Esperienza e Verità Note Sullo Statuto Dell'Ermeneutica

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    Esperienza e verit

    Note sullo statuto dellermeneutica

    Fabiola Falappa

    Articolo sottoposto apeer-review. Ricevuto il 13/04/2014. Accettato il 02/03/2015.

    In this paper, the author intends to show how a philosophy mindful of hermeneutic richnessnever forgets that the truth goes beyond every thought, so much that it cant be enclosed in anyself-referential idea nor flatten by a false universality which considers its knowledge as the onlyauthentic one thus trying to impose it as if it were the only one vision to adhere to.Differently from the logic-deductive and intellectualistic conception of truth which doesntsee the complex relation that connect us in an essential manner to the reality and theexperience of a living truth, two paradigmatic paths are analyzed with the aim of getting tothe philosophical recognition of the living truth (Hegel and Heidegger) and of hermeneuticsas answer to a freeing love (Gadamer and Zambrano). Finally, the consequences of such aperspective are highlighted: the reference to a pluralism of philosophies and of faiths as wellas the possibility of combining the ethic and historic responsibility with the physiological

    pluralism of interpretations and cultures.

    ***

    1. La responsabilit dellermeneutica in unepoca di smarrimento

    Tentando di cogliere gli elementi massimamente pericolosi nel quadrodellodierna crisi radicale e le cause del disorientamento della persona, che inessa si sperimenta, non pu essere trascurata la sempre maggiore incapacit

    di vedere lumanit, di riconoscerne il valore e conseguentemente di avernepertanto riguardo. Ci che a fatica viene visto, e ancor pi con difficolt si cercadi interpretare, proprio la nostra dignit. Ed in un tale contesto che emergeil compito primario della filosofia: esercitare il potere autentico del suo pensierocritico, educare il dialogo, impegnarsi nella testimonianza e nella cura appuntodella verit della dignit dellessere umano. Ovviamente per riuscire in questointento la filosofia deve orientare la forza della sua apertura verso la correlazionenei confronti della verit, origine stessa del suo essere. Ecco enucleato alloraanche il secondo compito che spetta alla filosofia.

    I due compiti della filosofia appena tratteggiati orientano la riflessione versouna rinnovata considerazione anche del valore stesso dellermeneutica, ossia dellafilosofia che nata e cresciuta come relazione interpretativa con la verit. Cos, ad

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    esempio, lermeneutica esegetica e quella giuridica hanno delineato pian pianoun paradigma gnoseologico che richiede decifrazione, ascolto e partecipazionepiuttosto che giudizio, oggettivazione e dominio. Oltre la comprensione dei testiscritti, seguendo il pensiero di Martin Heidegger1, stato possibile, in effetti,

    sostenere che lesistenza comprendente e interpretante proprio il modo diessere al mondo dellessere umano.

    da esplicitare poi il fondamento antropologico dellermeneutica: esso ha ache fare con il modo di conoscere dellessere umano sempre indiretto, bisognosodi mediazione e soprattutto mai conclusivo. Nel cammino esistenziale si pertanto da sempre e sempre di nuovo cercatori del senso e della verit.

    In questa prospettiva emerge chiaramente il nostro essere creature interpretantie nella filosofia come ermeneutica dunque sono racchiusi elementi molto piessenziali rispetto allo studio di una disciplina inserita nella vasta gamma del

    sapere filosofico: la fatica di comprendere se stessi e gli altri, la delineazione delcammino della ricerca della verit, il riconoscimento della condizione umana eperfino la relazione sussistente tra amore e conoscenza. Per tali motivi ritengosia indispensabile tentare un chiarimento circa lo statuto dellermeneuticasottolineando, fin da subito, limportanza di tenere intrinsecamente legateermeneutica filosofica, da un lato, e filosofia ermeneutica, dallaltro lato. Qui laprima solitamente intesa come teoria e tecnica di interpretazione dei testifilosofici, mentre la seconda rimanda allorientamento tipico della filosofiatedesca del Novecento sviluppata da Heidegger e da Gadamer, in particolare.

    Propongo di cogliere pertanto lautentico valore di entrambe le parti

    poste in questione, non separando le stesse ponendole su due binari paralleli,ma intrecciando ermeneutica filosofica come disciplina esegetica e filosofiaermeneutica considerata come posizione teoretica originale. Da una talesottolineatura mi sembra scaturisca una sensibilit nellinterpretante che lospinge, confrontandosi con i testi, non tanto ad una attenzione scrupolosa voltaad applicare una lista di criteri tecnici, al fine di giungere alla comprensione,ma in massimo grado a riflettere sulla sua stessa relazione con la verit e,pi in generale, con ogni possibile questione di senso. Ecco allora emergereunermeneutica filosofica, intesa come continuo pensiero apertoe volto a tracciareun percorso nellinterpretare congiuntamente i testi e il mondo stesso, facendocostantemente memoria della tradizione specifica dellafilosofia ermeneutica.

