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N ° 02 Secondo Trimestre 2015

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02. EDITORIALE

03 - 06. IL MODELLO DI BUSINESS DELLA RCA STA CAMBIANDO

07 - 10. SOLVENCY II DAL RISK MANAGEMENT AL CLIENTE

09. INTERVISTA A STEFANO OLOCCO

10 - 11. LA CLIENTELA SMALL BUSINESS NELL’ERA DIGITALE

12 - 15. #LASCELTAGIUSTA CON EXTON FAST TRACK

SOMMARIO

Nella seconda edizione, Inside Financial Services affronta temi caldi per banche e assicurazioni, oggi più che mai immerse in evoluzioni normative e tecnologiche che possono trasformarsi in business opportunity.La recente pubblicazione in G.U. del D.Lgs. 12.05.2015, n.74 - che attua in Italia la Direttiva su Solvency II - proietta le compagnie assicurative verso il 2016, data in cui i nuovi requisiti patrimoniali saranno efficaci. Nell’articolo dedicato a Solvency II, il nostro team Finance & Risk introduce l’opportunità di passare da una prospettiva di risk management a quella del cliente, in cui il nuovo governo del rischio assicurerà impatti economici a tutti i livelli del conto economico, a vantaggio di azionisti, management, reti commerciali e clienti. Stefano Olocco, Risk Manager di Gruppo Reale Mutua, ci offre il suo punto di vista in un’intervista per cui lo ringraziamo calorosamente.Nel comparto Danni, è il Regolatore nazionale a porre nuove sfide: la recente audizione del Presidente Ania alle Commissioni impegnate nel DDL Concorrenza si inserisce in un processo di cambiamento del modello di business dell’RCA, in cui le forze di normativa e innovazione tecnologica aprono prospettive variegate, dal prodotto alla distribuzione e al pricing.È ancora l’innovazione, in particolare sul digitale, che spinge le banche verso nuovi approcci alla relazione con le piccole imprese, come ci raccontano Andrea Gnetti e Antonella Zullo.Numerosi cambiamenti in tempi rapidi, dunque, richiedono ai manager decisioni rilevanti in condizioni informative e ambientali difficili e anche al nostro ruolo di consulenti è richiesta un’evoluzione. Exton Consulting risponde con un metodo dedicato alle aziende che affrontano situazioni simili: Exton Fast Track aiuta le organizzazioni nelle svolte strategiche, supportando i manager nel fare la scelta giusta in condizioni difficili, in cui si richiede efficacia e concretezza. Andrea Gnetti e Azzurra Giorgio ce ne parlano in chiusura, con esempi e infografiche.

Buona lettura, Salvo Vitale

Managing Director

TEMP I D I CAMB IAMENT I PER BANCHE E ASS ICURAZ ION I

Salvo VITALE Managing Director

EDITORIALE

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IL MODELLO DI BUSINESS DELLA RCA È IN PIENA FASE DI EVOLUZIONE, SOTTO LA SPINTA DELL’AZIONE DEL REGOLATORE CHE STA OPERANDO COME CATALIZZATORE DELLE FORZE COMPETITIVE SUL MERCATO. IL RISULTATO NON È ANCORA VISIBILE IN PIENO MA SE SI CONSIDERA IL QUADRO D’INSIEME SI CAPISCE GIÀ CHE COMPETERE NELLA RCA RICHIEDERÀ ABILITÀ DIFFERENTI DA QUELLI ATTUALI.

IL MODELLO DI BUSINESSDELLA RCA STA CAMBIANDO

Salvo VITALE Managing Director

In sintesi, possiamo già immaginare un modello competi-tivo del tutto differente nella RCA e nell’Auto in generale, con meccanismi di funzionamento snelli, trasparenti, effi-cienti, costi essenziali e innovazione spinta.Nelle nostre analisi abbiamo mappato l’attuale offerta Auto in Europa (vedi la figura a pag. 6) ed è immaginabile che la competizione si baserà sempre di più su servizio e qualità delle coperture.Vediamo in prospettiva anche un altro effetto: il passaggio da un modello di gestione del rischio basato sul fabbiso-

gno tariffario e sulla mutualità ad una pluralità di modelli tarati sulla differenziazione di macro-segmenti, low-cost o premium. Probabilmente le compagnie che oggi stanno confrontandosi con una costante perdita di premio medio e di clientela potrebbero ricercare in questa prospettiva la soluzione al problema.Comunque, abbiamo una certezza, il cambiamento del paradigma competitivo della RCA porterà a ridisegnare il modello di impresa di tutta l’assicurazione Danni.

PRODOTTOLa fase pioneristica dell’introduzione della Black Box è ormai esaurita e la crescita dei volumi ha portato alla riduzione del costo unitario, aprendo il mercato di massa. Il Cliente che sceglie di installare la Black Box usufruisce di un vantaggio di prezzo giustificato dalla minore sinistrosità attesa.Le Compagnie che dovessero scegliere di non inserire la Black Box nella loro offerta si troverebbero di fronte al rischio di perdere i migliori clienti, spinti a cambiare dallo sconto concesso con l’installazione della Black Box.Alcuni manager osservano che la crescita del parco installato porterà ad un allineamento della frequenza fra portafoglio “Black Box” e portafoglio complessivo grazie all’effetto “volume”, con ciò ritenendo inutile affrontare gli oneri gestionali derivanti dallo sviluppo di un prodotto Black Box.Il nostro punto di vista è che, particolarmente nel breve termine, adottare la Black Box sarà una scelta obbligata:• Difendere la clientela profittevole e fidelizzarla, anche grazie a servizi accessori, è una priorità immediata.• L’assunto che le frequenze dei due portafogli si allineeranno è sostenibile a parità di variabili di tariffazione. La Black Box, invece, abilita parametri differenti, definiti come “driving behaviour”, la cui capacità di valutazione del rischio è molto più potente dei parametri tradizionali (vedi il commento nel box dedicato).• Le compagnie di minor dimensione sono più sensibili agli effetti della mancata adozione della Black Box perché il rischio di uscita di clienti profittevoli può compromettere seriamente l’equilibrio tecnico del portafoglio.

