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Facciamo il punto su: i pacemaker “leadless” A cura di Massimo Zecchin Dal 1958, anno in cui Rune Elmquist e Ake Senning hanno eseguito il primo impianto di pacemaker artificiale su un paziente, vi sono stati significativi progressi in termini di dimensioni e durata dei dispositivi e capacità diagnostiche e terapeutiche delle bradiaritmie. Tuttavia la tecnologia è sempre rimasta sostanzialmente legata alla necessità di impiantare un generatore per via chirurgica, in sede sottocutanea o sottomuscolare, in grado di sentire e stimolare il cuore attraverso elettrocateteri posizionati per via transvenosa in atrio, in ventricolo destro ed in un ramo del seno coronarico (per la terapia di resincronizzazione). Fanno eccezione i soli dispositivi impiantati in corso di interventi di cardiochirurgia collegati al cuore attraverso elettrodi epicardici. Ogni anno circa 1 milione di nuovi pacemaker vengono impiantati in tutto il mondo, di cui 45.000 in Italia 1 . L'impianto di pacemaker convenzionale è associato ad un tasso di complicanze non particolarmente elevato, ma nemmeno irrilevante (tra 1 e 6%, ma anche fino al 12% in alcune casistiche) a livello della tasca del generatore e degli elettrodi transvenosi. 2 Le complicanze più frequenti si possono verificare a livello dell'accesso venoso (pneumotorace, ostruzione venosa), degli elettrodi (dislocazione, erosione o rottura degli elettrodi, endocardite), della tasca del generatore (ematoma, infezione da tasca, erosione del dispositivo). Dallo 0,7% al 2,4% dei pazienti va incontro a gravi complicazioni relative al generatore di impulsi posizionato sottocutaneo: erosione della pelle, infezione da tasca e setticemia. L’endocardite correlata ad infezione del pacemaker ha un rischio di mortalità elevato, fino al 35% 3 . L’infezione di tasca o dell’elettrodo rendono necessaria la rimozione dell’intero sistema con estrazione degli elettrodi. Inoltre, nel lungo termine, gli elettrodi possono andare incontro a perdita dell’isolamento elettrico e/o frattura del conduttore; anche in questo caso vi può essere la necessità di estrazione, o quanto meno di sostituzione degli elettrodi, lasciando abbandonati quelli non funzionanti. In tutti questi casi le problematiche, legate alla presenza di aderenze non solo nel cuore ma lungo tutto il decorso intravenoso degli elettrodi, rendono l’estrazione o anche il solo riposizionamento di un nuovo elettrodo una procedura ad elevato rischio e complessità. L’idea di impiantare un dispositivo interamente intracardiaco, senza elettrodi nel sistema venoso né tasca sottocutanea/sottomuscolare in cui posizionare il generatore, è nata già nei primi anni settanta. 4 Il dispositivo allora concepito, non molto diverso in termini di forma e dimensioni rispetto a quelli attuali, non fu sviluppato per carenze tecnologiche legate soprattutto alla durata della batteria. Soltanto negli ultimi anni, infatti, l’idea si è potuta concretizzare, con il primo impianto eseguito nell’uomo nel 2012. Due sistemi sono disponibili per uso clinico: il Nanostim Leadless Cardiac Pacemaker (LCP; Abbott Laboratories, Chicago, Illinois, Stati Uniti) ed il Micra Transcatheter Pacing System (TPS; Medtronic Inc., Dublin, Irlanda). Il Nanostim ha ricevuto l'approvazione del marchio per l'uso europeo (CE) nel mese di ottobre del 2013 e rimane in esame negli Stati Uniti e il Canada. Il Micra TPS ha ricevuto entrambe le approvazioni CE e Food and Drug Administration (FDA) rispettivamente nell'aprile 2015 e nel 2016. Entrambi i dispositivi sono in grado di fornire la sola stimolazione del ventricolo destro con funzione rate-response (VVIR). Il Nanostim (42 x 5,99 mm) è più lungo e più sottile del Micra (25,9-6,7 mm), con analogo volume (1,0 vs 0,8 cm 3 ). I due sistemi differiscono inoltre per sistema di

