qui in Grecia forse dopo 15 anni verrò riconosciutocome rifugiato. Come faccio ad aspettare tutto questotempo in queste condizioni?

MEDU

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Banco AlimentareCITTÀ PAGINA 6

Cari amici Presidenti e legali rappresen-

tanti delle strutture caritative convenzio-

nate con il Banco Alimentare della

Toscana

Il tentativo fatto insieme in questi 19 anni sul

fronte della risposta al bisogno di cibo di tanti

toscani poveri, le tante esperienze e testimo-

nianze di aiuto, di solidarietà ci rendono certi

dell’utilità del percorrere ancora questa strada

come risposta al bisogno concreto reale di

molti.

Purtroppo sappiamo bene che nonostante l’ap-

provazione del consiglio europeo sullo stanzia-

mento dei fondi del Fead (Piano Europeo di

aiuto agli indigenti) e per il quale la Fondazione

Banco Alimentare e tutta la rete dei Banchi

Alimentari regionali hanno lottato con tutte le

loro forze da quasi due anni, non vi è ad oggi

certezza sui tempi e il rischio è alto che si possa

interrompere quella formidabile rete di soste-

gno e di solidarietà che ha permesso di distri-

buire gratuitamente fino ad ora 10.000 tonnel-

late all’anno di cibo della comunità europea ai

poveri attraverso le vostre associazioni in Italia.

Questo ciclo di distribuzione che durava ormai

dal 1986 e che ha permesso di supportare la

popolazione più debole potrebbe interrompersi

per molti mesi nell’attesa che il nostro Governo

recepisca ed applichi la nuova nor-

mativa, inoltre l’incertezza del come

verranno destinati tali fondi europei

nel vasto scenario dei tanti biso-

gni materiali dei poveri non fa

stare tranquilli!

Noi lotteremo perché almeno

in larga parte queste risorse

possano essere impiegate

per la produzione di cibo,

un bene concreto, indispensabile

e che da subito

potrebbe arginare il fab-

bisogno in aumento dei

poveri in questo periodo sto-

rico drammatico.

Siamo in Emergenza alimenta-

re, di questo dobbiamo essere coscienti e per

questo vogliamo fonti alternative di alimenti che

possano sostituire in parte le mancanze a cui

dovremo far fronte.

In Toscana in tanti supermercati delle maggiori

catene della grande distribuzione stiamo per-

mettendo a tante associazioni di beneficiare

quotidianamente di tanto cibo sottratto allo

spreco, ridando ad esso un valo-

re grande destinandolo ai

poveri, così anche attraverso

il recupero di cibo da nuove

mense aziendali, tra le

ultime la mensa di

Ferragamo, Galileo Firenze, Was

di Livorno, Ginori

Doccia in via di

definizione, e che

vanno ad aggiungersi

a quelle già attive da tempo, la General

Electric, Galileo,

Ansaldo Breda,

Autostrade spa, permetten-

do a tante vostre

associazioni di

ricevere cibo già

cotto di alto valore. E così anche il lavoro nel

comparto ortofrutta che stiamo sviluppando,

insomma ce la stiamo mettendo tutta per darvi

una mano.

Capirete peraltro che questo grande lavoro ed

organizzazione necessita di risorse perché

possa essere incisivo e metodico, spese per i

furgoni, per il carburante, spese di gestione

delle tante procedure, per le utenze quale l’e-

nergia per le celle frigorifero, ecc… Abbiamo

per questo bisogno del vostro libero aiuto per

proseguire assieme su questa strada e supera-

re i mesi di difficoltà che avremo davanti. So

bene che in questi anni tante delle vostre asso-

ciazioni hanno condiviso un aiuto economico in

uno spirito di vera sussidiarietà quale quello che

ha animato il Banco Alimentare nel cercare nel

suo piccolo di aiutarvi fino ad oggi.

L’incontro per la convenzione sarà l’occasione

per noi di condividere strategie e scelte comuni

future con tutti voi.

Per questo ringrazio tutti e spero nel vostro

generoso aiuto.

Leonardo CarraiPresidente

Assoc iaz ione Banco A l imentare del la

Toscana Onlus

www.bancoalimentare.it

Lancio la proposta di un articolo per fuori binario, ilcanovaccio è lo Sport Popolare, dai mondiali di calcioantirazzisti che si tengono a maggio, che coinvolgonoanche squadre di homeless, di cui vorrei parlare, deltorneo di autofinanziamento del Cecco, delle palestrepopolari, del fatto che, praticamente tutti i gruppiultras, in maniera anonima o organizzata, famosa laraccolta di cibo degli ultras di Madrid, di Milano etc. edelle squadre di calcio come il Lebowski, Il Quartograd,che condivide il campo con la squadra della legalità diScampia, in cui si fanno feste e iniziative benefiche,questo di seguito é il comunicato del centro storicolebowski

Il Manchester United è una delle migliori squadre delmondo. Eppure migliaia di tifosi dei Red Devils sisono stancati dell’atmosfera di plastica della PremierLeague, di dover stare obbligatoriamente seduti aguardare la partita, della birra analcolica, di vedereprendere ogni decisione a un oligarca americano chegià non conosce niente di calcio, figurarsi della storiae delle tradizioni della città di Manchester e della suasquadra. Si sono messi assieme e hanno fondato loUnited of Manchester, ripartendo dalle divisionidilettantistiche. Per noi è stato simile, ci piaceva ilcalcio, ci piaceva guardare le partite a modo nostro,abbiamo sentito di non riuscire più a farlo in Serie A,siamo andati a vedere la Terza categoria, tempo dopoabbiamo fondato la nostra squadra.Sono passati 10 anni dalla nascita degli UltrasLebowski e 4 stagioni dalla fondazione del CentroStorico Lebowski. Sono tanti. In molti ci stanno chie-dendo quale sia la nostra formula, quale sia l’ideache rende così intenso il nostro ambiente. Proviamoa rispondere.La nostra idea di «calcio minore» non cambia in nien-te da quella di tante società sportive sparse sul terri-torio. Il «calcio minore» è uno spazio di socialità, disolidarietà e di autorganizzazione. Socialità perché fauscire di casa, spezza la solitudine, regala emozionicondivise, tiene insieme persone di ogni età che

spesso non hanno occasione di incontrarsi.Solidarietà perché costruisce legami e crea delle retidi sostegno reciproco. Autorganizzazione perché lavita di una società sportiva dipende dalla capacitàdegli appassionati di provvedere ai suoi tanti biso-gni: le risorse economiche, l’organizzazione deglispazi e dei tempi, la gestione tecnica, le praticheburocratiche, il materiale sportivo, ecc…Autorganizzazione significa prendersi la responsabi-lità diretta e collettiva di quello che si costruisce.La nostra idea dunque non è niente di speciale: usareil Lebowski come spazio di socialità, di soli-darietà e di autorganizzazione.Sembriamo così «magici»solo perchè, per millemotivi che chiara-mente non siamoin grado di spie-gare, questetre cose sonosempre piùdifficili dat r o v a r e ,ovunque incittà e anchenel «calciominore». Il cal-cio, e non soloquello della serie A, èoggetto di attenzionipolitiche e commerciali, perla grande visibilità che offre. Maquesto aspetto molto spesso va in direzione oppostaal ruolo sociale del calcio, e produce competizioneesasperata, mercificazione e disciplinamento.Come garanzia che questi valori rimarranno al centrodel progetto abbiamo deciso che la squadra sarà persempre proprietà degli ultras e dei tifosi. E’ l’unicomodo che conosciamo per far sì che le regole del pro-fitto e della politica non stravolgano questo spazio dilibertà e di responsabilità che ci siamo costruiti. Per

questa ragione, campiamo di autofinanziamento enon di patron e investitori.Quest’anno, grazie anche alla bellissima squadra chesiamo riusciti a tirare su e ai risultati che danno entu-siasmo, sono aumentati enormemente gli appassio-nati che vengono a vedere le partite e frequentano lenostre iniziative, come sono aumentate le richieste diusare il nostro potenziale umano per lavorare con ilsettore giovanile, con le scuole del territorio. Questoci gratifica ma ci pone davanti delle questioni.Ogni anno, per potenziare le nostre iniziative sociali e

sportive, le spese aumentano. In quat-tro anni abbiamo girato quat-

tro campi e con questonomadismo gran parte

del nostro potenzia-le si disperde

nella necessitàogni volta di

garantire las e m p l i c es o p r a v v i -venza delprogetto. In

poche parole,senza la

gestione di uncampo non ci è

più possibile portareavanti quella crescita

che ogni anno abbiamoavuto. Senza un campo, cioè, non

possiamo organizzare un settore giovanile e unascuola calcio, non possiamo organizzare attivitàsociali per il territorio, non possiamo tirare su quelleoccasioni di autofinanziamento come le sagre e lefeste che sono essenziali per la sopravvivenza diquasi tutte le società dilettantistiche.Vogliamo dunque porre pubblicamente questo pro-blema: è possibile che per fare calcio e per fare socia-lità si debba avere un patron alle spalle oppure delle

conoscenze politiche da sfruttare per ottenere unminimo di agibilità? Fare sport e socialità ad altolivello è o non è un valore per tutto il territorio?Per chi prova una strada diversa la situazione è nota:i bandi per l’assegnazione dei campi comunali vannoai «soliti noti» che molto spesso smentiscono ognipromessa finalità sociale e usano l’impianto a scopodi lucro lasciandolo progressivamente deteriorare,dal punto di vista materiale e della sua capacità diessere un punto di riferimento per il territorio; i costidi iscrizione e gestione aumentano, come gli affittidegli impianti; dalle istituzioni come dai media vienivisto pure come il rompicoglioni che vuole fare ditesta sua e affossato il più possibile.Abbiamo bisogno di uno stadio per dispiegare legrandi potenzialità del nostro ambiente. Essendofigli di nessuno, siamo consapevoli che ci sarà da lot-tare per averlo. Come società, stiamo cominciando abuttare giù un progetto complessivo, che prevede ladescrizione delle attività che vorremmo svolgerci, leinterazioni con il territorio, le modalità di autofinan-ziamento, le grandi risorse umane che potremmospenderci.Ci rivolgiamo ai tanti tifosi che ci seguono e che nonpartecipano ancora alla vita sociale: abbiamo biso-gno di idee, confronto e contributi. L’obiettivo è avereal più presto una nostra casa. Venite a dire la vostra,pungolateci, rompeteci le palle. C’è bisogno di tutti,perché è una cosa grossa!«OGNI VOLTA CHE IL CSL SCENDE IN CAMPO, MANDA AFARE IN CULO IL CALCIO MODERNO, QUINDI SE OTTE-NIAMO LA PROMOZIONE VA’ BENISSIMO..VORRA’ DIRECHE FAREMO UN ALTRO GIRO..MA SE NON CE LA FAC-CIAMO VERRA’ DI NUOVO AGOSTO, FAREMO UNAGRANDE STAGIONE E CE LA FAREMO LA PROSSIMAVOLTA.E FACENDO TUTTO CIO’, CI DIVERTIREMO UN SACCO..ESARA’ UN ALTRO GIRO ANCORA».

AVANTI CENTRO STORICO LEBOWSKI, AVANTI CURVA MOANA POZZI!

