Europa alla deriva

136
Poste italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70% /Roma/Aut. N° 140/2009 Trimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno VIII - n. 1 - gennaio/marzo 2013 - Euro 12 Direttore Adolfo Urso www.farefuturofondazione.it Europa alla deriva

description

Il nuovo numero di Charta Minuta

Transcript of Europa alla deriva

Page 1: Europa alla deriva

Nuova serie A

nno VIII - N

umero 1 - gennaio/m

arzo 2013E

uro

pa a

lla d

eriva

Farefuturo è una fondazione di cultura politica, studi e analisi sociali che si pone l’obiet-tivo di promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell’Occidente e far emergereuna nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della glo-balizzazione. Essa intende accrescere la consapevolezza del patrimonio comune, dicultura, arte, storia e ambiente, con una visione dinamica dell’identità nazionale, dellosviluppo sostenibile e dei nuovi diritti civili, sociali e ambientali e, in tal senso, svilupparela cultura della responsabilità e del merito a ogni livello.Farefuturo si propone di fornire strumenti e analisi culturali alle forze del centrodestraitaliano in una logica bipolare al fine di rafforzare la democrazia dell’alternanza, nelquadro di una visione europea, mediterranea e occidentale. Essa intende operare insinergia con le altre analoghe fondazioni internazionali, per rafforzare la comune idead’Europa, contribuire al suo processo di integrazione, affermare una nuova e vitalevisione dell’Occidente.La Fondazione opera in Roma, via Quirino Visconti 85. Èun’organizzazione aperta alcontributo di tutti e si avvale dell’opera tecnico-scientifica e dell’esperienza sociale eprofessionale del Comitato promotore e del Comitato scientifico. Il Comitato dei be-nemeriti e l’Albo dei sostenitori sono composti da coloro che ne finanziano l’attivitàcon donazioni private.

Presidente

Adolfo URSO urso@ farefuturofondazione.it

Segretario amministrativo

Rosario CANCILA [email protected]

Consiglio dei revisoriGianluca BRANCADORO, Giovanni LANZILLOTTA, Giuseppe PUTTINI

Consiglio di fondazioneRosario CANCILA, Federico EICHBERG, Ferruccio FERRANTI, Giancarlo LANNA, , Giancarlo ONGIS,

Pietro PICCINETTI, Gianmaria SPARMA, Adolfo URSO

Segreteria organizzativa fondazione FarefuturoVia Quirino Visconti 85, 00193 Roma - tel. 06 40044130 - fax 06 40044132

[email protected]

Mancano leadere visione

EDITORIALEDI ADOLFO URSO

Il caso Italia, con il successo di Grillo, rischia di affondare l’Euro-pa, già alla deriva per errori propri e di coloro che ne hanno laguida, Germania e Francia in testa. I risultati elettorali, giuntimentre andiamo in stampa, confermano purtroppo l’analisi chesviluppiamo in questo fascicolo sull’assenza in Europa di un lea-der e di una visione, cioè di un progetto comune e condiviso, ca-pace di indicare ai popoli la via d’uscita dal tunnel in cui siamofiniti. In Italia, ciò ha pregiudicato il successo, fin troppo annun-ciato, della “vecchia sinistra”di Bersani e affossato le ambizioni,smisuratequanto infondate, di Monti e dei suoi alleati. La rimon-ta, clamorosa, di Berlusconi ne sottolinea le sue qualità carismati-che, piaccia o non piaccia, fondate anche sulla ritrosia degli italia-ni nei confronti della sinistra. Speriamo che la politica trovi una via d’uscita e indichi la stradadelle riforme, che non sono necessariamente quelle che l’eurobu-rocrazia monetaria ci vorrebbe imporre. Altrimenti, saranno tem-pi drammatici per noi e per l’Europa.La nostra Unione, peraltro, si è per troppo lungo tempo crogiola-ta sul suo superato e compassato modello, sorda ad ogni realecambiamento a fronte di una globalizzazione che ha imposto tem-pi diversi e nuovi protagonisti. Innanzi tutto la Cina accanto agli

Usa, che delineano in tutta evidenza unnuovo bipolarismo mondiale. Stati Uniti eCina sono entrati nel 2013 con una forteleadership. l’Europa assolutamente no, comedimostra, purtroppo, l’intesa sul nuovo bi-lancio dell’Unione, di bassissimo profilo e

in buona parte rinunciataria, fatta di tagli senza progetto, di con-tenimento senza crescita, meramente contabile e conservatrice. Lariconferma di Obama, con un risultato superiore alle aspettative,consente agli Stati Uniti di guardare con più fiducia al futuro eanche la recente decisione sul loro bilancio e quella ancor piu si-gnificativa sulla sanatoria per undici milioni di immigrati sonosegnali importanti per chi vuol intendere. La Cina, dal canto suo,ha insediato una forte leadership con il congresso di fine anno cheha eliminato la nuova “guardia rossa” di Bo Xi Lai e consegnatotutto il potere a Xi Jinping, il quale per la prima volta nella fasidi passaggio assomma da subito sia la carica di segretario del Pccsia quella di responsabile delle forze armate. Il che la dice lungasulla volontà della nuova leadership di agire subito e con assolutaautorevolezza. E ciò mentre i grandi contendenti asiatici, India eGiappone soffrono, come l’Europa, di carenza di leadership e di as-senza di visione.

Poste italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70%

/Rom

a/Aut. N

°140/2009

Trimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno VIII - n. 1 - gennaio/marzo 2013 - Euro 12

Direttore Adolfo Urso

www.farefuturofondazione.i t

Europaalla deriva

Il successo di Grilloultimo giro per l’Europa.Solo le riforme possonosalvare l’Italia

Page 2: Europa alla deriva

APPUNTAMENTI

Direttore Adolfo Urso [email protected]

Direttore responsabile Pietro [email protected]

Collaboratori:Roberto Alfatti Appetiti, Giovanni Basini,Stefano Basilico, Rodolfo Bastianelli, Si-mona Bottoni, Luciano Capone, RosalindaCappello, Pasquale Giordano, Silvia Grassi,Matteo Laruffa, Giuseppe Mancini, MatteoMannello, Cecilia Moretti, Alessandro Mu-lieri, Giuseppe Pennisi, Paolo Quercia, An-tonio Rapisarda, Giampiero Ricci, AdrianoScianca, Francesca Siciliano, Angelica Stra-mazzi, Bruno Tiozzo, Michele Trabucco, Ca-terina Zanirato.

Direzione e redazioneVia Quirino Visconti, 85 - 00193 RomaTel. 06/40044130 - Fax 06/40044132 E-mail: [email protected]

Segreteria di [email protected]

Grafica ed impaginazioneGiuseppe Proia

Editrice Charta s.r.l.Abbonamento annuale € 60, sostenitore da €200Versamento su c.c. bancario , Iban IT88X0300205066000400800776intestato a Editrice Charta s.r.l. -C.c. postale n. 73270258Registrazione Tribunale di Roma N. 419/06

Amministratore unicoSilvia Rossi

TipografiaTipografica-Artigiana s.r.l. - Roma

Ufficio abbonamentiDomenico Sacco

www.farefuturofondazione.i t

www.chartaminuta.it

WASHINGTONTaking the long view: Strategies forpeacetime competition with China.Gli Stati Uniti e la Cina sono destinatiad essere avversari?Oppure il loro rap-porto si evolverà in una partnership del21° secolo? Il membro del Congresso.J.Randy Forbes affronterà tali tem-atiche in un discorso presso l'AmericanEnterprise Institute (Aei). A seguire, al-cuni autori del libro "CompetitiveStrategies in the 21st Century: Theory,History, and Practice" continueranno ladiscussione.Martedì 5 marzo

BRUXELLESDemography and Immigration: PoliticalImplications 2020La European Ideas Network (EIN) pro-muove il seminario, alla presenza deiprincipali think tank del Ppe, per dis-cutere circa il cambiamento de-mografico e le sue implicazioni sociali epolitiche negli Stati membri europei.Nel corso del seminario saranno appro-fonditi gli aspetti della mobilità e dellacrescita dell’immigrazione, che rappre-sentano il fenomeno di maggiore im-portanza dell’ultimo ventennio.Lunedì 4 marzo

BUCARESTOne World Romania 2013 - Interna-tional Human Rights Documentary FilmLa Konrad Adenauer Stiftung è partnerdella sesta edizione del Festival suidiritti umani in Romania nel corso delquale verranno proiettati 50 nuovi doc-umentari divisi in varie sezioni tem-atiche: la discriminazione in tutte le sueforme, lo stato di diritto, la propagandae la disinformazione. A margine delleproiezioni si terranno seminari e dibat-titi.Da lunedì 11 a domenica 17 marzo

WASHINGTONUnited States of ... America, or Europe?Partendo dal famoso discorso di Mar-garet Tatcher a Burges del 1988, la Her-itage Foundation e Charles Moore(giornalista e biografo autorizzato dellaTatcher) si interrogheranno sulle prob-lematiche dell'Eurozona e sul supportostatunitense all'Unione europa.Mercoledì 6 marzo

ROMAIl contesto internazionale nella fasedella seconda guerra fredda.A partire dal 12 marzo, la FondazioneKonrad Adenauer in collaborazione conle università Lumsa e Luspio di Roma,organizza un ciclo di conferenze sullapolitica internazionale dell' Italia e dellaGermania negli anni '80.Martedì 12 marzo

BRUXELLESWorking Group Enlargement & Neigh-bourhoodLa Commissione Europea promuove unSeminario in cui si discuterà del ruolofuturo delle fondazioni politiche comeagenti promotori della politica dell'al-largamento alla luce del contesto sociopolitico attuale.Mercoledì 6 e giovedì 7 marzo

ISTANBULSME Summit- New Markets and Oppor-tunities for SMEsIl Convegno Organizzato dalla Fon-dazione Konrad Adenauer affronterà letematiche relative alle opportunità perle piccole e medie imprese e ai nuovimercati di sbocco.Mercoledì 20 marzo

Mancano leader e visione ADOLFO URSO - EDITORIALE

Il centrodestra non è populista, ma serve un programma - 2INTERVISTA a GIANNI ALEMANNI di Francesca Siciliano

L’Europa è la nostra oppurtunità del futuro - 8INTERVISTA a FRANCO FRATTINI di Carla Russo

Germania al voto, ma per una grande coalizione - 16STEFAN VON KEMPIS

Dalla Primavera all’Inverno arabo - 26EMMA BONINO

Ad Obama 4 anni duri, alla Cina maggior potere - 36ALAN FRIEDMAN

Obama deve fare in fretta per cambiare l’America - 44ALBERTO PASOLINI ZANELLI

Gli Stati Uniti sono ancora il faro della democrazia - 52ANGELICA STRAMAZZI

Il modello cinese affronterà meglio le sfide globali - 60INTERVISTA a GIANNI DE MICHELIS di Cecilia Moretti

Il “sogno cinese” vive con Xi Jinping - 68ELISA BORGHI

Il drago rosso come modello globale - 76FRANCESCO D’ARELLI

Büyük Millet, Büyük Güç - 84GIUSEPPE MANCINI

SOMMARIONUOVA SERIE ANNO VIII - NUMERO 1 - GENNAIO/MARZO 2013

La Turchia può essere il faro per il futuro - 92INTERVISTA a HAKKY AKIL di Fabiana Tonna

Erdogan: il simbolo della grandeur ottomana - 100STEFANO BASILICO

Gli italo-levantini e le loro storie - 108GIUSEPPE MANCINI

STRUMENTI

IL PROGETTO CONFINDUSTRIA PER L’ITALIA: CRESCERE SI PUÒ , SI DEVE - 116

UNIONE POLITICA O FUORI DALLA STORIAPER L’EUROPA È L'ULTIMA OCCASIONE - 118

LA VISIONE DI PAMUK TRA EUROPA E TURCHIA - 224

Europa alla deriva

Page 3: Europa alla deriva

APPUNTAMENTI

Direttore Adolfo Urso [email protected]

Direttore responsabile Pietro [email protected]

Collaboratori:Roberto Alfatti Appetiti, Giovanni Basini,Stefano Basilico, Rodolfo Bastianelli, Si-mona Bottoni, Luciano Capone, RosalindaCappello, Pasquale Giordano, Silvia Grassi,Matteo Laruffa, Giuseppe Mancini, MatteoMannello, Cecilia Moretti, Alessandro Mu-lieri, Giuseppe Pennisi, Paolo Quercia, An-tonio Rapisarda, Giampiero Ricci, AdrianoScianca, Francesca Siciliano, Angelica Stra-mazzi, Bruno Tiozzo, Michele Trabucco, Ca-terina Zanirato.

Direzione e redazioneVia Quirino Visconti, 85 - 00193 RomaTel. 06/40044130 - Fax 06/40044132 E-mail: [email protected]

Segreteria di [email protected]

Grafica ed impaginazioneGiuseppe Proia

Editrice Charta s.r.l.Abbonamento annuale € 60, sostenitore da €200Versamento su c.c. bancario , Iban IT88X0300205066000400800776intestato a Editrice Charta s.r.l. -C.c. postale n. 73270258Registrazione Tribunale di Roma N. 419/06

Amministratore unicoSilvia Rossi

TipografiaTipografica-Artigiana s.r.l. - Roma

Ufficio abbonamentiDomenico Sacco

www.farefuturofondazione.i t

www.chartaminuta.it

WASHINGTONTaking the long view: Strategies forpeacetime competition with China.Gli Stati Uniti e la Cina sono destinatiad essere avversari?Oppure il loro rap-porto si evolverà in una partnership del21° secolo? Il membro del Congresso.J.Randy Forbes affronterà tali tem-atiche in un discorso presso l'AmericanEnterprise Institute (Aei). A seguire, al-cuni autori del libro "CompetitiveStrategies in the 21st Century: Theory,History, and Practice" continueranno ladiscussione.Martedì 5 marzo

BRUXELLESDemography and Immigration: PoliticalImplications 2020La European Ideas Network (EIN) pro-muove il seminario, alla presenza deiprincipali think tank del Ppe, per dis-cutere circa il cambiamento de-mografico e le sue implicazioni sociali epolitiche negli Stati membri europei.Nel corso del seminario saranno appro-fonditi gli aspetti della mobilità e dellacrescita dell’immigrazione, che rappre-sentano il fenomeno di maggiore im-portanza dell’ultimo ventennio.Lunedì 4 marzo

BUCARESTOne World Romania 2013 - Interna-tional Human Rights Documentary FilmLa Konrad Adenauer Stiftung è partnerdella sesta edizione del Festival suidiritti umani in Romania nel corso delquale verranno proiettati 50 nuovi doc-umentari divisi in varie sezioni tem-atiche: la discriminazione in tutte le sueforme, lo stato di diritto, la propagandae la disinformazione. A margine delleproiezioni si terranno seminari e dibat-titi.Da lunedì 11 a domenica 17 marzo

WASHINGTONUnited States of ... America, or Europe?Partendo dal famoso discorso di Mar-garet Tatcher a Burges del 1988, la Her-itage Foundation e Charles Moore(giornalista e biografo autorizzato dellaTatcher) si interrogheranno sulle prob-lematiche dell'Eurozona e sul supportostatunitense all'Unione europa.Mercoledì 6 marzo

ROMAIl contesto internazionale nella fasedella seconda guerra fredda.A partire dal 12 marzo, la FondazioneKonrad Adenauer in collaborazione conle università Lumsa e Luspio di Roma,organizza un ciclo di conferenze sullapolitica internazionale dell' Italia e dellaGermania negli anni '80.Martedì 12 marzo

BRUXELLESWorking Group Enlargement & Neigh-bourhoodLa Commissione Europea promuove unSeminario in cui si discuterà del ruolofuturo delle fondazioni politiche comeagenti promotori della politica dell'al-largamento alla luce del contesto sociopolitico attuale.Mercoledì 6 e giovedì 7 marzo

ISTANBULSME Summit- New Markets and Oppor-tunities for SMEsIl Convegno Organizzato dalla Fon-dazione Konrad Adenauer affronterà letematiche relative alle opportunità perle piccole e medie imprese e ai nuovimercati di sbocco.Mercoledì 20 marzo

Mancano leader e visione ADOLFO URSO - EDITORIALE

Il centrodestra non è populista, ma serve un programma - 2INTERVISTA a GIANNI ALEMANNI di Francesca Siciliano

L’Europa è la nostra oppurtunità del futuro - 8INTERVISTA a FRANCO FRATTINI di Carla Russo

Germania al voto, ma per una grande coalizione - 16STEFAN VON KEMPIS

Dalla Primavera all’Inverno arabo - 26EMMA BONINO

Ad Obama 4 anni duri, alla Cina maggior potere - 36ALAN FRIEDMAN

Obama deve fare in fretta per cambiare l’America - 44ALBERTO PASOLINI ZANELLI

Gli Stati Uniti sono ancora il faro della democrazia - 52ANGELICA STRAMAZZI

Il modello cinese affronterà meglio le sfide globali - 60INTERVISTA a GIANNI DE MICHELIS di Cecilia Moretti

Il “sogno cinese” vive con Xi Jinping - 68ELISA BORGHI

Il drago rosso come modello globale - 76FRANCESCO D’ARELLI

Büyük Millet, Büyük Güç - 84GIUSEPPE MANCINI

SOMMARIONUOVA SERIE ANNO VIII - NUMERO 1 - GENNAIO/MARZO 2013

La Turchia può essere il faro per il futuro - 92INTERVISTA a HAKKY AKIL di Fabiana Tonna

Erdogan: il simbolo della grandeur ottomana - 100STEFANO BASILICO

Gli italo-levantini e le loro storie - 108GIUSEPPE MANCINI

STRUMENTI

IL PROGETTO CONFINDUSTRIA PER L’ITALIA: CRESCERE SI PUÒ , SI DEVE - 116

UNIONE POLITICA O FUORI DALLA STORIAPER L’EUROPA È L'ULTIMA OCCASIONE - 118

LA VISIONE DI PAMUK TRA EUROPA E TURCHIA - 224

Europa alla deriva

Page 4: Europa alla deriva

Nuova serie A

nno VIII - N

umero 1 - gennaio/m

arzo 2013E

uro

pa a

lla d

eriva

Farefuturo è una fondazione di cultura politica, studi e analisi sociali che si pone l’obiet-tivo di promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell’Occidente e far emergereuna nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della glo-balizzazione. Essa intende accrescere la consapevolezza del patrimonio comune, dicultura, arte, storia e ambiente, con una visione dinamica dell’identità nazionale, dellosviluppo sostenibile e dei nuovi diritti civili, sociali e ambientali e, in tal senso, svilupparela cultura della responsabilità e del merito a ogni livello.Farefuturo si propone di fornire strumenti e analisi culturali alle forze del centrodestraitaliano in una logica bipolare al fine di rafforzare la democrazia dell’alternanza, nelquadro di una visione europea, mediterranea e occidentale. Essa intende operare insinergia con le altre analoghe fondazioni internazionali, per rafforzare la comune idead’Europa, contribuire al suo processo di integrazione, affermare una nuova e vitalevisione dell’Occidente.La Fondazione opera in Roma, via Quirino Visconti 85. Èun’organizzazione aperta alcontributo di tutti e si avvale dell’opera tecnico-scientifica e dell’esperienza sociale eprofessionale del Comitato promotore e del Comitato scientifico. Il Comitato dei be-nemeriti e l’Albo dei sostenitori sono composti da coloro che ne finanziano l’attivitàcon donazioni private.

Presidente

Adolfo URSO urso@ farefuturofondazione.it

Segretario amministrativo

Rosario CANCILA [email protected]

Consiglio dei revisoriGianluca BRANCADORO, Giovanni LANZILLOTTA, Giuseppe PUTTINI

Consiglio di fondazioneRosario CANCILA, Federico EICHBERG, Ferruccio FERRANTI, Giancarlo LANNA, , Giancarlo ONGIS,

Pietro PICCINETTI, Gianmaria SPARMA, Adolfo URSO

Segreteria organizzativa fondazione FarefuturoVia Quirino Visconti 85, 00193 Roma - tel. 06 40044130 - fax 06 40044132

[email protected]

Mancano leadere visione

EDITORIALEDI ADOLFO URSO

Il caso Italia, con il successo di Grillo, rischia di affondare l’Euro-pa, già alla deriva per errori propri e di coloro che ne hanno laguida, Germania e Francia in testa. I risultati elettorali, giuntimentre andiamo in stampa, confermano purtroppo l’analisi chesviluppiamo in questo fascicolo sull’assenza in Europa di un lea-der e di una visione, cioè di un progetto comune e condiviso, ca-pace di indicare ai popoli la via d’uscita dal tunnel in cui siamofiniti. In Italia, ciò ha pregiudicato il successo, fin troppo annun-ciato, della “vecchia sinistra”di Bersani e affossato le ambizioni,smisuratequanto infondate, di Monti e dei suoi alleati. La rimon-ta, clamorosa, di Berlusconi ne sottolinea le sue qualità carismati-che, piaccia o non piaccia, fondate anche sulla ritrosia degli italia-ni nei confronti della sinistra. Speriamo che la politica trovi una via d’uscita e indichi la stradadelle riforme, che non sono necessariamente quelle che l’eurobu-rocrazia monetaria ci vorrebbe imporre. Altrimenti, saranno tem-pi drammatici per noi e per l’Europa.La nostra Unione, peraltro, si è per troppo lungo tempo crogiola-ta sul suo superato e compassato modello, sorda ad ogni realecambiamento a fronte di una globalizzazione che ha imposto tem-pi diversi e nuovi protagonisti. Innanzi tutto la Cina accanto agli

Usa, che delineano in tutta evidenza unnuovo bipolarismo mondiale. Stati Uniti eCina sono entrati nel 2013 con una forteleadership. l’Europa assolutamente no, comedimostra, purtroppo, l’intesa sul nuovo bi-lancio dell’Unione, di bassissimo profilo e

in buona parte rinunciataria, fatta di tagli senza progetto, di con-tenimento senza crescita, meramente contabile e conservatrice. Lariconferma di Obama, con un risultato superiore alle aspettative,consente agli Stati Uniti di guardare con più fiducia al futuro eanche la recente decisione sul loro bilancio e quella ancor piu si-gnificativa sulla sanatoria per undici milioni di immigrati sonosegnali importanti per chi vuol intendere. La Cina, dal canto suo,ha insediato una forte leadership con il congresso di fine anno cheha eliminato la nuova “guardia rossa” di Bo Xi Lai e consegnatotutto il potere a Xi Jinping, il quale per la prima volta nella fasidi passaggio assomma da subito sia la carica di segretario del Pccsia quella di responsabile delle forze armate. Il che la dice lungasulla volontà della nuova leadership di agire subito e con assolutaautorevolezza. E ciò mentre i grandi contendenti asiatici, India eGiappone soffrono, come l’Europa, di carenza di leadership e di as-senza di visione.

Poste italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70%

/Rom

a/Aut. N

°140/2009

Trimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno VIII - n. 1 - gennaio/marzo 2013 - Euro 12

Direttore Adolfo Urso

www.farefuturofondazione.i t

Europaalla deriva

Il successo di Grilloultimo giro per l’Europa.Solo le riforme possonosalvare l’Italia

Page 5: Europa alla deriva

gli ostacoli frapposti dall’architettura europea, del tutto inade-guata, e dal risorgere preponderante degli interessi nazionali in unavisione miope priva di prospettive. Il grave errore fu commesso quan-

do si scelse un esponente debole di un paesedebole quale primo presidente stabile delconsiglio europeo, invece che un vero leadercapace di visione come Blair o Aznar. Glistati, soprattutto Germania e Francia, prefe-

rirono confermare Barroso presidente della Commissione, anch'eglileader debole di un paese debolissimo e marginale come il Portogal-lo, e nominare appunto il belga Van Rumpoy sconosciuto ai più. Ilrisultato è una sommatoria di debolezze che impedisce di assumeredecisioni forti e tempestive. Solo Mario Draghi e riuscito sinora a farpesare una istituzione europea. Insomma, per parafrasare una canzo-netta un po' idiota..meno male che Mario c'è...Il Ppe ha cercato in questi anni di sostituirsi alle istituzioni europeema di mera supplenza si tratta in mancanza delle riforme che necessi-tano ma che nessuno riesce davvero a realizzare, nemmeno a pro-grammare. È già qualcosa ma non basta. Questa presenza politica eriuscita a tamponare la falla greca, con un governo di coalizione gui-dato dai popolari che sta imponendo duri ma necessari sacrifici, è riu-scita a dare un governo a Portogallo e Spagna che comunque hannoevitato il peggio e a tamponare per un anno la crisi italiana con ilcommissario Monti e il suo governo tecnico, i cui risultati sono perodisastrosi sul piano sociale ed economico.L'Italia è diventata il male d'Europa. Priva com’é di una forza chepossa davvero esprimere la rappresentanza delle forze moderate e ri-formiste, sociali ed economiche. Significativo è lo smarrìmento dellaChiesa cattolica e dei ceti produttivi del paese che hanno perso il lo-

ro riferimento. Necessita assolutamenteriempire questo vuoto, che le attuali forze incampo si contendono senza successo e senzalegittimità.Diciamolo con franchezza ma senza risenti-

menti. Hanno annientato la destra riformista, popolare, europea. De-pennata dalle liste nell'ultima notte con un tratto di penna. Ma il bi-sogno, meglio l'assenza di una rappresentanza popolare che negli al-tri paesi si esprime nel Ppe, emerge in tutta evidenza. Non può esse-re espressa da un Centro che guarda solo a sinistra e il risultato di Ca-sini e Fini è di tutta evidenza, non si può esprimere più nel Pdl o,meglio, in quel che resta, ricondotto a partito padronale, nè purtrop-po tanto meno nei residui, rispettabili ma marginali, delle nuove evecchie destre. Quest'area esiste e va rappresentata, serve all'Itala peravere un suo progetto europeo, serve all'Europa per non ridursi aduna mera “Grande Germania”. Tocca alle nuove generazioni realiz-zarla e in pochi mesi. Noi daremo il nostro contributo, come semprea partire dalle idee.

1

Sono stati tagliatii fondi per l’innovazionee le infrastrutture, i veri cardini del futuro

Ha vinto la politicatedesca con un’Europapiù austera e con meno crescita e sviluppo

Page 6: Europa alla deriva

Per il sindaco di Roma Capitale,Gianni Alemanno, il centrodestradeve ripartire trovando la forza,le potenzialità e le risorse da sfut-tare per riconquistare credibilitàagli occhi degli elettori e met-tendo in campo, in primis, unaproposta di governo chiara, effi-cace e concreta. Ma attenzione: lesvolte puramente identitarie nonservono, sarebbe inutile al giornod’oggi parlare solo a una parte dielettori. Il popolo del centrode-stra va coinvolto, tutto. Parla an-che di Europa, che così com’èstrutturata oggi potrebbe nonpiacere; ma l’Italia non può pre-scinderne, deve rimanere all’in-

terno dell’Ue cercando di cam-biare ciò che non va bene e dandouna personale e più significativaimpronta. Quasi al termine del suo primomandato in Campidoglio e conuna campagna elettorale che siaprirà tra poche settimane (e cheverrà condotta senza esclusione dicolpi), il sindaco ripercorre i trat-ti salienti del suo governo capito-lino, parla degli errori commessinella fase iniziale del suo manda-to e traccia le linee guida deiprogetti che avvierà nel suo pos-sibile bis. E se la riconquista delCampidoglio dovesse fallire? Re-sterebbe a Roma: «L’ipotesi del

Bisogna riconquistare la credibilità degli elettori,ma per fare questo il polo moderato deve fareuna proposta di governo seria ed efficiente in gradodi risolvere i problemi dell’Italia. Per ridurrela distanza tra politica e società reale il cittdinodeve essere più coinvolto nella fase decisionale.

IL CENTRODESTRA NON È POPULISTA, MA SERVE UN PROGRAMMA

intervista a GIANNI ALEMANNOdi FRANCESCA SICILIANO

Il bilancio del sindaco di Roma

2

Page 7: Europa alla deriva

3

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni Alemanno

Page 8: Europa alla deriva

4

“posto sicuro” alla Camera l’hoscartata fin da subito».

Spacchettamento del centrodestra. Co-sa ne pensano gli elettori?Il problema non è quello di“spacchettare” quanto quello delPdl in generale. In questo sensocredo che gli elettori ci chiedanoun elevato e adeguato grado diidentità e di valori, unito a unprogetto di governabilità che siaaltamente credibile. Il problemadi fondo, dunque, non mi sembrasia tanto nel Pdl unito o “spac-chettato”: anche a fronte di unadivisione, come poi è avvenuto,bisogna capire qual è la propostaseria presentata e portata avantitutti insieme: agli elettori pocointeressa quanti sono i partiti,puchè ci siano risposte concrete eun progetto reale e pragmatico digoverno che il nostro schieramen-to mette in campo.

Il centrodestra troverà la forza per ri-partire, per costruire questa propostachiara ed efficace?La forza si trova affrontando di-versi temi. Nonostante l’“emer-genza” politica ormai siamo a ri-dosso delle elezioni e dobbiamoaffrontarle nel migliore dei modi.È necessario, dunque, fare unagrande riflessione che ci permettadi rifocalizzare l’attenzione sullenecessità di un centrodestra mo-derno, legato alla tradizione e al-l’identità italiana, per capire qualè la strada in grado di traghettareil centrodestra fuori dalla crisi.

Dal 38% al 15%: cosa non ha funziona-to nel Pdl?

Il Libro

Dopo quattro anni di governo, lascorsa primavera, il sindaco GianniAlemanno ha voluto festeggiare laprima fase del suo mandato pre-sentando, insieme agli assessoridella giunta capitolina, il suo libro”bianco”, in cui ha riassunto tuttele tappe del suo lavoro in Campi-doglio.Un testo che a breve potrebbe ar-ricchirsi di altre duecento pagineper raccontare questo ultimo annoprima della nuova sfida elettoraleprevista il prossimo giugno. Bilancio in equilibrio, riforma diRoma Capitale, commercio, cultu-ra, centro storico, piano strategicodi svilupo, lavori pubblici, mobilità,personale, sicurezza, famiglia escuola, sociale, sport, ambiente,grandi eventi: sono questi i temiprincipali del libro. «Non dobbiamoinventarci nulla perchè abbiamocreato una enorme massa di pro-getti», ha sostenuto Alemanno nelcorso della presentazione. Poi haaggiunto: «Dico a tutti i cittadini,anche attraverso Twitter, Facebook,lettere e telefonate – disse Ale-manno nel corso della presentazio-ne – che se vogliono posso venire apresentare questo libro a casa loro:io e i miei assessori verremo nellevostre case, se ci invitate, perchèvoglio farvi realmente conoscerequello che è stato fatto dalla nostraamministrazione nei suoi primiquattro anni».

Il volume dei “fatti”della giunta Alemanno

Page 9: Europa alla deriva

5

L’esperienza di governo è statavulnerata dalla scissione perpe-trata da Gianfranco Fini: è chiaroche dal quel momento in poi ilprogetto del Pdl ha perso moltis-sima credibilità. Non credo, tut-tavia, che arriveremo alle elezionirimanendo al 15%, a mio avvisoraggiungeremo almeno il 20%.Chiaramente questa fase partico-larmente difficile – aperta da Fi-ni, lo ribadisco – pesa molto sul-la vita del centrodestra. A mioavviso, subito dopo quel 14 di-cembre, sarebbe stato opportunotornare alle urne.

Come mai non ha aderito al nuovo parti-to degli “ex An” con La Russa e Meloni?Semplicemente perchè non credopiù in un’idea “solo” di destra,anche se provengo dal Msi e sonosempre stato un uomo di destra.Per costituire un soggetto politi-co credo sia necessario riuscire aparlare a tutto il centrodestra, inmaniera più ampia: solo così riu-sciremo a fare un ragionamentoarticolato e in grado di risponde-re realmente e in maniera efficacealle esigenze del nostro Paese.Non credo che la strada giusta siaquella di collocarsi a una svoltapuramente identitaria e in unpartito solo di destra.

Europa: così com’è concepita oggi lepiace?In primo luogo credo sia necessa-rio capire quali sono le compati-bilità di governo. Poi è necessariomettere insieme gli ideali, i valo-ri e le identità con un realismoche porti a creare un progetto digoverno concreto. Quindi, la do-

manda da porci non è se l’Europacosì com’è strutturata oggi cipiace, perchè è legittimo chel’Europa concepita in questo mo-do, ancora molto tecnocratica,possa non piacere. La domandada farci è un’altra: c’è una solu-zione attiva per risolvere questoproblema nell’Ue? Qual è la so-luzione migliore? Quale stradavogliamo far percorrere all’Italia?La politica diventa realistica e digovernabilità quando, in base aivalori e ai principi di orienta-mento, fa scelte proponendo so-luzioni concrete. Questa Europaha molti difetti, non lo si può ne-gare, ma non esiste un’alternativavalida per l’Italia rispetto a quel-la di rimanere in questa Europa,sforzandosi il più possibile di mi-gliorarla e integrarla con i suoiideali.

Siamo quasi alla fine del suo mandatoin Campidoglio, possiamo fare un bi-lancio?In questi cinque anni abbiamosalvato Roma: non voglio usaretermini più soft, dal momentoche quando mi sono insediato(nel 2008, ndr) prima è emersoun enorme buco di bilancio deri-vato dalla precedente ammini-strazione, poi si è aggiunta la cri-si economica e finanziaria che haimposto pesantissimi tagli, ilconsueguente Patto di Stabilitàche ha bloccato gli investimen-ti... in pratica una situazione diestrema difficoltà. Nonostantetutto, però, siamo riusciti a man-tenere attivi tutti i servizi, abbia-mo difeso la sfera sociale riuscen-do a mantenere tutti i fondi de-

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni Alemanno

Page 10: Europa alla deriva

stinati al sociale e a gettare le ba-si per importanti progetti che,nonostante non siano ancora staticompletati perchè i tempi buro-cratici solo lunghissimi a livellonazionale, sono comunque in fasedi arrivo. Ci tengo a sottolineare,inoltre, che tutti i piani prece-dentemente messi in cantiere so-no stati portati a termine nono-stante la carenza di fondi: alla fi-ne del mio mandato ci sarà un40% di metropolitane in più,numerose infrastrutture che pri-ma non c’erano, sarà completatala nuvola di Fuksas del NuovoCentro Congressi. Il mio bilan-cio, nel complesso, è estrema-mente positivo considerando lasituazione non semplice in cuiabbiamo operato. È inutile giu-dicare Roma paragonandola aZurigo o a Oslo, la nostra Capi-tale ha delle dinamiche comple-tamente diverse. Posso solo riba-dire che rispetto a come la abbia-mo ereditata dalla precedenteamministrazione il successo è de-cisamente notevole.

Di cosa va più orgoglioso?Senza dubbio di essere riuscito asalvare la sostenibilità economicadel Comune. Se non ci fossimostati noi avremmo rischiato il de-fault, un problema gravissimoper i romani e una vergogna peril nostro Paese.

Cosa si rimprovera?Mi rimprovero di non aver acce-lerato al massimo sulla disconti-nuità, su tutte quelle eredità,quelle situazioni problematichericevute dal passato, che avrem-

mo dovuto tagliare in manierapiù drastica e radicale fin da su-bito. L’abbiamo fatto dove eraevidente che andasse fatto, ma lofaremo ancora.

Se verrà riconfermato quali saranno iprimi provvedimenti che metterà incantiere?Intendo innanzitutto modificareil regolamento comunale chepermetterà, così, di prendere de-cisioni in Consiglio comunalesenza sottostare all’ostruzionismodella sinistra. L’opposizione nelcorso di questi anni ha bloccatoper moltissimi mesi alcuni prov-vedimenti essenziali per Romache sono stati rallentati, provo-cando così delle inefficienze im-portanti alla città e ai romani.Poi vorrei realizzare un profondocambiamento nel settore dellamobilità, che dovrà trasformarsida un piano di metropolitane inun grande piano di trasportopubblico locale di superficie:dobbiamo concentrare le energieal massimo per moltiplicare trame autobus, senza farci drenaretutte le risorse disponibili dallemetropolitane. Altro tema sulquale intendiamo lavorare è ilwaterfront di Ostia, il nuovo poloturistico di Roma Capitale, e lapedonalizzazione del centro sto-rico.

Chi sarebbe il suo sfidante ideale nellacorsa al Campidoglio?Vediamo un po’... (ride)...SabrinaFerilli?!

Se la riconquista di Roma fallisse cosafarebbe?

6

Page 11: Europa alla deriva

Continuerò a servire la mia cittàcome ho già fatto in passato (dal2006 al 2008 durante il manda-to di Veltroni è stato consiglieredi opposizione al comune di Ro-ma, ndr). Sono un uomo che siimpegna e che vede la politicacome una missione a prescinderedagli incarichi. Continuerò a fa-re il mio lavoro restando inCampidoglio, magari facendo ilconsigliere comunale di opposi-zione, ma resterò a Roma, que-sto è indubbio.

E il “posto sicuro” alla Camera?È un’ipotesi che ho scartato finda subito.

7

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni Alemanno

francesca siciliano

Laureata in Scienze politiche, collabora con

FareitaliaMag e Il Secolo d’Italia.

L’Autore

gianni alemanno

Nato a Bari nel 1958, Giovanni Aleman-

no è sindaco di Roma dal 2008. Militan-

te del Msi fin da giovane, sigla il suo ap-

poggio definitivo al partito sposandosi

con Isabella Rauti, figlia dell'esponente

storico Pino Rauti. Tra i protagonisti del-

la “svolta di Fiuggi”, che porta allo scio-

glimento del Msi ed alla creazione di Al-

leanza Nazionale, viene eletto alla Ca-

mera per la prima volta nel 1994. Nel

2001 consegue la laurea in ingegneria

dell’ambiente e del territorio all’universi-

tà di Perugia, titolo che gli sarà utile

successivamente in qualità di Ministro

delle Politiche Agricole e Forestali nei

governi Berlusconi II e III (2001-2006).

Sconfitto alle elezioni comunali di Roma

nel 2006, riesce ad arrivare al Campido-

glio soltanto due anni più tardi, con una

netta vittoria su Rutelli.

L’INTERVISTATO

Page 12: Europa alla deriva

L’ex ministro degli Esteri, Fran-co Frattini, ci spiaga in una lun-ga intervista quanto è indispen-sabile l’Unione europea e quantosia rischioso abbandonare la mo-neta unica. Per il presidente del-la Fondazione De Gasperi il pro-cesso di un’Europa unita è unprocesso irreversibile, anzi èl’unica possibilità concreta perun futuro stabile e di crescita perl’Italia.

