EserciziFilosofici06

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ESERCIZI FILOSOFICI 6

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rivista di filosofia

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  • ESERCIZI FILOSOFICI 6

  • Universit degli Studi di Trieste Dipartimento di Filosofia

    Esercizi filosofici 2002

  • Avvertenza

    Questo sesto volume di Esercizi Filosofici, annuario del Dipartimento di Filosofia della Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Trieste, si riferisce allattivit di due anni accademici, il 2000/01 e il 2001/02. Come di consueto il volume risulta diviso in tre sezioni, secondo il seguente criterio: nella prima il lettore di Esercizi Filosofici trover i TESTI ricavati da convegni e seminari tenuti presso il Dipartimento; nella seconda vengono pubblicati, in ordine alfabetico per disciplina, i RIASSUNTI DEI CORSI tenuti dai Docenti del Dipartimento negli anni 2000/01 e 2001/02; nella terza sezione, infine, sono raccolti alcuni CONTRIBUTI di ricerca che possono documentare lattivit di studio che fa capo al Dipartimento, con particolare riferimento al lavoro dei dottorandi di ricerca e dei neo-dottori.

    Ledizione 2002 di Esercizi Filosofici stata curata da Raoul Kirchmayr, Gilda Manganaro, Pier Aldo Rovatti e Marina Sbis.

  • TESTI

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    SOGGETTO E PREDICATO NELLA PROPOSIZIONE SPECULATIVA HEGELIANA*

    Cinzia Ferrini

    1. Premessa

    Il tema della preposizione speculativa tornato di recente ad attrarre lattenzione degli studiosi, e proprio ad Hegel e il linguaggio stato dedicato il XVII incontro, nellottobre 2002, della Hegel Society of America.1 Il mio studio si propone di contribuire alla discussione in corso sul problema del linguaggio del sapere assoluto in Hegel, dal punto di vista logico-fenomenologico:2 non prender pertanto ad oggetto la teoria hegeliana della natura del linguaggio cos come principalmente esposta a livello sistematico-enciclopedico nelle edizioni berlinesi ( 451-460) della sezione Psicologia della Filosofia dello spirito soggettivo, teoria che esamina i segni, i toni, le parole, la grammatica comparata, i sistemi di scrittura, la storia e linterrelazione tra le lingue ( 459, 1827 e 1830).3 La mia analisi si concentrer soprattutto sulla trattazione hegeliana delle

    * Una prima versione di questo saggio stata presentata nell'ambito delle Giornate di studio: Il soggetto in

    filosofia: oggetto di riflessione/enunciatore di discorso (Seminario per il Dottorato in Filosofia, XVI ciclo) organizzate dal Dipartimento di Filosofia della Facolt di Lettere dellUniversit di Trieste (26-27 febbraio 2001). Ringrazio: la coordinatrice, Prof. M. Sbis, e il Prof. R. Festa, rispettivamente per loccasione di lavoro e di confronto, il Prof. M. Pagano per le opportune, utili e stimolanti osservazioni. 1 Il programma del convegno comprendeva le seguenti relazioni: K. Thompson, Fragmentation, Contamination,

    Systematicity: The Threats of Representation and the Immanence of Thought; Chong-Fuk Lau, Language and Metaphysics: The Dialectics of Hegels Speculative Proposition; A. Nuzzo, The Language of Hegels Speculative Philosophy; J. Reid, Objective Language and Scientific Truth in Hegel; J. McCumber, Sound-Tone-Word: Towards an Hegelian Philosophy of Language; D. Kolb, The Logic of Language Change; K. Dulckeit, Language, Objects and the Missing Link: Reflections on Hegels Theory of Reference; J. Vernon, The Realm of Abstraction: The Role of Grammar in Hegels Linguistic System; W. Dudley, Telling the Truth: Systematic Philosophy and the Aufhebung of Poetic and Religious Language; C. Kellogg, The Three Hegels: Kojve, Hyppolite and Derrida on Hegels Philosophy of Language; C. May, Hegel, Kristeva, and the Language of Revolution; K. Pahl, The Dance of the Speculative Proposition. Tra i contributi italiani pi recenti sul tema, si vedano: M. Adinolfi, Quel che giunge alla parola: Hegel e la proposizione speculativa, Il Pensiero, XL, 2001, 1, pp. 63-81; V. Vitiello, Hegel: proposizione speculativa e riflessione ponente, ivi, pp. 83-90. 2 Limportanza del tema del linguaggio per il progetto speculativo hegeliano stata di recente riaffermata da M.

    Richir, Langage et langue philosophique dans le devenir chez Hegel (Science de la logique), in J.-C. Goddard (ed.), Le transcendental et le spculatif dans lidalisme allemand, Paris, Vrin, 1999, pp. 173-189. 3 Commenti a questi paragrafi dellEnciclopedia si trovano in: F. Schmidt, Hegels Philosophie der Sprache,

    Deutsche Zeitschrift fr Philosophie, IX, 2, 1961, 7, pp. 1479-1486; I. Fetscher, Hegels Lehre vom Menschen. Ein Kommentar zu den 387 bis 482 der Enzyklopdie der philosophischen Wissenschaften (Tbingen Univ. Diss. 1950), Tbingen, Frommann, 1970; Hegels Philosophy of Subjective Spirit, ed., trad., comm. di M. J. Petry, vol. 3, Phenomenology and Psychology, Dordrecht, Reidel, 1978; J. McCumber, Hegels Philosophical Languages, Hegel-Studien, XIV, 1979, pp. 183-196; L. Eley (hrsg.), Hegels Theorie des subjektiven Geistes in der Enzyklopdie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1990; F. Hespe (hrsg.), Psychologie und Anthropologie oder Philosophie des Geistes (Beitrge zu einer Hegel-Tagung in Marburg 1989), Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1991; H. Dre et al., Hegels Enzyklopdie der philosophischen Wissenschaften (1830). Ein Kommentar zum Systemgrundri, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 2000. La considerazione hegeliana del linguaggio in sede psicologica e antropologica esaminata da T. Bodammer, Hegels Deutung der Sprache, Hamburg, Meiner, 1969, rispettivamente alle pp. 23-67 e 97-112.

  • Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana

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    determinazioni del giudizio, soggetto, copula e predicato, nelle loro possibili relazioni logico-formali (nel capitolo Il giudizio della Logica soggettiva o Dottrina del concetto), in rapporto allio enunciatore di discorso e alle proposizioni del sapere ordinario nella Fenomenologia dello spirito,4 e non si occuper del linguaggio della vita dello spirito assoluto, cos come si esprime nelle relazioni sociali e storiche del mondo morale e religioso.5 Il contesto generale in cui si viene a collocare la mia riflessione vuole essere infatti il dibattito in corso nella filosofia contemporanea tra coloro che ritengono la dialettica hegeliana incapace di liberare le differenze6 e coloro che reagiscono a questa lettura tacciandola di semplicismo.7 Qui mi propongo di riconsiderare la dialettica di identit-differenza attraverso lesame del modo scelto da Hegel per parlare del contesto logico e fenomenologico in cui il linguaggio usato in senso ordinario e in senso filosofico. Lintento quello di ricostruire il percorso secondo cui viene distrutta la certezza dellopinione comune sulla natura della proposizione in generale. Tale opinione vede i predicati come differenze permanentemente indipendenti e divise dal soggetto della proposizione, al quale vengono attribuiti grazie alla mediazione estrinseca di un Io giudicante, secondo un rapporto di inerenza o sussunzione: senza indagare se tali predicati in s e per s siano qualcosa di vero, n se la forma del giudizio possa essere la forma della verit.8

    Dal punto di vista dei contenuti, il tema verr sviluppato a partire dalla specifica interpretazione hegeliana (il vero non come sostanza, ma altrettanto come soggetto) del principio idealistico secondo cui le nostre soggettive determinazioni di pensiero sono anche determinazioni dellessenza delle cose, della loro realt e oggettivit (la famosa identit di soggetto e oggetto, o di razionalit e realt effettiva, per cui il Wissen conoscenza dellan sich del Gegenstand, e solo il pensiero lessenziale dellessente).9 Centrale per il nostro

