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Gianvito Semeraro 735117 7/11/2010

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Gianvito Semeraro 735117

7/11/2010

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TEORIE DI

RIFERIMENTO

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I.

Apprendimento situato

Conoscenza tacita

Il ruolo dell‟esperienza

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EUCAZIONE AL

DESIGN

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I.

Lezioni tradizionali

Laboratori

Workshops

Tirocinio

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FILTRO DI

OSSERVAZIONE

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Conoscenza tacita e comunità

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CONCETTI

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I.

Comunità di pratiche

Esternalizzazione della conoscenza tacita

Socializzazione della conoscenza

Condivisione in comunità

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STUDY

CASES

I.

Xerox

The big myths

The river city

Analisi comparata

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IPOTESI Idea di progetto

Brief

Sharing experience

Cassetta degli attrezzi

Macchinetta del caffè

Polifoglio

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I.

L‟apprendimento situato è quel processo che avviene durante lo svolgimento di una qualsiasi pratica, si definisce situato perché apprendimento e

pratica si svolgono nello stesso contesto1. L‟approccio situato all‟apprendimento descrive il processo educativo non come la mera trasmissione di dati

da docente a discente (attraverso una metodologia espositiva, e storicamente di tipo impositivo); ma come un processo sociale, dove la conoscenza è

co-costruita.

L‟ambiente sociale dove si realizza il processo di apprendimento è chiamato comunità di pratica (che sarà descritta più avanti).

Con questa teoria si legittimano le conoscenze apprese durante qualsiasi attività: in un laboratorio artigianale, in una cucina,…. sono esperienze in

grado di insegnare ai discenti modalità e pratiche; la tipologia di nozioni sono specifiche di ogni singolo contesto, e per questo possono essere

trasmesse solo in contesti simili.

Oltremodo la pratica dell‟apprendimento è inserita in una dimensione sociale, dove il rapporto tra chi sa e chi deve imparare è mediato dai modi di

pensare, di percepire, di risolvere problemi di entrambi.

L‟apprendimento situato è quindi contestualizzato in situazioni di volta in volta diverse, caratterizzate da attori, azioni ed ambiente.

Lave e Wegner definiscono il ruolo del discente come: partecipazione periferica legittimata. Che significa che il discente entra a far parte di una

comunità, con delle precise regole e pratiche; ma lo fa occupando una posizione periferica, in quanto deve ancora imparare, apprendendo la

metodologia lavorativa, e a sua volta insegnandola, la sua posizione diventerà più centrale.

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I.

L‟approccio situato all‟apprendimento prevede l‟affiancamento e la messa in pratica di qualsiasi attività. Durante il periodo di applicazione si formano nei

discenti un insieme di conoscenze che derivano dalla loro propria esperienza o sono esternalizzate/socializzate dai loro docenti. Questo insieme di

conoscenze su come svolgere le pratiche viene definito conoscenza tacita.

È un insieme di conoscenze che non sono contenute in alcun testo, ne tanto meno possono essere insegnate durante una lezione frontale. È un tipo di

conoscenza che esiste all‟interno degli individui, che nasce dall‟esperienza lavorativa, e come tale può essere compresa solo da chi condivide la stessa

esperienza2.

Lavorando su una pratica si impara come farla, si impara una metodologia, che diviene automatica se la pratica viene ripetuta, ma può succedere che

se il discente non riflette abbastanza sul suo modo di lavorare e di apprendere, diviene molto difficile esternalizzarla per poi condividerla. Questo

perché la conoscenza è fatta di due dimensioni3:la dimensione esplicita che si basa su quella tacita, che è stata precedentemente interiorizzata. La

conoscenza tacita è quella che si basa sull‟esperienza e condivisione di pratiche, e che riguarda il sapere come. La conoscenza esplicita si basa su

regole conosciute e condivise e che riguardano il sapere che4.

Un chiaro esempio di conoscenza tacita è l‟apprendimento di un linguaggio. Un bambino in giovane età impara a parlare ignorando del tutto le leggi

della grammatica, e per questo gli è impossibile insegnare la lingua parlata. Michael Polanyi affermò sappiamo più di quanto possiamo dire5.

La conoscenza tacita è molto importante perché fa parte di quel sapere pratico elaborato da una comunità sulla base di risorse cognitive ed

orientamenti comportamentali situati, costruito a partire dal sapere esplicito di cui la comunità dispone, attraverso esperienze condivise nella vita della

comunità6. Torna anche qui il concetto di comunità di pratica, che in questo caso è la principale generatrice di conoscenza tacita e utilizzatore di essa.

Esistono diversi casi studio che cercano di esternalizzare il valore della conoscenza tacita all‟interno di una comunità, questi casi saranno trattati nella

sezione study cases.

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I.

Parlando di approccio situato e conoscenza tacita la parola esperienza è stata spesso citata. È necessario capire quale sia il suo ruolo tra queste due

teorie.

La teoria dell‟apprendimento situato indica che è necessario fare esperienza di una pratica affinché il discente possa far parte del processo di

apprendimento . Quindi l‟approccio situato individua nell‟esperienza un passaggio necessario per l‟apprendimento. Ora, il discente, avendo esperienza

di una cosa, o essendo stato protagonista o spettatore di un procedimento, pratica o processo, ha acquisito parte della conoscenza che colui che ha

svolto la pratica o processo, ha dentro di se, archiviata come conoscenza tacita.

