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Favole per i più piccini a cura di Alessandra Ferri Castagna Maicol, anni 9

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Favole per i più piccini

a cura diAlessandra Ferri Castagna

Maicol, anni 9

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Andrea, anni 9

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Presentazione

Le favole, oltre ad avere un contenutostorico-culturale del luogo che le haprodotte, hanno anche un contenutonascosto. A volte solo più tardi èpossibile, con l'esperienza, assistereal riproporsi dell'importanza dellafavola che il nonno ci raccontava dabambini.

Ed è proprio per i bambini che le favoleassumono maggiore importanza, perchéarrivano all'essenza, saltano le difeserazionali e costringono a vedere larealtà nella sua semplicità e crudezza.

Considerate, allora, queste storie noncome semplici racconti, ma comeiniziazioni per la vostra anima.

Chissà che il futuro turbinio della vitanon le riporti a galla, domani, con ilsorriso sicuro di chi le ha comprese.

Nadia Veronesi Lugoboni

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Alberto, anni 9

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La filastrocca di MimìUna piccola stella marina si era arenata su diuna spiaggia e non riusciva più a rientrare inacqua. Stava quasi soffocando quando duemanine la raccolsero e la misero in un piccolosecchiello di plastica contenente un po’ d’acquadi mare. La piccola stellina si sentì subitomeglio, tossì un po’, fece un paio di starnuti,si stiracchiò le 5 punte per riattivare lacircolazione e, molto riconoscente, chiese alpiccolo bambino che l’aveva salvata:“Ciao, io sono Stella detta Marina, qual è iltuo nome bella bambina?”“Non sono una bambina, io sono Mimì, mipiacciono tanto il mare e i suoi delfini! Vorreitoccarli, ma, non so come fare, sono troppopiccolo e non so ancora nuotare.”Riprese la stellina: “Stai tranquillo, qui c’èMarina, portami in riva al mare... vedrai... teli farò toccare!”Il bimbo la portò e arrivata all’acqua StellaMarina chiese ad Ombretta un onda birichina:“Se tu ci fai da barca e ci porti a Balù, il mioamico Mimì vedrà tanti delfini... facci questofavore, amica cara Ombretta e non ti pentirai...faremo molto in fretta".L’onda si ripiegò formando una barchetta emise dentro Stella, il bimbo e una trombetta.Durante quel tragitto, Mimì si divertiva…salutava i gabbiani e i pesci in comitiva.

Suonava la trombetta e diceva ad Ombretta:“Nessuno, mai nessuno mi aveva fatto ciò” eridendo felice a Balù lui approdò.C’erano dei delfini sia grandi, sia piccini,giocavano, saltavano, andavano su e giù egridavano a Mimì: ”Benvenuto a Balù. Saltacidunque in groppa, vieni a giocare con noi,vedremo sui fondali i pesci fare i cow boys,giocare con i coralli che sono bianchi e gialli…Ci sono pesciolini a strisce rosse e blu e c’è losqualo argento che è amico di Balù. A sera poic’è il sole che se ne va a dormire e allora leconchiglie si vanno a divertire… si lucidano ilguscio fino a farlo madreperla… e poi vannosull’isola e si stendono sull’erba; là cantano epoi ballano e fanno dei falò e poi quando sonostanche, tornano in pedalò. Il sole in fondo almare si rifletteva d’oro e faceva cangiante lasabbia sottostante… e quando poi contentoMimi a casa tornò raccontò tutto a mamma epoi si mise a nanna. Aveva visto un mondobellissimo più in fondo, l’aveva visto bene nonsolo alla tv, ma lui con la stellina era stato aBalù: In quel pezzo di mare che piace ai delfiniche ora sono amici del nostro Mimì.