Nel 2012 l’Unione europea ha ricevutoil premio Nobel per la pace. Che nepensa di questo riconoscimento?Il Nobel per la pace conferitoall’Unione europea è il meritatoriconoscimento per quanto dibuono la voce e l’azione dell’Eu-ropa hanno fatto per la pace e laprosperità nel mondo. L’Europa,fin dalla sua costituzione, hasempre dato il suo grande contri-buto alla pacificazione di areecolpite da conflitti e tensioni, co-

me quella del mediterraneo me-diante interventi di cooperazionee di solidarietà. Basti ricordareche come Europa agli inizi deglianni ‘90 abbiamo aiutato a stabi-lizzare la regione dei Balcani cheusciva da una vera e propriaguerra con scontri gravissimi. E questo importantissimo pre-mio non è soltanto il risultato diun anno ma rappresenta il rico-noscimento per quello che l’Eu-ropa ha fatto nei decenni.

Eppure si nota un forte euroscetticismoall’interno degli stessi Stati europei?È vero, ma è un problema cheviene molto aggravato dalla con-dizione di crisi nella quale ci sitrova. Molti cittadini sono colpi-ti dalla conseguenza quotidianadi questa crisi e badano più al lo-ro orticello piuttosto che ad ave-re una visione più ampia dell’Eu-ropa e pensano, certamente sba-gliando, che sia più utile e sem-

INTERVISTA A FRANCO FRATTINIDI CARLA RUSSO

L’ex ministro degli Esteri rilancia sull’Ue

L’Europa è la nostraoppurtunità del futuroL’idea di un’Europa unita, non solo economica, ma anche politica non può essere abbandonata per inseguire inutili e dannosi populismi di sovranitànazionale. Un vero Stato europeo è la soluzionea questa crisi ed è l’unica opportunità per la crescita.

8

Page 13: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Franco Frattini

Page 14: Europa alla deriva

10

plice chiudersi in una prospetti-va nazionalistica ed egoista.

Se si riuscirà a fare a Roma il summitcontro i populismi proposto dal presi-dente dell’Ue Herman Van Rompuy,quale messaggio le piacerebbe emer-gesse?Il summit europeo a Romaavrebbe di per sé un significatosimbolico e politico. L’Europa ri-conosce che Roma è la città doveè nato il processo di integrazioneeuropeo. A Roma è stato firmatonel 1957 il primo trattato. L’Ita-lia merita di far uscire un fortemessaggio proprio in un summitproposto dal presidente VonRompuy. Il messaggio chiaro ediretto ai cittadini è che l’Europaè una grande opportunità chenon si deve dare per scontata eche il costo della non Europa èun costo infinitamente più altodi quello che noi paghiamo ce-dendo un po’ della sovranità na-zionale. Col processo di integra-zione ci guadagniamo molto enon ci perdiamo niente.

Riguardo la moneta unica, vi è una for-te volontà di taluni di uscire dall’euro?L’idea di uscire dall’euro è asso-lutamente impensabile. Il giornostesso della conversione la valutanazionale sarebbe svalutata del40-50%, vale a dire che i soldidegli italiani varrebbero di colpocirca la metà. Questo porterebbeal collasso totale il paese e i citta-dini. Anche i greci che avevanovotato per una maggioranza antieuro hanno ragionato, sono tor-nati di fretta alle urne e adessohanno una maggioranza pro eu-

ro. L’euro è assolutamente irre-versibile, non si può tornare in-dietro.

Ritiene che all’interno dell’Unione eu-ropea vi siano stati che non mostranogrande solidarietà nei confronti deglialtri stati membri?Certamente è così. Alcuni statieuropei non sono ancora vera-mente solidali tra loro. Noi comeitaliani abbiamo subito anche di-rettamente la poca solidarietà neinostri confronti. Ricordo a esem-pio quando grandi masse di im-migrati sono arrivate dalla Tuni-sia all’inizio del 2011 e la Franciaper impedire il transito di perso-ne chiuse le frontiere e noi ci tro-vammo in una situazione di mol-ta difficoltà con lo Stato francese.

Come mai? Cosa manca per sentirsi piùEuropa?Innanzitutto la necessità di piùsolidarietà tra gli stati. Poi la ne-cessità di mostrare che l’Europaprotegge gli interessi dei cittadi-ni e non gli interessi soltanto dialcune categorie o peggio ancoradi taluni stati. In tal senso la de-cisione di salvare la Grecia, arri-vata pur dopo molte incertezze, èandata in quella direzione.Ci vuole un grande sforzo euro-peista che non si può limitare almercato unico e all’unione ban-caria ma deve arrivare all’unionepolitica.

Lei sulla scia dei padri fondatori dell’Ueè un grande fautore dell’unità politicaeuropea. Cosa si dovrebbe fare per un’Europa politica davvero compiuta?Io sono certamente un fautore

Page 15: Europa alla deriva

11

dell’unità politica dell’Europa enon solo di quella tecnico-buro-cratica. Certamente dovremmoproseguire l’integrazione nei set-tori più sensibili che ancora nonsono integrati. Penso alla politicaestera alla difesa europea. Unavoce unica in politica estera euna difesa integrata sarebberodue passi avanti straordinari ac-canto all’unificazione bancaria,economica e dei mercati. Occor-rerebbe poi dare più legittima-zione democratica alle istituzionidell’Unione europea. Penso alParlamento europeo che non haancora il diritto di iniziativa le-gislativa. I parlamenti nazionaliinsieme ai governi sono il poterelegislativo. In Europa invece ilParlamento può soltanto appro-vare o respingere le iniziative le-gislative della Commissione equesto dovrebbe essere superato.Inoltre, eleggere direttamente daparte dei popoli europei il presi-dente della commissione europeache invece attualmente è nomi-nato dai governi, sarebbe un ul-teriore passo avanti per la legitti-mazione più democratica di que-ste istituzioni. Integrazione inalcune materie e più legittima-zione democratica. Queste le di-rezioni verso le quali dovremmoandare per un’Europa davverocompiuta.

Nell’ultimo anno si è assistito alla vitto-ria del centrosinistra in Danimarca, delsocialismo di Hollande in Francia, delcentrodestra in Grecia. L’Italia si appre-sta alle imminenti elezioni, il prossimosettembre toccherà alla Germania an-dare al voto. Ritiene che alla luce dei

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Franco Frattini

Il Libro

Michele ProsperoLa Costituzione tra populismo e leaderismoFranco Angeli 2010, 208 pp., euro 24

I grandi mu-tamenti poli-tici e istitu-zionali, chehanno scon-volto l'Italia apartire daglianni Novan-ta, non hannoancora trova-to un inqua-

dramento analitico soddisfacente. Ab-bondano metafore alquanto inganne-voli che parlano di seconda e addirittu-ra di terza repubblica, ma si tratta solodi formule ad effetto che non aiutano acomprendere i processi reali. Il libropropone una riflessione d'insieme perinterpretare i nuovi paradigmi costitu-zionali e per scandagliare i soggetti so-ciali ed economici emergenti che ridise-gnano la mappa dei nuovi poteri. Ilquadro che emerge dalla ricognizionedel caso italiano dopo il collasso deipartiti storici, descrive un lento crepu-scolo del politico dinanzi al rilievo pre-ponderante assunto da denaro e me-dia. Il rischio incombente è che la crisidella rappresentanza politica e socialeconduca ad una malattia mortale dellasfera pubblica dalla quale possa emer-gere il capo carismatico quale commis-sario di una repubblica minata dal po-pulismo e dal leaderismo. La gravitàdella crisi italiana rilancia con forza leprospettive di un costituzionalismo de-mocratico quale antidoto alla deriva datempo in atto delle culture istituzionali.

I mutamenti chehanno cambiato l’Italia

Page 16: Europa alla deriva

12

Page 17: Europa alla deriva

13

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Franco Frattini

nuovi assetti politici nazionali possacambiare il volto dell’Europa dei pros-simi anni? Penso che le campagne elettorali,anche quella del nostro paese so-no e saranno campagne elettoralitra chi ha una visione aperta eintegrata dell’Europa e chi inve-ce ritiene che l’Europa sia unproblema. Noi vediamo in Italiaalcune implicazioni piuttostopreoccupanti di euroscetticismo.È chiaro che la differenza si faràtra europeisti e antieuropeisti.Questo vale per l’Italia ma valeanche per la Germania dove visono partiti, penso al partito deiPirati o all’estrema sinistra cheun po’ come da noi col movi-mento di Grillo, sono marcata-mente antieuropei. Se prevarran-no le forze pro europeiste, comepenso e mi auguro, e lavorerò perquesto, ritengo che gli assettinon cambieranno di molto. Sonoconvinto che l’Europa non si fer-merà e che l’euro continuerà adandare avanti. C’è stata una fase di crisi, unabattuta d’arresto. L’Europa ne havissute tante in questi decennima poi ha sempre proseguito conpiù determinazione.

Lei è coordinatore Ppe del gruppo sullapolitica estera. Quali sono le priorità ele grandi sfide internazionali alla lucedella geopolitica attuale?La grande sfida è far sì che i paesidell’Unione europea parlino conuna sola voce in tema di politicaestera. Quando da ultimo sul vo-to per lo status dello Stato pale-stinese alle Nazioni Unite i paesieuropei si sono divisi in tre

gruppi diversi, a favore, contro eastenuti, abbiamo assistito a unfallimento politico di questoobiettivo. Una voce univoca inpolitica estera deve essere l’obiet-tivo politico più importante.

Riguardo le grandi priorità tematicheinvece?Quanto alle grandi priorità te-matiche penso che per noi euro-pei esse siano anzitutto la di-mensione mediterranea e la di-mensione orientale. Il nostro vi-cinato del Sud, con tutti i fonda-mentali problemi di integrazio-ne euro mediterranea, integra-zione politica, culturale, pensoal dialogo tra le religioni, allalotta al terrorismo, al tema dellasicurezza. La dimensione orien-tale con il completamento del-l’adesione dei Balcani all’Europache è già iniziata e i rapporti coni nostri vicini orientali, anzitut-to la Federazione russa. Poi cisono tematiche storiche dell’Eu-ropa e la tematica che mai tra-monterà nella politica estera eu-ropea rappresentata dall’alleanzaatlantica che rappresenta unagrande condivisione di obiettivie priorità tra Europa e Stati Uni-ti che non riguardano solo la si-curezza, ma anche il commerciointernazionale, la tutela dell’am-biente, la collaborazione che dasempre Europa e Stati Unitihanno sulla difesa dei diritti ci-vili nel mondo.

Ci sono priorità emergenti rispetto aquelle degli anni passati?Oggi la grande priorità cheemerge è quella dell’Africa come

Page 18: Europa alla deriva

continente ricco di opportunitàma ricco anche di grandi minac-ce. Quello che sta accadendo inMali con la guerra contro le orga-nizzazioni terroristiche e quelloche accade da tempo in Somaliane sono un esempio. L’Africa èquindi un continente al qualel’Europa e in particolare il grup-po che presiedo al Ppe devonoguardare. A questa ci sono poi daaggiungere le altre regioni emer-genti del mondo. I rapporti conla Cina, i rapporti con i paesi del-l’America Latina. Il ventaglio dipriorità è estremamente denso.

Sulla questione libica che Lei ha tantosostenuto, auspica azioni particolari dalprossimo governo? Il prossimo governo potrà e do-vrà proseguire quell’impegnoche io inizia nel 2011 quandoproposi il riconoscimento, tra iprimissimi al mondo, dell’oppo-sizione libica e poi accompa-gnammo nell’alveo della Natoun’azione umanitaria importan-te per la popolazione civile libi-ca. L’Italia rimane il primo pae-se partner della Libia. Abbiamointeressi strategici e politici.Siamo molto preoccupati per lasicurezza interna, è stato colpitoil nostro console ed è stato chiu-so temporaneamente il nostroconsolato a Bengasi. Il nuovogoverno dovrà proseguire inquesta linea di forte collabora-zione con le autorità libichechiedendo al tempo stesso asso-lute garanzie anzitutto per la si-curezza della presenza italiana epoi anche per la prosperità deirapporti bilaterali.

Di recente Lei ha definito l’Azerbaigianil ponte tra Europa e Asia, ci spieghimeglio?L’Azerbaigian è un paese constraordinarie opportunità, enormiricchezze per le risorse energeti-che del Mar Caspio, paese conuna tradizione multiculturale emultietnica, dove le moschee e lechiese sono liberamente edificatee le religioni sono praticate. Unpaese che ha ai confini l’Iran, unpaese che ha suoi concittadini dinazionalità di origine azera chevivono in Iran come una delle co-munità più importanti dell’Irannon iraniane. Un paese che oltreal tema energetico si trova inun’area del mondo particolar-mente delicata e quindi certa-mente un paese a cui guardareper attirarlo sempre di più versouna collaborazione con l’Occi-dente e con l’Unione europea.

I negoziati per far entrare la Turchia inEuropa si sono bloccati, quanto sareb-be importante che riprendessero quan-to prima?Mi auguro che i negoziati ripren-dano con forza già da quest’anno.Noi abbiamo molto lamentatocome Italia questa incapacità del-l’Europa di portare avanti il ne-goziato con la Turchia. La Tur-chia è un paese assolutamentechiave per l’Europa, lo è già perla Nato da molto tempo, è unodei partner più significativi degliStati membri che lavorano inmodo più efficace sull’area medi-terranea e non solo. Vedere que-sto rallentamento e poi il bloccocompleto dei negoziati è qualcosache nuoce all’Europa altrettanto

14

Page 19: Europa alla deriva

che alla Turchia. La Turchia inEuropa non è un favore che noifacciamo a loro, ma è anche uninteresse per l’Europa.

Come presidente della Fondazione Al-cide De Gasperi che tanto guardava allefuture generazioni e come Presidentedella Sioi qual è il consiglio che si sentedi dare oggi ai giovani?Il consiglio che do ai giovani è diguardare il mondo con spiritoaperto, non avere mai pregiudizi.Può capitare di doversi rapporta-re con qualcuno verso il quale siha un pregiudizio e questo stessopregiudizio danneggerebbe im-mediatamente il dialogo e le re-lazioni, questo vale ancor piùnella professione importante deldiplomatico. Una professione chenon deve essere vista come un la-voro qualsiasi ma come il modopiù significativo di rappresentareil proprio paese.

15

carla russo

Collaboratrice di Charta Minuta e di Fareita-

liamag.

L’AUTORE

franco frattini

Presidente della Fondazione Alcide De Gasperi

e Presidente della Società Italiana per l’Organiz-

zazione Internazionale (Sioi). Coordinatore del

gruppo Ppe sulla politica estera.

Nel 1996 viene eletto alla Camera per Forza

Italia e diventa presidente del comitato parla-

mentare per i Servizi di informazione e sicurez-

za. Dal 2001 al 2002 è ministro per la Funzione

pubblica e per il coordinamento dei servizi di

informazione e sicurezza. Da novembre 2002 a

novembre 2004 è ministro degli Esteri, fino a

quando viene nominato vicepresidente della

Commissione europea e commissario respon-

sabile per il portafoglio Libertà, sicurezza e giu-

stizia. Eletto nel 2008 tra le file del Pdl. Dal

2008 fino al novembre del 2011 è stato ministro

per gli Affari esteri.

L’INTERVISTATO

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Franco Frattini

Page 20: Europa alla deriva
Page 21: Europa alla deriva

DI STEFAN V. KEMPIS

Dagli ultimi sondaggi la Merkel e la sua coalizionenon avranno la maggioranza nel Bundestangalle prossime elezioni e questo comporterà una grande alleanza tra i maggiori partiti. Una tale situazione cambierà completamente la politica dello stato tedesco e di conseguenza la politica dell’intero continente.

Germania al voto, maper una grande coalizione

EUROPA ALLA DERIVAStefan V. Kempis

17

Il 2013 è in Germania, soprat-tutto un anno di elezioni impor-tanti. Nel mese di settembre –con ogni probabilità il giorno22, ma la data non è stata uffi-cialmente confermata – verràeletto un nuovo parlamento. Atal proposito si stanno preparan-do i partiti. I sondaggi indicanoche i Cristiani democratici(Cdu/Csu) e i Liberali (Fdp), nonsaranno in grado di portare avan-ti la coalizione. Ciò è dovutoprincipalmente alla debolezzadella Fdp, che non è in grado diagire, paralizzata da una gravecrisi interna alla coalizione.Attualmente (al 06/12/12, istitu-to Infratest Dimap) , nello speci-fico, le indagini per il Cdu/Csuparlano del 39%, mentre invecesolo il 4% della Fdp. Con un tale

risultato, in considerazione dellasoglia minima del 5% il partitopotrebbe (che a differenza dellalegge elettorale italiana non puòessere aggirato stipulando un co-dice di alleanza) non rientrare nelBundestag. L’opposizione dei so-cialdemocratici (Spd) e “I Verdi”,a seguito di una riedizione dellaloro coalizione sotto il cancelliereGerhard Schröder 1998-2005vengono dati nel sondaggio ri-spettivamente al 30% l’Spd e al14% i Verdi. Questo risultatoconteggiato complessivamentearriverebbe al 44% che non rag-giungerebbe in ogni caso la mag-gioranza. Una coalizione con l’in-serimento del post-comunista“La Sinistra”, il quale secondo,Infratest Dimap raggiungerà il7%, non viene presa in conside-

Il voto di settembre condizionerà l’Europa

Page 22: Europa alla deriva

18

razione da Spd e Verdi, sebbeneli avrebbe portati matematica-mente alla maggioranza. Il Parti-to pirata brillantemente lanciato,che tra l’altro è rappresentato nelparlamento di Berlino, ha delusomolti dei suoi sostenitori lungola strada e rischia di fallire il 5%.Le elezioni di settembre dovreb-bero essere il punto più impor-tante per la svolta politica dellaGermania per il prossimo anno;la campagna elettorale e le ele-zioni dovrebbero anche portareimportanti conseguenze per ilprogresso della crisi economica,finanziaria e per lafiducia nella Eu-ro-Zona. Questacrisi è così grandeda essere il temaprincipale delleelezioni; il motivoè che molti Tede-schi temono chela crisi dei paesi dell’Europa delsud a lunga veduta, possa diven-tare dannosa per la propria eco-nomia Infatti la gestione dellacrisi dell’euro da parte della Can-celliera tedesca Angela Merkel,che è anche presidente del parti-to Cdu, è stata riconosciuta dallamaggioranza , e nonostante alcu-ne espressioni di malcontento deiSocialdemocratici (Spd) è statasostanzialmente sostenuta neisondaggi in parlamento (non do-vrebbe essere facile per l’Spdspiegare in campagna elettoraleil motivo per cui la politica euro-pea della Merkel, ripetutamentee pesantemente criticata, vienenonostante tutto sostenuta inParlamento). Dal periodo in cui

l’attuale candidato Spd alla can-celleria, Peer Steinbrück (chenon è presidente del suo partito),era stato nominato a suo tempoministro delle Finanze dellagrande coalizione (2005-2009)molti tedeschi lo ritengono anco-ra molto competente in materiaeconomica e finanziaria. E questoè ovviamente un importante jol-ly nelle prossime elezioni.Vento in coda per la “madrina”Angela Merkel agli inizi di di-cembre 2012 durante il congres-so del Cdu a Hannover in occa-sione della rielezione a Presiden-

te del Partito haottenuto una mag-gioranza come maip r ima d ’ o r a(97.94%); osserva-tori riferiscono diun quasi “Risulta-to Cubano”. Il ri-sultato è sorpren-

dente se si considera che la Mer-kel è stata oggetto di forti criti-che, descritta come “Presidente-freddo”con cui ha imposto la sualeadership, riferimenti riportatianche nella nuova pubblicazione“La Madrina” della giornalistaGertrud Höhler considerata co-me valida confidente dell’ex-cancelliere Helmut Kohl. Anchelo stesso Kohl si è dimostrato,nonostante alcuni gesti distensi-vi in pubblico, come severo cri-tico nei confronti del suo ex mi-nistro Merkel; la descrive neirapporti di non essere una con-vinta europea, di non tener con-to a sufficienza dei paesi più de-boli dell’Unione, di trascurarel’amicizia con la Francia e di

Anche Kohl ha criticatoin questi mesi l’operatodella Canelliera sostenendo che non è una convinta europeista

Page 23: Europa alla deriva

19

agire in maniera troppo egoistanella crisi in atto.Certamente il quasi 98% diHannover ha messo a tacere gliavversari della Merkel all’inter-no del partito e le ha rafforzatole spalle in vista della campagnaelettorale; i dati economici ge-neralmente buoni, un basso tas-so di disoccupazione e un ampioriconoscimento per il suo com-portamento durante la crisidell’Euro lasciano pensare chepresiederà il prossimo governo.All’interno del partito, nono-stante l’avversione di Kohl, nonha più del resto nuovi potentiavversari: il precedente Primoministro dell’Assia è passatoall’Economia, il ministro del La-voro Ursula von der Leyen – chesi dice abbia ripetute ambizionialla successione della Merkel – èstata ridimensionata dai medio-cri risultati ottenuti nell’elezio-ne per il vice presidente del par-tito. Norbert Röttgen (ultimoministro dell’Ambiente) è statocostretto dalla Merkel a dimet-tersi dopo una debacle alle ele-zioni del Nord-Reno Westfalianel maggio 2012, l’ex Primoministro della Bassa Sassonia edin seguito Presidente della Re-pubblica Christian Wulff si è ar-reso il 17 febbraio 2012, doponeanche due anni dall’elezionealla più alta carica della Stato,accusato di corruzione. Karl-Theodor Freiherr zu Guttenberga cui era stato dato dai media unalto rating come futuro candida-to alla cancelleria, barcollò al-l’indietro nel marzo 2011 a se-guito di una scandalo per plagio

EUROPA ALLA DERIVAStefan V. Kempis

Il Libro

Veronia De RomanisIl metodo MerkelMarsilio 2009, 187 pp., 13 euro

Angela Mer-kel entra inpolitica rela-t i vamentetardi, ma re-cupera infretta conun’ascesa ir-refrenabileche la portaa diventarela pr imadonna a ca-

po della Repubblica Federale Tedesca,punto di riferimento nel processo di in-tegrazione europea e a livello mondiale.Eppure è ancora definita “la donna delmistero”, un leader che sfugge alle defi-nizioni, non appare particolarmente ca-rismatico e non si appoggia ad alcunaideologia. Veronica De Romanis raccon-ta la novità del suo modo di fare politica:un mix di pragmatismo, scientificità,strategia e autenticità. Un vero e proprio“metodo Merkel” che l’autrice ricostrui-sce partendo dalla biografia della Can-celliera. Personaggio complesso, con unpassato atipico e un percorso di studiscientifico inusuale per uno statista, laMerkel ha dalla sua una serie di caratte-ristiche che le hanno spianato la via delsuccesso. Capacità, spirito di sacrificio,rigore e soprattutto la passione per la li-bertà, frutto dell’esperienza sotto il regi-me dell’Est. Una buona dose di cinismo,freddezza e calcolo politico le hannoconsentito di trarre vantaggio dai falli-menti altrui. Spesso sottovalutata, hasaputo fare della miopia dei suoi avver-sari la sua forza. Infine l'innegabile favo-re del destino: si è sempre trovata nelposto giusto al momento giusto e non siè mai tirata indietro.

La Cancellieradi ferro

Page 24: Europa alla deriva

ed un tentativo di rimonta nonriuscito nel 2012.

La minaccia di sfratto dell’Fdpdel ParlamentoVantaggioso per la Merkel nel-l’imminente campagna elettoraleè che il presidente dell’ala bava-rese della Democrazia cristiana(Csu), il Primo ministro dellaBaviera Horst Seehofer, ha pro-messo pubblicamente ad Hanno-ver di astenersi per un po’ damanovre di disturbo. Tali mano-vre hanno in questi ultimi annipiù volte esposto la coalizione diBerlino a gravitensioni. Le elezio-ni regionali in Ba-viera sono il moti-vo del giuramentodi Seehofer, percui il Primo mini-stro vuole possi-bilmente di nuovoavere la maggioranza assoluta. LaCsu ha avuto per decenni questamaggioranza in questo Land, de-tenuta per l’esattezza dal 1962fino alla fine del settembre 2008,data delle ultime elezioni regio-nali. La Csu a quel tempo arrivòdopo una grave crisi di leadershipsolo al 43,4%, in calo del 17%rispetto alle elezioni precedenti eperciò dovette per la prima voltaformare una coalizione con laFdp. Seehofer ora vuole sbaraz-zarsi dell’indesiderato compa-gno, al fine di porre le basi, que-st’ultimo ha applicato a livellofederale contro l’opposizione Fdpun’assistenza monetaria stataleper i genitori, i quali non voglio-no mandare i propri figli rispet-

tivamente né agli asili, né allascuola materna e pubblicizza inopposizione alla Fdp a livellodella regione Baviera un No perle tasse universitarie.La Fdp a livello federale è già daanni sotto una forte pressione:contestazioni interne, errori el’opacità del piccolo partner nellacoalizione di Berlino hanno por-tato in occasione delle elezionistatali a risultati disastrosi. In-tanto il partito, nelle ultime ele-zioni generali a fine settembre2009, sotto l’allora leader delpartito Guido Westerwelle, ha

potuto raccogliereil 14,6% dei voti– loro miglior ri-sultato di semprenegli ultimi de-cenni in un’ele-z ione federa le .Che Philipp Rö-sler (attualmente

ministro e vice cancelliere) haestromesso il ministro degliEsteri Guido Westerwelle nelmaggio 2011 dalla carica di pre-sidente del partito, non ha potu-to calmare le liti interne al pic-colo partito, al contrario: il poli-tico trentanovenne non è riusci-to in nessun momento a portaredietro di sé il partito. Wester-welle riceve, contrariamente atutti i ministri degli esteri pri-ma di lui, solo un moderato in-dice di popolarità, tuttavia nonsi è lasciato cacciare da Röslerdal ministero degli Esteri. Il to-no nella coalizione di Berlino èinfine e non da ultimo irritato escortese a causa delle forti pres-sioni; sempre più si arriva a liti a

20

La Fdp rischiaseriamente di usciredal parlamento a causadelle lotte intestineall’interno del partito

Page 25: Europa alla deriva

scena aperta. Il ministro delleFinanze Wolfgang Schäuble(Cdu), Seehofer e la stessa Mer-kel sono ripetutamente citaticon dichiarazioni, Rösler la per-cepisce come un offesa. Datoquesto stato d’animo permanen-temente negativo, la coalizionepotrebbe rompersi (sciogliersi)anche prima delle elezioni disettembre; tenendo conto del-l’esperienza degli ultimi anni laprosecuzione della coalizionenon è molto probabile, lo confer-mano anche i sondaggi. Merkelinsiste sempre più di voler l’al-leanza rosso-gial-la, tuttavia glielettori hanno ungran buon ricordodella grande coali-zione sotto la lorogu id a ( 2005 -2009) e questo lifa riflettere.

Campagna elettorale iniziata ma-le per SteinbrückLa Spd, come abbiamo già detto,con il candidato alla CancelleriaSteinbrück ha messo in campouno scaltro combattente, che puòattestare la sua competenza inmateria economica e finanziaria econ grande eloquenza chiamaread “una nuova narrativa per l’Eu-ropa”. Steinbrück è supportatoesplicitamente anche dall’ex Can-celliere (‘74-‘82) e anziano stati-sta una sorta di oracolo della Re-pubblica Federale HelmutSchmidt (94 anni). Ma il lanciodell’ex Primo ministro della Re-nania-Vestfalia settentrionale (dal2002 al 2005) è stato un disastro.

Diverse sono le motivazioni: lacandidatura di Steinbrück diven-tò nota prima ancora che il Presi-dente del partito Spd Sigmar Ga-briel la potesse ufficialmente an-nunciare; al congresso del PartitoSpd tenutosi a Hannover il 9 di-cembre 2012 Steinbrück ebbeuna votazione pari al 93%, menoelevata di quella ottenuta pochigiorni prima nello stesso luogodal Cdu alla Merkel (quasi 98%)e un certo disagio è stato dimo-strato da parte di alcune sezionidel partito.A questo si aggiunge che Stein-

brück sia un sem-plice deputato:non solo il partitonon gli si è chiusodietro, egli nonpuò neanche facil-mente accedereagli apparati dipartito e quindi

disciplinarli. I Verdi, partner dicoalizione nei desideri del Spddopo le elezioni, sono solo mode-ratamente impressionati dalle vi-cissitudini di Steinbrück, ed inpiù come se non bastasse il can-didato ha due figure forti accan-to a lui nel partito Gabriel e illeader della maggioranza Frank-Walter Steinmeier, che se si pen-s a a l p e r i odo d i Wi l l yBrandt/Herbert Wehner/HelmutSchmidt o anche Oskar La Fon-taine/Gerhard Schröder/RudolfScharping quasi inevitabilmenteporterà attrito. (Steinmeier, exministro degli Esteri nella gran-de coalizione della Merkel era ilcandidato di punta che l’Spdaveva portato alle ultime elezioni

21

EUROPA ALLA DERIVAStefan V. Kempis

La Spd candidandoSteinbrück ha messo in campo un combattente espertoin economia e finanza

Page 26: Europa alla deriva

e con il 23% ha raggiunto ilpeggior risultato della storia delSpd nella Repubblica Federale;ma l’ex ministro della Cancelle-ria – sotto Schröder – ciò nono-stante ampiamente apprezzatocome politico affidabile anche aldi fuori del suo partito.A carico di Steinbrück si aggiun-ge il fatto che come docente ne-gli ultimi mesi ha percepito altionorari da banche cosi come daifondi Hedgefonds: questo non èben visto nel partito della picco-la borghesia (auto descrizionedell’Spd). A seguito di forti pres-sioni da parte dell’opinione pub-blica Steinbrück li ha resi notima questo non ha eliminato tuttii dubbi. Tra le questioni più im-portanti per i candidati, se allaluce di queste docenze egli possacomunque adempiere con com-pletezza ai suoi impegni comedeputato; se con tutti i discorsitenuti dimostrino che egli inpratica non ha più creduto allasua candidatura come Cancellie-re; e se il fatto di aver percepito25.000 Euro come onorario per isuoi discorsi dalla Azienda deiservizi municipalizzata della cit-tà di Bochum non sia un fortesegno di mancanza d’istinto.Quanto sia forte la sfiducia neiconfronti di Steinbrück, si evincedal fatto che il caso Bochumvenga menzionato in continua-zione sebbene Steinbrück abbiadonato l’onorario per una buonacausa. Del resto anche l’attualePresidente Federale JoachimGauck, il rispettato “Presidentecittadino” aveva ricevuto lo stes-so onorario per una sua appari-

zione dall’Azienda servizi muni-cipalizzata di Bochum nel 2010– ma a differenza di Steinbrücknessuna attenzione o proteste daparte dei media, e questo nono-stante il predecessore di Gauck,Wullf, fu costretto a dimettersiproprio a causa di un incauta ge-stione del denaro.Come abbiamo visto i sondaggiprevedono che a settembre nonsarà sufficiente per un cambio digoverno Rosso-Verde: l’Spd nonraggiunge i valori della Cdu diMerkel e nello stesso tempol’impennata dei Verdi nei son-daggi è terminata. Tuttavia iVerdi con l’ex ministro dell’Am-biente Jürgen Trittin e la deditacristiano-evangelica Katrin Gö-ring-Eckardt (dal 2009 Presi-dente del Sinodo della Chiesaevangelica in Germania) hannodato vita tramite le primarie, lo-dati come esemplari, ad una con-vincente coppia leader. Questacoppia leader potrebbe essere ingrado di fare appello agli elettoridi centro.Nei media si parla molto dellapresunta nuova borghesia deiVerdi e di come loro, nei giochidi mente, potrebbero probabil-mente diventare il partner dicoalizione con il Cdu nel caso ilFdp scompaia alle elezioni poli-tiche. In effetti, il confidentedella Merkel Peter Altmeier damaggio 2012 ministro dell’Am-biente e dell’Energia è considera-to come pioniere di una coalizio-ne Nero-Verde. Alcuni fanno no-tare a questo proposito che allerecenti elezioni del Presidentedella Repubblica federale l’ex

22

Page 27: Europa alla deriva

deputato dell’Alleanza 90/I Ver-di Gauck sia poi diventato Capodello Stato; questo lo mette inuna posizione di “ponte” tra iVerdi e il Cdu che lo ha ufficial-mente candidato. Tuttavia l’inca-rico di Gauck è venuto propriosu insistenza dell’Fpd, e la Mer-kel come altri politici del Cduconsultano le “voglie” di formareuna coalizione con i Verdi, nelregno della fantasia. A loro avvi-so il partito dei Verdi durantel’ultimo congresso in realtà haeffettuato una svolta a sinistranonostante l’apparenza di unacrescente borghesia. La Merkelha anche ribadito che una coali-zione Cdu con i Verdi a livellofederale non avrebbe la maggio-ranza nel Consiglio federale, per-ché i Verdi tranne da maggio2011 nel Baden-Württemberg(con il primo ministro WinfriedKretschmann) in nessun altrostato federale hanno forza nel go-verno.

Continuità nella politica esteraeuropeaLa politica estera porta alla Ger-mania già da un po’ di tempo uncosciente tentennamento, chetradisce come Berlino si senta in-sicura nel suo nuovo significativoruolo di potenza media; dovesse-ro non avvenire cambi nel mini-stero degli Esteri, è probabileche questa incertezza rifletta lapolitica estera del 2013. Esempidi queste insicurezze sono statein tempi recenti l’astensione allarisoluzione del Consiglio delleNazioni Unite che ha istituito laNo-Fly-Zone sulla Libia; l’asten-

sione tedesca in seno all’Assem-blea Generale delle Nazioni uni-te al riconoscimento della Pale-stina di Stato osservatore, e que-sto a pochi giorni dalla visitaprogrammata a Berlino del quasicompleto Ufficio di Gabinettoisraeliano. Si può anche citare laperplessità del governo di frontealla guerra civile in Siria e lospezzarsi del Mali, o dal fatto cheil ministero degli Esteri nell’au-tunno 2012 non è riuscito a di-sinnescare una chiara posizionecritica del parlamento nei con-fronti di Putin. La lista potrebbecontinuare.Strettamente rassegnato, con unosguardo all’Europa il 2013 è de-stinato a continuare con moltierrori e difficoltà tedesche. Am-bedue i grossi progetti del gover-no della legislatura uscente ecioè l’abbandono dell’energia nu-cleare e la cosiddetta “svolta del-la politica energetica”, hanno incomune, che la Merkel non abbiadato luogo a nessuna consulta-zione con partner europei e non.Nell’anno delle elezioni AngelaMerkel non può venire incontrotanto facilmente ai paesi comeGrecia, Spagna o Portogallo nel-la gestione della crisi; la politicaeuropea non viene coordinata dalministero degli Esteri ma dallaCancelleria (Westerwelle ha cer-cato di interrompere questa cosain quanto con un discreto succes-so ha pubblicizzato una revisionedei trattati Ue in direzione “piùeuropea” con i colleghi dei mini-steri degli esteri dell’Unione) edè potrebbe essere vero un sospet-to di Helmut Kohl, che la Can-

23

EUROPA ALLA DERIVAStefan V. Kempis

Page 28: Europa alla deriva

celliera cresciuta nella Ddr siauna convinta Atlantista e nonuna purosangue europea.Nel 2013 Angela Merkel dovràsforzarsi soprattutto con il Primoministro britannico David Ca-meron, con cui ha una buona in-tesa, di evitare un distacco dellaGran Bretagna dall’Unione euro-pea e verso il nuovo Presidentefrancese François Hollande quan-tomeno a stabilire un rapporto dilavoro funzionante così che l’assefranco-tedesca non si rompacompletamente. Che la Merkeldurante la campagna elettoralefrancese fosse apertamente a fa-vore di Nicolas Sarkozy risultaora essere un pesante fardello nelrapporto con Parigi. Tuttavia laCancelliera nel dicembre 2012 siè schierata a difesa di una candi-datura per Mario Monti e controun rientro di Silvio Berlusconialle elezioni politiche italiane fa-cendo lo stesso errore, stavoltacon uno sguardo all’Italia.

2013 una crescita modestaNonostante le numerose richiested’allarme degli esperti in econo-mia tedeschi il Governo federaleva e in particolare va il ministrodelle Finanze Schäuble (Cdu),una volta “principe ereditario” diKohl, l’architetto dei contrattisulla riunificazione tedesca e unodei politici più esperti della Ger-mania, ritiene, che la Grecia nondovrà uscire dall’Euro e chel’Unione monetaria non fallirà.La Germania stessa approfitta almomento degli effetti della poli-tica economica e del mercato dellavoro avviati allora sotto il Can-

celliere Federale dell’Spd GerardSchröder (“Agenda 2010”,Hartz-IV); non è ancora presadalla crisi economico-finanziariaeuropea, anche se gli investitorial dettaglio tedeschi osservano lacrisi dell’Euro con preoccupazio-ne (48%) con paure sull’inflazio-ne (37%). Le previsioni dell’Ocseper il 2013 in Germania, con unPil di circa il 0,5% vanno control’ottimismo dell’1% stimato dalGoverno federale. L’Ocse affermache la Germania con il nuovo an-no non sperimenterà una vera epropria recessione, un raffredda-mento della congiuntura però sa-rà inevitabile se si prendono inconsiderazione le attività semprepiù deboli del commercio mon-diale di una Germania la cui eco-nomia è orientata molto alleesportazioni. Dal 2014, dicel’Ocse, l’economia tedesca avràuna crescita più elevata (1.9%).“La buona notizia è che l’econo-mia tedesca è affermata nono-stante turbolenze economichemondiali e che la crescita rima-ne” ha detto il ministro del-l’Economia Rösler a metà otto-bre in una conferenza stampa.L’economia tedesca si trova “inbuona forma ed è ancora strut-turalmente su solide fondamen-ta”. A causa dell’Euro – crisi neipaesi dell’Europa meridionale,la Germania dal 2013 a circa il2017 sperimenterà un afflussodi lavoratori immigranti senzaprecedenti nella sua storia (l’af-flusso maggiore si avrà nel2014, saranno 506 mila più im-migrati che emigrati). Questiimmigrati sono i benvenuti

24

Page 29: Europa alla deriva

dall’economia tedesca, perché inmolti settori e regioni prevaleuna mancanza di forza lavoro. LaGermania ha dovuto lottare finoa pochi anni fa contro il fenome-no della contrazione della popo-lazione, questa tendenza è torna-ta positiva dal 2011.Tuttavia la crisi del settore auto-mobilistico si prevede che si in-tensifichi con il nuovo anno:”Meno reddito disponibile, lavo-ri a orario ridotto in diversi set-tori industriali e prospettive fu-ture incerte sono ragioni impor-tanti per la riluttanza del settoreautomobilistico anche nel 2013”ha dichiarato un esperto del-l’agenzia di stampa tedesca. Aseguito della sua prognosi il2013 sarà il secondo anno auto-mobilistico peggiore dalla riuni-ficazione. A questo si aggiungela notizia dalla città dell’OpelBochum, dove la decennale pro-duzione di auto si fermerà com-pletamente.Così come in tanti stati europeianche in Germania il ceto mediosi restringe e sono sempre di piùle persone che sentono il loro fu-turo incerto. L’Istituto tedescoper la Ricerca economica (Diw) el’Università di Brema parlano diuno studio commissionato dallaFondazione Bertelsmann a finenovembre 2012 di una “signifi-cativa perdita di reddito nelleclassi di ceto medio in Germanianegli ultimi anni, in termini disalari reali, di reale reddito nettodelle famiglie e delle attività”. Iricercatori avvertono di una disu-guaglianza sociale: la “Prosperitàper tutti” promessa al momento

del miracolo economico tedesco-occidentale degli anni cinquantae sessanta sarebbe “non più uti-lizzato” come prima. A causadell’aumento delle famiglie sin-gole e monoparentali, l’immigra-zione “persone svantaggiate” e lamancanza di allineamento di be-nefici per l’inflazione, la quotadella classe media della popola-zione tedesca è stata ridotta ameno del 60%.Perlomeno il numero dei disoc-cupati del 2013 dopo le previsio-ni dell’Istituto di economia nonè in aumento in modo significa-tivo, ma rimangono per il 2012sotto i tre milioni: anche questanell’anno delle elezioni è unabuona notizia per la coalizionedella Merkel.