Rappresentato graficamente:

Approccio

situato Esperienza

Conoscenza

tacita

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L‟approccio situato all‟apprendimento è comune nelle facoltà dove si insegna design. Questo è dovuto al carattere artigianale della disciplina.

Tuttavia è necessario descrivere il modello classico di apprendimento (presente anch‟esso nelle facoltà di design) per comprenderne pregi, limiti,

strumenti. Le classiche lezioni frontali si basano sul modello cognitivista, ovvero il discente apprende ricevendo dal docente un insieme di informazioni.

Il modello cognitivista prevede fasi consecutive di apprendimento delle informazioni all‟interno del discente: ricezione delle nozioni, elaborazione,

archivio e recupero7. Questo modello è oggi il più diffuso, e descrive il docente come un espositore di concetti, e i discenti come i ricettori.

Pregio di questo modello è il dialogo che si instaura tra docenti e discenti, ma questo modello non sviluppa nuova conoscenza e conoscenza tacita, in

quanto la trasmissione delle informazioni è di tipo impositivo.

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Il laboratorio è l‟applicazione pratica dell‟approccio situato all‟apprendimento.

Si compone da più luoghi: le aule per le lezioni, i laboratori modelli, allestimenti e foto. Spesso si affiancano altre attività per la ricerca sul campo, come

quando è necessario seguire un utente nel suo quotidiano o studiare un luogo di interesse progettuale. La ricerca avviene anche in

biblioteche/materioteche e ambienti virtuali. Hai discenti è chiesto di realizzare un output, che risponda alle richieste specificate in partenza. Così

dovranno preparare artefatti (ricerca, modelli, video…), per poter comunicare il loro prodotto, nei mesi di lavoro. Il lavoro avviene in gruppo, dove

secondo le dinamiche del dibattito, creano la soluzione. Periodicamente revisionano l‟avanzamento del progetto con i docenti. Il dibattito si sposta

dall‟interno del gruppo a tra il gruppo e il docente. I discenti sono affiancati da docenti con competenze diverse: materiali, ergonomia, creazione

valore… Così come nello sviluppo di artefatti fisici sono affiancati dai responsabili dei laboratori modelli/foto per la realizzazione di questi ultimi.

Durante l‟attività di laboratorio si usano diversi modelli di apprendimento: i discenti sviluppano capacità di problem solving (che deriva dal modello

cognitivo), apprendono operando, creando (apprendimento situato e sviluppando conoscenza tacita) e soprattutto attraverso un modello di

apprendimento sociale, durante il rapporto con i loro colleghi e con i docenti.

Tempo: 5 mesi, attività: diffusa nel tempo

Strumenti di apprendimento: lezione frontale, ricerche in biblioteche, internet, incontri, interviste, ed in generale esperienza con il fare progettuale

Strumenti per la generazione di conoscenza: lavori di gruppo, brainstorming, esperienza da approcci situati alla realtà

Strumenti di lavoro: gli strumenti del designers sono i più diffusi, dal saper calcolare gli sforzi di un materiale, al calcolo degli investimenti, dalla

rappresentazione grafica al software per elaborare testi. Ciò che importa è la qualità del risultato: innovazione ed intelligenza nell‟output prodotto.

Pratiche: le pratiche sulle quali focalizzarsi sono quelle che prevedono un approccio situato alla realtà. Anche un lavoro di gruppo può essere

considerato tale, perché i discenti raccontano le proprie esperienze o proiezioni su scenari futuri o problematiche stringenti. Un gruppo di lavoro è una

comunità di pratica, dove tutti i discenti sono legittimati a partecipare (obbligo scolastico), con motivazioni che possono essere diverse da individuo ad

individuo, e con ruoli che cambiano in base alle capabilities dei singoli. Altre pratiche con approccio situato sono quelle della fase di ricerca: in questo

caso la pratica dipende dall‟informazione cercata. Ad esempio se è ben definita, come può esserlo una formula matematica, il discente si recherà in

biblioteca per consultare un testo di fisica. A questo modello tradizionale se ne sono affiancati molti altri. Un testo è consultabile su google scholar o

books, l‟esatta formula è possibile trovarla su wikipedia, o ancor più velocemente i discenti la chiedono direttamente a qualcuno, altro compagno,

docente, assistente, esterno… le fonti per le informazioni sono infinite, ciò che importante estrapolare da questo processo è il senso della pratica insita

del discente (che fa parte della sua conoscenza tacita).

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Nelle fasi di sviluppo di un prodotto, ricerca analisi concettualizzazione ed esecuzione, i discenti utilizzano diversi strumenti: la Blue Sky, Lead Users

Analysis, la prototipazione… applicando questi strumenti i discenti imparano ad usarli (learning by doing), il valore aggiunto al risultato del loro lavoro è

ciò che hanno imparato con questi strumenti circa questi strumenti.

Ora, indipendentemente dall‟indirizzo del corso di studi, e indipendentemente dalle tecniche, questi strumenti strumenti sono trasversali a tutti i discenti

afferenti alla facoltà del design. Dove ognuno ha esperienza e quindi conoscenza derivante da un approccio situato ad un determinato problema, che

ha sviluppato conoscenze di carattere dal pratico al concettuale che vanno oltre le conoscenze trasmesse dal docente.

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Si differenzia dal laboratorio per la durata. Solo pochi giorni. Le fasi dello sviluppo dell‟output sono incentrate alla produzione rapida e veloce.