Manuel, anni 9

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Due frati abitarono per lunghi anni la stessa cella, senza mai venir fra di loro a contesa.Un giorno uno disse all’altro «Proviamo un po’ a far lite fra noi come fanno gli altri».L’altro rispose: «Non so cosa mai sia una lite».E il primo: «Ecco: tra me e te metto un mattone, e io comincio col dire: questo è mio. E turispondi: no, non è tuo, è mio; le liti cominciano sempre a questo modo».Misero in mezzo un mattone, e uno disse: «Questo è mio»; e l’altro rispose: «No, è mio».E il primo: «Se è tuo, prendilo e vattene in pace».E non riuscirono a far lite tra loro.

dagli Apoftegmi dei Padri del deserto

I frati e il mattone

Beatrice, anni 8

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Il sogno di SimoneSimone era un bambino di 6 anni, buono ebravo che frequentava la prima elementare.Viveva in una piccola frazione di campagna edil suo più grande sogno era una bici che i suoigenitori non potevano comperargli (la famigliaera di sette persone). I suoi tenevano qualchegallina per poi rivenderla insieme a delle uova:non erano in ristrettezze forti, ma la spesadella bici in quel periodo era considerata unlusso, anzi… Poiché il suo piedino diventavaogni giorno più lungo, era di scarpe nuove cheaveva bisogno spesso, altro che bici!! QuandoSimone a volte riusciva ad accompagnare ilsuo papà al mercato nei paesi limitrofi, i suoigrandi occhioni azzurri erano fatalmenteattratti dalle bici colorate che facevano bellamostra di sé nelle vetrine e nelle strade.I suoi genitori considerata questa sua grandepassione (ma anche fiduciosi di poterlo fare)gli promisero che, se fosse stato promosso,alla fine della quinta elementare forse… Labici… Chissà…Simone fece il possibile per essere bravo e

diligente, s'applicò al massimo e fu giudicatoil migliore della classe. Prese la licenzaelementare ed aspettò con ansia il momentoin cui una bella bici potesse essere sua. L’attesafu vana. I genitori non furono in condizionid’accontentarlo e lui, con il cuore grosso etriste, per parecchie sere s’addormentòpiangendo. Durante il periodo delle vacanze,anche se era solo un ragazzetto, Simone sicercò un lavoro per avere qualche mancina etrovò un salumiere che aveva bisogno di ungarzone che potesse fare qualche servizio adomicilio.Il salumiere gli prestò una sua bici vecchia emalandata, ma al bambino non parve vero diesercitarsi pedalando avanti e indietro con lespese dei clienti e così intanto s’allenava. Dopoun bel po’ di tempo, Simone fu assuntodefinitivamente e quando pigliò la paga, i suoigli permisero di trattenersi qualcosa in contobici, questo fino a quando riuscì ad acquistarsiuna bici da corsa di seconda mano, noneccezionale, ma funzionante. Simone,

Francesca, anni 9

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emozionato, con tutta la sua passione la sistemòa dovere, cominciò a fare delle piccole garecon i suoi amici, poi gareggiò con alcuni delpaese vicino vincendo sempre. Passarono glianni, fece allenamenti su allenamenti, gare sugare, fino a che fu notato e riuscì a far partedi una squadra sponsorizzata da genteimportante. Era sempre ai primi posti, felicedi aver pienamente appagato il suo desideriodi campione regionale. Ormai era adulto, male sue clamorose vittorie furono il coronamentodi tanti sacrifici e lacrime. Era stato testardo,puntiglioso, ma tutto questo l’aveva voluto conil cuore, come quando studiava e voleva esserepromosso. Quindi cari amici questa storia è

dedicata a voi per aiutarvi a capire di nonarrendervi mai per nessun motivo; perspronarvi a fare sempre di più e meglio perchédopo i sacrifici si possono raccogliere i fruttidel nostro lavoro, si possono avere belle egrandi soddisfazioni, sia per noi stessi cheper chi ci è accanto e ci vuole bene.

Stefano, anni 9

Un giorno le scimmie dello zoo decisero di fare un viaggio di istruzione. Cammina, cammina,si fermarono e una domandò:- Cosa si vede?- La gabbia del leone, la vasca delle foche e la casa della giraffa.- Come è grande il mondo, e come è istruttivo viaggiare.Ripresero il cammino e si fermarono soltanto a mezzogiorno.- Cosa si vede adesso?- La casa della giraffa, la vasca delle foche e la gabbia del leone.- Come è strano il mondo e come è istruttivo viaggiare.Si rimisero in marcia e si fermarono solo al tramonto del sole.- Che c’è da vedere?- La gabbia del leone, la casa della giraffa e la vasca delle foche.- Come è noioso il mondo: si vedono sempre le stesse cose.E viaggiare non serve proprio a niente.Per forza: viaggiavano, viaggiavano, ma non erano uscite dalla gabbia e non facevano che girarein tondo come i cavalli di una giostra.

