Fascismo vecchio e nuovo. Antonio Moscato

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Cos'è il fascismo e come combatterlo Obiettivi per unire i lavoratori

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Antonio Moscato

FASCISMO VECCHIO E NUOVO

Storia e attualità

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FASCISMO VECCHIO E NUOVOStoria e attualità

Questo "Quaderno di Bandiera rossa" è stato pubblicatonel gennaio 1993. Lo ripropongo oggi perché molte delleanalisi di allora, quando c'erano solo i primi sintomi di unritorno del fascismo, possono essere utili anche oggi. Natu-ralmente nel frattempo molto è cambiato in peggio, soprat-tutto per la rinuncia della sinistra a svolgere il suo ruolo didifesa dei lavoratori, mentre il ricorso alla repressione ille-gale e alla violenza di Stato (da Genova agli omicidi nellecarceri), è una tentazione sempre più frequente, e ricom-pare lo squadrismo, sotto forma di "vigilantes" e ronde.

I compiti dei comunisti sono dunque ben più difficili, ealcune delle formulazioni di questo quaderno possono ap-parire poco realistiche, a partire dalla proposta di "fronteunico": a chi farla?

Ma intanto può servire vedere che il problema si ponevagià allora, e che è stato un grave errore sottovalutarne iprimi sintomi...

11 novembre 2009 Antonio Moscato

GERMANIA

Parlino altri della propria vergogna, io parlo della mia.O Germania, pallida madre! Come insozzata siedi fra i popoli! Fra i segnati d'infamia tu spicchi.Dai tuoi figli il più povero è ucciso.Quando la fame sua fu grande gli altri tuoi figli hanno levato la mano su lui. E la voce ne è corsa.Con le loro mani levate così, levate contro il proprio fratello arroganti ti sfilano innanzi e ti ridono in faccia. Tutti lo sanno.Nella tua casasi vocia forte la menzogna.Ma la veritàdeve tacere.È così?Perché ti pregiano gli oppressori, tutt'intorno, mati accusano gli oppressi?Gli sfruttati ti mostrano a dito, magli sfruttatori lodano il sistemache in casa tua è stato escogitato!E invece tutti ti vedono celare l'orlo della veste, insanguinato dal sangue del migliore dei tuoi figli.Udendo i discorsi che escono dalla tua casa, si ride. Ma chi ti vede va con la mano al coltello come alla vista d'un bandito.O Germania, pallida madre! Come t'hanno ridotta i tuoi figli, che tu in mezzo ai popoli sia o derisione o spavento!

Bertolt Brecht (1933)

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Cos'è il fascismo, come combatterlo

Il fascismo è tornato ad essere un problema in Europa.Dalla Germania all'Italia, dalla Grecia alla Russia, dallaCroazia alla Spagna, dalla Francia alla Serbia, si moltipli-cano le manifestazioni inquietanti di una ripresa dell'anti-semitismo e del razzismo, le aggressioni contro sedi e mili-tanti di sinistra, contro immigrati, contro le testimonianzedello sterminio nazista, contro i cimiteri ebraici e le sina-goghe.

Il sacrosanto allarme di fronte a questi sintomi inquie-tanti non deve tuttavia far perdere la testa. Occorre capirebene cos'è il fascismo per poterlo combattere efficacemen-te. Occorre tra l'altro saper distinguere il fascismo da altrimovimenti di destra che rappresentano un pericolo diversoe che vanno combattuti in altra forma.

Naturalmente il fascismo va combattuto anche quando sipresenta sotto altro nome e nascondendo i suoi progettidietro una cortina fumogena "populista" e apparentemente"antimperialista", come fanno ad esempio Terza posizioneo Movimento politico o come facevano nel 1965-1968 i "na-zimaoisti" di Primula goliardica legati a Nuova Repubblicadi Pacciardi (e con cui flirtava Pannella).

Ma è poco utile dare del fascista a tutti: ad esempio al-cuni gruppi della nuova sinistra degli anni Settanta defini-vano "fascista" Fanfani, Comunione e Liberazione, e spessoperfino il gruppo concorrente, ricorrendo anche alle spran-gate per combatterlo. Molti compagni del Pci non avevanodubbi nel definire fascista non solo le Brigate Rosse, ma incerti casi anche Lotta Continua. Per anni la Cina maoista

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ha definito fascisti i dirigenti sovietici, che ricambiavano.È un vecchio vizio. Tra le ragioni della vittoria di Hitler

nel 1933 ci fu anche la mancata unità del movimento ope-raio tedesco: i due maggiori partiti si scambiavano accusesanguinose, e ciascuno considerava l'altro "fascista": inparticolare il partito comunista, come tutti i partiti comuni-sti della Terza internazionale stalinizzata tra il 1929 e il1933 considerava il socialfascismo (come definiva la social-democrazia) la forma peggiore di fascismo.1

Il pericolo di una vittoria di Hitler inoltre fu decisamentesottovalutato anche perché da tempo venivano definiti fa-scisti anche i governi democristiani di Brüning e von Papen(che erano conservatori, reazionari, ma non fascisti). Lasottovalutazione del pericolo fu tale che ancora nel 1932 ilpartito comunista si associò a un referendum promosso dainazisti contro il governo socialista del Land prussiano!

Questo metodo è disastroso, non foss'altro perché gri-dando sempre al lupo non si riesce più a capire quando illupo vero arriva.

E ora, il lupo sta arrivando di nuovo.

1 Va precisato che il risentimento dei militanti comunisti verso la so-cialdemocrazia (che aveva tra i suoi esponenti personaggi come Gu-stav Noske, il ministro che organizzò i "Corpi franchi" che assassi-narono Rosa Luxemburg e migliaia di rivoluzionari) era più checomprensibile. Ma ciò non toglieva che la socialdemocrazia rimane-va il partito che organizzava la maggior parte della classe operaia,e che sarebbe stato necessario proporre l'unità d'azione contro ilnazismo in base al comune interesse (Hitler attaccava tanto i rivo-luzionari che i riformisti).

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Cos'è il fascismo

Del fascismo sono state date molte definizioni, da diversipunti di vista. L'elemento essenziale è che si tratta di unadittatura aperta e spietata a cui ricorre il grande capitalein casi estremi, quando è con l'acqua alla gola e non fun-zionano più gli altri metodi per fronteggiare (o ingabbiare)il movimento operaio. Il fascismo al potere elimina tutti glielementi di democrazia proletaria nella società borghese,cioè ogni forma di organizzazione politica, sindacale, coo-perativa, ecc. della classe operaia. Per questo non si limitaa vietare questo o quel partito operaio (come hanno fattoinfinite volte altri governi autoritari borghesi in molti pae-si) ma deve soffocare ogni forma di democrazia (in primoluogo sopprimendo ogni possibilità di rappresentanza par-lamentare), per evitare che i rivoluzionari messi al bandoutilizzino altri partiti per agire alla luce del sole.

Il fascismo ha un altra particolarità: i suoi effettivi sonoformati dalla piccola borghesia urbana e rurale stritolatadalla crisi economica e dalla lotta tra capitale e lavoro. Ilfascismo è al servizio della grande borghesia, ma si appog-gia soprattutto su una "polvere di umanità" a cui offrel'illusione di essere una forza indipendente, e che scagliacontro la classe operaia, a cui addebita la causa di ognimale.

Il fascismo utilizza miti precedentemente usati da altreforze di destra e comunque radicati nell'ideologia dellemasse più arretrate. Il confronto tra Russia, Italia, Germa-nia nel primo dopoguerra conferma che non è sempre ne-cessariamente l'antisemitismo il cemento principale per te-nere insieme questa polvere di umanità, e per trasformarla

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in un movimento di massa in lotta per il potere: lo è in Ger-mania, in Russia e in Ucraina (dove nel 1917-1920 è il ca-vallo di battaglia dei bianchi in lotta contro la rivoluzione),mentre in Italia l'elemento essenziale è lo sciovinismo e ilcolonialismo. In Italia nel 1919-1922 c'è il mito della vitto-ria mutilata, basato sulle frustrazioni per la mancata an-nessione dell'intera Dalmazia e di mezza Turchia, che era-no gli obiettivi dei nazionalisti italiani al momentodell'entrata in guerra, e quello della missione civilizzatricedi Roma che preludeva alla riconquista della Libia (persaquasi completamente nel 1915) e a nuove spedizioni africa-ne.

Il fascismo come soluzione estrema

Abbiamo detto che il fascismo è una soluzione estrema acui ricorre la borghesia quando non riesce più a esercitareil suo dominio. Tuttavia, già molto prima che la borghesiafaccia questa scelta ci sono movimenti di tipo "fascista" ealtri movimenti di destra oltranzista.2 Alcuni di essi riman-gono gruppuscoli insignificanti, altri raggiungono consensiimportanti e si offrono come carta di riserva.

La loro pericolosità non è direttamente legata al pesoelettorale. Ad esempio nel 1919 Mussolini non riuscì nep-pure ad essere eletto in parlamento, ma nel 1920 — difronte all'occupazione delle fabbriche e ai segni di unaascesa rivoluzionaria — la grande borghesia cominciò a fi-

2 II termine "fascista" viene usato convenzionalmente per definire an-che quei movimenti dello stesso genere che hanno precedutol'esperienza italiana, e che quindi avevano altri nomi: ad esempio i"cento neri" nella Russia zarista, su cui contava Komilov per il suocolpo di stato del settembre 1917.

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nanziare e ad armare il fascismo (sotto l'occhio benevolodell'apparato statale borghese). Anche il nazionalsociali-smo rimase un gruppuscolo marginale (non era neppure ilpiù forte nell'arcipelago dei gruppi di estrema destra tede-schi) fino al 1929, quando la borghesia tedesca si tappò ilnaso e cominciò a finanziarlo. Il 1929 è l'anno della grandecrisi economica mondiale del capitalismo, che fece saltaretutti gli accordi di cartello per la spartizione dei mercati,con effetti catastrofici sulla Germania, il paese imperialistacon il mercato interno più ristretto rispetto all'enorme po-tenziale produttivo. L'unico mezzo per conquistare nuovimercati a quel punto era la guerra, e il nazismo era indi-spensabile per spezzare la prevedibile resistenza di un mo-vimento operaio diviso e incoerente politicamente, ma an-cora fortissimo socialmente, che poteva ritrovare la stradadell'unità d'azione di fronte alla prospettiva della guerra.

Per questo i buoni borghesi liberali tedeschi, protestantio cattolici, atei o ebrei (oggi sembra incredibile, ma ancoranel 1933 una parte notevole della borghesia tedesca di ori-gine ebraica difendeva Hitler e si irritava per le critiche ri-voltegli dalle comunità ebraiche di altri paesi europei), de-cisero di appoggiare il nazismo, considerando il suo antise-mitismo uno sgradevole accessorio del tutto marginale ri-spetto alla "positività" (dal loro punto di vista) del suo pro-gramma di lotta al movimento operaio e di preparazionedella guerra imperialista. In realtà, l'antisemitismo non eraun accessorio, ma un ingrediente indispensabile per darecoesione a quel pulviscolo di umanità che costituiva labase sociale del partito nazionalsocialista, offrendogli uncapro espiatorio, una spiegazione del tutto falsa ma verosi-

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mile (perché basata su vecchi pregiudizi consolidati) dellacrisi economica. Era, come aveva detto lucidamente Augu-st Bebel molti decenni prima, il socialismo degli imbecilli.

