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MEDIAZIONI Testi di base per comunicare

Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale Università Pontificia Salesiana

Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma http://fsc.ups.urbe.it

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GIUSEPPE COSTA - ANGELO PAOLUZI

Giornalismo

Teoria e pratica

LAS - ROMA

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© 2006 by LAS - Libreria Ateneo Salesiano Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 ROMA Tel. 06 87290626 - Fax 06 87290629 - e-mail: [email protected] - http://las.ups.urbe.it ISBN 88-213-0627-5 –––––––––– Elaborazione elettronica: LAS Stampa: Tip. Abilgraph - Via Pietro Ottoboni 11 - Roma

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Sommario

Prefazione .............................................................................................. 7 1. Giornalismo e Scienze della Comunicazione ................................ 9 2. Cosa è il giornalismo? .................................................................... 13 3. Nascita del giornale e del giornalismo in Italia e nel mondo,

sviluppo storico e tecnologico ........................................................ 17 4. Il mondo del giornalismo contemporaneo .................................... 55 5. Giornalismo come prodotto ........................................................... 69 6. Giornalismo e ricerca mediatica.................................................... 73 7. Etica e giornalismo ......................................................................... 89 8. Linguaggio e generi giornalistici ................................................... 93 9. La cronaca....................................................................................... 113

10. La politica interna .......................................................................... 121 11. L’informazione dall’estero ............................................................ 133 12. L’informazione economica ............................................................ 141 13. Cultura e spettacoli ........................................................................ 151 14. L’informazione religiosa ................................................................ 163 15. Il giornalismo sportivo ................................................................... 175 16. La stampa giovanile ....................................................................... 185 17. Giornalismo online ......................................................................... 193 18. Il fotogiornalismo: dalle origini ai nostri giorni........................... 195 Schede .................................................................................................... 201

Appendici................................................................................................ 209

Indice dei nomi di persona e dei titoli delle pubblicazioni................... 297

Indice generale ..................................................................................... 311

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Prefazione Non è facile, per chi si trova in mano un giornale appena acqui-

stato in edicola, pensare all’intera complessità che sta dietro a quel prodotto cartaceo. Del resto anche gli studenti che si accostano per la prima volta al giornalismo come studio universitario non nascondono la loro meraviglia. Questo perché il prodotto giornale è talmente en-trato nell’ordinarietà quotidiana da essere perfino banalizzato. Una volta si diceva che l’uso migliore che si potesse fare di un giornale era quello di usare le sue pagine per incartare pesci o frutta. Lo stesso atteggiamento di non pochi, poi, nei confronti del mestiere giornali-stico, non dava scampo. E così stile giornalistico per qualcuno è di-ventato mancanza di approfondimento e superficialità, mentre per al-tri dell’immaginario collettivo l’essere giornalista ha finito con l’iden-tificarsi con l’essere una sorta di eroe cinematografico.

Oggi che il giornalismo si studia nelle università poi, il dibattito si è riacceso con più virulenza. Se guardiamo alla complessità del-l’informazione giornalistica testuale e contestuale non possiamo non ritenere necessari studi superiori in materia. Né oggi è pensabile re-legare questa professione al semplice apprendimento di un mestiere per il quale sarebbero sufficienti forse una serie di esercizi metaco-gnitivi. Il giornalismo di oggi nasce in un contesto mediatico rappre-sentativo dove per i protagonisti non è sufficiente conoscere le regole del gioco. Ancora: la identificazione fra cultura e mass media con questi ultimi autoreferenti non è senza problemi.

Ci troviamo di fronte ad una realtà da interpretare e da rimodel-lare. Compito non facile per un giornalista il cui ruolo per altri versi si fa sempre più limitato. Economia, politica, tecnologia. Ecco tre macrocosmi culturali all’interno dei quali il giornalista è spesso solo ed impotente. Novello Don Chisciotte.

La formazione universitaria nell’ambito dei mass media in Italia quindi si trova di fronte ad una sfida che la esalta e la motiva.

