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Facoltà di Ingegneria

Corso di Cultura europea

Anno Accademico2006 / 2007

Lezioni 11 e 12

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Politica industriale

Politica di ricerca e sviluppo

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Definizione della politica industrialeNon esiste una definizione univoca di politica industriale.

Una delle più recenti definisce la politica industriale come:“quel complesso di interventi deciso e organizzato da un soggetto pubblico, mirante a influenzare con strumenti di carattere microeconomico il sistema industriale secondo direzioni, tempi ed entità diverse da quanto sarebbe avvenuto in assenza degli interventi stessi, per perseguire finalità che il soggetto pubblico ritiene rilevanti” *.

Elementi chiave della politica industriale sono quindi:

il carattere pubblico dell’intervento;

l’uso degli strumenti microeconomici – ovvero di interventi su specifiche imprese, settori o mercati, con effetti sull’offerta produttiva – che si differenziano da quelli macroeconomici (politiche fiscali, monetarie e dei cambi), che influenzano il lato della domanda;

l’interferenza con il meccanismo del mercato, considerato inadeguato a conseguire le finalità pubbliche e il benessere collettivo.

* Ninni A. - Silvi F., La politica industriale, Laterza, Bari, 1997.

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4Fonte: Eurostat

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5Fonte: Eurostat

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6Fonte: Eurostat

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La politica industriale nell’Unione europeaIl Trattato istitutivo della CEE non faceva alcun riferimento alla politica industriale,

dal momento che si riteneva che l’abolizione delle barriere protezionistiche ed il regime di libera concorrenza avrebbero stimolato le modifiche strutturali necessarie all’industria comunitaria.Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1993 la politica industriale è diventata un obiettivo fondamentale della costruzione europea.

È soltanto nell’ultimo biennio, tuttavia, che si è ricominciato a discutere in tutta Europa di politica industriale a causa delle difficoltà che incontrano le economie europee e che hanno indotto la Commissione europea a lanciare ripetuti segnali d’allarme:

la performance economica dell’Europa durante gli anni ’90 è stata deludente sia in termini assoluti che in rapporto a quella degli Stati Uniti d’America;

la dinamica della produttività del lavoro, che dal 1970 era cresciuta maggiormente in Europa rispetto agli Stati Uniti, a partire dal 1995 ha cambiato direzione ed il PIL pro capite dell’UE si è attestato al 70% di quello USA.

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8Fonte: Eurostat

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9Fonte: Eurostat

= EU-15

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Nota: la produttività del lavoro

La produttività del lavoro corrisponde alla quantità di lavoro necessario per produrre un'unità di un bene specifico.

Da un punto di vista macroeconomico, si misura la produttività del lavoro tramite il prodotto interno di un paese (PIL) per persona attiva.

La crescita della produttività dipende dalla qualità del capitale fisico, dal miglioramento delle competenze e della manodopera, dai progressi tecnologici e dalle nuove forme di organizzazione.

La crescita della produttività è la fonte principale della crescita economica.

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Innovazione, innanzi tutto!L’incremento nel livello di produttività del lavoro negli USA è attribuibile alla maggiore capacità delle imprese americane di gestire le dinamiche economiche ed i cambiamenti del mercato e, in particolare, lo spostamento dei consumi verso prodotti che implicano un maggior contenuto di conoscenza e di processi innovativi.

L’adattamento al mercato comporta la necessità di modifiche radicali tanto nelle istituzioni economiche che nelle strutture organizzative aziendali, in termini di:

minore integrazione verticale; maggiore mobilità dei fattori di produzione (capitale e, soprattutto, lavoro); flessibilità nel mercato del lavoro; maggiore facilità di accesso al credito ed alle fonti di finanziamento; investimenti nella formazione professionale (soprattutto quella superiore); investimenti in attività di ricerca e sviluppo;

per le quali le imprese americane si sono mostrate molto più dinamiche di quelle europee.

L’innovazione, in particolare, è considerata la chiave di volta della competitività di una nazione, soprattutto in settori come le comunicazioni, l’informazione, le scienze della vita e le biotecnologie, i trasporti.