    4 Per questi aspetti, si veda la seguente bibliografia essenziale: J. Simon, Das Problem der Sprache bei Hegel,

    Stuttgart, Kohlhammm, 1966; W. Marx, Absolute Reflexion und Sprache, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1967; J. Simon, Die Kategorien im gewohnlichen und im spekulativen Satz, Wiener Jahrbuch fr Philosophie, n. 3, 1970, pp. 9-37 (anche in Contemporary German Philosophy, n. 2, 1983, pp. 112-37); D. Cook, Language in the Philosophy of Hegel, The Hague, Nijhoff, 1973; R. Heede, Die Dialektik des spekulativen Satzes, Hegel-Jahrbuch 1974, pp. 280-293; J. Soll, Sentences Against Sentences: An Aspect of the Hegelian Dialectic, Dialectic and Humanism, I, n. 4, 1974, pp. 64-73; J. P. Surber, Hegels speculative sentence, Hegel-Studien, X, 1975, pp. 211-230; H. G. Gadamer, Verit e Metodo, a c. di G. Vattimo, Milano, Fabbri, 1972 (ma cfr. anche Id., Verit e metodo 2, a c. di R. Dottori, Milano, Bompiani 1995); G. Wohlfart, Der spekulative Satz. Bemerkungen zum Begriff der Spekulation bei Hegel, Berlin/New York, De Gruyter, 1981; S. Houlgate, Hegel, Nietzsche and the Criticism of Metaphysics, Cambridge, Cambridge University Press, 1986, pp. 141-156; H. S. Harris, Hegels Ladder, vol. I: The Pilgrimage of Reason, Indianapolis/Cambridge USA, Hackett, 1997, pp. 137-146. 5 A questo tema sono state dedicate due relazioni alla recente conferenza internazionale Contemporary Hegel. La

    ricezione americana a confronto con la tradizione europea (Venezia, 16-18 maggio 2001): The Role of Language in Hegels Critique of Knowledge di A. B. Collins, e Hegel e il linguaggio (Quale alterit?) di D. Goldoni, di prossima pubblicazione nei relativi Atti. 6 M. Foucault, Theatrum Philosophicum, in Dits et crits 1954-1988, Paris, Gallimard, 1994, vol. 2 (1970-1988),

    p. 90. 7 R. Devos, How Absolute is Hegels Absolute Knowing?, The Owl of Minerva, 30, n. 1, 1998, pp. 33-34.

    8 Hegel, Werke in zwanzig Bnden [dora in poi W] vol. 8, Enzyklopdie der philosophischen Wissenschaften I, a

    c. di E. Moldenhauer e K. M. Michel, Frankfurt a. M, Suhrkamp, 1983, 28, p. 94. La resa del testo hegeliano della grande Enciclopedia con le Aggiunte segue solo in parte la trad. it. a c. di V. Verra (vol. I, La Scienza della logica, Torino, Utet, 1981), da me rivista. 9 Sul vero sia come sostanza che come soggetto si vedano le considerazioni di Vitiello, Hegel: proposizione

    speculativa, cit., pp. 83-87, che pone a tema, richiamando il Platone della VII Lettera, anche la anomalia della struttura sintattica di questa celebre proposizione hegeliana. Cfr. in particolare le pp. 85-86: Se non sostanza id est: se non limmoto soggetto del giudizio del pensare rappresentativo, della logica formale , il vero neppure

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    discorso sar il confronto tra: 1) la forma di giudizio (soggetto-copula-predicati) che Hegel ascrive alla riflessione ordinaria e al comune comportamento del sapere, inteso come attribuzione di una variet di predicati ad un soggetto fisso e stabile nella sua identit: un quieto soggetto che, immoto, sostenga gli accidenti; e 2) il suo sviluppo conflittuale nella proposizione speculativa caratteristica del pensiero concepente, in cui al predicato viene attribuito un significato sostanziale, in quanto viene espresso come lessenza che esaurisce la natura di quel soggetto: esso quindi passa interamente nel predicato, togliendosi quale fondamento.10 Dal punto di vista della struttura argomentativa, il primo passo sar quello di evidenziare, attraverso una selezione di testi, la definizione hegeliana delloperare riflessivo proprio del Verstand e quello negativo-dialettico e positivo-speculativo della Vernunft, definendone la natura specifica e le modalit di rapporto ( 1). Il secondo punto della nostra analisi sar quello di mostrare le conseguenze di tali definizioni sulla concezione dalla natura delle opposizioni finite (quale ad esempio quella di soggetto-oggetto), e sulla relazione tra conoscere comune e filosofico nel pensiero hegeliano ( 2). Partendo dal duplice risultato fenomenologico presupposto dalla logica hegeliana: 1) che per noi la cosa (Sache) non possa essere altro che i nostri concetti di essa,11 e che 2) di fatto (faktisch) falso che si dia (es gebe) un sapere immediato, un sapere privo di mediazione, sia questa mediazione con altro o in lui stesso con s,12 avremo sufficienti strumenti per esaminare il contraccolpo (Gegensto) che il pensiero subisce confrontando forme riflessive di giudizio con la connessione di determinazioni differenti mediate intrinsecamente dallunit del concetto ( 3). Contro le interpretazioni che vedono nella dialettica hegeliana un metodo garante della riduzione dellalterit allidentit del S, concluderemo infine che per Hegel compito della proposizione veramente filosofica piuttosto di esporre quel contrasto interno che il movimento dialettico della proposizione ( 4).13 Da una parte, la proposizione speculativa risveglia continuamente lopinione della comune divisione tra soggetto e predicato, dallaltra, mettendo tali determinazioni in relazione, rende visibile il loro conflitto, il quale non esibisce (darstellt) altro che il

    solo soggetto il vuoto Io del pensiero raziocinante, che sempre di l dogni contenuto determinato . Vero il movimento dal soggetto al predicato dalla sostanza al soggetto ; vero il concetto che si fa da soggetto predicato, riprendendo in s le proprie determinazioni. Vero non sostanza anche sostanza . Ed soggetto, Selbst, S, solo essendo anche sostanza. Chiaro che qui il termine sostanza assume un significato affatto diverso da quello che ha nel pensare rappresentativo e raziocinante (vorstellendes und rsonnierendes Denken). Siamo al punto pi profondo dell'analisi hegeliana della proposizione speculativa. 10

    Secondo W. Maker, Philosophy Without Foundations: Rethinking Hegel, Albany, Suny Press, 1994, e The Very Idea of the Idea of Nature, or Why Hegel Is not an Idealist, in S. Houlgate (ed.), Hegels Philosophy of Nature, Albany, Suny Press, 1998, pp. 1-27, questa sarebbe una strategia costante della filosofia hegeliana. Ad esempio, per quanto riguarda la Fenomenologia, essa non va intesa come la perversione del progetto critico kantiano, ma come il suo ultimo e radicale completamento, in quanto non porta alla assolutizzazione affermativa della coscienza. Piuttosto, attraverso la considerazione del tentativo della coscienza di rendersi essa stessa assoluta, lopera di Hegel conduce alla dimostrazione immanente che la coscienza non pu essere presa come il principio fondazionale della filosofia (Maker, Philosophy Without Foundations, cit. p. 78). 11

    W, vol. 5, Wissenschaft der Logik I, Prefazione alla II ed., p. 25 La resa del testo hegeliano segue solo in parte la trad. it. a c. di A. Moni, riv. da C. Cesa, Bari, Laterza, 1984, da me rivista. 12

    W 8, 75, pp. 164-165. 13

    Queste le conclusioni di Vitiello rispetto al motivo dell'alterit, per cui l'altro si cela nel medesimo e si confonde con esso: appare chiaro che non fuori ma nella forza stessa dello spirito che si espande la pesantezza, limpedimento che la trattiene, il contraccolpo che la ripiega su di s, laltro che la nega. Che non lop-posto, ci che sta di contro, dal quale non sarebbe poi tanto difficile guardarsi. Laltro linterno, lintimo lAnsichsein che resta tale pur nel Frsichsein quel duro nocciolo sostanziale che mai non si scioglie (Hegel: proposizione speculativa, cit., p. 90).