Gianni Rodari

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Le scimmie in viaggio

Beatrice, anni 8

Regala ciò che non hai

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Occupati dei guai,dei problemi del tuo prossimo.Prenditi a cuore gli affanni,le esigenze di chi ti sta vicino.

Regala agli altri la luce che non hai,la forza che non possiedi,la speranza che senti vacillare in te,la fiducia di cui sei privo.Illuminali dal tuo buio.Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorrisoquando hai voglia di piangere.Produci serenitàdalla tempesta che hai dentro.“Ecco, quello che non hai, te lo do”.Questo é il tuo paradosso.

Ti accorgerai che la gioiaa poco a poco entrerà in te,invaderà il tuo essere,diventerà veramente tuanella misura in cuil’avrai regalata agli altri.

Alessandro Manzoni

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Pierino paperinoIn una piccola fattoria di campagna, vivevauna famiglia di paperi composta da mamma,papà e otto fratellini di cui il più piccolo eraPierino, detto la peste perché stava semprein movimento, curiosava dappertutto, nonascoltava la sua mamma papera che loconsigliava sempre di fare attenzione a nonallontanarsi troppo, di essere ubbidiente,insomma di fare il bravo paperino.Pierino era testardo come un mulo e un belgiorno, stanco dei soliti giochi e dei fratellini,s’incamminò verso il ruscello dove di solito lamamma lo portava a sguazzarenell’acqua.Il paperino appena arrivato adestinazione si tuffòimmediatamente e nuotò felicegirovagando qua e là. Feceamicizia con una cosa verde conun grosso gozzo che disse dichiamarsi rospo… salutò e giocòcon un piccolo uccellino…, curiosòin un formicaio posto sotto unagrande quercia e non si reseconto che si era allontanatotroppo e stava arrivando la sera,anzi, si divertiva come un mattoe cantava e rideva. Quel giornodi libertà aveva fatto volare iltempo e quando si rese contodell’ora tarda ormai la frittataera fatta. Pensò fra sè: ”Oraritorno a casa e domani verròancora a divertirmi, oggi hogiocato abbastanza con tutte lenovità che ho visto". Sembravafacile a Pierino la strada delritorno. Con mamma la facevaad occhi chiusi, ma era troppobuio e lui agitato e impauritosbagliò direzione. Infreddolito,affannato e stanco, il piccolopapero sgranava gli occhi incerca della sua casa… Ma nulla…Ad un tratto, due grosse cosegialle dietro una siepe lo fecerosvenire dalla paura. Al risvegliosi ritrovò sotto l’ala protettricedella sua mamma la quale, anchese arrabbiata, spiegò con

dolcezza al suo Pierino: “Figliolo bisognaascoltare i genitori, non fare ciò che si vuolee disubbidire. Il pericolo è sempre in agguatoe se Flok, il cane della fattoria, non fossevenuto a cercarti a questa ora che avrestifatto da solo? Vedi allora per il futuro diascoltarmi di più…I genitori c’insegnano cosebuone, bisogna assecondarli.Prometti Pierino?”. Il papero, pentito e feliced’essere a casa, promise ubbidienza e da quelgiorno la lezione l’imparò... eccome!!

Gabriele, anni 9

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Giulia, anni 9

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Così è nata la "crostata alla marmellata"!