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I problemi delle economie europee … *

Dal 1995 in poi la crescita globale della produttività europea ha accusato una marcata flessione, anche se i risultati ottenuti variano considerevolmente da uno Stato membro all’altro.Le cause principali sono la ridotta capacità di trarre vantaggio dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ITC), la lentezza nell’innovare il nostro ambiente di lavoro e nello sviluppare capacità professionali nuove ed attuali e l’insufficienza dei cambiamenti organizzativi.

Sul piano economico l’integrazione europea è lungi dall’esser completa.I vantaggi derivanti dal mercato unico in particolare non si sono ancora fatti veramente sentire nei settori sui quali la riforma ha inciso meno e di conseguenza la concorrenza non è stata intensificata, quali ad esempio i mercati dell’energia, dei trasporti, dei servizi in genere e di quelli finanziari in particolare.

L’impegno dell’Europa nelle attività di R&S risulta inferiore a quello di Stati Uniti e Giappone.Nonostante le valide iniziative di alcuni Stati membri i provvedimenti volti ad aumentare il volume degli investimenti in attività di ricerca ed a migliorare il contesto in cui intervengono sono stati frammentari e privi d’incisività.

* da: Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, Alcune questioni fondamentali in tema di competitività europea – Verso un approccio integrato, 2003.

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… segue I risultati ottenuti in Europa in fatto d’innovazione continuano anch’essi ad essere

inferiori a quelli dei suoi principali concorrenti.I dati più recenti segnalano che per tutta una gamma d’indicatori fondamentali il distacco tra UE e USA è ancora considerevole. La debolezza degli europei per quanto riguarda le richieste di brevetti persiste, in particolare nei settori ad elevato contenuto tecnologico. I dati sembrano anche indicare un preoccupante calo nell’apprendimento lungo l’arco della vita lavorativa, da vedersi nel contesto della generale mancanza d’investimenti del settore privato nell’istruzione superiore e nella formazione professionale in Europa rispetto ai principali concorrenti.

L’Europa continua a soffrire di una “insufficienza imprenditoriale”.La professione d’imprenditore è un’opzione presa in considerazione molto meno spesso che negli Stati Uniti. È di fondamentale importanza migliorare gli atteggiamenti verso l’imprenditorialità e rafforzare gli incentivi al lavoro autonomo.

L’Europa tuttavia ha bisogno non solo di un numero maggiore d’imprenditori, ma anche di condizioni idonee a sostenere la crescita delle imprese.La mancanza di sostegno finanziario, la complessità delle procedure amministrative e la mancanza di manodopera qualificata vengono tuttora identificate come gli ostacoli principali al lancio ed all’espansione di un’impresa. Ciò risulta particolarmente vero per settori ad elevata intensità tecnologica quali quello delle biotecnologie, nel quale recentemente il numero delle nuove imprese in fase d’avviamento risultava più elevato in Europa che negli USA, ma la crescita risente pesantemente delle inadeguate possibilità di accesso a capitali di rischio.

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I problemi dell’economia italianaL’economia italiana (insieme con quella tedesca) presenta il tasso di

crescita più basso tra gli Stati dell’UE, a causa della perdita di competitività del settore industriale: ciò ha determinato un progressivo arretramento dei prodotti italiani sui mercati internazionali ed una notevole riduzione della loro quota, passata dal 4,5% del 1995 al 3% del 2003.

Il sistema industriale italiano è giudicato molto negativamente dagli osservatori, in particolare per:

il “nanismo” delle imprese;

la crisi e/o la scomparsa di grandi imprese, un tempo leader nei rispettivi settori;

la riduzione degli investimenti diretti dall’estero (cioè minore capacità di attrazione degli investimenti esteri).

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“Deindustrializzazione”?

I problemi che l’UE incontra in fatto di competitività trovano eco in preoccupazioni riguardanti il rischio che l’Europa possa essersi avviata verso un processo di “deindustrializzazione”.

Per “deindustrializzazione” s’intende il declino a lungo termine del settore manifatturiero. Ciò comporta un calo in termini assoluti dei livelli di occupazione, produzione, redditività e stock di capitale del settore manifatturiero, nonché un calo assoluto delle esportazioni di manufatti con la comparsa di disavanzi persistenti della bilancia commerciale per quanto riguarda tali prodotti.