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Facciamo il punto su: i pacemaker “leadless”

A cura di Massimo Zecchin

Dal 1958, anno in cui Rune Elmquist e Ake Senning hanno eseguito il primo impianto di pacemaker artificiale su un paziente, vi sono stati significativi progressi in termini di dimensioni e durata dei dispositivi e capacità diagnostiche e terapeutiche delle bradiaritmie. Tuttavia la tecnologia è sempre rimasta sostanzialmente legata alla necessità di impiantare un generatore per via chirurgica, in sede sottocutanea o sottomuscolare, in grado di sentire e stimolare il cuore attraverso elettrocateteri posizionati per via transvenosa in atrio, in ventricolo destro ed in un ramo del seno coronarico (per la terapia di resincronizzazione). Fanno eccezione i soli dispositivi impiantati in corso di interventi di cardiochirurgia collegati al cuore attraverso elettrodi epicardici. Ogni anno circa 1 milione di nuovi pacemaker vengono impiantati in tutto il mondo, di cui 45.000 in Italia1. L'impianto di pacemaker convenzionale è associato ad un tasso di complicanze non particolarmente elevato, ma nemmeno irrilevante (tra 1 e 6%, ma anche fino al 12% in alcune casistiche) a livello della tasca del generatore e degli elettrodi transvenosi.2 Le complicanze più frequenti si possono verificare a livello dell'accesso venoso (pneumotorace, ostruzione venosa), degli elettrodi (dislocazione, erosione o rottura degli elettrodi, endocardite), della tasca del generatore (ematoma, infezione da tasca, erosione del dispositivo). Dallo 0,7% al 2,4% dei pazienti va incontro a gravi complicazioni relative al generatore di impulsi posizionato sottocutaneo: erosione della pelle, infezione da tasca e setticemia. L’endocardite correlata ad infezione del pacemaker ha un rischio di mortalità elevato, fino al 35%3. L’infezione di tasca o dell’elettrodo rendono necessaria la rimozione dell’intero sistema con estrazione degli elettrodi. Inoltre, nel lungo termine, gli elettrodi possono andare incontro a perdita dell’isolamento elettrico e/o frattura del conduttore; anche in questo caso vi può essere la necessità di estrazione, o quanto meno di sostituzione degli elettrodi, lasciando abbandonati quelli non funzionanti. In tutti questi casi le problematiche, legate alla presenza di aderenze non solo nel cuore ma lungo tutto il decorso intravenoso degli elettrodi, rendono l’estrazione o anche il solo riposizionamento di un nuovo elettrodo una procedura ad elevato rischio e complessità. L’idea di impiantare un dispositivo interamente intracardiaco, senza elettrodi nel sistema venoso né tasca sottocutanea/sottomuscolare in cui posizionare il generatore, è nata già nei primi anni settanta.4 Il dispositivo allora concepito, non molto diverso in termini di forma e dimensioni rispetto a quelli attuali, non fu sviluppato per carenze tecnologiche legate soprattutto alla durata della batteria. Soltanto negli ultimi anni, infatti, l’idea si è potuta concretizzare, con il primo impianto eseguito nell’uomo nel 2012. Due sistemi sono disponibili per uso clinico: il Nanostim Leadless Cardiac Pacemaker (LCP; Abbott Laboratories, Chicago, Illinois, Stati Uniti) ed il Micra Transcatheter Pacing System (TPS; Medtronic Inc., Dublin, Irlanda). Il Nanostim ha ricevuto l'approvazione del marchio per l'uso europeo (CE) nel mese di ottobre del 2013 e rimane in esame negli Stati Uniti e il Canada. Il Micra TPS ha ricevuto entrambe le approvazioni CE e Food and Drug Administration (FDA) rispettivamente nell'aprile 2015 e nel 2016. Entrambi i dispositivi sono in grado di fornire la sola stimolazione del ventricolo destro con funzione rate-response (VVIR). Il Nanostim (42 x 5,99 mm) è più lungo e più sottile del Micra (25,9-6,7 mm), con analogo volume (1,0 vs 0,8 cm3). I due sistemi differiscono inoltre per sistema di

