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Bollettino mensiledell’Opera Nazionale

per il Mezzogiorno d’Italia

diretta dalla Famiglia

dei Discepoli

Direttore Responsabile:Don Michele Celiberti

Segretario di Amministrazione:Michele Giovanni Leone

Collaboratori:BRACCIANI F.CAPUZZA V.CARLINI G.D’AMELIO S.DI STASIO F.ELEFANTE G.FAIAZZA C.FERRI C.LUONGO P.MASTROMARINO G.

VERDONE L.VITALE A.

Direzione - RedazioneAmministrazione:Via dei Pianellari, 7Tel. 06/68801409Fax 06/6861025c.c.p. 3387000700186 ROMAe-mail: [email protected]

Autorizz. Trib. RomaN. 185 del 27 aprile 1994

Poste Italiane S.p.a.Sped. in abb. postale 70%

D.C.B. Roma

Stampa:AGC Arti Grafiche Ciampino

tel. 06/[email protected]

SOMMARIO

N. 5 maggio 2014

3 Un’Europa alla ricerca di identità

4 Pregare con la Bibbia in mano

5 I nostri libri: Eduardo visto da vicino

6 La donna nel pensiero di Minozzi

7 Annuncio di primavera

8 Il ruolo della Famiglia nella educazione

9 O todo em fragmentos

10 La parola di Papa Francesco

Maria. Madre di Dio

11 Esortazione Apostolica: Evangelii gaudium (7)

13 Beati voi quando vi insulteranno… per causa

Mia. grande è la vostra ricompensa nei cieli

15 I fiori parlano

16 I giovani, questi alieni

17 Il pensiero come terapia

19 Note a margine della causa

di Beatificazione di Giorgio Petrocchi

e Luigi Pietrobono

20 Storie di vita: La mia povera grande famiglia (2)

23 In ricordo di Luigina Ortolan

24 Movimento New Age:

nascita e motivazioni

25 Cronaca di una giornata d’aprile

27 Premio Basilicata… a Chieri

29 Europa senza volto

30 Nota dal Comune di Calascio

31 Visita pastorale ad Ofena

32 Da Castrovillari: Nella pancia della palma

la casa della Madonna

33 Da Santa Rufina: tutti In marcia per la maratona

34 Da Castel di Sangro: Uno scuolabus

anche per noi

37 Crisantemi

39 Spizzicando

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UN’eUroPa alla riCerCa

di ideNtitÀ

editoriale

don Cesare Faiazza, DF

Il mese di maggio di quest’anno è stato contraddistinto, e parliamo dell’Italia, da una fortee tesa campagna elettorale, senza risparmio di colpi, che, finalizzata al riordino del ParlamentoEuropeo e di alcune amministrazioni locali, è sembrata preoccupata soltanto di fare il puntosugli equilibri politici della nostra tormentata ed umiliata Penisola.

Così intenti a controllare il termometro della nostra politica interna pochi si sono vera-mente applicati a capire quanto e quale incidenza il proprio voto avrà ripercussioni sul cam-mino e sugli orientamenti di Bruxelles.

In realtà è noto a tutti che ormai, come nell’economia, così anche nella politica, siam sem-pre più connotati da una ineludibile e massificatrice globalizzazione, e che fino ad un certopunto sulle nostre teste hanno peso le decisioni di Roma quanto non piuttosto quelle del-l’Europa e delle economie internazionali.

Al di là delle problematiche economiche che pur condizionano il nostro vivere quotidiano,sempre più a Bruxelles e da Bruxelles si stanno ponendo le basi di una società e, direi, di unacultura che poco o nulla riflette l’anima cristiana delle nostre terre europee e della nostragente fortemente radicata sui valori del vangelo.

In nome di una rivendicata laicità si sta sempre più snaturando l’humus culturale che hafatto grande il nostro continente ponendolo nei secoli a guida e vessillo dei popoli a comuneemancipazione. I valori della vita, della famiglia e solidarietà stanno finendo per essere affidatial libero arbitrio della coscienza individuale sconfinando in un macabro e caotico relativismoetico.

Non possiamo tacere e lamentare un sottile e pregiudiziale attacco alla Chiesa cattolicaridotta e relegata ad una semplice so-cietà per azioni, ingabbiata in un grovi-glio di restrizioni che finiscono perimpedirle di operare quella reden-zione sociale delle classi abiette che fi-nora l’aveva costituita.

La nostra stessa Opera soffre inquesti anni dei lacci di asfissianti impo-ste che la paralizzano e le impedisconodi rendere operanti le sue grandistrutture.

Abbiamo bisogno di tornare ad unafondamentale e promettente fiducianei valori del vangelo e ad un ritrovatoorgoglio per le radici cristiane del no-stro continente europeo.

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il PeNSiero del SUPeriore GeNerale

Se la preghiera si può a ragione definireun dialogo con Dio, allora bisogna semprepiù fare in modo che essa non si riduca sol-tanto e semplicemente ad una effusionedel cuore o ad una snocciolata successionedi formule e di preghiere più o meno tra-dizionali, più o meno composte da noi oprese in prestito, punto e basta.

Nella preghiera bisogna far parlareanche Dio.

Direi ancora meglio: nella preghiera bi-sogna far parlare più Dio che noi. Ecco,perciò, il ruolo del silenzio nella preghierae della efficacia di spazi di silenzio nell’am-bito della nostra vita di orazione al fine dipermettere a Dio di parlarci e di comuni-carci i suoi voleri, il suo punto di vista sullesituazioni per cui lo interpelliamo, sullesfide che continuamente ci mettono in di-scussione.

Ma come possiamo, anche in momentidi silenzio, riconoscere la voce di Dio edessere sicuri che non sia il nostro Io a sug-gestionarci ma veramente il Signore?

Una via infallibile al riguardo resta pertutti la Bibbia che racchiude in sé la Parolainfallibile di Dio.

Essa è divinamente ispirata e contienetutto ciò che Dio ha voluto e vuole direagli uomini, pur servendosi della parola disuoi mediatori, quali furono i profeti e gliagiografi, e quale è stato, in modo unico edirrepetibile, nella pienezza dei tempi, Gesù.

In Cristo Dio ci ha dato e detto tutto,né dobbiamo attenderci alcun’altra rivela-zione.

Prendendo la Bibbia tra le mani noisiamo sicuri di conoscere il pensiero del

Signore, la sua volontà, le sue attese su dinoi.

Riservare alla lettura della Sacra Scrit-tura un tempo congruo all’interno dellanostra preghiera quotidiana significa garan-tirsi quel dialogo fecondo e illuminante checi consenta di decifrare eventi e personecon gli occhi ed il cuore di Dio, e collocarcisu una strada di pace e di serenità qualun-que cosa ci accada.

All’inizio leggeremo brani apparente-mente non attinenti con l’argomento o lasituazione che caratterizza la nostra pre-ghiera, poi, pian piano, acquisita dimesti-chezza con le sacre pagine sapremotrovare direttamente i testi o passi che liaffrontano o li spiegano.

Avremo allora scoperto la bellezza el’importanza della preghiera, e Dio nonsarà più una presenza lontana e indiffe-rente alla nostra contingenza terrena matotalmente e paternamente coinvolto,pronto a venirci incontro in ogni situazioneesistenziale rischiarando di luce e di pace isentieri, anche più accidentati e spinosi.

4Per approfondimenti e aggiornamenti visita il nostro sito www.onpmi.org

don Antonio Giura, DF

il PeNSiero del SUPeriore GeNerale

PreGare CoN la BiBBia iN MaNo

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EDUARDO vIstO DA vICInO

alle NoStre SorGeNti

Michele Leone

Il libro che presentiamo questomese è per un certo verso diversoda quelli sin qui presentati in quantopropone la lettura di un testo nonriguardante nostri personaggi o no-stre “cose”, come fatto sin qui.

E’, però, un libro che in qualchemaniera ci appartiene essendo statoscritto in modo magistrale ed ami-chevole da un nostro Ex-Alunno cheha avuto la ventura di conosceremolto bene il “Personaggio”EDUARDO e di avere con lui moltovicinanza e molta familiarità.

Nel volume vengono presentateed illustrate le “POESIE” del maestromolto più cosciuto per la sua grandearte teatrale, i suoi scritti di teatro,le grandi interpretazioni sul palco-scenico e non solo.

L’Amico Mario De Bonis che ciha molto onorato con la sua bril-lante carriera e la sua amicizia fedelee silenziosa con questo libro ci fascoprire tanti aspetti a noi ignoti delgrande Maestro di arte e di vita e ci

invita con molta sapienza ad attingere anche alle poesie di Eduardo che sono un’altrafacciata della sua grande personalità.

Invitiamo i nostri lettori ad avvicinarsi fiduciosi a queste pagine che certamente ral-legreranno la loro mente ed il loro cuore con la lettura delle pagine del nostro De Bonised alla fine si troveranno molto più ricchi e molto più saggi e partecipi di questo grandedono che è la vita, ma, forse, anche un pizzico più scaltri ed attenti alle tante piccole egrandi “imboscate” che magari senza sapere e senza volere la vita e le circostanze ci ri-servano.

i NoStri liBri

Il prossimo 10 agosto, nei locali dell’Istito Maschile di Amatrice, l’amico Mario De

Bonis, offrirà una serata di intrattenimento sulle Poesie più belle di EDUARDO.

Il ricavato sarà devoluto per le finalità dell’OPERA.

La vostra presenza sarà gradita.

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Il ruolo della donna nella famiglia e nellasocietà è un tema di scottante attualità. Ab-biamo tutti la consapevolezza che di frontealla crisi etica, sociale, economica, lavorativa,religiosa della nostra società, la famiglia, nelbene e nel male, è rimasta, forse, un forte ba-luardo, diventando da una parte “un ammor-tizzatore sociale” rispetto alle debolissime einsufficienti politiche di sostegno e carican-dosi, dall’altra, di tutte le tensioni prodottedalla precarietà e dalla fragilità sociale.

Ancora una volta il ruolo sociale delladonna ha un significato e una valenza fonda-mentale, in cui si coniugano i diritti e la di-gnità come persona, l’ambivalenza comelavoratrice e madre e, spesso, un’ esclusivadelega educativa in un contesto familiare che,di fatto, non sempre favorisce la sua pienarealizzazione.

Al tempo di don Minozzi e, soprattutto,nel periodo dal 1900 al 1959, quale dignità eruolo avevano le donne nella società? Forsee senza forse la situazione globale era peg-giore rispetto a quella di oggi. La donna vi-veva in una situazione di servilismoeconomico, culturale e sessuale; negati moltie fondamentali diritti, tra cui quello del votoche le verrà riconosciuto solo a partire dal1946 con il referendum tra Monarchia e Re-pubblica. Lo stesso Padre Semeria, già neisuoi scritti tra fine ‘800 e gli inizi del ‘900, di-venne fautore del cosiddetto “femminismocristiano”, sollecitando un cambiamento delruolo della donna soprattutto attraverso lacultura.

Le donne, escluse per lo più dalla storia,ebbero un ruolo non marginale durante laPrima Guerra Mondiale del 1915/18 nonsolo nell’assistenza ai soldati, ma sostituendo

gli uomini nelle campagne e nelle fabbriche,divenendo più consapevoli della loro auto-nomia, del proprio ruolo e dei propri diritti.

Don Minozzi ha un sacro rispetto delladignità della donna. I suoi scritti come il “Ma-gnificat”, “Con Lei sulle orme di Lui”, la bellaparafrasi e commento alla preghiera alla Ver-gine di San Bernardo nel canto XXXIII delParadiso di Dante Alighieri, la biografia disanta Teresa di Lisieux, i numerosi pensierisulla donna che emergono dai suoi mano-scritti, ci danno, in sintesi, non solo un’ ideadi perfetta parità morale con l’uomo, ma ap-pare la bellezza della sua realtà interiore chetrova la massima espressione nella grandezzadella “Vergine Madre”, cioè Maria, la madredi Gesù.

Numerose, poi, sono le conferenze dipadre Semeria sulla donna e in vari scritticome “L’omaggio al genio di Maria”, in “Idea-lità buone”, “La Vergine e Dante”, “La donnaalla luce dell’arte manzoniana”, “La famigliaumana e cristiana”, “L’epistolario con la con-tessa Antonietta Rossi Martini”; inoltre,forte e convinto fu il sostegno a femministecristiane come Adelaide Coari e AntoniettaGiacomelli.

Questi scritti di Minozzi e di Semeria co-stituiscono un corpus significativo dellanuova concezione della donna. Pertanto,anche da questo punto di vista emerge lamodernità di questi grandi uomini e sacer-doti che, appellandosi al Vangelo, hanno pro-posto, per così dire, una nuova teologia delladonna, anticipando il pensiero e gli orienta-menti della Chiesa, scaturiti dal Concilio Va-ticano II.