A partire dal 1979 il settore manifatturiero ha fatto registrare notevoli perdite di posti di lavoro. I più massicci cali occupazionali nel periodo 1979-1985 si sono riscontrati nel settore primario ma anche nei comparti delle apparecchiature per le telecomunicazioni e le trasmissioni radiotelevisive oltre che in quello degli equipaggiamenti per i trasporti. Queste perdite di posti di lavoro sono proseguite fino ad ora, seppure con alcune eccezioni di secondaria importanza, confermando il rallentamento dell’attività economica nel vecchio continente.

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Produttività della manodopera nell’UE nel settore manifatturiero e nel complesso dell’economia (USA= 1,0)

,75

0,8

,85

0.9

,95

1

1979 1982 1985 1988 1991 1994 1997 2000

Settore manifatturiero Complesso dell’economia

Fonte: Eurostat

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17Fonte: Eurostat

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Gli strumenti della politica industriale

utilizzati finora dai governi nazionali

Interventi diretti tramite aziende pubbliche.

Uso della domanda pubblica: appalti di opere pubbliche; acquisto diretto di beni e servizi.

Interventi di tipo protezionistico: diretti: dazi doganali e contingentamenti; indiretti: standard e normative tecniche.

Sussidi erogati alle imprese, sotto qualsiasi forma: trasferimenti diretti; finanziamenti agevolati; agevolazioni fiscali; garanzie pubbliche.

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Principali critiche Si tratta di misure che determinano un puro e semplice

trasferimento di risorse alle imprese considerate strategiche.

Le imprese destinatarie delle misure, certe di poter contare sugli aiuti pubblici, sono indotte a prestare scarsa o nulla attenzione al contenimento dei costi ed alla valutazione dei rischi connessi agli investimenti.

Finora, i provvedimenti di carattere settoriale o selettivo hanno portato a risultati non particolarmente brillanti e, comunque, inadeguati ad affrontare la concorrenza internazionale.

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Caratteristiche dei “nuovi” strumenti

della politica industrialeL’attuale orientamento è indirizzato verso politiche in grado di influire sull’efficienza dell’apparato industriale nel suo complesso.

Si tratta, in altri termini, di adottare misure orientate non tanto al sostegno di specifici settori e/o imprese quanto piuttosto alla creazione delle condizioni favorevoli allo svolgimento delle attività produttive.

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Gli attuali strumenti di politica industriale 1° tipologia

Fornitura di beni pubblici o semi-pubblici che il mercato produce in quantità sub-ottimali: infrastrutture a rete: trasporti, energia, comunicazioni; istruzione; difesa dell’ambiente; normative tecniche.

2° tipologiaRegolamentazione dei mercati e delle attività economiche svolte dai privati.

3° tipologiaPolitiche (orizzontali) riguardanti i fattori produttivi: finanziamento della formazione e riqualificazione della manodopera; incentivazione dell’innovazione tecnologica; politiche energetiche (per garantire l’approvvigionamento delle fonti ed il loro uso

razionale); promozione delle esportazioni (assicurazione dei crediti all’esportazione, fornitura

dei servizi reali, certificazione di qualità dei prodotti, ecc.).

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Quindi: dalla politica industriale

alla “politica per l’industria”Lo spostamento di accento si giustifica con la duplice constatazione che:

1. le precedenti misure hanno portato a risultati affatto soddisfacenti;

2. le attività economiche risentono in misura sempre maggiore del contesto sociale, della qualità e dell’efficienza delle strutture istituzionali all’interno delle quali si trovano ad operare.

È sempre più evidente, ad esempio, che la qualità del sistema educativo e l’efficienza della P.A. sono fattori determinanti per la competitività complessiva di un regime economico.

In quest’ottica, la politica industriale non può più limitarsi all’adozione di misure rivolte a singole imprese o settori industriali, ma deve mirare ad influire su tutto il contesto economico e sociale, in modo favorevole alle attività produttive.

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La politica per l’industria nell’Unione europeaTale orientamento innovativo è tracciato nel Trattato di Maastricht che,

per la prima volta nella storia dell’Unione, contiene un’esplicito riferimento all’opportunità di attuare politiche per lo sviluppo della competitività industriale (art. 130), delle reti infrastrutturali (art. 129) e dell’innovazione e la ricerca (art. 130 F), mentre l’art. 157 definisce i compiti ed i ruoli delle istituzioni comunitarie in questi ambiti.