È chiaro che non c‟è tempo a sufficienza per ricerche approfondite ed ampie, per cui i contesti si riducono a pochi luoghi, il rapporto tra docenti e

discenti è simile al laboratorio.

Il workshop costringe a recuperare ed riutilizzare le informazioni acquisite durante i laboratori, si basa quindi sul modello cognitivista.

Tempo: max 5 giorni, attività: balanced fast

Strumenti di apprendimento: nessuno, eccezione fatta per ricerche veloci, il workshop richiede conoscenze già acquisite, infatti il suo scopo è di

preparare il discente al mondo del lavoro, dove può capitare di avere poco tempo a disposizione; creando competizione tra i gruppi.

Strumenti di sviluppo di conoscenza: brainstorming e mappe mentali con associazioni libere di parole sono i più usati.

C‟è una committenza che ha una richiesta precisa ed insieme al lancio del brief traccia quali sono le linee guida che gli artefatti dovranno seguire.

Di norma non c‟è tempo di apprendere una nuova tecnica, ognuno usa quelle che sa, e le qualità comunicative dell‟output possono essere secondarie,

se dietro al progetto c‟è un‟idea forte.

L‟importante è saper prendere le giuste decisioni. La conoscenza tacita che può essere qui esternalizzata al gruppo dei discenti e alla comunità del

PoliMI è quindi la capacità decisionale in momenti in cui la ricerca non può essere approfondita, e quindi di forte aiuto.

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Si svolge all‟esterno dell‟università, in uno ufficio/studio coerente al percorso di studi del discente.Il discente è immerso nell‟ambiente lavorativo,

circondato da persone più esperte di lui, che lo seguono nell‟apprendimento delle nuove pratiche lavorative.Lave e Wenger descrivono il tirocinio come

un processo di partecipazione periferica legittimata, attraverso il quale gli apprendisti, non prendendo parte direttamente all‟attività, imparano proprio

grazie alla loro posizione periferica che, legittimata dai più esperti, permette loro di sperimentare e sbagliare; ma anche di poter osservare come gli

esperti si comportano e parlano, riuscendo a cogliere il senso di come l‟expertise (il saper fare) si manifesta nelle conversazioni e nelle altre attività.

I modelli di apprendimento usati sono l‟approccio situato, in quanto il discente si trova a contatto diretto con problemi pratici inerenti il lavoro, e

l‟apprendimento sociale, non solo perché in rapporto con altri colleghi, ma perché deve essere in grado di richiamare il modello comportamentale

sviluppato durante i laboratori, ogni qual volta si ritrova in una situazione lavorativa con altre persone.

Tempo: dai 3 ai 6 mesi, attività: dipende dai progetti e ruoli ricoperti dal tirocinante

Strumenti di apprendimento: affiancamento, svolgimento di mansioni semplici con crescente responsabilità. Tutto con approccio situato.

Strumenti di ricerca: variano da caso a caso. Vengono operati ed appresi quelli già presenti in azienda.

La conoscenza tacita, qui di interesse, sviluppata dal discente, riguarda più la pratica lavorativa che la conoscenza del design.

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Alle teorie educative ed al campo vicino dell‟educazione del design è necessario ora aggiungere un ulteriore filtro per focalizzare l‟area di intervento

progettuale. Il termine comunità di pratica è già stato nominato, e proprio le ultime teorie sia di apprendimento sia di gestione della conoscenza tacita

parlano di una dimensione sociale dove , che vede protagonisti uomini che scambiano conoscenza sulle loro esperienze e pratiche.

Il risultato della contaminazione creativa è indirizzato ad indagare l‟aspetto comunitario e sociale dell‟apprendere e scoprire quali possibilità si aprono al

mondo della condivisione della conoscenza tacita in relazione all‟apprendimento situato.

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Secondo Nonaka, l‟unico modo possibile per accrescere la conoscenza all‟interno di una organizzazione è creare le basi per la costruzione di comunità

di pratica8.

Le CdP sono dei gruppi di persone che condividono un interesse, delle problematiche o una determinata passione per un tema specifico e che

accrescono le proprie conoscenze ed esperienze interagendo continuamente. Le CdP sono un buon modo di creare, espandere e scambiare

conoscenza, nonché di sviluppare le conoscenze individuali. Sono delle strutture sociali ideali per la gestione delle conoscenze. In quest‟ottica la

conoscenza umana diviene un atto sociale valorizzabile. Mariano Corso9 definisce in modo più articolato cosa sono le CdP, facendo emergere 3

elementi distintivi: il Dominio, la Pratica e la Comunità. «Le comunità di pratica sono gruppi di persone che: condividono un interesse comune, un set di

problemi o una passione rispetto ad un certo argomento (Dominio), approfondiscono la conoscenza e la comprensione di questi aspetti (Pratica)

attraverso l‟interazione e l‟impegno reciproco (Comunità)».

Il valore all‟interno della CdP è generato dalla trasmissione delle informazioni, in particolare questo valore è generato in diversi modi, passaggi cruciali

per capire come funzione e cos‟è una CdP:

-identificando, migliorando e prospettando nuove aree di sviluppo e nuove strategie d‟impresa;

-contribuendo a risolvere velocemente i problemi (ogni membro conosce a chi chiedere aiuto per focalizzare un problema e il modo di risolverlo);

-trasferendo rapidamente le best practices attraverso la rappresentazione di un forum di condivisione e diffusione all‟interno dell‟impresa, del gruppo e

del settore;

-sviluppando e migliorando le competenze professionali di ogni lavoratore tramite il modello “artigianale”, in cui l‟apprendista impara dal suo “maestro di

mestiere”. Un efficace e duraturo apprendimento del singolo dipende dalla disponibilità dei colleghi più esperti e dalla loro capacità di agire come

coaches.