Nato nell’ambito di corsi universitari di giornalismo questo sag-gio vuole essere non soltanto introduttivo al tema, portando il lettore,

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8 Prefazione

studente, operatore o semplice appassionato, ai nastri di partenza e procedendo per gradi. Se il testo quindi può in qualche caso apparire troppo limitato o sintetico, ecco venire in soccorso una bibliografia volutamente abbondante e bilingue. Questo non per ostentazione ac-cademica ma per ovvia necessità. Che il mondo di lingua anglo-americana domini infatti la cultura mediatica è un fatto a tutti noto e non soltanto perché la stragrande produzione cinematografica mon-diale proviene da quel mondo, ma perché la stessa natura professio-nale giornalistica appare orientata da quella esperienza. Mestiere dunque arduo ma pur sempre appassionante questo del giornalista. Prodotto sempre complesso pur nella sua immediata e semplice per-cezione, il giornale non può essere affidato a chiunque. Conoscerne il percorso e viverne le vicende quotidiane attraverso la filosofia, la so-ciologia, la storia, la politica, l’economia e la stessa etica non è quin-di soltanto un gioco epistemologico o di effetti inventato dalla mass-mediologia ma il punto di partenza per chi vuole accostarsi al giorna-lismo. Fenomeno, quest’ultimo, nato dopo il giornale ma che dal pro-dotto è alimentato e sostenuto. Specchio quotidiano di una società che ama il pettegolezzo pur ostentando meraviglia per il suo uso e cui piace il coup de théâtre, la spettacolarizzazione, il titolo forte e drammatico. Studiare giornalismo vuol dire conoscere tutto questo. Vuol dire anche giungere, per chi sceglie la via del mestiere, a sapere miscelare con responsabilità teoria e pratica. L’utilità di queste pagi-ne non certo esaustive, nemmeno intenzionalmente, e dedicate dagli autori ai loro studenti, ha qui la sua ragione.

GIUSEPPE COSTA - ANGELO PAOLUZI

NOTA:

Pur condividendo l’intero volume si precisa che la redazione dei vari ca-pitoli è così attribuibile:

Giuseppe Costa ha curato le seguenti parti: Giornalismo e Scienze della Comunicazione; Cosa è il Giornalismo; Nascita del giornale e del giornali-smo in Italia e nel mondo, sviluppo storico e tecnologico; Il mondo del gior-nalismo contemporaneo; Giornalismo come prodotto; Giornalismo e ricerca mediatica; Etica e giornalismo; La stampa giovanile; Giornalismo on line; Il Fotogiornalismo: dalle origini ai nostri giorni.

Angelo Paoluzi ha curato le seguenti parti: La redazione del giornale; La cronaca; Linguaggio e generi giornalistici; L’informazione economica; L’in-formazione dall’estero; La politica interna; Cultura e spettacoli; L’informa-zione religiosa; La stampa cattolica; Il giornalismo sportivo.

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1. Giornalismo e Scienze della Comunicazione

Dal 31 ottobre 1991 anche nelle Università italiane è possibile

studiare con diversi approcci le scienze della comunicazione. Del re-sto la stessa centralità che i mass media hanno assunto nell’ambito della cultura e della comunicazione delle società più avanzate spinge non pochi a chiedersi non soltanto quale sia il ruolo giocato dai me-dia nella società ma anche che tipo di saperi sottendano ad essi.

Lo studio dei media vive oggi un grande momento di successo accademico ed editoriale, segno contraddittorio ora della debole frammentazione di tale scienza ora della sua stessa onnivoracità. La stessa formazione nelle università dei nuovi giornalisti pone proble-mi non soltanto logistici ed organizzativi ma anche epistemologici. Val quindi la pena dare uno sguardo generale sullo stato dell’arte giornalistica.

Relegato a semplice strumentazione tecnologica, lo studio teorico dei media è nato molto tardi non soltanto in Italia ma anche negli Stati Uniti.

Vero è che autori come il tedesco Georg Simmel (1858-1918), tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, avevano anticipato la tratta-zione di alcuni temi ma è anche vero che è a partire dal secondo do-poguerra che tale studio si libera dalla sua dimensione originaria di allarme sociale, di isteria, per assumere connotati scientificamente definiti. Così l’immagine ipodermica di chi identifica i media con l’effetto immediato è rimasta ormai quasi un ricordo ingenuo.