Don Minozzi afferma esplicitamente neisuoi manoscritti che “la donna non è una

Giuseppe Mastromarinola doNNa Nel PeNSierodi MiNoZZi

attUalitÀ del PeNSieroMiNoZZiaNo

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bambola con cui giocare”, ma ha una intrin-seca dignità. Lo stesso Evangelo di Luca è po-polato da figure femminili, seppure accennatedi sfuggita e, in particolare don Minozzi evi-denzia che negli Atti degli Apostoli appaionomolte donne , come Damaride, Cloe, Febe,Maria, Trifone, Trifosa ecc che partecipavanoassiduamente alla vita della comunità cri-stiana. Nel testo “Buona Notte! Come parloai miei figlioli”, don Minozzi, rivolgendosi aisuoi ragazzi, li sollecita con queste parole :“Rispettate la donna, difendetela, protegge-

tela….. In ogni donna abituatevi a guardarevostra madre, la vostra sorella, la sposa di do-mani. Onoratela, la donna, come ideale digrandezza, di bontà; abbiate quasi un culto ri-verente per essa”.

In questo rispetto vi è un sostanziale ri-conoscimento per il mistero della donna, peri suoi carismi di donna-madre-sposa-figlia-so-rella-lavoratrice, quasi un anticipo di quel ge-neroso ringraziamento che il ponteficeGiovanni Paolo II volle tributare alle donnecon una Lettera ad esse dedicata nel 1985.

attUalitÀ delPeNSiero MiNoZZiaNo

L’ultima settimana di Maggio il Santo Padre, Papa Francesco, ha visitato la TerraSanta soffermandosi al Muro di Gerusalemme, per lasciare una preghiera mondialee dopo ha invitato in Vaticano, i potenti della Terra, in particolar modo quelli diIsraele e Palestina, per invocare insieme la Pace, la “vera” Pace nel Mondo.

È stato un successo davvero grandioso!

Annuncio di primavera

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attUalitÀ del PeNSieroMiNoZZiaNo

il rUolo della FaMiGliaNella edUCaZioNe Claudio Domingos Fernandes

La pensatrice americana Hannah Arendt

ha scritto in fine del 1950 un breve saggio

dal titolo Crisi dell’Educazione coniando

l'espressione sintetica del suo studio: "L'es-

senza dell'educazione è la nascita." Per lei,

il bambino, oggetto della formazione è un

nuovo essere umano che entra in un

mondo già dato ed è un essere umano in

formazione, che "richiede particolare cura

e protezione, in modo che non succede

nulla di distruttivo a lui per parte del

mondo [.. .] Per avere il bisogno di essere

protetto, il luogo naturale del fanciulo è la

famiglia” (Arendt,

Hannah, Tra pas-

sato e futuro, São

Paulo: Perspective

2003, p.235). In

questa prospettiva,

secondo Hannah

Arendt: I genitori

umani [...] assu-

mono la responsabilità in materia di istru-

zione, mentre la vita e lo sviluppo dei

bambini e la continuità del mondo (idem:

235).

In righe molto prossime, l’educatore

francese Célestin Freinet afferma che l'edu-

cazione inizia quando una coppia decide di

sposarsi e pianificare la venuta dei bambini.

Per lui "dal concepimento alla nascita, il

bambino è già parte della famiglia." E così,

"L'essere umano dovrebbe accogliere il na-

scituro, preparatevi con la stessa preoccu-

pazione struggente che spinge l'uccello di

preparare il loro nido. La scelta di una culla

o un vestito è soltanto secondario. L'uc-

cello non costruisce il suo nido sul un

luogo qualunque. Come lui, l'uomo do-

vrebbe essere più impegnativo per prepa-

rare il nido del bambino atteso e rendere

al meglio l'ambiente favorevole.” (Freinet,

Célestin. Pisicologia Sensivel. Sao Paulo:

Martins Fontes. 1998: 37).

Ancora, secondo Freinet: "[...] I genitori

aumenteranno le possibilità di equilibrio fi-

siologico per il servizio della personalità

del nascituro, zelando attentamente l'equi-

librio vitale della

madre durante la

gravidanza: una cor-

retta alimentazione,

esercizio fisico ben

regolamentato, la si-

curezza sociale.

(Ibid: 36). "

Ricordiamo bre-

vemente questi autori con lo scopo di sot-

tolineare il ricco e consonante contributo

del Servo di Dio Padre Giovanni Minozzi

sulla tematica della importanza della fami-

glia per una salda educazione dei piccoli.

Cosi, saggiamente, nostro Servo ha

scritto: “Primo a essere curato con pre-

mura vigile é l’ambiente dove i fanciulli de-

vono svilupparsi, crescere, fisicamente e

spiritualmente.” (MINOZZI, P. Giovanni.

Principi Educativi: Evangelizare, agosto

1972, 37) E, più avanti, puntualizza: “I geni-

tori hanno il diritto di generare figliuoli; in-

Il naturalecentro educativoè la casa.

P. Giovanni Minozzi

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attUalitÀ delPeNSiero MiNoZZiaNo

sieme però hanno il diritto e il dovere di

nutrirli ed educarli’. E conclude: “La famiglia

è come una piccola Chiesa: vi fiorisce la vita

del tempo e vi rigoglia, per la Grazia sacra-

mentale, quella eterna: vita naturale e vita

soprannaturale.” (Idem, 38,39)

Così, se per Freinet l'educazione inizia

con la preparazione del contesto adeguato

per ricevere un nuovo essere nel mondo,

e per Hannah Arendt l'educazione consiste

nella introduzione di questo nuovo essere

nel mondo attraverso l'attività degli adulti,

in particolare i genitori, per Don Minozzi:

“L’ambiente ha un valore enorme, biologi-

camente e spiritualmente...; bisogna saper

farsene un fascinoso, suggestivo collabora-

tore.” (idem: 37. Ed in un ambiente saldo, la

famiglia è il cuore di una vera educazione,

in cui: “La mamma è l’iniziatrice pe’ figliuoli

d’ogni forma educativa...” Ed il padre:

“L’amico migliore, il miglior confidente,

l’educatore massimo dei propri figli” (idem,

39).

Non si può pertanto lasciare l’educa-

zione delle nuove generazioni soltanto al-

l’impegno dello Stato o della Chiesa. Senza

il contributo della famiglia, ogni forma di

Mentre andiamo in stampa ve-niamo informati della presenta-zione, il 24 maggio, del Libro delnostro Collaboratore brasilianoClaudio Domingos Fernandes: “OTodo em Fragmentos”.

Il nostro Amico, che abbiamo re-cuperato dopo anni di silenzio,molto sensibile alle problmatichepedagogiche, ha accettato ben vo-lentieri di condividere la sua cono-scenza del pensiero minozianoincarnata nel contesto della culturaattuale con particolare attineza almondo brasiliano. Gli siamo grati edauspichiamo di poterci avvaleredella sua entusiasta collaborazione.

o todoeM FraGMeNtoS

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Una delle meraviglie del Signore: Maria!Una creatura umile e debole come noi,scelta per essere Madre di Dio, Madre delsuo Creatore.

Madre di Dio. Questo è il titolo princi-pale ed essenziale della Madonna. Si trattadi una qualità, di un ruolo che la fede del po-polo cristiano, nella sua tenera e genuina de-vozione per la mamma celeste, ha percepitoda sempre.

il nostro itinerario di fede èuguale a quello di Maria, per que-sto la sentiamo particolarmentevicina a noi! Per quanto riguarda la fede,che è il cardine della vita cristiana, la Madredi Dio ha condiviso la nostra condizione, hadovuto camminare sulle stesse strade fre-quentate da noi, a volte difficili e oscure, hadovuto avanzare nel «pellegrinaggio dellafede» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gen-tium, 58).

il nostro cammino di fede è le-gato in modo indissolubile a Mariada quando Gesù, morente sullacroce, ce l’ha donata come Madredicendo: «ecco tua madre!» (Gv19,27). Queste parole hanno il valore di untestamento e danno al mondo una Madre.Da quel momento la Madre di Dio è diven-tata anche Madre nostra! Nell’ora in cui lafede dei discepoli veniva incrinata da tantedifficoltà e incertezze, Gesù li affidava aColei che era stata la prima a credere, e lacui fede non sarebbe mai venuta meno. E la“donna” diventa Madre nostra nel mo-mento in cui perde il Figlio divino. il suocuore ferito si dilata per fare postoa tutti gli uomini, buoni e cattivi,tutti, e li ama come li amava Gesù.

La donna che alle nozze di Cana di Galileaaveva dato la sua cooperazione di fede perla manifestazione delle meraviglie di Dio nelmondo, al calvario tiene accesa la fiammadella fede nella risurrezione del Figlio, e lacomunica con affetto materno agli altri.Maria diventa così sorgente di spe-ranza e di gioia vera!

La Madre del Redentore ci precede econtinuamente ci conferma nella fede, nellavocazione e nella missione. Con il suoesempio di umiltà e di disponibilità alla vo-lontà di Dio ci aiuta a tradurre la nostrafede in un annuncio del Vangelo gioioso esenza frontiere. Così la nostra missione saràfeconda, perché è modellata sulla maternitàdi Maria. a lei affidiamo il nostro iti-nerario di fede, i desideri del no-stro cuore, le nostre necessità, ibisogni del mondo intero, special-mente la fame e la sete di giustiziae di pace e di dio.

L’esperienza della Vergine Maria: davantiall’annuncio dell’Angelo, non nasconde lasua meraviglia. E’ lo stupore di vedere cheDio, per farsi uomo, ha scelto proprio lei,una semplice ragazza di Nazaret, che nonvive nei palazzi del potere e della ricchezza,che non ha compiuto imprese straordinarie,ma che è aperta a Dio, sa fidarsi di Lui,

Maria ha detto il suo “sì” a dio,un “sì” che ha sconvolto la suaumile esistenza di Nazaret, manon è stato l’unico, anzi è statosolo il primo di tanti “sì” pronun-ciati nel suo cuore nei suoi mo-menti gioiosi, come pure in quellidi dolore, tanti “sì” culminati inquello sotto la Croce.

Maria. Madre di dio a cura di Don savino D’Amelio, DF

La parola di Papa Francesco

CHieSa e SoCietÀ

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CHieSa e SoCietÀ

eSortaZioNe aPoStoliCaeVaNGelii GaUdiUM (7)

Michele Giovanni Leone

Siamo arrivati quasi alla fine del primocapito del documento pontificio di cui ab-biamo analizzato la prima parte. La chiu-sura di questo capito è molto importantee ci deve far riflettere perché ci indica lastrada dove la Chiesa e noi con essa dob-biamo guardare e verso chi dobbiamo ri-volgere la nostra attenzione.

Papa Francesco ci dice in modo chiaroche la Chiesa è “Una madre dal cuoreaperto” e con le “porte aperte”.

Quale, però, deve essere il ruolo e laforma concreta di azione della Chiesa?Ecco cosa ci dice Papa Francesco:

La Chiesa è chiamata ad essere sempre lacasa aperta del Padre. Uno dei segni concretidi questa apertura è avere dappertutto chiese

con le porte aperte. Così che, se qualcunovuole seguire un mozione dello Spirito e si av-vicina cercando Dio, non si incontrerà con lafreddezza di una porta chiusa. Ma ci sonoaltre porte che neppure si devono chiudere.Tutti possono partecipare in qualche modoalla vita ecclesiale, tutti possono far parte dellacomunità, e nemmeno le porte dei Sacramentisi dovrebbero chiudere per una ragione qual-siasi. Questo vale soprattutto quando si trattadi quel sacramento che è “la porta”, il Batte-simo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pie-nezza della vita sacramentale, non è unpremio per i perfetti ma un generoso rimedioe un alimento per i deboli.

Queste convinzioni hanno anche conse-guenze pastorali che siamo chiamati a consi-derare con prudenza e audacia. Di frequenteci comportiamo come controllori della graziae non come facilitatori. Ma la Chiesa non èuna dogana, è la casa paterna dove c’è postoper ciascuno con la sua vita faticosa.

Verso chi dobbiamo porre la nostra at-tenzione e la nostra azione? La risposta èprecisa e viene dal Vangelo, senza ombra didubbio alcuno:

Quando uno legge il Vangelo incontra unorientamento molto chiaro: non tanto gli amicie vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli in-fermi, coloro che spesso sono disprezzati e di-menticati, « coloro che non hanno daricambiarti » (Lc 14,14). Non devono restaredubbi né sussistono spiegazioni che indeboli-scano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e

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CHieSa e SoCietÀ

sempre, « i poveri sono i destinatari privilegiatidel Vangelo», e l’evangelizzazione rivolta gra-tuitamente ad essi è segno del Regno cheGesù è venuto a portare. Occorre affermaresenza giri di parole che esiste un vincolo inse-parabile tra la nostra fede e i poveri. Non la-sciamoli mai soli.

Sia consentita una piccola digressione.La nostra Opera è stata fondata da due

Sacerdoti che hanno fatto una scelta dicampo chiara e precisa. Hanno deciso,quasi 100 anni fa, di rivolgere la loro azioneed il loro impegno concreto verso “ i po-veri delle regioni più povere della nostraItalia”. Ecco, loro avevano già capito a pienoil Vangelo ed il suo messaggio di amore edi Carità.

Ma torniamo al documento pontificio.

Il primo capitolo si conclude con unaesortazione semplice per la sua chiarezza:“Usciamo, usciamo ad offrire atutti la vita di Gesù Cristo”.

Il documento continua con il secondocapitolo dove il Papa, pur senza approfon-dire, fa una diagnosi delle problematichesociologiche del mondo moderno e ri-chiama l’attenzione sui tanti documentiche nel corso degli ultimi tempi sono statifatti sia dal magistero centrale sia da quellolocale.