25

EUROPA ALLA DERIVAStefan V. Kempis

Stefan V. KempiS

Ha studiato storia, teologia, arabo e islami-

stica a Friburgo, in Brisgovia e a Roma. At-

tualmente è vicecaporedattore del program-

ma in lingua tedesca di Radio Vaticana. Ha

pubblicato nel 2008 due libri su Papa Bene-

detto XVI.

L’Autore

Page 30: Europa alla deriva
Page 31: Europa alla deriva

DI EMMA BONINO

Le rivolte nei paesi islamici, iniziate oltre due annifà, hanno perso la loro spinta innovativa, ma comein ogni processo di transizione la situazione è

diventata molto fluida. La caduta delle dittatureha sdoganato i partiti di ispirazione islamica i quali hannovinto le prime elezioni democratiche in Egitto e Tunisiae vorrebbero imporre la legge della Shari’a e la rivoltaha ripreso vigore e la gente è tornata a protestare.

Dalla Primaveraall’Inverno arabo

EUROPA ALLA DERIVAEmma Bonino

27

Nell’osservare e cercare di inter-pretare gli eventi in corso nelmondo arabo, è indispensabilepartire dall’assunto che in politi-ca non c’è nulla di più fluido diun processo di transizione. Qual-siasi lettura catastrofista di lun-go periodo suscitata dall’emozio-ne che spesso l’attualità offre, ri-schia di essere superficiale esommaria, quindi inadeguata acogliere la complessità delle di-verse situazioni.Nel giro di quasi 24 mesi, siamopassati dalla “Primavera” all’au-tunno e infine all’inverno arabo.C’è chi non ha perso tempo e nonha resistito alla tentazione di ri-spolverare tesi che sono state allabase delle scelte di politica estera

dell’amministrazione di GeorgeW. Bush con i risultati che sonotutt’ora sotto gli occhi di tutti, apartire dalla preferenza per l’op-zione militare in Iraq nel 2003 inluogo del possibile esilio di Sad-dam Hussein, che avrebbe evita-to al “nuovo” Iraq di sorgere sot-to gli auspici di un omicidio isti-gato dalla vendetta e di diventareinternamente e a livello regionaleterreno di dispute settarie. Non è solo lo spauracchio dello“scontro di civiltà” a tornare dimoda oggi. Non manca neppurechi ancora pensa di riuscire aconcepire politiche utili alla pa-cifica e democratica convivenzadei popoli, o più modestamente agarantire la propria stabilità “na-

Dopo 24 mesi di rivoluzione

Page 32: Europa alla deriva

28

zionale”, sostenendo la tesi dellainconciliabilità tra Islam e de-mocrazia. Una simile concezione,se tradotta sul piano dei rapportibilaterali e multilaterali fra statie della politica interna nei con-fronti degli immigrati, persinodi seconda generazione e magariconcepiti da unioni miste, il cuiunico torto è la fede musulmana,è destinata a generare ulterioriconflitti e sofferenze per tutti, aprescindere dal passaporto. Sappiamo ormai per esperienzache quando lo spazio per il dialo-go si esaurisce e prevale il rifiutoreciproco, signifi-ca che ci avvici-niamo ad un pe-riodo molto peri-coloso. Di questi tempine sanno qualcosagli amici turchi:n ono s t an t e l eaperture e le buone intenzionimanifestate nel 2005 per unasoluzione equa e duratura del-l’annosa questione curda, oggiconstatano una preoccupante re-crudescenza del conflitto, inco-raggiata anche dagli avvenimen-ti in corso nella vicina Siria. So-prattutto vedono profilarsi al-l’orizzonte una nuova classe di-rigente curda, costituita di nuo-ve leve convinte che il negoziatonon sia più un’opzione possibilee che solo la lotta armata potràriscattare il loro popolo. Si trat-ta di un atteggiamento di chiu-sura che poggia sulla totale as-senza di fiducia nell’interlocuto-re e nella sua – eventuale – buo-na fede. Porsi il problema di co-

me si è arrivati a questo punto,può aiutare a non ripetere erroridi valutazione rispetto a quantodi nuovo si sta configurando apoche ore di volo dalle nostrecapitali. Se ripercorriamo gli ultimi setteanni di storia della Turchia, ve-diamo con chiarezza che il cam-bio di passo nella politica del go-verno d’ispirazione islamica gui-dato da Erdogan, ha coinciso conil rinvigorirsi in Europa di nazio-nalismi che da sette secoli sonola nostra spina del fianco, van-tando il primato di svariate guer-

re intestine e dueconflitti mondiali.Se l’Europa dellePatrie non avessecongelato il pro-cesso di adesionedella Turchia al-l’Unione europea,seguendo Francia,

Germania, Austria e Olanda sulterreno della chiusura alla diver-sità in nome di supposte radicicristiane del continente europeo,Ankara avrebbe avuto molti me-no motivi per abbandonare ilpiano di riforme annunciate inoccasione dell’apertura dei nego-ziati di adesione e orientarsi, co-me invece ha fatto, verso un ri-torno a sogni di grandezza cheappartengono a un passato nontroppo remoto. Se la Turchia og-gi fosse saldamente avviata versola piena membership europea,avremmo più strumenti per leg-gere la situazione corrente e do-tarci di politiche in grado di aiu-tare noi stessi e i popoli arabinella costruzione di un sistema

A causa delle pauredi alcuni stati europeiAnkara è tornataa orientarsi a diventareuna macro-regione

Page 33: Europa alla deriva

29

EUROPA ALLA DERIVAEmma Bonino

Il LibroDomenico QuiricoPrimavera araba Bollati Boringhieri 2011, 217 pp.,14 euro

La primavera arabaha scosso il Nor-dafrica, un luogoche sembrava pie-trificato nel tempo,coi suoi dittatoriviolenti, le sue oli-garchie privilegiatee le enormi massedi giovani poveri,cui non resta altro

che la fuga in Europa. Tunisia, Egitto, Algeria,Libia, ogni paese oggi in rivolta è diverso, matutti si affacciano sullo stesso Mediterraneoe i loro destini sono intrecciati al nostro. Perraccontare la storia di queste rivoluzioni ènecessario conoscere la gente, smarcarsi dal-la propaganda, vivere l’atmosfera dellestrade del Maghreb. Questo è il mestiere diun giornalista rigoroso, come DomenicoQuirico, che ha visto coi suoi occhi i dram-mi e le speranze di quei giovani e ci resti-tuisce in questo libro un modo per com-prendere. Tutto è iniziato il 17 dicembre 2010,quando i poliziotti hanno requisito due cas-sette di mele e banane a Mohamed Boua-zizi, un venditore ambulante abusivo di ver-dura, e lui ha comprato una tanica di ben-zina, ha acceso un cerino e si è dato fuoco.Altre volte era serpeggiato il malcontentotra le popolazioni periferiche della Tunisia– quelle che i turisti non vedono –, ma que-sta volta è stato diverso e il fuoco di Mo-hamed si è rapidamente propagato in tut-to il paese, dalla Tunisia è passato in Egit-to e da lì in Algeria e in Libia. Tutto ha pre-so fuoco: la strada ha compiuto sponta-neamente il primo miracolo arabo dopomezzo secolo, questa volta senza urlare pa-role d’ordine antioccidentali o integraliste,ma semplicemente hurrya, libertà.

Souad SbaiIl sogno infranto.La nuova Primavera araba Curcio 2012, 223 pp., 18,90 euro

“Le rivolte ini-ziate a piazzaTahrir darannoesiti democrati-ci, su una lineacostituzionali-sta e libérale,oppure sfoce-ranno in peri-colosissime re-staurazioni isla-

miche?”. Souad Sbai solleva un quesi-to più che mai attuale, in questo sag-gio che è un'aspra critica al multicultu-ralismo e al relativismo di alcune so-cietà occidentali. La risposta sembraessere un affermarsi silenzioso di unanuova forma di estremismo. Con lascusa di dover accettare a ogni costo lealtre culture, infatti, diversi paesi han-no legittimato quei comportamentiche sono solo una negazione dei dirittiumani, in particolare dell'universofemminile. Nella seconda parte del li-bro, l'autrice racconta le storie di quel-le donne di origini arabe che sono sta-te vittime, persino in paesi occidentali,di soprusi più o meno pesanti, sfociatiin alcuni casi anche nella morte. Sonoaberrazioni che fanno leva sull'unica"colpa" che hanno queste persone: es-sere nate del sesso "sbagliato".

Page 34: Europa alla deriva

di relazioni che mettano a fruttocon successo l’interdipendenzache c’è tra il Nord e il Sud delMediterraneo.Quelli che oggi assegnano almondo arabo un inevitabile de-stino di declino verso il baratrodell’oscurantismo e dell’autorita-rismo di stampo religioso, com-mettono lo stesso errore di valu-tazione dettato dalla fretta dichi, all’indomani delle rivoluzio-ni in Tunisia, Egitto, Libia e Ye-men, ha sperato che un paio ditornate elettorali fossero suffi-cienti a far germogliare in quellerealtà il seme dellademocrazia nelleforme in cui la co-nosciamo in Occi-dente. Concentrar-si esclusivamentesugli aspetti dicrisi delle transi-zioni in atto com-porta non cogliere i fattori posi-tivi del cambiamento e le oppor-tunità che essi offrono. Fino aquesto momento le Primaverearabe hanno prodotto quattro ef-fetti sostanziali di cui è impor-tante tener conto e la cui portata,non sempre positiva, travalica digran lunga i confini degli Statiinteressati e va ad inserirsi in uncontesto regionale in piena evo-luzione. Il crollo sotto la spinta popolaredi alcuni dei regimi laici sortidalle ceneri dei processi di deco-lonizzazione, e che si tendeva aritenere solidi e per molti versiimmuni da trasformazioni, hamesso in crisi il fascino dell’uo-mo forte che offre effimere ga-

ranzie di stabilità e sicurezza ascapito delle aspirazioni di liber-tà e democrazia dei propri citta-dini. Il pugno di ferro è servitoper anni a permettere ai visitato-ri occidentali di frequentare lelocalità balneari e altri siti turi-stici senza troppo timore per lapropria incolumità, a contenere iflussi migratori da Tunisia, Egit-to e Libia verso l’Europa, ad al-lontanare l’incubo di un nuovoconflitto arabo-israeliano, manon è riuscito a neutralizzare lepulsioni centrifughe di popola-zioni che aspirano a “pane, liber-

tà e giustizia so-ciale”. La questio-ne della longevitàal potere dei capidi Stato, del limi-te al numero dimandati che unapersona può rico-prire, è una que-

stione che occupa il processo co-stituente in tutti i paesi in tran-sizione, orientati senza divisioniinterne ad introdurre un limiteesplicito. Il primo effetto dellePrimavere arabe è pertanto lapercezione della necessità delprincipio dell’alternanza al pote-re come elemento costitutivo delnuovo sistema politico in via diformazione. I segnali d’insoffe-renza verso regimi che tendono arestare saldamente ancorati alpotere per decenni stanno manmano facendosi strada anche innumerose realtà africane: le re-centi esperienze del Senagal edella Costa d’Avorio, dove la mo-bilitazione popolare e delle op-posizioni è riuscita ad imporre

30

Dobbiamo dotarcidi politiche in gradodi costruire un sistemadi relazioni tra i paesidel mediterraneo

Page 35: Europa alla deriva

una soluzione di continuità allepresidenze di Wade e Gbagbo,ne costituiscono l’esempio piùlampante.Non c’è dubbio che un altro ri-sultato, e non di poco conto, delrovesciamento dei regimi arabinel Nord Africa e in MedioOriente sia stato lo sdoganamen-to dell’Islam politico. La riabili-tazione dei Fratelli musulmani,in precedenza banditi per leggedalla vita pubblica quasi ovun-que, salvo “l’eccezione giordana”,il Sudan e il governo della Stri-scia di Gaza controllato da Ha-mas, diretta ema-naz i one deg l iIkhwan egiziani, èstata la conseguen-za più immediatadel nuovo corsoche si è aperto conle Primavere ara-be. L’abilità dellaconfraternita e dei movimenti sa-lafiti nel capitalizzare al megliole opportunità offerte dall’im-provvisa apertura di spazi di agi-bilità politica, fino alla conquistadel potere in Egitto e in Tunisia,è un aspetto che non stupisce mache al contrario potremmo defi-nire fisiologico alla luce del con-testo. Parliamo infatti di realtàdisabituate ai meccanismi delgioco politico e della dialetticatra maggioranza e opposizione,dove per lunghissimo tempo ilpluripartitismo è stato solo unesercizio di facciata, rappresenta-to da una situazione in cui i par-titi esistenti erano quelli consen-titi dal regime, quindi in buonaparte scollati da qualsiasi dato di

aderenza alle istanze diffuse a li-vello sociale. Se poi consideriamoil fatto che lo Stato ha sempretrascurato di sviluppare politichesociali e di assistenza, rimanendoassente dalle questioni stringentidella vita dei suoi cittadini, siintuisce come gli islamisti, chehanno svolto per tanti anni unafunzione di supplenza in questosettore, abbiano avuto buon gio-co nel radicarsi, specie tra le fa-sce più disagiate della popolazio-ne. Questa esistenza “tollerata” afasi alterne dai regimi e concor-rente rispetto allo Stato, ha con-

sentito loro diperfezionare lapropria capacitàorganizzativa e dimobilitazione e disaperla mettere afrutto quando sene è presentatal’occasione. Da un

lato i laici e i liberali, pur aven-do predicato il cambiamento so-no apparsi quasi colti di sorpre-sa, incapaci di trovare quell’uni-tà d’intenti e di struttura orga-nizzativa in grado di garantireloro maggiore competitività po-litica ed elettorale. Dall’altro, iFratelli musulmani e i salafitihanno saputo fare tesoro del-l’esperienza accumulata in sva-riati lustri di attività semi-clan-destina e degli aiuti, soprattuttofinanziari, che le potenti monar-chie del Golfo hanno assicuratonel corso del tempo. Questovantaggio sulle forze liberali pe-rò non è irreversibile.In Tunisia e in Egitto, oggi gliislamisti si devono misurare con

31

EUROPA ALLA DERIVAEmma Bonino

Il rovesciamentodei regimi arabi in Africa e in Medio Oriente ha sdoganatol’Islam politico

Page 36: Europa alla deriva

l’effettivo governo della res publi-ca e con una congiuntura econo-mica che necessita di governiall’altezza della situazione: daquesto punto di vista, le piazze cidicono che l’avvio non è stato deipiù felici. L’aspetto cruciale sucui centrare l’attenzione in que-sta fase, a mio modo di vedere,è quello della costruzione delnuovo Stato, di istituzioni eprocedure che assicurino la le-galità e la tenuta del costituen-do ordinamento democraticoindipendentemente dalle forzepolitiche che di volta in voltarisulteranno elet-toralmente mag-gioritarie.Gli eventi degliultimi mesi, comel’ondata di prote-sta stimolata daisalafiti in tutto ilmondo arabo colpretesto della diffusione negliStati Uniti del film – di pessimogusto – sulla vita del Profeta, lanuova fatwa iraniana nei con-fronti di Salman Rushdie, l’ucci-sione stessa dell’Ambasciatoreamericano in Libia, sono ele-menti che fanno emergere un’al-tra conseguenza delle Primaverearabe: la riacutizzazione del con-flitto tra sciiti e sunniti per ilpredominio sulla regione. Men-tre i movimenti salafiti hannoriacquisito visibilità e nuove po-tenze stanno emergendo in qua-lità di attori di peso a livello re-gionale, come il Qatar, la Tur-chia e l’Egitto, l’Iran, indebolitodalla crisi siriana, non è più per-cepito dai popoli arabi come il

benefattore dell’Hezbollah, eroi-co movimento di resistenza con-tro Israele, ma come il protetto-re del regime sanguinario di Ba-shar al-Assad. Di qui la necessitàdi inasprire il confronto conl’Arabia Saudita sul Bahrein, dirafforzare i legami con Hamas econ le altre fazioni che operanonella Striscia di Gaza, a partiredal Jihad Isalmico, ma soprat-tutto di cogliere ogni spiraglioper affermarsi come l’autenticonemico del “Grande Satana” e ri-portare le bandiere verdi nellepiazze arabe, attualmente domi-

nate dai drappineri dei salafiti.Non è la primavolta che questoschema si producein Medio Oriente.Nel 1988, quandofurono pubblicatii Versetti Satanici

di Rushdie, Khomeini emanò lasua celebre fatwa per recuperareprestigio nel momento in cuil’Iran usciva con un nulla di fat-to sul piano militare, ma con unelevato numero di caduti e danniinterni, dalla guerra control’Iraq. Fino ad oggi l’Occidenteha sempre scelto di sostenere ilblocco sunnita, la cui unità è ga-rantita dalle obsolete monarchiedel Golfo, ma alla luce dellanuova situazione che si sta deli-neando a livello regionale a se-guito degli sconvolgimenti chehanno toccato i paesi attualmen-te in transizione e delle criticitàaperte dalla congiuntura siriana,si renderà necessario rivedere al-cuni dei cardini che sono stati

32

Le Primavere arabehanno portato alla riacutizzazionedel conflitto storicotra sciiti e sunniti

Page 37: Europa alla deriva

alla base dei nostri rapporti conquell’area del mondo.Infine, ma non per questo menoprimavere arabe hanno avutol’effetto di galvanizzare una mo-bilitazione popolare senza prece-denti, che con una buona dose dideterminazione è riuscita a supe-rare la paura nei confronti del re-gime e a generare il cambiamen-to. Le massicce manifestazioni dipiazza che si sono avute al Caironelle ultime settimane contro ledecisioni neo-autoritarie del pre-sidente islamista eletto Moha-med Morsi, le marce di protestadelle donne tunisine contro unabozza costituzionale che le vor-rebbe relegate in posizione su-balterna rispetto all’uomo nellavita sociale, testimoniano l’irre-versibilità del processo in corso ela solidità della presa di coscien-za dei cittadini, ormai disposti alottare contro chiunque tenti diripristinare, anche se in altre for-me, la politica del pugno di ferroa detrimento delle libertà civili.Questo aspetto è cruciale perchécostituisce una vera e propria le-va per l’affermazione dello statodi diritto, e non va solo tenuto ingrande considerazione, ma lad-dove possibile va alimentato eaiutato a sviluppare le sue poten-zialità rivoluzionanti l’ordinestabilito.La vittoria della primavera sul-l’inverno è un’occupazione eun’urgenza che sta a cuore aglistessi arabi prima che a noi. An-che se queste realtà, a differenzadegli stati post-comunisti figlidello smembramento dell’Unio-ne sovietica, non possono contare

sull’esempio di un’Europa cheindichi loro il cammino da per-correre, stanno dimostrando divoler lottare per un futuro chesegni un nuovo corso nella vitadelle prossime generazioni.Quello che dovremmo fare noi,al di qua del Mediterraneo, èpensare a quali strumenti mette-re in campo per aiutarli e conte-stualmente a come evitare la de-riva del nostro continente, anco-ra frazionato in singole entità na-zionali con un peso specifico irri-sorio rispetto ad un assetto glo-bale che prefigura una dialetticatra grandi blocchi e potenze or-mai definitivamente emerse sullascena internazionale.

33

EUROPA ALLA DERIVAEmma Bonino

emma bonino

Vicepresidente del Senato della Repubblica

dal 6 maggio 2008. È una delle figure più in-

fluenti del radicalismo liberale italiano dell'età

repubblicana.

L’Autore

Page 38: Europa alla deriva

Barack Obama è stato rieletto per altri quattro anni alla

presidenza degli Stati Uniti, è arrivato il momento per lui

di correggere i propri errori e di rilanciare le ambizioni di

uno Stato, gli Stati Uniti, da troppo tempo bloccato a

causa di interessi partitici che hanno impedito le riforme

economiche. Ma per fare questo non ha più molto tempo,

al massimo altri due anni.

Page 39: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVA

Page 40: Europa alla deriva
Page 41: Europa alla deriva

What will the re-election ofBarack Obama as President of theUnited States mean for ordinaryAmericans, for the U.S. economy,for America’s place in the world,and for those of us in Europe whoare watching with apprehensionthe changing dynamics of globalpower?Mr. Obama’s first term was a par-tial success and a partial failure. He succeeded in improvingAmerica’s image and standing inforeign policy, in reaching out tothe Muslim world, in communi-cating to Asia that he understandsits growing importance and in de-voting more time and energy tothe newly developing and fastergrowing parts of the world. He succeeded in killing Osamabin Laden, which for the averageAmerican was a big achievement,

and he managed to withdrawU.S. soldiers from Iraq, ending avery unpopular engagementthere. He also set the course forwithdrawal from Afghanistan,without a victory but without ablood bath either.He succeeded in implementing arescue plan for the U.S. economythat had already been constructedin the closing days of the BushAdministration, even though hefaced plenty of controversy andcriticism for massive but neces-sary U.S. state aid to banks andto the car makers of Detroit. He managed to stabilise the U.S.economy and prevent a depres-sion, and he managed to work formore progress on global warming.Mr. Obama failed to implement areally functional universal healthcare system, introducing instead

di ALAN FRIEDMAN

I destini di Europa e Usa sono inscindibili

Ad Obama 4 anni duri,alla Cina maggior potereLa nuova sfida presidenziale di Obama si cala in un orizzonte globale sempre più complesso, tra la crisi dell’Occidente e l’emergere sempre più prepote della Cina. Uno scenario per così dire noioso èquanto di più auspicabile, la scomessa Usa per il prossimo quadriennio è evitare shock politici edeconomici. Solo così Barack Obama entrerà nella storia.

37

EUROPA ALLA DERIVAAlan Friedman

Page 42: Europa alla deriva

38

a half-measure that is not very ef-fective. He failed to deal with domesticproblems ranging from immigra-tion reform to the tragic and easyavailability of guns that has ledto so much violence in America.And he failed to achieve any realreduction in unemployment,largely because no U.S. presidentcan deal with an economic situa-tion in which consumer demandand spending remains very verylow, and unemployment remainsvery high.He also failed to achieve a work-able compromise with Republi-cans on taxes and the huge Amer-ican debt levels, and the solutionachieved after his re-election lastNovember to the drama of theso-called "fiscal cli f f" wasmeagure, modest, a band-aid fora cancer, and certainly destinedto require a great deal more workby both major political parties inthe United States. This is perhaps the biggest chal-lenge he faces in the next fewmonths and years, managing theU.S. debt levels and the U.S.economy.But Americans, in common withan increasing number of Euro-peans also suffering from weakeconomic growth or recessionand high unemployment, votedfor the Left, and so they voted forObama. Americans were moreafraid of a rich Republican candi-date like Mitt Romney than aless wealthy (but still multi-mil-lionaire) Democrat named BarackObama.The ordinary American does not

understand economics and eco-nomic cycles any more than theordinary European. So whenthere is austerity, or recession, orhigh unemployment, the middleclasses tend to vote for the partythat appears to be most likely toprotect welfare benefits and statespending , even if there is reallyno money to pay for these pro-grammes. This was the case inFrance recently, and it seems tobe the same in Italy, where fear ofrecession and unemploymentcauses people to vote for the Left,even if the Left is constrained andultimately forced to adopt eco-nomic policies that are not reallydifferent from the center-right.So where are we headed at homeand internationally with Mr.Obama in the period betweennow and the day he leaves theWhite House, on January 20,2017? What should we expect? In foreign policy we can expectWashington to continue to beconfused about the true meaningand true prospects for the MiddleEast and North Africa in thewake of the Arab Spring. Theproblem with democracy inplaces such as Lebanon, Libya,Tunisia, Egypt and elsewhere isthat it can lead to the democraticelection of former terrorists, orextreme Islamists, or those pre-pared to do business with Is-lamists. The Arab Spring maymean more instability than secu-rity in the next few years. Syria isonly one example, albeit a tragicdilemma.There will be no peace deal be-tween Israel and the Palestinians,

Page 43: Europa alla deriva

39

because Washington under Mr.Obama’s leadership does not havethe courage, the determination,or the attention span needed toput its foot down, and demand ofIsrael the withdrawal from occu-pied land and a two-state solu-tion or to demand from Hamasor Hezbollah the end of anti-Is-raeli acts. Expect more paralysisand stasis here. That is bad be-cause the standoff between Israeland Palestine remains the biggestfuel for recruiting more terror-ists.There is unlikely to be a militaryattack on Iran, partly because Mr.Obama is against it and shouldbe able to use the threat of cut-ting U.S. financial aid as a way ofpreventing Israel from launchingan attack, and partly because so-phisticated diplomats in Americaand Europe know that the cur-rent President of Iran is ratherunpopular with both the Iranianpeople and with the ayatollahs,and it is better to wait, and rea-son than to engage in militaryaction that could enflame anddestabilise the entire region.That could be good news.

What about Europe? America’s interest in Europe isfundamentally about threethings: first about doing every-thing possible to cajole and pushEuropean leaders to pursue pro-growth policies so that Europecan remain a big customer forU.S. exports, and second aboutensuring that the West is unitedenough to deal with a resurgentRussia, and third about partner-

ing with Europe to help police adangerous world.But Barack Obama faces a bigdilemma when it comes to Chi-na. And the story of China’sgrowing position on the worldstage is probably the single mostimportant geopolitical realitythat Washington needs to con-tend with.While it is true that China is notas economically healthy as it wasa few years ago, and while it istrue that Bejing’s leadershipfaces huge challenges in keepingits own social cohesion intact ata time of slower growth andfalling exports to the U.S. andEurope, the simple fact is thatChina has three thousand billiondollars of foreign exchange re-serves. So in the near term,meaning over the next few years,China probably has enoughmoney to artificially stimulateits own economy in order to buysocial cohesion and to compen-sate for a drop in exports to re-cessionary Europe and America. The rise of China as a regionaland global military power as wellas a global economic force meansthat the real contest for global in-fluence in our lifetime will be be-tween the United States and Chi-na. Mr. Obama, to his credit, hasunderstood the need to nurturecloser political and economic re-lations with India and withSoutheast Asia, the other Asianswho feel most threatened them-selves by China and who are mostlikely to become natural allies ofthe West as China’s power grows.But the other reality that will

EUROPA ALLA DERIVAAlan Friedman

Page 44: Europa alla deriva

proscribe Mr. Obama’s room formanoevre is the de facto power ofricatto that China exercises overthe U.S. Government and theU.S. economy. As the owner ofabout half of all outstanding U.S.Treasury bonds, China has anenormous power over U.S. debtquestions and U.S. finances. To its credit, China has wiselydecided to use this power verycarefully, mainly because Beijingalso understands that if it were tostop buying U.S. Treasury bondsor do anything sudden it wouldso damage the U.S. economy thatit would be hurting itself. China still needs the UnitedStates to buy its exports, and thatmeans that Beijing and Wash-ington are condemned to livewith each other, to seek compro-mise, and to continue their sym-biotic economic relations. China and the United States needeach other, and that is a goodbalance of power because itmeans the risk of any irresponsi-ble action by China will be di-minished in future. This is actu-ally a good stalemate because ithelps both Beijing and Washing-ton to remain relatively stabletrading partners. So let us return to the question Iposed at the beginning of this ar-ticle: What will the re-election ofBarack Obama as President of theUnited States mean for ordinaryAmericans, for the U.S. economy,for America’s place in the world,and for those of us in Europe whoare watching with apprehensionthe changing dynamics of globalpower?

For ordinary Americans, it seemsto me that Mr. Obama will notbe able to significantly reducerelatively high levels of unem-ployment during his next fouryears. No U.S. President, be they a Re-publican or Democrat, can dealwith the structural problemscaused by a world in which theU.S. and Europe are destined tohave average growth rates thatare relatively low and in whichhigher growth will come fromAsia and from Brazil and fromoil-producing nations.We should never underestimatethe dynamism and flexibility ofthe U.S. economy, with itsstrengths of technological inno-vation and a truly entrepeneurialculture. So America will not fail,it will not collapse, it will notlose its ability to continue grow-ing; in my opinion however weare facing a half-decade more ofrelatively low growth and highunemployment, a slow recoveryfrom the financial crisis that be-gan in 2008, and after that an in-ability to reach or match thefaster growth rates of emergingAsian economies.For the U.S. economy, as forsome European nations, the deci-sion to implement higher taxeson the wealthy is both a populistresponse to low-growth or reces-sion, and a short-term solution tohelping to replace lost tax rev-enues that are lost because of re-cession. In the longer term, in the UnitedStates, as in the European Union,structurally improved prosperity

40

Page 45: Europa alla deriva

and growth can only come fromlower debt levels, from lowerdeficit levels, from freer labormarkets, and from less spendingon expensive and unaffordablewelfare and pensions. In the United States, as in Europe,these are considered liberista sen-timents that are politically un-popular, and where public sectordebt is at historically high levels,these governments simply do nothave enough room for manoevreto help themselves, even withwealth taxes (patrimoniale) thatare now inevitable across much ofthe Western world.So the ordinary American is un-likely to get much help from theWhite House because of thestructural limits, the economicrealities of living in an era ofhigh debt levels. This does not mean there willnot be an eventual cyclical eco-nomic recovery - this will come,probably toward the end of Mr.Obama’s second term as Presi-dent. It will not be a big recov-ery, because debt levels are toohigh. But at least some middleclass Americans, enough of them,may feel somewhat better off by2016, with unemploymenttrending downward although notdramatically, and that is why Ibelieve Hillary Clinton can prob-ably win in 2016 if she decidesto stand for office.Politics in the United States, asin Europe, is mainly about theeconomy. Bill Clinton under-stood this the best, and his teamof economic advisers, led byTreasury Secretary Bob Rubin,

was probably the most sophisti-cated team to govern the UnitedStates in the past few decades. But Mr. Obama faces anotherproblem, a political problem, aproblem as big as the huge U.S.debt level itself - he is condemnedto live with the Republicans, to"co-govern" the United States andto face compromise or paralysis injust about every major policy areahe wishes to pursue. The Republicans will not let Mr.Obama push his biggest priori-ties, they will simply make deals,first engaging in polemics andthreats, and then in compromise,for much of the next four years.(The only caveat I can offer hereis that if the Democrats were towin back the House of Represen-tatives in mid-term elections in2014 then Mr. Obama could usehis last two years in power topush through some of his biggestpet projects. But I doubt thiswill happen because America’selectorate, like most Europeanelectorates, is fairly evenly bal-anced, almost 50-50, betweenthe center-left and the center-right.)Likewise, America’s place in theworld will have to take accountover the next four years of severalrealities that are unlikely tochange. China will continue to grow inpower, and the stalemate in rela-tions between Beijing and Wash-ington is likely to continue. Iron-ically, that stalemate, based onmoney and Treasury bonds andtrade, may be the world’s singlebest guarantee of stability in the

41

EUROPA ALLA DERIVAAlan Friedman

Page 46: Europa alla deriva

next few years, despite the factthat there will be occasionalflare-ups between the two bigpowers.The non-oil producing andpost-Arab Spring nations of theMiddle East and North Africaare unlikely to become trulystable , or safe, or secure, or freeof extremists in a timespan asshort as three or four years. AndAmerica will not change thatreality.The ambitions of VladimirPutin and his brilliant but dia-bolical realpolitik will not beeasily countered by the UnitedStates, and that is another situa-tion unlikely to change betweennow and the time Mr. Obamaleaves the White House in2017.As for America’s relations withEurope, these should continue tobe positive, marked by the occa-sional disagreement but largelystable. But America is not in aposition to help European leadersto achieve what they need themost - genuine cooperation for agenuinely united EuropeanUnion of 27 nations. Only Euro-peans themselves have the poten-tial to achieve their own solu-tions, and after the elections inGermany in September or Octo-ber we will see what Europe’sshort-term economic and politi-cal future is all about, because itwill depend on Berlin and not onWashington. I remain cautiouslyoptimistic that Europe will mud-dle through, it will unexcitinglycontinue to take one step forwardand two steps backward, with

slow progress, relative stabilityand a lack of unity and imagina-tion on foreign policy.

The so-called euro crisis was notabout the euro really. It was about a lack of liquidity, abanking crisis, a credit crunch,and the person who really savedEurope was Mario Draghi, evenmore than Angela Merkel. Draghi’s ability to talk down fi-nancial speculators and to pro-vide a trillion euros of liquidityto the banking system is whatsaved Europe. Greece is still as bankrupt todayas it was two years ago. But theGreek crisis is not big enough tothreaten Europe as a whole, andthe risk of a domino effect andcontagion was beaten down byMr. Draghi in the historic sum-mer of 2012, when he played hissuccessful poker game with thefinancial markets and announcedthat the European Central Bankwould do anything it needed toin order to defend the euro andEuropean financial stability. (TheObama Administration was con-spicuously absent from the solu-tion to Europe’s problems, be-cause Washington’s central bankhas been printing money foryears now to try and stabilise theU.S economy but this did notstop the financial crisis in Europethat was stabilised by Mr.Draghi’s brilliance).So the overall outlook for the sec-ond term of the Obama adminis-tration is not exciting, not likelyto change the world. We are in aperiod of slow recovery in eco-

42

Page 47: Europa alla deriva

nomic terms, of a shift in geopo-litical power toward the East instrategic terms, and of an inwardlooking American electorate fac-ing domestic and societal prob-lems and considering domesticmatters to be more importantthan foreign policy. It will take several years more torecover from the trauma of the fi-nancial crisis of 2008-2012.Americans will be mainly inter-ested in their own economy. Or-dinary Americans may not reallyunderstand how interdependentthe United States is with Europeand Asia, but their business lead-ers are all relatively cautious andknowledgeable men and women. We should not expect any greator new achievements from BarackObama’s America over the nextfour years. But we can expect apragmatic and realistic manage-ment of politics and the econo-my, unexciting, a bit lethargic,but ultimately positive. The biggest risk to America andto the world is the risk of inac-tion on the U.S. debt problem.That is the real risk for Americaand the world. The most likelyscenario is that Democrats andRepublicans will be forced towork together and reach compro-mises, dragged along and con-strained to work together to facefinancial and debt problems, be-cause they have no choice.In this early phase of the 21stcentury, in this period of slow re-covery in fact, the best news thatcan come from Barack Obama’sAmerica may well be no news. A relatively boring scenario is

probably the best we can hopefor. If he can avoid any more traumaor political or economic shocksbetween now and 2017 then Mr.Obama will have earned his placein history. He will be known notas the saviour of his nation, butas a relatively competent, reason-ably compassionate and ultimate-ly unexciting transition figure inthe early 21st century. He will al-so be remembered as the manwho broke the race barrier andmade U.S. presidential historybecause of the color of his skin.That is a very positive develop-ment for my country, although itwill not fix our social or econom-ic problems any time soon. 43

EUROPA ALLA DERIVAAlan Friedman

alan friedman

Giornalista, conduttore televisivo e scrittore

statunitense. Grande esperto di economia è

stato inviato dell'International Herald Tribune,

collaboratore dell'amministrazione del Presi-

dente Jimmy Carter in qualità di Presidential

Management Intern, presidente esecutivo

della FBC Media di Londra, oltre che condut-

tore di vari programmi Rai. Friedman, nel

corso della sua carriera giornalistica al gior-

nale finanziario inglese Financial Times di

Londra (durata 14 anni: dal 1979 al 1993), è

stato insignito per ben quattro volte del Bri-

tish Press Award. Tra i suoi scoop più celebri

la scoperta dello scandalo Iraq-gate, la ven-

dita di armi a Saddam Hussein grazie ai fi-

nanziamenti illeciti effettuati anche tramite la

Bnl, che hanno coinvolto la Cia.

L’Autore

Page 48: Europa alla deriva
Page 49: Europa alla deriva

L’America ha cambiato presiden-te? Dai risultati delle urne nonparrebbe, ma c’è chi comincia apensarlo un anno esatto dopo larielezione di Barack Obama. Ilsuo primo quadriennio aveva vi-sto tutta una serie di proposte dicompromesso uscire dalla CasaBianca, intesa a incontrare i re-pubblicani a metà strada; doveessi però non si sono mai presen-tati. La strategia di Obama, percontro, era stata criticata più vol-te all’interno del Partito demo-cratico da chi vi ha riscontrato isintomi di una indecisione defi-nita a volte timida e a volte arro-gante da parte di un presidenteche passava il tempo, si disse, a“negoziare con se stesso”, imma-

ginandosi al di sopra delle particollocato idealmente “al centro”.Una strategia nata dalla stessaimpostazione iniziale, e di fondo,del suo impegno politico. La suacandidatura di quattro anni fanon era centrata sull’economiabensì su un discorso ampio, unappello a un “rinnovamento mo-rale” dell’America. La partita erastata animata, inizialmente,dall’opposizione alla guerra diGeorge W. Bush in Iraq e ancheper questo aveva avuto tanto suc-cesso fra i giovani. Senza questofattore il candidato democraticoalla Casa Bianca del novembre2008 sarebbe stato quasi certa-mente Hillary Clinton, con piùradici nell’establishment e più

di ALBERTO PASOLINI ZANELLI

Obama deve fare in frettaper cambiare l’America

45

La conferma per altri quattro anni permette all’attualepresidente di poter fare la voce grossa sulle sue proposte, ma non può perdere tempo perché negli ultimi due anni del suo mandato il suo potere “contrattuale” con i repubblicani diminuirà sempre più. Gli obiettivi principali sono il rilancio dell’economia statunitense, da troppo tempo in agonia,la rivalità con la Cina e la situazione medio orientale.