Il nuovo attore che entra a far parte della comunità lo fa prima ricoprendo un ruolo periferico, per poi lentamente spostarvi verso l‟interno10.

È possibile distinguere quattro fasi di interazione tra i membri di una CdP11: comunicazione, fase di scambio di domande e risposte dove gli attori si

supportano a vicenda; condivisione, dove gli attori per rispondere a problemi comuni usano risposte comune, ed in questa fase che avviene

l‟apprendimento individuale; la fase della collaborazione dove si lavora allo stesso problema, comune a tutti; infine, c‟è la fase di cooperazione dove tutti

gli attori lavorano per produrre lo stesso prodotto.

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Le comunità di pratiche possono essere viste come degli strumenti a servizio della gestione della conoscenza, esse sono tutt‟oggi usate all‟interno delle

aziende per estrarre dai dipendenti la conoscenza tacita. Di seguito i processi di trasformazione della conoscenza da tacita ad esplicita e la sua

condivisione in comunità. Queste comunità sono fatte di attori, con delle loro dimensioni sociali, il processo di socializzazione della conoscenza si

poggia quindi sulle dinamiche comunitarie. È necessario suddividere l‟analisi di questo processo in tre fasi12: al primo livello si analizzano aspetti di

natura comportamentale all‟interno dei processi di trasformazione; al secondo si concentra sul ruolo degli ostacoli di natura relazionale; al terzo infine, si

mira a fare luce sui meccanismi organizzativi in grado di ridurre la soglia di ambiguità presente nei processi di trasformazione delle conoscenze. In

dettaglio:

Per la dimensione comportamentale, il livello di interazione presente tra i soggetti di una comunità influenza i processi di trasformazione delle

conoscenze tacite. Il processo di trasformazione delle conoscenze si sviluppa attorno a specifici schemi di comunicazione e interazione tra i membri

dell‟organizzazione. Con il tempo, i soggetti individuano i referenti con cui mettersi in comunicazione quando si trovano di fronte ad un problema di

carattere tecnico, ovvero per capire come accedere a conoscenze non articolate, quando queste trovano espressione all‟interno di una sequenza di

interazioni. Il processo di conversione delle conoscenze è amplificato dalla presenza di “comunità di fatto”, costituite attraverso legami formali e

informali. La possibilità di avere frequenti interazioni e una stretta prossimità tra i soggetti coinvolti nel processo permettono di scambiare osservazioni

ed esperienze circa la persistenza di problemi tecnici. In aggiunta, la presenza di maggiori spazi di scambio offre un modo diretto per valorizzare la

conoscenza sviluppata dai singoli soggetti e per consentirne una più ampia diffusione all‟interno dell‟organizzazione. La conversione della conoscenza

richiede la presenza di condizioni di «ridondanza» all‟interno dell‟organizzazione. La ridondanza è la presenza di molteplici opportunità di scambio e di

verifica incrociata delle conoscenze in possesso dei singoli soggetti. Ovvero, la compresenza di una molteplicità di meccanismi di interazione e di

contesti di applicazione è sufficiente a creare i presupposti per accelerare la diffusione di conoscenza non codificata, anche a fronte di una non

decodificabilità intrinseca presente ex-ante. Inoltre, grazie all‟effetto ridondanza nelle interazioni informali, si riducono le barriere che ostacolano la

condivisione della conoscenza tacita all‟interno dell‟organizzazione. Importanti, quasi fondamentali, a tal proposito, sono i legami informali, grazie ai

quali i soggetti possono avere accesso ad un patrimonio di conoscenze accumulate superiore.

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Da un punto di vista relazionale, la ridondanza dei meccanismi di interazione e dei contesti applicativi pone i soggetti nelle condizioni di scambiare

conoscenze non codificate, altrimenti non suscettibili di trasferimento, riducendo i rischi di opportunismo all‟interno dei confini organizzativi. La

ridondanza, che è costruita su una molteplicità di legami informali, getta le basi perché sia possibile effettuare un controllo incrociato sui diversi membri,

mettendoli nelle condizioni di valutare adeguatamente le deviazioni dai comportamenti attesi. Tale ridondanza nei meccanismi d‟interazione, a fronte di

una molteplicità di legami, consente di ridurre i benefici derivanti dalle condotte opportunistiche dei soggetti e crea le condizioni per il consolidamento di

relazioni di fiducia reciproca fra i membri dell‟organizzazione. E‟ necessario pervenire a condizioni di fiducia reciproca nelle relazioni fra soggetti, come

meccanismo di riduzione dei costi di monitoraggio delle condotte individuali; ciò si ottiene sulla base della stabilità dei legami intercorrenti fra i

medesimi, grazie alla presenza di condizioni di ridondanza nei meccanismi d‟interazione e nei contesti d‟applicazione.