DISTRIBUZIONEL’ingresso delle grandi banche è ormai un dato di fatto, basta leggere i piani industriali e osservare il ruolo primario attribuito alle attività di bancassicurazione danni, RCA in particolare.Nello specifico, le banche hanno due vantaggi strutturali che possono condizionare il mercato:

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• Sfruttare il “credit based insurance score” per applicare uno sconto ai propri clienti.• Offrire e gestire facilmente la mensilizzazione del pagamento del premio.In questa prospettiva e tenendo conto anche del progressivo affermarsi del canale internet, una riflessione sul futuro delle reti agenziali è indispensabile. La focalizzazione della professione sulla consulenza diventerà la priorità e costituirà il vero motivo per i Clienti per andare nelle agenzie: trovare competenza e professionalità sui bisogni di protezione e difesa del benessere delle famiglie, includendo la gestione del risparmio e il welfare. Mettere a fuoco questa esigenza di cambiamento è indispensabile, non solo per gli Agenti ma anche per le Compagnie, che dovranno riallineare il proprio modello di business, in particolare i processi operativi e i sistemi di CRM che definiscono la customer experience.

SINISTRIAl di là della capacità di sfruttare la telematica, l’introduzione del risarcimento in forma specifica crea una spinta alla modifica delle modalità di gestione dei sinistri. Le analisi che abbiamo condotto, tuttavia, mettono in evidenza che i benefici attesi sono insufficienti a generare un risparmio apprezzabile dal Cliente finale. I segnali che predicono il cambiamento sono numerosi: i network di autoriparatori sono in aumento, alcune compagnie hanno predisposto prodotti centrati sull’indennizzo in forma specifica (e non solo nella RCA), il legislatore si è (finalmente) attivato sul fronte del valore delle lesioni. Le premesse per una modifica del modello liquidativo esistono e tutte le compagnie hanno già attivato progetti per ridisegnare il futuro.

PROCESSILa dematerializzazione del contrassegno e dell’attestato di rischio e l’introduzione della firma grafometrica permettono di ridurre il costo dei processi gestionali ma la discontinuità non è ancora completa: “l’ultimo miglio” riguarda la dematerializ-zazione della polizza, più facilmente realizzabile in assenza del tacito rinnovo. L’ulteriore salto giungerà dalla gestione degli incassi, sposando fino in fondo l’utilizzo della moneta elettronica. Questa è un’area ancora poco esplorata dalle Compagnie, anche da quelle che posseggono una propria Banca o che hanno la dimensione per costituire una propria IMEL (Istituto di moneta elettronica). Eppure i benefici conseguibili sono rilevanti: non solo sarà possibile alimentare le banche dati RCA in tempo reale ma si avrebbero importanti risparmi sui costi amministrativi: incassato ed emesso coincideranno, i controlli ispettivi si semplificheranno, gli ammanchi di cassa della rete e sotto - rete saranno praticamente impossibili.

Il rapporto fra il valore minimo del coefficiente e il valore massimo esprime la capacità di modificare il prezzo in relazione alle caratteristiche specifiche del Cliente.Per la classe di merito bonus/malus, tale rapporto vale mediamente 6,5x. In pratica la capacità di variazione di prezzo è contenuta in questo range. Anche accettando che la classe di merito sia efficace per la descrizione del rischio, cosa ormai pesantemente invalidata dalla legge Bersani, la possibilità di gestire il prezzo è piut-tosto contenuta. La maggior parte del portafoglio si è ormai concentrata nella classe 1 ed è stato necessario articolare sottoclassi per gestire il prezzo nel tempo.Le analisi statistiche hanno mostrato successivamente che la variabile “Anni senza sinistri” è maggiormente esplicativa del rischio. Esaminando i coefficienti utiliz-zati dalle imprese, tuttavia, il rapporto fra coefficiente massimo e coefficiente minimo vale 2,2x. Il potere di differenziazione del prezzo, dunque, è ancora più conte-nuto, anche se la variabile è decisamente importante.

Abbiamo avuto la possibilità di sviluppare uno studio approfondito sulla variabile “driving behavior”.I nostri attuari hanno potuto elaborare il modello di ri-schio facendo riferimento a tutte le componenti, iden-tificando il costo del sinistro per il miglior guidatore “telematico” e quello per il peggiore. Il rapporto fra i due valori è pari a 33x. Il potere di differenziazione del pri-cing è teoricamente molto alto (forse troppo ai fini pra-tici) ma certamente offre un’opportunità ulteriore per la strategia di pricing della RCA.Su questo risultato si basa anche la nostra convinzione che la frequenza media di un portafoglio Black Box sarà differente da quella di un portafoglio senza Black Box, per quanto grandi siano i volumi. La differenza nasce dal modello di tariffazione che le imprese saranno capaci di sviluppare per la tariffa RCA con Black Box: al momento solo in pochi stanno utilizzando un modello più sofisti-cato e comunque valorizzando pochi parametri rispetto al potenziale disponibile.

DRIVING BEHAVIOUR:LA NUOVA FRONTIERA DELLA TARIFFA RCA

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LE STRATEGIE DI PRICING NELLA RCA

SHIFTING DELLE STRATEGIE DI PRICING NELLA RCA

Negli ultimi 12 mesi il problema delle uscite di Clienti dal portafoglio RCA si è manifestato in modo preoccu-pante per alcune imprese, effetto della pressione com-petitiva sui prezzi.Questo fenomeno sta portando le compagnie ad operare con uno “strabismo” difficile da gestire: difendere i clienti in portafoglio contenendo al massimo gli incrementi de-rivanti dai fabbisogni tariffari e adottare una politica di sconto aggressiva per conquistare nuovi clienti.Gestire questa doppia politica di prezzo con una struttura tariffaria monolitica, come quella alla base delle attuali tariffe RCA non è cosa semplice e si rischia di inseguire i prezzi del mercato più che formare e affermare i propri.Una strada da esplorare è quella di differenziare la strategia di pricing e costruire più bacini di mutualità, contrapponendo una politica di prezzo “low cost” ad un’offerta “high value”, destinata a nicchie di mercato disposte a pagare un premium price per un prodotto di maggior valore.Il concetto è esemplificato nella figura sottostante.È un percorso da costruire e occorrerà valutarne attenta-mente l’impatto sul portafoglio iniziale, per non rischiare

una perdita generalizzata di premi. Tuttavia, è un approc-cio che può porre la compagnia su un percorso virtuoso, in cui sia l’offerta low cost che quella premium possono operare tanto sulla fidelizzazione quanto sull’acquisi-zione perché sono governate non da una logica esclusiva di prezzo, ma da una più ampia, di prodotto/servizio e di customer experience.Il marketing diverrà il fattore critico di successo perché trasforma un prodotto che attualmente è concepito come commodity in un prodotto con contenuti di valore per i servizi che offre. E la fase cruciale diverrà la capacità di lancio del prodotto: scremare il mercato target, spe-cie nelle nicchie di valore, sarà l’abilità da dimostrare sul campo, altrimenti il rischio è quello di generare una do-manda che il bravo imitatore saprà cogliere.Negli incontri che facciamo con le compagnie troviamo spesso idee interessanti e sforzi creativi e di innova-zione stimolanti che, tuttavia, vengono sacrificati alla logica del minor rischio associato alle strade note e già percorse. Prima o poi, e noi crediamo che i tempi siano ormai maturi, le logiche della competizione cambie-ranno profondamente.