UNO STADIO PER IL CENTRO STORICO LEBOWSKI

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Al primo febbraio 2013, nelle 17 pri-gioni, nei 4 centri per gli interrogato-ri e nei 4 centri di detenzione israelia-ni, erano rinchiusi 4.812 palestinesi.Di questi, 219 tra minori e bambini,ben 31 sotto i sedici anni. Tutte lestrutture di reclusione, ad eccezionedel carcere di Ofer, si trovano all’in-terno di Israele, in palese violazionedell’Art. 76 della IV Convenzione di

Ginevra, che stabilisce che unapotenza occupante deve detenere iresidenti del territorio occupato nellecarceri all’interno del territorio stes-so.Sono alcuni delle informazioni conte-nute in Vite di palestinesi nelle car-

ceri di Israele, un dossier a cura della

Rete Romana di Solidarietà con il

Popolo Palestinese sulle condizioni

dei prigionieri palestinesi – uomini,

donne e bambini – nelle carceri di

quella che ama definirsi come “unica

democrazia del Medio Oriente”. In

circa novanta pagine vengono svela-te le sofferenze che Israele delibera-tamente infligge nelle proprie carceriai prigionieri politici palestinesi. Unaprassi consolidata che viola aperta-mente le norme che il diritto inter-

nazionale prevede a tutela dei pri-gionieri politici e della popolazionecivile in caso di conflitti e di occupa-zione.Il dossier si apre con una prefazioneche riporta il “discorso agli israeliani”di Samer Issawi, il prigioniero pale-stinese che prosegue senza interru-zione da oltre otto mesi lo scioperodella fame, per protestare contro l’ar-restato subìto il 7 luglio del 2012 conla pretestuosa accusa di essersi spo-stato dal centro di Gerusalemmeverso la periferia della città.L’illegittima detenzione si protrae, daallora, senza che nemmeno gli sianostati notificati i capi di imputazione.Caso non unico di “detenzione

amministrativa”, una proceduraassolutamente illegittima cui le forzedi occupazione israeliane fannoampio ricorso: a febbraio 2013, 178

palestinesi risultavano imprigionati atale titolo.Ormai in fin di vita, Samer, divenuto ilsimbolo della lotta dei prigionieripalestinesi contro le violazioni deiloro diritti, si rivolge agli israelianicosì: “Non accetto i vostri tribunali e le

vostre leggi arbitrarie. Dite di aver cal-

pestato e distrutto la mia Terra in

nome di una libertà che vi è stata pro-

messa dal vostro Dio, ma non riuscire-

te a calpestare la mia nobile anima

disobbediente. Forse capite che la con-

sapevolezza della libertà è più forte di

quella della morte”.

Quella di Samer è una delle nove

testimonianze di uomini e donne

detenuti nelle prigioni israeliane,riportate nel dossier ed elaborate apartire dalle testimonianze prove-nienti dagli archivi di Addameer,organizzazione non governativa perla difesa dei diritti umani. Nella parte dedicata alla presentazio-ne degli aspetti umani e politici di unatragedia ancora ampiamente ignora-ta, sono riportate anche le valutazio-

ni di sette osservatori di Addameersulle modalità processuali dei tribu-

nali militari, che spesso non prevedo-no un’accusa vera e propria, né tanto-meno delle prove.“Il soldato israeliano interrogato come

testimone – riferisce ad esempioRachel Davidson, ebrea con unanonna deportata ad Aushchwitz -non

sapeva dir altro che: non ricordo. Di

fatto, nessuno ricordava perché questi

ragazzi fossero stati portati di fronte

al tribunale”.

Conferma Peter Hamm, altro osserva-tore: “Ho capito subito che non c’erano

prove o testimonianze da sottoporre ai

giudici; né c’era una qualsivoglia par-

venza di procedura che ricordasse un

procedimento giudiziario. Il tutto era

squisitamente politico”.

Sotto questo tipo di processi sonopassati e sono stati condannati granparte degli 800.000 palestinesi

arrestati dai militari israeliani a

partire dal 1967, data d’inizio del-l’occupazione, nei TerritoriPalestinesi occupati, cioè ben il 20%

della popolazione residente.Moltissimi di loro inoltre, vengonoripetutamente arrestati, anchesenza motivo se non vaghe “ragioni disicurezza”, e i fermi amministrativivengono rinnovati per mesi, a volteper anni, primi del processo o dellascarcerazione.L’intera filiera del sistema repressivo,dall’arresto al processo – quandoavviene – alla detenzione e all’even-tuale rilascio, è gestita in costante

violazione delle norme che regola-

no i procedimenti giudiziari, latutela della salute, la dignità dellapersona e la integrità fisica e psichi-

ca dei prigionieri. Spesso arrivano aconfigurarsi veri e propri casi di tor-

tura - vietata dalla Convenzione

approvata dall’Assemblea

Generale dell’ONU il 10 dicembre1948. Una Convenzione ratificata solonel 1991 da Israele, che però non larispetta, torturando, di fatto, i palesti-nesi, non solo durante gli interrogato-ri ma anche durante la detenzione.Non scampano ad essa neppure ledonne e i bambini, secondo quantoriferiscono prestigiose riviste medi-che internazionali, come il BritishMedical Journal e Lancet e importantiquotidiani come il Guardian. In questa orrenda pratica è coinvoltoanche personale sanitario, al puntoche Amnesty International ha affer-mato nel 1996 che medici israeliani“fanno parte di un sistema nel quale i

detenuti sono torturati, maltrattati e

umiliati tanto che la pratica medica

all’interno delle carceri entra in con-

flitto con l’etica medica”.

L’assoluta impunità è peraltro assi-curata per chi esercita maltrattamen-ti e tortura.Quanto ai processi, avvengono pressotribunali militari che applicano lecirca 1700 “ordinanze” emanate daautorità militari dal 1967, in viola-

zione dell’Art. 66 della Quarta

Convenzione di Ginevra. In base a atale articolo, i Tribunali Militaridovrebbero occuparsi solo di casi cheriguardano la violazione della legisla-zione in materia di sicurezza, ma lagiurisdizione dei Tribunali Militariisraeliani va ben oltre, perché le ordi-nanze militari criminalizzano moltiaspetti della vita civile palestinese. Manca, inoltre, qualsiasi garanzia diun giusto processo, a partire dall’as-

senza di avvocati negli interroga-

tori, alle difficoltà ad organizzareuna difesa efficace, anche per l’uso diimputazioni basate su “informazio-

ni segrete”, dunque spesso non rive-late all’imputato e all’avvocato. Oltre,ovviamente, alla pratica consolidatadi estorcere confessioni con laforza e le minacce.Le condizioni della detenzione, siasotto il profilo ambientale, che quel-lo sanitario, dell’alimentazione, dellapossibilità di accesso all’istruzione edei contatti con gli avvocati e con ifamiliari sono al di sotto degli stan-

dard stabiliti delle norme interna-zionali, con documentate conseguen-ze rilevanti sulla salute fisica e psi-

chica delle persone detenute.Conseguenze ancora più gravi nelcaso dei minori e di donne, moltedelle quali in stato interessante e,nonostante questo, spesso costrette asubire maltrattamenti anche in

stato di gravidanza avanzato.Contro i soprusi e le condizioni degra-danti cui sono vittime, i prigionieri ele prigioniere palestinesi ricorronosempre più frequentemente allo scio-

pero della fame, individuale e dimassa, in alcuni casi protratto adoltranza, come forma di lotta perrivendicare il rispetto delle norme

del diritto internazionale e dei

propri diritti.

La loro resistenza vuole affermare,davanti al mondo, la volontà delpopolo palestinese a vivere in libertàe con dignità sulla propria terra.

Vite di palestinesi nelle carceri di Israele

Un dossier a cura della Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese sulle condizioni dei prigionieri palestinesi – uomini, donne e bambini – nelle carceri della

cosiddetta “unica democrazia del Medio Oriente”

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Dichiarazione di Robben Island. Lanciodella Campagna mondiale per la libera-zione di Marwan Barghouti e tutti i pri-gionieri palestinesi

Sudafrica, 27 ottobre 2013 – “Noi, i firmatari, affer-miamo la nostra convinzione che la libertà e la digni-tà sono l’essenza della civiltà.Persone di tutto il mondo e nel corso della storia sisono levate in difesa della loro libertà e della lorodignità contro il dominio coloniale, l’oppressione, l’a-partheid e la segregazione.Generazioni di uomini e donne hanno fatto grandisacrifici per forgiare valori universali, difendere lelibertà fondamentali e far progredire il diritto inter-nazionale e i diritti umani.Non vi è un rischio maggiore per la nostra civiltà cheabbandonare questi principi e consentire irresponsa-bilmente la loro violazione e negazione. Ilpopolo Palestinese ha lottato per decenniper la giustizia e la concretizzazione deipropri diritti inalienabili. Tali diritti sonostati più volte ribaditi da innumerevolirisoluzioni delle Nazioni Unite.Valori universali, legislazione internazio-nale e diritti umani non possono fermarsialle frontiere. Né è possibile ammettereche si usino due pesi e due misure, edevono essere applicati anche inPalestina.Questa è la strada da seguire per unapace giusta e duratura nella regione, abeneficio di tutti i suoi popoli.L’applicazione di questi diritti comportala liberazione di Marwan Barghouti e ditutti i prigionieri palestinesi, in quanto laloro prigionia altro non è che un riflessodella pluridecennale privazione dellalibertà che il popolo palestinese ha subi-to e continua a sopportare.Centinaia di migliaia di palestinesi sonostati imprigionati a un certo punto dellaloro vita, in uno dei più eclatanti esempidi detenzione di massa che mirano adistruggere il tessuto nazionale e socialedel popolo occupato, e a spezzare la suavolontà di raggiungere la libertà. Migliaiadi prigionieri politici palestinesi ancoraoggi languono nelle carceri israeliane.Alcuni prigionieri palestinesi hanno tra-scorso oltre 30 anni nelle carceri israeliane, cosa chefa di Israele la potenza occupante responsabile deipiù lunghi periodi di detenzione politica nella storiarecente.Il trattamento dei prigionieri palestinesi dal momen-to del loro arresto, durante gli interrogatori e il pro-cesso, nonché durante la loro detenzione, viola lenorme e gli standard previsti dalla legge internazio-nale. Queste violazioni, tra cui l’assenza di garanziefondamentali per un giusto processo, il ricorso allaincarcerazione arbitraria, il maltrattamento dei pri-gionieri e l’uso della tortura, il disprezzo per i dirittidei bambini, la mancanza di assistenza sanitaria peri detenuti malati, il trasferimento dei detenuti nelterritorio dello stato occupante e le violazioni deldiritto di ricevere visite, così come l’arresto di rappre-sentanti eletti, richiedono la nostra attenzione e ilnostro intervento.Tra questi prigionieri, un nome è emerso a livellonazionale e internazionale come fondamentale perl’unità, la libertà e la pace.Marwan Barghouti ha trascorso un totale di quasidue decenni della sua vita nelle carceri israeliane, tracui gli ultimi 11 anni. È il prigioniero politico palesti-

nese più importante e rinomato, un simbolo dellamissione del popolo palestinese per la libertà, unafigura che unisce e un sostenitore della pace basatasul diritto internazionale.Tenendo presente come gli sforzi internazionali por-tarono alla liberazione di Nelson Mandela e di tutti iprigionieri anti-apartheid, riteniamo che  la respon-sabilità morale giuridica e politica della comunitàinternazionale di assistere il popolo palestinese nellarealizzazione dei loro diritti deve contribuire a garan-tire la libertà di Marwan Barghouti e di tutti i prigio-nieri politici palestinesi.

Cosa chiediamo?

Chiediamo, quindi, e ci impegniamo ad agire per laliberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigio-nieri palestinesi. Fino al loro rilascio, i prigionieri

palestinesi, come sancito dal diritto internazionaleumanitario e le leggi in materia di diritti umani,devono beneficiare dei loro diritti e le campagne diarresti devono cessare.Uno dei più importanti segni della disponibilità afare la pace con  il tuo avversario è la liberazione ditutti i suoi prigionieri politici, un potente segnale diriconoscimento dei diritti di un popolo e delle suenaturali rivendicazioni della propria libertà. E’  ilsegnale di inizio di una nuova era, in cui la libertàaprirà la strada per la pace. Occupazione e pace sonoincompatibili.L’occupazione, in tutte le sue manifestazioni, deveterminare, in modo che la libertà e la dignità possa-no prevalere. La libertà deve prevalere perché il con-flitto cessi e perché i popoli della regione possanovivere in pace e sicurezza.”