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Scheda 1LA LEGA NORD

Esiste oggi molta confusione sulla natura sociale, le posi-zioni politiche e le prospettive della Lega Nord. Dopo il pri-mo rigetto iniziale quasi tutti i partiti della borghesia e laborghesia stessa hanno cominciato a flirtare con il partitodi Bossi. Ma la cosa più grave è che il Pds, invece di com-battere questa formazione reazionaria, ha moltiplicato leaperture nei suoi confronti, non escludendo di formare in-sieme delle giunte locali. In questo modo Occhetto sta con-tribuendo a dare credibilità alla Lega Nord e a una sua pre-sunta politica di opposizione e di alternativa, seminando ul-teriore confusione tra vasti settori di lavoratori che si sen-tono schiacciati per la mancanza di una vera opposizionepolitica e sindacale e traditi da accordi capestro come quel-lo del 31 luglio e dalla rinuncia delle direzioni sindacali adopporsi ai decreti antioperai del governo Amato.La Lega ha costruito le proprio fortune su una campagna distampo qualunquista contro "Roma ladrona", contro la cor-ruzione e il malgoverno. Ma, fin dall'inizio, i suoi dirigentihanno fatto anche leva su sentimenti di tipo reazionario,razzista e xenofobo, contro i meridionali, contro gli extraco-munitari e i "diversi". Sollecitando infine il perbenismo ipo-crita e la furbizia bottegaia Bossi e compari sono riusciti amettere insieme in questo modo vasti strati di piccola bor-ghesia, commercianti, piccoli e medi imprenditori, artigianie infine anche strati di lavoratori arretrati, molti dei qualisono passati dal voto alla Dc a quello per la Lega. Ma ilpartito di Bossi ha fatto presa anche in alcuni settori pocopoliticizzati del vecchio partito comunista.La Lega rappresenta socialmente gli interessi di uno stratodi piccola e media borghesia che ha tratto vantaggio dal

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boom speculativo degli anni 80, che ha costruito le sue for-tune (non sempre modeste, ma molte volte incerte) grazieall'evasione fiscale e contributiva e all'indebitamento dellostato. Negli ultimi anni, di fronte alla prospettiva dell'unifi-cazione europea, delle grandi ristrutturazioni che sono incorso e che si svilupperanno, a un quadro economico viavia più incerto, questi settori piccolo-medio borghesi hannocominciato a impaurirsi, temendo di perdere i privilegi e lenicchie economiche conquistate all'interno del sistema ca-pitalistico. Di fronte al restringimento di quella torta concui parecchi avevano banchettato negli anni 80 a spese deilavoratori, costoro hanno deciso di difendere la propria fet-ta con accanimento.Bossi e soci non hanno mai pensato di prendersela coigrandi capitalisti perché troppo potenti. Il cosiddetto siste-ma dei partiti tradizionali, le mangerie, le clientele, gli ap-parati di Roma (che per anni non erano stati messi in di-scussione da nessun settore della borghesia perché corri-spondevano ai loro interessi, ma che nel nuovo contestoeconomico sono diventati un peso eccessivo anche per igrandi potentati industriali e bancari) erano il primo bersa-glio obbligato.Nel clima di incertezza economica, i nuovi sostenitori diBossi hanno ritenuto che la Dc non fosse più in grado di as-sicurare la difesa dei loro interessi, ma costituisce anzi fon-te di spreco di risorse divenute più limitate. In questi stratipiccoli borghesi del Nord c'è l'illusione e la speranza che,se il settentrione si separasse dalle altre regioni italiane,essi avrebbero la possibilità di entrare in Europa senza pa-gare i prezzi che invece dovranno essere pagati dai lavora-tori, ma anche da loro stessi, messi sotto pressione dallacrisi economica e dai processi di centralizzazione del capi-tale.

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La polemica antiromana e contro tangentopoli non devonodunque trarre in inganno: la classe sociale contro cui si ri-volge la Lega è l'insieme dei lavoratori, del Nord come delSud, italiani od extracomunitari. La Lega non rimette in di-scussione in alcun modo l'attuale sistema capitalistico, sucui anzi molti dei suoi aderenti hanno costruito le propriefortune; come tutti i partiti reazionari che utilizzano unademagogia populista e antisistema non se la prende coi piùforti che teme e rispetta, ma con le classi sociali più debolisu cui pensano di poter scaricare interamente i costi dellacrisi.E infatti il partito di Bossi ha concezioni economiche e so-ciali neoliberali e si fa paladino di una deregulation selvag-gia. È stato, fin dall'inizio, un deciso assertore della neces-sità di abolire la scala mobile; di deregolarizzare il mercatodel lavoro, di comprimere i salari, (propone addirittura diritornare alla vecchie gabbie salariali che le lotte degli anni60 avevano fatto saltare costruendo l'unità di tutti i lavora-tori italiani, strumento essenziale per le conquiste del '69 edegli anni successivi), di privatizzare il settore pubblico,delle controriforme su sanità e pensioni.Non è un caso che il governo Amato, contro cui la Lega siguarda bene di fare una opposizione decisa, portando avan-ti una politica neoliberale, stia realizzando in grande parteil programma economico di Bossi.La Lega rappresenta già oggi dunque un pericolo mortaleper la classe lavoratrice, perché indirizza verso una solu-zione di destra profondamente antisociale e antidemocrati-ca il giusto malcontento e la rabbia di vaste masse popolaricontro il regime che ha governato per quasi cinquantanni.Prima di poter dividere il paese in due, agisce per dividerela classe lavoratrice, per indirizzare le frustrazioni di setto-ri popolari contro i diversi, contro i più deboli. Contro di

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essa occorre una battaglia sistematica, senza tregua e sen-za quartiere da parte delle forze del movimento operaio,per riuscire a strapparle l'influenza che ha conquistata sustrati di lavoratori e anche per sottrarle, o per lo meno neu-tralizzare, l'impatto che ha in settori popolari di artigiani edi piccoli commercianti, schiacciati dal torchio della crisieconomica.La Lega è sicuramente una forza reazionaria, razzista e xe-nofoba, al di là delle dichiarazioni e delle manovre del suocapo indiscusso e della politica del doppiopetto che questi,di tanto in tanto, pratica in base ai suoi calcoli politici e aisuoi progetti di potere. È legittimo però porsi una doman-da: è anche una forza fascista? La risposta che deve esseredata è articolata.Nella Lega esistono molti elementi costitutivi delle forma-zioni fasciste: in primo luogo la base sociale che organizza,vasti settori di piccola borghesia minacciati dalla crisi, unpulviscolo di umanità che pensa attraverso la Lega di potercontare o per lo meno di potersi difendere negli incertitempi a venire. Volendo parafrasare la frase di Bebelsull'antisemitismo come "socialismo degli imbecilli", si po-trebbe dire che la Lega costituisce "la protesta degli imbe-cilli contro la corruzione del sistema capitalistico". La Leganon è un normale partito qualunquista di destra, paragona-bile all'Uomo qualunque, e facilmente riciclabile nell'alveodei giochi parlamentari. Anche se questa prospettiva nonpuò essere esclusa del tutto, la Lega ha dimostrato di per-seguire un chiaro progetto di governo e di potere e i suoicapi hanno guidato finora le proprie truppe con determina-zione verso questo obiettivo.Essa si nutre di tutte le scorie ideologiche che sono proprieanche di formazioni fasciste, ed ha una forte struttura ge-rarchica, con tanto di "duce" carismatico. Le forze che or-

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ganizza sono già in parte utilizzate contro il movimentooperaio, e potranno esserlo molto di più in futuro. Tuttavianon dispone ancora, ed è un elemento fondamentale peruna organizzazione fascista, di corpi militanti attivi di inter-vento violento contro il movimento operaio e larga partedel suo personale politico ha ancora abitudini e consuetudi-ni che si collocano all'interno di un sistema democraticoborghese pur in una versione autoritaria.Più in generale non sono ancora raccolte tutte le condizionisociali ed economiche per la trasformazione da organizza-zione reazionaria con potenzialità fasciste in forza fascistavera e propria. Le contraddizioni socio-economiche nonsono ancora così acute, i margini economici della borghesianon sono del tutto erosi, non ci troviamo già di fronte a unasituazione di disperazione sociale di strati piccoli borghesi.La Lega è espressione dunque di una fase transitoria. Il suofuturo non è iscritto nel pensiero di Bossi e dei suoi accoli-ti, dipende invece dall'evolversi della crisi, dal grado e dal-la profondità dei processi di ristrutturazione, dalle dinami-che sociali. Se le condizioni complessive del sistema capita-listico peggioreranno drasticamente (cosa che non si puòescludere) le tensioni si moltiplicheranno, masse di disoc-cupati saranno disponibili più di prima ad iniziative radicalie disperate; si farà più forte la necessità per la borghesia ditrovare capri espiatori e di lanciare un più devastante at-tacco al movimento operaio organizzato. La Lega potrà es-sere questo strumento di assalto violento pur se con muta-zioni ed anche rotture.Bisogna tenere conto che contemporaneamente agisce conparticolare forza al Sud, ma non solo, un partito da sempredichiaratamente fascista che cerca di conseguire successipolitici ed organizzativi intervenendo negli stessi ambientisociali della Lega anche se utilizza proposte politiche ideo-

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logiche diverse (federalismo da una parte, centralismo na-zionalista dall'altro).La Confidustria finora ha storto un poco il naso di fronte aquesti ultimi venuti che, tuttavia, le hanno già reso un buonservizio orientando a destra una vasta protesta di massa.Se venisse la necessità e l'ora gli industriali non esitereb-bero un istante ad utilizzare la Lega come testa di turcocontro il movimento operaio. Naturalmente per ora preferi-scono come soluzione di "ricambio" alla Dc e al Psi quellamoderata di Segni, La Malfa e compagnia, ma non hannocerto preclusioni di "classe" verso la Lega.La politica del Pds verso Bossi è invece, a dir poco, folle esuicida. Occhetto scherza col fuoco sul ciglio del baratro.Invece di combattere contro la Lega per ridare prospettivaa una ipotesi di sinistra e di classe, Occhetto le dà credibili-tà e le spiana la strada praticando un gioco pericoloso incui sono gli altri ad avere il coltello dalla parte del manico.La cosa non stupisce per nulla vista la deriva politica inar-restabile di destra dell'attuale gruppo dirigente del Pds, macontribuisce a rendere più difficile una risposta unitaria deilavoratori dato il peso che questo partito ancora ha su mi-lioni di lavoratori e sul movimento sindacale.È così compito prioritario di Rifondazione Comunista con-durre una sistematica e vasta campagna di massa contro laLega, mostrando la sua reale politica di collusione col go-verno, demistificando la sua fasulla alterità, combattendocontro i pregiudizi e le ideologie reazionarie che veicola trai lavoratori; bisogna dimostrare che essa è strumento di di-visione delle masse popolari, indicandola ai lavoratori comeun nemico mortale da combattere; ma è soprattutto neces-sario organizzarsi concretamente a tutti i livelli, per preve-nire che un giorno la Lega possa diventare uno strumentodi attacco violento del padronato contro il movimento ope-

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raio. Ne va del futuro stesso di Rifondazione, della sua ca-pacità di costruire una prospettiva di alternativa da sinistraall'attuale sistema. Per tutte queste ragioni la Lega, purnon essendo ancora un fenomeno fascista, deve essere af-frontata in quel quadro di insieme di battaglia antireaziona-ria e antifascista i cui lineamenti abbiamo cercato di illu-strare in questo opuscolo.