    Da sempre la filosofia ermeneutica considera la realt della verit a partire dauna relazione di interpretazione, questultima acquista cos un valore che rinviaalla testimonianza di chi sceglie la concretezza della relazione diretta con ciche va interpretato, piuttosto che la messa a distanza delloggetto da indagaree analizzare a partire da concetti teorici. A ben vedere questimpostazione ponelinterpretazione al di l di ogni pratica tecnicamente esegetica, per testimoniareche si ha vera interpretazione laddove si sperimenta innanzitutto un incontro.

    evidente come la posizione ora esplicitata porti alla luce il nucleo metafisico

    di tale filosofia che incontra ora una verit esperita come irriducibile ad ogni1 M. Heidegger, Essere e tempo, trad. di P. Chiodi, Milano 1976, pp. 182-195.

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    concreta e oggettiva datit, una verit che per questo non pu in nessun modoessere intesa come oggetto, ma che emerge piuttosto comeverit viventeche cichiama alla relazione. E ad una relazione fondata sullapertura incondizionatae sullascolto, basi insostituibili dellinterpretare. Il pensiero stesso acquista

    unapertura radicale nei confronti dellalterit, ormai libero dai limiti che loriporterebbero costantemente allinterno del proprio recinto autoreferenziale,secondo il paradigma ad esempio dellidealismo assoluto. Cos nellesperienzadellinterpretare entra in gioco la relazione con una reale alterit, non solo rispettoallesperire orientato al mondo umano e concreto, ma ci ha valore perfino nelricomprendere lalterit inscritta nella stessa verit.

    Lo sguardo rivolto a tale nucleo metafisico, che come indicato specificodella filosofia ermeneutica, permette tra laltro di riconoscere e oltrepassarele varie forme di riduzionismo, di fondamentalismo e di nichilismo che sono

    da sempre ostacoli al perseguimento di una vita buona, condivisa e comunedellintera umanit. Tutti questi -ismo sono riscontrabili in ambito scientista,ma anche nella sfera tecnocratica o politica o etnica o religiosa. Una filosofiamemore della ricchezza ermeneutica non perde mai di vista la considerazione inbase alla quale la verit oltrepassa ogni pensiero, perci non pu essere racchiusain alcuna idea autoreferenziale n pu essere appiattita da una falsa universalitche considera la sua conoscenza come lunica autentica e, di conseguenza, cercadi imporla come fosse lunica visione valida alla quale aderire.

    Occorre per mettere in guardia da un rischio legato alla presente analisi:quello di unumilt appagata di se stessa. Intendo dire che non pu certo essere

    sufficiente considerare lermeneutica in quanto segnalazione e critica delle varieforme di riduzionismo, poich sarebbe esclusivamente un pensiero infecondoe passivo, costantemente in cerca di elementi da contestare e smontare, perpoter affermare qualsivoglia realt. Cos orientandosi, finirebbe per perderelappuntamento con lesperienza e continuerebbe a sussistere in virt degli errorialtrui. Allopposto la filosofia ermeneutica conserva il suo potere testimoniale edeuristico proprio quando non si limita a criticare legocentrismo culturale, permettersi piuttosto in cammino al fine di cogliere le tracce e interpretare la lucerivelativa che nasce dalla stessa verit, riconosciuta nella sua alterit.

    Da questo punto di vista la filosofia ermeneutica non trascura il riferimentoalla datit delle cose, al contrario la pone al centro dellattenzione, a partiredallimpegno volto a conoscerne i differenti livelli, i vari stadi e le complessitprofonde inscritte nella realt stessa. Ricordo ad esempio lanalisi svolta daHans-Geog Gadamer in merito alla coscienza estetica e alla coscienza storica.Tale studio esprime con precisione il bisogno di trasformare gli atti conoscitiviproprio a partire dalla profondit della realt con cui sono in relazione2. Accenno,inoltre, brevemente allespressione campi di coscienza3, introdotta da RaimonPanikkar, con la quale metaforicamente viene legato il procedere del pensiero

    2 Cfr H. G. Gadamer, Verit e metodo, trad. di G. Vattimo, Milano 2000, rispettivamente pp.25-210 e 211-440.3 R. Panikkar,Lesperienza filosofica dellIndia, Cittadella editrice 2000, p. 68.