Differenziare la “promessa” al Cliente è la strada per superare la crisi del modello di pricing RCA attuale.

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Uno studio di Exton Research condotto sull’offerta as-sicurativa Motor in Europa ha permesso di costruire una mappa dell’offerta e delle linee di innovazione del prodotto.Al di là delle normative specifiche di ciascun Paese, è possibile identificare tendenze comuni o trarre spunti da approfondire per le future decisioni di sviluppo prodotto.Abbiamo identificato otto indirizzi di innovazione:1. Behaviour. Ne parliamo in uno dei box di questa news-letter, facendo riferimento al mix tra stile di guida (accele-razioni, frenate, curve) e modalità di utilizzo dell’auto (nu-mero di km, tipologie di percorso, giorni della settimana e orari). Nella pratica si possono utilizzare altre soluzioni di valorizzazione dello stile di guida, magari più semplici da gestire informaticamente oppure più facilmente compren-sibili dal Cliente. In alcuni focus group, infatti, emergevano perplessità e dubbi sulla taratura delle osservazioni sullo stile di guida, fornendo indicazioni preziose su come ges-tire la comunicazione di un modello di pricing innovativo.2. Technology. È una dimensione abbastanza vicina alla precedente ma non ne sfrutta le potenzialità, limitandosi a parametri più semplici o ad occasioni di utilizzo.3. Servicing. È una direzione di innovazione già esplorata in Italia da alcune compagnia ma che ancora non ha tro-vato riscontro nel gradimento dei Clienti. Le opportunità di servizio sono molteplici ma al momento troverebbero spazio solo presso una nicchia di mercato. Si tratta però di una nicchia di valore. In un box a parte trattiamo di un’altra tendenza, la spaccatura del mercato fra low cost e high value: un’opportunità di posizionamento competitivo.4. Client profile. Una strategia di offerta più diffusa sui mercati esteri che in Italia, anche se l’offerta verso le donne esiste già. In effetti è una segmentazione difficile da gestire con la normativa RCA esistente in Italia, ma

gli spunti sono interessanti.5. Type of vehicles. Indirizzo di innovazione difficile da cogliere, a meno di particolari iniziative del legislatore, per esempio sulle auto elettriche.6. Loyalty systems. È un’area tutta da scoprire in Ita-lia ma anche di non facile applicazione. Per esempio, il “cash back” è interessante ma, al di là dei problemi contabili che sorgono, in realtà penalizza il Cliente per-chè la quota di imposte pagate non può essere oggetto di cash back, deprimendo il valore del beneficio possibile.7. Coverage. Linea di offerta interessante ma porta ad un premio certamente superiore a quello della pura RCA, per cui è utilizzabile solo in una strategia di offerta di nicchia. Il valore del bundling, tuttavia, è certamente riconosci-bile e ben comunicato potrebbe contribuire a riposizio-nare la percezione dell’offerta Motor presso il pubblico.8. Eco-Friendly. Qui siamo nel mondo, che abbiamo definito, “esotico” almeno per la realtà italiana e almeno in questa fase di vita socio-economica.Questa mappa ha comunque un pregio: negare l’afferma-zione secondo cui “nella RCA non è possibile innovare”.La nostra opinione è che gli spazi di innovazione tende-ranno progressivamente a spostarsi dalla ricerca di mo-delli di tariffazione più sofisticati alla ricerca di contenuti di servizio e di coperture che diano maggior valore al cliente o, all’opposto, che permettano una drastica riduzione dei costi per effetto di condizioni contrattuali che influenzano i comportamenti dei clienti.In altre parole, lo scenario competitivo futuro potrebbe delineare un’offerta di massa “low cost” e un’offerta di valore mirata su specifiche nicchie di mercato. La com-plessità per realizzare questo disegno deriva dalle re-gole del settore sulla tariffa RCA.

QUALE INNOVAZIONE È POSSIBILE PER LA RCA

MotorInsurance

1

Eco-Friendly

8

Technologies

2

Coverage

7

Servicing

3Loyaltysystem

6

Client profile

45 Type ofvehicles

New pricingapproach

New pricingapproach

Behaviour

PAYD

GPS - localization

E-calc-call/payment

Women

Seniors

Family / Multicars

High end

Stuntvehicules

Cashback

Package

3 / 4 years commitment

Forgiveness

One stop shop

Permit bonuses

Conciergerie

Active Safety

Ethical

Electric

Green PAYD

credit

New car generation

CommunitiesUrban

Students/Young

Reparingcoordination

Googlein a car

M-Insurance

Doublebonus effect

Mobility Kmsbased

rebate

LowCost

Safe &eco-friendly cars

Green financing

Low consumption

Basiccoverage

TemporaryInsurance

Beyond vehiculecoverage

Mappa dell’innovazione Auto in Europa

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COMPAGNIE E GRUPPI ASSICURATIVI LAVORANO OGGI SULLA REALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO REGOLAMENTARE DI SOLVENCY II. PROPRIO DA LÌ PARTE LA SFIDA GESTIONALE: TRASFORMARE SOLVENCY IN UNO STRUMENTO DI DECISIONE E DI GESTIONE. UNA SFIDA IMPORTANTE CHE COIN-VOLGE TUTTO IL MANAGEMENT DELLA COMPAGNIA SULL’EQUILIBRIO DI REDDITIVITÀ E RISCHIO.