Dalla prigione di Robben Island, cella diMandela il 27 Ottobre 2013

Alla presenza di Fadwa Barghouti, Ahmed Qatrhada,Majed Bamiah, Neesham Bolton, Luisa Morgantini,

Qaddura Fares, Francis Sahar, Ahmed El Azzam, ex-prigionieri sudafricani, rappresentanti palestinesi edattivisti sudafricani.Un Comitato internazionale di alto livello èstato costituito per il sostegno alla campagnainternazionaleIl 27 Ottobre a Robben Island, i lavori sono iniziaticon la sottoscrizione della Dichiarazione diRobben Island che chiede la liberazione diMarwan Barghouti e di tutti i prigionieri poli-tici palestinesi .La dichiarazione è stata sottoscritta nella cella dellaprigione di Nelson Mandela. I primi firmatari sonostati gli ex prigionieri politici di Robben Island,Ahmed Kathrada e il membro del Congresso PanAfricano Kwedie Mkalipi, insieme a FadwaBargohouti, moglie di Marwan Barghouthi. Dopo la sottoscrizione della dichiarazione, è stato

annunciato l’appoggio di un ComitatoInternazionale di alto livello i cui membri includo-no:Ahmed Kathrada - Fondatore del ComitatoInternazionale ad alto livello, figura storica del movi-mento anti- apartheid, ex prigioniero per 26 anni,nonché già consulente per gli affari parlamentari delpresidente Mandela, già presidente del consiglio delMuseo di Robben Island.Angela Davis - ex prigioniera politica, icona delmovimento per i diritti civili, USA,Win Tin - ex prigioniero politico e detentore del pre-mio mondiale dell’UNESCO per la libertà di stampa,Burma.John Bruton - ex Primo Ministro in Irlanda, impe-gnato nei negoziati di pace nell’Irlanda del Nord, giàVice Presidente del Partito Popolare Europeo ed exAmbasciatore dell’Unione Europea a Washington,Membro del gruppo degli ex Leaders Europei.Lena Hjelm-Wallén - ex vice Primo Ministro eMinistro degli Esteri in Svezia, Presidente dell’IstitutoInternazionale per la Democrazia e Assistenzaall’Elettorato, Membro del gruppo degli ex LeadersEuropei.

Christiane Hessel, moglie di Stéphane Hessel - par-tigiano francese contro l’occupazione nazista ed exAmbasciatore, scrittore e figura storica per i dirittiumani, autore del best seller mondiale ”Indignez-vous”.Vescovo Desmond Tutu - premio Nobel per la pace,South AfricaJody Williams - premio Nobel per la pace, USAAdolfo Pérez Esquivel - Nobel per la pace,ArgentinaJosé Ramos Horta - ex Presidente di Timor Est, pre-mio Nobel per la paceMairead Maguire - premio Nobel per la pace,Irlanda del NordNel suo intervento durante l’evento di Robben Island,Kathrada ha dichiarato che la sua speranza è chequesta campagna superi la campagna di “Mandelalibero” da lui lanciata molti anni or sono.

Robben Island è il luogo dove tutti noi reite-riamo il nostro appoggio alla causa palesti-nese e, dove, ancora una volta, invochiamoil nostro chiaro e urgente appello per il rila-scio di Marwan Barghouthi e di tutti e pri-gionieri politici palestinesi. Questo luogouna volta tenne prigionieri alcuni dei futurileader di un democratico e libero Sud Africa.Ora da questo luogo risuona l’appello per laliberazione di leader politici incarcerati,fautori dell’unificazione del popolo palesti-nese.Kathrada ha anche invocato la pressionemondiale contro Israele. Proprio come ilSud Africa con la sua politica dell’ apartheidfu isolata, noi vogliamo che Israele sia iso-lato dal mondo civile - ha detto.Fadwa ha letto un messaggio scritto dalmarito nella cella della prigione diHadarim, in cui egli si appella alla comuni-tà internazionale per agire sulla questionedei diritti umani.La comunità internazio-nale ha l’obbligo politico, morale e legale diagire nella difesa della giustizia, appog-giando le leggi internazionali e i dirittiumani. Questa è la responsabilità deigoverni, dei rappresentanti eletti, delleorganizzazioni per i diritti umani, dei movi-menti della società civile, dei sindacati, edei singoli cittadini.L’arcivescovo Desmond Tutu, che fa partedel Comitato Internazionale, ha inviato unmessaggio di solidarietà. Unisco la mia

voce a quelle del sig. Kathrada e della signoraBaghouthi e a tutte le voci in giro per il mondo cheinvocano Israele perché faccia un passo indietro dalprecipizio della divisione e del pregiudizio e liberi i pri-gionieri politici. La loro liberazione libererà anche voiisraeliani - ha detto.Marwan Barghouthi è stato il primo membro delConsiglio Legislativo palestinese ad essere arrestatoda Israele. Ha passato oltre dieci anni in prigionerifiutandosi di essere messo in libertà condizionalefino a che tutti i prigionieri palestinesi non sianoliberati. Egli è generalmente conosciuto come ilMandela del popolo palestinese.Gli attivisti per i diritti umani Selvan Chetty, ed il con-sigliere ANC Mr Sbu Danca, erano presenti all’eventostorico tra i pochi ben selezionati attivisti SudAfricani ed internazionali come Luisa Morgantini, giàVice Presidente del Parlamento Europeo e Presidentedi AssoPacePalestina. Ognuno di loro ha sottoscrittola dichiarazione originale davanti a Fadwa Bargouthied Ahmed Kathrada.

(Fonte:Alleanza per la Solidarietà alla Palestina– Sud Africa)

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Prigione di Hadarim, cella n 28

Caro Ahmad Kathrada e amici sudafricani,

Cari Eccellenze, Onorevoli ospiti,

La lotta del movimento anti-apartheid ha trasforma-to Robben Island da simbolo di oppressione a testi-monianza vivente del trionfo della libertà sullecatene, della luce sulle tenebre, della speranza sulladisperazione.

Questo luogo ci ricorda il peggio di cui il genereumano è capace. Ma anche il meglio.

La nostra causa è comune. La lotta per la libertà e ladignità. E i nostri nemici sono simili: l’oppressione, lanegazione dei diritti, la seg-regazione e l’apartheid. Senzadimenticare ciò che più ditutto permette di prolungarnel’esistenza: l’indifferenza o ilsemplice rifiuto di agire.Mentre gli altri parlano di val-ori universali, di diritti umanie del diritto internazionale,noi ne siamo l’incarnazione,grazie alla nostra lotta; ladifesa di questi principi passaattraverso i nostri grandi sac-rifici. Ma la volontà dei popolioppressi non può, e non sarà,sconfitta. La libertà deveprevalere in Palestina, com’èstato in Sud Africa. Nel corsodella storia i popoli di tutto ilmondo sono stati in grado diottenere la loro libertà che haprevalso contro oppressione,dominio coloniale, dittature,segregazione, razzismo eapartheid; così anche noisconfiggeremo quest’occu-pazione.

Oggi possiamo utilizzare unpoter enorme contro l’ingius-tizia. Non è il tradizionalepotere coercitivo (“hardpower”), e neanche il piùmoderno soft power, ma ilpotere che deriva dall’ispirazione. La Palestina è lapiù universale delle cause nazionali e trae dalla vos-tra lotta molte lezioni: innanzitutto che la libertà nonè negoziabile. La liberazione dei nostri prigionierideve essere senza condizioni. La libertà del nostropopolo è inevitabile.

L’oppressore non fa che fomentare tribalismo, divi-sioni politiche, etniche e religiose e questo al fine diprevalere. L’unità è la legge della vittoria per i popolioppressi; la vasta coalizione che siete stati in grado dicreare è la prova di come sconfiggere l’apartheid. Ileader delle diverse fazioni in campo, siano essi incarcere, nella Palestina occupata o in esilio, dovreb-bero completare e completarsi a vicenda, non com-petere tra loro, in modo da sostenere l’unità politicadel nostro popolo e riunificare la nostra terra, espri-mendo l’unità indissolubile della nostra gente.

Non si sconfigge il nemico, assomigliandogli.

Al contrario di fronte ad un tale sistema coloniale erazzista che diffonde la violenza, la segregazione,l’annessione e l’oppressione, abbiamo il dovere didifendere una visione pluralista, rispettosa del dirit-to internazionale e dei diritti umani, in grado diottenere libertà, pace e convivenza.

Si deve puntare in primo luogo sulle persone e la loromobilitazione. È stata la disobbedienza civile, la vos-tra resistenza sul campo che ha avuto il più impor-tante effetto di trasformazione verso la fine delregime dell’apartheid.

La comunità internazionale ha l’obbligo politico,morale e legale di agire in difesa della giustizia, disostenere e promuovere il diritto internazionale e idiritti umani. Questa responsabilità ricade sui gov-erni, sui rappresentanti eletti, sulle organizzazioni

per i diritti umani, i movimenti della società civile,dei sindacati e su ogni singolo cittadino. Il movimen-to internazionale BDS è stato determinante nel met-tere sufficiente pressione sul governo sudafricano efar si che cambiasse le sue politiche, e cominciasse acooperare con il movimento anti-apartheid per final-mente porre fine all’apartheid stesso e contribuirealla creazione di un Sudafrica democratico e non-razzista. De Klerck ha fatto delle scelte storiche, masicuramente alla radice delle sue decisioni c’è stata lapressione internazionale e la resistenza sul terreno.

Solo quando il governo dell’apartheid ha reso pub-blica la sua decisione di porre fine all’apartheid e l’hamessa in pratica, anche attraverso la liberazione diMandela e di tutti i prigionieri, solo allora sonoiniziate le trattative tra i vecchi nemici divenuti part-ner di pace.

Ha per caso il governo israeliano mostrato una chiara

volontà di mettere fine alla sua occupazione, agendodi conseguenza?

Ogni nuova unità di colonia costruita, ogni casademolita, ogni arresto e incursione ci fornisce unachiara risposta. È evidente che non vi sia nessun DeGaulle, e che un De Klerck non appaia ancora in vistain Israele. E l’impunità israeliana non fa altro cheposticipare l’arrivo della pace.

Ma la vostra lotta non deve semplicemente essere diinsegnamento per noi. Da essa dobbiamo attingereanche la profonda convinzione che ottenere la libertàe soddisfare la nostra legittima ispirazioneall’indipendenza e al ritorno è possibile. È questa l’u-nica strada da percorrere per raggiungere la pace e lasicurezza per tutti i popoli della regione.

Sappiamo che la vittoria ci aspetta, in quanto l’aspi-razione alla libertà nel nostro cuore è più forte dell’o-dio nei cuori dell’occupante e del potere coloniale. Iltrionfo della libertà e della dignità, della giustizia edell’indipendenza in Palestina, il ritorno dei nostriprofughi, il rilascio dei prigionieri palestinesi cisapranno dimostrare che la comunità internazionaleè in grado di difendere i valori universali e la legalitàinternazionale nel mondo.

Un giorno sarò in grado di visitare quel luogo, qualeuomo libero, cittadino di un paese libero, e con la lib-ertà quale mio orizzonte. Mi viene in mente ungrande uomo, che non solo ha visto che all’orizzonte,ma che l’ha plasmato insieme ai suoi compagni dilotta, anche da dentro il carcere; il grande NelsonMandela, il cuore del vostro potere d’ispirazione.

A mio nome e a nome dei 5000 prigionieripolitici palestinesi, e del popolo palestinesetutto, sia in patria che in esilio, permettetemi

di ringraziare tutti coloro che hanno resoquesto evento e il lancio di questa campagnapossibile; in particolare i membri del Comitatointernazionale di alto livello che hannoaccettato di utilizzare il loro peso politico emorale a sostegno di questa importantecausa.

Permettetemi qui di ricordare e onorare la memoriadi uno di questi membri, Stéphane Hessel, che èsempre stato in prima fila nella difesa dei dirittiumani in tutto il mondo, nonché Presidente Onorariodel Tribunale Russell sulla Palestina.

Un ringraziamento speciale spetta al signor Kathradae alla sua Fondazione. È un atto onorevole mobilitar-si contro l’ingiustizia quando si è una delle sue vit-time. È ancora più ammirevole farlo quando non si è

vittima di quell’ingiustizia, cheinvece ricade su altri. MrKathrada, è un privilegio averelei e tutto ciò che lei simboleg-gia, quale anima di questacampagna. Scrivo questeparole, dopo aver letto il suolibro e dopo aver vissuto, dadentro la mia cella, attraversole sue parole, la sua sofferenza,istante per istante. Ho seguitoattraverso le pagine del suolibro la lotta del Sud Africa perla libertà, come ho fattodurante la lettura del libro diMandela. Ho visualizzatoquesto luogo di oppressione,trasformato attraverso la vos-tra lotta in un faro, che cimostra la via da seguire. Non èun caso se la ConferenzaInternazionale “Libertà eDignità ” tenutasi in Palestinaha avuto luogo il 27 aprile. Hoscelto proprio quella data inmodo che coincidesse esatta-mente con il Giorno dellaLibertà del Sud Africa. Comeospite d’onore, il signorKathrada suggerì il lancio diquesta campagna, e insiemealla sua Fondazione ha lavora-to senza sosta durante gli ulti-

mi 6 mesi per trasformare questa potente idea inrealtà. Quello che sta accadendo qui oggi è un puntodi svolta nello sforzo internazionale a sostegno dellalibertà dei prigionieri palestinesi e del popolopalestinese tutto. Questa campagna avrà fine soloquando tutti i prigionieri politici palestinesi sarannoliberi, e sono fiducioso sulla possibilità di poter fes-teggiare un giorno insieme la libertà dei prigionieri ela libertà della Palestina.