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    allespressione della danza. Qui il cammino che si apre traccia le sue figure dipari passo alladesione della coscienza alla realt multidimensionale, stratificata,impossibile da disegnare in un livello unico ed esclusivo. Apparir chiaro, giuntia questo punto, il fatto che tentare di surrogare lesperienza dellalterit della

    realt, e perfino della verit, in rappresentazioni sterili lesatto contrario dellavia delineata dallimpegno allinterpretazione, autenticamente aperta allalteritdella verit.

    2. Lapertura a una verit viva

    Lermeneutica esprime la sua critica rispetto alle impostazioni autorefenziali apartire dal riconoscimento di un orizzonte molto pi esteso, che supera oltremisuraogni singola posizione impegnata nel confronto dialogico e, nel contempo,

    oltrepassa anche linsieme delle posizioni presenti in esso. Ed ponendosi inuna disposizione di contemplazione silenziosa, nei confronti di questo orizzontedi senso sconfinato, che lermeneutica rinnova di continuo la via apertaallulteriorit della verit, cogliendo questultima innanzitutto come realtvivente e interlocutrice reale, seppur misteriosa, del cammino di ricerca umana.Non solo prendendosi cura delle opere e dei testi del passato, ma, a partire daquesti, anche contribuendo alla gestazione del futuro rimanendo in ascolto diesso, anzich tentando di categorizzarlo in modo del tutto relativo e arbitrario.Da qui scaturisce la sua attitudine essenziale a rifuggire ogni oggettivazione dellaverit, ogni tendenza che vuole ridurla a qualit del nostro giudizio sulla realt

    o ad una dottrina.In questo scenario possibile cogliere allora una sostanziale differenza tra

    lermeneutica e le altre tendenze filosofiche: la prima ricerca la verit in quantotale, ovvero non la verit nel suo isolamento assoluto, ma cogliendone il caratteredi alterit libera, mentre le seconde possono cercare, come traguardo del loropercorso, la giustificazione della verit. Lo spirito ermeneutico, per un verso,consente alla persona di riconoscere addirittura lappello che la verit le rivolge e,per altro verso, comprende che ogni edificazione di tipo giustificativo del discorso,chein primisoccorre abbia la valenza testimoniale piuttosto che inventiva, nonpu che essere ritenuta provvisoria, parziale, secondaria, qualificata dal suosignificato simbolico pi che dal suo tentativo di dimostrare e di definire inmodo conclusivo.

    La natura trascendente della verit, sempre eccedente qualsiasi datit, non larende tuttavia un mistero inconoscibile e totalmente inavvicinabile; neppure necessario stabilire, in unindagine di questo tipo, un confine netto di caratterereligioso. Il limite principale non quello che separa credenti e non credenti,ma va piuttosto riconosciuto nella differenza tra coloro che costringono la veritnegli angusti confini di una dottrina e coloro che invece affermano come laverit sia linterlocutrice per eccellenza della nostra umanit, riconoscendole una

    vita e unautonomia specifica.

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    quanto ha mostrato in modo eccellente Luigi Pareyson nei suoi scritti: laverit contemporaneamente inoggettivabile, sempre ulteriore e irriducibile alnostro conoscere, ma anche testimoniabile, partecipabile, esperibile nel dialogoe nellesistenza responsabile. In modo particolare nel suo Verit e interpretazione,

    ha saputo delineare un quadro concettuale molto valido nel tracciare il percorsocompiuto dallermeneutica alla ricerca di una verit vivente e perci inesauribilee inoggettivabile4. Tale analisi della verit non si pone come finalit solo ladiminuzione del riduzionismo e della conseguente cecit nei confronti della suarealt, ma utile anche per rispondere ad un bisogno connaturato alla naturaumana: quello per cui la stessa persona alla ricerca della sua forma. Ci vaconsiderato a partire dal fatto che la vicenda umana per lappunto esistenza. infatti ineludibile considerare il modo umano di stare al mondo secondo il suorespiro spirituale, a partire dalla sua capacit di trascendenza, osservandone il

    potenziale di libert e di responsabilit, come anche il grado di consapevolezzae di creativit che tendono a far sporgere questo modo non solo al di l delladimensione puramente biologica, ma anche oltre quella sociale, intesa comeseconda natura che definirebbe ogni essere umano.

    Lindividuo, per quanto il suo modo di essere sia problematico, fragile e sviabile,non mai alla ricerca solo di un senso per esistere, ma pi autenticamente ricercauna forma che corrisponda alla sua dignit e al cammino della sua esistenza. Cosse lesistenza rimane informe rischia di disperdersi, fino a diventare deforme,mentre se trova una forma inadeguata asfissia e si abbrutisce.