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fissazione: il Nanostim impiega un sistema di fissazione a vite, con una profondità massima di penetrazione di 1,3 mm; il Micra utilizza “ancore” di nitinolo che si fissano all’endocardio. Entrambi i dispositivi sono compatibili con la Risonanza Magnetica Nucleare. MRI: il Micra ha ricevuto l'approvazione FDA e il marchio CE per l'uso con sistemi MRI di 1,5 e 3,0-T; il Nanostim ha ricevuto il marchio CE per l'utilizzo con sistemi MRI a 1,5-T. Figura 1 - I pacemaker leadless attualmente disponibili5

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Tecnica d’impianto Entrambi i sistemi vengono impiantati nel ventricolo destro mediante approccio venoso femorale. Il Micra utilizza un introduttore 23 F (con diametro esterno 27F, ossia circa 9 mm), il Nanostim 18F. L’introduttore, abbastanza lungo da raggiungere l’atrio desto, permette di posizionare il dispositivo di rilascio in ventricolo, in particolare a livello della regione medio-apicale del setto, cercando di evitare l’apice e la parete libera del ventricolo destro, dove è maggiore il rischio di perforazione. Per quanto riguarda il Micra, una volta identificata la sede d’impianto, utilizzando mezzo di contrasto iniettato dal dispositivo di rilascio per visualizzare la posizione ed il contatto con la parete, si procede al rilascio del pacemaker, con scorrimento delle barbe in nitinolo perpendicolarmente al dispositivo, all’interno dello strato superficiale di endocardio o in una trabecola. Il pacemaker, una volta fuoriuscito dall’introduttore, è ancorato al cuore, ma ancora collegato all’introduttore attraverso un filo di seta. Vengono successivamente eseguite le misure elettriche via wireless (posizionando la bacchetta del programmatore sul torace). In presenza di segnali e soglie di stimolazione adeguate viene eseguito un test di trazione, tirando leggermente il filo che collega il pacemaker all’introduttore per verificare il corretto movimento di almeno 2 delle 4 ancore di nitinolo, necessarie per garantire un ancoraggio sicuro. Successivamente, il filo viene tagliato e lentamente ritirato, lasciando il sistema completamente libero. La soglia di stimolazione ottimale all’impianto dovrebbe essere < 1 V @ 0,24 msec. Qualora le misure elettriche non siano adeguate (elevata soglia di stimolazione, basso segnale endocavitario, impedenza al di fuori del range suggerito) il sistema può essere riposizionato all’interno dell’introduttore, ritirando le ancore di nitinolo. Questa operazione è relativamente semplice finché il pacemaker è collegato all’introduttore attraverso il filo di seta e permette di ripetere la manovra di rilascio in un’altra sede ritenuta più idonea. Dopo la rimozione dell’introduttore si può ottenere l’emostasi con la semplice pressione manuale, eventualmente posizionando un punto di sutura ad 8 oppure dispositivi di chiusura vascolari disponibili. L’impianto del Nanostim è simile in molti passaggi. Una volta posizionato il sistema di rilascio in ventricolo destro, il pacemaker viene posizionato a contatto del setto e vengono eseguiti i test prima della fissazione. Anche in questo caso può essere utile eseguire, attraverso il dispositivo di rilascio, iniezione di mezzo di contrasto per verificare il corretto posizionamento in rapporto con il setto e l’apice. Il dispositivo viene quindi fissato attraverso la vite utilizzando il meccanismo di fissaggio attivo e successivamente rilasciato. La curva di apprendimento per eseguire l’impianto in autonomia viene completata in genere dopo 5-10 impianti.

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Figura 2 - Sistemi d’impianto5

Nanostim (Abbott) Micra (Medtronic)