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    necessario contrasto delle determinazioni dellintelletto con se stesso, poich la lotta della ragione consiste nel superare (berwinden) quello che lintelletto ha fissato.14

    2. Verstand e Vernunft tra logica e logicit

    Hegel distingue tra logica (die Logik) ed elemento logico o logicit (das Logische). La logica definita scienza del pensiero puro o sistema della ragion pura, il cui contenuto il pensare oggettivo, secondo la celebre formula dellidentit razionale di metafisica e logica. La Scienza della logica ha come presupposto la Fenomenologia, vale a dire la negazione della forma dellopposizione, propria della coscienza, tra un soggettivo esser per s ed un separato ed indipendente essere oggettivo (che non ha bisogno del pensiero per costituirsi nella sua permanenza e stabilit), che fronteggia il soggetto come una realt gi compiuta in se stessa. Hegel scrive:

    La scienza pura presuppone la liberazione dallopposizione della coscienza. Essa contiene il pensiero (den Gedanken) in quanto insieme anche la cosa [rappresentata, considerata] in se stessa (die Sache an sich selbst), oppure la cosa in se stessa, in quanto insieme anche il puro pensiero (der reine Gedanke).15

    Per opposizione fenomenica ci riferiamo a ci che Hegel intende come apprensione ordinaria del rapporto soggetto-oggetto quale si d nella nostra coscienza comune (non filosofica) e nel nostro modo usuale di conoscere o sapere loggetto. Secondo il modo in cui le cose dapprima appaiono e vengono comprese, si presuppone che la materia del conoscere sussista gi in s e per s quale un mondo gi compiuto nella sua realt al di fuori del pensiero, e che il pensiero sia una forma vuota e indeterminata, che soppraggiunge dallesterno, si riempie di quella materia del conoscere, e solo in questo modo acquista un contenuto, diventando un conoscere reale, rendendosi adeguato alloggetto.16 Come vedremo pi avanti, questa rappresentazione comune si esprime nella relazione predicativa, definita raziocinante (rsonierenden), della proposizione copulativa (Satz).

    Con lespressione die Befreiung von dem Gegensatze des Bewutseins, Hegel intende indicare il risultato positivo-razionale (vale a dire la generazione dell'universale e la comprensione concettuale del particolare in esso)17 delle esperienze che la coscienza fa di tutte le forme teoriche e pratiche del suo rapporto verso loggetto. Nel paragrafo che conclude la fenomenologia sistematica dellEnciclopedia, seconda sezione della Filosofia dello spirito soggettivo, il 439, tale risultato espresso come quella raggiunta identit, razionale e consapevole, di certezza soggettiva e contenuto oggettivo che il possesso (non la ricerca) di un sapere vero. La Fenomenologia si conclude infatti con la conquista del punto di vista del sapere assoluto o con il concetto della scienza. Se per Hegel la verit l'accordo del pensiero con gli oggetti,18 siamo nellelemento della verit come sapere, siamo nella Vernunft, pensiero infinito, come vedremo tra poco, e non nel Verstand, pensiero finito, in quanto abbiamo lautocoscienza, la certezza (Gewiheit), che i nostri pensieri non sono solo un alcunch di soggettivo, ma sono altrettanto oggettivi,

    14 Ivi, 32, Z., p. 99.

    15 W 5, Introduzione, p. 43.

    16 Ivi, pp. 36-37.

    17 Ivi, p. 16.

    18 Ivi, p. 37.

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    determinazioni dellessenza, della natura (vale a dire del concetto o dellin s) delle cose esterne, cui la nostra rappresentazione si riferisce: le Dinge.19 Ci potr essere una scienza della logica solo in quanto stato dimostrato dialetticamente come per noi la cosa (la cosa rappresentata, Sache) non possa essere altro che i nostri concetti di essa.20 Vedremo che questo sapere assoluto sar espresso dal superamento della forma proposizionale corrispondente al modo comune di intendere la relazione soggetto-oggetto, in quanto opposizione i cui i termini valgono solo nella loro divisione e separatezza.

    A differenza della logica, dellelemento del pensiero puro, del pensiero come forma assoluta che ha come materia e contenuto le forme del pensare oggettivo, das Logische indica invece nel suo complesso lattivit assolutamente universale (soggettivo-oggettiva) del pensiero, quando inizia e termina di concepire un oggetto.21 Unattivit formale che viene definita come una unit processuale scandita secondo due momenti fondamentali, intellettivo e razionale, dove la razionalit opera a sua volta in modo prima negativo/dialettico nei confronti dei risultati delloperare intellettivo, e poi positivo. Il movimento del conoscere viene dunque definito da Hegel come la logicit che, quanto alla forma, inizia con la modalit intellettiva, che consiste nel cogliere gli oggetti dati nelle loro distinzioni determinate, fissandoli poi in tale isolamento.22 Come nel caso richiamato prima dellopposizione fenomenica tra un soggetto/pensiero/vuota forma e un oggetto/essere/contenuto. Pi precisamente, il pensiero intellettivo consiste in generale nel conferire al suo contenuto la forma delluniversale, e in primo luogo opera astraendo, secondo il principium individuationis e quello di identit, distinguendo, determinando, separando, irrigidendo, fissando, o anche contrapponendo luniversale al particolare, il quale viene sussunto sotto il primo.23

    3. La forma dellopposizione e il suo superamento dialettico

    Per questo aspetto astraente, la forma intellettiva del pensiero si oppone alla sensazione e allintuizione immediata, che per Hegel non sono, come tali, attivit conoscitive, bench il pensiero operi e sia presente, permei e determini, sentimenti e rappresentazioni, e in generale ogni attivit e manifestazione umana in quanto tale.24 Nella Prefazione alla seconda edizione della Scienza della logica, Hegel ribadisce che il pensiero effettua, produce, il carattere propriamente umano di ci che ci appartiene anche istintivamente, nel momento stesso in cui parliamo dei nostri sentimenti: passioni, desideri, intuizioni, istinti pi interni, vale a dire li esprimiamo linguisticamente:

    Le forme del pensiero sono anzitutto esposte e consegnate nel linguaggio umano. Ai nostri giorni non si pu mai ricordare abbastanza spesso che quello, per cui luomo si distingue dallanimale, il pensiero. In tutto ci che diventa per lui un interno, in generale una rappresentazione, in tutto ci che luomo fa suo (was er zu dem Seinigen macht), si insinuato il linguaggio; e quello di cui luomo fa linguaggio e chegli estrinseca nel

    19 W , vol. 10, Enzyklopdie der philosophischen Wissenschaften III, 439, p. 229.

    20 W 5, Prefazione alla II ed., p. 25.

    21 W 8, 79, p. 168.

    22 Ivi, 80, p. 169.

    23 Ivi, Z., p. 169.

    24 Ivi, 2, p. 42.

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    linguaggio, contiene, in una forma pi inviluppata e meno pura, una categoria. Tanto naturale alluomo la logicit (das Logische), o, meglio, tanto vero che questa la sua stessa peculiare natura.25

    Hegel procede poi alla individuazione delle espressioni logiche nelle lingue (preposizioni, articoli, sostantivi, verbi).26 Cos ad esempio, in ogni proposizione il cui contenuto interamente sensibile come questa foglia verde, sono gi mescolate categorie come essere e singolarit (Einzelheit);27 tuttavia, diverso avere tali sentimenti e tali rappresentazioni in cui sono presenti forme di pensiero, ed avere dei pensieri in proposito.28 Se da una parte Hegel ritiene che sia un pregiudizio della sua epoca aver stabilito la separazione di sentimento e pensiero, tanto da renderli opposti,29 daltra parte solo al metalivello del riflettere, del Nachdenken, possiamo parlare di trasformazione di sentimenti e rappresentazioni in pensieri. Se intuizione e sensazione nelluomo sono comunque i sentimenti di un essere pensante e non di un animale,30 tuttavia, allopposto dellintelletto, di per s essi hanno interamente a che fare con il concreto e rimangono fermi ad esso.31

    Il punto di partenza del nostro esame dellattivit mentale con cui apprendiamo un oggetto costituito dalla relazione fra la coscienza immediata, naturale, sensibile, e la singolarit della cosa. La Fenomenologia inizia prendendo ad oggetto la certezza sensibile, che si rapporta alla cosa come ad un questo, un Dieses, tale che , sussiste, indipendentemente e indifferentemente dal fatto di venir saputo o meno. A tale piano ontologico di rappresentazione corrisponde quello gnoseologico di ritenere che il proprio sapere sussista solo in funzione dellesistenza delloggetto, ne dipenda assolutamente. Questa opinione della certezza sensibile sulla relazione sapere-oggetto si rovescia proprio nellespressione linguistica, dove quellessenziale che loggetto era ritenuto essere, come un questo che adesso e qui, diventa, per la coscienza sensibile stessa, un qualcosa che non n questo n quello, un non-questo, e che altrettanto indifferente ad essere sia questo che quello vale a dire un universale astratto32. Scrive Hegel:

    25 W 5, Prefazione alla II ed., p. 20. Si veda inoltre W 8, 24, Z. 1, p. 82. Per una trattazione pi ampia e

    sistematica di questo tema, mi permetto di rimandare al mio Forma e natura nei presupposti della logica come scienza in Hegel, Il Pensiero, XXVI, 2, 1985, pp. 137-164. 26Cfr. W 10, 459, pp. 271-277, ed il contesto storico-culturale in cui si situa il riferimento di Hegel alla grammatica comparativa ricostruito da Petry in Hegels Philosophy of Subjective Spirit III, cit., pp. 416-417, e pp. 420-421, con particolare riguardo agli scritti di Wilhelm von Humboldt Ueber das Entstehen der grammatischen Formen, und ihren Einfluss auf die Ideenentwicklung (1822) e Ueber den Dualis (pubblicato nel 1828). 27

    W 8, 3, p. 45. 28

    Ivi, 2, p. 43: Allein es ist verschieden, solche vom Denken bestimmte und durchdrungene Gefhle und Vorstellungen und Gedanken darber zu haben. 29

    Di legame armonico di Gefhl e Gedanken come forze congiunte aveva gi parlato Wilhelm von Humboldt nel suo Ueber den Geschlechtsunterschied und dessen Einfluss auf die organische Natur (1795), in Id., Werke, vol. I, 1785-1795, a c. di A. Leitzmann, Berlin, Behr, 1903; repr. Berlin, de Gruyter, 1968, p. 313. 30

    NellAggiunta al 24 troviamo scritto che anche l'animale an sich universale, ma luniversale come tale non per lui, nel senso che per lanimale ci sono soltanto cose singolari. Chiarito che qualcosa per me in quanto nella mia coscienza, Hegel procede a differenziare ulteriormente lanimale dalluomo dal punto di vista del linguaggio della soggettivit. Mentre luomo pu dire che lIo il pensiero come pensante (Wir knnen sagen [] Ich ist das Denken als Denkendes), lanimale non pu dire Io. Solo luomo pu, perch pensiero (cfr. W 8, pp. 82-83). 31

    Cfr. W 8, 80, Z., p. 169. 32

    Su questo punto si veda C. Bruaire, Idealisme et philosophie du langage, Hegel-Jahrbuch 1964, pp. 16-26.

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    Anche il sensibile noi lo esprimiamo (aussprechen) come un universale. Ci che noi diciamo (was wir sagen), : questo, vale a dire luniversale questo, oppure: esso ; vale a dire, lessere in generale. Certo con ci non ci rappresentiamo (vorstellen) il questo universale o lessere in generale [bens quelloggetto concreto di cui parliamo], ma enunciamo (aussprechen) luniversale, o anche noi semplicemente non parliamo (sprechen) come intendiamo/opiniamo in questa certezza sensibile. Ma il linguaggio (die Sprache) , come si vede, il pi vero. in esso noi stessi confutiamo immediatamente la nostra opinione. E poich luniversale il vero della certezza sensibile e il linguaggio esprime solo questo vero, cos del tutto impossibile che noi possiamo mai dire (sagen) un essere sensibile che noi opiniamo.33

    Il linguaggio esprime solo luniversale, e mai quellesserci immediato, irripetibilmente singolare e quindi incommensurabile agli altri esserci, per s stante, che la coscienza naturale crede di dire. Nei termini della riflessione contemporanea, il linguaggio non , dunque, das Haus des Seins, non ha dignit ontologica, neppure un mezzo in cui io e mondo si presentano nella loro originaria cogenerit,34 ma, come ha ben riconosciuto Lwith, per Hegel il linguaggio la casa non dellessere, ma del pensiero umano, cos come il linguaggio, insieme al lavoro, un modo di esistenza originario dello spirito che appare come coscienza.35 Tuttavia, quando Lwith sottolinea che qui il linguaggio ha solo (nur) questo significato, di essere privo in quanto tale di indipendenza e originariet, la priorit che egli ascrive alla dimensione ontologica non gli fa cogliere la essenzialit della dimensione epistemico-speculativa del linguaggio stesso. Secondo Hegel, infatti, quando nella certezza sensibile stessa si mostra che non possiamo non dire il sensibile questo, adesso che come luniversale questo, adesso, tale impossibilit a cogliere la puntualit esprime in realt la verit di ogni singolo questo, adesso. Ci che risulta vero, permanentemente vero (in senso idealistico), delloggetto sensibile, il suo esser saputo non come una puntualit eterogenea ad un altro questo, adesso, qualitativamente escludente ed estrinseca al soggetto, ma come una determinazione universale, in s mediata dal presupposto di un soggetto. Tuttavia, questo rovesciamento dell'opinione non investe solo il lato delloggetto, bens anche quello del soggetto, e proprio nella misura in cui soggetto enunciatore di discorso. Se quando pronuncio termini quali il singolo, questa singola cosa, qui, adesso, per Hegel non pronuncio altro che universalit, ugualmente, quando pronuncio la parola io, intendo il me, come essere individuale distinto e separato da tutti gli altri, ma ci che dico: io, precisamente ogni io che in quanto tale si distingue da tutti gli altri. Per questo alcuni interpreti di queste pagine hegeliane hanno parlato di un linguaggio che, per Hegel, non sarebbe capace di esprimere (aussprechen) alcunch di individuale.36 Basti qui solo accennare alla singolarit della posizione

    33 W, vol. 3, Phnomenologie des Geistes, p. 85, la resa in italiano del testo hegeliano segue solo in parte la la tr. it.

    di E. De Negri, Fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia (1960), vol. I, 1995, p. 84, da me rivista. 34

    Gadamer, Verit e metodo, cit., p. 541. 35

    Cfr. K. Lwith, Hegel und die Sprache, Sinn und Form, nn. 1-2, 1965, pp. 110-131: in particolare le pp. 117-118. 36

    Cfr. J. M. Ripalda, Die Sprache spricht nicht aus. Bemerkungen zu Hegels Sprachphilosophie, Hegel-Studien, XXXIV, 1999, pp. 39-59. Ripalda conduce la sua analisi confrontandosi in modo particolare con J. Derrida, Le puits et la pyramide. Introduction la smiologie de Hegel (1972), secondo cui la produzione creatrice del segno si ridurrebbe in Hegel ad una semplice esteriorizzazione o espressione come trasposizione all'esterno di un contenuto interiore (cfr. ivi, pp. 49-59). Analoga posizione troviamo in I. Soll, An Introduction to Hegels Metaphysics, Chicago, Chicago University Press, 1969, pp. 91-110; G. Plumer, Hegel on Singular Demonstrative Reference, Philosophical Topics, 11, 1980, pp. 71-94; secondo questi autori, Hegel nega la possibilit di riferirsi a oggetti particolari di esperienza, quali alberi e case, in quanto il linguaggio universale. Recentemente K. Dulckeit (Can Hegel refer to Particulars?, in J. Stewart, The Phenomenology of Spirit Reader. Critical and Interpretive Essays, Albany, Suny Press, 1998, pp. 105-121) ha contestato una simile interpretazione,

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    hegeliana, rispetto alle teorie del tempo, dallo Schleiermacher di Dialektik e Hermeneutik,37 allo Humboldt di ber Denken und Sprechen.38

    Ricordato cos il significato assunto nel suo complesso dal linguaggio in sede di esperienza fenomenologica, un senso speculativo che non pu essere ridotto alla preformazione istintiva di rapporti logici di riflessione,39 va per detto che la parte formale del linguaggio, esaminata in sede di Psicologia enciclopedica, , quella s, prodotta dallistintiva attivit categoriale del nostro intelletto, che si costruisce nei toni articolati come la parte grammaticale del discorso.40 Ora se per Hegel preposizioni, articoli, sostantivi, verbi contengono tutti implicitamente espressioni logiche, lattivit astraente, individuante, fissante, del pensiero nella sua modalit intellettiva per solo il primo, immediato aspetto formale della logicit stessa, che ha valore realmente determinante solo nella completezza dei suoi aspetti, nella sua interezza. Loperare intellettivo dunque, filosoficamente, qualcosa da superare per la sua rigidit e unilateralit, ma da conservare e non da annullare/cancellare. Hegel riconosce in pi punti41 che al pensiero semplicemente intellettivo deve essere attribuito il suo diritto e il suo merito, in campo sia teorico (per le scienze della natura: lindividuazione di elementi/forze/generi; per la matematica: la trattazione della grandezza; per la geometria: il confronto tra figure; per la giurisprudenza: il principio di identit) che pratico (lindividuazione di scopi determinati nellagire) e religioso (la superiorit della mitologia greca, plastica e determinata, rispetto a quella nordica, sfumata e indistinta nei caratteri). Tale merito consiste nel fatto di distinguere e determinare saldamente, nel non rimanere nella dispersione del vago, del generico e dellindistinto. Hegel inoltre precisa in che senso la filosofia non possa fare a meno dellintelletto: la filosofia implica anzitutto che ciascuna nozione di pensiero venga intesa nella sua piena precisione e che non ci accontenti del vago e dellindeterminato.42

    riesaminando il qui e ladesso della certezza sensibile, e concludendo che mentre vero che il linguaggio per Hegel universale e che vero che la certezza sensibile non riesce a cogliere i particolari usando i pronomi dimostrativi, da questo per non segue che il riferimento ai particolari sia impossibile: it merely follows that reference cannot be successful on the conditions proposed by sense-certainty (p. 108). 37