    Lermeneutica, in ascolto di questa esigenza antropologica universale, a mio

    avviso, incarna limpegno non solo a riconoscere i significati, la loro correlazionee spesso la loro costellazione entro il mondo di un testo, ma anche a individuarequali siano, rispetto a essi, la prospettiva pi giusta e lorizzonte pi appropriato.

    Impegnandosi profondamente a pensare la relazione tra interprete e verit,lermeneutica tenta di individuare una forma di vita, una forma per la vita egiunge alla consapevolezza in base alla quale solo la verit pu dare forma adeguataallesistenza umanadal momento che gli esseri umani aspirano appunto a unavita vera. Fondamentale che, in questo compito, lermeneutica proceda tantocon radicalit quanto con onest filosofica.

    In questottica una filosofia ermeneutica opera sia per riconoscere e criticarele forme soffocanti e falsificanti, che pretendono di imporsi con una verit chenon possiedono, sia per rinnovare in ciascuno unapertura e unesposizione allasola verit a cui ci si possa conformare, restandone non oppressi ma liberati. Laconcezione logico-deduttiva e intellettualisticadella verit semplicemente nonvede tutta la complessa relazione che ci lega in modo essenziale alla realt di unaverit vivente. Faccio ora riferimento a due percorsi paradigmatici nel tentativodi giungere al riconoscimento filosofico della verit vivente: quello di Hegel equello tracciato da Heidegger.

    Pur muovendosi in una direzione opposta a quella propria dellermeneutica,

    Hegel si impegna a decostruire ogni elaborazione dellintelletto protocollare, che4 L. Pareyson, Verit e interpretazione, Milano 1971.

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    per effetto riduce la verit a un oggetto della rappresentazione, dellintuizione,del sentimento e soprattutto della riflessione. Egli prende il via con il superareci che ritiene essere un presupposto privo di fondamento: ogni idea di alterit,di distanza tra soggetto e verit e dunque di relazione effettiva, identificando

    entrambi nellunica, perenne realt dello Spirito. In questo modo Hegel si rendeconto del fatto che la verit non pu essere puramente oggettiva n esclusivamentepensata come sostanza, contro una verit intuita come comando, imbrigliataentro categorie monologiche e statiche egli sostiene che il vero (Wahre) (vainteso ed espresso) non come sostanza (Substanz), ma altrettanto decisamentecome soggetto(Subjekt)5.

    Qui la sostanza va considerata come lastratta, vuota e immota uguaglianzacon s, in cui non pu esserci n verit, n realt; essa appare come un cattivomodo di intendere il rapporto tra universale e particolare, e conseguentemente

    tra pensiero e essere. Nel momento in cui, al contrario, la sostanza si mostracompletamente come soggetto ci significa che lunit della sostanza non quella immediata e astratta, ma in realt va individuata in ununit mediata, chescaturisce dal farsi altro rimanendo se stessa, non solo lin s, ma lin sche diviene

    per s6.Ecco la modalit grazie alla quale lastratto elemento dellimmediatezzae della separazione (Trennung) del sapere e della verit sorpassato7; siamo cospervenuti ad una verit vivente, che si riconosce nel divenire di se stessa.

    Lelemento che Hegel finisce per cancellare dal divenire di questa veritassoluta e viva per ogni rimando alla relazionalit reale. Come la conoscenzaoggettivante non ha altra relazione se non quella con le proprie rappresentazioni,

    cos lo Spirito non ha altra relazione che quella di autoconsapevolezza, la quale non nemmeno unautorelazione perch finisce per risolversi in pura identit assoluta.Mi sembra opportuno sottolineare come laccettazione, da parte di Hegel, delleimplicazioni di una dialettica in cui luniversalit si rinnova grazie agli atti dilibert e in cui la ragione rivive ogni volta non in forza del suo automatismo, main virt della inesauribile vitalit delle relazioni avrebbe significato, ai suoi occhi,sprofondare luniversalit nella contingenza, nellirrazionale, dunque in unarovinosa follia. Resta per lui fondamentale in effetti il fatto che sia la razionalitla garanzia ultima delluniversalit, dunque della verit assoluta e della realt:

    La vera figura in cui la verit esiste non pu essere che il sistema scientifico di essa.Collaborare a ci, che la filosofia si avvicini alla forma della scienza, affinch essapossa deporre il suo nome di amore del sapere ed essere sapere effettivo quanto iomi sono proposto8.