Studi clinici Il primo studio clinico sui dispositivi leadless è stato il LEADLESS Trial.6 Sui 33 pazienti con indicazione a stimolazione monocamerale arruolati, l'impianto ha avuto successo in 32; in un paziente si è verificato un tamponamento cardiaco in fase acuta con necessità di intervento cardiochirurgico urgente e successivo decesso per ictus 2 settimane più tardi. Il follow-up a 12 mesi negli altri pazienti ha dimostrato la stabilità dei parametri elettrici e nessuna complicanza.7 Il successivo LEADLESS II 8 ha valutato in oltre 50 centri in tre paesi (USA, Canada e Australia) la sicurezza e l'efficacia del sistema Nanostim su 526 pazienti, di cui 300 seguiti per un minimo di 6 mesi. Il Nanostim è stato impiantato con successo nel 96% dei pazienti. Dopo 6 mesi di follow-up eventi avversi gravi sono stati osservati nel 6,7% dei pazienti (perforazione 1,3%, elevata soglia di stimolazione con necessità di riposizionamento 1,3%, complicazioni vascolari 1,3%). In sei pazienti (1,1%) si è verificata la dislocazione del dispositivo (4 in arteria polmonare e 2 in vena femorale).7 A 12 mesi si è confermata la stabilità dei parametri elettrici, con alcuni episodi di oversensing (in 30 pazienti, 13% dei casi) asintomatici. Il Micra Transcatheter Pacing Trial 9 è uno studio internazionale, multicentrico e prospettico che ha valutato l'efficacia e la sicurezza del dispositivo Micra arruolando 725 pazienti seguiti per 6 mesi. L’impianto è riuscito nel 99% dei pazienti e complicanze significative si sono verificati nel 3,4% dei casi (perforazione cardiaca 1,5%, complicazioni vascolari 0,7% e tromboembolia venosa 0,3%). Non si sono registrate dislocazioni dei dispositivi o infezioni. Un confronto con i dati storici sulle disponibili in letteratura ha dimostrato una minor incidenza di ospedalizzazioni e necessità di revisione del sistema rispetto al sistema tradizionale transvenoso.

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Figura 3 - Confronto tra i principali studi clinici10

Longevità In base ai dati disponibili a 6 mesi, la stima della durata dei pacemaker leadless dovrebbe essere di circa 15 anni per quanto riguarda i Nanostim e di almeno 10 anni per i Micra11. Ovviamente si tratta di stime sul lungo termine effettuate in base a dati registrati nel breve periodo, da considerare con prudenza anche viste le discrepanze osservate in analoghi studi effettuati su pacemaker tradizionali. Inoltre, le stime vanno sempre considerate sulla base dell’impostazione considerata, che non sempre corrisponde a quella effettiva soprattutto in presenza di funzioni di autocattura, che rendono i parametri particolarmente variabili soprattutto in presenza di dipendenza dal pacemaker. In questo caso, infatti, per ridurre il rischio di perdita di stimolazione è prudente stimolare con un’energia sufficientemente elevata da garantire la totalità della cattura ventricolare, mentre in presenza di attività cardiaca spontanea è possibile utilizzare erogazioni ad energie inferiori, anche di poco superiori alla soglia di stimolazione, per risparmiare energia. Da segnalare che nell’ottobre 2016 è stato inviato un avviso di sicurezza sulla batteria dei Nanostim per il riscontro, in 34 dei 1.423 pazienti impiantati, di un malfunzionamento della batteria con scarica precoce a 2,9±0,4 (range 2,3-4) anni dopo l’impianto.12