EUROPA ALLA DERIVAAlberto Pasolini Zanelli

Page 50: Europa alla deriva

esperienza in quelle nel gergo po-litico americano si chiamano“questioni di pane e burro”.Ma Obama aveva acciuffato lacandidatura (di strettissima mi-sura, col 50,1% dei voti nell’in-sieme delle primarie democrati-che contro il 49,9% della Clin-ton), un paio di settimane primadel terremoto finanziario ufficia-lizzato il 15 settembre 2008 conl’affondamento della “LehmanBrothers” che affossò il candidatorepubblicano John McCain. Gliamericani votarono “contro” edunque elessero Obama. “È l’eco-nomia, stupido!”stava scritto sullepareti delle centra-li elettorali delmarito Bill Clin-ton nel 1992. Unmemento a stare alsodo. La situazionee conomica de l1992 era incomparabilmente piùfacile e lieta: sull’onda lunga del-le riforme reaganiane, proprioClinton avrebbe compiuto neisuoi due anni di Casa Bianca il“miracolo” irripetibile di portarein attivo il bilancio federale diWashington. Ci riuscì con piccoliprovvedimenti ad hoc, concordatialla fine con la maggioranza re-pubblicana in Congresso. Obama avrebbe avuto bisogno didieci volte più iniziativa e centovolte più cooperazione. Invece èsalito alla Casa Bianca con idee atroppo lunga scadenza (anche lapiù conosciuta fra le leggi varateda Obama, la riforma sanitaria,era stata meditata negli anni pre-cedenti il terremoto finanziario e,

pur sacrosanta nelle sue imposta-zioni, aveva perso urgenza nelmomento in cui la disoccupazio-ne era la preoccupazione prima) esi scontrò con una opposizioneche aveva scelto dal primo giornonon il dibattito critico mal’ostruzionismo. Secondo la for-mula di uno dei più efficaci pro-pagandisti dell’estrema destra,Rush Limbaugh: “Far sì che Oba-ma fallisca”. Agli antipodi con letradizioni del partito che era sta-to di Eisenhower e di Reagan,conservatore illuminato e con uneccezionale senso dello Stato. Nel

1990, a conclusio-ne del “regno” rea-ganiano, era possi-bile e anzi abitualela ricerca di com-promessi e la col-laborazione fra idue partiti suigrandi temi di in-

teresse nazionale. Nel 2012 re-pubblicani e democratici non so-no mai stati così lontani e nontanto per l’emergere di probleminuovi, quanto per un autentico,profondo spostamento di poterinel modo americano di fare poli-tica. Oggi i leader dei partiti, in-cluso spesso il presidente, hannomeno peso in Congresso delle“centrali” ideologiche e di massmedia, soprattutto televisivi, coni telegiornali della Fox (tutta adestra) e della Msnbc (tutta a si-nistra) riferimenti per cementarele convinzioni nei già convinti.Una strategia “tutto o niente”che aveva funzionato benissimo,sotto le insegne del Tea Party nel-le elezioni di medio termine nel

46

Quattro anni fà Obamaentrò alla Casa Biancacon delle idee troppoa lunga scadenza e con poca collaborazione

Page 51: Europa alla deriva

47

2010, culminando nella conqui-sta della maggioranza alla Came-ra ma non nel 2012. La “polariz-zazione” ha funzionato, questavolta, all’inverso. Il suo rivale,Mitt Romney, ha baldanzosa-mente ricondotto la campagnaelettorale a uno scontro fra pro-grammi economici ed è stato ri-pudiato. Ha raccolto tre milionidi voti in meno di McCain quat-tro anni prima.E Obama è stato confermato allaCasa Bianca, di misura ma conmargine molto più largo di quan-to si potesse prevedere e adessol’America, lui incluso, ha l’im-pressione – o almeno la speranza– di aver a che fare con un presi-dente “nuovo”. E che pare avereadottato una strategia e soprat-tutto un atteggiamento molto di-versi da quelli del suo debutto. Sisente, ed è, più forte ed è sì dispo-sto a negoziare ma sulla base del-le sue proposte e non più cercan-do di indovinare cosa sarebbe piùappetibile all’opposizione. Si èmesso a parlare per se stesso, aformulare piani piuttosto precisi,aspettandosi che l’opposizione siopponesse e pronta a rilanciaretendendo l’orecchio e scandendo”Sentiamo allora che cosa propo-nete voi”. Una strategia giustifi-cata e prevedibile, soprattutto sesi tiene conto anche di un altroelemento: la posizione di Obamanon è mai stata così forte ma è de-stinata a tornare a indebolirsi coltempo, come è destino e regola diogni secondo mandato presiden-ziale, verso la fine del quale l’uo-mo della Casa Bianca normal-mente ottiene ben poco.

EUROPA ALLA DERIVAAlberto Pasolini Zanelli

Il LibroBarack ObamaI sogni di mio padre Beat 2012, 459 pp., 9,90 euro

Barack Obamaracconta i pri-mi trent'annidella sua vita,la storia nonfacile di una m e r i c a n onato dal matri-monio fra unuomo di colo-re, proveniente

dal Kenya, e una donna bianca, origi-naria di una piccola cittadina del Kan-sas. I sogni di mio padre è un'autobio-grafia senza reticenze, senza diploma-zie o ipocrisie, a ulteriore testimo-nianza della forza e della novità del lin-guaggio di Obama, anche perché scrit-ta prima della sua fulminea carriera po-litica. Una storia che in un linguaggiovivo e diretto, senza veli, racconta piùdi tanti saggi le difficoltà della societàamericana e dei suoi giovani di colore.Un viaggio, quello alla scoperta dellapropria identità, che inizia quando,appena ventunenne, Obama viene rag-giunto dalla notizia della morte del pa-dre. Il presidente degli Stati Uniti ri-percorre così la sua infanzia alle Hawaii,dove nasce e dove dopo pochi anni ri-mane solo con la madre, quando il pa-dre decide di tornare in Africa dalla fa-miglia d'origine. Non tace sulla diffici-le adolescenza quando, confuso sullapropria identità, rischia di smarrirsifra droghe e gang giovanili. E raccontainfine il viaggio in Kenya per conosce-re i parenti della famiglia di suo padre,ma soprattutto per ritrovare la 'metàafricana' della sua cultura e identità.

Page 52: Europa alla deriva

48

E qui non si può fare a meno diritrovare uno dei pericoli perquesta presidenza anche nel suosecondo quadriennio, insiti nellanatura del suo impegno politico enella sua stessa personalità: il so-spetto che Barack Obama sia pre-sbite. Se è un difetto, rappresental’eccezione piuttosto che la regola:gli uomini politici vengono, disolito, tacciati di miopia. Guarda-no troppo al terreno immediatosotto i loro passi e trascurano leconseguenze a lunga scadenza.Obama potrebbe guardare troppolontano, seguire una Grande Vi-sione e inciampa-re. La rara ipotesiera emersa più vol-te durante il pri-mo quadriennio(l’aver anticipatotroppo, si è visto,la riforma sanitariae trascurato, poli-ticamente, le angosce immediatedel debito e della disoccupazione),ma si ripresenta ora con assaimaggiore urgenza e in un conte-sto internazionale. Egli avrà mol-to probabilmente ragione sui fu-turi equilibri planetari ma com-mettere errori di trascuratezza abreve.L’ordine delle sue priorità è notoil linea di massima: è centratosull’Asia e sul Pacifico. Ricalca inparte – e più di una curiosità – le“preferenze” dei presidenti re-pubblicani di mezzo secolo fa.Con l’Estremo Oriente al centro enon l’Europa, non la Russia eneppure il Medio Oriente. I rap-porti con Mosca c’è spazio e tem-po per approfondirli e migliorarli

sull’onda lunga della scomparsa,ormai ventennale, della GuerraFredda. L’Europa nel suo com-plesso da un pezzo non è più mi-nacciata militarmente ma sem-mai da errori e incapacità autoge-ne. L’Europa cosiddetta unitanon è un timore ma semmai unaesile speranza, sulle sue attualidiscordi Washington intervienecon consigli non tutti disinteres-sati ma costruttivi e savi. Sel’America ha un rivale è la Cinacon il suo potere economico pro-rompente e le prospettive di uninevitabile adeguamento milita-

re. Un rapportoprioritario che vagestito come talecon equilibrio, fer-mezza e misura,comprese le garan-zie necessari ai vi-cini inquieti, dalGiappone alla Co-

rea (vecchi amici) al nuovo amicoVietnam ai germogli di democra-zia in paesi come la Birmania.E il Medio Oriente? Brucia comenon mai e la Casa Bianca insistenel dare la priorità all’Asia SudOrientale. A Gaza si sparava e simoriva, entravano in crisi i rap-porti fra Israele ed Egitto, la si-tuazione in Siria si aggrovigliavasempre più il giorno che BarackObama inaugurava il suo primoviaggio all’estero dopo la rielezio-ne entrando in un piccolo giardi-no birmano per abbracciare DawAung San Suu Kyy, la dolce ederoica leader dell’opposizione alladittatura militare, che in quellavilletta ci è stata quindici anniagli arresti domiciliari. Per lei

Se l’America ha un rivale è la Cina con il suo potere economicoe un inveitabileadeguamento militare

Page 53: Europa alla deriva

non era solo un successo il sentireil presidente degli Stati Unitibussare alla sua porticina: deveessere anche stato il principio, ola fine di un sogno, dolce, remo-to, così buddhista. Anche di Ba-rack si vedeva che era commosso,e così Hillary Clinton, il ministrodegli Esteri che dopo quattro an-ni si appresta a lasciarlo e che loha accompagnato in EstremoOriente in quella che è stata an-che una specie di luna di mielepolitica, finale invece che inau-gurale di una partnership. Ma en-trambi portavano un “telefonorosso” sul cuore,per essere raggiun-ti subito, inseguitidalle angosce al-l’altro capo del-l’immensa Asia.Più di cento pale-stinesi, e qualcheisraeliano, eranogià morti in quel momento nellapiccola “guerra dei sei giorni” eNetanyahu minacciava di far se-guire ai raid aerei una invasioneper via di terra e i capi terroristidi Hamas sembravano desiderar-lo, attenderlo con impazienza. Laloro potenza di fuoco è irrisoria inconfronto a quella del nemico,ma i morti fra la popolazione ci-vile sono per loro un’arma, quasidelle decorazioni. Lo sanno ancheloro che in questo modo non siarriverà mai a una Palestina indi-pendente, ma è tutto ciò che Ha-mas ha da offrire. Le ansie del-l’America e del resto del mondonon sono soltanto umanitarie: lanuova esplosione di violenza e diguerra minaccia di disarticolare

la trama delicata delle alleanze equella, più segreta e più solida,delle complicità. È in crisi il lun-go compromesso fra Israele el’Egitto, che ha reso possibilel’isolamento sigillato di Gaza: daquando la Primavera araba haportato al potere al Cairo i Fratel-li musulmani, “genitori” ideolo-gici di Hamas. Non si arriverà auna nuova guerra israelo-egizia-na, ma certo si sta incrinandoquel patto solo in parte scritto sucui si basano da decenni gli equi-libri mediorientali.Nelle parole di Henry Kissinger,

“non ci potrà esse-re una guerra sen-za l’Egitto né unapace senza la Si-ria”. Questi duepoli hanno rettoper quasi trent’an-ni; ma la “prima-vera” ha rimesso in

discussione tutto, a cominciaredagli equilibri. L’Egitto non è piùdi Mubarak e la Siria, invece di uncontrappeso, è diventata il focola-io di una guerra civile che dura daun anno e mezzo, in vari modi in-coraggiata proprio dall’Occidentein un gioco complesso e “bizanti-no” fra gli Emirati del Golfo, laTurchia in preda a nostalgie “ot-tomane” e la Francia che, anchedopo il passaggio dei poteridall’“ipercinetico” Sarkozy al mi-te Hollande, non par riuscire a di-menticare di avere avuto per innonazionale, in una parentesi tra dueMarsigliesi, una canzone dal tito-lo En partant pour la Syrie.E l’America cerca, deve cercare,di andare d’accordo con tutti per

49

EUROPA ALLA DERIVAAlberto Pasolini Zanelli

In Medio Orientela “primavera” ha rimesso in discussioneogni cosa e trovareuna soluzione sarà dura

Page 54: Europa alla deriva

evitare che la “concorrenza” pro-vochi crisi ancora più pericolosedi quelle insite nelle contrapposi-zioni e nei paradossi: i combatti-menti a Gaza mettono gli StatiUniti in contrasto con alleati in-dispensabili quali la Turchia el’Egitto, la guerra civile in Siriarischia di mettere Washington (eParigi e l’Unione europea) nellostesso campo con Al Qaida e congli altri gruppi fondamentalistiislamici sempre ansiosi di elimi-nare la “concorrenza” delle ditta-ture laiche, da Bagdad a Dama-sco. Il Grande Gioco del MedioOriente si cristallizza e scagliaschegge in tutte le direzioni. “Sel’Inferno ha una spiaggia – hadetto qualcuno – è a Gaza”. El’Onu ha calcolato che, anche sen-za una guerra in più, quella Stri-scia diventerà “invivibile” entroil 2020. È davvero presbiopiaquella di Obama nel concedersi,prima di un “vertice” regionale inCambogia, una breve doccia diserenità buddhista? È soltanto una leggenda che leelezioni per la Casa Bianca venga-no decise da una “battuta” più omeno felice di un candidato. Tut-t’al più quelle parole possono aiu-tare a capire, perché un candidatosia stato eletto e un altro no. Enon è poco. Nel “faccia a faccia”conclusivo della campagna 2012Obama ha saputo forgiare unafrase breve che sintetizza l’interaideologia del suo avversario e, diconverso, anche quella del suopartito. Ha detto a Romney:“Tutto quello che volete è impor-tare la politica estera degli anniOttanta, la politica “sociale” de-

gli anni Cinquanta e la politicaeconomica degli anni Venti”. Indue righe il ritratto biologico epsicologico dei repubblicanid’oggi, con una formula felice chesi può applicare, rovesciandolaappena, ai democratici. L’elezionepresidenziale 2012 è stata presen-tata spesso come un confronto tradue proposte, due programmi,due visioni del futuro. In realtà èstata lo scontro fra due nostalgie,due miti dell’Età dell’Oro. Quel-la del 1980 è la più facile da de-scrivere: Romney lamentava unindebolimento della governanceamericana sul mondo e per rin-verdirla proponeva una nuovaspinta al riarmo e un “interventi-smo” più aggressivo in diversearee nel pianeta: dal braccio diferro con la Cina per la concorren-za sui mercati ad iniziative mili-tari un po’ in tutto il MedioOriente, dalla Siria alla Libia al-l’Iran. Ad Obama è stato abba-stanza facile ribattere che il riar-mo degli anni Ottanta venne alculmine della Guerra Fredda e nerappresentò, grazie alla intuizio-ne di Reagan, l’ultimo atto, quel-lo che “spezzò” l’Impero del Ma-le. Il mondo da allora è davveromolto cambiato.Gli anni Cinquanta furono happydays, giorni felici perché allo“scoppio” della prosperità po-stbellica si accompagnò un’era diconsolidamento dei costumi, unritorno a virtù ed abitudini con-solidate. Prosperità senza le nor-mali conseguenze di trasforma-zione e destabilizzazione, com-presa l’immigrazione. Gli anniCinquanta celebrarono il grande

50

Page 55: Europa alla deriva

ritorno della famiglia, quandol’America era quasi tutta “bian-ca” e le coppie quasi tutte sposate(oggi sono meno della metà). Ilsogno di un conservatore, anchenella aritmetica della politica:contavano poco e nulla le “mino-ranze”, quelle che nutrono oggi isuccessi e l’avvenire del Partitodemocratico. Quanto agli anniVenti il discorso è più complessoe il confronto più radicale. I libe-rali li pensano soprattutto comel’anticamera della Grande De-pressione, il canto della cignodella Gilded Age con il suo arric-chimento frenetico e l’acutizzarsidelle diseguaglianze, l’ultimo – oil penultimo – canto dei robberbarons e dell’individualismo piùsfrenato. Ricordi condivisi dai repubblica-ni ma con nostalgia invece checon apprensione, celebrati nelprogramma e soprattutto nellaretorica di questa campagna elet-torale, soprattutto da parte degliattivisti nostalgici del Tea Party.Mitt Romney e più di lui il can-didato alla vicepresidenza PaulRyan, più di tutti gli ideologi diuna forma estrema di neoliberi-smo celebrano senza remore nécomplessi l’“eroismo” dell’indivi-duo come incentivo contrappostoa una “debolezza di carattere” deipiù, dei poveri e dei rassegnati.Un recente sondaggio del PewResearch Center rivela che sei re-pubblicani su dieci sono convintiche se uno è povero è perché hapoca voglia di lavorare e appenapiù di uno su quattro attribuiscel’indigenza a cause oggettive. Li-bertà è la parola d’ordine, solida-

rietà un termine in declino. Nonpotrebbe essere più marcato ilcontrasto con le visioni dellagrande maggioranza dei demo-cratici.Che però guardano anch’essi piùvolentieri all’indietro che inavanti, verso la loro Età dell’Oro:quella inaugurata dal New Deal enutrita di tante altre riforme daparte di amministrazioni e con-gressi repubblicani quanto demo-cratici. I recenti sviluppi tecnolo-gici, migratori e finanziari mi-nacciano di cancellare o almenoincrinare una società che si crede-va solida e priva di concorrenti.Un Eden in cui quasi tutti gliamericani (e gran parte degli eu-ropei) vedevano crescere i loro fi-gli con la certezza che avrebberovissuto meglio dei genitori. Nonè più così vero, soprattutto non èpiù così certo. E nelle incertezzeciascuno guarda indietro inveceche avanti, confonde umanamen-te la propria storia personale conla storia politica. Con la Storia,che qualche volta esalta e qualchevolta fa male.

51

EUROPA ALLA DERIVAAlberto Pasolini Zanelli

alberto pasolini zanelli

Giornalista e scrittore da anni residente a Wa-

shington.

L’Autore

Page 56: Europa alla deriva

La conferma di Barack Obama al-la guida degli Stati Uniti d’Ame-rica, decretata il 6 novembre2012, ha generato nel nostroPaese diverse reazioni. Tra lo stu-pore, l’ammirazione e la stimaper la riconferma nei confrontidel Presidente afroamericano del-la storia degli States, a prevalere èstato – inutile negarlo – un certosenso di invidia nei confronti diun popolo che, anche nel belmezzo di una contesa politicaimportantissima, ha saputo cele-brare il suo momento di unità ecoesione nazionale. Un popoloche è stato in grado di riunirsi at-torno ai valori che hanno fondato

la propria patria: il senso di co-munità che prevale sui particola-rismi e sulle ambizioni personali,il principio del merito quale uni-co mezzo di affermazione in unasocietà che conosce al suo internovistose e marcate disuguaglianzesociali, l’opportunità, per chiun-que lo desideri, di provare ad af-fermare le proprie potenzialità ele proprie capacità. Questo – maanche altro – ha suscitato neglianimi di noi italiani la riconfer-ma alla Casa Bianca di BarackObama. Non ce ne voglia quindiVasco Rossi, se prendiamo inprestito il titolo di un suo albumuscito nel 1979 per riassumere

Le elezioni americane, vinte da Barack Obama, sono state un vero esempio di democrazia e unità nazionale che ha ricordato a tutti, soprattuttoa noi italiani, quanto sia importante il senso di Patria e che le divisioni partitiche non devonomai prevaricare sul bene della nazione e dei cittadini.

GLI STATI UNITI SONOANCORA IL FARODELLA DEMOCRAZIA

di ANGELICA STRAMAZZI

L’importanza del voto negli Usa

52

Page 57: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVAAngelica Stramazzi

Page 58: Europa alla deriva

54

meglio quanto espresso finora:“Non siamo mica gli americani”.È vero: l’Italia non è certol’America, e gli italiani poco as-somigliano agli americani. Ep-pure, stiamo parlando di duegrandi paesi che, nel corso deltempo, si sono trovati spesso acamminare uno di fianco all’altronella lunga marcia verso la costi-tuzione di un mondo libero (e li-berato) da regimi dittatoriali etotalitarismi repressivi. Se oggipossiamo liberamente esprimer-ci, spostarci in ogni parte delmondo, conoscere culture e po-poli diversi, lodobbiamo ancheagli americani. Acoloro che, dopola fine della Se-conda Gue r r amondiale, arriva-rono in Europa –e in Italia – conl’intento di trasferire i valori del-la democrazia e della libertà incontesti sostanzialmente nuovi,ancora inesplorati ma senza dub-bio desiderosi di liberarsi dalgiogo oppressivo di potenze stra-niere interessate a tutto, fuorchéall’affermazione di valori positivie di buone pratiche. Che cosa hadunque impedito all’Italia di co-struire nel tempo un autentico –nonché strutturato – sentimentodi coesione nazionale? Per qualiragioni ci troviamo a vivere inun paese che, appena può, prefe-risce dividersi su tutto piuttostoche perseguire politiche che mi-rino all’interesse generale e al be-ne comune? È stato più volte – e da più parti

– rilevato, soprattutto in ambitostoriografico, che ad impedire lafioritura in Italia, come in altrenazioni, di un sentimento di coe-sione ed unità nazionale, abbianocontribuito – e non di poco – lemodalità in cui si è svolta laguerra civile, contestuale – e percerti versi successiva – al secondoconflitto mondiale. Una guerracivile sostanzialmente anomala,che ha diviso (e lacero) il paese indue blocchi distinti e staccatil’uno dall’altro, ponendo fratellidello stesso sangue su due diversie contrapposti fronti. La doman-

da che giustamen-te ci si è posta, èstata (ma non solo)la seguente: «Chiera stato sconfittonella guerra fasci-sta combattuta frail 1940 e il 1943?Soltanto il fasci-

smo? O lo stato italiano con ilquale il fascismo si era identifica-to? O ancor di più l’Italia stessa,come entità nazionale storica-mente definita?»1. Si tratta di unquesito che, ancora oggi, aperto ea cui si cerca di dare una rispostail più possibile esaustiva, sebbe-ne la ricostruzione dei fatti e del-le dinamiche storiche interne allaguerra civile resti ancora com-plessa e difficile da definire unavolta per tutte. Nonostante ciò,l’atteggiamento più radicale enello stesso tempo più fecondoera quello che dava per scontatala finis Italiae come soggetto au-tonomo statale. Questa posizionela si trova espressa con particola-re lucidità in una memoria di

In Italia non è mai fiorito un sentimentodi coesione e unitàa causa delle modalitàdella guerra civile

Page 59: Europa alla deriva

55

Giorgio Diena e Vittorio Foa, se-condo i quali la responsabilità dicreare il fatto nuovo che salvil’Italia grava tutta su quelle forzeantifasciste le quali, nell’assenzadi ogni autorità, devono costi-tuirsi esse stesse in autorità coniniziativa autonoma2. E ancora:«Nella resistenza italiana, l’ideadi patria è meno elementare, me-no fisica di quel che è accadutofuori d’Italia. Ciò era dovuto pro-prio alla difficoltà di ricostituireun concetto univoco di patria, ca-pace di restituire alla nazione unvolto umano. Soprattutto nelleprime settimane,le impennate diorgoglio indivi-duale, volte allasalvaguardia dellapropria identitàpersonale, si fon-dono con la riaffer-mazione dell’iden-tità nazionale. Il senso di infelici-tà individuale e collettiva già al-tre volte nella storia era stato vi-sto, illuministicamente, come ge-neratore di patriottismo»3. Aprevalere dunque sarebbe stata ladifficoltà di dar vita ad un con-cetto univoco di patria, in uncontesto in cui gli eventi storici,unitamente alle divisioni identi-tarie e personali, non sono statiin grado di consegnare ai posteriuna nazione dal volto umano, de-siderosa di pensare a sé stessa inmaniera unitaria, coesa e sostan-zialmente rafforzata. Mentre ne-gli altri paesi europei (ma nonsolo), gli effetti nefasti del secon-do conflitto mondiale hanno rap-presentato la chiave di volta per

la costruzione di realtà collettiveunitarie e accomunate da un idemsentire, in Italia la guerra civile haaggiunto divisioni e lacerazioniad un quadro già di per sé forte-mente frammentato e disunito.Ancora oggi infatti, la principaledifficoltà che il nostro paese in-contra, soprattutto nei confrontidel resto d’Europa, è proiettareall’esterno un’immagine univocadi sé, mentre a prevalere, sonosempre (o quasi) frammenti distorie ed esperienze scarsamentesignificative. In sostanza, si riescea raccontare una parte e non già

il tutto.Oltre ad emozio-nare per l’entusia-smo, l’energia, ildinamismo e lavitalità, la riele-zione di BarackObama alla CasaBianca, preceduta

da un lungo periodo in cui i can-didati in lizza hanno operatoconfronti sì serrati ma semprecondotti nel senso del rispetto re-ciproco, ha contribuito a riaccen-dere nel nostro paese i riflettorisulla questione del ricambio ge-nerazione e sulla necessità di in-vestire sul futuro per far sì che laNazione cresca e migliori dalpunto di vista qualitativo. Se infatti oggi siamo costretti apagare gli effetti disastrosi di an-ni ed anni di politiche condottenel senso del particulare e nongià dell’interesse comune, è per-ché a pesare più di ogni altra cosasul benessere complessivo delpaese è stata l’assenza di lungi-miranza e proiezione verso il do-

EUROPA ALLA DERIVAAngelica Stramazzi

Obama: “Siamo piùdella somma di ambizioni individuali,questo futuro possiamoafferrarlo insieme”

Page 60: Europa alla deriva

mani, mentre a dominare è statala cura del presente, delle renditedi posizione acquisite e degli in-teressi contingenti. Risultato: igiovani hanno perso qualsiasi ti-po di speranza, e si barcamenanoin un mondo del lavoro che uti-lizza (male) il concetto di flessi-bilità per giustificare pratichepoco lodevoli e inclini alla “valo-rizzazione” di una precarietà as-sai bizzarra e schizofrenica. Nonè un caso che a colpire, del di-scorso che Obama ha tenuto pocodopo l’annuncio della sua riele-zione, sia stata l’enfasi posta sultema del futuro – e su come af-frontarlo –, unitamente alla con-sapevolezza che l’America, perpoter tornare a crescere e ad esse-re competitiva, dovrà mostrarsi(oltre che sentirsi) unita, coesa alsuo interno. La grandezza di unanazione non è data dalla sommaalgebrica di tutte le sue compo-nenti, ma dall’unione di intenti,dalla sensibilità comune e dallaconsapevolezza che insieme siriesce meglio rispetto a quandoci si divide. «Noi – ha detto Barack Obamanel suo discorso successivo allavittoria – siamo più della sommadi ambizioni individuali» e«questo futuro possiamo afferrar-lo insieme», al di là delle divisio-ni e dello scontro, a volte ancheaspro, che sottende alla contesapolitica. È chiaro che, in questafrase, risiede uno dei maggioripunti di forza non solo del sognoamericano – che spesso ha sì ri-guardato la collettività, ma piùdi frequente ha interessato singo-le personalità o gruppi di indivi-

dui – ma della capacità degliStati Uniti (e del suo popolo) dicooperare per il bene e la gran-dezza della loro nazione. A pre-valere dunque è stato il richiamoall’unità, insieme alla necessitàdi ricomporre un quadro di col-laborazione davanti ai suoi soste-nitori dopo la campagna eletto-rale molto partecipata; la volontàdi lanciare dei messaggi ai propriavversari e ai leader dell’opposi-zione; richiamare il pubblicopresente (ma non solo) agli im-pegni che dovranno essere onora-ti in futuro e che avranno biso-gno uno sforzo comune. Eccoperche, nei prossimi quattro an-ni, Obama affronterà le sfide chelo attenderanno con una consape-volezza maggiore rispetto al pas-sato: quella di chi, dopo aver ot-tenuto la riconferma alla CasaBianca, sa di dover operare emuoversi in un contesto assaicomplicato – quella della crisieconomica – ma potrà comunquecontare sul sostegno del suo po-polo, oltre che di quello dellagran parte degli americani. Ri-chiamare poi, nel discorso diChicago di poco successivo allaproclamazione della sua vittoria,la lealtà e la necessaria collabora-zione con lo schieramento a luiavverso ha fatto sì che, soprattut-to all’esterno, fosse chiara la vo-lontà di riunire attorno a sé e allasua squadra un insieme di forzeed energie vitali per la ripresanon solo economica del paese.Meglio quindi marciare uniti chedividersi e mostrarsi diffidenti.Anche sotto questo aspetto, ladifferenza con quanto accade in

56

Page 61: Europa alla deriva

Italia non solo è evidente e lam-pante, ma ci riporta indietro neltempo a quando il dibattito poli-tico restava confinato nella segre-te stanze del potere senza fuoriu-scire e cercare di coinvolgere ilresto dell’opinione pubblica. Lapolitica è, per definizione, rivoltaa soddisfare l’interesse generaledella polis, e per riuscire in taleambiziosa missione, deve, perforza di cose, confrontarsi con ilmondo esterno, intercettandonele criticità, i bisogni, i problemie le necessità. Fingere di nonsentire (e vedere) la richiesta dipartecipazione che proviene dallasocietà civile significa volersi re-legare in un mondo ovattato, di-stante dalla realtà e quindi so-stanzialmente incapace di confor-marsi – oltre che di interpretare– ciò che accade al di là di quelmuro, troppo spesso invalicabile,che separa la piazza dal Palazzo. Al netto delle problematiche edelle criticità che affliggono ilnostro paese, non va omessa la«vocazione didattica degli StatiUniti». Come ha giustamente ri-cordato Valerio Castronovo su IlSole 24 Ore, non bisogna dimen-ticare «il convincimento chel’America abbia molto da inse-gnare e ben poco da apprendere.Da oltre un secolo, la sua classedirigente è portata infatti a pro-iettare all’esterno quella che ri-tiene una sorta di missione peda-gogica delle valenze universali:sia che si tratti di orientamentipolitici e precetti economici o dimodelli culturali e stili di vita»4.Se dunque gli Stati Uniti tengo-no ben salda la loro volontà di

educare il resto del mondo, l’Ita-lia dovrebbe tener presente – emagari provare a fare altrettanto– che il confronto politico pre-suppone sempre uno scambio divedute con l’avversario. Ma aprevalere poi, in fin dei conti,deve essere sempre l’interesse ge-nerale, riconducibile al popoloche si rappresenta e alla nazionedi cui si fa parte.

Note

1 Claudio Pavone, Una guerra civile. Sag-gio sulla moralità nella Resistenza, BollatiBoringhieri, Torino, 1991, pp. 169 –170; 221 – 225; 314 – 317. 2 Ibidem.3 Ib.4 Cfr. Valerio Castronovo, America pa-drona del secolo, Il Sole 24 Ore, 11 no-vembre 2012

57

EUROPA ALLA DERIVAAngelica Stramazzi

angelica stramazzi

Specializzanda in Sistemi e modelli politici al-

l’Università di Perugia, collabora con Spin-

ning Politics, testata on line di comunicazio-

ne politica. Corrispondente locale de La Pro-

vincia Quotidiano, svolge attività di consulen-

te politico, occupandosi di comunicazione

politica ed istituzionale.

L’Autore

Page 62: Europa alla deriva

L’elezione di Xi Jinping comporterà per la Cina un periodo

di riforme, soprattutto economiche, più liberiste. Per il

“dragone rosso” saranno anni molto importanti per affer-

marsi definitivamente a livello mondiale, e il nuovo capo

sembra essere l’uomo giusto per traghettare nel futuro

l’”impero” cinese.

Page 63: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVA

Page 64: Europa alla deriva

Se pure un certo Occidente siostina a non volerci fare i conti,la nuova configurazione globale ègià realtà. Quello in cui viviamoè il mondo “post Pittsburgh” esulla scena è impossibile non no-tare e prendere le misure un pae-se che reclama sempre più il ruo-lo del protagonista: la Cina. Conla contezza del politico di lungocorso, ce lo racconta Gianni DeMichelis, già ministro degli Affa-ri esteri dal 1989 al 1992 e dasempre lucido osservatore deirapporti tra l’Europa e l’Asia.

Obama e Xi Jinping, il nuovo leader delcolosso cinese, sono i due uomini cheguideranno l’economia mondiale per iprossimi anni. L’orizzonte strategicoUsa si è ormai definitivamente spostatodall’Atlantico al Pacifico?Quello che conta è che Obama,nonostante abbia rivinto le ele-zioni e quindi abbia dal punto divista del modello di governoamericano raggiunto l’obiettivo,invece di essere nelle condizionidi garantire una governance ade-guata oltre i confini per gli equi-libri del mondo, rischia di essere

Il sistema della scelta della classe dirigente e della governance, del prossimo futuro, sarà la veraproblematica che i paesi occidentali dovranno affrontare. La Cina, invece, con il suo sitema top down è più preparata a un ricambio generazionale e questo porterà il “dragone rosso”ad essere la prima potenza mondiale.

IL MODELLO CINESEAFFRONTERÀ MEGLIOLE SFIDE GLOBALI

intervista a GIANNI DE MICHELISdi CECILIA MORETTI

La nuova configurazione globale

60

Page 65: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni De Michelis

Page 66: Europa alla deriva

62

costretto a occuparsi anche nelprossimo futuro, e probabilmen-te nell’intero secondo quadrien-nio, degli ostacoli che il modellopolitico con cui ha vinto com-porta. Quel modello, così comequello europeo e delle democra-zie occidentali in genere, impli-ca un blocco. Basti pensare alproblema, solo parzialmente ri-solto, del cosiddetto fiscal cliff, allivello di debito, alla contraddi-zione della polarizzazione tra unPartito repubblicano che con-trolla la Camera dei rappresen-tanti e un Partito democraticoche detiene la Presidenza e il Se-nato. Questi modelli di demo-crazia compiuta, bottom up e nontop down, rischiano di rivelarsiinadeguati per la governance glo-bale...

La Cina si è ormai senza dubbio affer-mata come lo Stato leader in Asia. È inatto anche il sorpasso degli Stati Uniti?Sì, la nuova configurazione delmondo è già realtà. Però adessodovranno essere determinate lelogiche per governare questanuova situazione globale. Questosarà il tema dei prossimi dieci-vent’anni e il modello cinese ri-schia di avere un netto vantaggiorispetto a quello delle democra-zie occidentali.

Il colosso cinese ha un nuovo leader, XiJinping. Pedigree specchiatamente co-munista ma attitudini riformiste e prag-matiche, è il volto di un nuovo corsodella Cina o è solo un’apparenza dicambiamento?Xi Jinping è espressione di unmeccanismo top down e non di

un’elezione “dal basso”, ma è co-munque il risultato di una sceltadi un gruppo di persone e il por-tato di una certa dialettica all’in-terno del gruppo dirigente delpartito comunista, che in realtàpiù che comunista è soprattuttoconfuciano. Questo gruppo daormai vent’anni è riuscito a ge-stire in maniera molto fluida latransizione da una classe diri-gente all’altra, tanto che si sa giàchi potrebbe succedere alla co-siddetta quinta generazione dileader, tra una decina di anni,nel 2022. È stata anche fissatauna regola per la quale non sipossono ricoprire incarichi divertice, nel partito o nel gover-no, dopo i 65 anni di età, per cuiparecchi leader nel corso delprossimo quinquennio dovrannoritirarsi e hanno così messo apunto un meccanismo di selezio-ne di nuovi dirigenti.

Sempre una scelta top down?Sì, anche perché probabilmentenon ci saranno in Cina nei pros-simi dieci-vent’anni delle spintenella direzione della richiesta diuna democrazia più simile aquella occidentale, per la sempli-ce ragione che ancora per un paiodi decenni il grosso della popola-zione cinese – e soprattutto laparte più giovane – sarà concen-trata nell’arricchirsi e nell’averesuccesso sul piano personale.Questo consentirà di far funzio-nare il meccanismo selettivo ci-nese attuale, ovviamente in partenon democratico, ma che in uncerto senso avvantaggerà il colos-so asiatico.

Page 67: Europa alla deriva

63

In che senso?Le classi dirigenti di tutti i prin-cipali paesi – sia quelli cosiddettisviluppati del passato, sia quelliemergenti o probabilmente giàemersi del futuro o del presente –hanno il problema di adeguare lapropria governance a un mondo lacui configurazione è assoluta-mente cambiata e il meccanismoselettivo meno democratico dellaCina costituirà un vantaggio,proprio in termini di funziona-mento, rispetto a quello delle de-mocrazie consolidate che rischia-no, da quella americana in giù, diessere meno adeguate a garantireuna guida in qualche manieracorrispondente alle esigenze diuna nuova situazione globale.

Quali effetti avrà la politica cinese degliinvestimenti in Africa? Rappresentaun’opportunità di sviluppo per i paesiafricani o va letta come una forma dineocolonialismo anche un po’ rapace?Per certo gli investimenti cinesisono una grande occasione di svi-luppo e crescita per l’intera Afri-ca, rimasta indietro, nonostanteil Sudafrica – la democrazia prin-cipale e più efficace di tutto ilcontinente subsahariano – sia sta-to aggiunto ai cosiddetti Bric,ora appunto Brics. Ricordo chevent’anni fa, quando facevo il mi-nistro degli Esteri, ero assoluta-mente convinto che fosse il mo-mento di concentrarsi su Asia edEuropa orientale e non ancorasull’Africa, sicuro che non sareb-be stata un soggetto “interessan-te” prima di almeno un secolo.Ho sbagliato drammaticamente itempi. Sono passati appena

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni De Michelis

Page 68: Europa alla deriva

64

I Libri

Marina Miranda, Alessandra SpallettaIl modello CinaL’asino d’oro 2007, 216 pp., 18 euro

Le p ro fondetrasformazioni ela straordinariacrescita del laCina negli ultimitrent’anni han-no dato avvio aun esteso dibat-tito a livello in-t e r n a z i o n a l esulla plausibilitào meno del co-

siddetto ‘modello Cina’. Le posizioni sonodiverse e questo volume cerca di fornireuna panoramica vasta e articolata al ri-guardo. Noti studiosi e accademici italianie stranieri trattano qui alcuni dei temieconomici più rilevanti e i principaliaspetti di politica interna e internazionaledella Repubblica popolare cinese: dal-l’esame delle performance e delle disfun-zioni dell’economia cinese alle possibilitrasformazioni dell’attuale modello dicrescita; dai rapporti tra il partito-Stato ela nascente società civile ai delicati equili-bri politici all’interno della leadership invista del passaggio dei poteri ai vertici delPartito comunista cinese, atteso nel 2012.Sono inoltre presentate le peculiari con-cezioni di democrazia avallate dalla mag-gioranza del partito, unitamente ad alcu-ne interessanti voci di dissenso in senoall’intellighenzia, senza tralasciare il di-spiegarsi del soft power della Cina incampo internazionale. Nel rivolgersi algrande pubblico, come pure a operatorieconomici e interlocutori istituzionali, astudiosi e studenti, questo volume si di-stingue per la fruibilità dei contenuti edelle analisi, mantenendo comunque se-rietà e rigore nell’utilizzo dei materiali edelle fonti, in particolare in lingua cinese.