Nel paese di "Nonsodove", viveva una piccolacomunità di uova di gallina, di oche, di quagliee tutti vivevano allegramente, in un grandecesto posto nel deposito delle scortemangerecce.In questo ampio spazio si riposavano, siriparavano dalle intemperie, parlavano,vivevano… ad una sola cosa dovevano fareattenzione: non dovevano ridere a crepapellealtrimenti si rompeva il guscio per lo sforzo,facendo delle frittate pazzesche!Il loro capo si chiamava Tuorlo perché eratondo come un uovo, aveva capelli gialli evestiva sempre di bianco, come un cuoco. Ungiorno arrivò nel loro cortile un gigante d’uomo,che doveva essere molto forte, perchétrascinava un grosso carretto carico di sacchidi farina bianca. Incuriosito per il nuovoarrivato Tuorlo, spuntando da dietro un po’ dipaglia, chiese all’omone: Ma tu chi sei? Cometi chiami? Cosa vuoi?"Rispose l’uomo: Io sono unmugnaio, vengo dal paese di"Chissàchilosà" e sto cercando unriparo per questa notte… vedi…domani devo portare la mia farinaal mercato di "Sempresivende"e ho ancora tanta strada da fare,se tu avessi un po’ di posto perstanotte.Tuorlo, che era una pasta d’uovo,lo invitò nella casina delle scorte,con la sua farina ben al riparo ed’accordo che l’indomani all’albail mugnaio sarebbe partito. Ma...intorno alle due di notte, quandotutti dormivano, ecco che unaombra sinistra entra disoppiatto…Era una volpe che entrava nelmagazzino per papparsi tutte leuova. Con estrema cautela la volpes’avvicinò al cesto ma…Tuorlo,sentendo un piccolo rumore sisvegliò e, velocissimo, diedel’allarme. Tutti si svegliarono disoprassalto, anche il mugnaio chespaventato, alzandosivelocemente, inciampò nei sacchidi farina che si ruppero facendo

un polverone che non vi dico. C’era unaconfusione tremenda, tutti che correvano: lavolpe che tentava di fuggire, ma era mezzaaccecata dalla farina, qualche uovo per fuggiresi ruppe, tutti gridavano, il rubinetto dell’acquagettava spruzzi dappertutto per lo spavento…Ci fu un miscuglio pazzesco: chi correva, chivoleva aiuto, uova che cadevano mescolandosialla farina.La volpe poi, nel tentativo di fuggire, balzòsopra un grosso vaso di marmellata di ciliegieche era sulla mensola… insomma tutto, presto,si trasformò in un impasto che ricoprì ilcortile. Diventò giorno e su quel cortile bianco-giallo battè un caldo sole di luglio, il suo calorecucinò tutto a puntino, facendo nascere cosìla famosa crostata alla marmellata. Una tortagigantesca, profumata e così buona che, ancoraoggi, si ricorda nel famoso paese di"Nonsodove".

Beatrice, anni 8

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Francesca, anni 9

Riccardo, anni 9

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I FunghettiIn un boschetto di montagna, c'era unafamigliola di funghi porcini.Vivevano sotto un grosso albero, seminascostifra foglie e muschi.Erano felici quando pioveva perché,soprattutto i più piccoli, diventavano in frettapiù alti.L' acqua infatti li aiutava a crescere esvilupparsi.Poco distante da questa bella famigliola cen'era un'altra, di funghetti rossi a pallinibianchi, che si davano un sacco di arie perchéerano più colorati e quindi più belli dei vicini,che erano di un semplice colore grigio-marrone.I funghetti colorati a pallini dicevano spessopavoneggiandosi: abbiamo una forma longilinea,gambi bianchi e lunghi, siamo molto elegantie poi, con questi cappellini, sembriamodipinti da grandi pittori... belli come noinon esiste nessun altro fungo.... esnobbavano i porcini proseguendo: voi sietebrutti, con un corpo grasso e corto, aveteun cappellaccio marrone ridicolo, sembratesporchi... che schifo...Noi, invece, siamo sicuramente i migliori...Se ci notassero le persone che s'intendonoveramente di bellezza, ci farebbero dellefotografie, ci metterebbero sui giornali,ci mostrerebbero al mondo, perché... noi...siamo unici!!!I piccoli porcini, diventavano molto tristiquando si sentivano derisi e chiedevanospesso alla loro mamma: "Ma davvero siamocosì orrendi come dicono? Non faranno maile foto a noi? Ma come possiamo fare perdiventare belli come loro?"La mamma intenerita rispose: "Figlioli cari,sappiate che anche se la nostra forma ècicciottella e sgraziata, noi siamo moltobuoni da mangiare invece loro, che sivantano tanto, sono velenosi e mai nessunoli coglierà, sono pericolosi".Poco dopo infatti passò di lì un montanarocon un grosso cesto per raccogliere deibuoni funghi e vedendo i porcini, felice,si fregò le mani rallegrandosi e dicendo:"Che meraviglia di funghi, sono stupendi...che bontà, come saranno gustati dai miei