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Dati “real life” Dall’immissione in commercio, nel mondo sono stati eseguiti a fine 2017 circa 1.400 impianti di Nanostim, di cui 50 in Italia, e 11.000 impianti di Micra (ca 950 in Italia); da poco sono disponibili i primi dati “real life” sull’efficacia e sicurezza dei dispositivi. Per quanto riguarda il Micra sono stati recentemente pubblicati i risultati di due importanti registri. Il Micra Transcatheter Pacing System Post-Approval Registry 13 è un’analisi, tuttora in corso, che ha arruolato al momento 795 pazienti impiantati da 149 medici in 96 centri di 20 paesi; l’88% degli impiantatori non era coinvolto nello studio Micra Transcatheter Pacing Trial e quindi non aveva alcuna esperienza precedente. Tuttavia, il dispositivo è stato impiantato con successo nel 99,6% dei pazienti. Sono state registrate 13 complicanze maggiori in 12 pazienti (1,5%), prevalentemente in sede di puntura venosa; vi sono stati 5 casi di versamento pericardico, con necessità di drenaggio in 2 pazienti; in un paziente vi è stata dislocazione locale, senza embolizzazione, con necessità di riposizionamento del dispositivo. Un paziente ha sviluppato sepsi ma è stato trattato farmacologicamente con successo senza bisogno di espianto. Non vi è stato nessun difetto a livello di telemetria o batteria. I parametri elettrici sono rimasti stabili a distanza di 6 mesi. Il Registro sembra pertanto confermare, anzi migliorare, i dati degli studi clinici sull’efficacia e la sicurezza dei Micra. Per quanto riguarda il Nanostim, lo studio osservazionale LEADLESS, transitoriamente interrotto per un eccesso di perforazioni cardiache con conseguente modifica delle strategie di impianto (in particolare sulla sede, più frequentemente setto-apicale) e riduzione dell’incidenza di perforazioni da 4,6 a 1,5%.14 Una survey dell’European Heart Rhythm Association (EHRA) condotta su un numero di Centri limitato (52) ma rappresentativo di molti paesi europei ha invece analizzato frequenza, indicazioni, strategie e complicanze osservate tra gli operatori, osservando come il costo del dispositivo, più che l’assenza della stimolazione atriale o altre motivazioni cliniche o tecniche, rappresentasse la motivazione principale per il mancato o ridotto utilizzo. 15 Qual è il candidato ideale? I dispositivi leadless al momento sono in grado di seguire solo la stimolazione del ventricolo destro, pertanto i candidati sono innanzitutto pazienti con indicazione a pacemaker monocamerali. In Italia i dispositivi monocamerali sono circa il 25% dei totali, impiantati prevalentemente in pazienti con diagnosi di FA1. Nei pazienti con Sindrome del Nodo del Seno, BAB e blocchi di branca la percentuale di pazienti con dispositivi monocamerali è di circa il 15%. Nei principali studi che ne hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza, in effetti solo il 64% aveva chiara indicazione a dispositivo monocamerale (per la presenza di FA permanente) e solo il 6% motivazioni valide per considerare l’impianto transvenoso non opportuno. In base all’analisi dell’EHRA15 nell’86% dei 52 Centri coinvolti nell’EHRA Electrophysiology Research Network venivano impiantati dispositivi leadless, ma nell’82% meno di 30 e nel 39% meno di 10 dispositivi era stati impiantati nel corso dell’ultimo anno. I dati “real life” hanno analizzato una popolazione con caratteristiche diverse da quella del trial; innanzitutto, diversamente che nei trial clinici, nella “real life” i dispositivi leadless sono stati impiantati anche in pazienti già trattati con pacemaker transvenosi; inoltre un impianto tradizionale non era considerato opportuno più frequentemente (20%) che nel trial clinico ed infine in molti pazienti (40% della popolazione) la percentuale di stimolazione era particolarmente bassa, inferiore al 5%16. Altri dubbi rimangono sulla strategia di scoagulazione; se nei pazienti candidati ad impianto tradizionale è ormai assodato come l’anticoagulante vada mantenuto durante la procedura, ciò non è scontato con i pacemaker leadless considerando il non irrisorio rischio di perforazione e

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complicanze vascolari. Inoltre, non è ancora chiara la fattibilità dell’estrazione, in caso di infezione (evento peraltro apparentemente raro) o come gestire, nel lungo termine, l’esaurimento della batteria, soprattutto nei soggetti giovani in cui sono ipotizzabili numerose sostituzioni. In questi casi, tuttavia, non si può escludere la possibilità di utilizzare l’impianto di leadless per postporre un impianto tradizionale a distanza di molti anni. Tabella 1 - Vantaggi e svantaggi dei dispositivi leadless

Vantaggi Svantaggi

Assenza di potenziali complicanze legate al posizionamento di cateteri endovascolari (pneumotorace, dislocazione dell’elettrodo)

Dati di efficacia e sicurezza limitati a pochi pazienti e pochi studi clinici

Assenza di potenziali complicanze legate alla presenza cronica di cateteri endovascolari (infezione, rottura di cateteri, occlusione venosa, insufficienza tricuspidale)

Assenza di dati nel lungo termine

Assenza di rischio di infezioni della tasca del pacemaker

Incertezza sulla strategia da intraprendere al momento della sostituzione (rimozione e nuovo impianto? Impianto di ulteriore dispositivo? Impianto tradizionale?