La Commissione europea, al fine di dare concreta attuazione a tali direttive, ha pubblicato due documenti, nei quali traccia le azioni da seguire:

Una politica di competitività industriale per l’Unione europea (COM/1994/319 DEF), nel quale suggerisce 4 priorità: promuovere gli investimenti intangibili in capitale umano; sviluppare la cooperazione industriale; garantire una concorrenza adeguata; modernizzare il ruolo dello Stato.

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… segue

La politica industriale in un’Europa allargata (COM/2002/714 DEF), nel quale la Commissione, partendo dalla constatazione che tra il 1970 ed il 2001 la quota dei servizi sul PIL europeo è aumentata, passando dal 52% al 71%, mentre la quota del settore manifatturiero è scesa dal 30% ad appena il 18%, e che la produttività del lavoro dell’industria europea continua a registrare una bassa crescita rispetto a quella degli Stati Uniti, individua tre aree centrali di intervento: la conoscenza; l’innovazione; la capacità imprenditoriale.

Per sviluppare tali aree la Commissione propone numerose misure di politica industriale, tutte volte a creare e garantire un contesto favorevole alla competitività dell’industria europea.

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Gli obiettivi della Commissione europea

Attraverso la politica industriale, la Commissione europea si propone di realizzare i seguenti obiettivi:

promuovere lo spirito imprenditoriale, incoraggiare l'innovazione, elaborare un ambiente commerciale e normativo favorevole allo

sviluppo delle imprese e all'innovazione, rafforzare la competitività delle imprese in un'economia basata sulla

conoscenza, migliorare l'ambiente finanziario delle imprese, favorire la cooperazione fra le imprese ed assicurare la prestazione

di servizi di assistenza e consulenza alle imprese, migliorare l'accesso ai mercati, promuovere una migliore utilizzazione dei servizi.

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È evidente …

che la Commissione concepisce la politica industriale più come un quadro di regole certe ed uguali per tutti che non come misure di sostegno ad hoc, che rischiano di falsare il regime concorrenziale.

In questo contesto, si comprende anche l’impegno a controllare e ridurre gli aiuti di Stato alle imprese.

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Lo scopo finale: ridurre le debolezze delle PMIQuali sono i principali punti deboli delle piccole e medie imprese?

La difficoltà di operare in un contesto amministrativo e burocratico estremamente complesso.

L’insufficiente formazione dei dirigenti d’azienda.

La scarsa volontà dei dirigenti di delegare la gestione delle proprie imprese a collaboratori qualificati (abbandonando la tipica gestione familiare).

La scarsa conoscenza e le difficoltà di accesso alle fonti di finanziamento.

La limitata possibilità di accesso al capitale tecnologico mondiale (brevetti, know-how, ecc.).

La difficoltà di disporre di servizi professionali qualificati.

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La ricerca scientifica nell’Unione europea

“La ricerca è un investimento nel nostro benessere futuro. I frutti delle attività realizzate oggi si potranno raccogliere solo tra molti anni, ma le generazioni future rischiano di pagare caro i mancati investimenti di oggi.” *

La ricerca europea è fortemente penalizzata dalla frammentazione delle politiche condotte dagli Stati membri e dalla dispersione delle risorse che ne consegue.

Da qui la necessità di una politica comunitaria per la ricerca scientifica che riesca a coordinare le politiche nazionali in modo da definire e realizzare programmi di interesse comune.

* Da: Commissione europea, Guardando al futuro. La ricerca scientifica nell’Unione europea, 2005.

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La ricerca scientifica ci consente di acquisire nuove conoscenze riguardo al mondo e dà origine ad invenzioni che trasformano la nostra vita. L’Europa vanta un’illustre tradizione di scoperte ed invenzioni; due secoli fa ha avviato la rivoluzione industriale.

Anche la grande rete mondiale (World Wide Web) è stata inventata in Europa - presso il CERN (Organizzazione europea per la ricerca nucleare) di Ginevra - ma sono in pochi a saperlo. La rete è stata fondamentale per il successo di Internet anche se questa è considerata un’invenzione esclusivamente degli Stati Uniti perché è lì che il suo uso commerciale è stato sviluppato.

Le imprese e gli istituti di ricerca europei continuano a fare nuove scoperte interessanti nel settore della fisica e delle scienze della vita e stanno elaborando tecnologie nel campo dell’energia e dell’informazione che plasmeranno il mondo di domani … e di dopodomani.