    Secondo Schleiermacher, il pensiero completa la sua determinazione prima nel linguaggio, in quanto si costituisce in parola, ed essendo pensiero che parla, , nella sua origine, sempre individuale. Secondo Maciej Pot pa, nell'ottica di Schleiermacher, la validit universale del pensiero, cos come la obbligatoriet universale del discorso, non esigono alcun linguaggio universale attraverso la Aufhebung dei limiti individuali del linguaggio (cfr. M. Pot pa, Subjekt, Sprache und Verstehn bei Novalis, Schleiermacher und Friedrich Schlegel, in M. J. Siemek (hrsg.), Natur, Kunst, Freiheit. Deutsche Klassik und Romantik aus gegenwrtiger Sicht, Amsterdam, Rodopi, 1998, p. 81). 38

    W. von Humboldt definisce il linguaggio come il contrassegno sensibile (die sinnliche Beziehung) dellunit a cui riconduciamo il molteplice, per cui il linguaggio comincia subito e senza mediazioni con il primo atto della riflessione (cfr. Simon, Die Kategorien, cit., pp. 13-14). Sulla discussione, nella Germania tra 700 e 800, relativa all'origine del linguaggio articolato umano e al suo rapporto con la maturazione della facolt di pensare e riflettere, e con quello inarticolato degli animali, mi permetto di rimandare al mio saggio: La lettura herderiana dellEssai di Condillac nella Abhandlung ber den Ursprung der Sprache, Archivio di Filosofia, LIX, nn. 1-3, 1991, pp. 37-63. 39

    questa lopinione di H. G. Gadamer in Verit e metodo, cit., p. 535. 40

    W 10, 459, p. 272: Das Formelle der Sprache aber ist das Werk des Verstandes, der seine Kategorien in sie einbildet; dieser logische Instinkt bringt das Grammatische derselben hervor. 41

    Si veda principalmente W 8, 80 Z., pp. 170-171 dove si insiste sulla imprescindibile validit del principium individuationis: sulla Bestimmtheit. 42

    Ivi, p. 171: Zum Philosophieren gehrt vor allen Dingen, da ein jeder Gedanke in seiner vollen Przision aufgefat wird und da man es nicht bei Vagem und Unbestimmtem bewenden lt.

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    Chiarita questa indispensabilit del pensiero puramente astratto o intellettivo, che in modo istintivamente logico e naturale struttura la parte formale stessa del linguaggio, costituendone la grammatica, va anche ribadito che esso non lelemento ultimo in cui si esaurisce e completa il conoscere, il conoscere vero del pensiero infinito e razionale, in quanto le sue determinazioni sono determinazioni di pensiero finite. Le forme fisse dellintelletto, le nozioni che utilizziamo per conoscere gli oggetti quando riflettiamo su di essi, sono infatti tutte finite. Ora per Hegel, dal punto di vista formale, finito significa ci che ha una fine, [significa] quello che [in modo determinato, individuabile], ma cessa di essere l dove connesso con il suo altro e, quindi, ne viene limitato.43 Il finito consiste dunque nella relazione al suo altro, che ne la negazione e si presenta come il suo limite. Solo se si definisce cos il procedere raziocinante dellintelletto viene infatti garantito lo speculativo rovesciamento reciproco delle nozioni contraddittoriamente opposte tramite la dialettica del finito, che secondo la propria natura (relativa a ci che lo delimita) viene spinto oltre quello che immediatamente, nel suo altro.44

    Di contro, il pensiero razionale, la Vernunft rispetto al Verstand, pensiero infinito o speculativo. Infinito non significa, astrattamente, un perenne andare oltre e aggiungere indefinito, ma stare nella verit sapendosi pensare oggettivo, vale a dire forma sostanziale (essenza, fondamento e terreno comune) che anche soggetto, ci che si determina da s facendosi oggettivo, produzione di differenze, universale concreto capace di istanziarsi, mediazione del divenir-altro con se stessi. Il concetto di scienza raggiunto alla fine della Fenomenologia con cui inizia il sistema di filosofia speculativa hegeliano assume infatti che di fatto falso che ci sia un sapere immediato, un sapere privo di mediazione, sia questa mediazione con altro o in lui stesso con s.45 La dialettica sistematica ha pertanto un risultato positivo: non cancella le determinazioni individuate dallintelletto ma solo la rigidit escludente del loro limite. Il risultato un contenuto determinato: lunit concreta di quelle distinzioni che per lintelletto valevano solo in quanto separate e contrapposte. Il terzo aspetto formale della logicit infatti costituito dallelemento speculativo o positivamente razionale che coglie lunit delle determinazioni nella loro contrapposizione, lelemento affermativo che contenuto nella loro risoluzione e nel loro passare in altro.

    Se dunque una determinazione fissa del Verstand si esprime attribuendo di volta in volta dei predicati a un soggetto (es. finitezza o infinitezza al mondo, semplicit o complessit allanima etc.), vale a dire formula giudizi secondo la forma soggetto-copula-predicato, in cui soggetto e oggetto sono tenuti fermi nel loro isolamento reciproco, cosa accade di tale proposizione quando lidealismo della filosofia speculativa ne mostra lunilateralit?

    In che modo per Hegel il linguaggio filosofico pu sormontare quello ordinario? Visto il rifiuto del vago e dellindeterminato in campo filosofico, vale a dire dellineffabile, o del solo intuibile, come si esprime allora la dialettica dellautocontraddizione e

    43 Ivi, 28, Z., p. 95: Endlich heit, formell ausgedrckt, dasjenige, was ein Ende hat, was ist, aber da aufhrt, wo

    es mit seinem Anderen zusammenhngt und somit durch dieses beschrnkt wird. 44

    Ivi, 81, Z. 1, p. 173: Das Nhere aber ist, da das Endliche nicht blo von auen her beschrnkt wird, sondern durch seine eigene Natur sich aufhebt und durch sich selbst in sein Gegenteil bergeht. 45

    Ivi, 75, pp. 164-165: Es is hiermit als faktisch falsch aufgezeigt worden, da es ein unmittelbares Wissen gebe, ein Wissen, welches ohne Vermittlung, es sei mit Anderem oder in ihm selbst mit sich, sei.

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    dellautosuperamento di una determinazione intellettiva finita nel suo opposto? Con quale linguaggio il contenuto speculativo del sapere assoluto pu essere espresso?46

    4. La teoria hegeliana del Gegensto

    Per prima cosa dobbiamo chiarire che, a livello sistematico, Hegel distingue tra giudizio, Urteil, e semplice proposizione, Satz, in base al contenuto veramente oggettivo, effettuale, essenziale, del rapporto tra soggetto e predicato. Una frase meramente descrittiva, pu essere esatta (mai comunque vera nel senso idealistico-speculativo del termine) o meno (e quindi soddisfatta da altri contenuti), ma non risponde alla domanda che il giudizio (nella Logica come scienza), invece pone, che riguarda cosa sia quel tale soggetto secondo la sostanza, secondo il concetto.47 Esaminando das Urteil in sede di Scienza della logica, Hegel porta gli esempi di: Aristotele morto nel quarto anno della 115ma Olimpiade a 73 anni di et, che una semplice proposizione, niente affatto un giudizio, e della notizia: il mio amico N. morto. In quest'ultimo caso, la frase non descriverebbe un mero stato di fatto, e quello stesso identico contenuto sarebbe poi soltanto un giudizio qualora la domanda fosse se l'amico effettivamente o solo apparentemente morto.48