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Il vuoto di ideali e di idee degli anni 80 e il neofascismo

Il ritorno di ideologie razziste, xenofobe, fascisteggiantitra i giovani è maturato nel corso degli anni Ottanta peruna serie di fenomeni di cui non era poi così difficile preve-dere quali sarebbero state prima o poi le conseguenze.

La politicizzazione che aveva caratterizzato gli ambientigiovanili negli anni Sessanta e Settanta è andata progressi-vamente spegnendosi, anche perché nessuna forza politicadi sinistra ha voluto o saputo darle uno sbocco, organizzar-la, farne uno strumento per cambiare la società italiana.

I generosi ideali e la volontà di cambiamento di quel pe-riodo sono stati criminalizzati o sbeffeggiati in nome degliaffari, del successo, del rampantismo, della concretezza. Siè fatto credere ai giovani che bastava volerlo, essere dallaparte del più forte per farsi spazio nella vita e raccogliernei frutti migliori. Il nuovo decennio si è aperto mostrando unvolto ben diverso da quello che era stato presentato allagioventù: difficoltà gravissime a trovare un'occupazionestabile, istruzione sempre più costosa e dequalificata, ser-vizi sociali in crisi ecc.

A farsi spazio e a raccogliere i frutti migliori sono statisolo i pochi furbi che hanno predicato ai giovani la concre-tezza e creato il mito di un'ascesa sociale che hanno realiz-zato però loro soltanto: speculatori, industriali, costruttori,uomini politici legati al loro carro, mafiosi del Sud e delNord.

La delusione, la rabbia e il disprezzo per lo stato di coseesistente nel nostro paese trova una sinistra in gran partecompromessa con questo regime: Bettino Craxi, che degli

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anni Ottanta è quasi un simbolo incarnato (al di là dellastessa realtà che è ben più complessa) appare all'opinionepubblica come un uomo di sinistra; il Pds è stato più voltetoccato dagli scandali, ma soprattutto non sembra e non èabbastanza differente dagli altri partiti e dall'intero regi-me. Non esiste una forza di sinistra capace di interveniretra i giovani con decisione, parlandone il linguaggio e com-prendendone i bisogni.

Nel decennio trascorso, infine, dalle vicende nazionali einternazionali è venuta una lezione di segno opposto aquelle dei decenni precedenti duranti i quali i movimentirivoluzionari dei popoli oppressi, uomini come Che Gueva-ra, fenomeni come la teologia della liberazione ecc. mo-stravano che c'era una speranza e un futuro anche per ipiù deboli.

L'ultimo decennio è stato quello della vittoria del più for-te, delle sconfitte delle lotte operaie, dello strapotere dellamafia, della vittoria facile della tecnologia e dei cibi pre-cotti Usa nella guerra in Medio Oriente, di un assedio dallecampagne alle città che non è più lotta di liberazione maemigrazione verso l'Occidente nella speranza di raccoglie-re almeno le briciole di ciò che al Terzo Mondo è stato ru-bato.

I razzisti che infieriscono contro gli immigrati più poveri,che vanno nei giardini pubblici per aggredire, uccidere,bruciare i più emarginati (quelli cioè che non hanno nem-meno la possibilità di dormire al coperto) traducono in for-ma elementare la morale della storia dell'ultimo decennio.

Molti di quelli che pontificano oggi sui mass-media sullarinascita del fascismo (magari identificandola solo con i na-

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ziskin) sono largamente corresponsabili della creazione delterreno culturale che ha facilitato questo aberrante feno-meno. Per almeno dieci o dodici anni un numero stermina-to di intellettuali "pentiti" (dopo brevi o lunghi trascorsinella sinistra in ascesa, ma a volte ancora con la tesseradel Pci e poi del Pds in tasca) hanno parlato con sufficienzadel superamento dei vecchi ideali, del carattere obsoletodella distinzione tra destra e sinistra (anzi qualcuno, comeCacciari, ha perfino flirtato con i convegni della "nuova de-stra").

L'antifascismo poi era un residuato di tempi preistorici,il marxismo veniva costantemente presentato come "supe-rato" e comunque insufficiente, e da integrare con nuoveteorie (che risultavano poi in genere banali rifritture divecchissimo ciarpame liberaldemocratico degli anni Venti).

Chi continuava a definirsi e a tentare di essere marxista,chi osava parlare di imperialismo, o peggio ancora accen-nava a una contrapposizione tra riformismo e prospettivarivoluzionaria, veniva considerato nella stessa sinistra uf-ciale un dinosauro.3 La crisi del "socialismo reale" ha fattoil resto.

I danni sono stati grandi e hanno coinvolto molto di quel-lo che restava della nuova sinistra, da cui ad esempio pro-

3 Al posto del concetto di imperialismo passava quello confusamentegeografico di Nord e Sud del mondo, che alimenta un gran numerodi equivoci e che non a caso è stato il cavallo di battaglia di WillyBrandt, cioè del più lucido esponente di quella socialdemocrazia te-desca che più di ogni altra ha bisogno di cancellare il concetto diimperialismo (dato il suo profondo e pluridecennale legame conl'imperialismo tedesco, di cui la SPD si fa ambasciatrice nel TerzoMondo")

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venivano moltissimi insegnanti che si erano formati neglianni della grande ondata del movimento studentesco. Granparte dei sessantottini, hanno finito per cedere a quel cli-ma di liquidazione di valori, rinunciando a trasmettere al-meno qualcosa delle idee che avevano animato i movimentidegli anni Settanta. Certo, molte sciocchezze erano statedette e scritte in quegli anni, molta ideologia fumosa e in-consistente aveva finito per impedire di cogliere in tutta laloro complessità i rapporti sociali e politici: nella produzio-ne della nuova sinistra c'era molta acqua sporca, ma insie-me ad essa è stato buttato anche il bambino.

Sono state accantonate, dimenticate, considerate supe-rate non solo le tematiche rivoluzionarie, ma le più elemen-tari idee di solidarietà umana, di sostegno agli oppressi ealle vittime di aggressioni imperialiste. Negli anni sessan-ta, ad esempio, la solidarietà con le rivoluzioni algerinaprima e vietnamita, l'attenzione alle grandi lotte anticolo-niali dell'Africa, ai movimenti antimperialisti sortisull'esempio di Cuba in America Latina avevano fatto ma-turare una prima leva dei giovani che avrebbero poi avutoun ruolo importante nelle lotte studentesche e anche ope-raie del 1968-1969.

Senza saperlo, quei giovani riprendevano e facevanoproprio il motto del precursore della rivoluzione cubana,José Martí (ripreso poi da Guevara), che raccomandava disentire sulla propria guancia ogni schiaffo dato in qualun-que parte del mondo a un altro uomo. Era stata questasensibilità internazionalista e solidaristica che aveva porta-to i giovani di orientamento marxista a incontrarsi con laradicalizzazione cattolica, di cui sono stati simbolo uomini

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come Ernesto Balducci o Giulio Girardi, e che poi ha avutoun nuovo momento alto nell'impegno per il Nicaragua, an-che con una forte presenza di volontariato a fianco di quel-la rivoluzione (che aveva ancora una volta la disgrazia disvilupparsi in un paese "tanto lontano da Dio e tanto vicinoagli Stati Uniti").

Accantonare quelle idee, quell'impegno, o lasciarlo patri-monio di un piccolissimo nucleo di volontari, ha avuto tra itanti effetti negativi quello di lasciare spazio a quelle ideo-logie razziste, xenofobe, intolleranti che erano invece statecostrette a retrocedere e a nascondersi negli anni dellegrandi mobilitazioni giovanili.

I fascisti che avevano spadroneggiato fino alla metà de-gli anni sessanta nelle università italiane (con la protezio-ne di polizia e magistratura), nel decennio successivo era-no stati costretti a retrocedere, a nascondersi, a mimetiz-zarsi.4 Per questo la battaglia contro le radici culturali delfascismo non può limitarsi a descriverne i crimini storici,

4 Non a caso quando riaffiorano i fascisti tentano di assumere carat-teristiche apparentemente antimperialiste e una fraseologia rical-cata su quella di sinistra. Ad esempio Movimento politico usa unsimbolo che, pur essendo una svastica rielaborata, può essere con-fuso con una falce e martello molto stilizzata, e assicurava di esseresolidale non solo con la causa palestinese ma con la stessa rivolu-zione sandinista. L'appoggio alla Palestina in realtà era ed è chiara-mente un modo per contrabbandare idee antisemite su un presunto"capitalismo mondiale ebraico" (purtroppo a volte accettato perrozzezza da certi settori dell'autonomia e da qualche frangia vete-rostalinista), quello al Nicaragua era puramente strumentale, senzaimplicazioni pratiche e serviva solo a far passare più facilmentel'idea (anch'essa non senza echi in settori della nuova sinistra) dellalotta contro i "due super-imperialismi".

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ma deve essere condotta anche in positivo, ricostruendoquel tessuto di solidarietà e di internazionalismo che è sta-to un patrimonio del movimento operaio fin dai suoi primipassi, e che è stato suicida abbandonare.

Il terreno di coltura del fascismo

Abbiamo detto che il fascismo utilizza pregiudizi e ste-reotipi radicati nella ideologia delle classi subalterne, eche l'antisemitismo è uno di essi, anche se non l'esclusivo.Soprattutto non è in ogni periodo l'argomento principaledelle destre: ad esempio nella Francia alle prese con la de-colonizzazione il "diverso" odiato è soprattutto l'arabo. NelCaucaso, dove non c'erano ebrei o non erano identificabilicome "diversi" (quelli georgiani erano contadini non distin-guibili dagli altri per costumi e lingua) il bersaglio dei"cento neri" in epoca zarista erano gli armeni, che tral'altro fino agli inizi del nostro secolo svolgevano funzionidi tramite commerciale tra impero russo e impero ottoma-no, e potevano essere additati al sottoproletariato comeparassiti e sfruttatori.