    Analizzando la prospettiva di Heidegger, che giunge a radicalizzare laperturahusserliana al darsi del mondo e delle essenze che ne sono la trama veritativa,

    5 G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, trad. di E. De Negri, La Nuova Italia 1973, vol. I,p. 13. Rimando, per lanalisi di questi passaggi hegeliani, al mio lavoro Il cuore della ragione.Dialettiche dellamore e del perdono in Hegel, Cittadella editrice 2006.6 Ivi, pp. 13-15.7 Ivi, p. 29.8 Ivi, p. 3.

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    emerge fin da subito limpegno a considerare il libero rivelarsi della verit. Inquesta linea il senso del superamento dellidea di una verit oggettiva a favoredel riconoscimento della verit vivente radicato nel passaggio dal modelloconcettuale della corrispondenza a quello dellautosvelamento. Qui la relazione

    tra il pensiero e la verit non viene elevata in una fusione, ma, nonostante lasua problematicit, persiste come relazione. Ed proprio a partire da una taleconcezione che Heidegger dona un impulso decisivo non allermeneutica comefilosofia, rispetto alla quale rimane costantemente diffidente, quanto allidea dicome lermeneutica sia una disposizione essenziale di ogni autentico pensiero.

    Una disposizione fatta di ascolto, di cura e di servizio. Lessere umano collaboratore dellessere, per usare unespressione heideggeriana divenuta celebre:luomo il pastore dellessere. Emerge immediatamente lelemento che evidenziacome il pastore non sia il proprietario del gregge, ma piuttosto lincaricato a

    prendersene cura; la sua massima dignit risiede nellessere chiamato dallesserestesso a far la guardia alla sua verit9. Unaltra espressione, divenuta altrettantoillustre, sottolinea che il linguaggio la casa dellessere e nella sua dimoraabita luomo, in questo modo Heidegger stravolge la nozione di linguaggio.Il linguaggio che esprime il pensiero dellessere non un modo di espressionedella comunicazione, ma piuttosto la modalit di manifestazione dellessere, ed esclusivamente ponendosi in ascolto che si entra in contatto con esso. E dire cheluomo abita nella casa dellessere, ossia nel linguaggio, equivale a riconoscereche il linguaggio non uno strumento che luomo si d: al contrario, egli nascee vive nel linguaggio, giacch la sua vita gi sempre immersa in esso.

    Resta importante esplicitare il fatto che, anche nel paradigma heideggeriano,non emerge il pensiero che sia la verit a in-formare lesistenza. In Sein und Zeit piuttosto il confronto con la morte, mentre nelle opere successive alla Kehreilcentro della relazione con la verit si dirige verso la cura poetica per le parole, peril silenzio, per il suo enigmatico rivelarsi, oscurato dalla sopraffazione aggressivae prepotente della civilt della tecnica.

    3. Lermeneutica come risposta a un amore liberante

    Per alcuni versi emerso come sia per Hegel che per Heidegger il cuore dici che la filosofia chiama metodo diviene lesperienza. Per Hegel tale categoriaacquista un ruolo centrale: esperienza il termine medio tra coscienza,il grado minimo e inaugurale del sapere, e la scienza, il grado massimo dovesapere e essere la verit sono la stessa cosa. Nel suo orizzonte lesperienza dellacoscienza ricomprende gli aspetti sociali, culturali e storici dellindividuo, Hegelcontribuisce cos ad ampliare il concetto di esperienza che acquista ora unaconnotazione storica. Scaturisce da ci il mutamento del percorso della storia adopera del rapporto stesso tra soggetto ed oggetto.

    La conoscenza che si ottiene quindi complementare alla storia umana. Il

    cammino della coscienza appare quindi come un progressivo accesso alloggetto9 M. Heidegger, Lettera sullumanesimo, trad. di F. Volpi, in Segnavia, Milano 1987, p. 267.

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    del sapere, fino a giungere ad identificare se stesso. ravvisabile innanzituttonel modo in cui la coscienza appare cos cosa in s quando coscienza diun oggetto esterno; quando poi comprende che un oggetto un oggetto inquanto oggetto della conoscenza allora si allontana dallesteriorit avvicinandosi

    a s, diventando cio autocoscienza. Una volta che giunge a concepirsi illimitatasi scopre poi come ragione, cio come certezza della coscienza di essere ognirealt, fino allapparire di realt e coscienza in quanto intimamente connesse.Scoprendosi ragione, la coscienza scopre infine anche di essere spirito, sapereassoluto e soggetto avente come oggetto se stesso e la realt.