Procedura d’impianto generalmente meglio tollerata

Potenziale rischio di embolizzazione in arteria polmonare

Assenza di limitazioni funzionali al movimento delle braccia

Stimolazione solo monocamerale (ventricolo destro)

Vantaggi cosmetici Rischio di perforazione/tamponamento più elevato che nei dispositivi tradizionali

Vantaggi psicologici (il paziente “non sente” la protesi)

Necessità di utilizzo di cateteri venosi di notevoli dimensioni

Durata della batteria potenzialmente superiore a quella dei dispositivi tradizionali

Stima durata della batteria solo su dati di previsione

Procedura di estrazione complessa anche in acuto; dati nel lungo termine (procedura potenzialmente molto complessa); dati clinici disponibili solo entro 1 anno dall’impianto;

Training specifico necessario per gli operatori

Al momento le uniche Linee Guida disponibili sull’impianto dei dispositivi leadless sono quelle della Società Francese di Cardiologia. Le raccomandazioni presenti nel documento, pur essendo necessariamente generiche, contengono anche utili, anche se arbitrarie, indicazioni sulle “facilities” dei Centri e del personale considerate opportune.17

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Possibilità di estrazione Sia il Nanostim che il Micra sono stati concepiti per essere rimossi, se necessario. In particolare, il Nanostim è dotato di un catetere di rimozione dedicato. In uno studio eseguito su 16 pazienti la rimozione del dispositivo Nanostim si è rilevata efficace in 15/16 (94%) senza effetti avversi seri (in particolare nessun versamento pericardico) a distanza di 240 giorni (range 1-1188 dall’impianto)18. Una recente analisi sui dispositivi rimossi in seguito alla segnalazione per un potenziale difetto del generatore d’impulsi ha evidenziato come su un totale di 73 tentativi la rimozione è stata efficace in 66 (90.4%; durata d’impianto da 0.2 a 4.0 anni), dimostrando la possibilità di estrazione del Nanostim, attorno ai quale sembra esserci una scarsa tendenza alla formazione di tessuto fibroso,12 anche nel lungo termine. Per quanto riguarda i dispositivi Micra la rimozione viene eseguita utilizzando sistemi non dedicati, come i “gooseneck” utilizzati per il recupero di materiale endovascolare. Uno studio su 13 pazienti con necessità di rimozione per motivi vari (tra cui un’infezione), la procedura è stata efficace in 8 casi su 10, mentre non era stata neanche tentata in 3 (Micra Transcatheter Pacing System (TPS). FDA Panel pack for Circulatory Systems Devices Panel, meeting date February 18, 2016. http://www.fda.gov/downloads/AdvisoryCommittees/CommitteesMeetingMaterials/MedicalDevices/MedicalDevicesAdvisory Committee/CirculatorySystemDevicesPanel/UCM485094.pdf Accessed September 29, 2016). Considerate le ridotte dimensioni, è comprensibile come studi anatomo-patologici abbiano dimostrato un’incapsulazione attorno ai Micra19 più completa che nei Nanostim. Le dimensioni limitate rendono tuttavia possibile, come dimostrato da studi preclinici, il posizionamento di più dispositivi (fino a 3), senza ripercussioni emodinamiche20. La reale fattibilità di questa strategia in campo clinico rimane ancora sconosciuta. Figura 4 - Sistemi di rimozione dei pacemaker leadless: LCP (Nanostim) e TPS (Micra)21