Permettetemi infine di dire qualcosa a tuttivoi: quando vi verrà chiesto da che parte state,scegliete sempre la parte della libertà e delladignità contro l’oppressione, dei diritti umanicontro la negazione dei diritti, della pace edella convivenza contro l’occupazione e l’a-partheid. Solo così si può servire la causa dellapace e agire per il progresso dell’umanità”.

Marwan Barghouti

Messaggio del leader MarwanMessaggio del leader MarwanBarghouti in merito alla CampagnaBarghouti in merito alla Campagna

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A tre anni dalla morte del reporter Vittorio Arrigoniparla la madre, Egidia Beretta: ci ha aiutato ad esse-re più attivi per i diritti umani. La pace prima di tutto.Sono passati tre anni da quel tragico 13 aprile 2011,quando il reporter e attivista Vittorio Arrigoniè stato ucciso per mano di un sedicente grup-po afferente all'area jihadista salafita a Gaza.Oggi torna a parlare la madre, Egidia Beretta,che mantiene viva la memoria e l'impegno disuo figlio. Domenica 13 APRILE, alle ore15:30 a Bulciago (provincia di Lecco), Vittorioè stato ricordato con una manifestazione Perché questa iniziativa a tre anni dallamorte di suo figlio e quale messaggio voletelanciare per andare oltre la semplice comme-morazione?È il terzo anno che ci riuniamo per il ricordo diVittorio. Abbiamo visto che di anno in anno èdiventato come un incontro tra amici che nelsuo nome si incoraggiano vicendevolmente arestare umani. Ricordiamo Vittorio non tantoper la sua tragica morte, perché se ne parlapoco, come ne parlo poco io, ma quanto perrinfrancarci e per non vivere più in solitudine.

È una condivisione che sta diventando di anno inanno più grande e più convinta.Come mai la memoria di Vittorio continua ad esserecosì viva? È solo merito vostro o quello che è succes-

so ha messo in moto qualcosa che davvero è destina-to a durare?È tutto merito di Vittorio, non nostro, perché la suavita e il suo sacrificio aiutano altre persone a diven-

tare più consapevoli e più attivi per i diritti umani. Ilfatto che Vittorio sia così continuamente ricordato intutta Italia è un segno che non era solo una scintillao una fiamma che brucia e si consuma sul momento.

È entrato nei cuori di tantissime persone. Il 13aprile non ricordiamo solo la sua morte, ma èanche e soprattutto un tributo alla vita diVittorio.A distanza di tempo dall'omicidio lei vorrebbeda Hamas qualche risposta in più? E magariqualche segnale anche da parte delle autoritàitaliane che all'epoca furono abbastanza freddedavanti alla tragica morte di suo figlio?Non ci interessa molto tornare a rivangare. Ciòche è successo, è successo. Il perché veroVittorio sia stato ucciso è abbastanza insolito,ma non vogliamo rivangare nulla. Per quel cheriguarda le istituzioni italiane non penso cheabbiano alcuna intenzione di dire o fare qual-cosa di diverso da quello che hanno o nonhanno fatto. In ogni caso non ci aspettiamoniente.

Eleonora Ferroni

Cari amici,Marwan ha passato 18 anni della sua vita, compresigli ultimi 11, in prigioni israeliane. Sono stati annidifficili per me, come moglie e come madre. Ma hodeciso di non aspettare il rilascio di mio marito, e,invece perorarlo attivamente. E di usare il suo caso, lasua notorietà, per servire la causa dei prigionieripalestinesi. Dico spesso che lavoro in questa campa-gna motivata dai miei sentimenti come una moglieche vuole indietro suo marito e dalla convinzione delcittadino che è in me. Cittadino che ha bisogno divedere Marwan e i nostri prigionieri liberati. La lorolibertà è la condizione della nostra.Durante questi anni ci sono stati momenti di dispera-zione, non voglio nasconderlo, di dubbio e dolore.Ma con il supporto di chi nel mondo ama la libertà, diamici, che erano sempre presenti e impegnati adifendere la giustizia in Palestina, ho sempre trovatodi nuovo la strada della speranza. Non c’è miglioreesempio di questo supporto di quello della nostra

cara amica Luisa, che era qui fin dal primo giorno, eda allora sempre, e che era la sola ospite internazio-nale presente in Sud Africa e a Robben Island comeparte integrante della nostra delegazione. E’ daRobben Island, dalla cella di uno dei più grandi sim-boli di libertà del nostro tempo, Nelson Mandela, chequesta campagna internazionale è stata lanciata dal-l’icona dell’anti-apartheid Ahmed Kathrada, che lan-ciò la Campagna per il rilascio di Nelson Mandela 51anni fa, prima di spendere lui stesso 26 anni in pri-gioni. apartheid.Perché scegliere Marwan come simbolo di questaCampagna per la liberazione dei prigionieri palesti-nesi? Leaders di tutte le fazioni politiche, in una let-tera comune per l’undicesimo anniversario del suoarresto hanno detto di lui che «è il più prominente enoto prigioniero politico palestinese nelle prigioniisraeliane… un forte assertore della libertà e delladignità del suo popolo, di riconciliazione e democra-zia, di pace basata sulla legge internazionale».

Marwan è stato il primo deputatoa essere arrestato. A quel tempoio giravo il mondo dicendo che inassenza di una forte reazioneinternazionale non sarebbe statol’ultimo deputato a essere dete-nuto. A un certo punto, più di unterzo del nostro Parlamento, circa50 deputati, erano in carceri israe-liane. Oggi, 16 deputati sonoancora imprigionati, compresiuna dozzina in detenzione ammi-nistrativa.Marwan ha boicottato il tribunaleisraeliano, che è un strumento dioccupazione non di giustizia.Israele voleva perseguire il popolopalestinese e la sua lotta, e crimi-nalizzarlo. Così ha condannatoMarwan a 5 ergastoli e, nel casofosse sopravvissuto, a 40 anni.Chiedendo il rilascio di Marwanstate contribuendo a denunciarequesto vergognoso sistema cheviola i diritti di tutti i nostri prigio-

nieri. 750 000 Palestinesi sono stati dentroe fuori le carceri israeliane dal 1967. 5000rimangono imprigionati ad oggi. QuestaCampagna finirà soltanto con il rilascio diciascuno di loro, compreso il leader AhmadSaadate, Segretario Generale del FrontePopolare per la liberazione della Palestina,e il grande militante Karim Younes, il prigio-niero che da più tempo è nelle prigioniisraeliane, dove ha passato fino ad oggi 32anni della sua vita.Permettetemi di cogliere questa opportunità per sot-tolineare l’importanza del lavoro fatto dal TribunaleRussell sulla Palestina, poiché l’impunità Israeliana èla ragione per cui questa è la più grande occupazionenella storia moderna. E non posso che onorare qui lamemoria di un uomo che ha incarnato la richiesta deidiritti umani, Stéphane Hessel. Siamo orgogliosi chesia lui che sua moglie hanno aderito a far partedell’International High Level Committee per la libe-razione di Marwan e di tutti i prigionieri. Caro PierreGaland, il lavoro eccezionale fatto dal Tribunale lorende uno strumento importante per entrambe, laresponsabilità e la pace basate sulla legge interna-zionale, e sappiamo che possiamo contare sul tuosupporto personale e il supporto del Tribunale perquesta importante Campagna.Infine voglio salutare i due Ambasciatori dellaPalestina che hanno unito diplomazia e militanza eche sono imponenti rappresentanti della Palestina edelle donne Palestinesi. Mai è una cara e intimaamica che conosce Marwan dagli anni a Birzeit. Leilalo conosceva bene quando eraPresidente del gruppo di amiciziaPalestina-Francia nel ConsiglioLegislativo Palestinese quando leiera Ambasciatrice in Francia e gio-cava un ruolo fondamentale nelfare della Francia il cuore del nostroimpegno internazionale, e poi nelmobilitare il Parlamento Europeoper il rilascio di Marwan e di tutti ideputati, così come per i diritti deiprigionieri. Grazie ad entrambe dicondurre la battaglia per la libera-

zione e la dignità del nostro popolo su uno dei frontipiù importanti, quello internazionale. Così come il rilascio di Mandela e dei prigionieri anti-apartheid ha aperto la strada alla libertà, pace ericonciliazione in Sud Africa, il rilascio di Marwan e ditutti i prigionieri palestinesi sarà fondamentale nelraggiungere questi scopi, e il documento dei prigio-nieri è una prova innegabile di questo. Occupazione e oppressione saranno sconfitte, e lalibertà, il ritorno e l’indipendenza prevarranno.La libertà è la precondizione della pace, e servendo lacausa della libertà, servite la causa della pace.E oggi, quello che state facendo qui in Italia ci portaun passo più vicino alla realizzazione di questi nobiliobiettivi.Grazie cara Luisa per l’incredibile lavoro che staifacendo, grazie cari amici, io sono convinta che unMarwan libero un giorno vi accoglierà tutti in unalibera Palestina.

Fadwa Barghouthi(Traduzione a cura di AssopacePalestina)

Vik, la forza di restare umani

Messaggio di Fadwa Barghouthi

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Contro l’OLT OffShore* per il diritto all’abitazione gratuita

PAGINA 11 CASA

Mercoledi 16 aprile 2014, in Via dei Pilastri 30, si èpresentata la forza pubblica per sfrattare una fami-glia dalla propria casa, in cui vive da 35 anni.Vogliamo raccontare questa storia, non per vittimi-smo o protagonismo, ma perché le logiche e le pras-si sociali neo-liberiste e neo-liberali ci vogliono farcredere di essere individui e famiglie isolati e soli,ognuno con la propria storia di fallimenti e successi,carica di responsabilità e colpe individuali.Noi la pensiamo diversamente e crediamo nell'im-portanza di condividere quello che ci è successo, sicu-ri di non essere gli unici a cui banche e legalità capi-talista hanno tolto, se non tutto, qualcosa di impre-scindibile come la casa e di conseguenza il quartiere,con la rete sociale e relazioni umane ad esso legate.Questa è la storia di una bottega artigiana come cen'erano tante a Firenze. Per gli alti costi dei materialie come è in uso nelle piccole imprese individualisenza capitale iniziale, la bottega lavorava attraversoscoperti di conto corrente per acquistare le materieprime, restituendo poi il dovuto dopo la vendita delprodotto lavorato e finito con i dovuti interessi (nonproprio spiccioli). Alla fine degli anni '80 iniziano unpò di difficoltà nella restituzione degli interessi sugliscoperti e l'artigiano, consigliato dalle banche di cuiera cliente solvente da anni, contrae un mutuo perestinguere il mutuo residuo sulla casa e coprire partedegli scoperti di conto.Sempre consigliato dai funzionari bancari, chedovrebbero svolgere il ruolo di consulenti economici,contrae un “vantaggiosissimo” mutuo in ECU