    Senzaltro non da trascurare il fatto che con esperienza Hegel non intendesolo lesperienza teoretica, esperienza per lui lintero: larte, la religione,la filosofia, il diritto, la societ, lo Stato. Questi sono tutti momenti in cui simanifesta lesperienza umana. Per questo nella Fenomenologia dello spirito egli

    non prende in considerazione soltanto le forme di conoscenza, ossia la sensibilit,la percezione, lintelletto, ma lintera esperienza umana: quella giuridica, quellapolitica e anche lesperienza religiosa. Hegel cerca di illustrare il cammino logicoesperienziale cercando costantemente di declinare questo percorso logico conil divenire storico. NellaFenomenologia si intrecciano in modo innegabile unatraccia logica e una traccia storica dellesperienza.

    Heidegger si confronta in diversi luoghi del suo pensiero con Hegel cercandodi mostrare la decisiva distanza del suo punto di vista da una filosofia cheegli interpreta come lespressione pi compiuta della metafisica oggettivante,di un pensiero che porta a compimento la riduzione dellessere ad oggetto,

    nellorizzonte di una dispiegata presenzialit, nella completa presenza dellesserea s secondo la forma del Sapere assoluto. Baster richiamare brevementela sua opera intitolata Holzwege1. qui, in effetti, che viene esplicitata la suainterpretazione in base alla quale lessere sarebbe lunit articolata di rivelazionee nascondimento. A partire da questo presupposto egli svolge una riflessione chelega esperienza, coscienza e verit in Hegel.

    Il termine esperienza (Erfahrung) appare insolito a Heidegger, come nomedellessere dellente, ma, riferendosi alla filosofia hegeliana, egli ritiene di poteraffermare che la sua comparsa giustificata dal fatto che tale termine venutoa maturazione (); esso cade come il frutto maturo di quella stessa cosa in cui qui impegnato il pensiero di Hegel2. Egli, infatti, interessato allo studiodellesperienza della coscienza e in Hegel il concetto di esperienza, differentementerispetto ad ogni filosofo precedente, investe tutte le sfere dellesistenza umanafino a coinvolgere lesperienza diretta che lo stesso Spirito Assoluto fa di s nellareligione (questa sostanza che lo spirito ne il divenire fino a farsi ci cheesso in s3). Agli occhi di Heidegger, Hegel non concepisce lesperienza inmodo dialettico, ma pensa il dialettico in base allessenza dellesperienza; diconseguenza il momento decisivo ed essenziale dellesperienza per Hegel quello1 M. Heidegger,Il concetto hegeliano di esperienza, trad. di P. Chiodi, inSentieri interrotti, La

    Nuova Italia 1984, pp. 103-190.2 Ivi, p. 164.3 Cfr. G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, cit., p. 429.

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    per cui in essa emerge alla coscienza il nuovo vero oggetto, ci che conta ilsorgere del nuovo oggetto come sorgere della verit.

    Il procedere (fahren) proprio dellesperire (erfahren) ha il significato originario del

    condurre. Costruendo una casa, il muratore procede con le travature in una determinatadirezione. Il procedere uno studiar la strada da prendere; il procedere un guidanteper-venire a Il pastore procedee procedendo guida il gregge verso i monti. Lesperire un pervenire che cammina raggiungendo. Lesperire una modalit dellesser-presente,cio dellessere.

    Lesperienza, intesa come presentazione della rappresentazione assoluta, allora parousia dellAssoluto. In questo scenario, il ruolo fondamentale dellacoscienza quello di esperire, ossia di slanciarsi verso il proprio concetto(). Questo slancio proteso raggiunge, nel vero apparente, lapparire della

    verit4

    . Heidegger presenta un aspetto fondamentale della filosofia hegeliana:la caratteristica dellesperienza di essere connessa strettamente alle dinamicheesistenziali e per questo capace di pervenire alla verit. Lesperienza emergedunque come lapparire del sapere apparente in quanto apparente e la scienzadellesperienza della coscienzapresenta lapparente in quanto apparente.

    Orientando lindagine verso il pensiero di Hans-Geog Gadamer si scoprecome per lui il concetto di esperienzasia francamente annoverabile tra i menochiari che possediamo - per quanto ci possa suonare paradossale -5. Lesperienza qui intesa come apertura ad altre esperienze, lautentica esperienza quella incui luomo diventa cosciente della propria finitezza6. La pienezza dellesperienza

    porta luomo esperto ad essere uno che avendo fatto tante esperienze e avendotanto imparato dallesperienza, appunto particolarmente capace di fare nuoveesperienze e di imparare da esse. In realt non esistono soggetti storici puridavanti a oggetti storici puri: soggetto e oggetto sono modificati e influenzati dauna tradizione. Lermeneutica opera quindi nella continua mediazione tra storiae verit, ma questa dialettica, a differenza di quella hegeliana, non giunge mai alcompimento assoluto: la dialettica dellesperienza non ha il suo compimentoin un sapere, ma in quellapertura allesperienza che prodotta dallesperienzastessa7. Il sapere diventa cos una costruzione dialogica che mette in crisi laragione centrata sul soggetto e privilegia il processo di fusione degli orizzonti8:questa ermeneutica del sapere tende alla comprensione e, proprio in virt delfatto che si costantemente in una situazione determinata e in un punto di vistaprospettico, uninterpretazione che non pu sussistere in maniera indipendentedallo stesso processo storico.