SOLVENCY IIDAL RISK MANAGEMENT

AL CLIENTE

Stefano CARLINOPartner

Marco BERNASCONIPrincipal

Solvency II (ufficialmente Direttiva 2009/138/CE) è una direttiva dell’Unione europea che ha lo scopo di estendere la normativa di Basilea dal comparto bancario al settore assicurativo. In particolare, è il progetto promosso dalla Commissione Europea per la completa revisione del sistema attuale di controllo prudenziale (detto Solvency I) delle compagnie di assicurazioni vita e danni ed entrerà in vigore dal 1° gennaio 2016.L’obiettivo primario di Solvency II è quello di stabilire chiaramente il livello di capitale di sicurezza che le compagnie di assicurazione europee devono detenere per limitare il rischio di insolvenza.Il sistema Solvency II si basa su tre pilastri (Pillar I: requisito patrimoniale; Pillar II: governance e risk management; Pillar III: trasparenza). In particolare, il requisito patrimoniale di solvibilità (SCR - Solvency Capital Requirement) è il capitale necessario per garantire che una compagnia di assicurazione sia in grado di soddisfare tutti i suoi obblighi nel corso dei successivi 12 mesi, con una probabilità pari almeno al 99,5%.I principali rischi considerati nella misura di calcolo dell’SCR sono tecnici (premium, reserve, lapse, mortality, longevity, expense), finanziari (interest, equity, spread, currency) ed operativi. Particolare importanza assume il concetto di correlazione tra rischi che consente di mitigare la sommatoria pura dei rischi nel calcolo dell’SCR, che parte dall’assunzione che ciascun rischio non è correlato agli altri.ORSA è l’acronimo di Own Risk and Solvency Assessment e rappresenta il processo di valutazione che ciascuna impresa di Assicurazione deve porre in essere con riferimento al sistema di gestione del rischio nel contesto di Solvency II. E’ un processo periodico che coinvolge principalmente il Consiglio di Amministrazione e le funzioni di controllo, con l’obiettivo di assicurare che l’impresa di assicurazione sia in grado di governare, anche in chiave prospettica, i rischi sottesi alle strategie di business scelte.

COSA È SOLVENCY II?

L’attenzione delle compagnie e dei gruppi assicurativi di tutta Europa sarà catalizzata nei prossimi mesi da Solvency: dopo anni di rinvii la normativa si è, infatti, concretizzata e per le assicurazioni l’obiettivo è garantire il rispetto delle attività pre-viste dalla disciplina regolamentare di settore entro l’anno.Per tutti il focus principale è quello di soddisfare i requisiti procedurali e organizzativi, conquistando al contempo la consapevolezza e il controllo dei requisiti di capitale attuali e prospettici e i loro impatti sullo sviluppo del business. Un obiettivo, quest’ultimo, che vede in prima linea il Board e la funzione del Risk Management, normalmente con un coin-volgimento solamente a supporto da parte di altre funzioni, tipicamente Amministrazione, Finanza e IT.Alcune compagnie - in parte indotte dai requis i t iregolamentari - avviano oggi percorsi di divulgazione e di

formazione su Solvency II, anche se raramente “decodificati” per il management delle funzioni non tecniche; la condivi-sione delle nuove metriche si spinge sino all’assegnazione al top management di obiettivi di rischio - determinati se-condo le nuove logiche - che possano essere affiancati ai tradizionali obiettivi di redditività.L’intento dei Regulator tuttavia non è solo di assicurare la capienza dei ratio patrimoniali delle compagnie, ma anche e soprattutto quello di indurre le compagnie a conoscere e controllare i rischi, inducendo comportamenti virtuosi e coscienti - il cosiddetto “use test” - da parte delle singole aziende e del sistema nel suo complesso.Comportamenti che, per la natura pervasiva dei fattori di rischio sulle combinazioni economiche delle aziende, pos-sono essere intrapresi solo con il coinvolgimento consapevole

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di tutto il management aziendale.Di certo, non è possibile pensare a una trasformazione im-mediata quanto piuttosto a un graduale percorso di realiz-zazione, per almeno due ragioni: - L’impianto di Solvency è tecnicamente complesso, e l’at-tenzione delle aziende è ora concentrata sulla compren-sione e sulla corretta applicazione dei requisiti regolamentari;- Il coinvolgimento del top management sulle metriche Solvency richiede un’evoluzione della governance azien-dale, attraverso l’intervento sulle logiche decisionali e sui principali processi aziendali.

Il percorso di realizzazioneLa situazione di partenza prevede il rispetto “regolamen-tare” di Solvency: il rischio e l’assorbimento di capitale che ne deriva sono noti all’Alta Direzione, e sono gestiti a livello di Board, con la struttura operativa coinvolta indirettamente, attraverso indirizzi “decodificati” e dettagliati dall’Alta Dire-zione stessa.

Volendo evolvere da una prospettiva puramente regola-mentare, vediamo un percorso progressivo che prevede tre macro passi, ciascuno dei quali porta la Compagnia a consolidare le metriche e le logiche ispiratrici della regola-mentazione Solvency, attraverso una graduale estensione del coinvolgimento del management aziendale tramite nuove viste, obiettivi e comportamenti.

Il primo passo del percorso: “Solvency II ed il Piano”Il primo passo di maturazione di Solvency in Compagnia rappresenta la naturale evoluzione del processo ORSA (vedi box a pagina 7), portato in chiave gestionale. La misu-razione del rischio, costruita in aggregato per la Compagnia nel suo complesso, viene disaggregata per divisioni, rami o comparti. In questa fase il rischio è normalmente rappresentato in trade off con misure di redditività: l’esempio classico è quel-lo del Rorac (Return on Risk Adjusted Capital), che mette in relazione il Nopat (Net Operating Profit After Tax) con il Solvency Capital Requirement. I responsabili delle divisioni sono così chiamati a compren-dere gli impatti complessivi del rischio sul business di loro competenza e a trasformarli in indicazioni operative al ma-nagement volte appunto alla minimizzazione del rischio nel rispetto degli obiettivi di redditività. Principale difficoltà nella realizzazione di tale fase è rappre-sentata dal non sempre facile allineamento tra gli MBO tra-dizionalmente utilizzati in Compagnia e le nuove metriche di rendimento/rischio. La chiave per il successo di questa fase consiste nell’identi-ficazione del livello di articolazione divisionale più adeguato (per es. a livello di Paese, di legal entity, di business line, di ramo), quello cioè per il quale sia possibile mettere in moto le leve e le “management action” più opportune: se un’ar-ticolazione troppo prudente non consente di fare avanzare la Compagnia dal livello “regolamentare” di Solvency des-critto in precedenza, articolazioni troppo spinte possono elevare il livello di complessità e portare a generare conflit-ti tra obiettivi e management action di divisioni differenti, stante un livello di correlazione rilevante tra i rischi delle diverse anime della Compagnia: il portafoglio investito dalle diverse business unit di una compagnia, per esempio, pre-senta correlazioni tali che azioni non coordinate tra le BU stesse potrebbero ridurre l’efficacia o addirittura vanificare

le policy di investimento della compagnia.I protagonisti di questa fase sono i responsabile di ogni divi-sione che avviano un dialogo attivo con il risk management, motore delle metriche e “suggeritore” delle azioni più op-portune. A loro si affiancano la Pianificazione e l’Organizza-zione, architetti del piano aziendale e dei meccanismi orga-nizzativi, funzioni preposte a trovare le coerenze tra obiettivi affidati a diverse business unit, ora non solo in chiave eco-nomica e reddituale ma anche patrimoniale e di rischio.