Poi scende nel concreto della vita at-tuale e fa alcune considerazioni che a noisembrano importanti.

L’umanità vive in questo momento una

svolta storica che possiamo vedere nei pro-gressi che si producono in diversi campi. Si de-vono lodare i successi che contribuiscono albenessere delle persone, per esempio nell’am-bito della salute, dell’educazione e della comu-nicazione. Non possiamo tuttavia dimenticareche la maggior parte degli uomini e delledonne del nostro tempo vivono una quotidianaprecarietà, con conseguenze funeste. La gioiadi vivere frequentemente si spegne, cresconola mancanza di rispetto e la violenza, l’ine-quità diventa sempre più evidente. Bisogna lot-tare per vivere e, spesso, per vivere con pocadignità. Siamo nell’era della conoscenza e del-l’informazione, fonte di nuove forme di un po-tere molto spesso anonimo.

Il Papa, poi, continua la sua analisi e cidice in modo chiaro e preciso alcuni NO.Nella nostra vita e nella nostra societàdobbiamo saper dire NO. Ma a che cosa?

- no a un’economiadell’esclusione;

- no alla nuova idolatriadel denaro;

- no a un denaro che governainvece di servire;

- no all’inequità che generaviolenza.

Su ciascuno di questi temi si potrebbescrivere un libro. Noi dalla prossima pun-tata cercheremo di analizzarli uno ad unofacendo le opportune riflessioni ed ascol-tando ancora la voce profetica del Papa ve-nuto dall’altra parte del mondo.

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CHieSa e SoCietÀ

Il titolo di questa beatitudine é un'affer-mazione che chiude il discorso delle bea-titudini e come si vede essa riassume tuttele altre e dà un senso di compimento delRegno dei Cieli. Certamente quest’ultimabeatitudine lascia perplessi i benpensantiperché Gesù dichiara apertamente e senzaombra di dubbio che i suoi seguaci sarannoinsultati, perseguitati e calunniati, questo

perché, i valori del Vangelo sono in antitesicon i valori del mondo che odia i suoi se-guaci che non appartengono al mondo…

se il mondo vi odia, sappiate cheprima di voi ha odiato me. se fostedel mondo, il mondo amerebbe ciòche è suo; poiché invece non sietedel mondo, ma io vi ho scelti dalmondo, per questo il mondo vi odia.(Gv 15, 18-19)

e Gesù prima di subire la sua passioneprega il Padre per i suoi…

Io ho dato a loro la tua parola e ilmondo li ha odiati perché essi non sonodel mondo, come io non sono del mondo.Non chiedo che tu li tolga dal mondo, mache li custodisca dal maligno. Essi non sonodel mondo, come io non sono del mondo.Consacrali nella verità. La tua parola è ve-rità. Come tu mi hai mandato nel mondo,anch'io li ho mandati nel mondo; per loroio consacro me stesso, perché siano an-ch'essi consacrati nella verità. (Gv 17, 14-19)

Come si capisce chiaramente Gesù nonmente, né fa un discorso edulcorato. Egliannuncia le persecuzioni e le accuse falseche saranno la risposta del mondo all’an-nuncio del Vangelo. Egli parla così ai suoidiscepoli…

vi consegneranno ai sinedri, sa-rete percossi nelle sinagoghe, com-parirete davanti a governatori e rea causa mia, per render testimo-nianza davanti a loro… voi sareteodiati da tutti a causa del mio

Beati Voi QUaNdo Vi iNSUlteraNNo…Per CaUSa Mia. GraNde È la VoStrariCoMPeNSa Nei Cieli Giancarlo Carlini

“Non ho pauradelle parole dei violenti...

ma del silenzo degli onesti”

Beato Padre Pino Puglisi

barbaramente ucciso dalla mafia

15 settembre 1993

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CHieSa e SoCietÀ

nome, ma chi avrà perseverato sinoalla fine sarà salvato. (Mc 13, 9-13)

Gesù è molto chiaro e nella paraboladei vignaioli riprendendo una profezia diIsaia (Is 5,1-7) (vedi Matteo 21,33-38Marco 12,1-9 e Luca 20,9-19) dove primavengono uccisi i servi ed in ultimo anche ilfiglio del padrone viene ucciso. Così Egli te-stimonia come il mondo abbia già perse-guitato i profeti e dopo aver ucciso incroce il Figlio perseguiteranno anche i suoiseguaci. Che i profeti siano stati persegui-tati ed uccisi Egli lo evidenzia in Matteo...

Perciò ecco, io vi mando pro-feti, sapienti e scribi; di questialcuni ne ucciderete e crocifigge-rete, altri ne flagellerete nelle vo-stre sinagoghe e li perseguiteretedi città in città; perché ricada sudi voi tutto il sangue innocenteversato sopra la terra, dal sanguedel giusto abele fino al sangue diZaccaria, figlio di Barachìa, cheavete ucciso tra il santuario e l'al-tare. (Mt 23,34-35) infatti molti profetisono stati perseguitati ed uccisi. Isaia fucondannato a morte dal re Manasse. Ge-remia, conosciuto come “il profeta male-detto” fu perseguitato lungamente e piùvolte condannato a morte, anche se la con-danna non venne mai eseguita. Daniele fugettato nella fossa dei leoni ma non fu di-vorato perché Dio lo salvò.

Oggi, come sempre, noi cristiani siamoperseguitati in tutto il mondo, e non solodove siamo una minoranza, ma anche nelmondo occidentale, in cui siamo maggio-ranza, troviamo sempre chi ci osteggia piùo meno apertamente, e dove essere coe-

renti col Vangelo è motivo di discrimina-zione e persecuzione più o meno violenta.

Tutto questo non deve spaventarci. SeGesù non ha voluto nasconderci le diffi-coltà che incontreranno coloro che vi-vranno nello spirito delle “beatitudini” ciha rivelato che la salvezza viene da Dio eche Egli mantiene sempre le sue promesse.Quindi nel discorso delle Beatitudini vi èla promessa della felicità eterna che è giàgarantita e sarà suggellata dal sacrificiodella croce che si sublimerà con la risurre-zione che sarà, in primis la sua, quindi, perciascuno di noi, la nostra alla fine dei tempi.Infatti l’annuncio delle beatitudini non èche l’annuncio di una promessa che Dio faall’umanità per il tramite del Suo FiglioGesù, con la quale garantisce il Regno deiCieli a coloro che vivranno in coerenza ilVangelo.

In ultima analisi il personaggio che in-carna le beatitudini non è altri che il Cristostesso. Infatti è Lui il povero di spirito, l’af-flitto, il mite, l’affamato ed assetato di giu-stizia, il misericordioso, il puro di cuore,l’operatore di pace, il perseguitato a causadella giustizia, l’insultato ed il calunniatoperché ha fatto la volontà del Padre; ed èl’incontro con Gesù che rende capace il di-scepolo di vivere le beatitudini con gioianella certezza della costruzione del Regnodi Dio. Egli dà un comandamento ai suoi di-scepoli “ quello di essere il sale della terrae la luce del mondo”… Voi siete il sale dellaterra…voi siete la luce del mondo…Così risplenda la vostra luce davantiagli uomini, perché vedano le vostreopere buone e rendano gloria al vo-stro Padre che è nei cieli. (Mt 5, 13-16)

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Il nostro sguardo si riempie sempre digioia quando ammira un campo smaltatodi verde e imbalsamato da mille fiori, i qualiai primi raggi di sole schiudono il loro ca-lice per bere la rugiada del cielo e che asera chiudono le corolle come per un ne-cessario riposo.

I fiori hanno un loro linguaggio segreto:il fiore non è soltanto un fiore, perché millepensieri lo rivestono.

Difatti molto spesso siamo invitati aparlare per mezzo dei fiori, nelle più sva-riate circostanze essi esprimono i nostrisentimenti.

Dillo con un fiore: il tulipano è per unadichiarazione di amore, la rosa indica ele-ganza, la campanula serve per dire grazie,la dalia è simbolo di raffinatezza, il garofanoè galanteria, la viola esalta la modestia.

Il giglio, fiore di estrema bellezza,esprime regalità, eleganza, grandi virtù. Essonel Medioevo assume un ruolo più illustreper un preciso legame con la Vergine Santa:sono rare le immagini in cui non compareun giglio, perché esso simboleggia la sua

perfezione e santità.L'antico racconto della tradizione rife-

risce che, quando gli apostoli aprono la suatomba tre giorni dopo la sua sepoltura, vitrovano solo gigli e rose, perché il suocorpo era stato assunto in cielo conl'anima.

Perché i fiori assumono un ruolo cosìalto e importante nella vita? Quale misteroessi racchiudono, quale intimo legame connoi?

In uno Stato dell'India, dove il fiumeGange scende a valle e lascia l'Himalaia,ogni sera si svolge una cerimonia. Mentresi alzano le preghiere degli indù, i pellegriniriempiono di fiori, rose, calendule, orchi-dee, basilico, delle piccole barche di fogliedi banano, posano una candela accesa fra ipetali e lasciano scivolare il fascio profu-mato lungo il fiume, associandolo a un de-siderio, a una speranza, a una richiesta.

In Francia, il primo maggio, si onora congrandi manifestazioni il mughetto. Questodelicato fiore bianco viene esposto in ogniangolo, nelle vie e nelle piazze, parla con lasua inflorescenza a forma di campanella edè chiamato" porta-felicità ".

Ai nostri giorni forse il simbolismo deifiori è piuttosto cambiato, ma non è pas-sato di moda.

Ai defunti portiamo un crisantemo, alSignore ed a Maria offriamo mazzi di fiori,ai Santi diciamo la nostra devozione por-tando fiori.

I fiori sono tra le creature più nobili diDio e indicano la sua bellezza: rispettia-moli, amiamoli, regaliamoli per dire quelloche le parole non possono esprimere, isentimenti che albergano nel cuore, l'af-fetto che ci lega ad una persona.

i Fiori ParlaNo

CoN Maria, diSCePoli di GeSù

don Fernando Di stasio

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Il padre rientra in casa alle undici di unasolare mattina d’agosto e trova il figlio chedorme profondamente. Forte del suoruolo di educatore, egli spalanca rumoro-samente la serranda, invitando l’altro adammirare l’azzurro del cielo: “Sveglia, dor-miglione. Guarda che sole! Il giorno è fattoper vivere e la notte per dormire!”. “Chilo dice? – protesta il figlio con voce d’ol-tretomba - A me piace vivere la notte!”. “Sevuoi fare ciò che ti pare – replica il padre– devi andartene a stare da solo. La famigliacomporta esperienze comuni, condivisionedi modi di pensare e di vivere”.

Basta un breve dialogo come questoper cogliere quanto sia profonda l’opposi-zione culturale fra le generazioni. Il padrefa riferimento a valori tipici della suaepoca: l’oggettività della natura, nella suaalternanza di ritmi di luce ed oscurità, im-pegno e riposo; e la famiglia come comu-nità solidale che si pone oltre le aspirazionidei singoli componenti. Il figlio, invece, si èappellato, a sua volta, a valori, largamentecondivisi dalla sua generazione: la centralitàdella libertà individuale e la visione sogget-tiva della realtà.

E’ evidente che la difficoltà di dialogofra padri e figli dipende dal riferimento asistemi valoriali completamente diversi. Ilmodello degli adulti risente fortemente diun nucleo culturale d’ispirazione cristiana.Da esso abbiamo mutuato la convinzioneche la realtà è posta dall’alto, che c’è un or-dine divino che si riflette nel cosmo e,quindi, nelle istituzioni. Che non siamo li-beri di creare le cose ma possiamo soloaccettarle. Che la persona, immagine diDio, ha una valenza universale ed assoluta,che i valori interiori sono decisivi e che lavita terrena va relativizzata rispetto aquella ultraterrena. Ne scaturiva, di conse-

guenza, un atteggiamento favorevole alla fa-tica ed alla rinuncia. La civiltà contadinaforniva, a sua volta, una saggezza naturalebasata sul criterio della misura, sull’impor-tanza del gruppo familiare, sul senso reli-gioso della vita. Una miscela dirassegnazione, sottomissione, sopporta-zione, propria della capacità di adatta-mento dei ceti popolari.

I giovani, invece, per molti aspetti, sonotornati al modello classico-pagano. Da essohanno ripreso il culto della fisicità, della po-tenza e del successo, l’importanza del “quied ora”, l’uomo visto come individualità in-carnata nel mondo e modellatore di esso,sempre in cerca di emozioni e sensazionigradevoli. Dalla mentalità scientifica, i gio-vani, hanno mutuato l’ossessione per glioggetti tecnologici, la convinzione che sipuò conoscere solo ciò che è percettibilee dimostrabile. Il sessantotto ed il benes-sere degli ultimi anni hanno determinato,infine, nella cultura, una percezione illimi-tata dell’Io, enfatizzando il concetto dellalibertà e della vita come esperienza ed av-ventura.

Quale dialogo, umano ed educativo, èdunque possibile con i giovani d’oggi? Soloquello basato sul rispetto della soggettività,libera e creativa, di ciascuno. E quello chesi serve della mediazione della razionalità.Ma occorre alzare il tiro su due punti.Primo. Riscoprire l’uomo come valore uni-versale e assoluto, che esiste oltre l’espres-sione delle singole soggettività. Secondo.Tornare a confrontarsi con le grandi do-mande sul senso ultimo della realtà, senzale quali una persona non riesce ad unifi-carsi profondamente né a pervenire a ri-soluzioni etiche qualificanti. Pronunciare dinuovo un nome di sole due sillabe, decisivoper la comprensione della realtà, per il be-nessere mentale e sociale: Dio.