Le singole imprese e i centri di ricerca nazionali in Europa, tuttavia, non dispongono sempre delle risorse necessarie per competere nell’attuale economia mondiale. Devono, in particolare, affrontare la forte concorrenza degli Stati Uniti e dell’Asia. Inoltre, la spesa annuale di ricerca degli Stati Uniti e del Giappone è più elevata di quella dell’Unione europea.

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31Fonte: Eurostat

= EU-15

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32Fonte: Eurostat

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Motivi a favore di un approcciocomunitario alla ricerca scientifica: Costi elevati. Al fine di evitare sprechi e duplicazioni di risorse finanziarie, tecniche ed umane, si

rende necessario razionalizzare l’utilizzo di ricercatori, strumenti, laboratori e finanziamenti, oltre che definire le priorità e suddividere il lavoro, assicurando in tal modo che nessun settore importante sia dimenticato.

Chiara e condivisa definizione degli obiettivi economici, sociali, politici e militari.

Partecipazione degli Stati minori. Un’equa ripartizione dei compiti garantisce la partecipazione all’attività di R&S degli Stati membri più piccoli, che altrimenti sarebbero esclusi a causa delle risorse limitate di cui dispongono.

Coinvolgimento delle PMI, poco innovative a causa delle carenze strutturali e finanziarie loro caratteristiche.

Risultati incerti e apprezzabili soltanto dopo molti anni.

Necessità di disporre di reti e banche-dati internazionali che siano accessibili dai ricercatori di tutti gli Stati membri.

Diffusione delle conoscenze acquisite. Tutti gli Stati membri, le persone e le imprese europee hanno il diritto di richiedere alla Commissione l’autorizzazione a beneficiare delle licenze non esclusive su brevetti, modelli, ecc., di proprietà dell’UE.

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Le attività di ricerca dell’UE Ricerca di base – attività di ricerca diretta.

È condotta direttamente dall’Unione europea all’interno dei laboratori del CCR (Centro comune di ricerca) che si occupa di: fusione termonucleare controllata alla sicurezza nucleare; tecnologie dell’informazione e telecomunicazioni, tecnologie industriali, protezione dell’ambiente, biologia e biotecnologia,

tutte attività finanziate interamente dal bilancio dell’UE.

Sviluppo “precompetitivo” della tecnologia avanzata, nucleare, informatica, aeronautica e aerospaziale – attività di ricerca indiretta.È condotta da istituti di ricerca, università e laboratori privati, attraverso la partecipazione finanziaria della Commissione (che copre il 50% dei costi) ed il coinvolgimento di almeno due partner di Stati membri diversi.

Sviluppo industriale – attività di ricerca concertata.L’UE si limita a definire il quadro d’azione generale all’interno del quale i ricercatori degli Stati membri possono operare in tutta libertà.

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Il VII programma quadro 2007-2013La «nave ammiraglia» della partecipazione dell’Unione europea

alla ricerca è il VII Programma Quadro. Tale programma, la cui durata prevista è di sette anni (dal 2007 al 2013), beneficia di uno stanziamento di bilancio pari a circa 72 miliardi di euro, che rappresenta un aumento notevole rispetto ai 17,5 miliardi di euro del precedente PQ.

Tale aumento è dovuto principalmente alla maggiore durata del VII PQ (7 anni invece dei 5 del VI PQ) e all’allargamento dell’Europa a 27 paesi, ma è anche il segno di come le istituzioni europee puntino sempre di più sulla politica di R&S quale fattore critico di sviluppo.

Per questo motivo, parallelamente ai finanziamenti europei, le percentuali di investimento in R&S rispetto al PIL dovrebbero crescere anche all’interno dei singoli Stati membri, Italia in testa.

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Quattro programmi specifici principali Il VII PQ è articolato in quattro programmi specifici che

corrispondono a quattro obiettivi fondamentali della politica europea di ricerca, mediante il finanziamento dei quali si mira alla creazione di “poli di eccellenza europei”:

“Cooperazione”

“Idee”

“Persone”

“Capacità”

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VII PQ “Cooperazione”Uno dei principali obiettivi del 7° programma quadro è di fare dell'Europa il primo polo scientifico e tecnologico mondiale. In tal senso, il programma specifico Cooperazione mira a sostenere la cooperazione tra università, industrie, centri di ricerca e enti pubblici sia in seno all'Unione europea (UE) che con il resto del mondo.