    Nellottica speculativa, ci che primo e fondamentale la mutua inerenza di singolare e universale: il soggetto (che viene significato dapprima come das Einzelne, o il singolo essente immediato) in verit la determinatezza che determinata solo nel suo predicato (il quale viene nominato dapprima in opposizione ad esso, come das Allgemeine),49 che ne esprime lessenza.50 Il giudizio lunit originaria del concetto che si divide in questi due estremi del soggetto-singolare e del predicato-universale, e che appare dapprima come un rapporto in cui si fronteggiano due elementi mutuamente indipendenti ed autosussistenti, astratti e fissi: un soggetto come oggetto esistente da una parte, e dallaltra una serie di qualit predicabili che stanno solo nella nostra mente, come rappresentazioni di pensiero. La visione intellettiva del conoscere ordinario procede per nomi, denotando cos il soggetto grammaticale come una unit vuota, priva di ogni carattere concettuale.51 Secondo essa, il giudizio consisterebbe nel fatto che attraverso di

    46 Cos la questione anche stata formulata: How can the copulative proposition, whose very form seems to be

    simple identity, bear of itself the dialectical movement of reflection, and reveal, within this structure, thought in its true form? (Surber, Hegels Speculative Sentence, cit., p. 20). 47

    Per un commento di queste pagine si vedano Bodammer, Hegels Deutung der Sprache, cit., pp. 227-233 e Wohlfart, Der spekulative Satz, cit., pp. 260-284. 48

    W, vol. 6, Wissenschaft der Logik II, p. 305: So ist die Nachricht mein Freund N. ist gestorben ein Satz und wre nur dann ein Urteil, wenn die Frage wre, ob er wirklich tot oder nur scheintot wre. 49

    Cfr. ivi, p. 302. 50

    Cfr. ivi, p. 308. 51

    La teoria hegeliana che i nomi dei soggetti grammaticali siano privi di significato concettuale (ma all'interno dell'analisi del giudizio Urteil e nella misura in cui viene distinto dal semplice Satz) stata criticata in modo particolare da J. Soll, Sentence against Sentences, cit., che conclude la sua analisi sostenendo che Hegel ignora il ruolo del riferimento e della denotazione nel linguaggio (cfr. ivi, p. 72): For reasons already adduced, Hegels attempt to demonstrate the conceptual vacuousness of these subject is unconvincing, but even if he had succeded, he would not thereby have shown these subjects and the sentences they constitute to be superfluous und dispensable. Hegels mistaken belief, that to show the conceptual vacuousness of a word is to show its superfluousness, reveals an important aspect and failing of his philosophy of language, his insensitivity to any distinction between meaning and reference and to the role played by reference in language (p. 72). Per unanalisi

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    esso che un predicato viene unito tramite la copula a un soggetto, per cui, quando questa connessione non ha luogo, i due estremi godrebbero di una esistenza autonoma e separata, rispettivamente ideale (quella di una determinazione generale per il predicato qualora non fosse riferito a un soggetto) e reale (quella di un oggetto per il soggetto, se esso non fosse sostrato di predicazione).52

    Per la Scienza della logica dunque, da una parte il giudizio ha totalit, vale a dire, la proposizione presa come un tutto, ed Diremption dellunit originaria del concetto attraverso s stesso, dallaltra questa totalit dapprima, sul piano reale, come rapporto di lati indipendenti, e in tal modo nota al sapere comune, non filosofico.53 Dialetticamente, la piena unit un ritorno in s come risultato dalla divisione, e dunque una unit ricostituita, mediata, negativa, che si compie soltanto quando lidealit del concetto torna in s da questa realt prendendosi ad oggetto, pensandosi, guadagnando il punto di vista dei due estremi, il soggetto e il predicato, come superati.54 In sede di esposizione enciclopedica del concetto della logica, il problema del significato del contenuto speculativo e della sua necessit di essere enunciato da proposizioni non unilaterali cos impostato da Hegel:

    lo speculativo nel suo vero significato non n provvisoriamente, n definitivamente, un semplice soggettivo, ma, piuttosto, espressamente ci che contiene in s come superate (als aufgehoben in sich enthlt) quelle opposizioni a cui rimane fermo lintelletto (e quindi anche lopposizione tra soggettivo e oggettivo) e proprio cos si dimostra essere come concreto e come totalit. Un contenuto speculativo perci non pu essere espresso in una proposizione unilaterale (in einem einseitigen Satz). Se per es. diciamo che lassoluto lunit di soggettivo e oggettivo, questo certamente corretto, ma unilaterale, in quanto cos viene soltanto espressa (ausgesprochen) lunit e posto laccento su di essa, mentre, in effetti, il soggettivo e loggettivo sono non soltanto identici, ma anche distinti (unterschieden).55

    Sul piano fenomenologico, pre-sistematico, Hegel distingue tra das rsonierende e begreifende Denken.56 Secondo il modo di argomentare della prima forma, tra soggetto e oggetto, viene istituita una relazione raziocinante: loggetto del conoscere un soggetto rappresentato, fissato, una base o fondamento, cui il contenuto viene unito, riferendosi ad esso come accidente e predicato. Gli interpreti hanno individuato i riferimenti storici di

    di queste pagine su das Urteil, cfr. Bodammer, Hegels Deutung, cit., pp. 227-233; Wohlfart, Der spekulative Satz, cit., pp. 261-284; Heede, Die Dialektik, cit., pp. 281-283. Soll ha anche argomentato, in An Introduction, cit., pp. 105-106 che Hegel confonde types e tokens. A questa accusa, la Dulckeit ha replicato rintracciando in Hegel una teoria della distinzione tra type e tokens che anticipa le tesi di Quine e Strawson: Take Here is a tree as an example of a type. Various tokens of this type may be either true or false depending on the context in which they are uttered. Now Soll assumes that Hegel argues that these truths cannot be trusted because they constantly change, and that hence he conflates types and tokens. I submit, however, that on the contrary, Hegel means precisely to point out the distinction, by showing that tokens should not be mistaken for types by absolutizing them. Types do not occur in context, only tokens, and only tokens are true or false. But sense-certainty does not want to recognize the mediating role of the context which ensures that a statement (token) successfully refers. It thinks it has its truth immediately, that is, it thinks it has hold of a type not a token. However, the demand to write the truth downs turns it into a type, and now it is revealed that types are but empty universals which cannot be true or false because apart from a context they fail to refer to anything at all. As a matter of fact, however, sense-certainty is situated within a context; as a matter of fact, therefore, it utters only tokens, not types. And since a token is always mediated, sense-certainty's own utterance betrays its proposed criterion of immediacy by which it seeks to validate its truth (Dulckeit, Can Hegel Refer, cit., p. 115). 52

    Cfr. W 6, pp. 304-305. 53

    Su questa connotazione dello spekulative Satz, cfr. Simon, Das Problem der Sprache, cit., pp. 191-194. 54

    Cfr. W 6, p. 304. 55

    W 8, 82, Z., p. 178. 56

    W 3, pp. 56-57.

  • Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana

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    questo ragionare negli Stoici, i Wolffiani, Ockham. Al contrario, come abbiamo visto, elemento e contenuto della filosofia, per Hegel non lastratto, ma lessere determinato che nel proprio concetto, come manifestazione dell'universale concreto. La filosofia quindi considera la determinazione in quanto essa essenziale, secondo lautomovimento qualitativo e immanente del concetto. La sostanza diviene oggetto perch il movimento di divenire a s un altro, e di togliere lestraneit prima facie di questo esser-altro, ricongiungendosi con s nelloggetto, la cui essenza appunto concetto. La proposizione speculativa, pertanto, deve poter esprimere questo movimento, che pu essere letto insieme sia come il divenire sostanziale delloggetto, sia come il trapasso del soggetto (del S, del concetto), nellessere determinato. Hegel non inventa la proposizione speculativa in quanto tale, e gli interpreti hanno rintracciato precisi riferimenti a Spinoza e Leibniz. Scrive Hegel che questo movimento travolge, distrugge la forma relazionale della proposizione intellettiva con il suo soggetto inteso come base fissa e statica che riceve attributi.57 La natura di tale relazione raziocinante tra soggetto e oggetto implica inoltre che un contenuto possa essere del tutto negato, che dei predicati non vengano attribuiti al soggetto, come se potessero esistere soggetti privi di qualit, il che provoca una specie di paralisi interna della proposizione, in quanto il soggetto non trova niente in s in cui passare, e deve ricorrere a un contenuto altro ed esterno per ricevere una determinazione. Ora Hegel designa tale riflessione priva di contenuto come la riflessione nell'Io vuoto, con chiari intenti polemici antifichtiani58 e antikantiani,59 e con una terminologia ripresa dal linguaggio del 180160 che ha dei paralleli nella Scienza della logica.61 Nella dimensione idealistica, poich il concetto il s proprio dell'oggetto che si esibisce come il suo divenire:62 il s non un soggetto quieto, che immoto sostenga gli accidenti; piuttosto il concetto che si muove e che riprende in s le sue determinazioni. In tal movimento vien travolto anche quel quiescente soggetto; questo penetra nelle differenze e nel contenuto e, invece di starsene immoto di fronte alla determinatezza, piuttosto la costituisce; costituisce, cio, il contenuto differenziato e il suo movimento.63