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i GioVaNi, QUeSti alieNi Luciano verdone

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Ogni tempo ha le sue nevrosi e richiedeterapie specifiche. La nevrosi dell’uomod’oggi corrisponde alla mancata perce-zione di senso vitale. “Sempre più nume-rosi sono i pazienti che lamentano – scriveFrankl - un vuoto interiore, un senso d’in-significanza”.

Oggi, tanti sono tornati a chiedere allaFilosofia soluzioni ai problemi quotidiani.

Costoro hanno bisogno più di un dia-logo culturale che di diagnosi psicologiche.

Infatti, mentre lo psicologo cura le ma-lattie della mente, il filosofo aiuta la mentea risolvere i problemi esistenziali, a dare unsenso alla vita.

Chi vive un disturbo emotivo va dallopsicologo ma, chi è in crisi esistenziale odeve compiere delle scelte importanti o è

alla ricerca di parametri razionali, etici, va-loriali, ha bisogno di idee, di sistemi orga-nici di risposta, necessita di terapiafilosofica.

Così, una persona malata di cancro odepressa per la perdita del compagno, ri-chiede non solo esercizi di accettazionepsicologica ma anche di confrontarsi conle risposte di significato offerte dai sistemifilosofici e religiosi: Che senso ha la vita?Perché la sofferenza? Qual è la cosa giustada fare in questo momento …

Non occorre studiare filosofia per tro-vare la saggezza. Non è necessario cono-scere i filosofi e le scuole di pensiero.

Basta semplicemente cercare, nel dia-logo col proprio Sé interiore o con qual-cuno che sia disposto ad ascoltarci in

edUCare Si deVe, edUCare Si PUo’

il PeNSiero CoMe teraPia

Luciano verdone, da anni nostro assiduo, puntuale eseguito redattore, ha pubblicato nei giorni scorsi un interessantevolumetto che mette in risalto la positività del dialogo nella curae nella gestione della sofferenza fisica o psichica.

Luciano docente di Filosofia e Psicologia. Divide il suo tempofra ricerca, didattica, pubblicistica, armonizzazione di sé.

Nelle sue opere egli adotta uno sguardo multiprospettico,basato sull’analisi psicologica, sociologica e filosofica. Lo accom-pagna la quotidiana esperienza del mondo giovanile.

È autore di vari testi, fra cui: “Schede strutturate di FilosofiaContemporanea”, Andromeda, 1999 e come iBook su Amazon;“La terapia dei valori”, Paoline, 2007; “Un brindisi con Socrate”– La saggezza dell’Occidente a piccoli sorsi -, Adea, 2007;“Emergenza educativa in un mondo che cambia” –, Paoline,2009; “Una società senza valori può sopravvivere?”, Paoline,2012; “Il benessere emotivo”, Paoline, 2005; “Come superarel’angoscia”, 2006; “L’autostima”, Paoline, 2009; “Se dico amore”,Paoline, 2010; “Valori che contano”, Paoline, 2010; “Figli dellarete”, Paoline, 2011; “L’adolescenza”, Paoline, 2011; “L’ABCdell’educazione”, Paoline, 2013; “L’omosessualità giovanile”, Paoline, 2013; “Questi nostri giovani”,Paoline, 2013; “Sotto il segno di Facebook”, Paoline, 2013; “I giovani e la fede”, Paoline, 2013.

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modo attivo, il sentiero personale dellasaggezza, le risposte che meglio si adattanoalla nostra visione delle cose.

Per accompagnare chi cerca di co-struire il suo percorso di coscientizza-zione, Luciano Verdone fornisce, nel suoultimo libro, un possibile quadro di rispo-ste, ancorato ai pensatori classici.

Ogni volta, egli parte da una massima fi-losofica incisiva, analizzandola. Seguono,quindi, esercizi applicativi e approfondi-menti di tipo filosofico e psicologico.

Il libro punta sulla vantaggiosa interazionefra sapere filosofico e scienza psicologica e fariferimento a quella terapia del discorso ini-ziata da Socrate e riscoperta dalla logoterapiadi Victor Frankl. Quest’ultimo, pur essendo unvalente psichiatra, ad un certo punto della suavita, si dedicò allo studio della filosofia, convintoche la saggezza delle grandi scuole di pen-siero, potesse essere utilizzata nel dialogo te-rapeutico. Frankl comprese che la nevrositipica dell’uomo d’oggi non è psicogena, basatasu un conflitto emotivo fra norme e pulsioni ofra desideri e realtà, ma noogena, riguardantela sfera alta dell’Ego, quella relativa alla per-cezione significativa di sé, alle determinazionietiche, alle scelte esistenziali, all’universo valo-riale. Solo quando l’individuo non riesce a sod-disfare la sua fondamentale volontà disignificato ripiega sulla volontà di piacere diFreud o sulla volontà di potenza di Adler. In-fatti, il nevrotico noogeno, in mancanza di va-lori e compiti, mira ad ottenere unagratificazione psichica immediata attraversola scorciatoia di soddisfazioni artificiali: droghe,edonismo, atteggiamenti di potenza e di ag-gressività, sfida del pericolo ... Inoltre, la fru-strazione esistenziale provocata dallamancanza di senso si manifesta in fenomenidi massa quali: la depressione che può sfociare

nel suicidio; l’aggressività che conduce spessoall’omicidio; le droghe (chimiche o psichiche)che sono un suicidio differito nel tempo.

L’uomo d’oggi va rieducato a compiere ilsalto dal sapere (introiezione recettiva di dati)al pensare (esplorazione attiva delle ragionidel reale). Egli ha bisogno di trovare nei para-digmi di pensiero delle grandi scuole filosoficheil rimedio terapeutico ad un’esistenza vissutain modo superficiale ed effimero, basata sullecause immediate di natura percettiva e scien-tifica ma senza il fondamento delle verità diriferimento.

Il lettore, purché motivato da un atteggia-mento di ricerca metafisica, anche se sprovvi-sto di una preparazione filosofica, con questolibro, può avere l’occasione di appropriarsi dialcuni basilari tesori del pensiero occidentale,presentati attraverso le massime più significa-tive.

Chi legge può vivere l’emozione di passareda un sistema di teorie specifiche al reattivofilosofico o psicologico, cogliendo la feconditàe la spendibilità delle grandi intuizioni del pen-siero.

Altro punto forte del testo è la sua strut-tura definita ed omogenea, scandita sempre,ad ogni capitolo, in tre parti: cinque massimefilosofiche commentate, un approfondimento,un training filosofico o psicologico.

Nel libro trapela, ad ogni pagina, la convin-zione che il sapere filosofico, se bene inteso edadeguatamente presentato, non è mai sterileaccademia ma saggezza di vita che stimola lacoscientizzazione e spinge alla riorganizza-zione mentale ed all’azione. Solo la Filosofia(insieme ai saperi di senso, quali la Letteraturae la Teologia) è in grado di guidarci nel piùgrande compito che l’uomo è chiamato a svol-gere sulla Terra: il tentativo di dare un signifi-cato alle cose.

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GiorGio PetroCCHilUiGi PietroBoNo

Note a MarGiNe della CaUSadi BeatiFiCaZioNe

vittorio Capuzza

luigi Pietrobono (Alatri, 26 dicem-bre 1863 – Roma, 27 febbraio 1960) criticoletterario italiano, soprattutto delle operedi Dante Alighieri. Animò il salotto della re-gina Margherita di Savoia con la LecturaDantis, che ancor oggi si tiene nella Casadi Dante, a piazza Sonnino, nella zona Tra-stevere di Roma.

Scrive il 27 aprile 1950 a P. Minozzicomplimentandosi per il volume ricevutosull’Anno Santo e scrive: “Bravo, bravo,bravo! (…) hai dimostrato di che temprasia il tuo amore alla Chiesa, all’Italia e al-l’Opera del Mezzogiorno, di cui sei magnapars. Non saprei dire quale di questi treamori ti abbia dato le ispirazioni migliori”.

Giorgio Petrocchi (Tivoli, 13 agosto1921 – Roma, 7 febbraio 1989) storicodella letteratura italiana, professore all’Uni-versità di Roma, fu membro del comitatodirettivo dell’Enciclopedia Dantesca, curòuna fondamentale edizione critica della Di-vina Commedia, pubblicata in quattro vo-lumi tra il 1966 e il 1967), scrive diverselettere al Servo di Dio:

1) quella del 23 gennaio 1950, per lo-dare i volumi pubblicati da P. Minozzi suPaolo Segneri (“Ottima è l’inquadraturastorica e ambientale nella quale fai muo-vere il Segneri: così saggia e fine è la esplo-razione e la disamina della sua personalità.E così è il resto. Bravo, bravo: proprio dicuore”);

2) quella del 21 agosto 1936, in cui Pe-trocchi scrive a P. Minozzi: “Carissimo, horicevuto la tua affettuosissima. E ti ringra-zio sentitamente. Ma quante volte ti dovreidire grazie?...”

3) quella bellissima del 14 agosto 1936,in cui Petrocchi scrive parole incisive: “Neiverdi e pacati silenzii di queste Alpi il miopensiero ricorre sempre a te grato, me-more, devoto e purtroppo mi si congiungea ricordi tristi e amari, a specie di idee fissee dominanti, delle quali tu ben conosci lacausa: anzi nessuno più di te la conosce.(…). Perdonami e amami col tuo grande etrascinante afflato religioso”. Che dire dipiù come testimonianza sulla grande animasacerdotale di P. Minozzi?

4) Infine, la lettera datata 03 aprile 1931in cui il giovane Petrocchi, riaffermandotutto il suo amore e la devozione che nu-triva verso Padre Semeria, mettendosi a di-sposizione per l'opera benefica di cui PadreMinozzi è a capo.

Segreteria del CardinaleArcivescovo di Genova

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LE NOSTRE AVVENTURE DEGLIANNI 1950-60 - Non descrivo la vita cheavemmo nei primi anni, perché ero piccolo.Ricordo solo durezza e povertà. Nei giornidi bel tempo andavo a volte in campagna edovevo stare vicino alla culla attaccata al-l’albero, dove dormiva Antonio, e chiamaremamma quando si svegliava. Salvatore ePeppino, che erano più grandi, dovevano la-vorare insieme a mamma, perché ce n’erabisogno. Giuditta a sei anni fu portata in uncollegio femminile retto da suore a Po-tenza e ci rimase per alcuni anni; poi fuportata per altri anni in un collegio di Rio-nero in Vulture. Peppino fu mandato in uncollegio provinciale a Potenza, ma ci rimasepoco tempo e poi tornò a casa. Salvatorein quarta elementare smise di andare a

scuola e andò presso una famiglia di con-tadini a pascolare capre e pecore e portarequalche guadagno a mamma.

Io stetti molto bene all’asilo, anche per-ché mi davano qualcosa da mangiare. Poi,prima che finissi i sei anni, andai alla scuolaelementare, ma non apprendevo nientedalle maestre, che spesso cambiavano, e acasa non avevo nessuno che mi insegnassequalcosa. Per fortuna nel 1948 ebbi fisso,per le elementari, il maestro Vito RoccoDragonetti, che fu per me un vero maestroe un vero padre e mi accorsi che potevocapire ed imparare come e meglio di altriragazzi.

Antonio a sei anni fu inviato a Barile nelcollegio dell’Opera Nazionale per il Mez-zogiorno d’Italia, per gli orfani di guerra,opera fondata da Padre Minozzi e PadreSemeria. Alla stessa opera, come dirò ap-presso, ci andai anch’io. A Barile Antonio cistette per tutti i cinque anni delle elemen-tari, poi fu trasferito all’Istituto PRINCIPEDI PIEMONTE della stessa Opera, per lescuole medie e superiori.

Io ero molto devoto della Madonna ericordo molto bene che la mattina dell’8Dicembre del 1947 andai alla prima messae dopo passai da una gentile signora Rosa,che mi voleva tanto bene, per dirle chequel giorno era festa ed era anche il miocompleanno. Ella mi abbracciò e mi baciòe mi regalò un uovo; io fui felice e lo portaia mamma.

Nel 1950 finalmente mamma ricevettela pensione di guerra per la morte di no-stro padre e anche gli assegni familiari per

Storie di Vita

la Mia PoVera GraNde FaMiGlia (2) Giancanio Elefante

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Storie di Vita

noi figli. Non erano grandi cifre, ma per noipoveri furono certamente valide.

Alla fine della scuola elementare, perpoter studiare come orfano di guerra, do-vevo andare, all’Istituto PRINCIPE DI PIE-MONTE. Nel nostro viaggio a Potenza perla richiesta di ammissione, il P. DiscepoloDon Peppino Di Gennaro mi disse: “… mati vuoi fare prete?” “Si!!!” risposi con gioia,anche mamma fu contenta e così, invece diessere accolto all’Istituto di Potenza, fui de-stinato al seminario dei Padri Discepoli diOfena, in provincia dell’Aquila. La Famigliadei Padri Discepoli era stata fondata daPadre Giovanni Minozzi, negli ultimi annidel 1920, ed essi erano destinati a guida ededucazione degli orfani di guerra, oltre cheai compiti e doveri dei sacerdoti religiosi.