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La qualità del processo di trasformazione della conoscenza da tacita in esplicita, risulta influenzata nella misura in cui i soggetti sono in grado di

operare, a livello collettivo, in condizioni di ambiguità non necessariamente individuabili ex-ante. La continuità dell‟interazione e la ridondanza dei

contesti applicativi consentono ai membri dell‟organizzazione di avere accesso alle esperienze maturate nel processo di interazione e, quindi, di

articolare conoscenze non immediatamente codificabili e condivisibili, attraverso la creazione di condizioni di “collaborazione costruttiva”, basata sulla

fiducia reciproca. Ai fini dell‟efficacia del processo stesso di trasformazione della conoscenza, sarà indispensabile “costruire” tale processo sull‟assunto

di base che, sia le conoscenze condivise sia i singoli soggetti coinvolti siano “affidabili”. È quindi la creazione del rapporto di fiducia, basato sul

riconoscimento dell‟expertise degli attori centrali, che abilita e rende efficaci i maccanismi della trasformazione della conoscenza.

Il processo che consente alla conoscenza di passare da uno stato tacito ad uno esplicito viene supportato da routine generali. Queste prendono la

forma di meccanismi di condivisione, predisposti e specificamente progettati per favorire lo scambio di conoscenze sviluppate in differenti ambiti

applicativi. Tramite tali meccanismi è possibile superare uno dei limiti della ridondanza, il limite soglia, per cui vengono superate le capacità cognitive

degli individui. Difatti, in presenza di ridondanza si crea, di sovente, un sovraccarico informativo, che va al di là delle capacità processive degli individui.

Per individuare gli input informativi che risultano elementi chiave nel processo di trasformazione della conoscenza, è necessario che i soggetti siano

nelle condizioni di “condividere uno schema di riferimento comune”. Per essere efficiente, un processo di condivisione delle conoscenze richiede “punti

di ancoraggio” che pongano i soggetti nelle condizioni di fare riferimento a schemi cognitivi condivisi. Ed è proprio la presenza di alcuni punti di

ancoraggio comuni a determinare la qualità del processo di trasformazione della conoscenza da tacita in esplicita, mettendo a disposizione dei singoli,

dei soggetti standard o criteri comuni di valutazione.

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Esistono molti progetti, sia di knowledge management all‟interno delle aziende sia sia all‟interno di scuole ed università. I casi qui riportati sono quelli

che hanno prodotto maggiori stimoli creativi.

Uno dei più conosciuti esempi di CdP è quella che si è sviluppata internamente alla Xerox Corporation per la riparazione delle fotocopiatrici. I problemi

che riscontravano i tecnici Xerox nella riparazione delle fotocopiatrici e le soluzioni prospettate venivano condivisi con un gruppo di altri tecnici

particolarmente specializzati tramite un diffuso Network. Questo gruppo che si interessava spontaneamente alle problematiche poste dai colleghi, ha

contribuito direttamente a fornire nuove soluzioni (metodi di diagnosi, tecniche di intervento, materiali e così via) finalizzate a migliorare l‟efficienza e

l‟efficacia degli interventi di riparazione. In questo modo si sono rilevati dei notevoli miglioramenti in termini di tempi e qualità degli

interventi di riparazione delle fotocopiatrici Xerox. La CdP dei tecnici Xerox è stata costituita per larga parte da lavoratori volontari con

l‟obiettivo di condividere le reciproche esperienze lavorative, si è costituita in maniera informale e senza alcuna programmazione/pianificazione

aziendale. L‟impatto del contributo offerto da questa attività sulla Customer Satisfaction e sugli affari della Xerox nel corso degli ultimi dieci anni ha

raggiunto un valore inestimabile13.

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I.

The Big Myth è un sito che può essere usato sia come sussidio didattico per le lezioni in classe, sia come un‟alternativa al libro di testo o in un

laboratorio di informatica per far lavorare in gruppo gli studenti. The Big Myth raccoglie i miti di tutto il mondo, è indirizzato a studenti delle scuole medie

inferiori e per approfondire l‟educazione interculturale.

L‟uso del metodo del cooperative learning è uno degli obiettivi didattici di The Big Myth, progettato con l‟obiettivo di fornire agli studenti opportunità di

interazione e favorire l‟uso di strumenti multimediali in ambiente scolastico. L‟interazione non si crea solo tra computer e utente/studente, ma

nell‟ambiente virtuale di The Big Myth il computer fornisce l‟input che dà inizio al processo di apprendimento che avviene nell‟ambiente fisico della

classe. Solo quando gli studenti sono coinvolti in discussioni reciproche, nella soluzione di problemi proposti si attua il vero processo di apprendimento,

tipico del cooperative learning. In questo caso l‟insegnante svolge un ruolo determinante: non trasferisce conoscenze, come nella didattica tradizionale,

ma guida gli studenti nella ricerca delle informazioni tramite l‟uso di Internet e dei supporti tecnologici, osserva che il processo di apprendimento si

inneschi favorendo l‟autostima degli studenti attraverso il lavoro di gruppo14. l‟aspetto importante del progetto è che spinge gli studenti a lavorare in

gruppo, nell‟ambiente reale, sviluppando così la nascita della comunità di pratica.

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È un ambiente immersivo MUVE (Multi User Vrtual Eviromental, come Second Life per intenderci). Si tratta di una città degli Stati Uniti del XIX secolo.