Fra le poche eccezioni positive poi si ricorda l’azione di Walter Lippman (1889-1974) e la pubblicazione negli anni Venti di “Public Opinion” tradotto in Italia purtroppo solo quaranta anni dopo.

D’altra parte questa scienza, costretta com’è a fare i conti con l’evoluzione tecnologica e sociale, è condannata ad una sorta di me-tamorfosi continua. Può essere certamente utile ripercorrere le tappe più significative di tale sviluppo non senza tuttavia sottolinearne l’ampia e complessa problematicità. Il primo problema riguarda lo

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10 1. Giornalismo e Scienze della Comunicazione

statuto di una disciplina dai contorni vaghi e sfuggenti. Con il contri-buto di diverse discipline – psicologia, sociologia, semiotica, scienza politica, linguistica – si è costruito un orientamento di ricerca con un complesso di analisi spesso raffinate, esaurienti, ma altrettanto spes-so disancorate dal sostegno di una visione teorica d’insieme. La forza di questo orientamento è costituita dalla sua affidabilità metodologi-ca, dalla certezza dei suoi fondamenti epistemologici. Il suo limite è dato dalla sua frammentazione e, a volte, dalla tendenza ad analizza-re i media attraverso strumenti critici precedenti al loro avvento e quindi difficilmente in grado di intenderne la globalità culturale.

Intanto, con l’avvento della mediologia e dell’autonomia relativa, incomincia a svilupparsi una scienza della comunicazione non più vista solo in quanto oggetto dell’indagine ma anche come metodo, come linguaggio. A dispetto delle apparenze, tuttavia, questo metodo finisce con l’evidenziare la labilità dei media, mostrando il rischio del loro continuo superamento.

Il terzo orientamento è caratterizzato dalla televisione come mo-mento deflagrante di tutti i processi che costituiscono la comunica-zione moderna. Nemmeno la distinzione fra apocalittici e integrati, pensata nel 1964 da Umberto Eco (unico italiano ad essere conside-rato massmediologo di livello internazionale), riesce a sanare la rot-tura ideologica esistente fra intellettuali classici e specialisti della comunicazione di massa.

C’è poi la prospettiva dei nuovi media fra disgregazione e ricom-posizione sociale. Qui Internet e il virtuale rappresentano le icone e gli spettri della nuova frontiera. La letteratura utopistica (da Orwell a Bradbury), la narrativa di genere (tra gli altri Campbell, Asimov, Dick) e soprattutto il cinema di fantascienza (da “2001 Odissea nello spazio” di Kubrick a “Blade Runner” di Scott) avevano già arricchito l’immaginario occidentale dei miti e dei simboli dell’innovazione tecnologica.

Giova ricordare a questo punto, quasi in antologia, alcuni ricerca-tori ed autori le cui pubblicazioni e ricerche hanno lasciato tracce più o meno determinanti e comunque importanti nella definizione di tale cammino.

Di Dennis McQuail, le cui pubblicazioni sono in buona parte tra-dotte da «Il Mulino» di Bologna, in particolare si ricorda “Le comu-nicazioni di massa” del 1986. Egli cerca di razionalizzare i diversi percorsi già esplorati dalla sociologia. Per McQuail non è importante analizzare il funzionamento di un medium in quanto unità tecnologi-ca e culturale autodeterminata, ma è importante analizzare la relazio-

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1. Giornalismo e Scienze della Comunicazione 11

ne che i media stabiliscono con il sistema sociale complessivo. Il ri-cercatore americano individua nei media un processo globale intera-gente fra società e tecnologie. In questo rafforza le esperienze di Phi-lipp Tichinor e le sue teorie sullo scarto delle conoscenze.

La diversificazione del mercato culturale e la moltiplicazione de-gli orientamenti di consumo sono le acquisizioni essenziali della ri-cerca etnografica, che ha uno dei suoi principali esponenti in Shaun Moores, autore fra l’altro de “Il consumo dei media. Un approccio etnografico” («Il Mulino», Bologna 1988).