CDA/TopManagement

dellaCompagnia

Business Unit 1Business Unit ...

Business Unit ...

Solvency II e il piano:da una visione di compagnia all’assegnazione del rischio alle divisioni

Il secondo passo: “Solvency II operativa”La consapevolezza su Solvency evolve ulteriormente pas-sando a una declinazione delle logiche regolamentari su una dimensione funzionale oltre che divisionale. I risk factor sono cioè assegnati alle funzioni aziendali che li governano, anche all’interno delle divisioni individuate in precedenza.Per esempio quindi il Market Risk - spesso uno dei fattori di rischio più rilevanti in Compagnia - in questa fase è attri-buito alla funzione preposta agli investimenti, mentre i rischi “tecnici” Life e Non Life possono essere affidati alla fun-zione attuariale per la componente di tariffazione e al Com-merciale per le componenti volumi, commissioni e pricing, nonché ai Sinistri per la ottimizzazione del loss ratio.La sfida di questo secondo passo consiste nell’identifica-zione di un sistema di leve azionabili dal management in modo preciso e univoco. Se protagoniste di questa fase possono essere tutte le funzioni aziendali, Pianificazione ne è l’architetto principale, in quanto deve regolare la gerarchia di obiettivi e le correlazioni tra le metriche, per massimizzare l’efficienza complessiva in chiave rendimento/rischio.

Funzione 1

Funzione 2

Funzione 3

Funzione 4

Funzione 5

Solvency II operativa:il rischio assegnato alle funzioni

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Tutti gli obiettivi aziendali, MBO e provvigioni, diventano quindi gradualmente coerenti e integrati con le logiche di Solvency II.In tale fase peraltro non si giunge solo a costruire Rorac per funzione: gli obiettivi possono essere declinati addirittura in un ulteriore livello di dettaglio e le metriche possono essere utiliz-zate per confrontare azioni alternative o ancora per articolare obiettivi altrimenti troppo aggregati per il management.Così per esempio in Finanza due diverse asset allocation o differenti investimenti potranno essere comparati sulla base della redditività attesa ma anche del rischio assorbito. Allo stesso tempo, entrando nell’area Commerciale, Rorac per Area, per agenzia, per segmento, perfino per cliente, potranno essere assegnati ai manager di ciascun livello e trovare comunque una coerenza complessiva. L’Attuariato potrà altresì costruire la tariffa tenendo conto della redditività del prodotto in relazione al ca-pitale da esso assorbito, ad esempio con tariffe RCA premianti per i clienti più virtuosi che, oltre a portare una sinistralità inferiore, richiederanno anche un minor livello di capitale allocato.

Il terzo passo: “Solvency II evoluta”La fase più spinta del percorso proposto inizia quando tutti i rischi previsti da Solvency II sono allocati uno per uno alle funzioni e alle divisioni aziendali. Rimane non allocata solo una “nuvola” di effetti di corre-lazione: si tratta dei “benefici” in termini di assorbimento di capitale che una Compagnia trae dal fatto di gestire un intero portafoglio complesso di rischi. La gestione di ques-ta “nuvola” non è riconducibile individualmente a nessuna delle divisioni o funzioni precedentemente investite di obiet-tivi Solvency; anzi, la allocazione di tali correlazioni a uno o l’altro dei manager genera distorsioni nelle valutazioni di ciascuno di essi, in quanto “smussa” l’incisività delle leve loro affidate.È possibile però, attraverso una vista complessiva di Com-pagnia o di Gruppo, gestire dinamicamente tali correlazioni attraverso un “architetto” unico, che identifichi dinamica-

mente i mix capaci di massimizzare i benefici da correla-zione e li tramuti in obiettivi operativi per divisioni e funzioni. Architetto che può essere la Pianificazione - in virtù del ruo-lo svolto nel processo di piano e di budget - o un tandem Risk-Pianificazione. In tale assetto di governance il benefi-cio da diversificazione diventa una vera e propria Business Unit che “cede” alle altre funzioni e aree di business una parte del capitale liberato a fronte di management action propizie. Le indicazioni dell’architetto delle correlazioni giungeranno in questa terza fase a diversi livelli dell’organizzazione: se al top management di Compagnia o di gruppo potranno essere suggeriti mix ottimali dei vari rami, al management di funzione, per esempio il Commerciale, i suggerimenti saranno declinati in obiettivi di bilanciamento della raccolta e addirittura di cross selling a livello di singolo cliente. Sarà quindi possibile misurare il beneficio incrementale generato dalla vendita di un mix di prodotti in termini di minor capi-tale assorbito, ed anche restituire parte di tale beneficio alla rete, sotto forma di provvigioni, o addirittura al cliente, sotto forma di scontistica per il cross selling o per la fedeltà.

Dott. Olocco, quali sono le novità che porta Solvency II sulla produzione del Gruppo Reale Mutua?Le nostre principali aree di collaborazione sono oggi con la Finanza e con la Pianificazione: la prima impegnata sulla gestione attiva dei rischi di mercato, la seconda impegnata a portare le logiche proprie del Risk all’interno dei processi di costruzione del budget e del piano industriale, in convergenza con i principi dell’ORSA.Anche sul piano organizzativo Vita e Danni sono a differenti livelli di maturazione: nel Vita la gestione del rischio è già oggetto di comitati mensili; nel Danni un progetto in corso sta articolando la gestione in business unit a cui saranno affidati obiettivi di Rorac, per bilanciare redditività e rischio.

Quali ricadute intravede per il cliente? E per la rete?I benefici di diversificazione del rischio sono ben chiari per Reale Mutua che vanta un portafoglio di prodotti ampio, che

copre sostanzialmente tutti i rami. La possibilità di portare questi benefici sul cliente sotto forma di pricing si sta facendo strada, ancora una volta a partire dal Vita. Parlando di politiche di remunerazione della rete, Solvency non è ancora stata tradotta in metriche e obiettivi per la rete, anche se le logiche di cross selling, premio per il mix, grado di assorbimento dei prodotti sono elementi solidamente alla base delle best practice delle reti agenziali.