Un paese in trasformazione

Geminello AlviIl “capitalismo” verso il modello cineseMarsilio editori 2011, 336 pp., 21 euro

Risu l ta to de lcompromessotra la prepoten-za stata le , lamania di spesadei governanti ela van i tà chespinge a consu-mare beni inuti-li, il capitalismosi manifesta ogginel suo esito ci-

nese e omologante. Con l’autonomia digiudizio e la libertà d’intelletto che lo con-traddistinguono, Geminello Alvi si cimen-ta nell’impresa di una nuova definizionedel capitalismo. Capitolo conclusivo dellatrilogia iniziata con Le seduzioni economi-che di Faust e Il Secolo Americano, il libroprende le mosse dalla crisi del 2008 e dal-l’ambigua posizione dell’economia cineseper tracciare le vicende delle varie spiega-zioni e restituzioni del capitalismo, gli er-rori e gli abbagli, e giungere a una descri-zione opposta a quella marxista. Dopo averci mostrato perché il Novecen-to è stato «il secolo americano» e avernemesso a nudo i tratti della storia segreta,Alvi ci guida attraverso la lettura di unpercorso storico che sembra, inevitabil-mente, condurci verso «l’ideale cinese». E spiega perché il dono debba tornare aessere elemento centrale della vita eco-nomica.

Il secolocinese

Page 69: Europa alla deriva

vent’anni e il continente africanoè diventato – anche grazie a que-ste scelte della Cina e pure di In-dia, Brasile e in parte Europa eStati Uniti – un paese che peseràsempre di più nel corso dei pros-simi anni sugli equilibri delmondo. Quello che conta non ètanto che l’approccio cinese possaapparire una forma di neocolo-nialismo, ma il fatto che l’inter-vento della Cina offra all’Africal’opportunità di riuscire, sia purein maniera differenziata e gra-duale, a diventare un soggettocentrale e non periferico, in virtùsoprattutto dello sfruttamentodelle risorse naturali, dal petrolioal gas ai giacimenti minerari pre-senti in misura assolutamentesproporzionata.

Come si evolverà l’annoso conflitto Ci-na-Taiwan? Esiste il rischio che possamettere a repentaglio gli equilibrimondiali?No, credo che quello Cina-Tai-wan sia ormai un conflitto risol-to, destinato a metterci diecivent’anni per concludersi deltutto. Probabilmente la Cina ap-plicherà lo stesso modello che haapplicato a Hong Kong, che èper così dire tornata cinese dal1997, oltre quindici anni fa. Nelfrattempo anche Taiwan è statain qualche maniera riattirata nel-l’orbita cinese, soprattutto per-ché l’economia taiwanese è di-ventata assolutamente integratacon quella della Cina.

Sono circa ven’anni che gli intellettualioccidentali sostengono che il progressoeconomico non possa non accompa-

gnarsi naturalmente anche a un au-mento dei diritti civili e sindacali e dellelibertà individuali. Questo in Cina non èavvenuto. Dov’è l’errore di calcolo?Non parlerei di errore, in partel’assioma si è in realtà verificato.Il dibattito si è aperto, soprattut-to alla vigilia del congresso delPartito comunista e in qualchemaniera riguarderà l’intero de-cennio della nuova leadership: ilcuore della discussione è la rifor-ma politica, si sono scontrate levarie posizioni – la minoranzamaoista, il gruppo centrista equello che lotta per una evolu-zione più rapida nella direzionedi meccanismi di democrazia.Naturalmente però è difficilepensare che un paese grande co-me la Cina, che ha un miliardo equattrocento milioni circa diabitanti, possa tranquillamenteincamminarsi verso una demo-crazia di modello per così direoccidentale. Con ogni probabili-tà saranno indispensabili dei cor-rettivi.

Le recenti, prime, proteste sindacali inpiazza si possono leggere come un av-vio per la strada della democrazia dimodello occidentale?Sicuramente. Ci sono stati degliepisodi molto indicativi in que-sto senso. Per esempio, in unacittadina del Guandong, il segre-tario del Partito comunista dellaregione, Wang Yang, personalitàprobabilmente destinata ad avereun ruolo importante, ha accom-pagnato le richieste sindacalidella base contro il gruppo diri-gente del partito, accettandocompromessi. Questa è per certo

65

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni De Michelis

Page 70: Europa alla deriva

la direzione di marcia del prossi-mo futuro.

Un pronostico sui tempi di questo pro-cesso?Difficile dire se saranno brevi. Aprescindere dal fatto che ovvia-mente il gruppo dirigente delpartito cercherà di difendere lapropria supremazia, la questionesarà molto legata al fatto che nel-la memoria storica del singolo ci-nese è molto presente il rischiodello spappolamento, della disin-tegrazione dello Stato. Questa lo-gica della sicurezza dell’equili-brio da anteporre sempre e co-munque porta tendenzialmente aevitare tensioni troppo forti, ga-rantendo un’armonia nello svi-luppo non solo economico maanche politico. Sarà probabil-mente tale approccio a prevaleree tutto sommato nessuno potreb-be preferire di avere una Cinache si disentegra o esplode.

Quanto può reggere a questi ritmi lacrescita economica cinese?Per adesso la crescita regge. I da-ti dell’ultimo trimestre del 2012– grazie anche a una gestioneeconomica oculata – hanno di-mostrato una ripresa, mentresembrava ci fosse un rallenta-mento molto forte. Naturalmen-te la crescita è destinata per ra-gioni strutturali in qualche ma-niera a rallentare, perché il divi-dendo demografico della Cina siavvia a diventare negativo e que-sto nel lungo periodo – venti otrent’anni circa – costringeràtutta l’economia cinese a frenare,però nel breve credo che reggerà.

Qual è lo stato dei rapporti Italia-Cina?Il rapporto Italia-Cina non esiste,esiste quello Europa-Cina ed ècaratterizzato dalle situazioni in-terne all’Europa. La Germania,per esempio, potrà giocare unruolo anche in Cina, un paese co-me l’Italia, invece, avendo ormaiperso l’occasione negli anni ‘90,ha solo una possibilità, ovveroquella di attirare capitali cinesiin Italia. Ci dovremmo concen-trare su questo, ma l’impressioneè che non sia affatto quello chestiamo facendo.

Esiste una doppia faccia del made initaly, da un lato la necessità di tutelarlodalla contraffazione – anche cinese – edall’altro quella di conquistare un po-tenziale mercato sconfinato come èquello della Cina?Il settore del mercato cinese chepuò interessare a una parte del-l’economia italiana è quello dellusso, sul quale ci siamo già insi-nuati, ma il mercato del lusso hadelle enormi debolezze europee,anzi, italiane in Europa. Peresempio, noi non siamo stati ca-paci a creare delle griffe del lussocome invece hanno saputo fare ifrancesi. O, ancora, nel settoredel food and beverage, dove purepotremmo avere delle carte dagiocare, siamo completamenteprivi delle catene di supermerca-ti e ipermercati che sarebbero in-dispensabili e invece sono scom-parsi completamente.

Quindi, qual è la sfida che possiamotentare di correre?Dobbiamo giocare sulle importa-zioni cinesi. E, per fare un esem-

66

Page 71: Europa alla deriva

pio concreto, non si capisce per-ché dobbiamo pensare di vendereinevitabilmente l’Alitalia solo aifrancesi, che ovviamente poi lauserebbero nel loro interesse. Vi-sto che una delle nostre carte po-tenzialmente più strategiche dagiocare nel prossimo futuro è ilturismo, perché dobbiamo aprio-risticamente escludere che, inve-ce che con l’Air France, l’Alitalianon possa stringere alleanze conle compagnie aeree del Golfo, daQatar Airways a Etihad Airwayso Emirates, e naturalmente anchecon quelle cinesi, come la Hai-nan Airlines che sarebbe interes-sata? Ma evidentemente noi suquesto terreno non abbiamo an-cora capito che la configurazionedel mondo è già cambiata irre-versibilmente. Così continuiamoa brigare sulla compagnia aereaolandese o francese, senza averechiare le possibilità che ci siaprono e ci si sono già aperte ri-spetto alla nuova realtà globale.Dobbiamo mettercelo in testa,ormai viviamo nel mondo “postPittsburgh”.

67

cecilia moretti

Giornalista professionista, è redattrice di Fa-

reitaliaMag. Collabora con Lettera43.

L’Autore

Gianni de michelis

Membro del Psi dal 1960 al 1994, dal 1976

membro dell'esecutivo del partito. Eletto depu-

tato al Parlamento italiano (1976), ha svolto

diversi incarichi ministeriali: è stato infatti mini-

stro delle Partecipazioni statali (1980-83) e del

Lavoro (1983-87), vicepresidente del consiglio

dei ministri (1988-89), ministro degli Esteri

(1989-92). Tornato alla vita di partito (1992), è

stato vicesegretario del Psi, prima di rimanere

coinvolto nelle inchieste di Tangentopoli e ab-

bandonare, temporaneamente, la vita politica.

Eletto segretario nazionale, nel 1997, del rico-

stituito Partito socialista (Nuovo Psi, di cui è

stato segretario nazionale nel 2001-2007), si è

candidato alle elezioni europee del 2004 per

la lista Socialisti uniti per l’Europa, risultando

eletto. Laureato in chimica industriale, è stato

inoltre professore di chimica (1980-99) presso

l’università di Venezia.

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Gianni De Michelis

L’INTERVISTATO

Page 72: Europa alla deriva

Continuità. È questo il principiocardine, la regola aurea che rego-la la politica cinese. Il diciottesi-mo congresso del partito comu-nista più grande al mondo, si èconcluso da poche settimane conl’esito scontato che chiunque sioccupi di Cina – anche semplice-mente leggendo qualche articolosui giornali – conosceva da tem-po: Xi Jinping ha preso il postodi Hu Jintao alla presidenza delPcc (Partito comunista cinese) eLi Keqiang ha sostituito Wen Ja-bao alla vicepresidenza.A marzo del 2013, quando ancheil governo si rinnoverà – almenonelle cariche di maggior peso – idue assumeranno rispettivamen-te la carica di Capo dello Stato equella di primo ministro. Nientedi nuovo sotto il sole, dunque.

Tutto come da programmi. Se-condo una routine (quella di uncambio della guardia decennale,che prevede il succedersi di can-didati designati con largo antici-po), che tuttavia non è scevra dacolpi bassi che si consumano nel-le segrete stanze del Pcc e solooccasionalmente affiorano allasuperficie dei mass media. Un clamoroso esempio di questi“fuori programma” si è registratoa marzo del 2012, quando BoXilai, governatore della munici-palità di Chongqing e candidatoai vertici del partito, é stato de-stituito da tutte le cariche in se-guito all’omicidio di un cittadi-no britannico. Un caso scottante,che il partito ha velocemente li-quidato processando in tempi re-cord (due giorni), i protagonisti.

di ELISA BORGHI

Nel segno di Deng Xiaoping

Il “sogno cinese”vive con Xi JinpingLa prima visita ufficiale a Shenzen del nuovo presidente cinese non è stato solo un evento simbolico, ma è un’inequivocabile dichiarazione di intenti a supporto di riforme economiche incisive e di stampo liberista.

68

Page 73: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVAElisa Borghi

Page 74: Europa alla deriva

70

Il tutto in nome di quella stabi-lità politica che comprimendo ifattori di rischio e consentendouna pianificazione a più lungotermine risulta molto gradita aimercati finanziari globali ed èuno dei capisaldi dell’economiacinese.Ma chi sono i nuovi leader? Checosa hanno fatto nella loro lungacarriera politica? E soprattutto:in che direzione guideranno laCina questi nuovi timonieri? La domanda non è peregrina, vi-sto che nel mondo globalizzato laCina si è saputa ricavare un ruoloda potenza econo-mica (nonostantegli sforzi dell’am-m i n i s t r a z i o n euscente, a livellogeopolitico Pechi-no può a faticaconsiderarsi unapotenza di livelloregionale). E proprio in virtù diquesto ruolo gli analisti finanzia-ri scrutano ogni mossa dei leaderappena insediati per capire se ecome riformeranno un’economiache ha un bisogno vitale di rin-novamento.A tale proposito ha suscitato unenorme interesse il fatto che XiJinping, il cui passato politico èavvolto da una fitta nube, abbiascelto come destinazione del suoprimo viaggio da presidente la“zona economica speciale” diShenzen, nel Sud del paese. Shenzen vanta una storia moltoparticolare: negli ultimi tren-t’anni è infatti passata dall’es-sere una enclave di pescatori allimite della sopravvivenza ad

una prospera metropoli indu-striale. Un cambiamento che l’ha resaagli occhi della nazione il sim-bolo del successo e delle poten-zialità del cosiddetto “capitali-smo con caratteristiche cinesi”,una forma di economia mercatoche prevede spazi di interventostatale. Qualcosa vorrà pur dire, se tratutte le destinazioni possibili inun paese grande come un conti-nente, Xi Jinping ha deciso discegliere proprio Shenzen per lasua prima visita.

In effetti, il viag-gio è stato inter-pretato – tantodalla stampa esteraquanto da quellanazionale – comeuna inequivocabiledichiarazione diintenti a supporto

di riforme economiche incisive edi stampo liberista. Anche perché, a Shenzen, Xi nonsi è limitato a stringere la manoal sindaco e ad incontrare qual-che imprenditore locale: dopoaver visitato una società di servi-zi web è andato dritto al parcodelle “Colline di Loto”, dovecampeggia una enorme statuabronzea di Deng Xiaoping, aicui piedi il neopresidente ha po-sto, in segno di omaggio, unaenorme ghirlanda fiorita.Vale la pena ricordare che fuproprio Deng Xiaoping ad inau-gurare l’era delle riforme econo-miche che, nel 1979, ha portatoanche alla creazione di quelle“zone economiche speciali” (tra

Il viaggio di Xi Jinpinga Shenzen non è statoun evento simbolico ma ha delineato unascelta politica precisa

Page 75: Europa alla deriva

71

cui Shenzen), che per prime per-misero di sperimentare la politi-ca di mercato all’interno di unaCina arretrata dove ancora im-perava l’economia pianificatacomunista. Sempre Deng, inol-tre, nel 1992 tornò a Shenzennel corso del suo famoso “viag-gio nel Sud” durante il qualedettò il proprio testamento poli-tico e ribadì l’importanza di li-berare l’economia da quelle bri-glie di stampo comunista cheancora ne limitavano fortementele possibilità (nonostante glienormi passi avanti e l’impres-sionante crescita adoppia cifra che siera andata regi-strando nel Paesea partire dagli an-ni Ottanta).“Riforma e aper-tura, è questa lalinea politica a cuiil partito comunista cinese deveattenersi scrupolosamente. Dob-biamo continuare a percorrerequesto cammino e rimanere sen-za sbandamenti sulla strada checi condurrà ad essere un Paeseed un popolo più prospero. Edobbiamo avere nuovi pionieri”.Secondo la Phoenix Television –uno dei tanti media di HongKong ammessi a seguire il pre-sidente – è con queste paroleche Xi Jinping avrebbe resoomaggio alla statua di DengXiaoping. Impressionando inpositivo i tanti osservatori e ipolitici (inclusi alcuni personag-gi del suo stesso entourage), chenelle settimane immediatamen-te precedenti la nomina avevano

rivolto appelli al presidente,chiedendogli di adottare unapolitica economica più liberale epersino di rendere più traspa-renti i meccanismi e le decisionidel partito comunista, anche co-me mezzo per aumentare il con-senso nei confronti del partito. Come nota a più riprese il NewYork Times, è da tempo che i ri-formatori incoraggiano la nuovaleadership cinese a muoversi versoun modello di sviluppo più so-stenibile per il paese. Un model-lo basato più sul consumo inter-no che sulla costruzione di gran-

di opere e sul-l’esportazione, ein cui le impresestatali abbiano unruolo minore ri-spetto all’attuale.Ma la dichiarazio-ne di apertura anuove r i f o rme

economiche non è il solo messag-gio lanciato da Xi nel corso delsuo “viaggio nel Sud”. Di fronte alla statua di Deng ilpresidente ha accennato ad un al-tro tema che pare stargli molto acuore: la rinascita della Cina.I toni nazionalistici sulla boccadi Xi Jinping non sorprendono.Lo avevamo già sentito parlaredella necessità di un revival na-zionale durante la sua primauscita pubblica nelle vesti di pre-sidente, il 29 novembre, a piazzaTienanmen, quando, in compa-gnia degli altri sette membridella Commissione permanentedel Politburo (l’ufficio più pre-stigioso ed importante del Pcc,quello che detta la linea al parti-

EUROPA ALLA DERIVAElisa Borghi

Il testamento politicodi Deng ribadiscel’importanza di liberarel’economia dalle brigliedi stampo comunista

Page 76: Europa alla deriva

72

Dopo la morte di Mao, la giuda della Cinafu affidata a Hua Guofeng. Nominato “ere-de” dallo stesso Mao, Hua aveva allontana-to dal Partito i gruppi più riformisti, tra iquali spiccava Deng Xiaoping. Eroe dellaRivoluzione del 1949, dopo il fallimentodel Grande Balzo in Avanti, Deng era di-ventato il maggior detrattore nonché av-versario di Mao. Del resto, molti storiciconcordano nel considerare la RivoluzioneCulturale uno strumento creato da Maoper contrastare proprio l'ala riformista delPartito e mettere all'angolo politici influen-ti come Deng, Segretario Generale del Par-tito Comunista Cinese fino all'inizio deglianni ‘60. Una lunga serie di attentati e di misteriosiincidenti attraversarono la vita di Deng, apartire dal 1976, anno della morte di Mao,fino al 1981, quando riuscì ad allontanareHua Guofeng dalle alte cariche di governo,e ne prese il posto. Le posizioni del nuovoleader cinese era del tutto diversa da quel-le dei suoi predecessori, soprattutto in ma-teria economica. Durante il XII CongressoNazionale del Pcc, nell’82, Deng riuscì a farpassare la sua linea, incentrata sulla neces-sità di integrare la "verità universale" delmarxismo con la realtà concreta della Cinae quindi costruire un socialismo con le ca-ratteristiche cinesi. Non importa che il gatto sia bianco o nero;ciò che importa è se acchiappa i topi", cosìDeng riassumeva il suo modello economi-co, in contrasto con una metafora simileusata da Mao in passato: “Essere Rosso èpiù importante che essere esperto”. La po-sizione di Deng era in netta opposizionecon quella del Grande Timoniere che vole-va costruire una Cina comunista, grazie adun rigido sistema economico e sociale fon-dato sulla dottrina marxista. In contrastocon la Cina di Mao la cui economia doveva

essere autosufficiente, Deng intraprese lastrada delle riforme, soprattutto in materiaeconomica, aprendo gradualmente i mer-cati cinesi alle imprese estere, liberalizzan-do il mercato e affiancando alle impresestatali delle piccole imprese private. Soloin questo modo la Cina sarebbe potuta di-ventare competente con le moderne nazio-ni occidentali. La creazione di Zone Economiche Speciali(Zes), cioè aree con speciali legislazioni inmateria economica, come incentivi fiscaliper gli investimenti stranieri, attirarono ca-pitali stranieri e le zone meridionali comeGuangdong e Shenzhen diventarono puntinevralgici per la crescente economia cine-se. I punti cardini per la nuova leadershipcinese erano quattro, agricoltura, indu-stria, scienza e tecnologia, apparato mili-tare, così il programma prese il nome diQuattro Modernizzazioni. Uno degli ele-menti essenziali delle riforme fu la crea-zione di una classe di funzionari e tecnicicompetenti, capaci di comprendere e ge-stire al meglio il cambiamento strutturaleche il paese stava attraversando. In questomodo si abbandonava il modello di econo-mia collettivista di Mao.

Deng, l’uomo della Cina modernaIL PERSONAGGIO

Page 77: Europa alla deriva

to ed al governo stesso), aveva di-chiarato: “Sono passati 170 dilotta dalle guerre dell’Oppio, maora la rinascita della nazione ci-nese sembra avere gloriose pro-spettive. Oggi tutto il mondoparla del ‘sogno cinese’ ed iopenso che realizzare un granderevival della Cina sia il sogno piùgrande della nazione nei tempimoderni”. Il riferimento ad un “sogno cine-se” è una sorta di leit motif nei di-scorsi di Xi Jinping, mentre gliinviti al nazionalismo ritornanoprepotenti nella retorica di tuttii leader del Novecento. Negli ul-timi tuttavia, decenni alle parolesono seguiti i fatti. E in tutto ilpaese si è assistito al sorgere (so-prattutto lontano dalle città co-stiere e dagli itinerari più battutida visitatori e diplomatici stra-nieri), di un fiorire di totem ma-oisti: a Juzizhou, nel Sud delloHunan, è stato costruito un bu-sto di Mao alto 32 metri dentrole cui spalle è ospitato un museodi 3500 mq dedicato alla vita delGrande Timoniere.Xi Jinping, da parte sua, si inse-risce nel filone persino con unaenfasi maggiore dei suoi prede-cessori. Forse per un implicito ri-conoscimento del fatto chel’ideologia comunista ha persosmalto e serve uno strumento chefaccia appeal a quella parte dellapopolazione che si allontana dal-la politica.Riforme economiche e nazionali-smo, dunque. È questo che ci ri-servano i prossimi dieci anni dipolitica cinese? Difficile fare pre-visioni, alcuni osservatori riten-

73

EUROPA ALLA DERIVAElisa Borghi

La grande rivoluzione di Deng non fusoltanto aprire ai mercati esteri l'econo-mia cinese, ma fare in modo che gli utiliprodotti dall'industria potessero servire,attraverso un efficace sistema di tassa-zione, a finanziare il programma di rifor-ma e l'innovazione tecnologica nei set-tori strategici delle Quattro modernizza-zioni. Deng, infatti, aveva messo in motoquel processo economico che avrebbeportato la Cina a cavalcare una crescitadel 10% annuo. In politica estera, l'atteg-giamento di Pechino fu altrettanto “rivo-luzionario”. L'apertura economica coin-cise con una maggiore apertura politicae militare. Già nel 1972, Mao aveva ospi-tato a Pechino il presidente statuniten-se, Richard Nixon, Deng nel 1979 andònegli Stati Uniti per incontrare il presi-dente Carter. I rapporti sino-sovietici, invece, rimase-ro freddi. Sin dalla Rivoluzione del '49,Pechino considerava l'espansionismodella vicina nazione comunista una mi-naccia, soprattutto per la sua vicinanza.Così, dopo una prima fase di collabora-zione con Mosca, i leader cinesi ridusse-ro i rapporti diplomatici con l’Urss esoltanto grazie alla salita di Gorbacheva capo della Unione Sovietica portò auna distensione dei rapporti diplomaticitra le due nazioni. Ma fu soprattutto l'accordo con la GranBretagna su Hong Kong a dare una nuo-va direzione alla politica estera cinese.Nel 1984, Pechino siglò un accordo conLondra in base al quale Hong Kong, ce-duta agli inglesi nel 1841 dopo la rovino-sa guerra dell'oppio, sarebbe tornata adessere territorio cinese nel 1997. Incambio, Deng si impegnò a non interfe-rire con il sistema capitalista dell'isolaper i prossimi 50 anni. Un accordo simi-le fu fatto anche con il Portogallo perMacao.

Page 78: Europa alla deriva

gono che il nuovo presidentepossa mischiare questi due ingre-dienti ottenendo vari esiti, i piùprobabili dei quali, alla luce del-la sua storia personale, sembranoessere l’avvio di riforme econo-miche incisive, misure contro lacorruzione dei burocrati (temacaldo e molto sentito dalla popo-lazione), e una corsa agli arma-menti e all’ammodernamentodell’apparato militare. Proprio quest’ultimo punto –l’investimento nella difesa – èquello che più si lega al passatodi Xi Jinping , un “principe ros-so” (“I principirossi” e la “Legadella gioventu co-munista” sono ledue principali fa-zioni che animanoil Pcc) che si è fat-to strada nel par-tito grazie all’ap-poggio di leader del calibrodell’ex premier Wen Jabao, diJiang Zemin e anche del padre,Xi Zhong–Xun, un veterano del-la Rivoluzione, membro del po-litburo e vicepremier nel Consi-glio di Stato.Fu proprio il padre a introdurreXi in politica procurandogli unposto da segretario presso il mi-nistro della Difesa Geng Biao ne-gli anni 1978–’81. Una posizio-ne che ha permesso al giovane Xidi osservare – e di capire – ilfunzionamento degli alti ranghidella Difesa e di farsi importanticonoscenze in quell’ambiente.Molti “principi” hanno stretti le-gami con l’esercito, tanto che tragenerali e i politici di questa fa-

zione esiste uno speciale legameche si sostanzia in azioni di mu-tuo supporto. E questo vale anche per Xi, chetra l’altro è sposato ad un’ufficia-le: la moglie, e fist lady, PengLiyuan, oltre ad essere una can-tante di fama, ha il grado di ge-neral maggiore dell’esercito. E proprio in tema di difesa, mol-ti osservatori hanno notato co-me, durante il suo ultimo viag-gio negli Stati Uniti, Xi si siasoffermato con audacia su temirelativi agli armamenti, chie-dendo peraltro al presidente

Obama di inter-rompere la venditadi armi a Taiwan.Un c ommer c i oche, sostiene Xi:“mina le relazionicino–americane”.Mentre sarebbeopportuno, secon-

do il leader cinese, “annullare alpiù presto le restrizioni in mate-ria di vendita di alta tecnologiaalla Cina”. Xi ha poi fatto notareal Presidente Usa come “la re-cente decisione di aumentare lapresenza militare americana inAsia e nel Pacifico sia destabiliz-zante e non esattamente quelloche molti Paesi vogliono”. Tonie parole molto dirette che tutta-via esprimono delle richiestenon nuove – come nota ParrisH. Chang, analista del quotidia-no Taiwan News – ma che rical-cano con audacia (l’audacia chesecondo i generali dell’esercitocinese è sempre mancata a HuJintao), le esigenze che anche ilgenerale Chen Bingde, allora ca-

74

Il nuovo presidentedovrà colmare le grandidifferenze tra ricchi e poveri e grantire unacrescita sostenibile

Page 79: Europa alla deriva

po del personale dell’esercito,espresse durante la sua visita ne-gli Usa a marzo 2011.In attesa che Xi Jinping assumala carica di Presidente della Re-pubblica ed eserciti in manierafattiva le prerogative che gli so-no proprie, in molti si chiedonose, e fino a che punto, il nuovoPresidente intenderà far propriele istanze dei generali, che vor-rebbero una politica estera piùincisiva sulla scena globale daparte della Cina (un punto, que-sto, che si pone in netto contra-sto con le prescrizioni di DengXiaoping, il quale, proprio du-rante il viaggio nel Sud, avevaconsigliato di mantenere un pro-filo internazionale basso, di sce-gliere alcune campagne e politi-che prioritarie, magari a livelloregionale, e concentrarsi su quel-le lasciando perdere i sogni dipotenza globale).Un altro grande punto interro-gativo aleggia poi sulle prioritàche Xi darà alla politica internae su come ne affronterà i princi-pali nodi. Qui l’agenda è in parte obbliga-ta: colmare le grandi differenzetra ricchi e poverissimi; garanti-re una crescita economica soste-nibile, che si accompagni a stan-dard di lavoro più alti e meglioretribuiti e a un maggiore ri-spetto per l’ambiente; continua-re ad attrarre investimenti e ca-pitali dall’estero rilanciando an-che il settore privato; affrontare igrandi problemi demografici eprevidenziali legati ad una po-polazione che sta rapidamenteinvecchiando; contenere lo scon-

tento popolare anche dando unarisposta alla richiesta di maggio-ri diritti e partecipazione alla vi-ta politica del paese a livello dibase sociale (villaggi e piccolecomunità). Passato questi anni ultimi mesidi transizione e rinnovamentopolitico, in cui difficilmente ve-dremo importanti cambiamentinel sistema, dalla metà del 2013il nuovo governo cinese sarà pie-namente operativo e in grado didare risposte nuove a questi edaltri problemi. Nel frattempo ilmondo terrà gli occhi puntatisulla Cina.

75

EUROPA ALLA DERIVAElisa Borghi

elisa borghi

Giornalista, esperta di Cina.

L’Autore

Page 80: Europa alla deriva

76

Page 81: Europa alla deriva

Alla fine del XVIII secolo G.W.Leibniz, il filosofo della monade edell’armonia prestabilita, scrivevaun’agile e sagace Praefatio adun’operetta, intitolata NovissimaSinica (Nuove dalla Cina) e uscitadai torchi nel 1697 e poi, con al-cune lievi modifiche, anche nel1699. Il libretto ottenne diffusoriconoscimento e gradimento neisalotti colti ed eruditi dell’Euro-pa dell’epoca, purtroppo dilania-ta, come non mai, da tensioni elotte di ogni genere. Cionono-stante, Leibniz era persuaso che ilcontinente eurasiatico fosse la ve-ra culla di ogni civiltà e che diquesto continente l’Europa e laCina ne fossero gli estremi eccel-lenti: «Considero – così rimarca-va – che per una volontà quasiunica del destino oggi la piùgrande civiltà del genere umano

sia concentrata nelle due estremi-tà del nostro continente, l’Europae la Cina, che come un’Europaorientale abbellisce l’oppostolembo della terra». La Cina, giàallora a detta di Leibniz, conten-deva con l’Europa, ad esempioper estendere il più possibile laterra coltivabile e in certi casi lasuperava, come nella crescita de-mografica, senza considerare chel’impero cinese vantava «moltialtri pregi», tali da assicurare bennumerosi primati. Lo sbalordi-mento di Leibniz giungeva peròsoprattutto dalla constatazioneche nessuno «avrebbe mai credu-to che potesse esserci al mondopopolo che fosse a noi superiorenei precetti di una vita più civi-le», riconoscendo così alla Cinaun’inarrivabile superiorità nella«filosofia pratica», ovverosia nei

77

EUROPA ALLA DERIVAFrancesco D’Arelli

di FRANCESCO D’ARELLI

Lo sforzo della Cina odierna e quello di edificare internamente una «società armonica» (hexie shehui),sì da offrire esternamente l’esempio di «mondo armonico» (hexie shijie) per una convivenza più pacifica di popoli e culture differenti, è animatodalla stessa vis politica, vero e singolare senso di orientamento della classe di governo cinese.

IL DRAGO ROSSO COMEMODELLO GLOBALE

La sfida del futuro cinese

Page 82: Europa alla deriva

78

«principi dell’Etica e della Politi-ca», la vera via per regolare e go-vernare la «vita pratica degli uo-mini». In definitiva, Leibniz in-tuì più di chiunque altro comel’etica e la politica fossero i fon-damenti della civiltà cinese,tant’è che il potere politico o lavisione politica del mondo è dasempre in Cina, sia nell’epocaimperiale (221 a.C.-1911) sianell’età della Repubblica Popola-re Cinese (1949), l’unico e assolu-to orizzonte possibile, l’asse dacui tutto discende o verso cuitutto converge.Anche lo sforzodella Cina odiernadi edificare inter-namente una «so-cietà armonica»(hexie shehui), sì daoffrire esternamen-te il modello di«mondo armoni-co» (hexie shijie) per una conviven-za più pacifica di popoli e culturedifferenti, è animato dalla stessavis politica, vero e singolare sensodi orientamento della classe di go-verno cinese. La definizione del-l’identità culturale della Cina, inun’epoca di apparente dissoluzionedelle specificità, discende dallastessa disposizione, tanto che l’evi-denza storica è spesso con altret-tanta naturalezza relegata e co-stretta nei soli circoli accademici oscientifici. Così il convincimentodell’unicità della civiltà cinese èsostenuto con vigore nel contestodella storia umana, soprattutto setale unicità è raffrontata con leesperienze più antiche, ossia quel-la egiziana, babilonese e indiana.

La civiltà cinese, nata e sviluppa-ta in Asia orientale o nell’Orientedel continente eurasiatico, avreb-be goduto, per un lungo periodo,di un relativo isolamento geogra-fico, favorito dalle più elevate ca-tene montuose a occidente, daipiù temuti deserti a settentrionee dalle distese oceaniche a orien-te. Tale supposto isolamento geo-grafico avrebbe assicurato alla Ci-na uno sviluppo iniziale alquantoindipendente, consolidatosi poi,senza l’apporto di influenze ester-ne, soprattutto nella formazionedella scrittura, delle principali

tradizioni dottrina-li o di pensiero ede l l a s ingo la restruttura sociale.Solo dopo la Cina,ben distinta performa e specificità,avrebbe accolto eintegrato ne l la

propria cultura anche gli apportiesterni e fra questi principalmen-te quelli delle civiltà dei popolinomadi, da secoli attivi nei terri-tori a nord della Grande Mura-glia. Una unicità culturale che –a detta di molti cinesi – è l’essen-za stessa della civiltà cinese e del-la sua continuità nel tempo. Solocosì la Cina ha potuto ancheorientare il destino di altri popolidell’Asia, diffondendo ovunque –e in particolare in Giappone, inCorea e nel Sud-est asiatico – ele-menti peculiari della propria cul-tura e civiltà. Tra le peculiarità della cultura ci-nese si considerino soprattutto latendenza secolare a identificare loStato con la nazione e la durevole

La Cina sta cercandodi edificare al suo interno una “societàarmonica” da offrirecome modello

Page 83: Europa alla deriva

79

vitalità di una cultura volta più aunire o tesa a una vitale reductioad unum. L’assimilazione e il len-to assorbimento di vari elementiculturali, provenienti dai più di-sparati gruppi etnici (Xiongnu,Xianbei, Jie, Di, Qidan...), hannocontinuativamente mutato la fog-gia della nazione cinese, sino arenderla una grande comunità,ove le particolarità etniche ester-ne hanno arricchito nei secolil’originaria cultura Han. I cinesisono soliti, a tal riguardo, consi-derare l’apporto delle culture et-niche esterne alla stessa streguadella varietà e viva-cità proprie dei fra-telli nel seno diuna numerosa fa-miglia. La civiltàcinese si è così di-stesa nel corso deisecoli preservando,da una parte, unasingolare continuità culturale e,dall’altra, sviluppando una rara evigorosa disposizione alla assimi-lazione dell’altro. Non stupisceallora quanto scrisse anni or sonol’eminente storico cinese QianMu (1895-1990): «The Chinesepeople usually include the con-cept of the nation in the conceptof humankind, and include theconcept of the state in the con-cept of everywhere under heaven(tianxia) or the world. They treatthe nation and the state as onecultural organism. For them, the-re is no narrow conception of ei-ther the nation or the state. Both“nation” and “state” are a singlecultural entity. Therefore, theyare considered inseparable – like

an object and its shadow. “Natio-nal fusion” is “aggregation of thestate” itself, and vice versa. Chi-nese culture has been evolvingalong those two guidelines».Il caso più emblematico di assi-milazione e integrazione diun’esperienza dottrinale-culturalestraniera nella civiltà cinese è si-curamente il buddhismo. È notoche il buddhismo si originò inIndia, secondo la vulgata nel VIsecolo a.C.; si diffuse dapprima inOccidente, sin dal III secolo a.C.,nell’area gandharico-battriana(Pakistan e Afghanistan); rag-

g iunse po il’Oriente e in par-ticolare la Cinanel I secolo del-l’èra volgare e pro-prio dalla Cina sipropagò, fiorendoovunque (secoli II-XI), grazie allo ze-

lo e all’opera di monaci ed erudi-ti, che studiarono il sanscrito e lescritture canoniche, copiando,raccogliendo un gran numero dimanoscritti e soprattutto tradu-cendo in cinese molti testi. Inol-tre, il buddhismo, per convinzio-ne condivisa da vari storici cinesi,favorì anche lo sviluppo del neo-confucianesimo, una tradizionefilosofica confuciana maturata nelperiodo dinastico Song-Ming (se-coli X-XVII) come reazione alladiffusione e al dominio non solodelle dottrine taoiste ma anchedello stesso buddhismo. Il pro-cesso di assimilazione e contami-natio esperito dal buddhismolungo vari secoli dovrebbe, più diqualsiasi altro modello, offrire

EUROPA ALLA DERIVAFrancesco D’Arelli

La più importantepeculiarità cinese è latendenza a identificarelo Stato con la nazione volta a unire le diversità

Page 84: Europa alla deriva

agli analisti odierni una prospet-tiva di indagine meglio rispon-dente alla forma mentis cinese perintendere sia il grado di adatta-mento della tradizione comunistasia la possibilità della tradizionecapitalistica di mantenere le pro-prie irrinunciabili specificità. Inogni caso, i cinesi, già all’epocadel buddhismo, non rinunciaronoper nulla alla propria identitàculturale e valga per tutti ciò chescrisse, circa settant’anni fa, J.Needham, il maggiore storicodella scienza cinese, in uno deisuoi volumi di Science and Civili-sation in China, ap ropos i to de l -l’azione del bud-dhismo in Cina:«Sorprende sol-tanto il fatto chenel corso di tuttiquesti secoli ilbuddhismo nonabbia riscosso un successo ancoramaggiore e che un numero cosìelevato di confuciani sia rimastofedele all’affermazione basilare esignificativa che la vita era degnadi essere vissuta in una societàben ordinata e che per quantosquallide potessero essere le pro-spettive immediate, sarebberopur sempre venuti alla ribalta de-gli uomini che avrebbero messoin pratica gli insegnamenti diConfucio circa il modo in cui unasocietà poteva essere ben ordina-ta. In modo analogo i taoisti purrestandosene, come sempre, al difuori della società, si rifiutaronodi rinunciare al quadro naturali-stico e realistico che si erano fattidel mondo. Il mondo esterno era

per loro realtà e non illusione; ilsaggio, seguendone i fenomeni,avrebbe imparato a controllarli.[...] e l’ascetismo, per quel pocoche poteva valere, era semplice-mente un mezzo per raggiungereun fine, cioè il conseguimento diuna immortalità materiale, affin-ché il godimento della natura edella sua bellezza non potesseroavere mai fine».Tuttora nella Cina contempora-nea permane, sebbene in una fog-gia differente, l’essenza della tra-dizione cinese o della sua anticacultura. L’idea di armonia ne è,

ad esempio, un’at-testazione evidentee vivida. Sin dallapiù remota rifles-sione filosofico-co-smologica, i cinesidelinearono un si-stema ordinato dicorrispondenze ar-

moniche fra corpo dell’uomo,corpo politico e corpi celesti epiù in generale fra entità naturali– ove l’uomo per l’appunto èquella suprema –, Terra e Cielo.È una corrispondenza armonicache pervade il tutto, dal piccoloal grande. Un tema che ricorrenei testi classici della tradizionecinese, dove spesso è riferita an-che a momenti ordinari della vitaumana e di continuo richiamata,quasi a mo’ di imperativo catego-rico per orientare l’azione dell’uo-mo, specie del sovrano o di chigoverna, tant’è che Confucio, ilfilosofo per antonomasia dei cine-si, diceva: «Chi governa con l’ec-cellenza morale può essere para-gonato alla stella polare, fissa al

80

Tuttora nella Cinacontemporaneapermane l’essenzadella tradizione della sua antica cultura

Page 85: Europa alla deriva

suo posto e tutte le stelle attornoche le rendono omaggio». Per dipiù la corrispondenza armonicafra l’uomo e gli elementi dell’or-dine naturale fu tema di diffusatrattazione in varie opere di epocaHan (secoli III a.C.-III d.C.), co-me, solo per citarne un paio, nel-lo Huainanzi (Libro del maestrodi Huainan) e nel Chunqiu fanlu(Rugiada lussureggiante degli Anna-li delle Primavere e Autunni), attri-buito a Dong Zhongshu, filosofocinese vissuto nel II secolo a.C.Fu proprio Dong Zhongshu acontribuire in soprammodo all’af-fermazione della tradizione con-fuciana come dottrina di Statonegli anni della dinastia Han.L’autorità imperiale – e oggi sipotrebbe dire l’autorità politica –fu da quel tempo sempre più in-tesa come manifestazione del co-smo, divenendo così l’imperatoreil perno tangibile fra gli accadi-menti politico-sociali del mondoumano e l’incessante mutamentocosmico. In tal modo si fissavanosia la stretta e necessaria dipen-denza o relazione tra Cielo (tian),Terra (di) e uomo (ren) sia il prin-cipio che l’imperatore esercita le-gittimamente il potere solo se fe-dele alla volontà del Cielo. Lostesso iter di perfezionamentodella natura umana non interessala sola esperienza dell’uomo, magenera effetti anche sul manteni-mento dell’armonia cosmica.L’uomo dunque ha nel cosmo unposto centrale, cosicché anche ilsuo corpo, nella ricchezza e varie-tà delle funzioni naturali, è intutto un vero e proprio microco-smo, ove il tempo e il tenore del-

la natura si manifestano intera-mente e pienamente. Non solol’uomo in sé e per sé è un micro-cosmo, ma ogni forma ordinatadel suo agire reca la stessa dispo-sizione. Lo Stato, forma di vitaregolata e organizzata dell’uomo,e in particolare lo Stato e l’ammi-nistrazione imperiali sono essistessi microcosmo e ciò in virtùdella diretta corrispondenza conil cosmo. Un’ulteriore estensionedi tale corrispondenza armonica,che offriva modelli fissi di rela-zione, fu quella che correlava iterritori della Terra con quelli ce-lesti e poi anche con le unitàdell’amministrazione celeste. Co-sicché dalla dinastia Ming (1368-1644), quasi ogni città o unitàamministrativa ebbe la sua divi-nità protettrice, le cui funzioninell’amministrazione celeste cor-rispondevano esattamente a quel-le svolte dal magistrato terrestre.È dunque evidente che in tale co-smo tutte le parti sono, senza al-cuna prescrizione e in modo deltutto naturale, disposte alla mu-tua reazione, permanendo in unostato di spontaneità e di imme-diata simpatia.