Fra gli italiani particolare è il contributo dato da Ugo Volli. Auto-re presso «Il Saggiatore» nel 1994 de “Il libro della comunicazione”, Volli si è dedicato allo sviluppo della semiotica soprattutto in ordine al superamento del rischio semiotico di escludere tutti gli eventi che trascendono i limiti del testo e dei processi classici di significazione. Originale e nel contempo poco conosciuto è il contributo di Harold Adams Innis, per il quale l’elemento costitutivo di una civiltà è rap-presentato dai suoi equilibri spazio-temporali. Di conseguenza, l’a-zione dei media è in grado di trasformarla. La sua opera principale, pubblicata in Canada nel 1951, appare in Italia nel 1982 con il titolo «Le tendenze della comunicazione».

Ormai a livello simbolico e metaforico appare la ricerca di Mar-shall McLuhan il cui “Understanding Media. The Extensions of Man”, pubblicato in America nel 1964 vede l’edizione italiana presso «Il Saggiatore» trent’anni dopo. Se Innis fu uno storico McLuhan si pose più come letterato-mediologo. Del resto, il suo villaggio globale oggi è sempre più paradossale in un contesto che vede crescere solo le nazioni più ricche e allargarsi il gap di conoscenza fra i popoli.

Più coerente e aderente sembra Edgar Morin, il quale sviluppa un’indagine della società dello spettacolo adeguata alle sue caratteri-stiche e alle sue trasformazioni. L’elemento essenziale dell’industria culturale è la relazione dialettica tra produzione e consumo che si ri-solve nella produzione di stereotipi narrativi. Fra le opere di Edgar Morin stampate in Italia ricordiamo “L’industria culturale” del 1963, edita presso «Il Mulino».

Joshua Meyrowitz, noto in Italia per il suo citatissimo “Oltre il senso del luogo. L’impatto dei media elettronici sul comportamento sociale” («Baskerville», Bologna 1993), cerca di recuperare il signi-ficato dell’impatto elettronico sul sociale.

I media elettronici operano un condizionamento radicale delle re-gole del comportamento sociale, ridefinendo i principi stessi della stratificazione. Il che non sempre è negativo. Regis Debray, autore

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12 1. Giornalismo e Scienze della Comunicazione

de “Lo stato seduttore” («Editori Riuniti», Roma 1997), propone una lettura sulle trasformazioni del potere pubblico occidentale alla ricer-ca continua di un controllo sulle informazioni.

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2. Cosa è il giornalismo? La domanda che ci poniamo può sembrare scontata, tanto più che

essa viene posta all’inizio di questa nostra monografia. Ebbene, rite-niamo che non lo sia. Di fronte ad una informazione giornalistica frammista spesso alla necessità di fare spettacolo o di assicurarsi au-dience, succede di tutto. Si ha così il caso della soubrette televisiva che si appropria di una professione non sua, così come si diffonde in non pochi la convinzione che fare il giornalista sia un fatto connatu-rale e che perciò basti usare i media per essere tale.

Lo stesso sviluppo della società dell’informazione e della globa-lizzazione, con le tecnologie ad esse sovrastanti, nonché il cammino verso una grande Europa come spazio non soltanto di libero scambio commerciale ma anche e soprattutto di libere idee, comportano una serie di effetti domino. Che ne è dell’identità professionale del gior-nalista consacrata dalla cultura popolare (si pensi ai tanti film dedica-ti in varia misura al giornalismo: “Quarto Potere”, “Diritto di crona-ca”, “Tutti gli uomini del Presidente”, “Sindrome cinese”, “Insider”, “Good Night Good Luck” ed altri almeno duemila film) ad essere pa-ladino di democrazia (watchdog) e assertore di verità?