Un’ultima domanda: quale può essere il futuro della riassicurazione? Solvency può trasformarla in una leva strategica?La riassicurazione per Reale riveste un ruolo importante di gestione, in quanto leva di intervento e di mitigazione del rischio, in particolare sui rischi catastrofali: le logiche e gli scenari che utilizziamo sono perfettamente allineati con la Solvency II.

I N T E R V I S TA

STEFANO OLOCCORESPONSABILE RISK MANAGEMENT DI GRUPPO REALE MUTUA

Solvency II evoluta:gestione e regia integrata del rischio

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1 - ABI, Rapporto Mensile Marzo 2015

Andrea GNETTIPartner

CHE L’ITALIA SIA IL PAESE DELLE MICRO E PICCOLE IMPRESE NON È UNA NOVITÀ, NE FANNO PARTE OLTRE IL 99% DELLE AZIENDE ITALIANE, IMPIEGANO QUASI IL 70% DEI DIPENDENTI DEL PAESE E RAPPRESENTANO CIRCA IL 50% DEL FATTURATO TOTALE IMPRESE.

SVILUPPARE LA RELAZIONECON LA CLIENTELASMALL BUSINESS

NELL’ERA D IG ITALE

È proprio da loro, quindi, che bisogna ripartire nello scom-mettere sulla ripresa del nostro paese.Le banche, tuttavia, non possono ignorare l’andamento in crescita dello stock complessivo delle sofferenze (il valore dello stock complessivo è tutto in crescita con un dato a gennaio 2015 di 185,5 Mld 1), che richiede un’attenta

valutazione e selezione del rischio al quale esporsi.È, pertanto, necessario che le banche allarghino il proprio ambito di supporto alle aziende Small Business, fornendo servizi che vadano oltre l’erogazione dei finanziamenti e facendo evolvere il proprio ruolo di consulente a tutto tondo per le esigenze di gestione d’impresa.

PUNTARE SUI GESTORI COME CENTRO DELLA RELAZIONE CON LA CLIENTELA

Nel rapporto con la Banca, qualità della relazione e trasparenza sono elementi prioritari per le piccole imprese. Aspetti, questi, strettamente correlati: è impossibile pensare di poter consolidare la relazione con un cliente senza ricambiarlo con trasparenza di offerta e certezza nell’applicazione di commissioni e tassi. Dotare il consulente Small Business di un’offerta semplice, com-pleta e trasparente è, quindi, un prerequisito fondamentale sul quale fondare l’azione di sviluppo commerciale.D’altro canto, la necessità di ridurre il cost-to-serve ha imposto alle Banche scelte dolorose, come la riduzione del numero di filiali e del relativo personale, con la conseguente impossibilità di servire tutta la clientela imprese con un modello relazione.

Antonella ZULLOManager

La posta in giocoLo scenario prefigurato nel medio termine vede il diffondersi delle logiche di Solvency anche al di fuori dalla funzione di Risk Management e dal Consiglio di Amministrazione, suoi luoghi di approfondimento sinora deputati, per farne uno strumento di decisione e di azione e non solo un adempi-mento normativo.Per fare questo, alle dimensioni tecniche di Solvency si ag-giungono pervasività organizzativa e gestionale che richie-dono pianificazione e lungimiranza, non accelerazione.

La posta in gioco nei confronti dei Regulator consiste nel passaggio da una prospettiva di compliance a una interpre-tazione matura e completa dei requisiti Solvency da parte di tutta l’organizzazione aziendale. Ma giocando ancora più in profondità, si tratta di portare il governo del rischio e della

redditività ad esso associata a un livello superiore di com-prensione, assicurando impatti economici a tutti i livelli del conto economico e liberazione di capitale a vantaggio di azionisti, management, reti commerciali e clienti, dell’intero ecosistema quindi che circonda la Compagnia.

1 - Rapporto mensile ABI – Marzo 2015

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L’importante sforzo di efficientamento sinora fatto deve, quindi, procedere per liberare sempre maggiore tempo da dedicare alle attività commerciali e per rendere più efficace ogni momento speso con il cliente.Gli attuali modelli di servizio si scontrano, inoltre, con una non sempre adeguata qualifica dei gestori che non hanno avuto modo e tempo per sviluppare quelle competenze necessarie alla gestione di una relazione complessa come quella fra banca e impresa.La prima e più importante risposta allo sviluppo del segmento piccole imprese sta, quindi, nel “mettere a posto” i fondamen-tali, ragionando su offerta, riqualificazione del personale e processi di filiale.

Definire una “Agenda Digitale” per rafforzare la relazioneAd oggi oltre il 95% delle piccole imprese dispone di una connessione ad internet e il 42% compra o vende beni online 2. Per sopperire alle mancanze create dalla nuova struttura della rete, le banche stanno, quindi, concentrandosi sullo sviluppo di inizia-tive nell’ambito del digitale. Le numerose opportunità fornite dallo sviluppo delle tecnologie e del comportamento della clientela impongono, però, una prioritizzazione delle possibili iniziative secondo una vera e propria “Agenda Digitale dello Small Busi-ness” modulata su tre macro-ambiti di azione: informare la clientela, supportandola nella comprensione delle proprie esigenze e nell’identificazione dei prodotti più adatti; supportare il gestore, fornendogli insight sulla propria clientela e segnalando le op-portunità di vendita; rendere fruibile la “specializzazione”, mettendo a disposizione competenze difficilmente reperibili in rete.

Informare la clientelaTroppo spesso le banche Italiane utilizzano il proprio sito come vetrina di prodotti, presentandoli in una logica più di catego-ria che di reale bisogno della clientela. Per una corretta informazione occorre, invece, raccontare la propria offerta in modo semplice, partendo dai bisogni della clientela. A questo scopo possono essere utilizzati tool auto-esplicativi dedicati all’indi-viduazione della soluzione più adatta alle esigenze del cliente. Quanto già fatto in altri paesi europei e oltreoceano può essere d’ispirazione per avviare questo processo di rinnovamento. Ottimi esempi di tool sono quelli di Bank of America sul credito e quello di Commonwealth Bank sull’acquiring, banche che bene rappresentano questa filosofia.