In Italia, oggi, il bersaglio principale delle tendenze fa-sciste e parafasciste sono "negri" e "marocchini" (presenta-ti come spacciatori, corruttori, violentatori, parassiti) e so-prattutto i Rom o "zingari", su cui viene rilanciata periodi-camente anche l'accusa di rapire i bambini. Ricordiamocicome è stata alimentata in tutta Italia (con centinaia di mi-gliaia di manifesti) la campagna su Santina Renda, la bam-bina palermitana finita probabilmente vittima di un mania-co, e la cui scomparsa, veniva invece attribuita a un rapi-

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mento da parte di zingari.5 Recentemente c'è stata moltaemozione in Italia per un sondaggio sui pregiudizi antie-braici. Il dato è preoccupante, e porta alla luce un fattoreale: i pregiudizi ci sono, e non sono combattuti a suffi-cienza, sicché a volte penetrano anche nei settori più arre-trati della sinistra, che riprendono il mito della onnipotentefinanza ebraica o che sottolineano i cognomi ebraici diquesto o quel giornalista per parlare di mani sionistesull'informazione. Ma lo stesso sondaggio sui pregiudizi"razzisti", che risultato avrebbe dato se avesse fatto do-mande sugli zingari?

Il fascismo si sviluppa sfruttando questi pregiudizi, manon è l'unico a diffonderli o a ripeterli. C'è dunque bisognodi una tenace battaglia culturale contro di essi, comunquee dovunque si manifestino, senza peraltro equiparare ai fa-scisti tutti coloro che inconsapevolmente sono influenzatida quegli stereotipi. Le mobilitazioni popolari contro ospiziper immigrati extracomunitari, contro case di accoglienzaper sieropositivi (altri "diversi" oggetto di una demonizza-zione irrazionale) o di campi di sosta per i Rom sono statesempre sfruttate dalla destra fascista, ma sono state talvol-ta promosse (come è accaduto a Roma negli anni scorsi)non solo da sezioni del Psi ma perfino del Pci!

La vigilanza dei comunisti non deve naturalmente eserci-tarsi solo nei confronti delle manifestazioni già compiuta-mente razziste e quindi utilizzate dai fascisti, o dalle "le-

5 Ogni tanto nella cronaca dei giornali, in piccolo, c'era la notizia diuna famiglia di zingari bloccata sulla strada dall'isterismo collettivoche "riconosceva" Santina tra i loro numerosi figli, e rilasciata dallapolizia dopo giorni di indagini.

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ghe" (che non sono ancora un movimento fascista, ma po-trebbero diventarlo, dato che hanno già molti punti in co-mune, e utilizzano molti ingredienti analoghi a quelli fasci-sti classici). Bisogna combattere tutte le manifestazioni disciovinismo e di quello che un grande studioso dell'antise-mitismo e del Medio Oriente, Maxime Rodinson, ha defini-to etnismo essenzialista, cioè ogni identificazione del benecon il proprio gruppo etnico (vero o presunto: ad esempiocome identificare un tipo italiano all'interno del complessomosaico di etnie e di culture del nostro paese?) e del malecon un altro.

Di simili esercitazioni al fanatismo ne conosciamo parec-chie: un esempio da manuale è quello della tragedia diHeysel in Belgio. Non solo c'erano gruppi fascisti nelle tifo-serie della Juventus e del Liverpool, ben visibili grazie allebandiere con la svastica mimetizzata (quello che da noi è ilsimbolo di Ordine nuovo), ed entrambi responsabili delleviolenze iniziali, ma quando il crollo della tribuna ha tra-sformato in catastrofe l'incidente, travolgendo casualmen-te un gruppo di sportivi italiani estranei agli scontri, tuttala stampa italiana ha presentato l'episodio come frutto del-la barbarie britannica e c'è stato chi ha riesumato lo slo-gan fascista della perfida Albione!

Non è un caso che i fascisti reclutino abbondantementenelle tifoserie arrabbiate, e che ne siano spesso i promoto-ri. Il fanatismo sportivo è preoccupante non solo quando èapertamente sciovinista nel caso delle partite internaziona-li (si pensi alle orge di bandiere tricolori in occasione deimondiali, che hanno sventolato per mesi su moltissimecase ed edifici pubblici, prescindendo dal reale valore della

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squadra italiana) ma anche quando contrappone irrazional-mente una città all'altra, portando a incredibili conflitti in-trecciati di insulti presi dalla terminologia razzista: "baresiebrei" è stato a lungo scritto nella stazione ferroviaria diLecce, mentre a Bari si rispondeva "leccesi ebrei". Altrevolte si definiscono "lebbrosi" o "Aids" o "marocchini" o"africani" i tifosi della squadra opposta, quando non si in-neggia apertamente ai forni crematori. Ma il guasto è giànel fanatismo in sé, nel considerare la propria parte la mi-gliore e attribuire all'avversaria ogni male fisico e morale.

È ovvio che non tutte le tifoserie sono "fasciste" ma cer-to sono un buon terreno di addestramento e di reclutamen-to.

Perché il fascismo risorge anche ad est?

D'altra parte c'è una controprova che la sola battagliadelle idee contro il fascismo non basta. Nei paesi del "so-cialismo reale" non c'è dubbio che la propaganda antifasci-sta, i documentali sui crimini hitleriani, ecc. non scarseg-giavano certo. In Jugoslavia ad esempio per anni e annigran parte dei film prodotti ricordavano la resistenza al fa-scismo e la lotta partigiana. Eppure, nella crisi politica emorale che ha sconvolto questi paesi abbiamo visto riappa-rire organizzazioni e simboli fascisti.

Peggio ancora, quasi tutti i vecchi partiti comunisti (ri-battezzatisi in genere socialdemocratici o con altri nomi)hanno scelto la strada dei conflitti interetnici, additandocome nemici gli armeni in Azerbaigian, gli azeri in Arme-nia, i russi in Moldavia, mentre in Russia ci si scaglia con-tro i caucasici in genere (soprattutto i ceceni) ma anche

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contro i moldavi, gli ebrei, ecc. Inutile parlare della "puli-zia etnica" a cui si sono dedicati serbi, croati, bosniaci"musulmani", macedoni, ecc. nella ex Jugoslavia, ripren-dendo non solo tematiche ma anche pratiche che furonocaratteristiche del fascismo.

C'è una spiegazione, che parte da alcuni inquietanti pre-cedenti che la sinistra in Italia ha sottovalutato o ignorato:nel corso della seconda guerra mondiale l'Urss e i partiticomunisti più direttamente legati ad essa, soprattutto neipaesi dell'Europa centro-orientale, avevano caratterizzatola guerra più come antitedesca che antifascista. Una delleconseguenze immediate furono le violenze subite dalla po-polazione civile tedesca al termine della guerra, dagli stu-pri in massa alla spoliazione di beni personali, dalla caccia-ta dalle case e dalle terre in cui vivevano da molte genera-zioni all'imposizione di durissime riparazioni per i danni diguerra.

L'assurdo fu che si fecero pagare le colpe di Hitler an-che a quella parte del popolo tedesco che non ne era corre-sponsabile (anzi era stata anch'essa vittima) e soprattuttoa quelli che si erano recati a est sperando di poter realizza-re il sogno di decenni, costruendo una società socialista suun pezzo di terra tedesca. Perché, assurdamente, i danni diguerra li ha pagati durissimamente solo la Germania orien-tale, mentre gli imperialisti accordavano aiuti consistentiper la ricostruzione dell'economia della Germania occiden-tale.

Questo fu all'origine dell'enorme squilibrio economicotra le due Germanie, e di quel flusso migratorio che portòmilioni e milioni di tedeschi a fuggire verso ovest, e del

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terribile anticomunismo della repubblica federale tedesca(mentre nelle prime elezioni parziali del 1945-46 in diversecittà occidentali come Amburgo, Brema, ecc. il partito co-munista aveva ancora avuto percentuali del 10-15%).

Ma la conseguenza più tragica fu anche che nei paesidel cosiddetto "socialismo reale" si abituò la gente a ragio-nare in termini di colpe collettive di un popolo. Allora era iltedesco, ma durante e dopo la guerra Stalin fece deportarein blocco anche interi popoli del Caucaso, nonché i tede-schi del Volga (che risiedevano in quella regione da due se-coli ed erano stati un baluardo della rivoluzione durante laguerra civile), o i Tatari di Crimea, introducendo un crite-rio di responsabilità collettiva di un popolo per le colpevere o presunte di alcuni suoi membri che ha terribili ana-logie con la mentalità nazista.

Così, anche se l'antifascismo era sancito dalle costituzio-ni, in quei paesi si alimentava una mentalità xenofoba peri-colosissima (anche con l'ossessione del complotto esternoche giustificava la diffidenza verso ogni straniero). Di fron-te al crescere del malcontento e delle contestazioni internericorrenti, si ricorse poi apertamente all'antisemitismo(ipocritamente ribattezzato antisionismo, mentre le sue vit-time avevano solo la colpa di una lontana origine ebraica,ed erano comunisti da una vita). Si cominciò con il proces-so al segretario del Pc cecoslovacco Slánský (di 11 imputa-ti su 14 si sottolineava che erano ebrei) e con il presunto"complotto dei camici bianchi" che riesumava in Urss lavecchia calunnia antiebraica dei medici assassini.

Negli anni Sessanta si arrivò alla pubblicazione di scrittiapertamente antisemiti, soprattutto in Ucraina, e alla ri-

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stampa del testo base dell'antisemitismo I protocolli deisaggi di Sion, in una tipografia dell'Armata Popolare in Po-lonia. Lo scopo era creare un diversivo, scagliare gli oppo-sitori meno maturi non contro la burocrazia nel suo insie-me, ma contro quella sua piccola parte che aveva cognomiebraici. La classica funzione che ebbe l'antisemitismocome socialismo degli imbecilli nella Germania prenazista.

Ecco perché non possiamo stupirci del riaffiorare di que-sta forma di barbarie proprio nei paesi in cui credevamofosse stata meglio estirpata, e dove invece riviveva confunzioni diverse, intrecciandosi al nazionalismo (russo, ro-meno, ungherese, ecc.) coltivato al posto dell'internaziona-lismo che era patrimonio del movimento operaio fin dallesue origini.

Come combattere il fascismo

È evidente dunque che non basta combattere le idee chesi dichiarano apertamente fasciste e parafasciste, ma oc-corre vigilare contro il loro riapparire in altra forma e sot-to altro nome. Inoltre, non ci sono solo le idee, ma anche leorganizzazioni! E sul modo di combatterle si pongono e sisono posti in passato grossi problemi alla sinistra rivoluzio-naria: in certi periodi ad esempio il mito della "nuova resi-stenza" ha fatto parecchi danni. La resistenza è stato ungrande momento della storia del nostro paese, ma ha avutoal suo interno anime diverse. Va difesa quindi da ogni deni-grazione o negazione del suo valore, ma ogni esaltazioneacritica può portare a diversi equivoci.