Si scatenano allora tutta una serie di considerazioni su un mestie-re che in Italia almeno una volta si costruiva nelle redazioni e che oggi incomincia (era tempo!) a costruirsi con un rapporto fra univer-sità e mondo del lavoro. Se infatti, da un lato, la formazione in reda-zione favoriva l’acquisizione del mestiere, dall’altro lo sottoponeva ad una serie di tributi da pagare alla stessa redazione e soprattutto al-l’editore che, di sua scelta, poteva concedere o no il cosiddetto “pra-ticantato” necessario per accedere agli esami per l’ammissione alla professione sotto il controllo dell’Ordine dei Giornalisti. La forma-zione in ambiente accademico significa anche la premessa per una sostanziale liberazione della professione da una serie di ricatti (non ultimo quello del tempo) che, volenti o meno, hanno condizionato e condizionano la categoria. Tale liberazione, per le connessioni che il prodotto giornale ha con la società, dovrebbe interessare tutti i citta-dini.

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14 2. Cosa è il giornalismo?

Definire il giornalismo tuttavia non è semplice. In una società dove spesso non si trova il confine fra educazione,

informazione e intrattenimento, oppure tra prodotto artistico e pro-dotto da spazzatura, tra élite e massa, non è ben chiara la linea di demarcazione tra giornalismo e non giornalismo, ed è questo il pro-blema. Tanto più che è in atto una tendenza, anche tra gli addetti ai lavori, a modificare le norme che fino ad oggi hanno regolato tale at-tività.

Del resto nella storia dello stesso giornalismo americano degli anni Cinquanta non troviamo il movimento del “New Journalism” di Tom Wolfe, Hunter Thompson, Truman Capote ed altri? Esso indica proprio la difficoltà di questi artisti a non ritrovarsi in regole troppo rigide. Eppure queste stesse regole hanno fatto la storia del migliore giornalismo.

Tra le possibili definizioni di giornalismo che mi sembrano utili sia ai fini del lavoro accademico che professionale, trovo adeguata quella che Brian McNair, professore inglese alla Università di Ster-ling, ha scritto nel suo libro “The Sociology of Journalism”. McNair definisce come giornalismo “ogni testo scritto parlato o in immagini che abbia un autore, che si prefigga come vero e in certo qual modo fino ad allora di natura sconosciuta sull’attuale mondo sociale”.

Ci troviamo quindi di fronte ad una definizione che lega l’attività giornalistica alla verità, alla novità della notizia, ad un autore e ad un quadro di riferimento sociale e che ne afferma la natura dinamica e processuale. L’adesione del testo alla verità dei fatti, la sua legittima-zione, è un elemento che caratterizza la stessa qualità del prodotto giornalistico. I molteplici aspetti della verità, dal punto di vista gior-nalistico, sono meglio definiti dal termine obiettività. Questo termine riesce a definire meglio lo stesso concetto di verità giornalistica, che, per sua natura, non è mai assoluta, sebbene debba ubbidire a precise leggi quali ad esempio la verifica delle fonti e la loro attendibilità.

Altro elemento della nostra definizione è dato dalla novità di si-gnificato e di contesto data alla notizia da parte di un autore. Un e-lenco di temperature o di numeri presi a Wall Street e incolonnati non fanno giornalismo. Nessun racconto del resto può essere fatto se privo di contesto e di un contorno di un insieme di affermazioni, cre-di e valori. Ed è questo nella stessa natura del racconto. Il vero gior-nalismo è ideologico, ovvero ha un veicolo di trasmissione finalizza-to al raggiungimento di una audience (intenzionale o meno) con pre-cisi assunti, credi e valori. In questo senso il giornalismo può essere visto come una sorta di indice di più forze sociali fra loro bilanciate.

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2. Cosa è il giornalismo? 15

I giornalisti costruiscono le loro storie con contributi che provengono da un ampio spettro informativo (le fonti).

Il giornalismo vero verifica e controlla queste fonti. Il giornalismo, infine, si muove sulla dimensione dell’attualità,

che resta un suo elemento di riferimento. L’“Enciclopedia america-na” fa derivare il significato della parola “journalism” dal francese “journée” (giorno di lavoro) e quindi dal latino “diurnalis” (che ricor-re ogni giorno). Esso indica la raccolta e la pubblicazione delle noti-zie attuali e degli eventi, oppure la gestione aziendale e grafica di un giornale. L’uso del termine si è allargato notevolmente con l’avvento della televisione e dei nuovi media.