Gli studenti partecipano con la loro classe, divisa in gruppi di lavoro di due o quattro studenti, assumendo, attraverso un avatar, una loro identità in

modo da esprimere emozioni ed opinioni, da favorire l‟interazione tra i diversi gruppi e tra i membri del singolo gruppo. All‟interno dell‟ambiente gli

studenti si servono di strumenti di comunicazione sincrona, Lab Notebook, attraverso cui gli insegnanti pongono loro domande e li guidano

nell‟esplorazione della città virtuale. Le risposte alle domande vengono considerate oggetto di valutazione. Per esprimere il loro punto di vista e per

collaborare con altri gruppi allo stesso argomento, gli studenti possono utilizzare snapshot (o printscreen, immagine dello schermo inviata alla

stampante o salvata come file su disco). Alla fine, gli studenti devono sintetizzare in una breve relazione lo stato di salute della città illustrando i

problemi ambientali che hanno incontrato e suggerendo eventuali soluzioni da apportare per migliorare lo stile di vita degli abitanti. Per risolvere i

problemi possono utilizzare strumenti e conoscenze pregresse e acquisite nel corso dell‟esperienza. Anche in questo caso l‟ambiente di apprendimento

proposto è stato progettato per essere utilizzato nel contesto classe, e quindi non può prescindere dal supporto metodologico e didattico dell‟insegnante

che ha il compito di integrare i learning object con i contenuti dei libri di testo e programmare l‟attività in classe secondo le necessità degli studenti15. è

un ottimo strumento per imparare a fare ricerche e collaborare in comunità, in un ambiente immersivo.

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I.

Ognuno dei tre casi studio ha delle caratteristiche interessanti che da poter prendere in considerazione per la successiva azione progettuale: dal caso

Xerox si può lodare il processo di trasformazione da conoscenza tacita ad esplicita, da The big myth, la capacità di trasportare la comunità

dall‟ambiente virtuale a quello fisico; infine, da The river city il sistema di ricerca collaborativa con la quale fa lavorare i discenti.

Saranno questi i tre componenti alla base dell‟idea di progetto: conversione da conoscenza tacita ad esplicita, lavoro in comunità ed indirizzo alla

ricerca.

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Comunità

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I.

È possibile potenziare le comunità di pratica già esistenti in facoltà per poter favorire lo scambio di informazioni e l‟esternalizzazione della conoscenza

tacita?

L‟ipotesi è la costruzione di una piattaforma, che offra la possibilità a discenti e docenti di condividere esperienze sul fare progettuale del design, dove è

possibile discutere ed allo stesso tempo fare ricerca. Il servizio crea un contesto dove i discenti sono incoraggiati a condividere la conoscenza.

Cosa succederebbe se nel Politecnico si inserisce una piattaforma dove poter raccogliere tutte le esperienze dei discenti, raccolta effettuata dai docenti

al termine di ogni laboratorio, e dove i discenti stessi possono mettersi in contatto con i propri colleghi, scambiandosi informazioni e conoscenze

acquisite e sviluppate durante il percorso formativo? Il servizio sposta l‟asse dall‟insegnamento all‟apprendimento, dal docente alla comunità dei

discenti, ed allarga sempre di più la comunità della facoltà dal mondo reale a quello fisico e viceversa.

Approccio

situato Esperienza

Conoscenza

tacita Apprendimento

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TITOLO: Comunità d‟esperienza

COMMITTENTE: Politecnico di Milano – Facoltà del Design

TARGET: Gli studenti di design sviluppano al loro interno conoscenza tacita circa il fare progettuale, che deriva dall‟approccio situato con la quale è

insegnata la disciplina. Nonostante facciano tutti parte della stessa comunità (quella dei discenti), hanno difficoltà ad esternalizzare e socializzare tali

conoscenze, perché non hanno alcun strumento od occasione per poterlo fare. Consideriamo la conoscenza tacita come un valore se condiviso è in

grado di aumentare la qualità dell‟apprendimento e del processo creativo. Tutti gli studenti possono essere considerati dei nativi digitali, in grado di

utilizzare a buon livello le ITC.

SCOPO: La costruzione di un circolo virtuoso, che a partire dalla conoscenza tacita, presente in ogni discente, sia condivisa in una comunità di

pratica e di apprendimento, in modo da favorire e creare nuove modalità e momenti di apprendimento, che se riapplicate dagli studenti, generino a

loro volta nuova conoscenza.

SINTESI DEL PROGETTO: Al concept richiesto non viene imposta alcuna forma specifica, può essere una piattaforma digitale e/o materiale, un nuovo

strumento di comunicazione, un nuovo supporto all‟insegnamento e apprendimento, un gioco, una associazione, ecc… Si richiede una soluzione in

grado di rispondere allo scopo sopra indicato: condivisione del valore della conoscenza in una comunità formata dai discenti, ed una soluzione che

possa essere serviziabile: ovvero dove siano ben descritti gli attori ed i loro ruoli, indicare i vantaggi e le motivazioni che ognuno di loro ha nel

partecipare al servizio e descriverne il busness model.