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Il futuro La possibilità di stimolare il solo ventricolo destro è probabilmente il principale limite degli attuali dispositivi. Dispositivi bicamerali sono ancora in fase di sviluppo. In particolare, non vi è ancora adeguata sicurezza sui metodi di fissazione all’interno di una camera con pareti sottili, come l’atrio destro. Sono invece in avanzata fase di sviluppo pacemaker leadless in grado di comunicare con defibrillatori interamente sottocutanei garantendo la possibilità di stimolazione (monocamerale) e le terapie anti-tachicardiche finora precluse ai portatori di questi ICD.21 Infine sono in fase di studio dispositivi in grado di ricaricarsi, sfruttando le proprietà piezolettriche ed il movimento del cuore o dei polmoni, risolvendo pertanto il problema della necessità di sostituzioni multiple nei pazienti con maggior aspettativa di vita. 22 Terapia di resincronizzazione leadless Un dispositivo in grado di fornire la terapia di resincronizzazione con tecnologia leadless è stato recentemente sviluppato ed è in corso di valutazione. Si tratta di un dispositivo multicomponente (sistema Wise CRT) dotato di un elettrodo di piccole dimensioni (9.1 x 2.7 mm) impiantato per via endocardica in ventricolo sinistro. Un generatore dedicato, posizionato a livello sottocutaneo in sede toracica laterale sinistra, invia impulsi ad ultrasuoni all’elettrodo endocardico, che a sua volta li converte in segnali elettrici. Nello studio pilota WISE-CRT 23 in tutti i pazienti un dispositivo mono-bicamerale (pacemaker o defibrillatore) era precedentemente impiantato; la stimolazione destra veniva avvertita dal sistema WISE CRT che induceva quella sinistra. Lo studio iniziale era stato interrotto per eccesso di complicanze, in particolare tamponamento cardiaco durante posizionamento dell’elettrodo. Successive modifiche del sistema di rilascio dell’elettrodo sembrano aver limitato tale rischio, almeno in base ai dati preliminari su un numero limitato di pazienti. Più recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio SELECT-LV, in cui il sistema WISE-CRT è stato testato su 35 pazienti in cui era fallito, o non era possibile, l’impianto con sistema tradizionale di resincronizzazione.24 La procedura è stata eseguita con successo in 34 pazienti (97%). In 28 (84.8%) si è osservato un miglioramento clinico a 6 mesi ed in 21 (66%) un incremento superiore a 5 punti percentuali della frazione d’eiezione del ventricolo sinistro. Non sono stati registrati versamenti/tamponamenti pericardici, ma complicanze significative sono state osservate in 3 pazienti all’impianto (1 episodio di fibrillazione ventricolare, una fistola arteriosa ed un’embolizzazione periferica) ed in 8 entro il mese successivo (1 decesso nel paziente con fibrillazione ventricolare all’impianto, 1 evento cerebrovascolare in un paziente con fibrillazione atriale definito “non compliante alla terapia anticoagulante”, 2 complicanze vascolari e 3 in sede di tasca del generatore). Dopo l’impianto, l’elettrodo viene completamente endotelizzato, limitando o eliminando il rischio di trombosi. Tuttavia, oltre alle problematiche legate alla sicurezza dell’impianto, rimane incertezza sulla durata della batteria sottocutanea, vista la scarsa resa del sistema ad ultrasuoni. Altri sistemi di induzione (p. es. magnetico) sono allo studio, così come l’integrazione del sistema con ICD interamente sottocutanei.5

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Figura 5 - Terapia di resincronizzazione “leadless” 5

Conclusioni L’avvento dei dispositivi leadless è in grado, potenzialmente, di rivoluzionare l’elettrostimolazione cardiaca, grazie all’assenza di generatori sottocutanei, di incisioni chirurgiche e di elettrocateteri intravenosi con conseguente miglioramento in termini di “confort” per il paziente e riduzione dei rischi a lungo termine infettivi, chirurgici e vascolari. Rimangono tuttavia ancora alcune perplessità, in particolare: 1) indicazioni al momento limitate ai pazienti con necessità di stimolazione monocamerale; 2) la gestione della sostituzione e della rimozione nel lungo termine; 3) un rischio procedurale ancora non irrilevante, verosimilmente superiore a quello dei dispositivi tradizionali; 4) i costi, decisamente più elevati dei dispositivi tradizionali. L’utilizzo di tali dispositivi appare tuttavia non solo promettente ma in fase di rapida espansione. I dati finora disponibili provengono da casistiche selezionate e limitate nella numerosità e nella durata del follow-up. Studi randomizzati e registri più ampi saranno in grado di stabilire definitivamente se e quando i dispositivi “leadless” saranno in grado di sostituire interamente, o quasi, quelli tradizionali.

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