Tuttavia molti giornalisti radiotelevisivi hanno svolto il loro tiro-cinio giornalistico proprio in mezzo alla carta stampata. Esistono dif-ferenze anche all’interno della stessa carta stampata. Qui in generale i quotidiani enfatizzano i fatti giornalieri mentre le riviste (settimana-li e non) lavorano sui principi che stanno alla loro base.

Se il quotidiano punta ad informare più che ad interpretare, la ri-vista (magazine) ha il compito di scavare più a fondo, servendosi an-che dell’aiuto delle immagini. Il quotidiano punta ad essere sempre più specializzato ed a caratterizzarsi in sezioni (scienze, economia e affari, letteratura, teatro, arte, sport, moda ed altri campi) in aggiunta alla politica.

Già le “Quattro teorie della stampa” (“Four theories of the press”), ideate da Siebert, Peterson e Schramm, hanno legato il giornalismo ai sistemi sociali e politici. Il segreto del successo è stato certamente nella semplice soluzione di un rapporto complesso come quello tra i sistemi informativi e quelli socio-politici (marxista, libertario, ditta-toriale, democratico).

“Per capire appieno le differenze fra i diversi sistemi di stampa (Siebert F.S., Peterson T., Schramm W., “Four theories of the press: the Authoritarian, Libertarian, Social Responsibility, and soviet Communist Concepts of what the Press should be and do”, Univer-sity of Illinois Press, Urbana, 1956) si devono osservare i sistemi so-ciali in cui la stampa opera. Per vedere i sistemi sociali nel loro reale rapporto con la stampa, è necessario osservare certi convincimenti e certe supposizioni base che la società possiede circa la natura umana, la natura della società e dello Stato, la relazione tra uomo e Stato e la natura della conoscenza e della verità”.

Oggi tali modelli appaiono superati sia dalle stesse vicende me-diatiche che da quelle socio-politiche. Si pensi, ad esempio, al “Rap-porto MacBride” ed alle sue denunce, alla stessa globalizzazione e

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16 2. Cosa è il giornalismo?

all’interculturalismo. Ecco perché studiosi come McQuail ed altri cercano nuovi modelli.

BIBLIOGRAFIA D’APPROFONDIMENTO FROIO F., L’informazione spettacolo, Editori Riuniti, Roma 2000. GOSETTI G., J. M. FRODON, Print the legend. Cinema e giornalismo, Editri-

ce Il Castoro, Milano 2004. HARCUP T., Journalism. Principles and Practice, Sage Publications, Lon-

don 2004. HALLIN D. C., P. MANCINI, Modelli di giornalismo. Mass media e politica

nelle democrazie occidentali, Ed. Laterza, Bari 2004. KOVACH B., T. ROSENSTIEL, The Elements of Journalism, Three Rivers

Press, New York 2001. MCNAIR B., The Sociology of Journalism, Arnold, London 1998. SORRENTINO C., Il giornalismo che cos’è e come funziona, Carocci editore,

Roma 2002. PAILLET M., Il giornalismo, ERI, Roma 1974.

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3. Nascita del giornale e del giornalismo in Italia e nel mondo,

sviluppo storico e tecnologico La professione giornalistica è certamente una delle più giovani. Il

primo prototipo di giornale tuttavia può essere fatto risalire alla serie di avvisi pubblici detti “Acta Diurna”, pubblicati durante l’Impero Romano e più tardi con il nome di “Gazzetta” a Venezia. Esperienze simili si trovano contemporaneamente anche in Cina, dove il più an-tico giornale il “Tching-pao” (Notizie del Palazzo) comincia la sua apparizione giornaliera a Pechino durante la seconda metà del-l’ottavo secolo prima di Cristo. Fino alla scoperta della stampa tutta-via la diffusione delle notizie fu ampiamente dipendente dalla corri-spondenza privata e dalla comunicazione orale.