(European Currency Unit), la moneta virtuale comu-ne della Comunità Europea. Il suddetto mutuo preve-deva come garanzie casa e bottega (cioè TUTTO), untasso d'interesse che oscillava tra il 18 e il 24%, sog-getto alla pratica dell'anatocismo. Per chi non fossefamiliare col termine l'anatocismo, o tasso d'interes-se composto, prevede la ricapitalizzazione degli inte-ressi ogni 3 mesi anche su rate regolarmente pagate,che vanno così a far parte del capitale iniziale pergenerare essi stessi interessi. In parole povere inte-ressi sugli interessi.Tra il 1988 e il 1992, nonostante il catastrofico tassod'interesse, le rate vengono regolarmente pagate.Come molti sapranno, a seguito di un attacco specu-lativo sui mercati finanziari nel 1992 Italia e GranBretagna sono costrette ad abbandonare il SistemaMonetario Europeo di cambi fissi e la lira vienepesantemente svalutata; il debito denominato inECU semplicemente lievita. Dopo altri 4 anni di sfor-zi e dopo aver restituito più soldi di quanti ne avessepresi in prestito, nel 1996 l'artigiano si vede arrivarei decreti ingiuntivi. Naturalmente alla vicenda non èapplicabile retroattivamente la Legge anti-usura(108/96) approvata quello stesso anno, e l'indaginedella magistratura per usura bancaria si conclude conun nulla di fatto. Nel 2000 ha inizio il procedimentoesecutivo e vengono messe all'asta le proprietà del-l'artigiano e della sua famiglia. Per fortuna la botte-ga non suscita molto interesse e nessuno se la com-pra, ma la casa attira l'attenzione di speculatori varie se l'accaparra, per meno della metà del suo valore

di mercato, la societàSIRAH s.r.l., di proprietàdi Mario Razzanelli,attuale consigliere comu-nale in quota Lega Nord eattualmente in campa-gna elettorale a sostegnodel candidato di ForzaItalia. Per possibili irrego-larità nell'asta, incerteinterpretazioni giurispru-denziali e svariate batta-glie legali il decreto ditrasferimento della proprietà della casa non arrivafino al 2012. (Così chi pensava di aver fatto un gran-de affare sulle disgrazie altrui almeno stavolta nonha avuto vita facile).Ed è questa, in sintesi, la storia di come un artigiano,un lavoratore senza conoscenze finanziarie la cuicolpa è stata quella di essersi fidato troppo dei fun-zionari delle banche e della retorica dell'indebita-mento, dopo aver ingrassato le banche (Cassa diRisparmio di Firenze, Monte dei Paschi di Siena eBanca Toscana) per quasi vent'anni pagando regolar-mente i loro assurdi tassi d'interesse oggi considera-ti illegali, si ritrova con la Forza Pubblica (che difendeinteressi privati) alla porta.Oltretutto i tempi di assegnazione della casa popola-re sono imprevedibili, come è incerto dove questafamiglia andrà ad abitare e con regole burocraticheche consiglierebbero di lasciare la casa e aspettare in

silenzio, non si sa dove, che il Comune si occupi, nonsi sa quando, di assegnare una casa che per legge tispetta.Come già detto raccontiamo questa storia, oltre cheper la solidarietà e la partecipazione alla giornata diresistenza del 16 aprile, perché non crediamo diessere gli unici in una situazione di questo tipo epensiamo sia il momento di reagire e pretendere ilrispetto della dignità dei lavoratori che questa lega-lità e burocrazia del capitale calpesta ogni giorno.Per questo ci siamo opposti allo sfratto finché nonsarà assegnata una casa a questa famiglia derubatadel frutto del proprio lavoro dalle banche e dalla spe-culazione immobiliare.Ringraziamo e sosteniamo il Movimento di Lotta perla Casa per essere sul territorio sempre al fianco deipiù deboli.

PCL-Firenze

Mentre gli individui stentano asopravvivere, schiacciati dalla logicadel merito e del profitto che li costrin-ge a prestare la propria opera per uncompenso irrisorio o rischiano addi-rittura l'indigenza poiché disoccupati,le amministrazioni comunali non sonoin grado di garantire diritti chedovrebbero essere inviolabili e gratui-ti, come adesempio l'abi-tazione, anzi,pretendendo lar i s c o s s i o n epuntuale delletariffe per lucegas ed acqua,trasformano inmorosi e poi insenza tettomigliaia dilavoratori elavoratrici sfruttati e sottopagati.Tutto ciò assume i netti caratteri di undisegno criminale qualora i comuniriversino sulle citate tariffe i costidovuti a opere devastanti, inutili e rea-lizzate in aperta violazione dellavolontà dei cittadini.Questo è il caso del rigassificatore diLivorno. Si tratta di un eco-mostrostrutturalmente non sicuro; un operache inquinerà ulteriormente l'areamarina chiamata eufemisticamente

"santuario dei cetacei", ma nel quale,causa della contaminazione dovutaalle industrie pesanti (acciaieriaLucchini, industria chimica Solvay, raf-fineria Stanic) ed all'abbandono dibidoni contenenti rifiuti tossici suifondali, i cetacei muoiono a decine. Ilrigassificatore è inoltre stato costruitosenza mai consultare gli abitanti di

Livorno con un referendum, anzi,ignorando le loro giuste proteste. Ebbene,le parole del presidentedell’Autorità per l’energia e il gasGuido Bortoni, confermano che ilrigassificatore quasi sicuramente saràdefinito opera strategica e se ciò acca-drà “certamente” genererà oneri inbolletta. Ciò in altri termini significache tutti e tutte, a partire da coloro iquali sopravvivono con enormi fatichepoco al di sopra della soglia di povertà

dovranno pagare il costo di questoimmondo rigassificatore, aggiungiamoche lo faranno versando tariffe più alteper servizi (acqua, luce, gas) chedovrebbero esseri gratuiti ed inclusinel diritto di ogni essere umano di abi-tare una casa.Dobbiamo dunque ritenere che conscelte di questo tipo, lo stato dia unincentivo all'abbassamento delle con-dizioni di vita dei più poveri. Tutto ciòci appare chiaramente criminale poi-ché lesivo dell'diritto all'esistenza dimilioni di esseri umani.Sperando quindi di rendere impossibi-le la riscossione dei tributi mensili(bollette), nella convinzione che ciòvada innanzitutto nello interesse deipoveri/e e deglis f r u t t a t i / e ,Anonymuos, con-trariamente aquanto annuncia-to in precedenza,ha cancellato l'in-tero database delrecupero crediti el'archivio storicodelle dei paga-menti delle bollet-te di acqua e gasnell'area diLivorno. Ci uniamo alla

protesta dei comitati che occupano gliimmobili sfitti e a tutti coloro i qualilottano contro i rigassificatori.Sperando quindi di rendere impossibi-le la riscossione dei tributi mensili(bollette), nella convinzione che ciòvada innanzitutto nell’interesse deipoveri/e e degli sfruttati/e,Anonymuos, contrariamente a quantoannunciato in precedenza, ha cancella-to l'intero database del recupero cre-diti e l'archivio storico delle dei paga-menti delle bollette.

*titolare delle autorizzazioni necessa-

rie alla costruzione e all’esercizio del-

l’impianto di rigassificazione Fonte:

Anonimus Italia

AGLI ZOPPI ... GRUCCIATE!!È come risvegliarsi da un brutto sogno, purtroppo non è un sogno mal'amara realtà che circonda la Firenze di oggi.Il mese di maggio vede la bellezza di 130 esecuzioni FORZATE di sfrat-to. Un numero impressionante, una realtà che scatena la sua violenzasui ceti PRECARI dell'attuale società; dal numero di sfratti in esecu-zione si evince quanto segue:*Che non è stato concesso neanche un giorno di TREGUA PER LE ELE-ZIONI, abitudine ordinaria sempre esistita...*Che il ricorso delle Associazioni delle grandi e Piccole Proprietàimmobiliari per qualche fortunato in attesa di casa popolare è statoaccolto dal sempre più pericoloso Tribunale di Firenze, e quindi anchei pochi fortunati in attesa di edilizia pubblica devono aspettare fuoricasa...*Che il Comune di Firenze e le politiche governative in materia di edi-lizia sociale dovrebbero dichiarare il completo FALLIMENTO in materiadi protezione degli abitanti colpiti dalla crisi con tanto di cartelliappesi ai vari Uffici Casa e Servizi Sociali sempre più inutili...Intanto il quadro nazionale vede la prosecuzione della guerra controil movimento per il diritto all'abitare con continui sgomberi di stabilioccupati e l'avvio dell'applicazione dell'art. 5, per esempio a Firenzegli uffici non accettano più le RESIDENZE negli stabili occupati.Un labirinto dal quale si esce unicamente raddoppiando lo sforzo dilotta e solidarietà tra eguali, di riappropriazione del DIRITTO A VIVE-RE, esercitando RABBIA E ORGANIZZAZIONE contro i troppi nemici checi circondano.

SABATO 17 MAGGIO ORE 15,30 CONTRO LE POLITICHE DI MASSACROSOCIALE E PER IL DIRITTO ALLA CASA ...TUTTE E TUTTI IN PIAZZA SAN MARCO

IL MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA

BASTA CON LE PERSONE SENZA CASA

E LE CASE SENZA PERSONE

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LAVORO PAGINA 12

Questa mattina nel corridoio dellasezione, prima di scendere all’aria, hovisto dalla finestra dei detenuti chegiocavano nel campo da calcio, che sisgranchivano le gambe accarezzati daun bel venticello. Porca vacca quantoavrei voluto stare in mezzo a loro.Dalla cella li sento ancora esultare adogni goal e mi godrei almeno la parti-ta dagli spalti se non avessi questocavolo di plexiglass opaco davanti allafinestra… so che questo è uno dei par-ticolari che ha fatto più scalpore diquesta Alta Sicurezza.

Anche se con tutti gli altri detenutinon ci possiamo incontrare, se moltiabbassano la testa quando per sbaglioli incrociamo mentre siamo direttialla sala avvocati, se ci vedono comedegli alieni e le uniche cose che sannodi noi gliele dicono le guardie o leinfamità dei giornali, so che moltidi loro condividono quello stessoformicolio alle gambe che ciprende appena alzati e si quietasolo con la sera.

Qui dentro vivo una doppia ten-sione: da un lato la calma, lo spi-rito disteso con cui affrontare legiornate e attutire le eventualibrutte notizie che mi strizzanosempre più (una lettera censura-ta, delle domandine completa-mente ignorate, ecc…), dall’altromi sento scalpitare, penso se siapossibile prendersi degli spicchidi spazio in più per decongestio-narsi o semplicemente per viverepiù umanamente.

Un mio amico rinchiuso ad Ivreauna volta mi ha scritto “alla finesono tutti carceri, non c’è unomeglio dell’altro” e, ripensandoalla mia permanenza alleVallette, non ha tutti i torti. Questacosa in un certo senso mi rinvigorisceperché anche se io sono in un regimeseparato, vuol dire che alla baseabbiamo gli stessi bisogni. Ad esem-pio, qui la socialità si fa in corridoiosotto le telecamere con le celle chiuse,ma sarebbe molto importante man-giare assieme, tra le cazzate di uno ele risa dell’altro; in un’altra sezionevorranno le celle aperte tutto il gior-no, qualcuno il sopravvitto menocaro, qualcun altro vorrà usare di piùla palestra (se ce n’è una) e qualcunovorrà semplicemente tutto … ecco cheritorna costantemente quel formico-lio.

Una volta gli scienziati della politica citenevano a dire che i detenuti eranotutti uguali e trattati come tali, adessodicono che ognuno è diverso dall’al-tro e che può essere migliore e usu-fruire di vari benefici. In questa sca-letta a chiocciola dove ogni detenutosi avvita sulle ginocchia nel tentativo

di raggiungere l’ultimo gradino, iopenso che gli estremi si tocchino: daun lato quelli in regime speciale, conpiù restrizioni e molti occhi addosso,dall’altro i più comuni tra i comuni,quelli buttati nei giudiziari stracolmidi gente che non se li caga nessuno.

Per noi è la legge stessa a dire che nonpossiamo godere di alcun permesso oprivilegio, qualsiasi cambiamentodella condizione di vita qua dentrosarebbe troppo “pericoloso”. Per glialtri è la macina della galera, inces-sante e monotona, che semplicemen-te guarda le infinite richieste e passaavanti. Molti di loro vengono da con-testi di strada e non hanno un soste-gno fuori, altri sono addirittura unagrossa spesa per le proprie famigliegià in difficoltà.

Anche i Tribunali in realtà non fannouna gran differenza. Certo, su di noispendono tante parole e un mucchiodi udienze perché il reato fa audiencecon quella parolina magica appioppa-ta sopra: “terrorismo”. Ma cosa dire ditutti quelli che si possono permetteresolo un avvocato d’ufficio, che a voltemanco si presenta alla convalidaoppure suggerisce solo di patteggiare,causando così delle condanne pesan-tissime?

Entrambi veniamo usati per dare l’e-sempio in modo tale che si diffonda atutti i livelli e mantenga quel grado disoggezione costante verso la diffusio-ne della ribellione e di una illegalitàsempre più legata alla sopravvivenzaquotidiana. “Venire usato”, forse èquesta la sensazione più forte cherespiri quando entri nel circolo dellagiustizia, dalla questura (anzi dallavolante che ti porta via in manette),alla cella.