Conobbi Padre Minozzi nei primi mesidi scuola del 1952. Abitava a Roma e venivaspesso a trovarci, così come faceva contutti i collegi dell’Opera Nazionale per ilMezzogiorno d’Italia; ero incantato dellasua maestosità e soprattutto della sua san-tità e, come avevo già fatto con il maestroDragonetti, lo ‘considerai’ mio padre do-natomi da Dio, Padre Nostro. Lo vidi l’ul-tima volta nell’Aprile del 1959. Piansi moltoquando seppi della sua morte avvenuta l’11Novembre dello stesso anno. Pregai moltoper lui e poi pregai e prego tuttora per lasua santificazione, per ottenere la sua in-tercessione. Il 3 Novembre 2008 fui negliuffici di San Giovanni in Laterano a Romaper una mia testimonianza nel processodella sua beatificazione in corso.

Nel 1958 rinunciai al proposito di farmi

prete, nonostante lo avessi desiderato conimpegno ed interesse per ben sei anni. Feciperò il proposito di vivere bene, tutto se-condo quanto avevo imparato nel semina-rio di Ofena, dai Padri Discepoli e da P.Minozzi. Ritornai ad Albano di Lucania, manon avevo né la possibilità di studiare o dilavorare, né la compagnia dei miei fratelli esorella. I maggiori, Salvatore e Peppino,erano in Toscana per aiutare un nostro zioivi residente e per guadagnare qualcosa.Mia sorella si era sposata nell’estate del1957; Antonio era in collegio.

Decisi pertanto di venire anch’io, in-sieme a mamma, a San Miniato, in Toscana,e di iscrivermi al Liceo Classico di Empoli;pregai molto il buon Dio, perché mi aiu-tasse a superare tutte le difficoltà e che so-prattutto mi aiutasse a realizzare tutti ipropositi che avevo fatto in Suo nome eper la Sua gloria. Pregavo per i cinque chi-lometri che facevo a piedi, dalla casa incampagna a San Miniato e poi da San Mi-niato ad Empoli, che facevo in autobus. Ecosì facevo anche al ritorno. Però le possi-bilità di andare avanti in questo modo perme furono veramente poche, le spese permamma erano molte e l’università mi sem-brò inaccessibile. Dopo il primo anno, smisidi andare a scuola e cercai un lavoro, pro-mettendo a me stesso che, non appena misarebbe stato possibile, almeno un diplomalo avrei preso. Cercai, persi e ricercai moltilavori, perché non avevo esperienze e qua-lifiche, ma nello stesso tempo riuscii adavere diverse competenze, tanto da rima-nere ad amministrare, dal 1963 in poi e per

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alcuni anni, in un bellissimo cantiere navaledi Limite sull’Arno.

Contemporaneamente facevo diversiconcorsi per gli impieghi pubblici, ma nonriuscivo mai a vincerne uno. Poi, nei primimesi del 1967, in breve tempo vinsi treconcorsi in un modo sorprendente: un im-piego nel comune di Brescia e vi presi ser-vizio per cinque mesi, poi mi arrivò lavincita e la presa di servizio nell’Ufficio Im-poste Dirette, attuale Agenzia delle En-trate, di San Miniato, dove ero residente.Felice, ringraziai Dio e rimasi per semprea San Miniato. Mi arrivò anche l’avviso cheavevo vinto un concorso negli uffici postalitoscani, ma non ne feci niente.

I miei fratelli maggiori, Salvatore e Pep-pino, si erano sposati; mia sorella e la suafamiglia erano andati in Francia, perché adAlbano non avevano lavoro; Antonio, neiprimi anni ‘60, uscì dal collegio di Potenzae cercava un lavoro adatto. Non riuscì atrovarlo facilmente come voleva, gli capitòdi andare in Francia a trovare la sorella, vitrovò un lavoro piacevole in una ditta far-maceutica e ci rimase per diciassette anni;prese moglie francese.

Io avevo conosciuto Adelina, mia mo-glie, subito dopo il mio arrivo a San Mi-niato, ma solo nel 1967, dopo una lunga esincera amicizia, decidemmo di fidanzarci edi prometterci amore e vita comune. Cisposammo il giorno della Festa di CristoRe, il 27 Ottobre 1968. La festa fu bella,anche se alquanto modesta; il ricordo piùbello fu l’andare a baciare, con affetto e de-vozione, il Crocifisso di Castelvecchio nel

Santuario di San Miniato. Questo Croci-fisso di legno, molto antico, fu trovatonell’ottavo-nono secolo dell’era cristiananella frazione di Castelvecchio e da alloraè sempre stato venerato e amato da tuttala Toscana. Nei primi anni del 1700 fu co-struito l’attuale santuario e il Crocifisso èconservato in custodia. Viene messo in vi-sione per la Festa di Cristo Re e in qualchefesta importante. Il bacio, la fede e il pro-posito nostri furono grandi, proprio inquella Festa e sul nostro anello di fede, in-vece dei nostri nomi, scrivemmo: “CRI-STO RE ’68”. A Gennaio 1970 diventammogenitori della bellissima Paola; non fu piùpossibile avere altri figli, nonostante le suc-cessive tre gravidanze, ma siamo feliciugualmente, perché ora abbiamo tre bel-lissime nipoti.

Storie di Vita

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iN riCordo di lUiGiNa ortolaN

Storie di Vita

In questo mese dei fiori, desideriamo riproporre alla considerazione attenta dei nostriaffezionati Lettori la mite e ferma figura della signora Luigina Ortolan, che dai fioritraeva ispirazione e coi fiori raggiungeva e conquistava il cuore dei piccoli e dei biso-gnosi.

Fu compianta consorte dello stimato amico Ferdinando Codognotto, conosciuto aRoma e nel mondo per le sue pregevoli opere intagliate in legno in forme e modi originali,di particolare e profonda intensità espressiva.

Luigina, deceduta il 12 marzo di 8 anni fa, è stata una donna dedita al prossimo, conrara sensibilità, fin dall’infanzia. Il suo motto fu: “Amare i bambini del mondo”, Mossada tale attenzione ai più disagiati, ha realizzato un pozzo in Africa con sacrificio e conpiccoli mezzi.

Ha fondato un parco giochi per bambini nel 1990, alla periferia di Roma, ed ora a lei inti-tolato, curando i bambini che lo frequentavano. Sorriso e ingentilito da fiori di rara bellezza, ètuttora florido e frequentato. Lo cura il figlio Lorenzo sotto il suo sguardo dall’alto. Volle che vifosse stampata questa preghiera da lei composta:

“non morirò mai perché ho conosciuto te Gesùil mio cuore ha trovato il suo nido d’amore nel tuo cuoreora non teme di morire perché è con te e per sempre vivrà”.

Recitava spesso questa preghieradi Charles De Foucault che ci piace proporrea tutti Voi:

“Padre mio mi abbandono a te,fa di me ciò che ti piace,qualunque cosa tu faccia di me ti ringrazio,sono pronta a tutto,accetta tuttopurché la tua volontà si compia in me,e in tutte le tue creature,io non desidero altro mio Dio. Depongo la mia anima nelle tue mani,te la dono mio Dio,con tutto l’amore del mio cuore ti amo,ed è per me un esigenza d’amore,il darmi, il rimettermi tra le tue mani,senza misura con una confidenza infinita,poiché sei tu il Padre Mio.

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MoViMeNto NeW aGe:NaSCita e MotiVaZioNi Giovanni Ciancia

E’ merito del filosofo e sociologo Mas-simo Introvigne la ricostruzione, in manierasistematica, della nascita e dello sviluppo delmovimento New Age.

Ritiene che già nel 1937 circolaval’espressione Età dell’Acquario con cui al-cuni sostenevano l’idea secondo cui ogni2160 anni il sole cambierebbe di segno zo-diacale.

Starebbe allora concludendosi l’Età deiPesci iniziata con l’1 d.C. e inizierebbequella dell’Acquario. L’Età del Cristianesimoè coincisa con l’Età dei Pesci mentre quelladell’Acquario propone un’epoca in cui ap-parirà qualcosa di nuovo, il New Age ap-punto, in cui il Cristianesimo, secondo ilfrancese Paul Le Cour,finirebbe di essere ditipo gerarchico e istituzionale e divente-rebbe spirituale ed esoterico.

Introvigne tenta di riconoscere il filonestorico-culturale in cui si possa innestare ilmovimento e lo definisce movimento di ri-sveglio di qualche realtà magico-occultisticapreesistente, caduta in uno stato di inerzia.

In una intervista del 10 marzo 2011 fattada Chiara Bertoglio,Introvigne, sebbene ri-ferisca di alcuni elementi notati anche neglianni precedenti, fa nascere questo movi-mento intorno all’anno 1962 in Scozia.

Lo stesso sociologo individua,quale mo-tivazione principale legata alla nascita diquesto fenomeno, l’ esigenza di spiritualitàdi una generazione,quella degli anni ses-santa appunto,che aveva abbandonato le re-ligioni tradizionali per una serie di motivicomunque complessi e cercava una spiritua-lità laica,una spiritualità non troppo impe-gnativa. Si abbandona, quindi iltermine religione o Chiesa e si parla solo

di spiritualità. Una spiritualità che non im-pegnasse, non chiedesse nulla,che potessetrarre in maniera sincretistica tutto quelloche poteva servire dalle grandi tradizionireligiose dell’umanità e che, infine, presen-tasse tutto in maniera ottimistica.Lo stessonome New Age, era nuova, si riferisce a unmondo nuovo,pieno di felicità, senza guerre,senza malattie senza fame che sarebbe do-vuto arrivare attraverso la trasformazioneplanetaria delle coscienze.

Carl Keller, sostenitore del New Age, ri-tiene che questa forma di religiosità che ap-partiene a questo movimento, si risolva inprassi terapeutica. Facendo riferimento allegrandi religioni asiatiche, quali Buddismo eInduismo, ritiene le proposte tecnichecome vera e propria pratica medica adot-tando lo stesso criterio di indagine inda-gando sui sintomi di una malattia.

Procede con la diagnosi per conoscerela natura e l’origine della malattia e con lasuccessiva terapia che conduce alla guari-gione.

Questo rifugio in un ottimismo utopi-stico ci riporta, a nostro parere, alpeccato,assopito ma non sradicato nel-l’uomo,di non ammettere la sua creatura-lità,di presumere di poter dominare ilmondo facendone parte integrante. Infondo in fondo l’uomo della Nuova Erapensa di vincere le malattie e forse di es-sere immortale anche riferendosi alla incar-nazione.

In maniera realista non possiamo nonammettere, con i filosofi, la contingenzadell’essere, cioè il fatto che noi siamo, po-tremmo non essere né abbiamo alcun di-ritto ad esserci.

diVaGaZioNi CUltUrali

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la SVeGlia

CroNaCa di UNa GiorNata d’aPrileCiro Minucci, Presidente Ex Alunni

Il luogo dell’incontro era stato con-cordato presso l’incantevole Abbaziabenedettina di Montecassino alle ore10,00 del 06/04/2014. Alla spicciolatacominciavano i primi arrivi degli ex-alunni e via via giungevano tutti i par-tecipanti all’incontro: Rocco Adamo,Giuseppe Recine e Carlo Vellucci conrispettive consorti, Vincenzo Fava, Ve-neto Busetto, Antonio Verile, Greco,Carmine Santarpia, Antonino Rocca,Claudio Pieragostini, Pietro Marini,Rocco Straqualursi, Pasquale Passaretti,Bruno Caira e signora, i veterani del P.Minozzi di Cassino Ugo Vago ed Ame-rico Maresci, nostro indimenticatoPresidente della Virtus Domat, arrivatocon tutta la famiglia, Franco Mattia, Fi-lippo Lucentini con la moglie Rita, ElvioMazzonna, Francesco Marino, Bene-detto Elpini, Antonio Misischi e la figliaCecilia, Ciro Minucci con la figlia Ilaria.Alle ore 10,30 in punto iniziava la S.Messa all’interno dell’ Abbazia stra-colma di fedeli: ci siamo sentiti partico-larmente orgogliosi quando ilcelebrante, prima di officiare la fun-zione religiosa, ha sottolineato la pre-senza al rito di circa 40 ex-alunni del P.Minozzi di Cassino. Terminata la cele-brazione, Padre Mariano, direttoredell’archivio storico di Montecassino,ha ricordato la presenza di P. Minozzipresso l’Abbazia di Montecassino e ha

poi accompagnato una rappresentanzadel nostro gruppo (tra cui ricordiamoil “nostro” sindaco di Fiamignano (RI),l’ing. Filippo Lucentini e la moglie Rita,l’ing. Bruno Caira e signora, il dott. ElvioMazzonna e l’ing. Carmine Santarpia)presso la sala in cui è custodito il “Pla-

cito Cassinese”, primo documento inlingua volgare. L’affascinante e dotta il-lustrazione dei documenti storici, gelo-samente e preziosamente conservati,ha entusiasmato una emozionata IlariaMinucci, studentessa e laureanda allaFacoltà di Lettere e Filosofia della Fe-derico II di Napoli. Dopo esserci con-gedati, ringraziando il direttoredell’archivio storico per l’opportunitàconcessoci, abbiamo lasciato questasontuosa Abbazia e ci siamo ricompat-

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tati presso l’agriturismo “La Selva” peril pranzo. Ad aspettarci c’era DomenicoFasulo che dopo 50 anni ha potuto ri-vedere Benedetto Elpini, mentre Anto-nio Verile ha rivisto i suoi ex compagnidella squadra di calcio degli anni ’70: A.Rocca, P. Passeretti, C. Pieragostini e V.Busetto. Insomma sempre una bellarimpatriata. Inoltre la spensierata e se-rena giornata ci ha rivisti allegri anta-gonisti di alcune sfide a “calcio balilla”,proprio come tanti anni fa. Questi sonoi nostri incontri…un ritorno al passatoper poter rivivere gli anni che hannovisto nascere amicizie all’interno dellecomunità gestite dalla Famiglia dei Di-scepoli, capaci di sopperire in molti casialle sofferenze che avevano colpito le

nostre famiglie di origine. Un ringraziamento

caloroso e fraterno aCarmine Santarpia cheha organizzato la nostragiornata cassinese per-mettendo ai ricordi dialimentare l’affetto che ciha unito e ancora ci uni-sce, al di là degli anni edelle vite che viaggianosu binari diversi e spessolontani.