La resistenza è stata un generoso moto di popolo, chevoleva eliminare il fascismo colpendo le sue radici nel si-

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stema capitalistico, ma è stata anche una scelta di verticeinterclassista, che ha impedito la formazione di Cln eletti-vi: erano sempre basati sulla rappresentanza paritetica deipartiti, per cui anche partiti borghesi privi allora di seguitopopolare e soprattutto quasi assenti nella lotta partigiana(in cui era fortissimo soprattutto il peso dei comunisti e diGiustizia e Libertà) condizionavano ogni scelta e impediva-no di far pagare ai veri responsabili le colpe del fascismo.

Ma questa presentazione acritica della resistenza si è in-trecciata e a volte sovrapposta a una esaltazione del mo-mento militare (che vi fu, e fu giusto e necessario) isolatoal punto di pensare di poterlo riprodurre in altri periodicon le stesse forme. Alcune azioni antifasciste degli anniSettanta, non solo da parte delle Brigate Rosse, hanno avu-to l'effetto involontario di disorientare ulteriormente larghisettori dell'opinione pubblica e della stessa base comuni-sta, spingendola per reazione a rigettare in qualsiasi casoil ricorso alla violenza.

Il metodo classico dei marxisti rivoluzionari (teorizzatoefficacemente da Lenin durante la rivoluzione del 1905nello scritto su La guerra partigiana) puntava a portarelarghe masse (senza aspettare necessariamente tutte lemasse) a capire la necessità di difendersi dagli attacchi fa-scisti alle loro sedi, alle minoranze etniche, ecc. risponden-do con decisione anche sul terreno dello scontro fisico ai li-velli necessari, senza delegare il compito di fermare i fasci-sti (allora i cento neri) all'apparato repressivo borgheseche li proteggeva e li armava.

Il problema essenziale era per Lenin quello di coinvolge-re settori importanti delle masse proletarie nell'organizza-

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zione di forme di autodifesa dagli attacchi "fascisti" (anchese poi all'interno delle iniziative di massa occorreva ci fos-sero anche compagni con un minimo di preparazione "tec-nica" allo scontro necessario). Ogni fuga in avanti, ogni ini-ziativa presa a partire dal livello di consapevolezza di unapiccola avanguardia ha al contrario effetti deleteri rispettoal compito essenziale, che è quello dell'educazione dellemasse ai nuovi compiti imposti da una fase di attacchi fa-scisti armati.

È possibile e utile chiedere allo Stato borghese lo scioglimento delle organizzazioni fasciste?

Una vecchia polemica degli anni Settanta riguardava loscioglimento del Msi e in genere delle organizzazioni fasci-ste. È vero che uno degli articoli transitori della Costituzio-ne repubblicana prevedeva il divieto di ricostituire sottoqualsiasi forma il disciolto partito fascista, ma non è uncaso che (come molti degli altri articoli della Costituzione,d'altra parte) esso non abbia mai trovato attuazione.

Chi avrebbe dovuto sciogliere il Msi? Le coalizioni bor-ghesi che lo hanno tenuto per decenni come doppia ruotadi scorta (per intervenire con i voti contrattati sottobancoa salvare maggioranze pericolanti, e come ricatto perma-nente sul movimento operaio)?

Chi doveva decidere se era o no "fascista"? La magistra-tura, che nel 1944-1947 fu ricostituita senza epurazioni,con alla testa tutti gli uomini che avevano fatto la loro car-riera sotto il fascismo?

Un esempio interessante della pericolosità di questa de-lega allo Stato dei compiti del movimento operaio viene

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dalla Francia, dove nel 1936 fu varata per iniziativa delFronte Popolare una legge contro le "leghe fasciste" che fuaggirata già nel biennio in cui le sinistre rimasero al gover-no (la polizia e la magistratura erano quelle di prima e"non vedevano" il cambio di nome sulle sedi fasciste ria-perte il giorno dopo lo "scioglimento"). Poi, nel 1968, lastessa legge fu usata per sciogliere ... le organizzazionidella sinistra rivoluzionaria come la Jeunesse CommunisteRévolutionnaire!

Non sembra quindi molto sensato affidare allo stato bor-ghese, e delegare concretamente a polizia e magistraturail compito di difendere il movimento operaio dalle aggres-sioni fasciste. Fino a ieri il problema sembrava astratto,ma l'attuale crescita delle opposizioni fasciste e parafasci-ste (o che possono diventare tali, come la Lega Nord) ren-de assai urgente una chiarificazione in proposito per supe-rare le illusioni sulla "neutralità dello Stato" seminate perdecenni in senso al movimento operaio.

Nessun paese è immune dal rischio di una rinascita delfascismo in un momento di grave crisi economica e sociale,senza che — per la debolezza delle direzioni tradizionalidel movimento operaio — si veda all'orizzonte una viad'uscita. Le masse piccolo-borghesi rovinate dalla crisi, eprivate soprattutto di quell'intervento statale che sorreg-geva artificialmente le loro attività economiche fino a pocofa, possono facilmente essere scagliate contro la classeoperaia, e il problema del fascismo diventa ben altro chequello di qualche "nostalgico"!

Non dimentichiamo che il nazismo attecchì in Germania,il paese che aveva la costituzione più democratica (quella

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di Weimar è stata il modello per la nostra, tra l'altro), ilpaese di Goethe e Karl Marx, il paese in cui esisteva il piùforte movimento operaio d'Europa (che conservò ancoraquasi il 40% dei voti nelle elezioni del marzo 1933 manipo-late da Hitler già al potere). Non dimentichiamoci che Pi-nochet era il capo dell'esercito "più democratico" dell'Ame-rica Latina (lo definì così su l'Unità, un giorno prima delgolpe, l'attuale segretario del Pcc, Volodia Teitelboim).

Fronte unico proletario e fronti popolari

Di fronte al fascismo, se si ripresenta non come gruppu-scolo marginale o partitino populista di destra tenuto insie-me col cemento "nostalgico" ma come movimento di massain lotta per il potere, i comunisti devono battersi per crea-re il più largo fronte possibile. Ma l'esperienza dei FrontiPopolari in Spagna e in Francia nel 1936-1938, e quellodell'unità nazionale durante la resistenza (in Italia, inFrancia, in Grecia, in Belgio, ecc.) conferma che l'unitàdella classe operaia contro il mostruoso pericolo fascistanon si rafforza ma si indebolisce allargandosi anche a forzeborghesi, che possono avere loro ragioni per sbarazzarsidel fascismo in un momento dato, ma che hanno sempre in-teressi contrapposti a quelli dei proletari. È come se percombattere un pericoloso gatto i topi, oltre ad unirsi, chia-massero nelle proprie file... un altro gatto!

Non si tratta di pregiudizi ideologici: tutta l'esperienzadegli esperimenti di "allargamento" interclassista del Fron-te Unico Proletario ci dice che esse hanno avuto esiti disa-strosi (nel 1938-39 in Spagna e Francia) o hanno consenti-to agli interlocutori borghesi di ricavare il massimo dei

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vantaggi da quell'alleanza (in tutti gli altri casi).

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Obiettivi per unire i lavoratori

La lotta contro la mentalità e l'ideologia razzista e fasci-sta e perfino la concreta autodifesa dai suoi attacchi sononecessarie ma non sufficienti a sconfiggere il mostro cherinasce. La battaglia decisiva si combatte sul terreno dellaricostruzione di un movimento di classe capace di difende-re gli interessi essenziali di tutti i lavoratori.

Quando il fascismo ha vinto, è stato sempre perché ilmovimento operaio era diviso e non assolveva ai suoi com-piti. In Italia nel 1920-1922, in Germania nel 1929-1933, inSpagna nel 1936-1939 il movimento operaio era diviso per-ché i gruppi dirigenti delle sue organizzazioni più forti estoricamente radicate non difendevano gli interessi di clas-se, collaboravano (o tentavano vanamente di collaborare)con forze borghesi, adattando ad esse i loro programmi,provocando rabbia, disorientamento o reazioni estremistein una parte dei lavoratori.

La divisione del movimento operaio italiano non è stataprovocata dalla scissione di Livorno (il Pcd'I nasce casomai troppo tardi e con errori tattici che permetteranno alladirezione opportunista del Psi di mantenere nel partito unaparte dei quadri più combattivi per alcuni anni decisivi),ma dalla scelta della direzione del Psi e della Cgl di non so-stenere l'occupazione delle fabbriche del 1920 e di nondare uno sbocco politico al grande movimento dei Consiglidi Fabbrica.

In Germania la divisione del movimento operaio non con-siste tanto nell'esistenza di due partiti operai (anche nellaRussia del 1917 i partili principali della classe operaia era-

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no due, eppure fu possibile ai bolscevichi unire nei soviet,sulle parole d'ordine concrete contro la guerra e per la ter-ra, la maggior parte dei proletari e dei contadini, battendoi tentativi reazionari di Kornilov e dei cento neri), ma nelfatto che il maggiore di essi, la socialdemocrazia, preferìallearsi con i borghesi contro i rivoluzionari, affidando aiCorpi franchi (bande di ufficiali reazionari e di mercenariche confluiranno successivamente nelle squadracce nazi-ste) il compito di assassinare Rosa Luxemburg, Karl Liebk-necht e migliaia di spartachisti. Fu proprio quel terribilecrimine che rese più difficile (negli anni successivi) far ca-pire ai rivoluzionari che nonostante queste ed altre colpedei suoi capi essi dovevano proporre ugualmente al partitosocialdemocratico il fronte unico contro il pericolo fascistache minacciava l'intero movimento operaio.

La divisione più grande del movimento operaio tedescofu però facilitata dall'assenza di parole d'ordine adeguate econcrete contro la disoccupazione e l'attacco ai salari: Spde Kpd si accusavano a vicenda di gravi colpe, e si combat-tevano aspramente, ma nel 1929 non avevano un program-ma che rispondesse concretamente alla terribile crisi delcapitalismo. Così il nazismo riuscì a far accettare le sue pa-role d'ordine mostruose e criminali, ma che in quel mo-mento apparivano concrete, a una parte dei disoccupati edei piccolo borghesi rovinati dalla crisi.6

Altrettanto si potrebbe dire per la Spagna: quando

6 In effetti il fascismo, a suo modo, "risolse il problema dell'occupa-zione", dapprima con il vertiginoso aumento della produzione mili-tare e la preparazione della guerra, e poi mandando milioni di pro-letari in divisa a uccidere ma anche a morire per conquistare gli"spazi vitali" ad est.

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all'attacco fascista rispondono le masse, che con pochissi-me armi attaccano le caserme, i generali rivoltosi vengonoschiacciati in tutte le città importanti e in quasi tutto ilpaese, mentre quando il governo concederà ai partiti bor-ghesi presenti nel Fronte Popolare di bloccare la dinamicadella rivoluzione (cioè fermare le occupazioni e divisioni diterre in Aragona, bloccare il controllo operaio sulle fabbri-che abbandonate dai padroni fascisti e occupate dai lavo-ratori, affidandole a funzionari governativi, ecc.), i fascistiriusciranno a vincere.