81

EUROPA ALLA DERIVAFrancesco D’Arelli

francesco d’arelli

è PhD in Studi Orientali all’Istituto Universita-

rio Orientale di Napoli. Ha studiato in alcune

università europee e da anni insegna cultura

e civiltà della Cina in varie università italiane.

Fra altro, ha anche pubblicato numerosi studi

sulla presenza del cristianesimo in Cina

(secc. XIII-XVIII).

L’Autore

Page 86: Europa alla deriva

Il premier Erdogan negli ultimi anni ha rilanciato con le ri-

forme economiche e istituzionali il ruolo della Turchia nel

mondo. La stabilità politica di questi anni ha permesso al

paese ottomano di avere un peso predominante nell’area

a livello internazionale e spera entro il 2020 di entrare a

far parte dell’Unione europea e di competere globalmente

con le altre potenze economiche.

Page 87: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVA

Page 88: Europa alla deriva

La Turchia è intenzionata a diventare entro il 2023una grande potenza economica e internazionalee il suo premier Erdogan vuole raggiungeretale obiettivo attraverso un programmadi interventi infrastrutturali, di investimenti e di innovazione tecnologica per portare Ankaraad essere la decima potenza economica al mondoe influenzare le sorti dei conflitti nel Mediterraneo.

Büyük Millet, Büyük Güç

di GIUSEPPE MANCINI

84

Page 89: Europa alla deriva

85

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

Prima il 2023, subito dopo il2071: la Turchia guarda avanti,guarda lontano. Fra dieci anni,verrà celebrato il centenario dellaRepubblica voluta da Atatürk; el’Akp, il partito conservatored’ispirazione islamica al poteredal 2002, nella campagna eletto-rale per le politiche del 2011 enel nuovo manifesto presentato alcongresso dello scorso settembre,ha fissato una serie di ambiziosiobiettivi per proseguire sulla viadella crescita economica e dell’ac-quisizione di influenza fuori daisuoi confini: diventare la decimapotenza economica per Pil, mo-dernizzare il paese attraverso ungrande programma di interventi

infrastrutturali (autostrade, porti,ponti, ferrovie ad alta velocità) einvestimenti nell’innovazionetecnologica, trasformarsi nel cen-tro geopolitico del continenteafro-eurasiatico e circondarsi diuna “cintura di stabilità e pro-sperità nelle proprie periferie,promuovere il benessere e l’equi-tà tra i propri cittadini con un si-stema di sicurezza sociale al-l’avanguardia, assumere i caratte-ri di una “democrazia avanzata”,preservare il proprio patrimonioculturale e costruire un grandemuseo nazionale di storia e ar-cheologia ad Ankara. “BüyükMillet, Büyük Güç”: questo ilnuovo slogan del partito (“Gran-

Page 90: Europa alla deriva

86

de nazione, grande potenza”). Ilprimo ministro Recep Tayyip Er-do�an guarda anche oltre, al mil-lenario della battaglia di Manzi-kert in cui i turchi selgiuchidisconfissero i bizantini e posero lebasi per il futuro impero ottoma-no: per quella data, Erdo�an vuo-le che la Turchia riacquisti “il li-vello (politico ed economico)delle ere selgiuchida e ottoma-na”; si è rivolto alle donne turchechiedendo loro di avere almenotre figli, alle nuove generazioniinvitandole ad abbracciare gliideali di “conservatorismo demo-cratico” propri delsuo movimentopolitico.Il primo decenniotargato Akp haprodotto indubbisuccessi: il redditopro capite e leesportazioni si so-no triplicati, la Turchia è diven-tata la 17esima potenza mondia-le e ha contribuito a fondare ilG20; sotto la guida del ministrodegli esteri Ahmet Davuto�lu,Ankara si è proposta come riferi-mento – “esempio da imitare” –agli stati del “risveglio arabo” eanima una nutrita serie di inizia-tive per la riforma del sistemainternazionale. La politica esteraturca – nella sua dimensione glo-bale, la grande novità di questoinizio di secolo – è infatti espli-citamente trasformativa: la Tur-chia reclama costantemente piùequità e rappresentatività nelleistituzioni internazionali, ha pre-so parte alla formazione del G20come alternativa al G8, si è fatta

paladina degli stati meno svilup-pati (Ldc) in seno all’Onu, pro-muoverà un tavolo Ldc-G20quando sarà presidente di turnonel 2015, caldeggia una riformainclusiva del Consiglio di sicu-rezza dell’Onu, cerca di neutra-lizzare le derive da guerra di ci-viltà attraverso l’iniziativa turco-spagnola dell’Alleanza delle ci-viltà, proprio al Consiglio di si-curezza è candidata a un seggionon permanente per il biennio2015-2016 (dopo l’esperienzaravvicinata del 2009-2010, elet-ta con 151 voti), presenta Istan-

bul come capitaleinternazionale incui discutere – at-traverso conferenzee dibattiti – delfuturo del mondo. Davuto�lu ha an-che avviato una ri-forma robusta del

ministero: per mettersi al passocoi tempi, per dotarsi degli stru-menti – risorse, personali, sediall’estero – necessari alla suanuova politica estera; una politi-ca estera di sistema: attenta agliaffari per merito delle organizza-zioni imprenditoriali, allo svi-luppo attraverso l’agenzia Tika,alla cultura grazie all’istitutoYunus Emre, alle connessioniper mezzo della compagnia dibandiera Thy (Turkish Airlines).Il trionfo del soft power. Il presi-dente della Repubblica Abdul-lah Gül, parlando lo scorso apri-le all’accademia militare di An-kara, ha però definito la Turchia– citando Al-Farabi, scienziato efilosofo di Damasco del X secolo

La Turchia si è propostacome esempio da imitare per quegli stati coinvoltinel “risveglio arabo”

Page 91: Europa alla deriva

87

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

INNO ALLA TURCHIANon temere! La bandiera rosso cremisi che fieramente ondeggia nella luce del crepu-scolo e mai sbiadirà,È l’ultimo focolare acceso che veglia sulla mia Patria.Lei che è la stella della mia nazione, e per sempre splenderà;È mia; e appartiene soltanto al mio popolo coraggioso.Non aggrottare le ciglia, io ti imploro, oh tu timida mezzaluna,Ma sorridi alla mia razza eroica! Perché la rabbia, perché l’ira?Il nostro sangue che noi versammo per te non sarà altrimenti degno;Per la libertà che è il diritto incondizionato del mio popolo che adora l’Assoluto. L’In-dipendenza!Io sono stato libero fin dal principio e per sempre lo sarò.Quale pazzo mi metterà in catene! Io sfido la sola idea!Io sono come un fiume in piena; calpesterò ogni barriera e la sormonterò,Squarcierò le montagne, solcherò i cieli per poter sgorgare!I confini occidentali possono anche essere fortificati con pareti di acciaio,Ma le mie frontiere sono protette dal petto possente di un fedele.Riconosci la tua forza innata e pensa: come può questa fede ardente essere uccisa?Quello che chiami “mondo civilizzato” è solo un mostro deforme e senza denti.Amico mio! Non lasciare la mia terra natia nelle mani di uomini infami!Fai scudo col tuo corpo e respingi lo spuderato invasore.Presto arriveranno i giorni gioiosi della promessa divina...Chi può saperlo? Forse già domani? Forse anche prima!Non vedere il suolo su cui cammini come mera terra, impara a conoscerla!E pensa alle migliaia di morti senza tomba che nobilmente riposano sotto di te.Tu sei il nobile discendente di quei martiri che percorsero il cammino del Signore,non dispiacere ai tuoi antenati!E non abbandonare la Patria soave, neanche quando raggiungerai i mondi promessi.Quali uomini non morrebbero per questa terra bella come il Paradiso?Se tu strizzassi il terreno, i martiri ne sgorgherebbero fuori!Lascia pure che Dio prenda la mia anima, i miei beni e tutto ciò che amo, ogni cosa;Ma possa Egli non separarmi mai dalla mia Patria, mai!Oh Signore glorioso, il solo desiderio del mio spirito ferito è questo,Fa che il cuore sacro dei miei templi mai sia sfiorato da mani impure.Questi adhans, e questi shahadahs ai quali il mio udito è abituato, sono le fonda-menta della Religione (islamica),E possa ciò riecheggiare in eterno sulla mia Patria.Solo allora, prostrato mille volte in estasi prima di perdere le forze e i sensi,Le lacrime del sangue mio ardente fluiranno da ogni mia ferita,E la mia anima sgorgherà fuori come dal più puro degli uomini,Cosicché infine possa essere elevata in Cielo.Perciò increspati e ondeggia come il cielo alle prime luci dell’alba, oh mezzaluna glo-riosa!Affinché ogni ultima goccia di sangue possa finalmente essere degna!Non ci sarà per te una fine, così come inarrestabile è la mia corsa!Per la libertà che è il diritto incondizionato della nostra bandiera nata e vissuta libera;Che è diritto del mio popolo che glorifica Dio. L’Indipendenza della mia nazione!

Page 92: Europa alla deriva

– una “potenza virtuosa”. Neltesto, dal titolo “La nuova dot-trina di difesa e il potere virtuo-so”, il presidente spiega che laTurchia non vuole né lo statusquo né le rivoluzioni: ma la tra-sformazione graduale in sensodemocratico delle sue periferie el’emergere di un sistema inter-nazionale multipolare; il virtuouspower è messo in contrapposizio-ne all’hard/soft/smart power di ma-trice anglosassone (“rappresenta-no la mentalità utilitaristica epragmatica”) ed è presentato co-me approccio visionario chepunta a protegge-re “la pace, la pro-sperità e la felicitàdi tutti” attraver-so la cooperazionee non l’imposizio-ne. Un concettodalla non chiaraapplicabilità.Nonostante le difficoltà incon-trate in Siria (Assad ancora al po-tere, rischio di contagio con inci-denti di frontiera e attentati), èla politica “degli zero problemi”di Davuto�lu – frettolosamenteliquidata da molti analisti – aorientare ancora l’approccio di-plomatico della Turchia. Le ini-ziative per promuovere l’integra-zione politica ed economica – subase bilaterale e regionale – sonoinnumerevoli: gli Alti consigli dicooperazione strategica istituiticon 13 paesi – ne fanno parte ipremier e numerosi ministri –che tengono periodiche e con-giunte riunioni (l’ultimo quellocon la Russia a dicembre, il pros-simo quello con la Grecia a mar-

zo); la presidenza di turno del-l’Organizzazione per la coopera-zione economica del mar Nero ei grandi progetti infrastrutturali(autostrada e linea ferrata attornoal mar Nero, intensificazione deitrasporti via mare); la spinta pro-pulsiva per l’istituzione del Con-siglio di cooperazione degli Statiturcofoni; il ruolo di leadershipnei Balcani: nel 2012, con nume-rosi eventi per ricordare il cente-nario delle guerre balcaniche(1912-1913) e progettare un fu-turo condiviso di pace; la trilate-rale Turchia-Brasile-Svezia: mec-

canismi di consul-t a z i one e unostretto coordina-mento “per co-struire la pace epromuovere valoricomuni”; la strate-gia africana “percontribuire alla

crescita e allo sviluppo dell’Afri-ca”: aiuti e solidarietà (soprattut-to per la Somalia), ma anche affa-ri per le imprese turche. La Tur-chia punta a diventare “membroosservatore” dell’Organizzazioneper la cooperazione di Shangaiguidata da Russia e Cina, conti-nua ad avere come priorità stra-tegica la membership piena nel-l’Unione europea: e spera chel’imminente visita di Stato delpresidente francese Hollande –prevista per marzo/aprile – servaa dare nuovo vigore ai negoziati,arenatisi a causa della questionecipriota e dell’ostilità di Sarkozye della Merkel. Una politica este-ra a 360 gradi.L’Europa e l’economia turca so-

88

Il presidente Gul sperache nella zona emergaun sistema internazionalemultipolare che si puòdefinire virtous power

Page 93: Europa alla deriva

no stati al centro di un incontroorganizzato dal think tank fran-co-turco Institut du Bosphore –a novembre – con il vice pre-mier e coordinatore dei ministe-ri economici, Ali Babacan: cheha tratteggiato un bilancio en-tusiasta dei dieci anni di gover-no dell’Akp, a cui ha contribui-to personalmente anche comeministro dell’Economia (salvonel biennio 2007-2009, quandogli sono stati assegnati gli este-ri) dal 2002 al 2011; un decen-nio fatto di grandi riforme, distabilità macroeconomica, di ot-time percentualidi crescita (8,5%nel 2011 e 3% nel2012, con stimesul 4-5% per il2013 e 2014), dicostante aumentodel reddito pro ca-pite, di privatizza-zioni strategiche (lo stato, adesempio, nel 2012 ha incassatola cifra record di 10,5 milioni didollari). Per Babacan, il fattoredecisivo che ha prodotto questiottimi risultati – oltre alla sta-bilità politica, 10 anni ininter-rotti di monocolore Akp – è sta-to l’integrale rispetto dei para-metri di Maastricht, il bilanciodello stato in perfetto ordine: eha sottolineato come “l’incre-mento del Pil è integralmentedovuto al settore privato e nonalla spesa pubblica in deficit”;ha espresso apprezzamenti per leriforme decise in sede europea,che però secondo lui non sonoancora sufficientemente incisive:sostanzialmente perché ritiene

necessario un vero e proprio go-verno economico dell’Europa,con gli strumenti per imporreun’unica politica non solo mo-netaria ma anche fiscale; ha con-fessato di essere stato definito daqualche collega “più europeistadegli europei”: la sua idea diEuropa è quella di un insiememolto più coeso rispetto a oggi,di cui non devono necessaria-mente far parte tutti gli attualimembri (potranno procedere adifferenti velocità o aderire soload alcune iniziative di più stret-ta integrazione).

Non ha taciutosu l l e f r ag i l i t àstrutturali del-l’economia turca:bassissima pro-pensione al rispar-mio, influenzatadalla diminuzionedell’inflazione e

da tassi d’interesse più bassi ne-gli ultimi anni; dipendenza dalleimportazioni di fonti energeti-che fossili e dai prodotti semi-la-vorati, che provoca squilibri no-tevoli della bilancia delle partitecorrenti; una dotazione infra-strutturale – strade, ferrovie,porti, aeroporti – ancora insuffi-ciente; un livello di disoccupa-zione ancora alto (ma in diminu-zione, sotto la soglia del 10%) euna non ottimale distribuzionedella ricchezza. Tuttavia, ha ri-cordato nuove riforme appenadecise e altre in preparazione: ri-forma dell’istruzione con obbli-gatorietà portata a 12 anni; in-centivi per l’innovazione e pergli investimenti produttivi nelle

89

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

Per Babacan l’econimiaturca è in crescita perché rispetta integralmente le lineedi Maastricht

Page 94: Europa alla deriva

zone depresse del paese; un vastopiano per la costruzione – anchein project financing – di nuoveinfrastrutture; passaggio al nu-cleare e investimenti nelle ener-gie rinnovabili. Ma è evidentecome la Turchia potrà mantenerela sua ottima performance solose verrà mantenuta la stabilitàpolitica interna, se la crisi globa-le verrà riassorbita, se l’Europanon si sfalderà, se le periferieturbolente – Siria, Iran, Iraq –troveranno equilibrio.Ancora più decisivo della stabi-lità politica (interna e ai propriconfini) – per il definitivo emer-gere della Turchia come “mediapotenza dalle ambizioni globali”– è però il completamento dellatransizione da regime autoritarioa democrazia compiuta. Il de-cennio targato Akp è anche ser-vito, in effetti, a smantellaregradualmente il sistema di pote-re – politico ed economico – cheaveva permesso alle forze armatedi giocare un ruolo pesantemen-te anti-democratico: con quattrocolpi di stato e l’imposizione dinorme discriminatorie verso lenumerose minoranze etniche ereligiose che compongono il mo-saico turco. La costituzione invigore è però ancora quella del1982, frutto del golpe del 1980:la cittadinanza viene definita subase etnica, il dissenso politicoviene criminalizzato; le conse-guenze nefaste – in termini diuguaglianza anche solo formaledavanti alla legge e di violazionesistematica dei più elementaridiritti umani (ad esempio, intermini di libertà di espressione

e di stampa) – vengono sentiteancora oggi, nonostante le rifor-me degli ultimi anni: spesso ri-chieste da Bruxelles per unifor-marsi – o almeno avvicinarsi –alla legislazione comunitaria.L’ultimo intervento incisivo èstato quello approvato col refe-rendum costituzionale del 12settembre 2010, poi il ritmo ri-formista è notevolmente calato:e dopo le elezioni vittoriose dl12 giugno 2011 l’Akp ha datol’impressione di volersi concen-trare più che altro sul consolida-mento del proprio potere. Tuttavia, proprio il Parlamentoscaturito da quelle elezioni haavviato un nuovo e potenzial-mente decisivo iter costituziona-le: perché un’apposita commis-sione formata dai quattro partitiattualmente rappresentati nellaGrande assemblea è stata incari-cata di redigere un nuovo testo,per sostituire quello del 1982. Ilavori sono stati meno veloci diquanto richiesto, la deadline fissa-ta al 31 dicembre è stata postici-pata di 3 mesi: senza accordi, ilPartito della giustizia e dello svi-luppo proverà a fare da solo.L’Akp, il Chp kemalista, l’Mhpnazionalista, il Bdp filo-curdonon sembrano infatti in grado diraggiungere un compromesso suidue più importanti e controversipunti (oltre che su tutta una se-rie di altri ma meno rilevanti ar-ticoli): il presidenzialismo forte-mente voluto da Erdo�an – cheaspira personalmente a un dupli-ce mandato dal 2014 al 2024 – eosteggiato da tutti gli altri; lacittadinanza su base civica: così

90

Page 95: Europa alla deriva

da dare piena dignità e ugualidiritti a tutte le minoranze, oltreche alla maggioranza con spicca-ta sensibilità religiosa penalizza-ta da restrizioni e discriminazio-ni in nome del laicismo di stato.In questo senso, già molto è statofatto: sono state restaurate chiesee sinagoghe abbandonate, aperteal culto chiese chiuse per quasiun secolo, dedicate ricerche emostre al patrimonio artisticodelle comunità non musulmane,più volte riaffermate la loro visi-bilità e dignità – pur drammati-camente ridotte nei numeri – diparti costituenti della Turchia,restituite alcune delle proprietà(orfanotrofi, scuole, chiese, ospe-dali, terreni, cimiteri) confiscatea partire dal 1936; per quanto ri-guarda i musulmani osservanti,sono state eliminate norme che –introdotte dopo il colpo di statodel 28 febbraio 1997 – hannoimpedito la loro piena integra-zione nel sistema economico, po-litico e culturale del paese.La partita più difficile è però ilprocesso di pace con il Pkk, ilPartito dei lavoratori del Kurdi-stan di Abdullah Öcalan che èanche un’organizzazione terrori-stica. L’Akp già nel 2009 ha lan-ciato un’iniziativa democraticaper riconoscere alla minoranzacurda – 15-20 milioni di persone– diritti per l’uso della loro lin-gua madre e per la preservazionedelle loro specificità culturali(insegnamento del curdo nellascuola pubblica, canale in curdodella televisione di stato, possibi-lità di attività politica in curdo,difesa in tribunale in curdo); tut-

tavia, le vere e proprie trattativecol Pkk – segretissime – sonostate più volte sabotate sia met-tendo online registrazioni dei col-loqui, sia con attacchi ai soldatiturchi nel sud-est; la reazione in-fiammata dell’opinione pubblicaha indotto il governo – che haaccusato le frange oltranziste delPkk e pezzi di stato legati al vec-chio sistema autocratico – a so-spendere i negoziati: che però so-no stati riavviati da alcune setti-mane, in modo più trasparente edirettamente con Öcalan. I primiriscontri sono incoraggianti, siattendono risultati risolutivi.

91

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

giuseppe mancini

Esperto di relazioni internazionali, giornalista

e storico, dottorando di ricerca dell’Istituto

italiano di Scienze umane con uno studio sul-

la politica estera di Francia e Italia negli anni

Cinquanta e Sessanta.

L’Autore

Page 96: Europa alla deriva

Per l’Ambasciatore turco, HakkyAkil in un momento storicamen-te ed economicamente importan-te nel bacino del Mediterraneo lapartnership tra Italia e Turchia èpiù importante che mai. Condi-vide pienamente le parole delpresidente Gül sull’ingresso dellaTurchia in Europa come fonte distabilità politica ed economica eaggiunge come sia necessariocontinuare con le riforme perproseguire il percorso. Non na-sconde grande soddisfazione sulriconoscimento della Palestina daparte dell’Onu sottolineando co-me la Turchia abbia avuto unruolo da pioniere.

L'Italia è il miglior alleato della Turchiain Europa e la la prova di tutto ciò è lagrande vivacità economica tra i nostridue paesi: investimenti, joint venturemercati comuni etc. Un grande per-corso avviato da diversi anni. A pochesettimane dalla conclusione del forum

Italia – Turchia a che punto sono lerelazione politico economiche tra idue paesi?Il Forum di Diaologo Italo-Tur-co, giunto alla nona edizione ediventato ormai un appuntamen-to tradizionale, è stato piuttostoutile in quanto ci ha consentitodi elaborare le nostre relazioni dauna vasta perspettiva. Durante ilForum, che ha riunito non solo idue ministri ed i burocrati deirispettivi paesi ma anche gli ac-cademici, gli esperti, i rappre-sentanti di stampa e quelli delleOng, siamo giunti alla seguenteconclusione: in un periodo in cuinel bacino del Mediterraneo assi-stiamo alle svolte storiche e dovela crisi economica si fà sentiresempre più intensamente, la par-tnership strategica tra Italia e Tur-chia diventa più importante chemai. Ed è motivo per cui dobbia-mo rafforzare ulteriormente lanostra alleanza.

INTERVISTA A HAKKY AKILDI FABIANA TONNA

Un paese strategico per l’Europa

La Turchia può essereil faro per il futuroIl paese Ottomano può diventare fonte di ispirazioneper le altre nazioni, soprattutto per l’Europa perchépuò stabilizzare e migliorare l’economia del vecchiocontinente e i rapporti con i paesi islamici.

92

Page 97: Europa alla deriva

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Hakky Akil

Page 98: Europa alla deriva

94

Godiamo di rapporti pressochéottimali non solo nell’ambito po-litico ed economico ma quasi intutti i campi. Come dice ancheLei, l’Italia è uno dei nostri piùgrandi sostenitori sulla stradadella nostra membership all’Ue, ilprincipale obiettivo strategicodel nostro paese. Abbiamo opi-nioni comuni sui temi interna-zionali dall’Afganistan al Libano.Per quanto concerne il bacino delMediterraneo (che recentementesta diventando sempre più im-portante), abbiamo una percezio-ne e esperienza condivise. Secon-do i dati relativi al 2011, l’Italiarisulta il quinto fornitore dellaTurchia e la quarta destinazioneper le esportazioni turche. Perquanto riguarda il volume dicommercio, si posiziona al quartoposto, subito dopo la Germania,la Russia e la Cina. L’interscam-bio tra i due paesi con uno slan-cio registrato nel 2011 ha rag-giunto 15,6 miliardi di euro. Leesportazioni italiane verso la Tur-chia, con riferimento sempre allostesso anno, risultano 9,6 miliar-di di euro mentre quelle turcheverso l’Italia 5,9 miliardi di euro.Oggidì in Turchia operano 930aziende italiane. Durante le miefrequenti visite in diverse regionid’Italia, invito gli imprenditoriitaliani ad usufruire della crescen-te economia turca, dei nostri otti-mi rapporti politici e delle oppor-tunità di investimento, rese ancorpiù allettanti grazie alla nuovalegge sugli incentivi. Allo stessomodo sono felice di vedere i no-stri imprenditori operare sempredi più e creare occupazione in

Italia. Vediamo inoltre, che leaziende turche e italiane, condot-te da cittadini di due nazioni chesanno bene fare business nel Me-diterraneo, intraprendono inizia-tive comuni nei paesi terzi. Ap-poggiare tali iniziative è tra leprincipali priorità sia dell’Italiache della Turchia.

Il presidente Gül sul Financial Times hadichiarato “le difficoltà che ha avuto laTurchia nel percorso di adesione alla Uesono state, paradossalmente, la causadel successo economico turco”, contutte le difficoltà annesse aggiungiamonoi. Lei cosa ne pensa?Il Presidente Gül ha esattamentedetto questo: “Malgrado le diffi-coltà riscontrate nelle trattativecon Bruxelles, può vedere chel’impegno di entrare nell’Ue è lafonte della stabilità politica edella crescita economica ottenutenell’arco degli ultimi 10 anni. Seguarda alle riforme realizzate ne-gli ultimi 10 anni nella lorocomplessità, constaterà che costi-tuiscono l’adeguamento dell’ac-quis comunitario. Non ci dob-biamo fermare qui, non è suffi-ciente. Dobbiamo portare avantile riforme.” Non lo so, dopo que-ste parole, oltre al fatto che lecondivido pienamente, c’è biso-gno che dica altro?

Oggi si parla del modello turco comeesempio di convivenza tra la culturaislamica in un apparato democratico elaico. In una Europa in cui cresce lapresenza musulmana la Turchia può es-sere un esempio da seguire?L’islamofobia e il razzismo, inaumento oggi in Europa, ci pre-

Page 99: Europa alla deriva

95

occupano. Quando esprimiamola nostra preoccupazione, ci sen-tiamo rispondere “nei momentidi crisi tali episodi possono capi-tare”. Il fatto di essere disprezza-ti solo per la propria identità, pe-rò, è uno dei crimini più grandie ignobili. Non possiamo ignora-re questo pericolo sostenendo che“c’è la crisi”.L’Europa dovrebbe riguardare ilsuo passato, i suoi valori e i suoiprincìpi. Questo compito assumeuna maggiore importanza soprat-tutto nel processo di trasforma-zione storica in cui si trova lasponda meridionale del Mediter-raneo. Provi a pensare così: men-tre in Europa i movimenti estre-misti, razzisti e anti-islamistipossono permettersi di aspirarepersino al potere, guardare consospetto alla trasformazione de-mocratica in corso portandoavanti il discorso “in Egitto, Tu-nisi e Libia gli estremisti guada-gnano terreno” non è un approc-cio contradditorio? Forti dellanostra ricchezza storica e del no-stro crescente ruolo di potenzaregionale e internazionale, vor-remmo ampliare la nostra colla-borazione con l’Ue su questo te-ma. Però purtroppo, gli ostacoliche ci vengono messi sul nostrocammino, a volte, ci impedisco-no di consultarci persino su que-sti temi. In questo momento sto-rico in cui ci troviamo, siamofortunatamente in stretta colla-borazione e abbiamo un frequen-te scambio di idee con i paesi delbacino del Mediterraneo comel’Italia con cui abbiamo una sto-ria e esperienza comuni.

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Hakky Akil

Il Libro

Carlo MarsilliLa Turchia bussa alla portaEgea 2011, 292 pp., euro 17,99

Anche per viadella lingua –sconosciuta ap r e s s o c h étutti gli italiani(non si dicealternat iva-mente “parloa rabo?” o“par lo tu r-

co?”) – la Turchia resta nel nostro im-maginario collettivo un paese in granparte sconosciuto, affidato a luoghicomuni fuorvianti. Chi meglio di CarloMarsili, ambasciatore in Turchia dal2004 al 2010, ha le carte in regola perfarci scoprire questo paese e le suecontraddizioni? Dalle minoranze etni-che alla condizione femminile; dallecontraddizioni dell’islamismo modera-to alla questione armena; dalla stratifi-cazione sociale alla classe politica e aipartiti; ai mezzi di comunicazione e al-la lotta per la libertà di stampa, al ruo-lo dell’esercito e alla politica internaed estera; sino ai capitoli finali, dedica-ti a come i turchi vedono gli europei,allo sviluppo economico, e alla presen-za italiana: ricco di aneddoti ed episodivissuti in prima persona, il libro dà fi-nalmente un quadro realistico e privodi pregiudizi della Turchia d’oggi. E cispiega anche perché un’Unione euro-pea senza la Turchia sarebbe inevita-bilmente destinata a un ruolo di se-condo rango rispetto non solo a StatiUniti e Cina, ma anche a India, Brasilee altre potenze emergenti.

Un paese strategicodalle mille possibilità

Page 100: Europa alla deriva

E per i Paesi arabi?A questo proposito; condivido pie-namente la constatazione del nostroPresidente Gül, secondo cui laTurchia non costituisce un model-lo ma potrebbe essere una “fonte diispirazione”. Ogni paese ha la pro-pria struttura sociologica. Nel cor-so della storia, abbiamo visto chei modelli imposti dall’esterno nondanno sempre risultati positivi.Tuttavia, qualora lo richiedessero,siamo ovviamente pronti a discu-tere sull’esperienza turca e a dare ilsostegno desidederato ai nostri fra-telli nei paesi che attraversano taletrasformazione. Ed è ciò che effet-tivamente facciamo.

Spesso si pensa che l'adesione dellaTurchia nella Unione europea sia piùun bisogno della Turchia che non dellaUe. Ricordiamo però che la Turchia èl'unico paese musulmano laico e di-chiaratamente amico dell’occidente.Secondo Lei la sua adesione aprirebbeun ponte di congiunzione tra la Ue el'Asia? Questo aprirebbe nuovi scenarieconomici?L’adesione all’Ue, come ho dettopoc’anzi, è la principale prioritàin tema della politica estera dellaTurchia. È la conseguenza di unatendenza strategica che dura dapiù di cento anni. Il fatto che letrattative siano state congelateper motivazioni politiche di al-cuni Stati, non fermerà il nostrocammino. Anche se non vengonoaperti nuovi capitoli, noi portia-mo avanti il nostro lavoro in te-ma di acquis comunitario come sei negoziati proseguissero. Perché,in finale, l’acquis comunitario, lovogliamo per alzare gli standard

di vita dei nostri cittadini. Nonpossiamo certo fermare il nostroimpegno solo perché alcuni statinon condividono politicamentegli stessi pareri. La non realizzazione dell’adesio-ne all’Ue, non è uno scenario ca-tastrofico. Oggi come oggi par-liamo di una Turchia che ha unruolo nella sua regione e oltre,che ha una popolazione giovane elaboriosa e che ha raggiuntoun’economia forte con i suoi im-prenditori dinamici. Stando agliultimi sondaggi, vediamo che ilsostegno dell’opinione pubblicaverso l’adesione va scemando acausa dell’atteggiamento insince-ro dell’Ue. Non nego nemmenoil fatto che tra le popolazioni eu-ropee ci siano parti che guardanoalla Turchia con sospetto. Però,come diceva Egemen Bağış, ilministro per gli Affari europeidella Turchia recentemente a Ro-ma per una conferenza organizza-ta dall’Iai, prima portiamo a ter-mine le trattative e i paesi chevogliono fare referendum, con-sultino le proprie popolazioni.Magari quando arriva quel gior-no, saremo rifiutati come l’In-ghilterra. Oppure decideremo dinostra iniziativa di non aderirecome la Norvegia. Però non sia-mo arrivati nemmeno in quellafase. Noi non vogliamo un trat-tamento speciale. Vogliamo sol-tanto che le regole del gioco nonvengano cambiate a partita ini-ziata e i negoziati proseguano inlinea con lo spirito degli stessi.L’adesione della Turchia è allostesso tempo una prova di since-rità. Non si deve dimenticare il

96

Page 101: Europa alla deriva

fatto che; in un momento in cuila sponda meridionale del Medi-terraneo impegnata in un proces-so di transizione democratica siaspetta collaborazione e solida-rietà, le popolazioni arabe osser-veranno se l’Ue manterrà o no lepromesse fatte alla Turchia. Perquesto motivo l’adesione dellaTurchia è necessaria non solo perla Turchia ma anche per l’Unioneeuropea.

Il Premier Erdogan ha parlato dellapossibilità di reintrodurre la pena dimorte in Turchia (abolita nel 2004).Non teme che questo crei un nuovoostacolo sulla strada della adesionealla Ue?Il premier ne ha parlato in riferi-mento a Anders Behring Breivikche massacrò decine di personein Norvegia. Nella nostra agendanon c’è nulla che faccia pensarealla reintroduzione della pena dimorte. Sia il ministro della Giu-stizia sia il ministro degli Esteril’hanno ribadito diverse volte.

Nel 2014 ci saranno le elezioni presi-denziali. Il presidente Erdogan ha an-nunciato una revisione della Costitu-zione verso un sistema presidenzialestile americano. A che punto siamo?La Costituzione del 1980 è ilfrutto di un colpo di stato. Subìdiverse modifiche ma proprioperché ha delle fondamenta anti-democratiche, è incapace di acco-gliere le aspettative di una Tur-chia che cambia e che si svilup-pa. Ed è per questo motivo che lanuova Costituzione è un testoche tutta la Turchia attende im-pazientemente. Nella fase di rac-

colta di opinioni, si è assistiti aduna vasta e dinamica partecipa-zione popolare. In tutte le pro-vince ci sono stati incontri perscambi di opinione organizzatidalle organizzazioni non gover-native con la presenza dei depu-tati e ministri che hanno perso-nalmente partecipato alle consul-tazioni con la gente. Di conse-guenza sono sicuro che la nuovaCostituzione soddisfarà le nostreaspettative popolari. Il tema cui accenna, è uno ditante opinioni su cui si è discus-so nella fase di raccolta di opi-nioni. Il premier ha ribadito indiverse occasioni che apprezza ilsistema presidenziale. Se ne di-scuterà, senz’altro, all’internodelle tradizioni democratichedella Turchia.

Un suo commento sul voto dell’Assem-blea generale dell’Onu della settimanascorsa sul riconoscimento della Palesti-na come “Stato osservatore non mem-bro dell’Onu”.Abbiamo assunto un ruolo dapioniere e abbiamo fatto unacampagna attiva su questo tema.Ahmet Davutoğlu, il nostro Mi-nistro degli Esteri ha dimostratoin modo efficace il nostro soste-gno andando in persona a NewYork. Siamo ulteriormente sod-disfatti del fatto che la risoluzio-ne sia stata approvata con i votidella grande maggioranza deimembri dell’Onu. La comunitàinternazionale ha messo fine aduna grande ingiustizia storica ri-conoscendo all’Onu lo Stato dellaPalestina e ha compiuto così unimportante passo in avanti. Sia-

97

EUROPA ALLA DERIVAintervista a Hakky Akil

Page 102: Europa alla deriva

mo estremamente soddisfatti diquesto evento storico.Adesso bisognerebbe far partireurgentemente i negoziati di pa-ce. Siamo pronti a fornire il no-stro aiuto nei negoziati di pacecosì come abbiamo fatto nell’isti-tuzione di una tregua dopo l’ul-timo attacco israeliano a Gaza,assumendo un ruolo attivo incollaborazione con gli attori re-gionali e internazionali.Vorrei condividere un punto coni lettori di una rivista prestigiosacome la Vostra: La politica relati-va alla Palestina della Turchiaviene abusata da alcuni ambientinoti, per mettere al nostro Paesel’etichettatura di antisemitismo.I turchi non sono mai stati anti-semiti nel corsa della loro storia.Questo pensiero aberrante nonha mai trovato spazio nel territo-rio anatolico. Vorrei sottolineareche gli ebrei in fuga dalla Spagnasi rifugiarono dagli Ottomani,gli ambasciatori di questo mini-stero a cui appartengo salvaronocentinaia di ebrei dall’Olocaustoe oggi la comunità ebraica dellaTurchia vive serenamente nelproprio paese.

98

fabiana tonna

Giornalista pubblicista, già addetto stampa

per il ministero delle Politiche agricole dal

2005 al 2009.

L’AUTORE

Hakky akil

Nato in Kargı/Çorum nel 1953. Diplomato dal Li-

ceo di Galatasaray in Istanbul e laureato dal-

l’Università di Bordeaux. Ha ricevuto la laurea

BA dal Dipartimento dell’economia dello svilup-

po all’Università di Bordeaux. Ha freguentato

“Ecole Nationale d’Administration” a Parigi, ed

ha preparato la tesi sulla Iran-Iraq War and the

World Oil Supply. Entrato nel ministero degli Af-

fari esteri turco nel 1979.