Supportare il gestoreObiettivo primario è l’ottimizzazione del tempo del gestore con tool e informazioni a supporto dell’attività commerciale e il trasferimento sui canali digitali dell’operatività più semplice a lui demandata. Anche per il gestore vale quanto detto per il cliente finale: semplificazione della gamma, rappresentazione chiara dell’offerta su intranet aziendale e tool di supporto alla predisposizione delle proposte commerciali, come ingredienti base di un metodo efficace e all’insegna dell’ottimizzazione dei tempi. Da non sottovalutare, inoltre, la possibilità di accesso alle informazioni sul cliente, sia interne alle banche sia esterne (i cosiddetti Big Data), senza i vincoli in tema di privacy tipici della clientela privata. I dati possono essere utilizzati per individuare in modo più accurato le esigenze del cliente, indirizzare in maniera mirata le comunicazioni sui canali digitali, personalizzandole secondo i bisogni del cliente, valutare meglio lo stato di salute dell’azienda e la sua solvibilità. Grazie a queste analisi è oggi possibile informare in modo più accurato e tempestivo i gestori sulla reale situazione dei propri clienti, aiutandoli nello sviluppo e gestione della relazione con il cliente.

Rendere fruibile la “specializzazione”Offrire consulenza specialistica ai clienti Small Business è molto complesso, per l’eterogeneità del segmento e i costi di struttura di filiale. La consulenza specialistica può, tuttavia, rappresentare per le banche un elemento di differenziazione fondamentale, per servire al meglio il segmento e assicurarsene la redditività nel tempo, costruendo rapporti di lunga durata.Si pensi a settori quali l’import/ export, l’agrario, la gestione degli incassi e pagamenti, la protezione e, infine, aree non neces-sariamente ambito di competenza storica della banca, come il commercio elettronico (si veda a tal proposito Inside Financial Services n° 1) o la gestione del personale. La disponibilità di questo tipo di consulenza non può sempre essere garantita dalla presenza di specialisti sul territorio. L’adozione, quindi, di un modello di consulenza a distanza, fornita da strutture dedicate, eventualmente delocalizzate, tramite sistemi di remote collaboration, può rappresentare una scelta vincente. L’arricchimento della customer experience attraverso Remote Advisory è possibile lavorando su tre linee di progettazione:• Utilizzare personale con elevate competenze specialistiche, formato sulle tecniche di consulenza via telefono e videocon-ferenza anche attraverso un periodo di “training on the job” • Sviluppare i tool di gestione della clientela a distanza: possibilità di chiudere le vendite a distanza, anche in videoconfe-renza a tre, con processi snelli, interfacce dedicate e funzionalità avanzate della workstation del gestore (es. desktop sharing)• Esaltare il ruolo centrale della soddisfazione del cliente: cultura dell’orientamento al cliente e focus sulla qualità del servizio, con obiettivi, KPI e incentivi declinati di conseguenza e definiti in ottica di collaborazione con tutti i canali della Banca.

CONCLUSIONIIl favorevole momento storico rende oggi prioritario per le banche rifocalizzarsi sul segmento delle piccole imprese, attuando una strategia complessiva che, attraverso la revisione congiunta di tutte le componenti del modello di servizio e una maggiore attenzione allo sviluppo del personale, favorisca il consolidamento della relazione con la clientela. Lo sviluppo di una “Agenda Digitale dello Small Business” può amplificare, ove necessario, lo sforzo della rete, coadiu-vandola con informazioni e strumenti ma anche con competenze specialistiche facilmente accessibili, seppure non immediatamente disponibili in loco.

2 - ISTAT, Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese

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NON IMPORTA SE LAVORATE PER UN’AZIENDA, PER UN’AGENZIA STATALE, SESVOLGETE LA LIBERA PROFESSIONE, OPPURE SE SIETE NEL CAMPO DELL’ISTRUZIONE O NEL SETTORE DEL NON PROFIT:(…) LA VELOCITÀ DOMINA IL PROCESSO DECISIONALE E OGNI ALTRO ASPETTO...QUALSIASI RUOLO SVOLGANO E IN QUALSIASI TIPO DI ORGANIZZAZIONE SI TROVINO, LA MAGGIOR PARTE DEI PROFESSIONISTI DEVONO PRENDERE UNA DECISIONE “ORA”, PER POI PASSARE A UN’ALTRA DECISIONE IMMEDIATA E, POI, UN’ALTRA ANCORA…

Edward Russo e Paul J.H. Schoemaker - Winning Decisions: getting it right the first time

Velocità e decisione: due elementi cardine della vita dei manager nelle organizzazioni di tutte le grandi aziende. Il primo, così preponderante nel mondo del business di oggi, tanto da rischiare di far perdere significatività al secondo; quest’ultimo, la decisione, già secondo i modelli organizzativi classici dei primi del ‘900, è componente fondamentale del ruolo del manager accanto a pianificazione, organizzazione, coordinamento e controllo.In realtà, però, nel contatto quotidiano con i manager al lavoro nelle aziende osserviamo elementi del loro ruolo molto differenti da quelli classici. Anche gli studiosi lo confermano e in letteratura1 elencano le caratteristiche principali delle giornate dei manager come segue: • Grande quantità di lavoro a ritmi frenetici (secondo alcuni studi svolgono oltre 600 operazioni diverse al giorno, senza interrompere le proprie attività);• Frammentazione delle attività (la maggior parte dura meno di 9 minuti e solo il 10% supera l’ora);• Preferenza per le informazioni informali (aggiornate e specifiche - quelle pubblicate sono spesso già superate), per la comunicazione orale invece di quella scritta; • Priorità alla gestione di una rete di contatti ampia e complessa.In un contesto in cui la velocità è fondamentale, “una decisione lenta è inefficace quanto una sbagliata. La velocità è un’arma competitiva cruciale”2 che ha valenza distintiva e apporta vantaggio competitivo in tutti i settori, in particolare quelli ad elevato tasso di innovazione tecnologica e regolamentazione come quello dei servizi finanziari.Per reagire all’ambiente competitivo sempre più complesso, esigente e rapido, è necessario che le organizzazioni si dotino di strutture e competenze altrettanto sofisticate, in grado di recepire rapidamente i cambiamenti e di rispondere

#LASCELTAGIUSTACON

EXTON FAST TRACK

Azzurra GiorgioManager

Andrea GnettiPartner

1 - Kenneth Laudon, Jane Laudon - Management dei sistemi informativi2 - Richard L. Daft - Organizzazione aziendale

VELOCITÀ...DECISIONE

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celermente e in maniera efficace alle esigenze di mercato. I manager, però, sono immersi in una complessità organizzativa che non agevola né la variabile tempo, né l’abitudine all’approfondimento nella presa di decisioni, per diversi motivi:• Competitor sempre più aggressivi, sofisticazione delle esigenze della clientela e riduzione del ciclo di vita dei prodotti/ servizi impongono un continuo ripensamento della gamma di offerta in essere, se non dell’intera value proposition;• Fattori che attengono alla sfera più prossima al manager: sofisticazione delle strutture organizzative, incremento del numero di riporti gerarchici in capo a ciascun dirigente e inter-funzionalità di alcune scelte obbligano alla collegialità del decision making, rendendo meno efficiente il processo;• Anche aspetti più strettamente economici non sono da sottovalutare: spesso le unità organizzative non sono sufficientemente dimensionate per i diffusi tagli e, nel contempo, anche i budget per supportare le scelte di rilevanza strategica sono limitati.