    Ma il concetto di esperienza non appare adeguato a rendere il senso delmodello di relazione che la conoscenza e lesistenza umana hanno con la verit: lacentralit dellesperienza in effetti piuttosto ambigua dal momento che accetta

    4 M. Heidegger, Il concetto hegeliano di esperienza, cit., p. 168.5 H. G. Gadamer, Verit e metodo, cit., p. 715.6 Ivi, p. 737.7 Ivi, p. 733.8 Ivi, p. 633.

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    un essere trasformati, ma poi ribadisce il soggetto nella sua centralit. unsoggetto che cresce, si arricchisce, diviene esperto, ma non viene finalmente vistocome qualcuno che giunge a una vera nuova nascita. Il rimando alla nozione diesperienza sembra non scongiura il rischio di quel soggettivismo che vanificherebbe

    qualsiasi apertura alla verit vivente.Proprio temendo questa eventualit Gadamer ha rimarcato che luomo

    esperto sempre aperto e anche che, nella dialettica del domandare e delrispondere, il compito del domandare maggiormente riferibile al testo piuttostoche allinterprete; questultimo occorre si lasci interrogare dal testo che rivela lasua grande capacit di interrogare i suoi lettori dischiudendo una prospettivaimprevista. Da qui nasce il riferimento costante alla filosofia platonica da partedi Gadamer. La sua dialettica sorge come tecnica di insegnamento nascosto, dovela domanda, posta alla base di unesperienza conoscitiva, dona la direzione alla

    risposta: domandare pi difficile che rispondere, proprio secondo il paradigmadi Socrate.

    Allinizio sta invece la domanda che il testo pone a noi, lessere direttamente chiamatiin causa dalla parola del passato, di modo che la comprensione di tale parola implicagi sempre il compito di una mediazione storiografica del presente con il passato. Ilrapporto di domanda e risposta risulta in tal modo rovesciato. Il dato storico trasmessopone esso stesso una domanda, e in tal modo pone il nostro spirito nella situazionedellapertura9.

    Va chiarito che non si tratta solo di una dialogica che pone in relazione interpreti,testi e tradizioni. Il tratto che occorre approfondire riguarda la relazione traumanit e verit, da un punto di vista esistenziale e metafisico. Nellinterpretaree nellessere interpretati sono in gioco, oltre lesclusiva dimensione del sapere,la dinamica sia della gestazione della vera umanit in ciascuno di noi sia quelladella gestazione di unapertura fedelealla verit vivente.

    Un contributo essenziale in questa direzione stato dato, a mio avviso, daMara Zambrano, in maniera tale da illuminare un tratto determinante perconsiderare lo statuto dellermeneutica completamente al di l del recinto delpuro intellettualismo. La filosofa spagnola ha saputo mostrare mirabilmente che

    lesperienza filosofica s esperienza di vita, ma non della vita che semplicementesi arricchisce in una continuit di fondo, bens esperienza se apertura alliniziodi una vita nuova. Ci ha valore in modo altrettanto profondo sia per lesistenzasia per la filosofia. Nella conoscenza filosofica ogni metodo salta fuori come unIncipit vita novache si tende verso di noi con la sua inalienabile allegria10, giconsiderando tale citazione possibile intravedere che il metodo zambranianonon costituito da una somma di regole, non pura metodologia, quantopiuttosto un cammino ricevuto dallAmore, di cui costantemente attratto.La verit opera cos, con la sua attrazione, una gestazione della persona, proprio

    9 Ivi, p. 769.10 M. Zambrano, Chiari del bosco, trad. C. Ferrucci, Milano 2004, p. 15.

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    nel senso maieutico del termine, e nel contempo domanda a ciascuno di faremergere il frammento di verit che esprime ed incarna in modo originale conla propria esistenza.

    anche possibile, nella prospettiva zambraniana, pietrificarsi nel delirio o

    giungere a disnascere, non aiutando la verit, la vita, il sentire e il nostro stessoconoscere a pervenire alla nascita e quindi a pienezza, ma fermarci a met delcammino, con lillusione di essere arrivati alla mta.