    Tuttavia importante sottolineare che per Hegel la forma della proposizione raziocinante, che dal punto di vista della filosofia speculativa si rivela un metodo per cui loggetto del conoscere riceve dallesterno per opera del soggetto conoscente delle determinazioni intellettive finite, astratte e fisse, pienamente adeguata nellambito delle cose finite, coerentemente con quanto abbiamo detto prima sulla indispensabilit dellattivit distinguente e determinante dellintelletto. Hegel ci dice che quando si tratta di cose finite, si deve necessariamente determinarle mediante predicati finiti, e qui lintelletto, nel suo modo di operare, non semplicemente al suo posto, ma al giusto posto.64

    57 Ivi, p. 59.

    58 Ivi, p. 56.

    59 W 6, p. 307: Das Subjekt ohne Prdikat ist, was in der Erscheinung das Ding ohne Eigenshaften, das Ding-an-

    sich ist, ein leerer unbestimmter Grund. 60

    W, vol. 2, Jenaer Schriften 1801-1807, cfr. Differenz, pp. 10-12, e Glauben und Wissen, pp. 296-297: die Kantische und Fichtesche haben sich wohl zum Begriff, aber nicht zur Idee erhoben, und der reine Begriff ist absolute Idealitt und Leehrheit, der seinen Inhalt und deine Dimensionen schlechtin nur in Beziehung auf das Empirische und damit durch dasselbe hat. 61

    Cfr. W 5, pp. 36-37. 62

    W 3, p. 57. 63

    Ibid. 64

    W 8, 28, Z., p. 96: Bei den endlichen Dingen ist es nun allerdings der Fall, da dieselben durch endliche Prdikate bestimmt werden mssen, und hier ist der Verstand mit seiner Ttigkeit am rechten Platz. Cfr. Vitiello,

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    Lintelletto, esso stesso finito, conosce infatti soltanto la natura del finito, e tra gli esempi forniti nella Fenomenologia da Hegel per illustrare questo stesso punto, troviamo il caso del sapere formalistico, che procede sulla linea delluguaglianza e dellevidenza (il principio di identit), ed ha per proprio principio relazioni che Hegel chiama aconcettuali. Con questo termine vengono designate differenze o determinazioni inessenziali, astratte, che per definizione non implicano aspetti qualitativi: come nel caso della grandezza per la matematica, la cui variazione, puramente e semplicemente quantitativa, indifferente alla natura della cosa.65 O, ancora, nellAggiunta al 28 dellEnciclopedia, Hegel si riferisce alle scienze empiriche, per il rapporto di causa ed effetto, di forza ed estrinsecazione della forza o alla giurisprudenza: se chiamiamo furto unazione, tale azione definita secondo il suo contenuto essenziale, e per il giudice sufficiente conoscere questo.66 In tutti questi casi, cose finite sono adeguatamente conosciute nella loro finitezza, e non c conflittualit a livello di relazione soggetto-predicato tra pensiero rappresentativo/raziocinante, e concepente. Il problema nasce quando oggetti della ragione (lassoluto, lo spirito, Dio, lanima, il mondo etc., non il lato del quadrato o i rapporti causa-effetto in fisica) vengono definiti mediante predicati finiti, o quando un conoscere finito avanza pretese di verit incondizionata, universale, oggettiva e necessaria (come ad. sulla natura (inerte) della materia nei principi della Meccanica). Allora abbiamo conflitto, un conflitto che il movimento dialettico della proposizione stessa, tra la forma del giudizio intellettivo e lunit del concetto che distrugge la rappresentazione del soggetto come fondamento, e del predicato come accidente.

    Hegel parla infatti di contraccolpo (Gegensto) che il pensare raziocinante per rappresentazioni subisce quando, in giudizi dal contenuto speculativo come Dio lessere, leffettuale luniversale (in cui il soggetto determinato solo nel suo predicato e solo in quello esso soggetto, gli estremi non sono indipendenti, ma mutuamente inerenti a livello essenziale), esso inizia a passare naturalmente dal soggetto come fondamento (secondo la sua rappresentazione ordinaria) ai suoi accidenti, quasi che si predicasse semplicemente esistenza, esserci o Dasein, di Dio (non lessere), o che si dicesse che leffettuale universale (e non luniversale).67

    La modalit raziocinante del pensare, il cui proprio diritto non tenuto in conto, non vale, nel modo della proposizione speculativa,68 viene (insolitamente, ungewhnlich, a sottolineare la differenza con il sapere ordinario o comune, gewhnlich) frenata nel suo movimento quando trova che i predicati non sono un esserci, unesistenza, ma lessere come lessenza che esaurisce la natura del soggetto, e che luniversale esprime lessenza

    Hegel: proposizione speculativa, cit., p. 90: Hegel riconosce i diritti della proposizione, e quindi del parlare comune, quantunque sappia e dica che nel comune uso della proposizione e nel comune modo di concepirla, lo speculativo resta nascosto, inavvertito. 65

    W 3, p. 44: Ihr [della matematica] Zweck oder Begriff ist die Gre. Dies ist gerade das unwesentliche, begrifflose Verhltnis: non ha caso non concepibile, all'interno del sistema hegeliano, una filosofia della semplice grandezza matematica, ma solo della misura, come quantit qualificata, essenzialmente legata alla natura della cosa. Per questo aspetto mi permetto di rimandare al mio Mode and Measure in Hegels Science of Logic: Some Introductory Remarks, The Owl of Minerva, XX, n. 1, 1988, pp. 21-49. 66

    W 8, p. 96. 67

    W 3, pp. 58-59. 68

    Ivi, p. 61: In der Tat hat auch das nicht spekulative Denken sein Recht, das gltig, aber in der Weise des spekulativen Satzes nicht beachtet ist.

  • Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana

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    delleffettuale: il soggetto non pi soggetto, ma sfuma nel predicato, e altrettanto il predicato non accidente, ma sostanza.69

    Scrive Hegel:

    La proposizione filosofica (Der philosophische Satz), appunto perch proposizione (Satz), risveglia lopinione della comune relazione tra soggetto e predicato, e del comune comportamento del sapere. Il contenuto filosofico della proposizione distrugge (zerstrt) tale comportamento e lopinione relativa; lopinione esperisce (erfhrt) che si intendeva altro da quello che essa intendeva; e, con questa correzione della propria opinione, il sapere necessitato a ritornare sulla proposizione e ad intenderla, ora, diversamente.70

    Da notare che per il sapere, cio per il punto di vista filosofico, che necessario ritornare sulla proposizione e ricomprenderla, perch stato mostrato che nell'esperienza della sua opinione c, presente, in verit, un rapporto soggetto-predicato che lopposto, appunto, di quello comunemente ritenuto. Questo non significa per che sia lopinione stessa, il punto di vista della coscienza naturale, a dover necessariamente mutare, evolversi, e che si debba ricercare che tale verit si manifesti in tutta la sua pienezza per la stessa coscienza che lha inizialmente assunta.71 Altrove ho mostrato che, contrariamente a quanto viene comunemente suggerito, specie da parte anglo-americana, non ritengo che la certezza sensibile trovi di essere incapace di pronunciare la sua supposta abilit nel designare i particolari che conosce, senza ammettere luso di concetti.72 N tanto meno che, imparando da tale esperienza, riveda il suo sapere delloggetto e il proprio sapere di s come io che conosce. In altre parole, non mi pare che la coscienza naturale (e mi riferisco qui per semplicit al caso della Certezza sensibile, ma il mio discorso vale anche per i capitoli Percezione e Intelletto) colga ci che di fatto accade nella sua esperienza, e conosca con ci essa stessa una sorta di progresso, nella misura in cui accetta ci che era escluso dalla sua precedente comprensione unilaterale della realt.73