Ambasciatore di Turchia in Italia dal 2011. Rap-

presentante permanente della Repubblica di

Turchia presso le Organizzazioni delle Nazioni

Unite a Roma ed anche Ambasciatore di Tur-

chia presso la Repubblica di San Marino. è sta-

to vice sottosegretario per gli Affari economici al

ministero degli Affari esteri della Turchia.

L’INTERVISTATO

maggio/giugno 2009 - Euro 12

D

� �

luglio/agosto 2009 - Euro 12

D

settembre/ottobre 2009 - Euro 12

D

Page 103: Europa alla deriva

www.farefuturofondazione.i t

www.farefuturofondazione.i t

Bimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno III - n. 16 - maggio/giugno 2009 - Euro 12

Direttore Adolfo Urso

IRAN,IRAN,

����������������������������������� �����������������������������������������������������������������������������������!�� �����

www.farefuturofondazione.i t

IL FUTUROÈ GIÀ QUIIL FUTUROÈ GIÀ QUI

Bimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno III - n. 17 - luglio/agosto 2009 - Euro 12

Direttore Adolfo Urso

Avanti con le riformeBrunetta - Letta - Cazzola - Malgieri

�� �

rivista bimestraledirettada Adolfo Urso

COME ABBONARSI A CHARTA MINUTA

Abbonamento annuale euro 60,00 - Abbonamento sostenitore euro 200,00Versamento su c.c. bancario IBAN: IT88X0300205066000400800776

intestato a Editrice Charta srl

www.farefuturofondazione.i t

Bimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno III - n. 18 - settembre/ottobre 2009 - Euro 12

Direttore Adolfo Urso

LA RUSSIADOPO IL MURO

Page 104: Europa alla deriva
Page 105: Europa alla deriva

101

EUROPA ALLA DERIVAStefano Basilico

La politica “egemone” del primo ministro turco si sta affermano nell’ambito del Mediterraneo comeuna potenza in continua ascesa. Il premier della naziona anatolica sta risollevando le sortidel suo paese, che prima della sua elezione, era in piena crisi economica. Ora invece tutti gli statidell’area, e non solo, devono fare i conti con il nuovo democratico “impero ottomano”.

Erdogan: il simbolodella grandeur ottomana

di STEFANO BASILICO

Che la grandeur sia un sentimen-to non solo francese, ma che siastato ben anticipato dai Turchicon l’impero Ottomano prima, econ il “padre della patria” Ata-türk poi, è la storia a chiarircelo.Questa ricerca di grandezza, di-remmo quasi “egemonia” se nonfosse un termine in controten-denza con i precari equilibri geo-politici odierni, è stata perfetta-mente ereditata dall’attuale Pri-mo ministro turco, Recep TayyipErdogan. Anche grazie alla suaopera politica la nazione anatoli-ca si sta affermando nell’ambitodel Mediterraneo come una po-tenza in continua ascesa, che nondeve guardare in faccia a nessu-no, snobba i vicini e se serve fa lavoce grossa.

Tuttavia le origini di Erdogannon sono propriamente turche: lasua famiglia viene infatti da unaregione che ha dato i natali a unaltro potente del ‘900, la Georgiadi Josip Stalin. Emigrarono daBatumi, città costiera del paesecaucasico a Rize, per poi far na-scere il pargolo a Kasimpasa. Unavolta cresciuto si avvicina alla po-litica durante gli studi di econo-mia all’Università di Marmara,tra una partita di calcio e un esa-me, con un gruppo di giovanianti-comunisti. Aderisce poi aBeyo�lu, il movimento giovaniledel Partito della Salvezza nazio-nale, di stampo islamista, per poiseguire dopo il colpo di stato del1980 i seguaci di Erbakan nelnuovo “Partito del Benessere”

Page 106: Europa alla deriva

102

Refah, anch’esso filo-islamico. Ilmovimento fu poi sciolto dallaCorte Costituzionale Turca nel1998 perché metteva in pericolola laicità dello Stato: Erdogan sischierò in prima fila contro ladecisione dei giudici, partecipan-do a numerose manifestazioni diprotesta e beccandosi una con-danna a 10 mesi di carcere (nescontò quattro) per aver recitatouna poesia durante una dimo-strazione, in cui “si incitava acommettere reati e all’odio reli-gioso e razziale”.Ma la carriera politica di Erdoganebbe un’impenna-ta quando ne l1994 venne elettoSindaco di Istan-bul, una delle cittàpiù popolose d’Eu-ropa, con 13 mi-lioni di abitanti.Nonostante i cit-tadini temevano che sarebbe sci-volato verso l’estremismo islami-co, il nuovo sindaco eletto col25% dei voti si rivelò pragmati-co, riuscendo a risolvere moltiproblemi pratici come la mancan-za d’acqua con la costruzione dinuovi acquedotti. Puntò forte an-che sull’ambiente, diminuendo leemissioni di CO2 delle caldaie,introducendo autobus ecologici eriorganizzando il traffico cittadinoin un’epoca in cui queste temati-che erano ancora poco rilevantinell’agenda politica. Erdogan iniziò ad ottenere unacerta notorietà, grazie anche aisuoi problemi giudiziari, e nel2002 decise di presentarsi alleelezioni con un nuovo partito

fondato l’anno prima, che riu-scisse a rilanciare le istanze del“Partito del benessere”, senza ri-schiare lo scioglimento: fondòquindi “Giustizia e Sviluppo”(AK), che vinse a mani basse leelezioni politiche conquistando i2/3 dei seggi disponibili. Tutta-via la condanna pendente sul ca-po di Erdogan non poteva per-mettergli di essere premier, e do-vette quindi a malincuore dele-gare l’incarico al collega Gül. Mai giudici annullarono le elezioniper irregolarità e l’anno seguentel’ex calciatore dal ceppo georgia-

no si poté incoro-nare primo mini-stro del paese ana-tolico. Fu in quelmomento e neglianni di governosuccessivi che ilprogetto di gran-deur sognato da

Erdogan iniziò a prendere formain maniera più compiuta: il Pri-mo ministro utilizzò due leveimportanti per ridestare l’orgo-glio e fondare la grandezza di unpaese, ovvero l’economia e la po-litica estera. Se nello sviluppodella regione anatolica e nella suaimportanza per la politica ener-getica europea Erdogan ha deci-samente raggiunto buoni risulta-ti, non si può negare che in poli-tica estera abbia realizzato un ve-ro e proprio capolavoro, portandola Turchia ad essere uno dei pro-tagonisti nella politica del Medi-terraneo e uno dei principali me-diatori tra mondo arabo e occi-dente nel complesso scacchieredel Medio Oriente.

La Turchia è uno deiprincipali mediatoritra mondo araboe occidente per il Medio Oriente

Page 107: Europa alla deriva

103

EUROPA ALLA DERIVAStefano Basilico

Impero Ottomano si intende l'impero fondato dai Turchi ottomani probabilmente giànel 1299. Gli Ottomani prendevano il nome da Othman, fondatore della loro dinastia.La loro avanzata fu rapida e inarrestabile: nel 1354 superarono lo stretto dei Dardanel-li, nel 1361 conquistarono Adrianopoli, nel 1389, a seguito della battaglia di Kossovo,abbatterono il regno di Serbia e nel 1393 conquistarono il regno di Bulgaria, arrivandoa minacciare l'Ungheria. Il re ungherese Sigismondo di Lussemburgo tentò di fermarli,ma fu sconfitto nella battaglia di Nicopoli nel 1396.L'avanzata degli Ottomani fu bloccata dall'emergere del grande impero di Tamerlano,che nel 1402 li sconfisse pesantemente ad Ankara. Alla morte del sovrano mongolotuttavia il suo impero si sfasciò e gli Ottomani poterono riprendere la loro avanzata,sotto la guida del sultano Murad II, che nel 1444 a Varna sconfisse un'armata compo-sta da Serbi, Polacchi e Ungheresi.Nel 1453 sotto il sultano Maometto II l'Impero Ottomano conquistò Costantinopoli,facendo cadere definitivamente l'Impero Romano d'Oriente. In seguito gli Ottomaniespansero i loro domini conquistando diverse regioni dell'Asia, del Nordafrica e deiBalcani. Guidati da grandi sultani, come Selim I – che abbatté il Sultanato mameluccodi Siria ed Egitto e conquistò tutti i paesi arabi del Vicino Oriente – e come Solimano ilMagnifico, gli Ottomani entrarono in contrasto con i regni europei per il predominiosul Mediterraneo. Nel 1521 conquistarono Belgrado, nel 1526 a Mohàcs sconfissero il red'Ungheria e Boemia Luigi II Jagellone, che morì in combattimento. Nel 1529 assedia-rono anche Vienna, che però resistette.Nel 1570, sotto il sultano Selim II, i Turchi conquistarono Cipro, possesso veneziano,provocando la reazione del mondo cristiano. Nel 1571 le flotte dei paesi europei – il cuinerbo era costituito dalla flotta di Venezia al comando del suo doge Sebastiano Venier,da quella imperiale spagnola di don Giovanni d'Austria, dalle navi di Genova, guidateda Gian Andrea Doria, da quelle dei Cavalieri di Rodi, con il loro Gran Maestro, e dallaflotta pontificia, affidata a Marcantonio Colonna, comandante supremo per omaggioalla Chiesa di Roma – inflissero una pesante sconfitta agli Ottomani a Lepanto (Batta-glia di Lepanto).In seguito gli Ottomani estesero la loro influenza sui Balcani e nel 1683 tentarono l'im-presa di abbattere l'Impero asburgico lanciandosi nuovamente alla conquista di Vien-na, ma furono sconfitti. Fu l'inizio del periodo della decadenza del sultanato. Nel 1821esso dovette affrontare la volontà d'indipendenza della Grecia. Arrivarono aiuti daquasi tutte le nazioni europee e, alla fine, con la pace di Adrianopoli del 1829, i Turchidovettero capitolare e riconoscere l'indipendenza della Grecia. Nel 1830 il grande im-pero islamico subì un altro colpo con l'occupazione di Algeri da parte della Francia. Ilsultanato ottomano sopravvisse fino al 1922, quando crollò a seguito della sua sconfit-ta nella Prima guerra mondiale e il suo ultimo sultano Mehemmed VI deposto. Soprav-visse per poco la dignità califfale nella persona di ‘Abdŭlmegīd II ma nel 1924 un'As-semblea Nazionale convocata da Atatŭrk dichiarò conclusa tale esperienza califfale,almeno nella linea dinastica del casato ottomano.

Le origini dell’impero ottomano

LA STORIA

Page 108: Europa alla deriva

Un elemento importante per lacostruzione dell’identità naziona-le nel governo Erdogan è statosenz’altro il complesso rapportocon un evento storico che ha se-gnato la storia turca, ossia il ge-nocidio armeno. Il Primo mini-stro promosse una ricerca tra sto-rici dei due paesi per arrivare adun quadro completo dei fatti, madisse che fino al raggiungimentodella verità “non si deve parlaredi genocidio, perché un musul-mano non commetterebbe maigenocidio”. Così facendo accese ilnazionalismo e il sentimento ne-gazionista che dasempre permea ilpaese.Prima delle ele-zioni che lo viderovincitore e dellasua ascesa al go-verno il paese erain una situazioneeconomica disastrosa. Il premiere il suo ministro dell’EconomiaAli Babacan decisero che per ri-sollevare le sorti del paese era ne-cessario attirare investitori stra-nieri, interessati alla manodoperalocale e all’abbondanza di mate-rie prime. Grazie a questa mano-vra il Pil del paese durante il pri-mo mandato di Erdogan crebbedi oltre il 7%, un ritmo vertigi-noso per un paese in un’area eco-nomicamente (e politicamente)complessa. In nove anni dal2002 al 2011 i fondi depositatinella Banca di Turchia sono piùche triplicati, da 26 miliardi didollari a 92, e l’inflazione galop-pante che era un po’ il marchiodi fabbrica della lira turca, con

caffè che costavano milioni, èprecipitata dal 35% al 6% nellostesso periodo. In sette anni dal2002 al 2009 il debito pubblicoè stato ridotto del 35% e ad oggiè più basso di quello di 21 paesimembri dell’Unione europea.Proprio sotto la guida di Erdo-gan avvenne nel 2005 l’ingressoufficiale del paese anatolico edella sua puntina europea nellalista dei candidati per diventarepaesi membri dell’Ue. Un pro-cesso molto dibattuto nei paesioccidentali, specialmente inquelli a forte tradizione cattolica

visto che la reli-gione predominan-te in Turchia èl’Islam. Ma un al-tro elemento cherende scettici (pernon dire gelosa-mente preoccupa-ti) i paesi membri

è la potenza economica e demo-grafica della Turchia, che conl’attuale legge elettorale otter-rebbe al parlamento europeo piùseggi della Germania, la nazioneche attualmente ha il maggiornumero di cittadini tra i banchidi Bruxelles. Una condizione lo-gica se si pensa che Istanbul dasola ha più abitanti di numerosipaesi membri, ma che non puòovviamente che far preoccupare ipaesi abituati ad avere un ruolodi leadership nella politica comu-nitaria, prima su tutti appunto laGermania di Frau Merkel. Altroelemento complesso sono i rap-porti con i vicini greci, storica-mente tesi con una rivalità quasi“cinematografica”: sotto il gover-

104

Prima dell’elezionedi Erdogan a premierla Turchia era in una situazione economica disastrosa

Page 109: Europa alla deriva

no Erdogan i rapporti si sononormalizzati, grazie anche allacooperazione economica e allacreazione di un gasdotto che col-lega i due paesi. Ma è con la vici-na Cipro che i rapporti sono pro-blematici: l’isola infatti è divisain due dal 1974, con la partenord strettamente legata ad An-kara, e quella a sud più favorevo-le (ma meno servile) alla Grecia emembro dell’Unione europea.Erdogan appoggiò il referendumproposto dall’Ue per favorire lariunificazione, votato dal 65%dei cittadini del nord dell’isola,ma che venne re-spinto dal 76%degli abitanti delsud. Erdogan fuabbastanza scoccia-to, tanto da defini-re “i ciprioti delsud i veri perden-ti”. Proprio neipressi di Cipro sono presenti nu-merosi giacimenti petroliferi e digas naturale sottomarini, che ilgoverno di Nicosia ha permessodi esplorare ad una compagniaamericana, facendo infuriare An-kara che sperava di metterci lemani, in nome dei diritti dellapopolazione della parte nord del-l’isola. Come “rappresaglia” ilgoverno Erdogan ha effettuatodelle trivellazioni nelle acque anord di Cipro, mettendo in di-scussione i confini del Mar Egeoe dell’influenza di Atene su queltratto di mare.Con un altro rivale storico, laRussia con cui per secoli primadella caduta dell’impero ottoma-no Ankara (o meglio, Costanti-

nopoli) si contese l’instabile areabalcanica, Erdogan ha stretto im-portanti accordi economici: unosu tutti, fondamentale, la realiz-zazione del gasdotto Blue Streamin partnership con Gazprom edEni, che passando sotto il MarNero congiunge la stazione dicompressione russa di Beregova-ya e il terminal turco di Durusu,per poi rifornire i paesi europeitransitando per l’Ucraina, altrostato cruciale per il predominioenergetico russo. Le mire di Ankara arrivano finoal continente nero. Durante la

carestia del 2011in Somalia Erdo-gan si spese con lacomunità interna-zionale allarman-dola della dram-matica situazionenel paese e fecepartire la macchi-

na degli aiuti prima degli altrigoverni, dimostrando un’atten-zione notevole. Venne salutatodalle folla anche durante la suavisita ufficiale al Cairo, subitodopo la caduta di Mubarak e inseguito all’instaurazione del regi-me figlio della Primavera araba.Se da un lato Erdogan portò consé numerosi esponenti del mon-do degli affari anatolico per inve-stire nel paese sopravvissuto alleinsurrezioni (anche se, vista la si-tuazione degli ultimi giorni,qualche domanda sugli esiti del-la rivoluzione viene da porsela),dall’altro espresse l’indignazioneper la situazione di Gaza, chenell’Egitto trova un fervente al-leato, utile anche nelle mediazio-

105

EUROPA ALLA DERIVAStefano Basilico

Ankara è influenteanche nel continentenero, infatti nel 2011 ilprimo ministro si spesemolto per la Somalia

Page 110: Europa alla deriva

ni durante i recenti scontri conIsraele che diedero il via all’ope-razione “Pillar of defense”.Ma è in Medio Oriente che Erdo-gan sta imponendo ogni giornodi più la propria supremazia,sfruttando il vuoto di potereemerso in seguito alla rivoluzio-ne araba e riuscendo a dialogaresia con il mondo islamico checon quello occidentale, con qual-che difficoltà con Israele. Fino al 2009 i rapporti con Ge-rusalemme erano cordiali, condi-te da affari e visite reciproche.Ma quell’anno al World Econo-mic Forum Erdogan si scagliòcontro Peres sulla situazione diGaza, accusando gli israeliani di“aver ammazzato i bambini sullaspiaggia” e abbandonando l’in-contro. L’evento culminante nel-la rottura tra i due paesi fu l’as-salto da parte delle forze specialiisraeliane alla “Freedom flotilla”,le navi di pacifisti, molte dellequali partite dal porto di Anta-lya, che tentarono di violarel’embargo su Gaza. Durante ilblitz, cui i pacifisti opposero re-sistenza con oggetti e armi rudi-mentali, morirono nove volontariotto dei quali turchi. Erdoganreagì con durezza, definendoIsraele uno stato “terrorista” –accusa rivolta anche in seguitoalle recenti rappresaglie per illancio di razzi su Tel Aviv daparte di Hamas – e dichiarandoche era “la peggior minaccia perla pace della regione” capace ditrasformare Gaza in una “prigio-ne a cielo aperto”. Anche con la vicina Siria in cui sicombatte una strenua battaglia

contro Assad i rapporti sono de-licati: Erdogan appoggia gli in-sorti e si dice pronto ad avere“rapporti amichevoli con qualun-que governo prenda il posto diquello di Assad”. Un motivo diattrito con Ankara pronta a di-chiarare guerra c’è stato quando imissili lanciati dai lealisti hannovarcato il confine colpendo alcu-ne cittadine turche: Erdogan harisposto bombardando in ottobrele installazioni militari nel paese.Per essere maggiormente tutela-to il premier turco ha richiestoalla Nato, che ha acconsentito, diinstallare dei missili dell’alleanzanei pressi del confine. La protezione dell’occidente, lavoce grossa con Israele e il ruolosempre più incontrastato di lea-der nello scacchiere mediterraneoe mediorientale dimostranoquanto Erdogan sia machiavelli-co e abile a sfruttare le situazionia proprio favore. La sua età nonavanzata e la sua ambizione cifanno intendere che la sua avven-tura alla guida della Turchia nonfinirà presto. The show must go on,in grandeur.

106

stefano basilico

Studente di Scienze politiche all’Università

Cattolica di Milano. è redattore del Patto So-

ciale, collabora con FareitaliaMag.

L’Autore

Page 111: Europa alla deriva
Page 112: Europa alla deriva
Page 113: Europa alla deriva

Levantini, italo-levantini, italo-istanbulioti, italiani di Istanbul(e di Turchia). I legami tra l’Italiae l’ex capitale ottomana sono an-tichi e ancora attivi; dopotutto,Costantino la fondò nel 330 colnome ufficiale di “Nea Roma”, lanuova Roma (in greco, però). Poivennero i genovesi nella coloniacommerciale di Galata – la lorotorre-fortezza è ancora oggi unodei simboli di Istanbul – e i vene-ziani; in epoca ottomana, non sicontano le storie di italiani “nuo-vi ottomani” – li chiamavano“rinnegati” – che una volta con-vertitisi all’Islam fecero fortunacome soldati, diplomatici e poli-tici. Basti pensare al Capudán Pa-sciá cantato di Fabrizio De André

(“E questa a l’è a memöia/ a me-möia du Cigä/ ma ‘nsci libbri destöia/ Sinán Capudán Pasciá”),che in realtà si chiamava ScipioneCicala: era un aristocratico geno-vese (Sinan), venne rapito dagliottomani, divenne giannizzero ecorsaro, grand’ammiraglio (Ka-pudan Pa�a) e brevemente persinogran vizir alla corte imperiale diIstanbul; il suo nome turco –Ca�alo�lu, traduzione di Ciga-lao�lu (“figlio di Cicala”) – è ri-masto nella toponomastica mo-derna: nel quartiere ai piedi delpalazzo dei sultani poi sede diquotidiani e case editrici, anchein un meraviglioso e conosciutis-simo hamam sempre in quella zo-na. Oppure a Kılıç Ali Pa�a: nato

di GIUSEPPE MANCINI

Gli italo-levantinie le loro storie

109

I legami tra Italia è Turchia sono forti e ancora moltoattivi sin dalla fondazione di Costantinopoli.Molti sono gli italiani che nei secoli hanno vissuto e lavorato nel paese ottomano, dai navigatori agli architetti e tutti hanno lasciato un segno positivo nella storia del paese turco. Per non dimenticare esiste il progetto di un museo.

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

Page 114: Europa alla deriva

come Giovanni Dionigi Galeni aLe Castella di Isola Capo Rizzuto(provincia di Crotone), catturatodai corsari ottomani e divenutoegli stesso musulmano e corsaro,poi governatore di Algeri, Tunisie Tripoli, poi protagonista dellabattaglia di Lepanto da dove por-tò in salvo la flotta superstite, poiGrande ammiraglio e comandan-te della flotta ottomana; si fececostruire una moschea dal celebrearchitetto Mimar Sinan: in uncomplesso – proprio in riva alBosforo, di fronte all’arsenale(Tophane) – che comprende unamadrasa, un ha-mam, una fontanamonumentale e lasua tomba. Sia Ca�alo�lu siaKılıç Ali visseronel XVI secolo;più recentemente,nel XIX e nel XX,gli italiani hanno contribuito allamodernizzazione e all’industria-lizzazione del paese: ingegneri,architetti, imprenditori, medici,perfino musicisti come GiuseppeDonizetti e Callisto Guatelli(composero gli inni imperiali ot-tomani). Proprio in questi giorni,l’Istituto di ricerche di Istanbuldedica una mostra colta e raffina-tissima all’architetto Edoardo DeNari; in effetti, De Nari non eraufficialmente né un architetto néun ingegnere, non frequentò maiscuole o apprendistati: pur eserci-tando apertamente entrambe leprofessioni ai massimi livelli divisibilità. Era invece un disegna-tore e pittore, un tecnico di salamotori nella marina italiana: e

non si chiamava neanche De Na-ri, ma Denari (di origini liguri,trapiantato a Venezia). Arrivò aIstanbul nel 1895, a 21 anni e daimbarcato: aveva un gran talentoper la pittura, trovò l’amore –Cristel Mordtmann, figlia di ric-co padre tedesco (medico e orien-talista) e di madre italiana – e illavoro, poi la fama e una grandis-sima influenza politica; divenneDe Nari per vezzo. Morì nel1954, nella sua residenza estivasull’isola di Büyükada: e vennepresto dimenticato. Fino alla ca-suale scoperta dell’architetto Bü-

ke Uras un paio dianni fa, due baulicon buona partedei suoi archivipersonali da un ri-gattiere nel quar-tiere di Çukurcu-ma (a cui ha datofama mondiale il

Museo dell’innocenza di Pamuk):disegni, lettere, il suo diario, do-cumenti che hanno dato vita allamostra e hanno permesso di attri-buire proprio a De Nari alcuniedifici prima senza autore.La mostra ripercorre – grazie aimateriali d’archivio e a didascaliemolto esaustive, in turco e in in-glese – la carriera professionale epolitica di De Nari. Si occupò,quasi sempre in équipe, di edificipubblici e di chiese (anche diquella di Sant’Antonio su IstiklalCaddesi), ma anche di ville priva-te: nel corso del tempo spaziò trai vari stili architettonici di voltain volta di moda, mostrando re-golarmente uno spiccato interesseper i dettagli e per le soluzioni

110

De Nari non fu soloun archietteto, ma aveva anche una grandeinfluenza politica in quegli anni in Turchia

Page 115: Europa alla deriva

111

funzionali e ardite negli interni.Seppe conquistarsi anche un ruo-lo di grande influenza politica:come leader e rappresentante del-la comunità italiana, come me-diatore tre le autorità ottomane epoi repubblicane e quelle italia-ne, nelle fasi belliche e poi in ma-teria commerciale; era apprezzatoda tutti, anche da Atatürk che fuospite della residenza privata del-l’architetto non-architetto, villaLydia – dal nome di sua figlia – aBebek sul Bosforo. Io ho avuto lafortuna di visitarla insieme adAnita Elagöz, nata a Istanbul enipote dell’architetto GiulioMongeri (architetto autentico,con studi a Brera) che di De Narifu partner dominante e socio: miha deliziato con aneddoti perso-nali, commenti taglienti, osserva-zioni acute sul passato florido de-gli italiani nella Istanbul cosmo-polita – quando ancora si chiama-va Costantinopoli – e sulla me-moria collettiva che sta inesora-bilmente sbiadendo. A Giulio Mongeri, l’Ambasciatae l’Istituto italiano di culturahanno recentemente dedicato unaconferenza. Italo-istanbuliota,italiano di Istanbul, “europeo dicultura orientale”, Mongeri è sta-to ricordato per le grandi opere eper uno stile particolarmenteeclettico: soprattutto edifici pub-blici (banche, uffici postali, pa-lazzi e chiese, l’ambasciata d’Ita-lia oggi consolato generale), maanche qualche prestigiosa villa;mentre i relatori parlavano, sonostate proiettate immagini inedite(disegni, acquerelli, foto, docu-menti vari): non esiste però un ar-

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

Il LibroPietrangelo ButtafuocoIl lupo e la luna Bompiani 2011, 199 pp., 18 euro

Questa non èla solita storia.È una storia informa di "cun-tu', l'antica for-ma di narrazio-ne orale dellaSicilia, e narra levicissitudini e leperegrinazionidel messineseScipione il Ci-

calazadè. Giovane vigoroso e intelli-gente, viene sottratto dodicenne dai pi-rati al padre, il Visconte Cicala, portatoin dono al Sultano e educato alla sua cor-te, fino a divenire, in qualità di Prescel-to, il comandante degli eserciti Ottomanidi terra e di mare. Il suo destino è fattodi battaglie, conquiste, bottini, ma an-che di nostalgia per la sua terra d'origi-ne e per sua madre, donna Lucrezia. C'èun lupo al fianco di Scipione guerriero,e lui stesso è lupo nel profondo, e la suavoce è l'ululato della passione, del tra-dimento, della rabbia, dell'utopia: quel-la di Tommaso Campanella, i cui con-giurati Scipione incontra e aiuta; quel-la dell'amore, che si incarna per lui in unadama fatta Luna; quella del ritorno in pa-tria, occasione del ritrovamento degli af-fetti famigliari ma anche di un grandescontro con il cattolicissimo fratello Fi-lippo. E poi, come in un circolo magico,un nuovo ritorno al Monte Altesina, làdove lo attende la dama fatta Luna e lospirito del lupo potrà trovare finalmen-te riposo. Una storia che ha insieme il fa-scino di un Mediterraneo favoloso, la for-za poetica delle narrazioni rinascimen-tali e l'aura di un'epopea popolare in cuiOriente e Occidente si misurano in unaguerra di idee, amore e rinascita.

Page 116: Europa alla deriva

112

chivio, molti dei suoi edifici ri-mangono sconosciuti o non attri-buiti. Un grande convegno inter-nazionale sugli architetti italianiattivi in Turchia in epoca ottoma-na è poi in programma – semprea Istanbul, a palazzo Venezia giàresidenza della Serenissima – perl’8 e 9 marzo: sarà l’occasione perpresentare studi che solo di re-cente hanno cominciato a far lucesu di un passato trascurato e di-menticato; l’iniziativa fa parte diOrizzonti italiani, la rassegna –fortemente voluta dalle istituzio-ni – per valorizzare il sistemapaese attraversocultura, ricercascientifica, econo-mia. Dopotutto,come l’ambasciato-re Scarante – allie-vo di francese, ingioventù a Vene-zia, di Alda Mon-geri figlia di Giulio – ha afferma-to rivolgendosi a una platea diimprenditori il giorno dopo: “sitratta di promuovere il Paese, an-che affinché voi possiate lavoraremeglio”; ed è indubbio che gliitaliani ancora godano in Turchiadi un prestigio elevatissimo (per-sino la lingua italiana è tra le piùstudiate da giovani turchi).Tutti gli imprenditori italiani aIstanbul che ho incontrato e in-tervistato, per esperienza perso-nale ne sono assolutamente con-vinti: Aldo Kaslowski, il cui non-no piemontese di origini polac-che venne in Turchia come inge-gnere ferroviario (nel 1878), che èa capo della grande industria chi-mica Organik e ha rivestito ruoli

direttivi nelle organizzazioni dicategoria sia turche sia italiane; ilpiù giovane Vittorio Zagaia, ni-pote di immigrati, nato a Istan-bul e amministratore delegatodell’azienda di trasporti e logisti-ca Galata Ta�ımacılık ve Ticaret,attivissimo da sempre nelle orga-nizzazioni imprenditoriali turchecome unico “straniero”; RiccardoDisperati, figlio di Renzo che in-trodusse innovative tecniche difloricultura in Turchia a partiredal 1948, oggi a capo della Gar-densa che realizza parchi e giardi-ni anche in Africa settentrionale e

in Asia centrale.L’ambasciata orga-nizza periodici in-contri con la busi-ness community de-gli italiani di Tur-chia, vecchi e nuo-vi: circa 1000 im-prese che operano

in Turchia, grandi e storiche pre-senze (come Pirelli e Fiat) comepiccole e medie imprese di moltopiù recente insediamento; il cli-ma che si respira in questi incon-tri è di controllato entusiasmo, diprofonda soddisfazione per i suc-cessi e l’influenza conquistati.Alessandro Pannuti, uno studiosoitalo-francese, pochi anni fa hacondotto un’interessante ricercasugli italiani di Istanbul: poipubblicata nel 2008 da una casaeditrice di Istanbul – la Isis – infrancese, Les Italiens d’Istanbul auXXe siècle. Entre préservation identi-taire et effacement (esiste una prece-dente versione ridotta in italiano,uscita sempre da Isis nel 2006:La comunità italiana di Istanbul nel

Esiste il progettodi creare un museo degli italiani a Istanbulper non dimenticare lamemoria italo-levantina

Page 117: Europa alla deriva

XX° secolo: ambiente e persone).Pannuti ha il grande merito diaver intervistato gli ultimi levan-tini – tra mille difficoltà – e diaverne ricostruito i modi di pen-sare, di sentire e di agire: cattoli-ci ed ebrei, smaniosi di difenderela purezza della propria italianitàanche se parlano più spesso ilfrancese e il greco, fieri della loroposizione privilegiata in senoall’alta società di una volta, so-spettosi degli “italiani di passag-gio”, in via – soprattutto per ra-gioni demografiche – di inesora-bile estinzione. Eppure, avrebbe-ro ancora un ruolo essenziale dasvolgere: introdurre e socializzaregli italiani che sempre più nume-rosi arrivano in città – soprattut-to giovani: imprenditori, studiosidi arte e archeologia, creativi, de-signer, fotografi, artisti, pubbli-citari – alla storia della Istanbulcosmopolita: per far capire loroche gli italiani sono qui da secoli,che sono una delle molte compo-nenti di una Turchia di nuovo po-lifonica e non semplici “immi-grati”.Occorrerebbe registrare le lorovoci, preservare i loro documentie – se esistono – i loro archivi: perevitare che abbiano lo stesso de-stino di quello di De Nari, salva-to solo dal caso. Questo ruolo po-trebbe svolgerlo, ad esempio, laSocietà operaia italiana di mutuosoccorso: è stata fondata nel1863, è in attesa di celebrare il150° compleanno, è impegnatanel restauro della sua centralissi-ma e storica sede che – nel teatrocostruito da De Nari – ha ospita-to feste e balli. Il restauro è il pri-

mo passaggio di un più ambizio-so e intelligente progetto: trasfor-marla – grazie all’impulso delconsolato generale, alla sponso-rizzazione di Ba�aran Ulusoy e al-la guida dello storico dell’arte Se-dat Bornovalı – in museo degliitaliani di Istanbul e centro cul-turale italo-turco; l’idea di racco-gliere, custodire e valorizzare –per l’appunto – la memoria docu-mentale della comunità italo-le-vantina c’è tutta: si aspetterà peròla fine dei lavori prima di solleci-tare depositi e donazioni.

113

giuseppe mancini

Esperto di relazioni internazionali, giornalista

e storico, dottorando di ricerca dell’Istituto ita-

liano di Scienze umane con uno studio sulla

politica estera di Francia e Italia negli anni

Cinquanta e Sessanta.

L’Autore

EUROPA ALLA DERIVAGiuseppe Mancini

Page 118: Europa alla deriva

Pubblichiamo il programma della Confindustria per il ri-

lancio del paese, quali sono gli obiettivi che secondo l’as-

sociazione degli industriali bisogna portare avanti nei

prossimi mesi e nei prossimi anni per evitare il crollo del si-

stema paese e per rilanciare con forza e serietà l’Italia nel

mondo globale.

gli strumenti di

114

Page 119: Europa alla deriva

STRUMENTI

Page 120: Europa alla deriva

Il progetto Confindustria per l’Italia:crescere si puo�, si deve

La crisi sta lasciando profonde ferite.Dal 2007 la produzione industriale haperso il 25%, il tasso di disoccupazionee� raddoppiato, il reddito per abitante e�tornato ai livelli del 1997. E� alto il ri-schio di distruzione della nostra baseindustriale. E� un’emergenza economica e sociale.Dobbiamo riconquistare la crescita, crea-re lavoro, riconoscere e riaffermare lacentralita� delle imprese, infondere fiducianegli italiani, restituire ai giovani un futu-ro di progresso, facendo ripartire subitol’economia e rilanciando l’industria, veracolonna portante del paese. Servonoscelte immediate, forti e coraggiose. Sen-za queste scelte nei prossimi anni noncresceremo di piu� dello 0,5% all'anno. L’alternativa e� il declino. Non possiamo enon vogliamo accettarlo. Ne va del futu-ro dei nostri giovani e delle nostre impre-se. Dobbiamo tornare a crescere. E� unimperativo. E� un obiettivo raggiungibile.L’Italia e� uno dei grandi paesi industria-li, le nostre imprese competono suimercati globali, hanno fatto molti sforzie sacrifici per mantenere le posizioniconquistate e guadagnare nuovi merca-ti. Sanno che possono fare ancora mol-to, per se stesse e a vantaggio di tutto ilpaese. E reagiranno rapidamente, mo-bilitando tutte le loro forze e capacita�,agli stimoli che verranno dalla terapiad’urto e dalle riforme che proponiamo.Metteranno in campo investimenti edesportazioni, creeranno occupazione e

reddito e, quindi, daranno impulso aiconsumi. Adesso piu� che mai hanno bisogno diun paese che creda in loro e che le so-stenga. L’Italia deve uscire dalla crisi epuo� farlo, ma perche� questo accada c’e�bisogno di azioni concrete e coraggiose. Per questo, da classe dirigente respon-sabile, in vista dell’imminente tornataelettorale, proponiamo un progetto diampio respiro, insieme ambizioso e rea-lizzabile, fatto di azioni di rilancio eco-nomico e sociale del paese. Un progettocomplesso con proposte serie e obietti-vi chiari e quantificati, perche� non ba-stano poche singole misure per risolle-vare l’Italia e sottrarla alla stagnazione. Questo progetto, che costituisce una ve-ra e propria tabella di marcia fino al 2018,deve riportare il dibattito elettorale suitemi dell’industria e del lavoro, purtrop-po trascurati in queste settimane. E� un disegno di politica economica, incui tutte le misure si legano tra loro inmodo coerente, e percio� va realizzatonella sua interezza, senza prendere cio�che piu� piace e trascurare quello che nonfa comodo. Cio� vale per il sistema Con-findustria, ma ancora di piu� e soprattut-to per chi conduce la campagna eletto-rale e per chi governera�. E� un progetto che appare ambizioso,perche� veniamo da una lunga crisi dibassa crescita e di continui rinvii delledecisioni. Ma se c’e� stata poca ambizio-ne negli ultimi 20 anni non dobbiamorinunciare a puntare in alto, a obiettiviche sono alla nostra portata. E� ora divoltare pagina.

116

Page 121: Europa alla deriva

Noi imprenditori per natura siamoambiziosi e ottimisti, guardiamo al fu-turo e investiamo per realizzare i no-stri progetti. Lo facciamo nelle nostreimprese. Vogliamo che i politici lo fac-ciano per l’Italia intera. E� un progetto che non guarda al con-senso, ma alla crescita, che dice la verita�su quello che serve per il bene del pae-se. Per essere di nuovo prospero e pa-drone del proprio destino e poter cosi�contribuire a costruire un’Europa piu�forte e unita.

Le priorità1. LA TERAPIA D'URTO

L’Italia ha bisogno di una vera e propriaterapia d’urto, che deve segnare unaforte discontinuita� e produrre effettieconomici immediati. Dobbiamo rende-re nuovamente competitive le nostreimprese, abbattendo i costi e sostenen-do gli investimenti. Occorre: dare ossi-geno alle imprese con il pagamento im-mediato di 48 miliardi di debiti com-merciali accumulati da Stato ed enti lo-cali, che sono debito pubblico occulto;tagliare dell’8% il costo del lavoro nelmanifatturiero e cancellare per tutti isettori l’Irap che grava sull’occupazione;lavorare 40 ore in piu� all’anno, pagate ildoppio perche� detassate e decontribui-te; ridurre l’Irpef sui redditi piu� bassi eaumentare i trasferimenti agli incapien-ti; aumentare del 50% gli investimenti ininfrastrutture; sostenere gli investimen-ti in ricerca e nuove tecnologie; abbas-sare il costo dell’energia.

Le risorseQueste misure, se attuate tutte e subi-to, mobiliteranno 316 miliardi di euro incinque anni.

ComeRendendo efficiente la burocrazia e ta-gliando e razionalizzando la spesa pub-blica; dismettendo e privatizzando unaparte del patrimonio pubblico; armo-nizzando gli oneri sociali; riordinandogli incentivi alle imprese; aumentandodel 10% l’anno gli incassi dalla lotta al-l’evasione fiscale; armonizzando le ali-quote ridotte iva in vista di rimodula-zioni in ottica Ue e per reperire risorseper ridurre l’Irpef sui redditi piu� bassi.