ospiti!" e li raccolse posandoli nel cesto.I funghetti bianchi e rossi, invidiosi, tentaronodi alzarsi il più possibile per farsi notare,paonazzi d'invidia e di rancore per non esserestati scelti, ma ad un tratto, il boscaiolo,accortosi di loro disse: "Via via... questi funghi,devo eliminarli, sono pericolosi. Se qualcuno liraccoglie può morire" così li calpestò,distruggendoli.

Questo per insegnarvi che non sono solo lecose belle ad essere buone; a volte l'apparenzainganna e nasconde il pericolo. Quindi, bambiniattenzione!!!

Giulia, anni 9

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In un paese lontano lontano viveva un piccolobambino di nome Omar.Abitava in una vecchia casa di legno ai marginidel bosco con i suoi genitori e quattrofratellini.Omar aveva nove anni ed era il più grande. Lasua famiglia in quel momento stava vivendoun periodo molto triste perché il papà nonlavorava . Non entrando più soldi in casa ilfuoco era sempre spento, faceva freddo enon c’era neanche un chicco di grano persfamare quelle povere creature. Omar facevafinta di nulla e, anche se la sua pancina«brontolava», spesso faceva giocare i suoifratellini con il suo cagnolino che si chiamavaOsso. Finché si giocava la fame eradimenticata, ma poi ritornavano il silenzio ela malinconia. Omar di notte teneva accanto

Omara sé il piccolo amico Osso che lo riscaldava,come poteva, con il calore del suo corpo nellelunghe notti d’inverno. Omar incitava spessoi suoi fratellini a pregare Gesù e raccontavaloro che, anche, se non avevano mangiato,dovevano avere fiducia perché una bellaminestra calda presto sarebbe arrivata. Unasera fredda e ventosa, sentendo piangere isuoi fratelli, decise d’addentrarsi nel boscovicino per raccogliere qualche castagna persfamare tutti. Nonostante la sera fosse dalupi, con i pochi stracci che aveva addosso siavventurò nel bosco, in mezzo alla nebbia, albuio; sentiva tutti i rumori più paurosi, pensavache qualcuno lo pedinasse: insomma sudavaanche se era freddo. Ad un tratto vide dietroad una pianta una vecchietta che portava aspalle della legna, faticava tanto, si trascinava

Giorgia, anni 9

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le gambe, era stanca e… doveva essere moltopovera perché era vestita con un mantellinoleggero e bucato, Sentì la vecchina che, conmodi garbati, chiedeva: ti prego bambino,aiutami per favore, non ce la faccio più, sonovenuta in questo posto a raccogliere un po’ dilegna perché non ho nulla per riscaldarmi,sono povera, sento freddo e fame… abitolontano e ho ancora tanta strada da fare… tiprego…Omar s’impietosì, sapendo cos'erano lastanchezza e la fame, donò le poche castagneche aveva trovato alla vecchina. «Eccononnina», disse, queste sono per voi; sfamatevie poi l’accompagnò per un bel tratto di strada.Rientrò a casa a mani vuote e più infreddolitodi prima, ma contento d’aver fatto un’operabuona. La notte Omar fece dei sogni bellissimi:possedeva una bella casa, calda, con dei beivestiti e finalmente mangiava, cioccolato,panettone, caramelle… tutto ciò che voleva…ma, un forte bussare alla porta lo riportò allarealtà. Un signore si presentò con una lettera,indirizzata al suo papà, dove c’era scritto che

poteva riprendere il lavoro. La gioia era grande,ma le sorprese non erano finite… Un altrofattorino portò ad Omar l’annuncio, di unnotaio, che lo informava che una misteriosasignora gli aveva donato una casa.Omar, frastornato, non capiva, non riusciva aspiegarsi cosa stesse succedendo. Quandoarrivò nella nuova casa trovò, sopra il tavolo,un vassoio con dentro le castagne che lui avevadonato alla vecchina e appoggiato al camino ilfardello di legna che lui aveva portato allanonnina del bosco. Rendendosi conto chequalcosa di miracoloso era avvenuto, chiese alnotaio chi fosse la bellissima signora che eraritratta sulla lettera. Rispose l’uomo: "è lafata del bosco, a volte si trasforma in vecchinae scopre i bambini buoni; questa era la suacasa, ora è la tua." Omar felice pensò: anchese per una sera non ho mangiato, sono statofortunato ad aiutare chi stava peggio di me…e s’addormentò al calduccio… s’addormentòsognando la sua bella favola.