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PreMio BaSiliCata… a CHieri Don savino D’Amelio, DF

L’Associazione Culturale “AMICI DELLALUCANIA” è una bella realtà che vive nel ter-ritorio della ridente e famosa città di Chierialle pendici della collina torinese che ha allasommità la Basilica di Superga, nota ancheper il disastro aereo in cui perse la vita l’interasquadra di calcio del “Grande Torino”.

Le associazioni di lucani in Piemonte sonotante, circa una ventina, come ce ne sonotante disseminate nel Nord-Italia ed ancheall’estero, se si pensa che i Lucani residentifuori della Basilicata sono più numerosi deglistessi residenti in Regione; sono ben amalga-mate e rendono onore alla nostra Terra, oggiricca di risorse naturali, culturali, spirituali, eco-nomiche e paesaggistiche, ma che, ahimè!, perfare fortuna e manifestare le proprie doti sem-bra necessario espatriare…

I componenti l’Associazione Lucani a Chieriè composta prevalentemente di cittadini di Pa-lazzo San Gervasio e di Tolve. Ve ne sono alcuniche da qualche anno si sono avvicinati alla re-altà della nostra Famiglia Religiosa e del-l’Opera diventandone amici e collaboratori; ilpiù noto a tutti è il Cav. Pietro Lombardi, tantevolte fotografo ufficiale nelle nostre manifesta-zioni.

Tra le varie attività meritorie di questa As-sociazione, che conosco da alcuni anni, quellache mi sembra un fiore all’occhiello è l’istitu-zione del “PREMIO SCOLASTICO BASILI-CATA” giunto quest’anno alla TredicesimaEdizione, rivolto agli alunni di Scuole Medie,Inferiori e Superiori. Il Concorso di questa Edi-zione ha avuto come tema: ““TRA IL SETTE-CENTO E L’OTTOCENTO, IN PIEMONTE EIN LUCANIA SPICCANO FIGURE DI SACER-DOTI CHE, FORTI DELLA FEDE, SI DISTIN-GUONO ANCHE PER UN’ECCEZIONALESENSIBILITA’ VERSO GLI UMILI. SONO I

“SANTI SOCIALI”: Don GIOVANNI BOSCO,Don GIUSEPPE CAFASSO, Don GIUSEPPECOTTOLENGO, Fra GERARDO MAIELLA,Padre GIOVANNI MINOZZI. ESAMINANDOLE LORO BIOGRAFIE, SPIEGA PERCHE’ ME-RITANO DI ESSERE DEFINITI “SANTI SO-CIALI”. INOLTRE COME TI IMMAGINI LAFIGURA DI UN SANTO SOCIALE NEL NO-STRO TEMPO? QUALI SAREBBERO, SE-CONDO TE, LE SUE SCELTE DI VITA?”

A presenziare la Premiazione del Con-corso, data la tematica sono stati invitati unSalesiano, Don Andrea Angeleri e un Discepolo,Don Savino D’Amelio, per poter tratteggiarele peculiarità del Santo dei giovani, S. GiovanniBosco e l’Apostolo degli orfani del Centro-Sud,il Servo di Dio Padre Giovanni Minozzi. Inoltreerano presenti al completo i componenti laGiuria che ha giudicato gli elaborati: Prof.saRosanna Perilongo, Presidente, e i membri Prof.Roberto Viarisio, Prof.sa Caterina Grignolo, ilDott. Enrico Bassignana, giornalista e il Cav.Pietro Lombardi.

Numerosi sono stati gli alunni che hannorisposto all’invito del Bando di Concorso, coa-diuvati dai loro Docenti nelle varie cittadine incui il Concorso è stato presentato. La cerimo-nia di premiazione si è tenuta nella storicaSala Conceria del Comune di Chieri alla pre-senza di numerose personalità del mondo po-litico, culturale e religioso e gremita di cittadini.

Dopo la presentazione dell’incontro tenutadal Presidente dell’Associazione il Sig. Dome-nico Guglielmi, hanno preso la parola per unsaluto di rito il Sindaco di Chieri Dott. France-sco Lancione, il Presidente della Federazionedella Associazioni Lucani del Piemonte Ro-berto Placido, il Vice Presidente CommissioneCultura Regione Piemonte Mauro Laus (Lu-cano), il Vice Presidente del Consiglio Provin-

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ciale di Torino Giuseppe Cerchio e il capo-gruppo del Consiglio Comunale di Torino An-drea Tronzano.

Ai saluti ha fatto seguito la relazione delSalesiano Don Andrea Angeleri che ha tratteg-giato la figura di San Giovanni Bosco comeeducatore e santo impegnato con i giovani po-veri del territorio Piemontese, mettendo in par-ticolare rilievo il metodo educativo innovatore.

E’ stata data quindi la parola al DiscepoloDon Savino D’Amelio, che ha esordito dicendodi voler suscitare, anche nel pur breve tempoa disposizione, la curiosità per una conoscenzapiù adeguata del nostro Fondatore P. GiovanniMinozzi, dopo l’approccio avuto attraverso losvolgimento del tema a concorso. Padre Mi-nozzi da queste parti non è conosciuto se nondagli Ex-alunni pur numerosi in Piemonte e daalcuni amici, essendo Abruzzese di nascita eApostolo del Mezzogiorno per scelta perso-nale. Don Savino ha quindi proposta all’atten-zione della numerosa ed attenta assemblea itratti caratteristici del Sacerdote Santo, del-l’Apostolo degli ultimi sia agli inizi del suo sa-cerdozio nell’Agro Romano, sia come

Cappellano militare con l’invenzione singolareed altamente incisiva delle Case del Soldato epoi, con le Istituzioni di vario genere per gli Or-fani delle guerre e per i poveri più poveri delleregioni più abbandonate; la sua vita è stata in-teramente consumata, insieme a quella delsuo “Amico fraterno” P .Giovanni Semeria, perla Carità.

E’ seguita quindi la premiazione consi-stente in borse di studio.Avendo portato conme un certo numero di copie dell’ultimo scrittodell’Ex Giuseppe Mastromarino “Padre G. Mi-nozzi Educatore”, l’ho potuto distribuire ai pre-miati, ai componenti la giuria e agli ospiti piùragguardevoli. Gli elaborati, giudicati da unacompetente Giuria, formata da Docenti di Let-tere, da un Giornalista e dall’amico Pietro Lom-bardi, sono risultati molto interessanti e, sottocerti aspetti, originali. I primi cinque vincitoridel Concorso sono risultati i seguenti alunni:1° Pochettino Marta ; 2° Ermini Veronica; 3°De Paola Stefania; 4° Servetti Anna; 5° BruniLinda. I complimenti e gli auguri sono statiesplicitamente espressi da tutta l’assembleapresente.

Come appendice a questa bella e solennemanifestazione c’è stato l’incontro, sia nella se-rata e soprattutto il giorno dopo, Domenica,con il gruppo di Ex di Torino, che hanno parte-cipato alla Celebrazione Eucaristica con gliamici dell’Associazione Lucana e poi al convi-vio fraterno. Ci siamo confrontati sulle possibilicollaborazioni per tener vivo e testimoniare lospirito e l’opera del Padre Minozzi, dei Disce-poli e dell’Opera.

Infine voglio esprimere il mio caloroso edaffettuoso ringraziamento agli amici dell’Asso-ciazione Lucana di Chieri ed un sentito augu-

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il Fatto del MeSe

eUroPa SeNZa VoltoLuciano verdone

La Corte europea, in nome della libertàe della tolleranza, ha deciso che non ci do-vranno essere crocifissi nelle aule scolasti-che italiane. Ammesso, aggiungo io, che cisiano veramente. Secondo la Corte, un“segno esteriore forte” come il Crocifisso,potrebbe “essere perturbante dal punto divista emozionale, per gli studenti di altre re-ligioni o per chi non ne professa alcuna”.

La Corte ritiene che uno Stato nons’identifichi con nessun codice valoriale mali garantisca tutti. E’ proprio questo il punto.La società non è un’astrazione ma un’iden-tità culturale definita. Non esiste “la” so-cietà ma solo collettività storiche concreteche si materializzano, di volta in volta, informe culturali definite. Se lo Stato è uncontenitore indifferente, come ritiene laCorte europea, allora i valori religiosi sonoprivi di rilevanza sociale e possono esisteresolo come espressione personale e privata.Ma se, al contrario, una società è il risultatodel suo svolgimento storico e non un’ideauniversale, immobile e trascendente, allorapossiamo parlare d’identità culturale di unanazione e di un continente. Di conseguenza,l’Europa non è solo un insieme di accordipolitici ed economici, ma un sistema di si-gnificati culturali.

La tanto esaltata “laicità” dello Stato, inquesto caso, non è un vuoto nichilista mapluralismo interagente. La possibilità, cioè,di più culture di convivere e confrontarsi,senza, però, rinnegare se stesse. La possibi-lità di evitare sia il dispotismo della maggio-ranza, sia quello, ancora più assurdo, della

minoranza dei nuovi arrivati. Dal momentoche, senza identità, non può esistere inter-cultura. Il nulla non dialoga. Dal momentoche, inoltre, la religione non è un fattoesclusivamente privato. Essa è sì, innanzi-tutto, una dimensione coscienziale ed in-tima, ma è anche costume, cultura, arte,storia, norma, aggregazione, fatto sociale.Una società, privata della sua cultura (stilidi vita, modi di sentire, di rappresentare larealtà), è solo un’ipotesi mentale. E’ comeun pensiero senza volto, una persona senzacorpo. Le religioni, in particolare, sono l’es-senza profonda di una cultura.

Allora, chi contesta la sentenza di Stra-sburgo, non è affetto da “ossessione identi-taria”, come afferma Stefano Rodotà.Perché prima dell’esasperazione della pro-pria identità, esiste il diritto ad averne una.Altrimenti, è come se chiedessimo a qual-cuno di rinunciare al suo aspetto fisico, allesue abitudini di vita, per non offendere isuoi vicini.

La realtà è un’altra. Molti hanno persoquesta identità e conservano, del patrimo-nio occidentale, solo alcuni caratteri, comel’amore per la scienza e per la libertà. “L’Oc-cidente – scrive Oriana Fallaci - nutre unaspecie di odio verso se stesso. Nella suastoria vede soltanto ciò che è deprecabile,e non ciò che essa contiene di grande e dipuro. Ha ragione Ratzinger quando dice cheil mondo dei valori su cui l’Europa aveva co-struito la sua identità – i valori ereditatidagli antichi greci e dagli antichi romani edal Cristianesimo – sembra giunto alla fine”.