STIMOLI: comunità, social network, tecnologie, P2P, collaborative software, student youtube, wiki…

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SCOPO: Migliorare l‟esperienza di apprendimento del discente, creando nuove opportunità e canali

VALORI: 2.0, reputazione, discussione, ispirazione, migliorare la creatività

DESCRIZIONE: una piattaforma offerta dal Politecnico ai propri discenti, che li aiuta nel processo di apprendimento e che crea un‟esperienza più

completa dell‟essere discente. I principali strumenti all‟interno della piattaforma sono progettati per lo scambio di conoscenza sia tacita che esplicita, sia

quella contenuta a monte della produzione dell‟output, sia quella contenuta nei vari artefatti. I linguaggi utilizzati sono quelli che un discente usa durante

una sua giornata in facoltà: da quello informale con i suoi colleghi e quello più di forma con i docenti. Il diverso mix di questi tre fattori: conoscenza tacita

od esplicita, linguaggio più o meno formale, posizione della conoscenza, fase di ricerca ed analisi o produzione finale danno vita ai vari strumenti

contenuti nella piattaforma.

La piattaforma si compone dunque di sei sezioni, tre principali, con una forte carattere di interazione sociale, e le altre tre che hanno lo scopo di

completare l‟esperienza della vita del discente. Le sei sezioni saranno analizzate nel loro disegno una ad una, nelle slide successive. L‟apprendimento

condiviso principalmente è la conoscenza tacita che i discenti sviluppano durante i laboratori, e che difficilmente esternalizzano o si rendono coscienti di

possedere. Il valore principale offerto dalla piattaforma è quindi la conoscenza sviluppata dai discenti durante l‟uso dei vari strumenti a supporto delle

fasi progettuali. Gli altri ambienti hanno lo scopo di creare uno spazio di incontro tra i discenti, un luogo informale, dove poter parlare e scambiarsi

informazioni, ed uno formale, dove i singoli studenti mostrano i loro lavori finali.

ATTORI: La piattaforma è progettata per gli studenti, e i principali autori dei contenuti sono loro stessi. I docenti che sceglieranno quali sono i migliori

design process da pubblicare , e un gruppo interno al politecnico per la gestione del servizio informatico.

TECNOLOGIA: sito web: flash, HTML 5

PUNTI DI FORZA: piattaforma funzionale al processo di apprendimento degli studenti, dove l‟offerta è utile a tutti gli studenti , tanto quanto ad esterni.

La conoscenza viene trattata in tutte le sue forme: da quella tacita a quella evidente, per cui se una sezione della piattaforma si focalizza sugli artefatti

finali, un‟altra sezione si centra sulle fasi di design process, un insieme di conoscenze che sono di grande valore ma che non sono mai esplicitate.

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LATO UTENTE: il discente ha di fronte a sé l‟immagine di una cassetta degli attrezzi chiusa, con cinque cassetti: cassetto dell‟analisi, ideazione,

sviluppo, implementare, erogare16. Aprendo questo cassetto si a tutti gli strumenti di ogni fase, ad esempio, aprendo il cassetto dell‟analisi si trovano

strumenti come il focus group, le personas o le situated interwiev, e così via. Scegliendo uno di questi strumenti visualizza il suo utilizzo da parte di

alcuni suoi colleghi, che descrivono perché è stato scelto, come è stato usato e cosa hanno imparato utilizzando questo strumento nello specifico del

loro progetto, raccontando l‟utilizzo di questo strumento. L‟obiettivo di questa sezione è la condivisione di conoscenze e la narrazione circa l‟utilizzo di

un particolare strumento, tra i discenti stessi.

COSA C‟È DIETRO: in ogni laboratorio i docenti spiegano alcuni strumenti la realizzazione di un output finale. Alla fine del laboratorio il docente può

scegliere quali sono stati i casi migliori, in modo da pubblicarli sulla piattaforma. Consegna a loro un modulo virtuale, dove i discenti spiegano l‟uso dello

strumento e cosa hanno imparato, con immagini, testi e video. Lo inviano ai responsabili della piattaforma per la pubblicazione e condivisione del

materiale.

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COSA CAMBIA:

Le pratiche: durante il laboratorio il docente spiga quali sono gli strumenti da usare: moodboard, story board, system map, prototyping …, mostrando

alcuni esempi e la costruzione di essi. Ciò che si perde in questo processo è il come si è costruita quella determinata rappresentazione: le tecniche, gli

strumenti, le scelte e cosa si è appreso sia sul proprio percorso di progettazione che sullo strumento. Con questo strumento della piattaforma ciò che si

vuol far condividere è la conoscenza che si genera con l‟approccio situato, con il learning by doing, usando di volta in volta uno strumento diverso ed

imparando a gestirlo o migliorarlo.

I ruoli: il discente non è più solo una figura che riceve informazioni e attore che crea contenuti, ma riveste un ruolo attivo anche nel processo di

apprendimento, condividendo con i suoi compagni conoscenze sull‟uso dei vari strumenti e sul percorso progettuale.

Gli artefatti: in questa sezione il progetto finale non è considerato di valore, ciò che viene richiesto è la condivisione del processo creativo, quindi gli

output di ogni singola fase sono ritenuti carichi di conoscenza, che va condivisa per migliorarne l‟uso . Ciò non vuol dire che il prodotto non abbia valore,

ma in questa sezione l‟attenzione è più sulla conoscenza tacita del processo creativo, che su quella del prodotto finale, che si riferisce alla tecnologia ed

hai materiali fisici.

L‟esperienza: nel modello di apprendimento attuale è un mezzo di apprendimento, il learnig by doing si basa sulla pratica del fare. La condivisione

dell‟esperienza la connota come fonte di apprendimento non solo per il singolo ma anche per la comunità.