Dalila, anni 9

Le rose bianche

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Delle bellissime rose bianche crescevano, datempo, nel piccolo giardino incolto di unamodesta casetta abbandonata. Non erano maistate colte, ma a maggio, con l’inizio della bellastagione, esse rifiorivano risplendendo in tuttala loro naturale bellezza e profumando l’ariatutta attorno.Questa piccola casa e questo giardinetto eranoappartenuti ad una famigliola di gente sempliceche viveva in tranquillità, volendosi bene e

rispettando tutti. Vi abitavano mamma, papàe Biancarosa, una splendida bimba chefrequentava la terza elementare. Tuttosembrava andasse per il meglio finchè, untriste, giorno Biancarosa attraversandosbadatamente la strada fu investita da unauto e portata all’ospedale in gravi condizioni.I dottori fecero tutto il possibile, ma ladiagnosi purtroppo fu terribile: la bambinaaveva perso l’uso delle gambe. Furono tentatediverse operazioni, ma non ci fu nulla da fare,

Debora, anni 9

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il suo futuro non poteva che essere su unasedia a rotelle.Biancarosa, di solito gentile, educata, mavivace ed allegra come tutti i bambini dellasua età, da quel momento si chiuse in unmutismo assoluto, in una tristezza senza parie senza riuscire però a versare mai una lacrima.Se ne stava da sola in giardino e rompeva concattiveria tutti i gambi ai fiori (come se anchea loro avesse voluto recidere la vita). I genitoridisperati non sapevano più che pesci pigliare.Cercavano d’invitare i suoi vecchi compagni digiochi, ma lei li rifiutava. Le avevano comperatogiochi nuovi, ma lei non li voleva. La sua rabbiaera tanta che avrebbe voluto morire e trattava male chi le si avvicinava oltre ai suoicari che tanto l’amavano e che con leisoffrivano tanto. C’era di buono peròuna cosa importante, alla sera, quandoBiancarosa si coricava, com’eraconsuetudine, iniziava a pregare il suoangelo custode, chiedendogli d’aiutarlaa superare quel trauma… e lo facevacon tanta umiltà al punto che nonsembrava più la scontrosa bambinache di giorno odiava tutto e tutti.Passarono così tre lunghi anni, disofferenza e preghiera. Una notte diluna piena, sdraiata sul suo lettino videuna strana luce, poi un bagliore fortee infine un grande e coloratoarcobaleno copriva tutto il cielo e...attraverso questi colori un angiolettobellissimo biondo e riccioletto che lediceva:Biancarosa, lo so che sei molto triste,ciò che ti è accaduto è veramente unasofferenza, ma sarai ripagata con latua forza nel pregare e nel credereche dal cielo avremmo potuto aiutarti.Io sono il tuo angelo custode e possodirti alzati e vienimi incontro allafinestra, coraggio, coraggio vieni, letue preghiere, la tua fede ti hannoaiutato, vieni verso la luce. Biancarosabarcollante fece ciò che l’Angelo lechiedeva e giunta al davanzale iniziòun pianto convulso e liberatorio,soprattutto di commozione. Biancarosa

pianse e le sue lacrime sincere bagnando ilterreno fecero nascere delle magnifiche rosebianche, bianche come il suo nome. Finalmenteriusciva di nuovo a camminare. Biancarosa neltempo volle dedicare la sua vita ritirandosi inconvento e facendosi suora e continuò apregare per se e per la salute di tantisofferenti.Voi che leggete non dimenticate mai una piccolapreghiera quando andate a dormire…In Paradiso aspettano con essa la vostra Buonanotte.

Eliv, anni 6

Luca, anni9