Anche quando parlano di “svuotare lecarceri” per i politici è tutta una que-stione di calcoli e giochetti economici,per cui il punto non è solo chi far usci-re e chi tenere, ma anche chi farentrare di nuovo. Ad esempio: hannoabolito la Fini-Giovanardi sulle dro-ghe, per cui è come dire che oltre a faruscire detenuti dovrebbero guardarecon un altro occhio il reato di spaccio,tuttavia è fresca la notizia di due maxiretate come non si vedevano da unpo’ in un quartiere di Torino per arre-stare piccoli spacciatori e clandestini.San Salvario era una zona popolare eadesso vogliono metterla a nuovo permetterci della gente che sia in gradodi sostenere una vita medio alta, cosìda arricchire i proprietari di case,supermercati, ecc.. a discapito deivecchi abitanti impoveriti e allonta-

nati. Io non dico che lo spaccio siabuono o cattivo, non mi interessa, madi sicuro quei ragazzi sono l’ultimaruota del carro, lavorano in strada,non si possono permettere un affittooppure, come un mio amico anche luiarrestato in grande stile, sonocostretti a lavorare, a scaricare ban-cali 8/10 ore al giorno per 20/30euro, e nemmeno tutti i giorni. Neisuoi occhi e in quelli di molti ragazzicome lui che ho rivisto anche in gale-ra, è come se si leggesse una semplicedomanda “aspettare… cosa?! … per-ché?!”. Allora si arrabbiano e agisconocon vigore ma impulsivamente, spes-so vengono puniti o messi in isola-mento e imparano sulla loro pellel’urgenza di trovare un po’ di compli-ci, di comunicare, di unirsi.

Va detto che noi, arrestati per la lottaNO TAV, siamo un po’ viziati dalsostegno, dall’affetto e dalla solidarie-tà, non solo degli amici più vicini, madi una marea di persone diverse e

variegate che grida per la nostralibertà, rispedisce al mittente questarepressione continuando a crearesvariati problemi.

Dirò, però, che la cosa più forte è que-sto sentimento di venire coinvolti: ingalera tutto si gioca sulla ripetizione,sulla percezione che nulla possa esse-re diverso, come fuori dal tempo edallo spazio, ma questa, per quantomaledettamente efficace, è un’illusio-ne. Quelle persone là fuori mi aiutanoa spezzare l’incantesimo perché miraccontano di come cambia il loromondo, soprattutto di come sono lorostessi a modificarlo. Le cose vannoavanti e non per questo devo starcimale, meglio gioire e soffrire assiemeche cercare di rimanere in una bolla esperare che tutto passi nel modo più

indolore. La galera ti segna, tisolca come uno scalpello sottilee imperterrito, soprattuttoquando non te ne accorgi e pensidi stare in pace perché hai presole distanze da tutto e da tutti.

Sta tornando l’idea e la sensazio-ne, parlando con molti, che lamiseria qua dentro, privati ditutto, non sia così diversa daquella fuori; ma c’è chi ragiona,giorno per giorno e con tutti irischi che corre, su come poterusare al meglio il tempo liberoche gli rimane tra le mani –anche perché ha perso il lavoro enon entra più in un negozio, nonva più al cinema, a stento siritrova al bar per permettersi uncaffè – per cercare altri come luie non dipendere più dalle regoledel gioco. Io penso a tutti loro emi dico: “Dovrò pur fare la miaparte, fosse anche solo un modoper resistere e uscirne a testa

alta, davanti ai “fratelli” di oggi e didomani”.

Niccolò, Casa Circondariale di

Alessandria, 2 aprile 2014 –

Redazione Contropiano

Lettera di Niccolò dal carcere

Il vento e la follia

non possono essere amici.

Camminano per mano

hanno solo la possibilità

di amarsi.

Al pari delle emozioni

mantengono sospeso

il tempo sulla vita.

Non si può essere amici

della tempesta

Si può solo temere

restandone affascinati

Vittorio Porfitodal libro “Storie di vento e di follia”

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PAGINA 13 VOCI

pranzinsieme

Pillole Di Parole nasce dalla volontà di due ragazzi.

Vittoria e Filippo, i due si sono conosciuti al Liceo a

causa di una comune caratteristica: la dislessia.

Nonostante l'antipatia iniziale i due hanno stretto amici-

zia e si sono attrezzati ed hanno fondato l'associazione

di cui ora Vittoria ne è presidente.

L'associazione Pillole Di Parole, P.D.P. in sigla, è gestita

interamente da ragazzi con la collaborazione di qualche

genitore e professore. P.D.P. è diventa-

to anche un luogo

dove stringere

amicizia, non solo

tra ragazzi ma

anche tra ragazzi e

professori in incogni-

to, dove i più grandi

insegnano ai più piccoli

come affrontare le diffi-

coltà scolastiche, ma

anche i più piccoli talvolta

si schierano a favore dei

più grandi.

"Io non capisco perché l'ha

lasciata è così bella e intelli-

gente" racconta la piccola

Elena (9 anni) in difesa della

sua amica più grande di ben

10 anni alla mamma Lucia.

I ragazzi, vanno nelle scuole a

fare informazione, organizzano

gruppi d'autoaiuto e convegni.

Ed è proprio dall'organizzazione

del primo convegno nazionale sulla

dislessia che Vittoria e Filippo hanno deciso di fondare

Pillole Di Parole ed in contemporanea hanno scritto il

libro Devo Solo Attrezzarmi edito Libri Liberi.

Anche quest'anno presso l'Obi Hall di Firenze, il 25

Marzo 2014, si è tenuto il convegno "Ho una caratteri-

stica in più". L' evento, rigorosamente organizzato dai

ragazzi, era aperto a tutti gli interes-

sati, studenti, professori, genitori o

specialisti e sarà assolutamente gra-

tuito. I ragazzi hanno deciso di dare

un impostazione adatta a tutte le

età. La mattina, infatti, in contem-

poranea agli interventi del Dott.

Ciambrone (Dirigente MIUR) e

della professoressa Lopez, si

terranno dei Workshop per i più

piccoli. Nella tarda mattinata,

invece, tutti gli interessati

hanno seguito le testimonian-

ze dei diretti interessati. Il

convegno è continuato

anche nel pomeriggio con

lo spettacolo dei ragazzi di

Pillole Di Parole, e altri

workshop adatti ai più

grandi.

Per informazioni con-

tattare info@pilloledi-

parole.it

V i t tor ia Hayun

LETTERA APERTA A TUTTI I VOLONTARI E

A TUTTI GLI AMICI SPARSI NEL PIANETA

Il SINDACO di VERONAha fatto scuola!

Sono appena rientrato da Verona, dove ho visto attuata la ordinanza delSindaco leghista, che prevede una multa fino a 500 euro alla Ronda dellaCarità e della Solidarietà scaligera - l'unica che compie un servizio in stradala notte ,7 sere su sette - se oseranno portare cibo, coperte e speranza aisempre più numerosi poveri che la notte si "accucciano" nel quadrilateromonumentale e dunque turistico di Verona.Dicevo che Tosi ha "FATTO SCUOLA." E' di oggi la notizia che l'assessore allasicurezza di Bergamo, anch'egli leghista, ha ordinato la sistemazione delle"PANCHINE ANTI CLOCHARD ", sistemando un bracciolo in ferro nel mezzo,come Tosi decise di fare a Verona nel lontano 2007 per impedire a tutti disdraiarsi.Oggi a Roma è stato canonizzato il bergamasco Papa Roncalli , detto il"PAPA BUONO" e a Bergamo, la giunta comunale delibera di sistemare ledisumane panchine per dissuadere i senza tetto.Storia triste e disumana di tali politici privi, di "attenzione" e di sensibilitàverso chi ha più diritto e bisogno.Saluto il Sindaco Tosi e l'assessore alla sicurezza d Bergamo, ricordando loroun poetico ed umanissimo passaggio di un indimenticabile film di ErmannoOlmi, girato nella Bassa Bergamasca, dal titolo "L'Albero degli Zoccoli"Nell'omelia per il matrimonio di una coppia di contadini, il prete dichiaraloro:" Ragazzi, ricordatevi sempre che IL PARADISO COMINCIA QUI SULLATERRA, SE CI VOGLIAMO BENE........"ESORTO IL Sindaco Tosi e l'assessore Bergamasco A FARNE TESORO di taleinconfutabile affermazione.........

PAOLO COCCHERI FONDATORE DELLE RONDE DELLA CARITA' E DELLA SOLIDARIETA', PRESENTI

DA MERANO FINO A RAGUSA, MA ANCHE IN EUROPA ED IN AFRICA.

AL VIA UN NUOVO SERVIZIO A

SOSTEGNO DEL DISAGIO ECO-

NOMICO

Nasce da un accordo tra Comune diSesto Fiorentino, Società della Salute,Auser e Centro d’ascolto.L’inaugurazione si terrà saba-to 5 aprile alle 12 al CircoloAuser Nuova ZambraUn pasto a un costo più chesostenibile per aiutare le per-sone in condizioni di disagioeconomico: è il nuovo servizio“Pranzinsieme” che sarà inau-gurato sabato 5 aprile nei loca-li del Circolo Auser NuovaZambra di via Pasolini. Le per-sone in condizioni di necessitàeconomica e sociale indirizza-te dagli assistenti sociali e dalCentro d’Ascolto potrannod’ora in avanti consumare unpranzo completo al costo mas-simo di due euro, dal lunedì alvenerdì. Il servizio - finanziatocon risorse del bilancio comu-nale - nasce da un accordo tra ilComune, la Società della Salute ZonaFiorentina Nord Ovest, l’Auser e ilCentro d’Ascolto. I volontari dell’as-

sociazione cureranno lo sporziona-mento e tutte le fasi di somministra-zione dei pasti, che saranno prodottida Qualità&Servizi, la società pubbli-ca che ha in carico la ristorazione sco-lastica e quella delle strutture socio-assistenziali per anziani nel Comune

di Sesto Fiorentino. Al costo massimodi due euro sarà fornito un pastocompleto composto da un primo, unsecondo, un contorno e frutta, offren-

do anche la possibilità di scelta tradiverse pietanze. È previsto inoltreun menu per chi ha necessità di man-giare in bianco e alternative dettateda motivi religiosi. I locali dell’Auserpotranno accogliere al massimo tren-ta persone per ciascun pranzo ed è

dunque necessario prenotarsi entrole 10 del giorno precedente al nume-ro 3402248641 (Angiolo) oppure3488358065 (Roberto).

“Anche questo servizio è possibile gra-

zie alle forti sinergie create tra le isti-

tuzioni e il volontariato del territorio -

ha spiegato l’assessore ai servizi socia-

li Caterina Conti - e si aggiunge agli

altri interventi di sostegno alle fami-

glie in condizioni di disagio economico

che sono stati avviati recen-

temente, come la fornitura

dei pasti a domicilio, la

spesa accompagnata e la

spesa domiciliare, il ritiro

dei medicinali presso le far-

macie, la compagnia per

passeggiate nei rioni adia-

centi alle abitazioni, la tele-

compagnia, l’accompagna-

mento presso i cimiteri”.

Oltre all’assessore Conti,interverranno all’inaugura-zione di sabato 5 aprile(ore 12, via Pasolini 101) ilsindaco Gianni Gianassi, ilpresidente dell’AuserNuova Zambra Angiolo Serie Giacomo Svicher delCentro d’ascolto.

Comune di Sesto Fiorentino

Pillole di Parole

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VOCI PAGINA 14

Alla sua nascita Mary aveva ricevuto in regalodalla nonna uno scrigno molto bello, ricopertoda una stoffa trapuntata che aveva il colore del-l'azzurro del cielo.La nonna diceva a Mary che questo scrigno lopoteva aprire solo quando avrebbe compiutododici anni.Mary lo teneva sempre sopra il comodino dellasua camera e non vedeva l'ora di poterlo aprire.Gli anni passarono e il giorno del suo dodicesimocompleanno, finalmente, Mary si avvicinò alloscrigno e con il fiato sospeso dall'emo-zione e dalla curiosità lo aprì. Subito restò a bocca aperta e, abba-gliata dalla luce che ne usciva, indie-treggiò. Dentro cerano dodici meravi-gliosi cristalli colorati, e ciascunoaveva inciso il proprio nome. C'era il cristallo bianco con scritto vici-no "Semplicità", il giallo chiamato"Sorrisi", l'arancione "Gioia", il rosso"Amore", il rosa Serenità", i due verdi"Armonia e Speranza", l'azzurro"Orizzonti", il blu "Pace" il marrone "Calore", ilnero "Lacrime", il viola "Trasformazione". Mary non aveva mai visto niente di simile etoccò con le sue manine quei cristalli che tantol'affascinavano! Ognuno emanava un calore diverso, nessuno erafreddo, tutti avevano una luminosità diversa. Lirigirò a lungo tra le dita e li depose nello scrigno.