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Comune di Calascio

dalle NoStre CaSe

Gentile Direttore,E’ da tempo che volevo far pervenire al

Suo Giornale questa mia nota. Premetto chela stessa non vuole essere il rivendicare unapaternità o un campanile ma, ristabilire unaverità inconfutabile e storica, ridare il dovutomerito e riconoscenza a chi ne ha titolo, miriferisco alla ormai invalsa denominazioneche”

L’OPERA”costuma nel mutare la onoma-stica “COLONIA FRASCA DELLE VIGNE DICALASCIO” in “Colonia Frasca di Ofena” opiù spesso con la dizione “Da Ofena”, sem-pre riferito alla Casa dei Discepoli. Don Gio-vanni Minozzi e Don Tito Pasquali, nonavrebbero mai commesso un simile, voluto?errore, non avrebbero mai osato un simileaffronto o disattenzione non solamente diverità storica-antropologica, sulle”VIGNE DICALASCIO” ma, anche sulla dovuta ricono-scenza a famiglie che con convinta cristianitàfecero donazione di patrimonio immobiliareed economico-leggasi Colonia Frasca e VillaVolpe-. La territorialità amministrativa, ancorpeggio, l’identificazione catastale, è cosa di-versa dalla appartenenza della territorialità:storica, sociale, politica, antropologica, eco-nomica e ciò lo è ancor di più , se afferiscead un territorio di benefattori e benemeriticui anche il Comune di Calascio ne entra apieno titolo. Negli annali d’archivio del-l’Opera Nazionale del Mezzogiorno d’Italiae, quindi di facile rinvenimento e consulta-zione, si può riscontrare e verificare, che le“VIGNE DI CALASCIO” sono da semprestate dominio dei calascini con le loro ville ecasolari, con le grotte abitate, non può sfug-gire, che l’approvvigionamento idrico del ter-ritorio e della Casa dei Discepoli è statogarantito dal Comune di Calascio fino a

tempi recenti, che il servizio postale avvenivada Calascio, che la strada carrozzabile e poiprovincializzata, fu voluta e realizzata dai ca-lascini, che” Piazzale Taranta” comunementedetto “Piazzola”, fu opera calascina e le epi-grafi, a dispetto dei sofferenti di amnesie edistrazioni, ne conservano sulla pietra freddama dai colori caldi, la verità storica di appar-tenenza ancoroggi. Don Minozzi ed il Co-mune di Calascio, trovano su di esse nonsolo ricordo ma giustizia e verità. L’OPERA;la Sua struttura, si sono sempre rapportaticon Calascio e le istituzioni Calascine. Vogliosperare che questa mia succinta nota, trovi ilMolto Rev.do Don Antonio Giura e il dina-mico Don Cesare Faiazza pronti a ridare aCalascio ed ai suoi antenati il giusto ruolo edil diritto di appartenenza se è vero chequanto d’importante, di bello nel campo ci-vile e religioso in questa Nostra ZonaL’OPERA e i suoi Fondatori hanno saputo epotuto fare, un pizzico di merito spettaanche a quanti, ed in primis, al Comune diCalascio ha dato e permesso con molta,molta convinzione verso L’Ordine dei Disce-polini, ed il suo fondatore, Il Grande“IMPRENDITORE DELLA CARITA’ CRI-STIANA” Don Giovanni Minozzi cui, lo scri-vente Sindaco sta predisponendo unaimportante significativa cerimonia per ilprossimo periodo estivo. Nella certezza chequesto richiamo alla memoria venga intesonel senso più vero e giusto e, nella certezzache l’invito sarà da tutti apprezzato, auguroa Lei Direttore ed alla Famiglia tutta dei Di-scepolini, il mio augurio di buon lavoro e lamia vicinanza.

Antonio vincenzo Matarellisindaco di Calascio

Dalla residenza municipale li, 30 gennaio 2014

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�Gentile Direttore,

E’ da tempo che volevo far pervenire al Suo Giornale questa mia nota. Premetto che la stessa non

vuole essere il rivendicare una paternità o un campanile ma, ristabilire una verità inconfutabile e storica,

ridare il dovuto merito e riconoscenza a chi ne ha titolo, mi riferisco alla ormai invalsa denominazione che”

L’OPERA”costuma nel mutare la onomastica “COLONIA FRASCA DELLE VIGNE DI CALASCIO” in

“Colonia Frasca di Ofena” o più spesso con la dizione “Da Ofena”, sempre riferito alla Casa dei Discepoli.

Don Giovanni Minozzi e Don Tito Pasquali, non avrebbero mai commesso un simile, voluto? errore, non

avrebbero mai osato un simile affronto o disattenzione non solamente di verità storica-antropologica,

sulle”VIGNE DI CALASCIO” ma, anche sulla dovuta riconoscenza a famiglie che con convinta cristianità

fecero donazione di patrimonio immobiliare ed economico-leggasi Colonia Frasca e Villa Volpe-. La

territorialità amministrativa, ancor peggio, l’identificazione catastale, è cosa diversa dalla appartenenza della

territorialità: storica, sociale, politica, antropologica, economica e ciò lo è ancor di più , se afferisce ad un

territorio di benefattori e benemeriti cui anche il Comune di Calascio ne entra a pieno titolo. Negli annali

d’archivio dell’Opera Nazionale del Mezzogiorno d’Italia e, quindi di facile rinvenimento e consultazione, si

può riscontrare e verificare, che le “VIGNE DI CALASCIO” sono da sempre state dominio dei calascini con

le loro ville e casolari, con le grotte abitate, non può sfuggire, che l’approvvigionamento idrico del territorio

e della Casa dei Discepoli è stato garantito dal Comune di Calascio fino a tempi recenti, che il servizio

postale avveniva da Calascio, che la strada carrozzabile e poi provincializzata, fu voluta e realizzata dai

calascini, che” Piazzale Taranta” comunemente detto “Piazzola”, fu opera calascina e le epigrafi, a dispetto

dei sofferenti di amnesie e distrazioni, ne conservano sulla pietra fredda ma dai colori caldi, la verità storica

di appartenenza ancoroggi. Don Minozzi ed il Comune di Calascio, trovano su di esse non solo ricordo ma

giustizia e verità. L’OPERA; la Sua struttura, si sono sempre rapportati con Calascio e le istituzioni

Calascine. Voglio sperare che questa mia succinta nota, trovi il Molto Rev.do Don Antonio Giura e il

dinamico Don Cesare Faiazza pronti a ridare a Calascio ed ai suoi antenati il giusto ruolo ed il diritto di

appartenenza se è vero che quanto d’importante, di bello nel campo civile e religioso in questa Nostra Zona

L’OPERA e i suoi Fondatori hanno saputo e potuto fare, un pizzico di merito spetta anche a quanti, ed in

primis, al Comune di Calascio ha dato e permesso con molta, molta convinzione verso L’Ordine dei

Discepolini, ed il suo fondatore, Il Grande “IMPRENDITORE DELLA CARITA’ CRISTIANA” Don

Giovanni Minozzi cui, lo scrivente Sindaco sta predisponendo una importante significativa cerimonia per il

prossimo periodo estivo. Nella certezza che questo richiamo alla memoria venga inteso nel senso più vero e

giusto e, nella certezza che l’invito sarà da tutti apprezzato, auguro a Lei Direttore ed alla Famiglia tutta dei

Discepolini, il mio augurio di buon lavoro e la mia vicinanza.

Antonio Vincenzo Matarelli

Sindaco di Calascio

Dalla residenza municipale li, 30 gennaio 2014

Molto Rev. Don Michele GILIBERTI

Direttore “EVANGELIZZARE”

Opera Nazionale Mezzogiorno d’Italia

Via Dei Pianellari, 07

00186 R O M A

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dalle NoStre CaSe

Nei giorni dal 6 al 9 maggio in Ofenac’è stata la visita pastorale, il Vescovo diSulmona sua Ecc.za Mons. Angelo Spinaha incontrato, i fedeli nella parrocchia diSan Nicola, i gruppi parrocchiali. Inoltreha visitato le diverse realtà associativecome gli alpini, la pro-loco presenti sulterritorio. C’è stato anche l’incontro conla squadra di calcio e alcune aziende delterritorio e con i bambini della scuolamaterna. Con gli amministratori locali c’èstato un confronto sulle problematiche

e le prospettive per il territorio di Ofena. Il Vescovo ha incontrato le comunità

religiose del Carota e di Villa Volpe dovele suore della Sacra Famiglia di Bergamoaccudiscono le anziane offrendo lorocure e preghiere. Il Vescovo intrattenen-dosi con loro ha elogiato le religiose sot-tolineando il servizio prezioso a favoredelle persone anziane.

Il vescovo, accompagnato dal parrocopadre Esdra ha visitato anche la Casa deiDiscepoli sostando per un po’ di tempo

ViSita PaStorale ad oFeNa Don Antonio Curani, DF

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nella chiesa dove è stato accolto da circa40 persone, don Antonio Curani acco-gliendo il Vescovo lo ha ringraziato, perquesta visita ricordando che la Casa deiDiscepoli voluta da don Minozzi ha vistotanti discepoli lavorare per il bene diOfena è che in questo periodo i supe-riori stanno cercando il modo affinché ilbene continui.

Dopo una preghiera del Vescovo c’èstata un Agape fraterna dove ognuno deipresenti ha ricordato la sua esperienzaalla Colonia Frasca.

da Castrovillari

dalle NoStre CaSe

Nella PaNCiadella PalMala CaSa della MadoNNa

La nostra “Casa” di Castrovillari cheospita la scuola paritaria primaria e perl’infanzia, nei giorni scorsi ha vissuto unmomento particolare. Infatti, come inaltre occasioni, è stata un po’ all’atten-zione della pubblica opinione e dei mediaper una cerimonia di inaugurazione, secosì possiamo definirla, molto partico-lare.

Nel cortile della scuola è stata inau-gurata la deposizione di una statuettadella Madonna su un supporto moltoparticolare, la “Pancia di una vecchiapalma”, così l’ha definita una giornale lo-cale. Di che si tratta. Presto detto: alcuniinsetti hanno nel tempo corroso unapalma fino a farla seccare. Le possibilitàdi utilizzo rimaste erano purtroppopoche o nulle. Ma si sa quando si amano

le cose e si ha fantasia si pensa anche allasopravvivenza di una vecchia palma. Ecosì la dirigenza della casa, guidata dalcapo d’istituto Saverio Grisolia, ha pen-sato di dare nuova vita alla palma facen-dola diventare la “culla” per una statuettadella Madonna. Così si è raggiunto undoppio obiettivo: dare ancora significatoalla palma e collocare la Madonna a pro-tezione dei bambini lì nel cortile.

Inutile dire che la giornata è statamolto festosa e che la cerimonia haavuto aspetti toccanti che hanno com-mosso i tanti presenti, specie i genitoridei bimbi che frequentano la scuola.

La benedizione è stata impartita daPadre Gesualdo, invitato dalla direzionedella scuola, che ha pregato con la pic-cola comunità e con la quale e per laquale ha invocato pace e serenità: “Siateportatori di pace, fatevi ambasciatori delbene. Affidate le vostra angosce alla Ver-gine, chiedete alla Mamma celeste la suapotente protezione. Cercate di esserebuoni cristiani, portate l’esempio di Gesùnelle vostre case, tra i vostri cari. E nonvi stancate mai di amare i vostri genitori,i vostri fratelli, i nonni, le maestre e tuttequelle persone che per voi hanno fannotanti sacrifici”.

La benedizione solenne impartita daPadre Gesualdo ha concluso la bella ce-rimonia che ha voluto mettere al centrodel cortile la Madonna.

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Domenica 18 maggio 2014.Secoli, ormai, e precisamente dal VI

sec. a.C., la maratona è simbolo universal-mente noto di fatica e insieme di libertà,la libertà difesa dal piccolo popolo deiGreci, nei confronti del grande imperoPersiano.

Da 27 anni la scuola cattolica festeggia,con la Maratona di Primavera, la libertà ela gioia di esserci, vicino alla scuola statale,per raggiungere un fine comune: I'educa-zione delle giovani generazioni guardandoverso il futuro.

C'è infatti un grande bisogno di fu-

turo,di speranza di cambiamento, anzi dirivolgimento. Proprio perché i giovani dioggi saranno gli uomini e le donne di do-mani,è fondamentale il ruolo della famigliacui è dedicata la maratona di quest'anno:"familiarizziamoci per fare miglia e miglia".

I termini non sono casuali."Familiariz-ziamoci" è l'invito, rivolto a tutti,a co-struire una nuova società come se fosseuna famiglia,ma anche a sottolineare chela famiglia non è qualcosa di statico, datouna volta per tutte ma è qualcosa che vacostruita, giorno dopo giorno, con faticae con amore. Essa é è il luogo dove ogni

tUtti iN MarCia Per la MaratoNaMaria Laura nardecchia

da Santa Rufina

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dalle NoStre CaSe

cuore trova sempre una casa, ed è la piùgrande delle ricchezze che Dio ha volutodare all'uomo tramite Gesù Cristo "che faincontrare e unisce le generazioni, supe-rando ogni chiusura, ogni solitudine, ognitristezza" (Papa Francesco, lettera alle fa-miglie).

Ecco, proprio in questa prospettiva ènata la scelta, fortemente voluta dallesuore della Scuola per l'infanzia "santaChiara"di Santa Rufina,che, per la mara-tona, hanno voluto mettere in scena unacoreografia sulle note della colonna so-nora del film di Walt Disney "Kola fratelloorso".

La novità sta nel fatto che il balletto èstato realizzato insieme dai bambini e ge-nitori i quali, con spirito di sacrificio,hannosottratto del tempo al meritato riposo,per provare e riprovare i passi di danza.Certo, forse non saranno stati perfetti dalpunto.di vista dello stile,ma lo sono staticertamente mille volte di più nel messag-gio che hanno inteso trasmettere, nella di-mostrazione dell'amore per i figli e nellavolontà di voler costruire qualcosa che vaoltre l'esibizione e che ha voluto dire aquanti hanno partecipato che esiste unmodello di famiglia e di società che è ba-sata sull'assunto "solo insieme si va avantinella giusta direzione".

E' una grande lezione per il nostrotempo che sta perdendo tanti punti di ri-ferimento.