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LATO UTENTE: sono degli ambienti di discussione informale, lo scopo è di ricreare l‟atmosfera in coda alle vending machine, dove gli studenti si

scambiano informazioni su corsi, applicazioni, info varie sul design. Ogni studente che entra nella piattaforma e poi in questa sezione, trova tante

vending machine, tanti quanti sono i suoi laboratori, o i corsi che prevedono o vogliono un loro forum on-line. Il forum non si limita a i discenti di una sola

classe ma a tutti gli studenti delle varie sezioni che stanno frequentando lo stesso laboratorio, in modo da favorire la creazione di una community più

ampia. Inoltre un ambiente di discussione/informazione è disponibile per il comitato studenti che possono condividere le informazioni ed iniziative.

COSA C‟È DIETRO: il sistema informatico che indirizza il discende alle proprie aree di discussione, tutti i contenuti sono generati dai discenti stessi, che

possono interagire tra di loro come in una normale discussione, più le opportunità offerte dalla tecnologia, ovvero la possibilità di postare immagini, link,

presentazioni, ecc…

COSA CAMBIA:

I ruoli: i discenti, che in questo caso sono i principali attori, continueranno ad interagire tra loro come se fossero in concorrenza, ma si potranno

scambiare in grande comunità, nozioni di carattere tecnico ed informazioni generali sui corsi. Al discente viene offerta la possibilità di ricoprire un ruolo

più centrale nella vita di comunità del Politecnico.

L‟esperienza: grado di coinvolgimento maggiore grazie alla maggiore interazione con i colleghi.

L‟attività di ricerca: passa ora attraverso questo canale sociale, costruito interamente attorno alle necessità degli studenti del laboratorio, perché sono

loro che apportano i contenuti di loro interesse.

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LATO UTENTE: permette ai singoli discenti di mostrare i loro lavori, creando un portfolio on-line. Se nell‟area cassetta degli attrezzi l‟attenzione era

sugli strumenti del processo creativo, ciò che si mostra qui sono i prodotti finali, sia di industrial design, che comunicazione, interni o moda. Ogni

studente ha a disposizione degli strumenti per creare il suo portfolio on-line, e mostrarlo agli altri discenti e a tutta la comunità web. Può inserire testi,

immagini, video e personalizzare la pagina. Lo scopo è qui quello di imparare a raccontarsi e migliorare guardando i progetti degli altri.

COME FUNZIONA: questo è uno spazio i cui contenuti sono completamente generati dagli studenti, gli output di ogni corso e laboratorio sono qui

pubblicati dai discenti stessi, che decidono il se, il come e quando pubblicarli. Le dinamiche di interazione tra gli studenti sono quelle tipiche di un social

network, con possibilità di commenti, like e sottoscrizioni.

COSA CAMBIA:

L‟apprendimento: come entrare in una galleria di progetti che sono stati disegnati per uno stesso obiettivo, ovvero lo scopo di quel determinato

laboratorio. È uno stimolo alla creatività vedere come partendo da una stessa base si sono generate soluzioni diverse.

Stimoli creativi: vedere ciò che è stato fatto, come è stato fatto e quali cambiamenti sono in atto, possono essere fonti creative ad utilizzare materiali o

tecnologie, piuttosto che grafiche o tessuti, in modo nuovo, originale e più funzionale.

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Le altre tre sezioni inserite hanno lo scopo di creare una migliore esperienza dell‟essere studente.

CONCORSI: Sezione aggiornata su concorsi, bandi e gare. Notizie promosse dai committenti o addetti.

COSA FARE: La guida agli eventi di design, arte ed architettura di Milano od eventi importanti. Utile a ragazzi stranieri come ai residenti, li suggerisce a

guardare intorno al loro contesto. Eventi promossi dai chi li organizza.

RANDOM: Mostra un progetto a caso, preso dalla rete. È il giochino messo lì per rendere più divertente la piattaforma.

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1 Lave J., Wenger E., L'apprendimento situato, Dall'osservazione alla partecipazione attiva nei contesti sociali, Erickson, 2006

2 Nonaka I., Takeuchi H., The Knowledge Creating Company, Guerini e Associati, Milano 1997

3 Bianconi G. e Barabasi A., “Bose-Einstein Condensation in Complex Networks”, Physical Review Letters, vol.86 n.24, 2001.

4 J.E. Gordon, "The new science of strong materials", Penguin books

5 Polanyi M., La conoscenza inespressa, Armando, Roma 1979

6 Wenger E., Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Raffaello Cortina, Milano 2006.

7 M. P. Palmarini, Le scienze cognitive classiche: un panorama, Einaudi, Torino, 2008

8 Nonaka I. e Takeuchi H., “The Knowledge-Creating Company : How Japanese Companies Create the Dynamics of Innovation”, Oxford University

Press, New York, 1995.

9 Mariano Corso del Politecnico di Milano su www.osservatori.net

10 Wenger E., op. cit. 6

11 Bianchini, M., Le Comunità di Pratica favoriscono il Knowledge Management, iT Consult, 2006

12 Bianchini, M., La conoscenza tacita, iT Consult, 2002

13 Collins, H.M. "Tacit Knowledge, Trust and the Q of Sapphire" Social Studies of Science„, 2001

14 http://www.bigmyth.com/webpages/index.htm

15 http://muve.gse.harvard.edu/rivercityproject/

16 La scelta degli strumenti delle fasi progettuali è di Roberta Tassi, cordinatrice di Sevice Design Tools, dipartimento INDACO, Politecnico di Milano