Per giorni pensò a quel dono come qualcosa diunico e spesso la colpivano le parole scritte vici-no ad ogni cristallo, e al loro significato. Passò il tempo e Mary ogni tanto apriva il mera-viglioso scrigno ed estasiata osservava la luceche si sprigionava da dentro, quando si accorseche alcuni cominciavano ad avere meno intensi-tà di luce e colore.Per questo era un pò preoccupata ed osservandoattentamente i cristalli, notò che ogni sera quel-li legati alle emozioni da lei giornalmente vissu-

te si spegnevano o si accendevano. La combinazione dei colori a volte era sorpren-dente: per esempio notò che con il giallo"Sorrisi" e il rosso "Amore", il colore nero"Lacrime" vibrava di una luce diversa, menofredda, ma più viva.Alla fine, per lei i cristalli con i propri coloridiventarono come un resoconto di vita, di espe-

rienze.Il cristallo nero era quello che toccava meno ditutti, proprio perché a nessuno piace piangere, ecercava intensamente di vivere gli altri coloripensando perciò di vedere sempre brillare i cri-stalli.Passò ancora del tempo finché preoccupata sirese conto che i colori brillavano meno, il neroormai era opaco ed il rosso si spegneva.Mary non capiva, viveva tutte le cose più bellepossibili e una sera, disperata, con lo scrigno

aperto in mano pianse e vide chementre le lacrime bagnavano icristalli, il nero compreso, tuttiritornavano a brillare.Mary capì che tutti i colori eranonecessari per la sua esistenza: inquello stesso momento lo scri-gno, sollevandosi, si trasformò inuna nuvola ed i cristalli in nume-rosi coriandoli colorati che si dis-persero nel cielo."Grazie nonna", disse Mary e

pianse lacrime di gioia.

Loretta TroniGentilissimi lettori, chi desidera ricevere a casasua il libro di fiabe di Loretta Troni, sorella diAntonio Raumer, lo comunichi alla sua mail: [email protected]

Oh Uomo l'eterna suprema vita ti appartiene

Tu mi guardi e leggo nei tuoi occhi,un disperato bisogno di protezione, di amore.La mia mente, ha registrato il tuo stato d'animo,il mio pensiero è rivolto a Colui che può aiutarti

A volte nel tuo specchio addolorato mi ci vedo,non mi preoccupa più di tanto perché soche l'Immortale Supremo ti potrà dare,quello che non sono in grado di fare.

È sufficiente che lo chiami con il tuo pensiero in te,ed Egli si rivela muovendoti con dei segnali per guidarti.Confidati ogni giorno con Lui che è la sorgentedella sapienza, di ogni dono, di ogni grazia e perdono.

Uniti in un suo rapporto comunicativovi riconoscerete nel mondo d'essere la sua sacra famiglia,Vi donerà affetto, comprensione e nell'unità del suo amore,Alleluia ... un nuovo fratello del DIO della pace avrò.

Poesia di Antonio Raumer

lo scrigno Magico

Senza pauraSenza paura.

Ho imparato a attraversare,

le più terribili cose,

che la vita mi ha riservato.

Senza paura.

Mi sono sforzata di rimanere me stessa.

Il mio essere differentemente abile,

poteva plasmarmi

in bene, o male.

Ci sono stati episodi di follia.

Ci sono stati episodi di,

grande mancanza di controllo,

da parte di me.

Le medicine non bastavano,

la psicoterapia neppure.

Ho vissuto avendo paura di me stessa.

Questo mi capita anche oggi di provarlo.

Senza paura.

Ma con grande senso di pazienza,

con gli altri i cosidetti “normali”.

Ognuno voleva consigliarmi, ad agire.

Una serie di “strade del male”

Sono lastricate di “opere del bene”.

Rimanere se stessi

Resistere quindi,

era difficile.

Il mio carattere indomito,

Reagiva con sregolatezze.

Insopportabile per me e per gli altri,

hanno sempre cercato di imprigionarmi,

in un personaggio che potessero controllare

ma io

scappavo mi bloccavano sulla porta,

e io scappavo dalla finestra.

Manifestavo un carattere sconosciuto.

Per me.

Senza paura.

La mia resistenza, è tale che

Oggi mi ritrovo un po’.

Orgogliosa di questo

Mio carattere

In cui mi riconosco

Mano a mano che si svela.

Senza paura.

SISINA

l’ultima

carta

da giocare

Ne è passato di tempo e ne passerà ancora. La vita va avanti di ora in ora, ma in questoperiodo non ho più la testa, io l’ho cercata,ma non so dove l’ho messa.

Mi arrabbio, mi inalbero, urlo, certe voltesbatto la testa al muro ho i nervi tesi,momenti difficili, emozioni, penso di esserecalmo passo alle azioni vorrei sfogarmi,divertirmi, fare il donnaiolo, ma poi mimetto il bastone fra le ruote da solo, certevolte penso non ce la faccio più, però è unasfida tra me e me, provaci anche tu.

Ma sì forse un modo si può trovare persuperare questa faticosa crisi adolescenzia-le. Io ho un carattere terribile, che mi faarrabbiare, adesso però lo devo superare.

Adesso, e non poi io ce la devo fare.

Fatemi gli auguri, mi è rimasta l’ultima cartada giocare.

Dimo

Il vecchio e il nuovo ( amore)Affinché tu non abbia bisogno

Del “nuovo” per raccontarti

di nuovo…..

per mostrarti in un’aurea

di perfezione e credere di

trovarla nell’altro.

Coltiva “il vecchio”, approfondisci

La conoscenza, fatti amare

Nella tua realtà e accetta

L’altro nella sua diversità!

Laura Lari

Imm

agin

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Silv

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PAGINA 15 MEDICINA DEMOCRATICA

Nel 1971 il Presidente Nixon firmò il

National Cancer Act, un ambizioso pro-

getto con cui si

delineava la strategia della “guerra al

cancro”, guerra che gli Stati Uniti erano

decisi a combattere ed ovviamente a

vincere .Erano gli anni in cui l’uomo era

arrivato sulla luna , la fiducia nelle

potenzialità della scienza era pressochè

illimitata e sembrava che

con poderosi finanziamenti

ogni traguardo potesse esse-

re raggiunto. Erano anche gli

anni in cui prendeva corpo

l’idea che il cancro fosse una

malattia “genetica” e che

nascesse da una singola cel-

lula in qualche modo

“impazzita”.

Si pensava che per un “inci-

dente genetico” casuale

avvenissero una serie di

mutazioni a carico del DNA

tali da comportare una proli-

ferazione incontrollata ed

una sorta di “immortalizza-

zione” delle cellule figlie.

L’idea era quindi che una

sorta di selezione darwinia-

na conferisse vantaggi in ter-

mini di sopravvivenza e

capacità di metastatizzare

alle cellule figlie via via

sempre più aggressive e

maligne rispetto a quelle di

origine con un processo irre-

versibile che portava infine a

morte l’organismo ospite.

Il cancro era ritenuto una

malattia dell’età adulta in

cui, proprio per l’aumento

della speranza di vita, era

sempre più probabile che

insorgessero mutazioni

casuali: in qualche modo il

cancro era visto quasi come

un prezzo da pagare al

nostro modo di vita ed in definitiva allo

sviluppo.

Se l’origine del cancro risiedeva in un

danno a carico del DNA era logico quin-

di pensare di risolvere il problema cer-

cando di svelare tutti i segreti del geno-

ma e sperimentare terapie che colpisse-

ro la cellula nel suo centro vitale, il

DNA appunto.

Gli investimenti che furono fatti negli

USA ed in seguito anche in altri paesi

del mondo occidentale furono a dir

poco esorbitanti, ma, come ha scritto

nel 2005 in una esemplare lettera aper-

ta un grande oncologo americano S.

Epstein, “dopo trent’anni di reclamiz-

zate ed ingannevoli promesse di suc-

cessi, la triste realtà è infine affiorata:

stiamo infatti perdendo la guerra al

cancro, in un modo che può essere sol-

tanto descritto come una sconfitta.

L’incidenza dei tumori – in particolare

della mammella, dei testicoli, della

tiroide, nonché i mielomi e i linfomi, in

particolare nei bambini – che non pos-

sono essere messi in relazione con il

fumo di sigaretta, hanno raggiunto pro-

porzioni epidemiche, ora evidenti in un

uomo su due e in oltre una donna su

tre”.

Queste che sembravano pessimistiche

considerazioni di qualche medico isola-

to hanno in realtà trovato autorevoli

conferme in un articolo dall’emblema-

tico titolo “ Ripensare la guerra al can-

cro” comparso a dicembre 2013 nella

prestigiosa rivista Lancet (www.thelan-

cet.com). Perchè l’obiettivo non è stato

raggiunto? Dove abbiamo sbagliato?

Evidentemente concentrare tutte le

risorse sulla ricerca di terapie, bene e

spesso rivelatesi inefficaci o sulla dia-

gnosi precoce non è stata la strada vin-

cente.

In effetti nuove emergenti teorie sulle

modalità con cui il nostro genoma si

relaziona con l’ambiente ci fanno capire

come anche la nostra visione del proble-

ma cancro – e non solo- sia stata estre-

mamente riduttiva e di come quindi

dobbiamo radicalmente cambiare il

nostro punto di vista se solo vogliamo

sperare di uscire da questo empasse.

Si è sempre pensato al genoma come a

qualcosa di predestinato ed immutabile,

ma le conoscenze che da oltre un decen-

nio provengono dall’epigenetica ci

dicono che le cose non stanno così. Il

genoma è qualcosa che continuamente

si modella e si adatta a seconda dei

segnali - fisici, chimici, biologici - con

cui entra in contatto. Come una orche-

stra deve interpretare uno spartito musi-

cale facendo suonare ad ogni musican-

te il proprio strumento, così l’informa-

zione contenuta nel DNA viene conti-

nuamente trascritta attraverso meccani-

smi biochimici che comprendono meti-

lazione, micro RNA, assetto istonico

che vanno appunto sotto il nome di epi-

genoma. L’epigenetica ci ha svelato che

è l’ambiente che “modella” ciò che

siamo, nel bene e nel male, nella salute

e nella malattia....

L’origine del cancro non risiede quindi

solo in una mutazione casualmente

insorta nel DNA di una qualche nostra

cellula, ma anche in centi-

naia di migliaia di modifica-

zioni epigenetiche indotte

dalla miriade di agenti fisici

e sostanze chimiche tossiche

e pericolose con cui venia-

mo in contatto ancor prima

di nascere e che alla fine

finiscono per danneggiare in

modo irreversibile lo stesso

DNA.

L’articolo di Lancet sostie-

ne che per vincere la guerra

contro il cancro abbiamo

bisogno di una nuova e

diversa visione del campo di

battaglia: per coloro che da

decenni si battono per una

riduzione dell’esposizione

delle popolazioni agli agenti

inquinanti e cancerogeni

questa nuova visione del

problema ha un unico nome:

Prevenzione Primaria che

non può essere ridotta solo

alle indicazioni riguardanti

gli “stili di vita”, ma che

deve intervenire energica-

mente sulla tutela degli

ambienti di vita e di lavoro,

come ci indicano drammati-

camente anche i dati recenti

della cronaca italiana!

Patrizia Gentilini

Perchè stiamo perdendo la guerra contro il cancro

Rinascere in bus

Da un capolinea all’altro

Dove mi porta la necessità,

talvolta per vacanza, l’unica

che mi posso permettere!

Ascoltare i discorsi della gente:

le lamentele, le banalità,

i progetti dei giovani,

le rare speranze!

La gioia di cedere un posto,

malgrado la stanchezza,

trovare negli occhi degli uomini:

occhi africani, occhi orientali,

occhi disperati, quello che altri

cercano in terre lontane!

Osservare il giuoco delle nuvole,

interpretarne i messaggi.

Superare il rumore col silenzio

Dell’anima, pensare alla fatica

Di vivere…. Alla gioia di vivere…

… comunque!