L'unità con i partiti borghesi (vero "fantasma della bor-ghesia" dato che il grosso dei capitalisti spagnoli in realtàstava direttamente dalla parte di Franco) ha diviso i lavo-ratori e ne ha preparato la sconfitta. "Rinviare la rivoluzio-ne a dopo la vittoria" (come si diceva in base alla solitasciagurata teoria dei "due tempi"), significava trasformarela guerra civile in guerra convenzionale, in cui la superiori-tà militare dei golpisti e i loro potenti appoggi internazio-nali diventava decisiva.7

Oggi quindi, se vogliamo far tesoro di quelle esperienzedel passato per evitare di ripetere gli stessi errori, dobbia-mo soprattutto cercare di formulare un programma che

7 Una delle conseguenze più nefaste delle concessioni fatte ai partiti-ni borghesi del Fronte Popolare fu il rifiuto (analogamente a quantoavvenne in Francia) di ascoltare la voce dei popoli oppressi dellecolonie che chiedevano l'indipendenza. Così si rinunciò a tagliarel'erba sotto i piedi a Franco, la cui forza essenziale erano appunto imercenari arruolati in Marocco tra gli strati più arretrati della po-polazione, e che si sarebbero trovati in difficoltà di fronte aun'alleanza tra il Fronte Popolare e gli indipendentisti dei propriopaese.

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permetta di lottare efficacemente contro l'attacco padrona-le a salario e occupazione, e di riunificare i lavoratori suobbiettivi concreti, facendo fallire il tentativo di dividerli inbase al colore della pelle, o in base alla provenienza da unaregione o da un'altra.

1. Come difendere l'occupazione

Da alcuni anni lavoratori sono impegnati in una difficilee a volte disperata lotta per salvare il loro posto di lavoro.L'attacco all'occupazione si è sviluppato quando ancora laforza operaia era molto grande e avrebbe reso facile unarisposta generale, che le direzioni sindacali hanno evitatolasciando disperdere le energie in lotte condotte fabbricaper fabbrica, a volte reparto per reparto. Oggi è più diffici-le, ma non è impossibile la controffensiva, se si punta aunificare gli sforzi, a mobilitare tutta la classe operaia, an-che quella non ancora sottoposta alla minaccia diretta alposto di lavoro, ma che lo sarà domani se intanto lasciasenza aiuto chi è già colpito. Si tratta dunque di far pesarela forza politica e sociale della classe lavoratrice per fer-mare l'attacco dove già è cominciato, senza aspettare chela tattica padronale del carciofo continui a indebolire laforza contrattuale operaia.

Prima di tutto quindi si deve resistere e difendere i postidi lavoro con la forza di tutti (attraverso un vero scioperogenerale, prolungato fino a paralizzare tutte le attività delpaese, facendo sentire che senza la classe operaia non siva avanti).

Ma da anni i posti di lavoro si sono ridotti anche in altreforme, attraverso il mancato rimpiazzo di chi va in pensio-

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ne o si trasferisce ad altro lavoro. Oggi, ovunque, lavoria-mo in meno e lavoriamo di più. Così la speranza di un po-sto per i giovani diventa un vero miraggio.

Bisogna dunque riportare al centro delle piattaformeoperaie la riduzione d'orario generalizzata a parità di sala-rio che consenta di lavorare meno ma lavorare tutti, dicreare nuovi posti di lavoro, di saldare la forza contrattua-le di chi già lavora con quella dei disoccupati e dei giovaniin cerca di prima occupazione.

Ma occorre anche che il movimento operaio sappia for-mulare un programma che allo spreco insensato degli ap-palti (più o meno legati alle tangenti, all'arbitrio, al legametra apparato statale e organizzazioni criminali non solomafiose) contrapponga un progetto realistico di lavori so-cialmente utili che creino nuovi posti di lavoro, riconver-tendo le industrie militari a fini pacifici, puntando al recu-pero ambientale, al recupero di zone agricole abbandona-te. Ad esempio, invece di spendere miliardi dopo per rap-pezzare (male) i danni provocati da alluvioni e frane, var-rebbe la pena di incentivare la ripresa di attività agricoletradizionali in zone collinari, che permettano di ristabilirel'equilibrio idrogeologico alterato quando la vecchia azien-da agricola appenninica basata su un'integrazione di cultu-re diverse (vite, alberi da frutto, foraggio per allevamento,grano) è stata distrutta per lasciar posto a monocolture in-dustriali.

È inutile entrare in dettagli tecnici ora: se si imponessea livello politico una svolta in tal senso, sarebbero i lavora-tori stessi a sapere bene come intervenire per prevenire ildissesto ambientale.

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Anche in altri settori non sarebbe difficile identificare at-tività socialmente utili e necessarie da creare, offrendouna prospettiva di lavoro ai giovani: assistenza domiciliareagli anziani e agli infermi, assistenza specializzata per ilrecupero all'interno delle strutture scolastiche normali dialunni in difficoltà per handicap o per l'ambiente familiarein cui sono inseriti.

Nelle università, dove da anni la quasi totalità dei giova-ni laureati anche di ottimo livello non trovano uno sboccoperché tutti i posti sono occupati da una pletora di docenti(senza entrare qui nel merito del loro livello culturale,dell'utilità delle specializzazioni in cui l'insegnamento èstato parcellizzato e ancor meno sul loro impegno didatti-co), sarebbe possibile creare una nuova figura transitoriadi tutore, affidando per un periodo determinato a giovanilaureati il compito di guidare nei meandri di facoltà e di-partimenti le "matricole".8

2. Come difendere il salario reale

Soprattutto su questo terreno il primo compito è essen-zialmente difensivo, ma non può essere affrontato caso percaso o in lotte parziali e settoriali, o con pure richieste direcupero salariale (anche se si deve rifiutare ogni blocco

8 La figura del tutore, esistente in molte università anglosassoni, co-mincia ad essere introdotta in Italia ma in altra forma assai menoutile, affidando un compito in più a qualche professore sottoutiliz-zato (magari perché giustamente disertato dagli studenti per la suaastrattezza e pedanteria). Sarebbe assai più utile invece affidarlo alaureati freschi di studio che potrebbero trasmettere le loro espe-rienze e aiutare i nuovi arrivati a evitare di perdere tempo prima dicominciare a orientarsi nel caos universitario.

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della contrattazione articolata imposto da governo e padro-nato e accettato dalle confederazioni). In primo luogo biso-gna opporsi infatti a quei tagli ai salari reali già fatti con icontinui decreti governativi che hanno aumentato ticket eprelievi fiscali di ogni genere.

L'obiettivo principale che può ridare ai lavoratori quellafiducia nella lotta che portò alle grandi mobilitazioni del1969 e degli anni successivi (con le loro ricadute politichein termini di spostamento a sinistra dell'elettorato edell'opinione pubblica per un decennio), è naturalmente ilripristino della scala mobile dei salari e delle pensioni, an-nullando tutti i peggioramenti contrattati dalle confedera-zioni sindacali negli ultimi tempi (tra l'altro l'esperienza haconfermato che la scala mobile non era la causa dell'infla-zione, che è continuata anche dopo il suo "raffreddamento"e poi cancellazione, ma consentiva di attenuarne i dannisui lavoratori).

Una parte dei lavoratori del nord oggi può essere attrat-to dalla parola d'ordine infame del ripristino delle zone sa-lariali differenziate per regioni. Si deve combattere questaassurda parola d'ordine di divisione dei lavoratori, spiegan-do che se oggi danneggerebbe i lavoratori del sud che sa-rebbero meno retribuiti, domani si ritorcerebbe propriocontro i "privilegiati", che perderebbero più facilmente ilposto di lavoro per l'involontaria concorrenza dei lavorato-ri sottopagati nel sud.

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Scheda 2GLI IMMIGRATI DAL “TERZO MONDO”. PERCHÉ FUGGONO E CHI LI FA VENIRE

Oggi uno dei cavalli di battaglia dei fascisti più o meno mi-metizzati è l'ostilità verso gli immigrati extracomunitari:approfittando dell'inesperienza della nuovissima radicaliz-zazione giovanile di questi mesi, vari gruppi neofascistihanno avuto l'impudenza di organizzare "collettivi antiraz-zisti" nelle scuole. Infatti, dicono, "noi siamo contro il razzi-smo, ma anche contro una società multirazziale". Questafrase già li smaschera: non esistono le razze, esiste unasola razza umana. Questo concetto, che era patrimonio delmovimento democratico e socialista già alla fine del secoloscorso è stato poi confermato dalla scienza: si veda il bel li-bro di M. F. Montagu, La razza. Analisi di un mito, Einaudi,Torino, 1966.9

Bisogna comunque rispondere non solo su questo terrenoculturale elementare. Bisogna riuscire a spiegare i mecca-nismi di sfruttamento che hanno portato alla distruzionedell'economia dei paesi coloniali sia durante la dominazio-ne diretta delle potenze imperialiste, sia durante l'attualefase neocoloniale.Ad esempio far capire che i senegalesi vengono a cercar la-voro qui in Europa non per libera scelta, ma perché il loropaese è in rovina: se si prende come parametro il prodottointerno lordo, questo oggi nel Senegal è di 650 $ annui, chenon solo è bassissimo (in Italia è di 16.500 $) ma è diminui-to del 15% rispetto a dieci anni fa per effetto del crollo sulmercato mondiale del prezzo del principale e quasi unico

9 Ma a volte, per scarsa vigilanza, anche pane della sinistra (in pas-sato anche molti sionisti), usa il termine "razza" riferendosi a ebreio negri o gialli.