    Si rendeva effettivamente conto che il pensiero filosofico ci permette diarrischiarci a sentire quello che sentiremmo comunque, ma senza arrischiarci, eche cos resterebbe solo a met del suo processo di nascita, come quasi sempreaccade al nostro sentire. per questo che la vita di tanta gente non va oltre ilconato, un conato di vita. E ci grave, perch la vita deve in qualche modoessere gi nel pieno in quel conato dessere che noi siamo; in quel non - essere

    che non pu rinunciare a essere, n pu rimanere cos, semplicemente. Perchvivere umanamente deve essere un trarre alla luce il sentire, principio oscuro econfuso, un portare il sentire allintelligenza11.

    Quali conseguenze scaturiscono pertanto dal riconoscimento della realtviva della verit, al di l della dimensione dei nostri giudizi di verit? La primaconseguenza, a mio parere, insieme metafisica e antropologica. Ha a che farecon il riconoscimento della verit intesa come origine, senso, destinazione einterlocutrice maieutica dellesistenza dellessere umano e del mondo. Ci aprelo spazio di legittimit non solo delpluralismo delle filosofie, nel loro impegnoa interpretare la realt di questa origine, ma anche delle fedi. Lessere umano si

    rivela allora come un essere che non predeterminato n da una natura fissa,n dalla condizione fattuale della finitezza, definita dal nostro trovarci tra lanascita e la morte. Emerge chiaramente come lessere umano, seppure destinatoalla morte, perennemente apertura alla verit vivente, ha la sua dignit inquesta relazione essenziale di creatura che pu trasfigurare il suo modo desserein risposta allazione liberante della verit stessa.

    Per riuscire a comprendere appieno tali dinamiche fondamentale arrivarea riconoscere che la forza e insieme la forma di vita coinvolte nella conoscenza,e quindi nella relazione tra umanit e verit, lamore. La filosofa spagnolafa riferimento allAmore sconosciuto, proprio perch esso non sia subitorazionalizzato attraverso la sua riduzione a emozione, sentimento, affetto opassione. Lamore per lei realt mediatrice per eccellenza, in grado di sorreggercinella lacerazione profonda che sperimentiamo continuamente tra la finitezzaterrestre e il desiderio di trascendenza: lamore la rivelazione della vita umana12e ancora scrive: tra la vita e la verit c stato un intermediario: lamore13.

    La verit dellamore originario non pu essere in alcun modo inventatodallessere umano, ma piuttosto da lei che apprendiamo la nostra umanit.

    11 M. Zambrano, Delirio e destino, trad. di R. Prezzo e S. Marcelli, Milano 2000, pp. 94-95.12 M. Zambrano,Luomo e il divino, trad. di G. Ferraro, Edizioni Lavoro 2001, p. 247.13 M. Zambrano, La confessione come genere letterario, trad. di E. Nobili, Milano 1997, p. 32.

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    Il pensare ha un movimento interno che si svolge, per cos dire, allinterno delsoggetto stesso. Se il pensare non spezza la casa allinterno non un pensare, sarsemplicemente una chiarificazione logica. () Chi pensa chiarifica se stesso, si poneapertamente davanti a se stesso, entra in se stesso, guardandosi, cercando la propria

    unit, in funzione di essa e della sua ricerca

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    .Una seconda conseguenza di questa prospettiva di riconsiderazione

    dellermeneutica sta nella possibilit di coniugare la responsabilit etica estoricaverso le dinamiche dellumanizzazione con il fisiologicopluralismo delleinterpretazioni, delle culture e delle fedi. Una verit viva non si delinea infatticome mera emersione proiettiva di un universalismo filosofico nutrito di teologiacristiana. Di una simile apertura ermeneutica alla verit troviamo testimonianzein molte altre culture e filosofie: penso allidea della verit considerata comerealt che attrae verso campi di coscienza pi profondi e verso un modo di

    esistere liberato, in riferimento alla tradizione di molte filosofie indiane, o allaconcezione della verit-madre presente che chiama luomo allarmonia nellacomunit e nella natura.

    In conclusione vorrei sottolineare come la sensibilit dellermeneutica, tipicadi filosofie in cammino in molte aree e coscienze del mondo, contribuisca aconferire al pensiero umano la forza della fedelt. La stessa forza specifica di unamemoria estroversa che comprende come lorigine della vita e del mondo non rinvenibile solo nel passato o esclusivamente nellinteriorit della persona, main

    primisnellincontro che pu avvenire in ogni istante.

    14 M. Zambrano, Delirio e destino, cit., p. 84.

    Fabiola Falappa, Universit di Macerata*[email protected]