È evidente che ormai i manager lavorano in un costante trade off tra necessità di velocità da un lato e di conoscenza e consapevolezza delle decisioni dall’altro: nel contesto attuale i livelli di competitività e di cambiamento tecnologico sono così estremi che i dati di mercato sono indisponibili oppure obsoleti, le finestre strategiche hanno durata limitata e il costo di una singola decisione sbagliata può avere effetti pervasivi in un’organizzazione2. Allora, come prendono le decisioni i manager delle aziende di successo? Alcuni studi recenti hanno osservato “decisori” di questo tipo e descritto tratti comuni nel loro agire:• Raccolta di informazioni in tempo reale, per avere conoscenza dettagliata e intuitiva del business; • Considerazione da subito di alternative diverse, prima di aver testato l’opzione preferita; • Ricerca di suggerimenti da persone che appartengono a team e funzioni differenti;• Coinvolgimento immediato degli interessati e presa di decisione del vertice solo se il consenso è irraggiungibile;• Decisione finale integrata con linee guida e orientamento strategico complessivo.Nelle aziende inefficaci, invece, i manager si occupano soprattutto di pianificazione futura e informazioni previsionali a sacrificio degli avvenimenti presenti, si focalizzano solo sull’opzione migliore non coinvolgendo persone competenti dall’inizio, cercano il consenso unanime fino ad accumulare ritardi e non si preoccupano del fit di ogni decisione con la strategia complessiva2.Nel corso degli anni, in Exton Consulting abbiamo supportato organizzazioni immerse in una sempre maggiore complessità e con bisogni di rapidità delle decisioni progressivamente crescenti.Dunque, se il nostro mestiere di consulenti strategici è quello di affiancare le aziende al fine di individuare soluzioni efficaci e applicarle con successo, allora anche i paradigmi della consulenza devono evolvere, adeguarsi al contesto, trasformare in questo senso i suoi metodi, innovare le sue pratiche e competenze interne. L’approccio classico del progetto di consulenza, caratterizzato da lunghi approfondimenti e condivisione posticipata delle soluzioni, non è, infatti, più valido in ogni situazione: è in risposta a queste considerazioni che Exton Consulting ha creato, testato e validato sul mercato dei servizi finanziari la metodologia Exton Fast Track.

2 - Richard L. Daft - Organizzazione aziendale

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CONCLUSIONIExton Fast Track è la risposta alle necessità di concretezza e velocità imposte dalle vorticose evoluzioni del mercato, perché fa leva sulla profonda esperienza nei servizi finanziari di Exton Consulting; garantisce, inoltre, la consapevolezza e la collegialità dei momenti di decisione strategica perchè utilizza una metodologia che si fonda su analisi di dettaglio e si esprime in modo collaborativo e creativo. Rispetto ad un progetto di consulenza tradizionale, con Exton Fast Track le organizzazioni ottengono la maggior parte del valore prodotto dal supporto consulenziale in un tempo ridotto e certo: il lavoro dei consulenti di Exton è ancor più vicino alle aziende, è in grado di supportarle con vigore nei momenti di svolta strategica e si fa elemento chiave del loro vantaggio competitivo sul mercato.

Per maggiori informazioni sulla metodologia, puoi contattareAndrea Gnetti [email protected] - Azzurra Giorgio [email protected]

Obiettivo di Exton Fast Track è supportare i manager nella presa di decisioni che rispettino le esigenze di immediatezza richieste dal contesto di mercato e assicurino, nel contempo, la consapevolezza dell’indirizzo strategico grazie ad una profonda conoscenza del business, la condivisione con le funzioni interessate e il contributo di tutte le competenze rilevanti. Rispetto agli approcci decisionali tradizionali, Exton Fast Track supera il trade off tra rapidità e approfondimento grazie alle competenze e alle capacità analitiche dei nostri consulenti, senza intaccare la collegialità delle riflessioni, attraverso un maggior coinvolgimento delle persone interessate fin dalle fasi iniziali della metodologia. La condivisione genera anche maggior committment dell’organizzazione e garantisce effetti positivi anche nelle fasi successive di implementazione della decisione, contribuendo alla sua efficacia e mitigando i rischi di ritardo.

LA METODOLOGIAIl metodo si articola in un periodo di massimo sei settimane, prevede una fase diagnostica ed elaborativa in accelerazione e culmina in una sessione collaborativa interfunzionale, ad alto coinvolgimento del management.• Nella prima fase i consulenti di Exton raccolgono dati e informazioni per inquadrare le problematiche e costruire una convinzione indipendente sul contesto; la raccolta avviene con sessioni di interviste, ricerche di mercato, analisi di dati interni, benchmarking con competitor. • Nella fase successiva i consulenti condividono con il management gli elementi chiave del problema, l’approccio alla sua risoluzione e il percorso identificato per la sessione collaborativa; preparano, poi, i framework e i materiali che la supporteranno.• La fase finale si sostanzia in una sessione di lavoro collaborativa scandita dai seguenti momenti:- Condivisione delle risultanze emerse dalla fase di raccolta dati e interpretazione;- Generazione di idee con tecniche di creatività collaborativa e lavoro in gruppi per affrontare le problematiche e delineare gli approcci risolutivi, proponendo priorità di implementazione;- Condivisione e discussione in plenaria dei temi emersi dai gruppi di lavoro;- Conclusioni sugli approcci risolutivi da seguire e prioritizzazione congiunta, definizione di un piano d’azione.Nel workshop i consulenti di Exton hanno il compito di condividere tutti gli elementi informativi e di interpretazione del problema su cui indirizzare il focus dei partecipanti, oltre a guidare e facilitare i momenti collaborativi e di generazione delle idee. Le evidenze emerse sono riassunte da Exton per essere condivise e validate da tutti i partecipanti e dal management: a questo punto, le decisioni sono pronte per essere “azionate” nel concreto.

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www.extonconsulting.com

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