2. LE RIFORME

A questa terapia si deve necessaria-mente accompagnare un processo di ri-forme da avviare contestualmente esenza ritardo, sul quale ci aspettiamoche tutte le forze politiche prendano unimpegno, perche� e� ora di cambiare ilvolto del Paese. A partire dalle Istituzio-ni. Abbiamo bisogno di un'Italia veramenteliberale, di uno Stato che arretri nel suoperimetro, lasci spazio ad una sana con-correnza dei privati e che per primo ap-plichi la legge, pagando i propri debiti erispettando i diritti dei cittadini e delleimprese. E� necessario: riformare il Titolo V della Costituzioneriportando allo Stato le competenze sumaterie di interesse nazionale e ridu-

117

STRUMENTI

Page 122: Europa alla deriva

118

cendo i livelli di governo, per rendere fi-nalmente gestibile il nostro paese; rior-ganizzare la Pubblica Amministrazione,che deve essere al fianco delle impresee non invece contro di loro; affermare lostato di diritto, tutelando cittadini e im-prese dagli abusi compiuti da qualun-que organo pubblico; ridurre le regole,perche� non e� con piu� regole che si rilan-cia l’economia; semplificare per rimuo-vere tutti gli ostacoli al fare impresa;rendere effettivamente flessibile il mer-cato del lavoro; ridurre il peso del fiscosulle imprese e migliorare i rapporti tra icontribuenti e l’Erario. Creare insomma un nuovo contesto,che assecondi le attivita� delle imprese enon le ostacoli.

Gli effetti economici Con le nostre misure: il tasso di crescitasi innalzera� al 3%; il Pil aumentera� incinque anni di 156 miliardi di euro (alnetto dell’inflazione), +2.617 euro perabitante; l’occupazione si espandera� di1,8 milioni di unita�, il tasso di occupa-zione salira� al 60,6% nel 2018 dal56,4% del 2013 (+4 punti percentuali) eil tasso di disoccupazione scendera�all’8,4% dal 12,3% atteso per il 2014; ilpeso dell’industria tornera� al 20% delvalore aggiunto dell’intera economia,dal 16,7% attuale, gli investimenti balze-ranno del 55,8% cumulato (+66,4%quelli in macchinari e mezzi di traspor-to, +44,7% quelli in costruzioni) e l’ex-port si innalzera� del 39,1%, arrivando al36,7% del Pil; il reddito medio delle fa-

miglie che vivono di lavoro dipendentenel 2018 sara� piu� alto di 3.980 euro rea-li; l’inflazione rimarra� attorno all’1,5%; laproduttivita� aumentera� di quasi l’1%medio all’anno; il deficit pubblico di-ventera� un consistente surplus, il debitocadra� al 103,7% del Pil, ben sotto il111,6% richiesto dai patti europei(129,2% nel 2013, compresi 48 miliardidi debiti commerciali della PA alle im-prese), la pressione fiscale scendera� dal45,1% al 42,1% e le spese correnti al net-to degli interessi dal 42,9% al 36,9%.

Unione politica o fuori dalla StoriaPer l'Europa è l'ultima occasioneL'Europa non è in crisi, è in punto dimorte. Non l'Europa come territorio,naturalmente. Ma l'Europa come Idea.L'Europa come sogno e come progetto.L'Europa il cui spirito fu celebrato daEdmund Husserl nelle sue due grandiconferenze pronunciate a Vienna, nel1938, e a Praga, alla vigilia della cata-strofe nazista. L'Europa come volontà erappresentazione, come chimera e comecantiere, l'Europa che i nostri padri han-no rimesso in piedi, l'Europa che ha sa-puto ridiventare un'idea nuova in Euro-pa, che ha potuto portare ai popoli del-l'ultimo dopoguerra una pace, una pro-sperità, una diffusione della democraziainedite, ma che ancora una volta si stadecomponendo sotto i nostri occhi.Si decompone ad Atene, una delle sueculle, nell'indifferenza e nel cinismo del-le nazioni-sorelle: ci furono tempi, quellidel movimento filellenico, agli inizi del

Page 123: Europa alla deriva

XIX secolo, in cui, da Chateaubriand alByron di Missolungi, da Berlioz a Dela-croix, o da Puskin al giovane Victor Hu-go, tutti gli artisti, poeti, grandi intellettidi cui era ricca l'Europa, volavano in suoaiuto e militavano per la sua libertà. Og-gi, siamo lontani da quei tempi. E tuttosi svolge come se gli eredi dei grandi eu-ropei appena citati, mentre i greci devo-no affrontare un'altra battaglia controun'altra forma di decadenza e di suddi-tanza, non trovassero nulla di meglio dafare che maltrattarli, stigmatizzarli, de-nigrarli. E spogliarli, fra un piano di rigo-re imposto e un programma di austeritàche si ingiunge loro di adottare, del prin-cipio stesso di sovranità che proprio igreci, a suo tempo, inventarono.Si decompone a Roma, un'altra dellesue culle, un'altra delle sue fondamen-ta, la seconda matrice (la terza è lo spi-rito di Gerusalemme) della sua morale edei suoi saperi, l'altro luogo della distin-zione fra legge e diritto, o fra uomo ecittadino, che è all'origine del modellodemocratico che ha dato tanto non soloall'Europa, ma al mondo: la fonte roma-na inquinata dai veleni di un berlusconi-smo che non smette di finire; la capitalespirituale e culturale talvolta annovera-ta, assieme a Spagna, Portogallo, Gre-cia e Irlanda, tra i famosi «Pigs», fustiga-ti da istituzioni finanziarie senza co-scienza e senza memoria; la capitale delPaese che inventò l'abbellimento delmondo in Europa e che appare, a tortoo a ragione, come il malato del conti-nente. Che miseria! Che derisione!Si decompone dappertutto, da ovest a

est, da sud a nord, con la rimonta dipopulismi, sciovinismi, ideologie diesclusione e di odio che l'Europa avevaproprio per missione di emarginare,raffreddare, e che rialzano la testa inmaniera vergognosa: com'è lontano iltempo in cui, nelle strade di Francia,per solidarietà con uno studente insul-tato da un capo partito dalla memoriacorta come le sue idee, scandivamo«Siamo tutti ebrei tedeschi»! Comesembrano lontani i movimenti di soli-darietà - a Londra, Berlino, Roma e Pa-rigi - con i dissidenti dell'altra Europache Milan Kundera chiamava l'Europaschiava e che appariva come il cuoredell'Europa! E quanto alla piccola In-ternazionale di spiriti liberi che ven-t'anni fa si batteva per l'anima dell'Eu-ropa incarnata da Sarajevo sotto lebombe e in preda a una spietata «puri-ficazione etnica», dove è finita e perchénon la si sente più?L'Europa si decompone, infine, per l'in-terminabile crisi dell'euro che, tutti per-cepiamo, non è per niente risolta: non èforse una chimera la moneta unicaastratta, fluttuante, perché non sorrettada economie, risorse, fiscalità conver-genti? Le monete comuni che hannofunzionato (il marco dopo lo Zollverein,la lira dell'unità italiana, il franco svizze-ro, il dollaro) non sono quelle, e soloquelle, che hanno sostenuto un proget-to politico comune? Non c'è una leggeferrea secondo cui, perché ci sia monetaunica, occorrono un minimo di bilancio,di norme contabili, di principi di investi-mento, insomma di politica condivisa?

119

STRUMENTI

Page 124: Europa alla deriva

120

Il teorema è implacabile. Senza federa-zione, non c'è moneta che tenga. Senzaunità politica, la moneta dura qualchedecennio, poi, con l'intervenire di unaguerra, di una crisi, si disgrega. In altreparole, senza progresso dell'integrazio-ne politica - il cui obbligo è iscritto neitrattati europei ma che nessun respon-sabile sembra voler prendere sul serio,senza abbandono di competenze daparte degli Stati-nazione e senza unafranca sconfitta, quindi, dei «sovranisti»che spingono i popoli a ripiegarsi su sestessi e alla disfatta, l'euro si disintegre-rà come si sarebbe disintegrato il dolla-ro se i sudisti avessero vinto, 150 annifa, la guerra di secessione. Una volta si diceva: socialismo o barba-rie. Oggi bisogna dire: unione politica obarbarie. O meglio: federalismo o di-sgregazione e, sulla sua scia, regressio-ne sociale, precarietà, esplosione delladisoccupazione, miseria. E meglio an-cora: o l'Europa fa un passo in più, madecisivo, sulla via dell'integrazione poli-tica, oppure esce dalla Storia e sprofon-da nel caos.Non abbiamo più scelta: l'unione politi-ca o la morte. Una morte che può assu-mere tante forme e prendere varie dire-zioni. Può durare due, tre, cinque, diecianni ed essere preceduta da remissioninumerose che daranno l'impressione,ogni volta, che il peggio sia stato scon-giurato. Ma la morte arriverà. L'Europa usciràdalla Storia. In un modo o in un altro, senon accade nulla, ne uscirà. Non è piùuna ipotesi, un vago timore, un drappo

rosso sventolato in faccia agli europeirecalcitranti. È una certezza. Un oriz-zonte invalicabile e fatale. Tutto il resto- incantesimo degli uni, piccoli arrangia-menti degli altri, roba come fondi di so-lidarietà e banche di stabilizzazione -non fa che ritardare la scadenza e man-tenere il morente nell'illusione di unaproroga.(traduzione di Daniela Maggioni)

Vassilis Alexakis , Hans Christoph Buch, JuanLuis Cebrián, Umberto Eco, György Konrád,Julia Kristeva, Bernard-Henri Lévy , AntonioLobo Antunes, Claudio Magris, Salman Ru-shdie, Fernando Savater, Peter Schneider26gennaio 2013 (modifica il 29 gennaio 2013) -RIPRESO DAL CORRIERE DELLA SERA

Page 125: Europa alla deriva
Page 126: Europa alla deriva

122

Provo un gran piacere nel trovarmi aFrancoforte, la città dove il protago-nista del mio romanzo Neve - Ka - hapassato gli ultimi quindici anni dellasua vita. Il mio protagonista è turco eha una parentela non di sangue, masolo letteraria con Kafka. Affronteròpiu tardi l'argomento della parentelaletteraria.Il vero nome del mio eroe è KerimAlaku~oglu, ma il nome non gli pia-ce e preferisce essere chiamato Ka.é venuto a Francoforte come esule al-l'inizio degli anni Ottanta. Non eraassolutamente appassionato di politi-ca, che anzi non gli interessava pernulla. Gli piaceva soltanto la poesia.Ka è un poeta che vive a Francofor-te. In Turchia viene coinvolto nella vi-ta politica contro la sua volontà, co-me in un incidente. Se il tempo me lopermetterà, vorrei parlare brevemen-te anche di politica e incidenti. Ci so-no diversi argomenti da affrontareoggi, ma non vi preoccupate, pur es-sendo uno scrittore di romanzi corpo-si, non mi dilungherò molto.

Cinque anni fa, nel 2000, sono arri-vato a Francoforte per cercare di rac-contare possibilmente senza errori lacittà degli anni Ottanta e Novanta,dove Ka aveva passato l'ultimo pe-riodo della sua vita. Due persone chesi trovano in questo momento tra ilpubblico mi aiutarono generosamen-te. Con loro siamo andati in un par-co frequentato da Ka vicino a Gu-tleutstrasse, dietro agli edifici di unavecchia fabbrica. Dopo, per poterimmaginare Ka che andava ognimattina alla Biblioteca Comunale,dove passava ogni giorno lungheore, abbiamo camminato fino allaHauptwache, passando anche da-vanti alla chiesa in cui ci troviamoadesso, alla piazza della stazione,in Kaiserstrasse, davanti ai porno-shop, in Miinchenerstrasse dove cisono fruttivendoli, ristorantini di ke-bab e barbieri turchi. Siamo andatial Kaufhof dove Ka aveva compratoil cappotto che avrebbe indossatoper anni orgogliosamente. Per duegiorni interi abbiamo girato tra i vec-

La visione di Pamuk tra Europa e TurchiaPubblichiamo il discorso di Orhan Pamuk che ha tenuto a Francoforte il 3 ottobre 2005 quandogli è stato conferito il Friedensspreis per il suo libro “La valigia di mio padre” edito dalla Einaudi.

Page 127: Europa alla deriva

123

STRUMENTI

Page 128: Europa alla deriva

chi e poveri quartieri dove vivevano iturchi e siamo andati nelle moschee,circoli e caffè frequentati da loro.Era il mio settimo libro, ma come unromanziere inesperto prendevo ap-punti inutilmente dettagliati, per esem-pio chiedevo se un certo tram neglianni Ottanta passava da un certo an-golo e cosi via. Avevo fatto la stessacosa anche per la città di Kars, nelNordest della Turchia, dove era am-bientato il mio romanzo. Ci andai di-verse volte e imparai a conoscere lacittà strada per strada, negozio pernegozio, facendo anche amiciziacon la sua gente. Andai nei quartieripili lontani di questa remota città del-la Turchia e parlai con i disoccupatiche riempivano i caffè senza la spe-ranza di trovare un lavoro, con i li-ceali, con i poliziotti in borghese e indivisa che mi seguivano continua-mente e con i direttori di giornali chenon hanno mai una diffusione supe-riore a duecentocinquanta copie.Vi riferisco questi dettagli non per rac-contarvi come ho scritto il mio roman-zo Neve, ma per affrontare un argo-mento che riguarda l'arte del roman-zo: trasformare “l'altro”, “lo stranie-ro”, “il nemico” che abbiamo nellatesta. é possibile, certo, scrivere ro-manzi immaginando i personaggi insituazioni simili alle nostre. Vogliamoprima di tutto che il romanzo raccon-ti di persone simili a noi, anzi di noistessi. Raccontiamo una madre similealla nostra, un padre come il nostro,una famiglia, una casa, una strada,

una città e un paese che conosciamobene. Ma le regole strane e magichedell'arte del romanzo trasformano im-provvisamente la nostra famiglia, lanostra casa e la nostra città in luoghiche appartengono a tutti. Si è affer-mato,spesso che I Buddenbrook è unromanzo troppo autobiografico. Maquando a diciassette anni sfogliavole pagine del romanzo vi leggevo lastoria di una famiglia in cui mi imme-desimavo facilmente e non quelladello scrittore che non conoscevo af-fatto. I meravigliosi meccanismi dell'arte del romanzo servono allo scritto-re per offrire a tutta l'umanità la pro-pria storia come se fosse la storia diun estraneo.Ecco, l'arte del romanzo è il talentodi raccontare la propria storia comese fosse la storia degli altri: ma que-sto è solo un aspetto di questa gran-de arte che da quattrocento anniemoziona i lettori con tutta la sua for-za e appassiona ed esalta noi scritto-ri. L'altro aspetto è costituito da ciòche mi portò sulle strade di Franco-forte o di Kars: la possibilità di scri-vere la .storia degli altri come se fos-se la “mia” storia. In questo modo, at-traverso i buoni romanzi, cerchiamodi cambiare prima i confini degli al-tri, poi i nostri. Gli altri diventano“noi” e noi gli “altri”. Naturalmenteun romanzo fa contemporaneamentequeste due cose. Racconta sia la no-stra vita come se fosse quella di un'al-tra persona sia.la vita degli altri co-me se fosse la nostra. Per fare questo

124

Page 129: Europa alla deriva

non è necessario andare per forza inaltre città e girare per strade scono-sciute come ho fatto io per Neve. Lamaggior parte dei romanzieri attinge-rà all'immaginazione per trasformarese stessi in altre persone, per scriveredegli altri come di se stessi. Per spie-garmi meglio, vorrei citare questoesempio che riprende anche il con-cetto di parentela letteraria: Cosasuccederebbe se una mattina mi sve-gliassi nel mio letto trasformato in ungrosso scarafaggio? È Secondo me,dietro ai grandi romanzi ci sono sem-pre uno scrittore preso dal piacere ditrasformare se stesso in un'altra per-sona e un'immensa creatività. Per im-maginare di diventare una mattina ungrosso scarafaggio e per vedere i vo-stri familiari disgustati e spaventati, igenitori che vi tirano delle mele ad-dosso mentre voi scappate su muri esoffitti, non è necessario uno studiosugli insetti, ma uno su Kafka.Prima di immedesimarci in un' altrapersona, però, è importante fare unpo' di ricerche. E dobbiamo soffer-marci soprattutto su una domanda:chi è 1'”altro” che abbiamo bisognodi immaginare? Questa persona chenon ci assomiglia si rivolge ai nostriistinti pili primitivi: protezione, ag-gressione, odio e paura. Sappiamoche questi sentimenti accendono lanostra capacità di immaginazione eci spingono a scrivere. Il romanzieresente che, secondo le regole dellapropria arte, l'immedesimazione conquesta “altra” persona darebbe buo-

ni risultati. Sa anche che provare apensare il contrario di ciò che hasempre creduto lo libererebbe. La sto-ria del romanzo è la storia di una li-berazione: mettendoci nei panni de-gli altri, usando l'immaginazione perliberarci della nostra identità, liberia-mo noi stessi. Robinson Crusoe è lastoria sia di Robinson sia del suo ser-vo Venerdi. Don Chisciotte è la storiadel cavaliere che vive nel mondo deilibri, ma anche quella di Sancho Pan-za. Mi piace leggere l'opera pili bril-lante di Tolstoj, Anna Karenina, comela storia di un uomo sposato felice-mente che sogna una donna sposatainfelicemente che distrugge prima ilsuo infelice matrimonio e poi se stes-sa. A influenzare Tolstoj era stato unaltro scrittore mai sposato, Flaubert,che aveva cercato di immaginareuna donna infelice, Madame Bova-ry. Il pili grande classico allegoricodel romanzo moderno, Moby Dick diMelville, racconta i timori dell' Ameri-ca di quel tempo attraverso una bale-na bianca. Noi amanti della lettera-tura non possiamo pensare agli Statiamericani del Sud senza che ci ven-gano in mente i neri di FaulkneroNello stesso modo, oggi pensiamoche l'opera di un romanziere tedescoche si rivolge ai lettori tedeschi rimar-rebbe incompleta se non immaginain un modo esplicito o implicito i tur-chi o l'inquietudine che provocano.Cosi, mi pare che oggi l'opera di unromanziere turco che non riesce a im-maginare i curdi, le minoranze, i

125

STRUMENTI

Page 130: Europa alla deriva

punti oscuri della propria storia, ri-marrebbe incompleta.Contrariamente a quanto ritiene lamaggior parte della gente, la posi-zione politica di uno scrittore di ro-manzi non ha nulla a che vedere conla sua adesione a una causa politi-ca, con le comunità, i partiti o gruppipolitici cui può appartenere. La posi-zione politica di un romanziere di-pende dalla sua immaginazione,dalla sua capacità di immaginarsicome un'altra persona. Questo pote-re lo rende non soltanto una personache scopre realtà umane mai espres-se in precedenza, ma anche il porta-voce delle parole represse, mai pro-nunciate, di coloro che non possonofarsi sentire e sfogare la propria rab-bia. Uno scrittore di romanzi può, co-me me quando ero giovane, nonavere intenzione di interessarsi allapolitica o avere altri obiettivi. Ogginon leggiamo I demoni - il piti gran-de romanzo politico di tutti i tempi -come un'opera polemica contro glioccidentalizzatori e i nichilisti russi,come voleva Dostoevskij, ma comeun romanzo che ci rivela il grande se-greto racchiuso nell'anima slava, nel-la realtà russa di quel tempo; Questoè un segreto che soltanto un romanzopuò svelare. Non possiamo ottenereinformazioni del genere leggendogiornali e riviste o guardando la tele-visione.Scopriamo le notizie strabilianti edesclusive che ci possono inquietare,colpire, spaventare profondamente o

sorprendere per la loro semplicità,sulle storie degli altri popoli e dellealtre nazioni, leggendo con pazien-za e con attenzione i grandi roman-zi. Devo dire che io mi sento molto vi-cino al segreto che I demoni di Do-stoevskij sussurrano all'orecchio del-lettore, un segreto racchiuso tra lasconfitta e l'orgoglio, la vergogna ela rabbia, un segreto le cui radici af-fondano nella storia. Naturalmentedietro a questa vicinanza ci sono leinquietudini eil rapporto di amore eodio di uno scrittore nei confronti del-l'Occidente. Uno scrittore che non siconsidera completamente occidenta-le, ma al tempo stesso è abbagliatodallo sfavillio della civiltà occidenta-le. Ecco che arriviamo alla questioneOriente-Occidente. I giornalisti ama-no molto questo argomento ma,quando vedo le connotazioni che nedà oggigiorno una parte della stam-pa occidentale, ritengo che sia moltomeglio non parlare affatto di unaquestione Oriente-Occidente. Nellamaggior parte dei casi essa si riferi-sce al fatto che i paesi poveri del-l'Oriente dovrebbero ubbidire a qual-siasi ordine dell'Occidente e degliStati Uniti. Con questo punto di vistasi insinua che la cultura, lo stile di vi-ta e la politica di luoghi, come quellida cui provengo io, creino seccantiproblemi all'Occidente e ci si aspettache scrittori come me offrano soluzio-ni. Devo subito dire che questo atteg-giamento sprezzante costituisce unaparte di questi problemi. Tuttavia, la

126

Page 131: Europa alla deriva

questione Oriente-Occidente esiste enon è semplicemente una definizioneostile coniata e imposta dall'Occi-dente. é soprattutto un problema diricchezza e di povertà e anche unaquestione di pace.Nel XIX secolo, quando l'Impero otto-mano iniziò a sentirsi messo in ombradall'Occidente, quando subi ripetutesconfitte per mano degli eserciti euro-pei e vide lentamente dissolversi ilproprio potere, nacque un movimen-to che si chiamò dei Giovani Turchi;come le élite che sarebbero seguitenelle generazioni successive, com-presi gli ultimi sultani ottomani, i Gio-vani Turchi erano abbagliati dalla su-periorità dell'Occidente e di conse-guenza si imbarcarono in un pro-gramma di riforme occidentalizzanti.Al cuore della moderna Repubblicaturca e delle riforme occidentalizzan-ti di Kemal Ataturk vi è una medesi-ma logica, la convinzione che la de-bolezza e la povertà della Turchiaprendano origine dalle sue tradizio-ni, dalla sua antica cultura, dai varimodi in cui essa ha organizzato lareligione. Devo ammettere che an-ch'io, che vengo da una famiglia oc-cidentalizzata della media borghesiadi Istanbul, spesso mi piego a questateoria piena di ottimismo ma assai li-mitata e semplicistica. Gli occidenta-listi sognano di trasformare e renderepiti ricco il loro paese e la loro cultu-ra imitando l'Occidente. Poiché il lo-ro obiettivo è quello di far diventare ilpaese più ricco, più felice, più forte,

si può affermare che l'occidentalismoturco-ottomano è nello stesso tempocampanilismo e nazionalismo. Ma,in quanto movimenti occidentalizzan-ti, essi criticano profondamente alcu-ne caratteristiche di base del loropaese e della loro cultura: anche seprobabilmente non lo fanno con ilmedesimo spirito e con lo stesso stiledegli osservatori occidentali, essi tut-tavia considerano la propria culturaimperfetta e priva di valore.E questo dà origine a un altro senti-mento, tanto profondo quanto com-plesso da decifrare - la vergogna - eio lo vedo affiorare in alcune reazio-ni ai miei romanzi e nei miei stessirapporti con l'Occidente.Quando in Turchia parliamo dellaquestione Oriente-Occidente, oppuredelle tensioni fra tradizione e moder-nità (tensioni che secondo me riassu-mono tutta la questione Oriente-Occi-dente), o quando parliamo dei rap-porti tra il mio paese e l'Europa, ilsentimento della vergogna non scom-pare mai completamente. Cercandodi comprenderne l'origine, mettosempre questo sentimento inrapportocon il suo opposto, l'orgoglio. Sap-piamo tutti che quando qualcuno agi-sce con troppo orgoglio e troppa su-perbia, l'ombra della vergogna edell'umiliazione è sempre presente.Viceversa, quando qualcuno si senteprofondamente umiliato, possiamoessere sicuri di veder apparire un fie-ro nazionalismo. I miei romanzi sonofatti di questa vergogna, questo or-

127

STRUMENTI

Page 132: Europa alla deriva

goglio, questo senso di sconfitta equesta rabbia. Siccome provengoda un paese che sta bussando allaporta dell'Europa, sono fin troppoconsapevole di quanto sia facile, ditanto in tanto, che questi fragili senti-menti s'infiammino e raggiungano di-mensioni pericolose. Vorrei parlare dique;ta vergogna come di un segretodi cui si sussurra appena, come l'hoavvertito per la prima volta leggendoi romanzi di Dostoevskij. L'arte del ro-manzo mi ha insegnato che, condivi-dendo le nostre segrete vergogne,diamo avvio alla nostra liberazione.Ma, nel momento in cui inizia questalibertà, comincio a sentire dentro dime i problemi legati alla rappresenta-zione, il dilemma morale generatodal parlare al posto di un altro. Il fra-gile sentimento di cui ho parlato, lavergogna nazionalistica oppure lasensibilità campanilistica provano fa-stidio davanti allo specchio e all'im-maginazione del romanziere. La real-tà, che rimanendo nascosta ci fa ver-gognare silenziosamente, viene fuorigrazie alla forza dell'immaginazionedel romanziere e diventa un secondomondo con cui raffrontarsi. Man ma-no che il romanziere, preso da un'in-tuizione a lui incomprensibile, giocacon le regole del mondo, con la se-greta geometria della vita proprio co-me un bambino con i suoi giocattoli,la famiglia, la comunità, il gruppo, iconcittadini, la tribù, tutti in qualchemisura si inquietano. Ma questa èun'inquietudine felice. Attraverso la

lettura dei romanzi, delle favole e deimiti, comprendiamo le idee che go-vernano il mondo; attraverso il ro-manzo affiora la verità nascosta dal-le nostre famiglie, dalla scuola, dallasocietà; ancor piti importante, il ro-manzo ci dà la possibilità di pensarea noi stessi, a quello che siamo dav-vero. Conosciamo tutti la gioia chenasce dal leggere romanzi: ci piaceseguire l'eroe che si fa strada fra glialtri personaggi, lo scontro della suamente e della sua anima con il mon-do, il suo cambiamento, il suo rap-porto con l'ambiente e gli oggetti chelo circondano e le parole dell'autorea mano a mano che la storia proce-de, le sue scelte narrative e la sua ca-pacità descrittiva. Sappiamo che ciòche leggiamo è il prodotto della fan-tasia dell' autore ed è composto da-gli elementi del mondo in cui vivia-mo. I romanzi non sono né del tuttofantastici né completamente veri. Leg-gere romanzi significa confrontarsisia con la fantasia dell'autore sia conuna realtà che ci appartiene e ci in-curiosisce.Quando ci ritiriamo in un angolo,quando ci sdraiamo sul letto o ci al-lunghiamo su un divano con un ro-manzo in mano, la nostra immagina-zione viaggia avanti e indietro tra ilmondo racchiuso tra le pagine diquel romanzo e il mondo nel qualeviviamo. Il romanzo che leggiamopuò trasportarci in un “altro” mondoche non abbiamo mai visitato, maivisto, mai conosciuto, o può condurci

128

Page 133: Europa alla deriva

nell'anima di un personaggio similea noi. Vorrei attirare la vostra atten-zione su tutte queste situazioni perchédesidero raccontarvi una mia fantasti-cheria a occhi aperti. Talvolta cercodi immàginare, uno a uno, una molti-tudine di lettori appartati negli angolidelle loro case, accoccolati nelle lo-ro poltrone. Cerco di immaginarel'ambiente della loro vita di tutti i gior-ni. Cosi, li, proprio davanti ai mieiocchi, prendono corpo migliaia, de-cine di migliaia di lettori sparsi nellecittà, che leggendo immaginano i so-gni dello scrittore, i suoi eroi, il suomondo. Tutti questi lettori, al pari del-lo scrittore stesso, usando la fantasia,cercano di mettersi al posto di un al-tro. Ed è in queste circostanze che siavvertono la tolleranza, la modestia,l'affetto, la pietà e l'amore: la grandeletteratura non parla alle nostre capa-cità di giudizio, ma alla nostra abilitàdi metterci nei panni di un altro.Ogni volta che cerco di immaginarei lettori che usano la loro fantasia,sparsi per le strade e i quartieri dellecittà, mi accorgo che penso in realtàa come una comunità, un gruppo,una nazione - scegliete voi - immagi-nano se stessi. Le comunità, le tribli,le nazioni riflettono in modo appro-fondito su se stesse leggendo roman-zi. Leggendoli sono in grado di di-scutere sulla propria identità. Pertan-to, anche se scegliamo un romanzosperando soltanto di distrarci, di rilas-sarci, di evadere dalla noia della vi-ta quotidiana, iniziamo senza accor-

gercene a evocare la collettività, lanazione e la società cui appartenia-mo. Questo è anche il motivo per cuii romanzi dànno voce non soltantoall'orgoglio e alle gioie di una nazio-ne, ma anche alla sua rabbia, allasua fragilità e alla sua vergogna. Poi-ché ricordano ai lettori la loro fragili-tà, la loro vergogna e il loro orgo-glio, gli scrittori suscitano molta rab-bia e ancora oggi nel mondo si veri-ficano purtroppo inaspettati gesti diintolleranza, si bruciano libri o si per-seguitano gli scrittori. Sono cresciutoin una casa dove tutti leggevano ro-manzi. Mio padre aveva una riccabiblioteca e quando ero bambino di-scuteva con me dei grandi scrittori -Mann, Kafka, Dostoevskij, Tolstoj -nello stesso modo in cui altri padri di-scutevano di generali famosi e disanti. Sin dall'infanzia tutti questi ro-manzi e romanzieri sono rimasti lega-ti nella mia mente all'idea di Europa,ma questo non dipende soltanto dalfatto che provengo da una famigliadi Istanbul che credeva ardentementenell'occidentalizazione e pertanto,nella sua ingenuità, aspirava a rite-nersi e ritenere il proprio paese moltopiti occidentale di quànto non fossenella realtà. Dipendeva dal fatto cheil romanzo era una delle espressionipiu alte dell' arte europea. Dal miopunto di vista il romanzo - cosi comela musica per orchestra e la pitturapostrinascimentale - è una delle pie-tre miliari della civiltà europea, ciòche rende l'Europa quella che è, il

129

STRUMENTI

Page 134: Europa alla deriva

mezzo con cui l'Europa ha definito ecaratterizzato la propria identità.Non riesco a pensare all'Europa sen-za pensare al contempo ai romanzi:mi riferisco adesso al romanzo intesocome modo di pensare, capire e im-maginare e anche come mezzo perimmaginare se stessi nei pannidell'“altro”. In altre parti del mondogiovani e bambini hanno conosciutodavvero in profondità l'Europa per laprima volta avventurandosi a leggerei romanzi: io sono stato uno di loro.Ricordo la sensazione di entrare inun romanzo come in un nuovo conti-nente, con una nuova cultura, unanuova civiltà; la sensazione di impa-rare a esprimermi in modi nuovi, ditrarre ispirazione e di sentirmi partedell'Europa. E non dimentichiamoche anche il grande romanzo russo eil latinoamericano nascono dal ro-manzo europeo é sufficiente legger-ne uno per rendersi conto che i confi-ni, la storia e l'anima dell'Europa so-no in mutazione continua. La vecchiaEuropa descritta nei romanzi france-si, russi e tedeschi della biblioteca dimio padre, oppure l'Europa del do-poguerra della mia infanzia o l'Euro-pa odierna sono posti e idee in mu-tazione continua. Tuttavia, io houn'unica immutabile immagine del-l'Europa.Premetto che l'Europa è un argomen-to molto delicato e difficile per un tur-co. Anch'io, come la maggior partedei turchi, .nutro i desideri di un uo-mo che bussa alla vostra porta chie-

dendovi di entrare, pieno di speran-ze, buone intenzioni e curiosità, maanche pieno di paura di essere re-spinto e di rabbia che nasce da que-st'ansia é un argomento assai similealla “muta vergogna” che stavo de-scrivendo prima. La Turchia bussa al-la porta, aspetta, ascolta le promes-se dell'Europa e nutre speranze. Ma,mentre la Turchia si avvicina all'Euro-pa e la possibilità che ne diventi par-te a tutti gli effetti si fa sempre piti evi-dente, in alcune aree europee e traalcuni politici, assistiamo, purtroppo,all'aggravarsi di un sentimento anti-turco. Trovo pericoloso sia l'atteggia-mento di alcuni politici che seguonouna strategia anti-turca sia l'atteggia-mento di alcuni politici turchi cheamano la polemica con l'Occidentee l'Europa. Un conto è criticare le la-cune dello Stato in tema di democra-zia, o la sua economia, un altro inve-ce è denigrare la cultura turca nelsuo complesso o infangare le perso-ne di origine turca che vivono in Ger-mania, conducendo una vita moltopiti povera e difficile rispetto ai tede-schi. Ancbe i turcbi in Turchia ascol-tano queste brutte espressioni con lapermalosità di chi bussa alla porta easpetta di essere accolto. L'acuirsidel sentimento nazionalista anti-turcoin Europa, purtroppo, provoca in Tur-chia un contraccolpo nazionalista an-ti-europeo assai violento. Chi credenell'Unione Europea deve rendersiconto immediatamente che la verascelta che dobbiamo compiere è tra

130

Page 135: Europa alla deriva

pace e nazionalismo: o avremo l'unao avremo l'altro. lo penso che l'idea-le della pace sia uno degli ideali fon-danti dell'Unione Europea e credoche la possibilità di pace che la Tur-chia offre all'Europa oggi non si pos-sa respingere. Il problema è sceglie-re tra la forza di immaginazione delromanziere e il nazionalismo di colo-ro che bruciano i libri.Da un paio di anni esprimo spesso ilmio parere perché la Turchia vengaaccettata dall'Unione Europea e cosisento spesso domande scettiche ediffidenti al riguardo. Permettete cherisponda subito anche a simili do-mande. Quel che la Turchia e il po-polo turco hanno da offrire all'Europaè, senza alcun dubbio, la pace. Ildesiderio di un paese musulmano diunirsi all'Europa e l'approvazione diquesta volontà pacifica darebbero si-curezza e forza all'Europa e allaGermania. I grandi autori di romanziche lessi da bambino e da giovanenon definivano l'Europa in termini difede cristiana, ma di individui. Queiloro romanzi parlavano al mio cuoreperché descrivevano l'Europa attra-verso gli eroi che lottavano per la li-bertà, per esprimere la propria crea-tività e realizzare i propri sogni. L'Eu-ropa si è guadagnata il rispetto delmondo non occidentale per aver svi-luppato ideali di libertà, eguaglian-za, fraternità.Se l'anima dell'Europa è illuminismo,eguaglianza e democrazia, allora laTurchia deve avere un posto in que-

sta Europa pacifista. Un'Europa chedovesse definirsi soltanto in base aicriteri di cristianità - al pari di una Tur-chia che cercasse di attingere la pro-pria forza soltanto dalla religione -sarebbe un paese di vedute ristrette,staccato dalla realtà, maggiormentelegato al proprio passato che proiet-tato verso il futuro. Per persone cre-sciute come me in famiglie laiche oc-cidentalizzate non è affatto difficilecredere nell'Unione Europea. E nondimentichiamo che sin dalla mia in-fanzia la mia squadra di calcio, il Fe-nerbahce, gioca le Coppe europee.Esistono milioni di turchi che comeme credono con tutto il cuore e tuttal'anima che il posto della Turchia siain Europa. Ma ancor pili importanteè il fatto che la maggior parte dei tur-chi musulmani conservatori, insiemeai loro rappresentanti politici, voglio-no vedere la Turchia nell'Unione Eu-ropea e sono desiderosi di contribui-re a delineare il futuro dell'Europa in-sieme a voi. Dopo secoli di guerre econflitti dovrebbe essere difficile re-spingere questo gesto di amiciziasenza avere rimorsi. Come non rie-sco a immaginare una Turchia privadi una prospettiva europea, cosi nonposso credere in un'Europa priva diuna prospettiva turca. Chiedo scusaper aver parlato cosi a lungo di poli-tica. Il mondo a cui vorrei appartene-re è senza dubbio il mondo della fan-tasia. Fra i sette e i ventidue anni hosognato di diventare un artista, cosida potermene andare in giro per le

131

STRUMENTI

Page 136: Europa alla deriva

strade di Istanbul a dipingere pano-rami della città. Poi, a ventidue anni,come ho raccontato nel mio libroIstanbul, smisi di dipingere e comin-ciai a scrivere romanzi. Adesso sonogiunto alla conclusione che dalla pit-tura mi aspettavo le stesse cose chemi aspettavo dalla scrittura: ciò chemi ha spinto verso l'arte e la letteratu-ra è stato il forte desiderio di lasciar-mi alle spalle questo mondo uggioso,tetro, che infrange ogni speranza eche noi tutti conosciamo cosi beneed evadere in un secondo mondo,piu profondo, piu vario e piu ricco.Per raggiungere questo altro magicoregno, sia che mi esprimessi con le li-nee e i colori come ho fatto da gio-vane sia che mi esprimessi con le pa-role, ho sempre dovuto trascorrerelunghe ore da solo, chiuso in unastanza, ogni giorno, immaginandoneogni sfumatura.Il mondo confortante che da trent'an-ni a questa parte mi sto costruendo,da solo in un angolo, è fatto certa-mente degli stessi materiali del mon-do che noi tutti conosciamo, dellestrade e degli interni delle case diIstanbul, Kars o Francoforte. Ma lafantasia, la forza immaginaria del ro-manziere dà un'anima particolare emagica a questo mondo reale e limi-tato. Concluderò parlando di que-st'anima, di ciò che il romanziere,dedicandovi tutta la vita, vuole farsentire allettare. Secondo me la vitaè una cosa straordinariamente com-plicata, strana e abbastanza incom-

prensibile, che ci rende felici se riu-sciamo a farla entrare in una cornice.Nella maggior parte dei casi, il moti-vo della nostra felicità e infelicità è ilsignificato che diamo alla vita piutto-sto che la vita stessa. Ho dedicatotutta la mia vita a studiare questo si-gnificato. Questo vuoI dire riuscire atrovare nel mondo complicato, diffici-le e veloce dei nostri giorni un inizio,un centro, una fine fra le tortuositàsorprendenti della vita, in mezzo alrumore e al frastuono. E questo è pos-sibile, secondo me, attraverso i ro-manzi. Da quando è stato pubblicatoil mio romanzo Neve, ogni volta cheho messo piede per le strade di Fran-coforte ho avvertito il fantasma di Ka,l'eroe con il quale ho molto in comu-ne, e sento di star osservando davve-ro la città come ormai sono arrivatoa conoscerla, come se in qualchemodo ne avessi toccato il cuore.Mallarmé disse la verità quando di-chiarò che “ogni cosa nel mondo esi-ste per essere inclusa in un libro”. E ilgenere che meglio può assorbire larealtà e il mondo è senza alcun dub-bio il romanzo. L'immaginazione - lacapacità di trasmettere i significatiagli altri - è uno dei maggiori poteridell'umanità e per molti secoli ha tro-vato la sua voce pili autentica nei ro-manzi.Considero questo grande premio unriconoscimento per trent' anni di lavo-ro al fedele servizio della grande ar-te del romanzo e ringrazio tutti dicuore.

132