Questo programma scientifico comporta 9 tematiche che corrispondono ai principali settori di progresso delle conoscenze e delle tecnologie in cui occorre rafforzare la cooperazione transnazionale per affrontare le sfide che si pongono in Europa sul piano sociale, economico, ambientale e industriale:

salute; prodotti alimentari, agricoltura e biotecnologie; tecnologie dell'informazione e della comunicazione; nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione; energia; ambiente (ivi compresi i cambiamenti climatici); trasporti (ivi compresa l'aeronautica); scienze socioeconomiche e umane; sicurezza e spazio.

In termini di stanziamenti di bilancio, l'importo ritenuto necessario per l'esecuzione del programma specifico ammonta a 32.413 milioni di euro per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

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VII PQ “Idee”Il programma specifico «Idee» persegue vari importanti obiettivi destinati a migliorare la competitività e il benessere in Europa:

rafforzare l'eccellenza, il dinamismo e la creatività della ricerca europea; fare dell'Europa un polo di attrazione per i migliori ricercatori dei paesi

europei e dei paesi terzi, ma anche degli investimenti delle imprese di ricerca;

porre la ricerca europea in una posizione di leadership nel progresso scientifico;

aprire la strada a nuovi progressi scientifici e tecnologici; incentivare la circolazione delle idee; consentire una valorizzazione più adeguata dei punti forti della società

della conoscenza europea.

In termini di stanziamenti di bilancio, l'importo ritenuto necessario per l'esecuzione del programma specifico ammonta a 7.510 milioni di euro per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

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VII PQ “Persone”

L'obiettivo globale del programma è il potenziamento, quantitativo e qualitativo, del potenziale umano nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico in Europa. A tale scopo devono essere adottate varie iniziative:

incentivare le persone a intraprendere una carriera nella ricerca; incoraggiare i ricercatori a rimanere in Europa; attirare in Europa i ricercatori dei paesi terzi; migliorare lo scambio di conoscenze fra paesi, settori, organismi e

discipline; rafforzare la partecipazione delle donne alla ricerca ( ) e allo sviluppo

tecnologico.

In termini di bilancio, l'importo stimato necessario per l'esecuzione del programma specifico ammonta a 4.750 milioni di euro per il periodo compreso fra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2013.

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VII PQ “Capacità” – CCR ed EuratomNella prospettiva della continuità con le azioni condotte in precedenza, il programma

specifico "Capacità" mira essenzialmente all'introduzione di nuove infrastrutture di ricerca e innovazione in tutta l'Europa.A tal fine, il programma prevede in particolare un approccio strategico in due fasi: una fase preparatoria e una fase di costruzione. Tale approccio riguarda i seguenti settori:

le infrastrutture di ricerca; la ricerca a vantaggio delle PMI; le regioni della conoscenza; il potenziale di ricerca; la scienza nella società; le attività orizzontali di cooperazione internazionale.

In termini di bilancio, l'importo stimato necessario per l'esecuzione del programma specifico ammonta a 7 486 milioni di euro per il periodo compreso fra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2013.

Infine, il Settimo programma quadro finanzierà le azioni dirette del Centro comune di ricerca (CCR) e le azioni previste dal programma quadro EURATOM nei seguenti settori:

la ricerca sull'energia di fusione; la fissione nucleare e la radioprotezione.

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Capitoli 16 e 17 Moussis

Capitolo 16:

Fino a § 16.2 (compreso)

Capitolo 17:

Fino a § 17.3 (compreso)

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Grazie per l’attenzione e …

BUON LAVORO!

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Corso di Cultura europeaProf. Laura del Pezzo

Calendario esami per il mese di giugno:

• venerdì 1 aula IIA5 ore 10,30

• giovedì 7 aula IIA5 ore 10,30

• venerdì 8 aula IIA5 ore 10,30

• martedì 12 aula IIA5 ore 10,30

• giovedì 14 aula IIA5 ore 10,30 (da confermare)

Si informano gli studenti che, a causa di intervento chirurgico, il calendario degli esami per il mese di luglio sarà comunicato non appena possibile e che l’attività di ricevimento degli studenti sarà sospesa dal 15 giugno a data da stabilire.