3.1 Da Gutenberg ai primi giornali L’invenzione dei caratteri mobili ad opera di Johann Gutenberg

(1400?-1468) in Mainz (verso il 1450) ne rivoluziona la diffusione. Secondo la tradizione il primo giornale compare a Norimberga nel 1457. La lettera di Cristoforo Colombo che annunzia nel 1493 i risul-tati della sua prima spedizione nel Nuovo Mondo venne distribuita come una ampia notizia così come i resoconti della vittoria sui Tur-chi a Lepanto il 7 ottobre 1571 ad opera dell’Austria, degli Stati Ita-liani e della Spagna, nonché il trionfo dell’Inghilterra sull’Armata spagnola nel luglio del 1588. Alcuni di questi occasionali fogli stam-pati prima del 1610 sono presenti nelle biblioteche. Questo tipo di pubblicazione incominciò ad essere un affare, e, in quanto tale, si dif-fuse ampiamente e rapidamente per l’Europa. Tra i più importanti fo-gli di notizie stampati in questo periodo ci sono, in Germania, quelli della Banca di Fugger. Con la sede centrale a Augsburg, questa or-ganizzazione aziendale raccolse e inviò notizie in tutto il mondo. Grazie alla loro organizzazione internazionale e commerciale, i Fug-

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18 3. Nascita del giornalismo in Italia e nel mondo

ger riuscirono ad avere notizie con straordinaria rapidità anche al-l’interno degli eserciti. Numerose lettere di Fugger sono sopravvissu-te in una collezione che si trova alla Biblioteca Nazionale di Vienna, ivi compresa una testimonianza di un processo tenuto a Dillingen nel 1587, riguardante una donna sposata accusata di essere in lega con il diavolo.

In Inghilterra, per alcune generazioni durante il regno della Regi-na Elisabetta (1558-1603), lo scrittore di notizie era generalmente una sorta di intrattenitore a servizio della grande nobiltà. Con la dif-fusione dell’insegnamento crebbe la domanda specialmente nelle a-ree lontane da Londra, per un regolare e accurato servizio di infor-mazione. Sorsero organizzazioni per uno scambio di lettere tra Lon-dra e le province e racconti di notizie vennero diffusi in una maniera simile a quella delle moderne agenzie. Nathaniel Butter (morto nel 1664) fu editore del “The Weekly News” foglio che venne pubblica-to per la prima volta nel 1622 e servì la nobiltà come raccoglitore di notizie con l’invio di regolari dispacci dall’Italia e dalla Germania ai suoi patroni in patria. Al tempo della Restaurazione degli Stuart (1660) vi erano più di venti giornali inglesi sotto forma di gazzette, rendiconti, libri di notizie.

Nel medesimo tempo, Egenolf Emmel, in Germania, fonda nel 1615 il settimanale “Frankfurter Journals”. Seguirà nel resto d’Euro-pa un torrente di giornali. Tra le regolari pubblicazioni vi furono il “Aviso Relation oder Zeitung” (1609) e il “Antwerp Nieuwe Tijdin-gen” (1616). Nel 1665 vengono pubblicati due periodici scolastici, il francese “Journals des scavans” (più tardi “Journal des savants”) e l’inglese “Philosophical Transactions of the Royal Society”.

Nel diciassettesimo secolo l’influsso politico francese in generale era notevole ed agli inizi del diciottesimo secolo in generale il gior-nalismo era poco più che un commercio o una appendice politica più che una professione riconosciuta. I commenti alle notizie, special-mente quelle politiche, cominciarono ad essere pubblicati in questo periodo. Scrittori come Daniel Defoe (1660/61-1731), Jonathan Swift (1667-1745), Joseph Addison (1672-1719), Sir Richard Steele (1672-1729), e Samuel Johnson (1709-1784) possono essere annove-rati fra i primi giornalisti. I loro commenti politici avrebbero potuto interessare anche i leaders dei nostri giorni. Defoe cominciò il suo settimanale “Review” nel 1704 e lo pubblicò fino al 1713; dal 1716 al 1720 pubblicò il mensile “Mercurius politicus”. Steele fondò il “Tatler” nel 1709; Swift diresse l’“Examiner” dal 1710 al 1711; an-cora Steele e Addison rafforzarono lo “Spectator” nel 1711. I loro

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