E allora grazie alle artefici di tutto:Suor Elisa, la superiora, Suor Gertrude,Suor Evangeline, Suor Nerissa, gli angelicustodi della scuola che, quando è neces-sario, si trasformano con entusiasmo inregiste e coreografe e grazie alle mammee ai papà ballerini per amore.

da Castel di Sangro

UNo SCUolaBUSaNCHe Per Noi

Ci sentiamo di condividere con tutti

voi la grande gioia che ci deriva dall’aver

finalmente anche noi della Scuola dell’In-

fanzia “Amedeo Giannini” dell’Opera di

Padre Minozzi e Padre Semeria uno

Scuolabus che ci consente di spostarci

per le nostre attività fuori delle mura

scolastiche. L’inaugurazione del servizio

prima di Pasqua e non poteva essere più

dolce: la visita alla fabbrica del cioccolato

del signor Giuseppe, che da poco ha

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aperto l’attività e ci ha

deliziati con ottime de-

gustazioni.

Alla gioia si unisce la

riconoscenza al Co-

mune di Castel di San-

gro che, con questo

gesto, ancora una volta,

riconosce e sponso-

rizza, il lavoro pedago-

gico e formativo della

nostra Scuola e in essa

delle care e dinamiche

Suore Orsoline del

Cuore Eucaristico, Suor

Angela e Suor Concetta.

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Devota com’era della Madonna, credo che non avrebbe scelto un giorno piùbello per congedarsi da tutti noi, la carissima

WaNda MiNoZZiLucida e autonoma fino all’ultimo momento, lo scorso 13 maggio aveva accusato

dei dolori al petto e il medico l’aveva visitata ma nessuno poteva immaginare chedurante il riposo pomeridiano si sarebbe addormentata per sempre… nel Signore.

Sì, Wanda è stata una donna di fede: una fede che l’ha sempre sostenuta, fin dallagiovinezza quando, diventata vedova di Berardino Foglia, con quattro figli (Celestino, Felice,Caterina e Albino) ha dovuto crescerli senza far mancare loro nulla. La preghiera è stata ilsuo quotidiano alimento per affrontare serenamente il pondus diei sapendo irradiare serenitàe fiducia in quanti la incontravano. E questa fede raccomandava ai figli ed ai nipoti che l’annoteneramente corrisposta. Amata e seguita da Padre Minozzi che la voleva diplomata e colta,ha nutrito per lo zio riverenza e devozione. Ne ha sempre parlato con entusiasmo e negliultimi anni, compatibilmente con l’età che avanzava e condizionava, si è fatta divulgatrice perle chiese del centro di Roma delle immagini e delle preghiere dello zio sacerdote, invitandocia fare altrettanto al fine di far conoscere la spiritualità minozziana.

Con Wanda se ne va un'altra figura di riferimento della nostra storia fondazionale, espres-sione genuina del sentire e del carattere della famiglia Minozzi, via obbligata per conoscereed interpretare il nostro Venerato Fondatore.

Che il Signore la accolga, guidata per mano dalla Vergine santa, nella sua pace e le concedadi contemplare con lo zio sacerdote il suo Volto adorabile, quel volto che tutti cerchiamo.

Sia a tutti gradita la lettura di questo intenso messaggio che ella lascia ai suoi figli e, inqualche modo, a tutti.

Le lettere che nonna non ci ha fatto(ri)leggere

È stato in un cassetto della casa di Preta chediversi anni fa io e mia sorella Lilli trovammo dellevecchie lettere scritte in tempo di guerra da un sol-dato a nonna.

Incredibile!Possibile che nonna ci raccontava tutti quegli

episodi della sua giovinezza nascondendoci di averavuto un pretendente prima di fidanzarsi connonno?

Nonno, che solo a nominarlo mi risuona lavoce di lei che liquida negli anni i nostri idoli delcinema così: “a me non sembra mica tanto bellocome dite… Nino mio sì che era bello! Quanto unattore. Somigliava a Clar Garb (o qualcosa del ge-nere che stava per Clark Gable), ma era piùbello!!!”.

Nei suoi racconti “Nino mio” era l’uomo, il ma-rito e il padre perfetto. Bello, buono (“come unpezzo di pane”), generoso, giusto, “gran lavoratore”e… un po’ testardo; in particolare, quest’ultimanota caratteriale di nonno veniva menzionata nei

CriSaNteMi

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picchi di solidarietà versonostro padre, suo genero,quando gli diceva “io ticapisco, Nino pure eracocciuto, ma Caterina èpiù cocciuta di lui.Quando si mette in testa

una cosa è inutile combat-terci, devi dargliela vinta!”.

Lei parlava di lui con così tanto amore, quel-l’amore che vedevo tutte le sere quando prima diaddormentarsi con la manica della camicia danotte spolverava la foto di nonno sul comodino ela baciava, che mi faceva rabbrividire al pensierodi quanto potesse aver sofferto per averlo persocosì presto ed in modo così crudele.

Trovando quelle lettere pensammo allora chenonno avesse sbaragliato un precedente spasi-mante e subito corremmo a farci raccontare comefosse andata.

Lei immediatamente frenò le nostre fantasie.Non era un corteggiatore, si trattava di un amicodi penna.

A quanto pare, durante la guerra, per alleviarela nostalgia dei soldati le studentesse degli ultimianni e le maestre intrattenevano con loro scambiepistolari. Comunque noi avevamo l’intenzione ditempestarla di domande “quanti anni aveva lei equanti lui? E lei cosa gli scriveva? E anche zia Pinaaveva un amico di penna? Chi aveva avuto questaidea? E chi aveva scelto chi dovesse scrivere a chi?etc.”

Non so dire con certezza se l’iniziativa di scri-vere a soldati che non ricevevano lettere da amicie familiari (forse analfabeti) fosse opera dello zio,Padre Giovanni Minozzi, (per quanto sembra pro-prio il tipo di cosa promossa da lui) perché nonarrivammo mai a chiederglielo, visto che la discus-sione prese subito una piega burrascosa.

Infatti, non appena chiedemmo “vi siete maiincontrati con questo ragazzo?” lei rispose “mac-ché!… Dopo un pò lui ha smesso di scrivermi.Stava in Russia. Si sarà trovato una fidanzata ge-losa! Si sarà sposato e sarà rimasto lì”.

Noi rimanemmo sbalordite da tanta ingenuità.Neanche nostra sorella Susi, che andava alle ele-mentari, avrebbe potuto credere una cosa del ge-nere! E subito replicammo “ma nonna, che dici?!È molto più probabile che non ti abbia scritto per-ché è morto in guerra. La campagna di Russia èstata tremenda. Quasi nessuno è sopravvissuto.

Moltissimi sono morti in modo atroce per asside-ramento, etc.”, ma lei, senza farsi minimamentescalfire, rispose “voi date troppo retta a quello cheleggete sui libri e non avete fede, per questo pen-sate sempre male!”. E da lì partì uno dei consuetibattibecchi tra noi nipoti e nonna che ci facevanosentire (come avrebbe poeticamente detto lei ci-tando uno dei suoi libri preferiti) “come foglie chevivono sullo stesso albero stagioni diverse” (ossia“come persone con punti di vista inconciliabili”come avrei più pragmaticamente detto io al-l’epoca).

Comunque finì che per dispetto, visto che “voinon capite, è inutile che vi impicciate”, quella serastessa nascose le lettere e da allora non so più chefine abbiano fatto (tanto per dire che a testardag-gine nostra mamma potrebbe anche aver presoda lei - che effettivamente dovevi dargliela semprevinta - oltre che dal padre!).

Però confesso che tante volte ho ripensato aquel colloquio e per molto tempo sono rimastacontrariata da quello che mi sembrava un insen-sato convincimento, quasi un’offesa alla memoriadi quel ragazzo.

Ce ne è voluta di polvere ad accumularsi suquelle lettere finite chissà dove prima che io ca-pissi! Mia nonna era così. Una donna d’altri tempi,che sapeva darsi pace perché aveva fede in Dio eperché, a dispetto di tutto e fino alla fine, avevauna profonda e sconfinata fiducia negli uomini, unaspecie di incanto, una aurea di speranza e di osti-nato ottimismo che la riparava da tutte le brutturedel mondo e che la rendeva splendida, semplice-mente unica, Wanda, Vilma, Vera… Alla domanda“perché ti chiami così?” rispondeva sempre “comeperché? Non senti come suona bene? Wanda,Vilma, Vera, fa rima con primavera, la mia stagionepreferita!”.

Wanda, Vilma, Vera, che non ha mai smesso diguardare il mondo con gli occhi dell’incanto; sul no-stro albero è lei che ha sempre vissuto la stagionedella primavera, la sua preferita, quella in cui sene è andata, con un sorriso stampato sul volto, se-reno e al tempo stesso impertinente di chi “è inu-tile combatterci, devi dargliela vinta!”.

Cristiana, Gianni

Ps: Nonna, adesso che su questa storia te l’ho“pubblicamente” data vinta, fai rispuntare fuori ‘stelettere? Io, Lilli e Susi ci terremmo tanto a (ri)leg-gerle!

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CriSaNteMi

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padre amato e stimato del nostro al-

trettanto apprezzato e benvoluto ragio-

niere dell’Opera, Luciano, a cui porgiamo

da queste colonne un rinnovato attestato

di partecipazione nel cordoglio e nella

preghiera che solo può lenire la perdita

dei propri cari.

Apprezzato collaboratore per più de-

cenni al Governatorato Vaticano, Vasco ha

lasciato in chi lo conosciuto l’esemplarità

di una vita buona onesta e rispettosa degli

altri.

Solare, sorridente e disponibile ri-

corda a tutti noi la parola di Gesù. “C’è

più gioia nel dare che nel ricevere”.

A Luciano ed ai suoi familiari le nostre

più vive condoglianze.

Improvvisamente è volato al cielo, il 20maggio 2014

lUiGi de aNdreiS

figlio del compianto ex alunno Peppino,lasciandoci increduli e addolorati.

Cinquantasettenne, ingegnere nucleareall’ENEA, si è fatto conoscere ed apprez-zare in diverse parti del mondo. Elegante,puntuale, dinamico si occupava anche delsociale, dei giovani dei boy scout, di cui eraMaestro. Durante la Santa Messa concele-brata da don Antonio e da alcuni Discepolila commozione è stata tanta, e tutti at-torno alla famiglia, inconsolabile, specie Er-silia, la madre, la moglie Antonella e le suefigliole “superjet”, Elisabetta e Giovanna,conquistatrici di un incredibile argento instaffetta ai Campionati Italiani Assoluti In-door, e con Giulia la sorella.

Naturalmente c’era un piccolo gruppodell’Associazione come rappresentanza.

Al momento della partenza della Salmagli applausi si uniscono al suono delle si-rene e le figlie, belle e commuoventi, pro-mettono la vittoria della gara a giugno, perdedicarla al padre… davvero speciale!!AMEN! Una prece

Improvvisa, come la folgore d’estate, lo

scorso 1 maggio, sorella morte ha strap-

pato all’affetto dei suoi cari

VaSCo FortiNi

Una notizia terribile

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SPiZZiCaNdo

Il mese di maggio ha avuto come protagonista indiscusso l’elezione del NuovoParlamento Europeo. Sia in Italia sia nel resto dell’Europa i “Cittadini” sono stati chia-mati ad esprimere il loro parere ed a fare la loro scelta. Oltre 400 milioni di personesono state invitate alle URNE.

In Italia il responso elettorale è stato condito anche da una diversa salsa: l’appro-vazione o meno della cosi detta LINEA RENZI, vale a dire l’adesione o meno alNUOVO che avanza e che il Presidente del Consiglio sta cercando di attuare. Il responso delle urne è stato inequivocabile ed oltre il 40% dei Cittadini che hannodeciso di andare a votare ha dato fiducia al Presidente del Consiglio. Precisiamo, però,che un altro buon 40% ha deciso di non andare a votare. Tale fenomeno deve esserecertamente non sottovalutato.

Presto l’Italia si troverà ad affrontare il semestre di PRESIDENZA della UE e conil risultato avuto dalle urne tale compito dovrebbe essere facilitato. In Europa servenecessariamente una nuova politica dei POPOLI e molta meno burocrazia.

Lo sforzo che la nuova classe dirigente che governerà l’Europa nei prossimi 5 anniDEVE essere quello di creare più UNIONE vera nei Cittadini, meno divisioni, menocampanilismi nazionali, più strumenti uguali in tutta la UE: dalla politica fiscale alla po-litica del lavoro, dalla politica energetica a quella agricola, dalla politica sociale alladiffusione di uno spirito di fratellanza fra i popoli.

L’altra faccia della medaglia di queste elezioni è stata la crescita del partito degliEuroscettici. In varie nazioni, Francia in testa, sono cresciuti moltissimo coloro chenon vedono di buon occhio né questa Europa né questa moneta unica, l’Euro, chesta creando un sacco di problemi a tantissima gente.

Il NUOVO GOVERNO dell’Europa ha tanta carne al fuoco e se vuole salvare lasua sopravvivenza e quella dell’UNIONE EUROPEA DEVE agire con impegno e conuna certa fretta tenendo presenti i punti più sopra accennati. In particolar modo ènecessario che la ridistribuzione della ricchezza avvenga in maniera più equilibrata epiù giusta, che il lavoro sia veramente al centro dei problemi perché solo creando la-voro si dà dignità alle persone ed ai popoli.

La Finanza sfrenata di questi ultimi anni ha creato solo un mucchio di problemi; èora di porre mano, ed in modo pesante, ad un suo riassetto in chiave europea.

Auguriamoci che il semestre di Presidenza italiano dia il LA per questo nuovomodo di FARE e di ESSERE Europa.

m.l.

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