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prodotto di esportazione, le arachidi.Lo stesso si può dire per il Ghana, o altri paesi africani acui il colonialismo prima e i regimi più o meno legatiall'imperialismo successivamente hanno imposto la mono-cultura (a caffè, cacao, ecc.). Tutti i prezzi delle materieprime (con la sola, ma temporanea eccezione del petrolionegli anni Settanta) hanno avuto una flessione costante, esoprattutto hanno perso sempre più il loro valore rispettoai macchinari necessari per estrarle, raccoglierle o trasfor-marle: è stato calcolato ad esempio che per acquistare untrattore oggi occorre un quantitativo di cotone dieci voltesuperiore a quello che era necessario venti anni fa.Cuba ad esempio si è indebitata gravemente anche con legrandi banche europee, che verso il 1975 (erano gli annidei petrodollari, che le banche non sapevano come e doveinvestire e offrivano a condizioni allettanti ai paesi "in viadi sviluppo") le fornirono grandi crediti per acquistare mac-chinari. I dirigenti cubani erano sicuri di poterli ripagarecon lo zucchero, ma il prezzo sui mercato mondiale scese indue anni da 64 a 8 centesimi di $ per libbra (lo zucchero èpraticamente scomparso dall'industria dolciaria e delle bi-bite, sostituito da dolcificanti sintetici). Cuba così, invece dìdiventare autosufficiente e meno dipendente dall'economiasovietica, si indebitò pesantemente con le banche capitali-stiche.Per questo dai paesi rovinati da questi meccanismi econo-mici si sviluppano forti correnti migratorie, alla ricerca diuna sopravvivenza che non è più garantita in patria. Spessoquesti immigrati tentano di presentarsi come rifugiati poli-tici, anche quando non lo sono, ma certo sono sempre vitti-me di un'ingiustizia di cui anche il nostro paese è complice,e quindi dovrebbero ottenere comunque asilo. Gli albanesiche hanno tentato di raggiungere il nostro paese, ad esem-

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pio, sono stati rovinati non solo dagli errori passati delgruppo dirigente che in nome del "comunismo" ha tentatoun'impossibile autarchia, ma anche dallo scambio inegualetra le loro povere materie prime e i macchinari che acqui-stavano e acquistano a carissimo prezzo in Germania o inItalia.10 Questi argomenti dovrebbero spiegare che non sia-mo estranei alla tragedia da cui tentano di fuggire quei di-sperati che vengono a cercar lavoro nel nostro paese. Cisono molti altri argomenti per far capire che non è la loro"congenita incapacità" a rendere sempre più poveri quelliche vengono definiti PVS "paesi in via di sviluppo" e che in-vece sono "paesi in via di sprofondamento": basta pensareche cinquecento anni fa non solo il distacco tra Europa eAfrica era assai scarso, ma l'Europa aveva molto da invidia-re ad alcune grandi città del mondo arabo, dell'India o del-la Cina. Sono stati gli scambi ineguali, spesso imposti conle cannoniere (a partire dalla "Guerra dell'Oppio" contro laCina) a modificare i rapporti a vantaggio dell'Europa e de-gli altri stati imperialisti, soprattutto negli ultimi centocin-quant'anni.11 Poi, negli ultimi venti anni, l'indebitamento hafatto il resto: i crediti offerti a condizioni favorevoli nel1973-1975 sono stati trasformati in una trappola mortaledal ricalcolo dei tassi di interesse, arrivati a livelli superioria quelli di qualsiasi usuraio, e tutelati dalla Banca Mondiale

10 Si veda su questo la documentazione riportata nell'articolo di A.Mo-scato Gli albanesi e l'Italia, in «Bandiera rossa» n. 15-16, lu-glio-agosto 1991.

11 Si tratta soprattutto degli Stati Uniti, sorti sul modello europeo, edanzi come un pezzo di Europa costruita in un altro continente, maanche del Giappone, l'unico paese asiatico che è riuscito a non es-sere colonizzato e che negli ultimi ottanta anni ha imparato rapida-mente a riprodurre la tecnologia ma anche l'organizzazione politicae sociale degli altri paesi imperialisti.

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e dal Fondo Monetario Internazionale.C'è ancora un altro argomento che dovrebbe far riflettere:gli stessi italiani sono stati costretti a milioni a cercar for-tuna o almeno un tozzo di pane in altri paesi, dall'Argentinaagli Stati Uniti, dalla Francia alla Germania, dal Brasileall'Australia. Molti si sono assimilati e hanno trovato unacollocazione rispettata in quei paesi, altri sono ancor oggioggetto di discriminazione e pregiudizi. Spesso oggi unbergamasco o un brianzolo della Lega Lombarda guardacon disprezzo un calabrese o un siciliano, che a loro voltahanno pregiudizi verso i lavoratori tunisini o marocchini:eppure in Germania sono tutti insieme oggetto dello stessodisprezzo e degli stessi attacchi da parte degli xenofobi te-deschi (che siano Republikaner o teste vuote e rapate).Per sradicare il razzismo "bisogna anche far capire che i la-voratori extracomunitari arrivano qua con abbondanti com-plicità del padronato italiano, che ha bisogno di aumentarel'esercito industriale di riserva con una massa di disperatipronti ad accontentarsi di poco. Proprio chi ha bisogno diloro per far svolgere lavori pesantissimi e non protetti, ren-de poi difficile il loro inserimento regolare: ci vuole un con-tratto di lavoro per ottenere il permesso di soggiorno e vi-ceversa, sicché quasi tutti lavorano, ma senza protezione esenza contratto, e in condizioni tremende di alloggio.La maggior parte degli extracomunitari lavora nei campi enell'industria, ma anche quei pochi che accettano lavori il-legali o criminali (dal contrabbando allo spaccio passandoper la più comune vendita ambulante di prodotti da indu-strie italiane che lavorano in nero e non pagano una lira ditasse), lo fanno perché costretti dalla fame, e lo fanno perconto di organizzatori italianissimi. Un contrabbandiere na-poletano o brindisino che "usa" un rivenditore locale, deveassicurargli assistenza in carcere se preso, ecc. mentre tro-

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va comodo "usare e gettare" dei poveracci che pur di man-giare sono pronti a rischiare tutto, compresa la più terribiledelle pene, l'espulsione verso la fame dei paesi d'origine.Fascisti e leghe che chiedono restrizioni alla concessionedel permesso di soggiorno, dicendo di voler evitare così lacriminalità, in realtà la facilitano: sono quelli tenuti al ban-do che accettano qualsiasi lavoro; chi riesce a regolarizzar-si lavora bene e riesce in genere a inserirsi facilmentenell'ambiente locale.12

Il pericolo viene proprio dalla legislazione discriminatoria,che ricaccia una parte degli immigrati nell'illegalità e li tra-sforma in concorrenti dei lavoratori occupati, perché co-stretti ad accettare qualsiasi condizione.

12 Tra l'altro varie inchieste sociologiche condotte tra gli immigrati,compresi quelli ammucchiati nei terribili ghetti come l'ex Pantanel-la a Roma, hanno rivelato che nel loro paese molti di essi eranooperai o impiegati qualificati, e che tra essi (soprattutto tra i norda-fricani e i senegalesi) c'era perfino un 20-25% di laureati.

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3. Parità di diritti e di retribuzione per gli immigrati

Per le stesse ragioni per cui va rifiutata la proposta dellezone salariali differenziate per le diverse regioni italiane,va respinto l'attuale assetto che discrimina gravemente ilavoratori immigrati, soprattutto extracomunitari costrettial lavoro nero. Fascisti e leghe li attaccano e propongonodi cacciarli, ma in realtà vogliono solo mantenerli nell'ille-galità che consente il massimo di sfruttamento da parte didatori di lavoro, padroni di casa, ecc.

A chi oggi è caduto in questa trappola perversa, che divi-de i lavoratori in base al paese di origine o al colore dellapelle, va spiegato che solo se i lavoratori immigrati avran-no pari diritti civili e pari retribuzione (ovviamente anchepari doveri, ma questo è fuori discussione e ci pensano giàin tanti a pretenderlo) cesserà la possibilità del padronatodi utilizzarli per togliere posti di lavoro esistenti ai lavora-tori che una volta venivano chiamati "garantiti".

Se a partire dai nuclei più coscienti raccolti oggi in Ri-fondazione comunista, nei Cobas, nei coordinamenti deiconsigli autoconvocati, ecc., si riuscirà a elaborare un pro-gramma di controffensiva che permetta la ricomposizionedell'intero movimento operaio, sarà possibile anche recu-perare una parte di coloro che in questi anni di arretra-menti, di passività, di disorientamento, sono stati attrattidalle false soluzioni leghiste o perfino fasciste.

Il movimento operaio deve sapere rispondere adeguata-mente anche sullo stesso terreno ad ogni attacco fisico allasua libertà e alle sue organizzazioni, ma deve sempre pun-tare al recupero dei singoli lavoratori che sono stati ingan-

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nati e trascinati in una logica di divisione e contrapposizio-ne dalla demagogia razzista.

Sarà più facile farlo se la battaglia in difesa delle idee diuguaglianza e di solidarietà si intreccerà a concrete riven-dicazioni che permettano di riunificare la classe in difesadei suoi interessi, dandole la forza per ricominciare ad at-trarre anche i giovani disoccupati e a offrire uno sboccopolitico agli altri ceti sociali rovinati dalla crisi del capitali-smo.

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Scheda 3IL REVISIONISMO DI ERNST NOLTE

Ernst Nolte è uno storico tedesco noto per le sue teoriegiustificazioniste sul nazismo come "reazione agli orroristaliniani". Si tratta di una vera e propria inversione delrapporto di causa ed effetto che si basa su un grossolanoanacronismo. Nolte considera infatti come data di inizio delnazismo la conquista del potere nel 1933, che comunquenon giustifica la sua tesi, perché il grande terrore stalinia-no non era ancora cominciato: si svilupperà a partiredall'uccisione di Kirov (dicembre 1934) e avrà le sue mani-festazioni più terribili ed aberranti nel 1936-1938.Inoltre il nazismo del periodo 1929-1933, oltre a compieregià crimini di ogni genere per distruggere le organizzazionidei lavoratori, è l'erede di tutte le forme di terrorismo didestra che hanno insanguinato la Germania come "controri-voluzione preventiva" a partire dal 15 gennaio 1919 , datadell'assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Inquel periodo la repubblica sovietica russa si difendeva incondizioni terribili dall'aggressione imperialista e dallebande dei generali "bianchi", e non aveva compiuto nessuncrimine. In quello stesso 1919 i "Corpi franchi" (mercenaridi destra armati, sotto la supervisione del ministro dellaguerra socialdemocratico Gustav Noske, per sostituirel'esercito tedesco entrato in crisi alla fine della guerra epervaso dalle idee rivoluzionarie) liquidarono nel sangue laRepubblica dei Consigli di Monaco di Baviera, mentre leforze congiunte di diversi paesi europei aggredirono esconfissero la Repubblica dei Consigli sorta democratica-mente in Ungheria, massacrando migliaia di comunisti, disocialisti, di ebrei.Quindi Nolte prima di tutto inverte l'ordine dei fattori: è