Laura Lari

Il Dolore del Pensiero

Penso dunque sono (Cartesio)

Penso dunque soffro

Penso dunque dispero

Penso dunque non vedo via d’uscita.

I pensatori che pensano

In notti profonde

Senza speranza di alba nuova,

sono dei grandi sofferenti

poiché dopo aver pensato

nell’ora dell’alba, guardano ad oriente,

sperano veder sorgere il carro del sole

ma Febo con gli altri eterni

dormono nel Tartaro

finché immani Titani

li ridesteranno.

Francesco Cirigliano

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APPUNTAMENTI PAGINA 16

storie di areneLa Liberazione oggi si chiama disarmo, per questovogliamo un solo cielo per tutto il mondo.Cronaca di un evento che. passerà alla storia.La cara vecchia Lidia Menapace dice "ho fatto la staf-fetta partigiana e ho fatto la lotta in bicicletta".Vorrebbe continuare ma è sommersa dagli applausi.Lino partigiano deportato prosegue per lei "io erodiventato un numero, il 40385, avevo un triangoloroso sul petto, ah!, lo so, la guerra e il fascismo mihanno rubato la giovinezza, ma ora io vi chiedo unminuto di silenzio per tutti miei amici che sono finitinelle camere a gas".E' a questo punto che parte un video , parte sui duegrandi schermi. Si vede bene fino dagli spalti più altidell'Arena che si tratta di un video con in prima fila ilfaccione buono di Turoldo, il poeta, che poi lascia ilposto al volto di Alex Langer e poi a quello di TomBenettollo e ancora a Vittorio Arrigoni, a MassimoPaolo Dello, a Don Gallo, a Don Giulio Battistella, Inuna interminabile sequenza di profeti di questonostro tempo.Il messaggio che recita il titolo del video è chiarissi-mo nella sua semplicità. Dice che la non violenza è ilsogno di Dio. Si alterna ai tanti tweet che giungonoda tredicimila donne e uomini riunitisi per l'assem-blea a Verona. Venti anni dopo l'ultima volta.Sul palco i dirigenti del servizio civile dicono " Nonvogliamo un servizio civile che sia semplicemente unlavoro sottopagato. Vogliamo un servizio civile uni-versale che porti pace e non sia subordinato al mini-stero della guerra". Due enormi striscioni sul palcorecitano che oggi la resistenza si chiama nonviolenzamentre ai lati, un grande alfabeto tricolore, imponeun imperioso "no agli F 35".Una mamma parla dei corpi civili di pace ,capaci dilavorare assumendo il punto di vista delle vittimedella guerra, uomini e donneche non fanno gli scudi umanima che vanno nei luoghi dellebarbarie, quelli dimenticati daigiornali, vivono con loro, cerca-no ogni forma di mediazionepossibile tra le parti in guerra.Un peacekeeping che in Italia èancora agli albori ma, necessa-rio in considerazione che l'e-sportazione della pace manumilitari è oggi un assoluto falli-mento. Dal Sudan con messag-gio registrato ci parla inveceGino Strada. Disarmo implora,perché, oggi "le spese miliari sono la causa dellafame nel mondo. Si potrebbero sfamare due miliardi di persone algiorno senza i costi delle armi. E allora la liberazionedalla guerra è oggi la scelta più importante che l'u-manità ha davanti ha se".Luisa Morgantini sussurra che il coraggio è unica-mente di chi pratica la difesa popolare non violenta .Oggi "ci sono 36 conflitti umani tutti combattuti peril controllo delle risorse, per lo sfruttamento deiminerali del sottosuolo. Oggi ci sono per questomilioni di sfollati, esiliati, scontri tra bande, esodibiblici".Alex Zanotelli compare all'improvviso sul palco ed èun tripudio da stadio....... Le bandiere ondeggiano paonazze. Buonasera grida,buonasera a tutti voi, sottolinea. "Dopo undici annidi diritti negati ci siamo infine ripresi l' Arena e sietevoi popolo della pace che l'avete permesso. E poi iovedo un mare di giovani in mezzo a voi. Io sono ormaimolto vecchio, io sono della generazione più male-

detta della stirpe umana , per questo chiedo perdonoa chi è giovane oggi. Perdono per questa mia gene-razione che ha seminato solo vergogna. Giovani voisiete il futuro del mondo, siete l'ultima possibilitàche ha ormai questo mondo per sopravvivere. Un assemblea insomma questa che si sta dispiegan-do qui a Verona, che vive con le parole profetiche diTuroldo e di Bello e qui io ho un tuffo al cuore e miscende una lacrima. Non ho vergogna ad ammetter-lo, l'emozione è forte e piango davanti alla bellezzadelle parole di questo vecchio, barba bianca, ugualesputato a quello che quindici anni fa comparve aVigevano. E come allora riporta anche qui lo stessodato. Agghiacciante. Il 20% del mondo si pappa l'80% delle risorse , dei beni globali. Folle, unsistema folle. "Io sono un missionario e so cosa signi-fica vivere all'inferno, nelle bidonvilles della storia,nelle Gorococho del pianeta. Questo sistema econo-mico che ammazza ogni anno trenta- cinquantamilioni di esseri umani e' un sistema che ha dichiara-to guerra all'umanità intera."Parole molto forti che pochi nel mondo laico e inquello religioso anche della mia terra lomellinahanno il coraggio di assumere nella loro radicalità.Ricorda l'ultima Arena che aveva un titolo prezioso: "Quando l'economia uccide bisogna cambiare". Era il93. Oggi è ancora tutto spaventosamente uguale."Un potere finanziario protetto da un apparatolobbystico senza precedenti ci fa spendere cinquemilioni di dollari al giorno in armi che dispensanomorte e non in costruzioni di vita. Per proteggerel'interesse di pochi. Oggi noi comboniani stiamo tre-mando per il Sudan e per il Congo. Il Coltan del Congodi cui sono fatti in parte anche i nostri telefonini hafatto quattro milioni di morti. Il dramma di questaeconomia è che i nostri telefonini, quelli che tutti noi

in questo momento teniamo in tasca, quelli di cuiormai non riusciamo più fare a meno, grondano san-gue . Sangue di rapina e noi nemmeno lo sappiamo.Dobbiamo trasformare le industrie che produconoarmi in produzione civile. Dobbiamo uscire da unsistema di morte perché noi vogliamo vivere, nonmorire". Questo, termina Alex, è il grido provocatorioche deve uscire da questa Arena, "no alla finanzaspeculativa. Si ai nuovi stili di vita' no ai droni chesono il diavolo, sono immorali" " E quel che sta avve-nendo in Italia, nella nostra totale indifferenza , è chestiamo diventando il cuore di un sistema militareglobale. No anche ai cappellani militari, " basta conquesta vergogna". Qui io penso a Don Milani,incensa-to ovunque ma per quello che riguarda i cappellaniassolutamente dimenticato."Diciamolo con coraggio, la prima guerra mondialeoggi cento anni esatti dopo il suo scoppio, fu unaguerra completamente inutile. Amici, amici miei chesiete qui oggi, vi prego, vi supplico, lavorate perdebellare il cancro della militarizzazione dell'Italia.

Che siate credenti o non credentiquesta è la nuova frontiera dell'eti-ca".Dal palco lo speaker annuncia chesiamo in 13000, ci hanno contati unoad uno all'ingresso. La manifestazio-ne è costata 72000 euro e dunque "siate generosi, la autofinanzieremocompletamente perché noi non chie-deremo i soldi a nessuno. "Ma oraalzatevi in piedi, tutti in piedi". Etutti all'unisono, come molle, si alza-no si danno la mano e urlano per trevolte il grido che fu di Don Tonino. “Inpiedi costruttori di pace, in piedicostruttori di pace, in piedi costruttori di pace”.Pippo Pollina cantautore sconosciuto in Italia ma nondagli amici dietro di me sui gradoni più alti canta oraun motivo dedicato a Peppino Impastato. Dagli spal-ti vengono lanciati biglietti multicolori mentre tuttiindossano ormai la spilla cult della manifestazione.Un missile spezzato da cui escono quattro margheri-te sullo sfondo di una Arena stilizzata dove sta scrit-to il motto Pace e disarmo.È il turno di Francesco Vignarca. Non ha bisogno dipresentazioni, il popolo della pace lo conosce datempo immemorabile. Mentre un video virale di rarabellezza viene proiettato sul palco. Dice il video checon quel che costano venti treni, potete permettervial loro posto un bel f24! Ma anche no!. "Nel mondo cisono centinaia di testate nucleari, il nostro bilancio militare è oggi di 24. miliardi di euro, pensate conquesta cifra cosa potremo fare per i poveri e gli eso-dati.Si alza anche un po' di vento, il grande vessillo dipace si muove sugli spalti. Il sole dopo tanto splen-

dore si annichilisce. Mentre continuano a parlare icapitani storiche della non violenza. Tutti hannoparole di lotta."Combattiamo il default culturale , storico e spiritua-le dice un amministratore di Messina, cosi uccidere-mo anche tutta la mafia , quella di Riina eProvenzano, la massoneria imperante. Alla gente,quando siamo stati eletti abbiamo detto "noi nonabbiamo soldi, però abbiamo spiagge e piazze daripulire e seicento persone si sono presentate, poiabbiamo detto vogliamo fare un asilo e centinaia dipersone ci hanno assediato con un mare di libri inregalo. Se lo vogliamo tutto può cambiare, dipendeunicamente da noi. Queste cose sapevamo che eraimpossibile, farle. Per queste le abbiamo realizzate"E ancora. "Eliminate i paradisi fiscali, il mercato delgioco d'azzardo, le ecomafie. Ci sarà, dice in chiusura,una buona ragione se dopo cento anni le mafie sonoancora lì . Ancora più forti, oggi di allora. Ribellatevipopolo a questa guerra che ci uccide tutti. Ci vuoleuna forma diffusa di resistenza etica e culturale.

Difendiamo la costituzione, grimaldello dellecoscienze. Nessuno tocchi la prima parte dellaCostituzione, essa non va cambiata ma realizzata.Nel mio cuore ci solo due cose, il vangelo e la costitu-zione italiana.La speranza è di tutti oppure non è speranza" GadLerner è un fiume in piena, dice di provare vergognaper chi ha deciso di multare chi fornisce cibo e soste-gno a persone senza fissa dimora, come se fosseroanimali, multe assurde promulgate dal sindaco diVerona, di ben cinquecento euro CONTRO LA RONDADELLA CARITA' E DELLA SOLIDARIETA'. Fate disobbe-dienza civile!Poi il dibattito si incanala con Landini sulla necessitàdi cambiare il modello di sviluppo. La domanda sullaquale il confronto si appassiona è semplice e terribi-le allo stesso tempo. Sacrificare la produzione bellicaanche a costo di creare altri migliaia di disoccupati? Euna domanda così è legittima soprattutto in questaterra dove la produzione armiera è un caposaldo eco-nomico importante?

La risposta di tutte le siglesindacali è unica. Si, perché laspesa militare è immorale. E ilcomplesso militare industria-le che obbliga gli stati a que-sta politica deve essere battu-to. "Oggi la gente è ricattabi-le, tocca a noi trovare il mododi tenere insieme lavoro escelte di investimento in set-tori strategici non militari".Interviene per cambiare spar-tito la presentatrice raccon-tando che Brassens attraver-sava rigorosamente sulle

righe stradali per non avere niente a che fare con lagendarmeria francese.Poi arriva Riondino con un mare di battute. Le chia-mano bombe intelligenti: forse che hanno studiatoin Albania insieme a Renzo Bossi? Si susseguono levoci sul palco.Nel treno di ritorno saltello dalla gioia. Persino la gio-vane bigliettaia delle Ffss non capisce il perché ditanta felicità e mi rassicura "il biglietto è in ordine".Ho visto un popolo della pace forte e coraggioso. Nondomo. Ho visto gli anticorpi buoni della societàsopravvivere e ballare, nonostante tutto, nonostantetutto il razzismo e l'egoismo che appiccica e circondail mio mondo. Ho visto anime belle, senza paura dibuttare il cuore oltre l'ostacolo, senza calcolo, senzapaure. Ho visto la disinformazione dei media farecome al solito la loro pessima figura.Ho visto la bellezza diventare liquida e colorare voltie colonne di granito con tanta tenerezza. E con tantameraviglia. Questo ho visto due giorni fa in questastrana Italia...

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