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proprio la sconfitta della rivoluzione in Germania, in Un-gheria, in Italia ad opera delle "controrivoluzioni preventi-ve" a facilitare l'involuzione della Russia sovietica. La rivo-luzione è rimasta isolata in un paese molto arretrato, conuna classe operaia forte e combattiva ma poco numerosa.L'assedio reale e terribile dei primi anni genera la psicosida assedio permanente, la spietata guerra civile (che inrealtà è una guerra interna ed esterna contro la giovane ri-voluzione) costringe alla militarizzazione e lascia abitudiniautoritarie in molti operai trasformati in commissari o uffi-ciali e staccati dalla loro base di origine.Ma a smascherare Nolte e i "revisionisti" (come vengonochiamati coloro che operano una "revisione" della storiaper minimizzare le colpe del nazismo, in particolare perquanto riguarda lo sterminio di ebrei, zingari, slavi, ecc.,presentando Hitler come un legittimo riflesso di autodifesadel popolo tedesco), ci pensano le loro dichiarazioni su fattidi oggi.Nolte, infatti, intervistato da «La Stampa» il 24 novembre1992) in merito alle recenti aggressioni a turchi e presuntiebrei in Germania, ha risposto che "è dovere della poliziaindagare accuratamente su questi casi. È cosa dei giornali-sti scrivere i primi commenti. Spetta allo storico invitare alriserbo e dissuadere da giudizi troppo rapidi".Dopo questa nobile affermazione, Nolte si è affrettato apronunciare un giudizio rapidissimo e sommario per rilan-ciare la tesi degli "opposti estremismi". Infatti egli riferiscenotizie di stampa su "250 giovani, in parte a viso coperto,sembra di sinistra" che avrebbero "attaccato con pietre lastazione di polizia di Bad Freienwald", e su una manifesta-zione di fondamentalisti islamici che a Gerusalemme avreb-bero "incendiato centinaia di bidoni della spazzatura, pic-chiato delle automobiliste e profanato la tomba di Mena-

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chen Begin", per ricavarne una sconvolgente teorizzazione:"Tutti ci ricordiamo i giganteschi scontri di Los Angeles. Laconclusione corretta non è quindi «in Germania la violenzadi destra aumenta in modo preoccupante», ma «in grandiparti del mondo la disponibilità alla violenza da partedell'estrema destra e dell'estrema sinistra cresce in misurapaurosa»".Non c'è male come "rigore di studioso": intanto mette sullostesso piano bruciare vive due donne e una bambina turchee incendiare qualche bidone di immondizia (o si tratta di unlapsus che rivela che per lui gli immigrati sonospazzatura?). Poi mette in conto all'estrema sinistra gli in-tegralisti islamici, protetti per anni da Israele nei territorioccupati per soppiantare l'Olp, e che tutti i palestinesi di si-nistra — pur non demonizzandoli e cercando di spiegare ilfenomeno con la rabbia e l'esasperazione di settori menopoliticizzati — considerano un pericolo, anche perché divi-dono i palestinesi su base religiosa (tra loro ci sono musul-mani e cristiani, e anche moltissimi non credenti) mentrefacilitano l'unione sacra degli israeliani, che verrebbero ri-compattati da una guerra religiosa. Nolte considera di sini-stra anche i moti di Los Angeles, che sono invece una pro-testa disperata — né di destra né di sinistra, perché nonpolitica — di fronte alle violenze della polizia e alla indul-genza della magistratura, queste sì di destra perché inequi-vocabilmente razziste.E alla fine, la perla: alla domanda se c'è un pericolo nazistain Germania Nolte risponde categoricamente di no, "perchénon esiste nessun forte partito di estrema sinistra, e quindineanche un forte movimento di estrema destra. Esiste peròun ampio abuso del diritto di asilo che è sancito dalla Costi-tuzione, un abuso che colpisce la Germania più di ogni al-tro Paese in Europa. Su questa base nascono azioni crimi-

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nali di gruppi marginali e in genere giovanili, ai quali ven-gono cuciti addosso dubbiosi termini politici della destra".Un capolavoro di logica: la destra esiste solo come "reazio-ne" (magari un po' esuberante...) a qualche provocazione,ieri la sinistra, oggi gli affamati del "Terzo mondo" odell'est che vengono a cercare un po' di lavoro in quellapiccola parte del mondo dove si concentrano le ricchezzepredate (con lo scambio ineguale e il meccanismo del debi-to) a tutta l'umanità.Grazie Nolte, per averci spiegato con un esempio fresco lamentalità di quei bravi borghesi tedeschi non nazisti chedel nazismo furono e sono complici e giustificatori.

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Scheda 4LE ISTERIE COLLETTIVE, DAL PROCESSO BEJLIS AL CASO DI CHRISTOPHE BEDDELEEM

Abbiamo accennato alla campagna di isterismo contro glizingari scatenata da chi voleva ad ogni costo attribuire lorola sparizione della bambina palermitana Santina Renda.Non si tratta purtroppo di un caso unico. Alcuni giornalihanno riportato nell'ottobre scorso la notizia di un caso diisteria collettiva scatenata a Calais, in Francia, contro pre-sunti bruti insidiatori di bambini, naturalmente nordafrica-ni.13

Il tutto era iniziato il 25 settembre quando un bambino hariferito al padre che un uomo stava facendo fotografie da-vanti alla scuola. Si accerterà poi che si trattava di un tec-nico del comune che effettuava dei rilievi per lavori pubbli-ci, ma un gruppo di genitori esagitati ha sparso la voce chesi trattava di un maniaco. Il preside viene aggredito da ge-nitori che protestano perché non fa nulla, mentre ci sareb-bero già due bambini con la gola tagliata (altri giurano diaverli visti sventrati dal mostro).In realtà non manca nessun bambino, ma chi soffia sul fuo-co trova facili echi: dopo due giorni i bambini spariti secon-do le voci popolari sarebbero tredici, mentre altri giuranodi aver visto una ragazza tagliata a pezzi in una palestra diun'altra scuola vicina. La polizia viene accusata di passivi-tà, poi qualcuno scova "il mostro": Christophe Beddeleem,un ex drogato con la faccia butterata rientrato tre giorniprima da Parigi per stare con sua madre. L'assedio allacasa del poveretto è così grave che la polizia, per salvarlo,

13 La corrispondenza più completa è apparsa in inglese sull'HeraldTribune del 31 ottobre 1992, tradotta poi integralmente su Libera-zione del 13 novembre.

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ferma il malcapitato. La folla infuriata sfonda comunquedue volte la porta della casa della madre per trovare il "mo-stro" ("accusato", oltre che dalla faccia butterata, da qual-che tratto somatico che ricordava il padre, tunisino).Inutile dire che Christophe è dovuto fuggire, anche se nes-sun bambino era stato ucciso e neppure molestato (ma aCalais le interviste ai genitori ansiosi che vanno a prenderei bambini a scuola continuano a raccogliere decine di "te-stimonianze" su stupri, uccisioni e atrocità varie mai esisti-te, ma che ognuno ha sentito dire da uno che "aveva vistocon i suoi occhi".Era parecchio che non accadevano casi di intossicazionecollettiva di questa ampiezza, che invece erano frequentis-simi nel medioevo e anche agli albori dell'età moderna. Iprecedenti storici sono diffusissimi e hanno spesso avutoechi nella letteratura, dalla caccia agli untori ricostruitadal Manzoni nella Storia della colonna infame e poi neiPromessi sposi, ai processi alle streghe che hanno ispiratoil dramma Il Crogiuolo di Arthur Miller. Erano drammi delfanatismo ma anche il sintomo di una grande inquietudinesociale. L'ultimo grande caso di isterismo collettivo era sta-to montato a freddo a Kiev dall'Ochrana, la polizia segretazarista, nel 1911, contro un lavoratore ebreo di una fabbri-ca di mattoni, Mendel Bejlis, accusato di aver ucciso "a sco-po rituale" un fanciullo, Andrei Yushchinsky. Il corpo, quellavolta c'era, ma si scoprì presto che il povero Andrea erastato assassinato da delinquenti comuni di cui egli avevacasualmente scoperto il covo.Uno dei ladri e assassini era stato identificato mentre dif-fondeva, al cimitero di Kiev durante i funerali del ragazzo,dei volantini che incolpavano gli ebrei: era un delinquenteben noto alla polizia, di cui era presumibilmente confiden-te, nonché membro della "Lega dei patrioti" che dall'emble-

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ma zarista prendeva il nome di "Aquila doppia" (una delleorganizzazioni che confluiranno nelle Centurie nere).I giudici che avevano seguito la vera traccia furono allonta-nati, e così i poliziotti con qualche scrupolo: il processo siprotrasse per due anni, e si concluse solo quando gli assas-sini chiamati come testimoni dalla pubblica accusa si con-fusero e ammisero la loro colpa in aula (uno di essi, spaven-tato dalla confessione dei complici, tentò di fuggire saltan-do dalla finestra e rompendosi il collo).14

Sembrava l'ultimo sussulto di una barbarie secolare, mapresto ci sarebbe stato chi avrebbe fatto resuscitare il mo-stro. Dobbiamo vigilare, perché l'infittirsi di nuove manife-stazioni di isterismo e di criminalizzazione dei diversi rive-lano non solo una disponibilità ad accogliere queste voci daparte di settori arretrati culturalmente, ma anche una regianon troppo occulta che cerca di utilizzare questo clima perscatenare pogrom, non solo contro gli ebrei, gli zingari ogli immigrati extracomunitari: non dimentichiamo che il na-zismo si dedicò inizialmente allo sterminio dei malati men-tali, e perseguitò costantemente omosessuali e altri "diver-si".La demonizzazione dei malati di Aids, scacciati da ospedalio rifiutati dai quartieri in cui dovrebbero sorgere centri diaccoglienza, si inscrive in questo genere di orrori. E la sini-

14 In realtà l'accusa (spalleggiata personalmente da quello zar NicolaII che oggi viene presentato come un'anima pia vittima dei cattivibolscevichi) tentò di toglier valore a questa confessione e protrasseper qualche giorno la detenzione di Mendel Bejlis. Un bell'articolosul caso venne scritto da Trotsky nel 1913 per la rivista socialdemo-cratica tedesca Die Neue Zeit, e fu poi nel 1918 riprodotto in unopuscolo delle edizioni «Avanti!», oggi disponibile in reprint: LevTrotsky, Un dramma giudiziario (Il processo Bejlis), presso il CentroStudi Pietro Tresso di Foligno.

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stra deve impegnarsi anche su questo terreno, lavorandosenza settarismi ma anche senza deleghe insieme al volon-tarismo cattolico impegnato da tempo su questo terreno.

Milano 16 novembre 1992 Antonio Moscato

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DA «TERRORE E MISERIA DEL TERZO REICH» (*)

Quando nel quinto anno udimmo chi di se stesso proclama «Iddio mi manda», per la sua guerra già pronto, forgiati già tanks, cannoni, corazzate, e a punto nei loro hangars gli aerei, in tale numero che, levandosi in aria ad un suo cenno, oscurerebbero il cielo, volemmo guardare intorno a noi che gente, che specie d'uomini, in quali condizioni e pensieri, egli avrebbe raccolto la sua insegna. Li passammo in rassegna.Eccoli, vengono avanti. Una pallida confusa mandria. E innanzi, alta, su un drappo rosso una croce che porta un grosso uncino per la povera gente.E chi non può marciare a quattro zampe striscia per la sua guerra grande. Non si sentono grida o lamenti, non mormorii né domande per lo strepito delle fanfare.Con donne vengono e bambini scampati a cinque inverni, ma non ne vedranno altri cinque. I vecchi e i malati trascinano e ci fanno passare in rivista. Tutto il suo esercito intero.

Bertolt Brecht

(*) ventiquattro strofe introducono altrettante scene del-la composizione teatrale