    69 Ivi, pp. 59-60. Sul tema del contraccolpo cfr. il 3 di Vitiello, Hegel: proposizione speculativa, cit., pp. 86-

    87. 70

    Ivi, p. 60. Sulla base di questo passo Suber afferma che il dominio della proposizione speculativa e quello delle proposizioni del sapere ordinario sono coestesi. Scrive infatti Surber (Hegels speculative sentence, cit., pp. 227-228): Considered simply as an objective linguistic entity (or, in a somewhat different mode of discourse, a sentence-token), the sentence of simple identity with which we began is no different than the final result of Hegels analysis: the sentence God is being can express both simple identity and the dialectic of the speculative. However, the manner in which we consider and reflect upon such a sentence is precisely what is in question for Hegel. The same sentence becomes speculative by virtue of the very manner in which we comprehend and reflect upon it [] Thus, when Hegel speaks of the speculative sentence, he refers not to any particular sentence, distinguished on the basis of some special content or extra-ordinary form, but to comprehend concrete unity of objective articulation and subjective comprehension which lies at the basis of any occurence of language. Con questo tipo di considerazioni, tuttavia, Surber non in grado di dar conto di proposizione che sono soltanto speculative, per forma e contenuto, del tipo: Sein und Nichts ist Eins und dasselbe (cfr. Wohlfart, Der spekulative Satz, cit., pp. 228-232, e Heede, Die Dialektik, cit., p. 282 e p. 285). 71

    Cos ritiene invece Adinolfi, Quel che giunge alla parola, cit., p. 66. 72

    Mi riferisco al Cap. II, 2 del mio Dai primi hegeliani a Hegel. Per una introduzione al sistema attraverso la storia delle interpretazioni, Napoli, La Citt del Sole, in corso di pubblicazione. 73

    Cfr. M. H. Miller Jr., The Attainment of the Absolute Standpoint in Hegels Phenomenology, in J. Stewart (ed.), The Phenomenology of Spirit Reader: A Collection of Critical and Interpretive Essays, Albany, Suny Press, pp. 427-443: In Hegels Phenomenology of Spirit, immediate sensory consciousness passes to absolute self-consciousness. In each of the many and substantially diverse intermediate transitions, essentially the same rhythm of passage occurs: a certain standpoint or shape (Gestalt) of consciousness grasps reality as such-and-such, only to find that this grasp is one-sided and cannot be maintained except by the further accepting of what it excludes

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    La coscienza esperisce di fatto che, ad esempio, il questo non un che di immediatamente individuale, ma un universale, tuttavia non lo vede, non lo coglie e non lo tesaurizza, come tale. solo dal punto di vista del Wir, che lo evidenzia allo sguardo del lettore con cui interagisce, che si vede che questo il risultato vero di ci che viene esperito in ogni certezza sensibile. Scrive infatti Hegel:

    La stessa coscienza naturale giunge dunque di continuo a questo risultato: che cosa, in tale certezza, il vero; e di ci fa esperienza; ma come lo raggiunge, cos di nuovo sempre lo oblia, e ricomincia da capo il movimento (corsivo mio).74

    Nel tedesco, per, non c traccia di quel ma come lo raggiunge introdotto da De Negri, il verbo erreichen non compare, si parla solo di gehen zu diesem Resultate, di giungere, di arrivare di fatto al risultato delluniversale, e di fare esperienza di questo, non di raggiungerlo, nel senso di afferrarlo prima, e di perderlo poi, dimenticandoselo.75 Anche la traduzione di Miller fortemente interpretante: This is why the natural consciousness, too, is always reaching this result, learning from experience (und macht die Erfahrung darber) what is true in it.76 A mio parere, la coscienza invece non vergit un risultato che ha raggiunto, in quanto, successivamente, non lo rammemora, ma ne dimentica, lo oblia, nel senso che non coglie ci che ha davanti: bench faccia parte della sua esperienza, luniversale non diventa mai, per essa, neppure per un istante, una verit presente. Come si visto, Hegel afferma, nella certezza sensibile, che la coscienza oblia (vergit) ci che pure ha di fatto esperito, che in essa (an sich) come verit, riproponendo continuamente il suo atteggiamento. In questo Vergessen c, a mio parere, tutta la distanza di Hegel da ogni approccio ottimistico e da ogni supposto progresso della coscienza naturale. La conoscenza filosofica non si sostituisce ad altre forme di sapere, la coscienza filosofica non deriva dalla coscienza naturale, non ne levoluzione, non la nega una volta per tutte, quasi fosse un che di acquisito per sempre: raggiungere il punto di vista del sapere assoluto richieder sempre la fatica del concetto, un progredire, un emanciparsi dalla coscienza naturale.77

    (p. 427). Si veda anche, pi recentemente, R. Stern, Hegel and the Phenomenology of Spirit, London, Routledge, 2002, p. 47: Hegels central strategy against sense-certainty is to argue that what sense-certainty grasps in experience is not unique to the individual object (corsivo mio). Pi sofisticata, la riflessione di Westphal sui tratti caratteristici fondamentali del metodo fenomenologico di Hegel, giunta a ricercarne il possibile prototipo nella tragedia attica, e in particolare nel percorso catartico di Creonte, mettendo per anche in conto che ogni singola figura della coscienza non impari dallesperienza (cfr. K. R. Westphal, Lispirazione tragica della dialettica fenomenologica di Hegel, A, in L. Napolitano (a c. di), Antic i e nuovi dialoghi di sapienti ed eroi. Etica, linguaggio e dialettica fra tragedia greca e filosofia, Trieste, E.U.T., 2002). 74

    Fen., cpv. 20, p. 90. 75

    Il testo tedesco dice semplicemente: Das natrliche Bewutsein geht deswegen auch zu diesem Resultate, was an ihr das Wahre ist, immer selbst fort und macht die Erfahrung darber, aber vergit es nur ebenso immer wieder und fngt die Bewegung von vorne an (GW 9, p. 68,36-69,2). 76

    Hegels Phenomenology of Spirit, trans. by A. V. Miller, with anal. of the text and forew. by J. N. Findlay, Oxford, Oxford University Press, 1977, cpv. 109, p. 64. 77

    Cfr. Vitiello, Hegel: proposizione speculativa, cit., p. 84.

  • Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana

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    5. Conclusioni

    Gli interpreti, focalizzandosi sullesempio dellessere come predicato di Dio78 hanno anche commentato che una simile compulsione del sapere ordinario a ritornare sulla proposizione non assoluta. Tuttavia, dato che le alternative sarebbero o di rendere triviale la proposizione, prendendola come una stipulative definition, o di respingerla come un ovvio nonsense, hanno ripreso, anche molto recentemente lesame di quellintendere diversamente proposto da Hegel.79

    Ora, lesposizione filosofica perfettamente adeguata al proprio contenuto sarebbe quella plastica, in cui le singole determinazioni fossero cos elaborate da escludere rigorosamente la comune relazione soggetto-predicato, presentando, esibendo (qui laccento posto sulla Darstellung e poi sulla dimostrazione, Beweis) il ritornare in s del concetto, il movimento dialettico della proposizione stessa, guadagnando cos visibile esistenza determinata esteriore allinteriorit dellintuizione dellessenza delloggetto, come concetto. In altre parole, se la proposizione deve esprimre ci che il vero (e questo costituisce il compito della dimostrazione filosofica per concetti), e se il vero la sostanza come soggetto nel suo movimento dialettico: ritmo autoproducentesi che si spinge oltre e ritorna in se stesso, allora non si d contenuto alcuno comportantesi come quel soggetto che starebbe a fondamento e al quale converrebbe il suo significato come un predicato.80 Gadamer commenta questi passi sostenendo che la forma della proposizione si distrugge dunque da se stessa, in quanto la proposizione speculativa non predica qualcosa di qualcosaltro, ma porta a rappresentazione lunit del concetto.81 Ma a me sembra che la conclusione hegeliana sia piuttosto che una esposizione filosofica che fosse plastica non avrebbe come risultato la semplice distruzione della forma della proposizione in quanto tale, ma svuoterebbe del tutto di senso la relazione raziocinante tra soggetto-oggetto espressa dalla forma ordinaria della proposizione, sostituendola con lautoriflessione di quella relazione stessa.82 Tuttavia, se riteniamo che per Hegel il compito della spekulative Darstellung sia quello di sormontare quel tipo di relazione soggetto-predicato propria del sapere e della coscienza non-filosofici, il conflitto tra raziocinio e speculazione non cesser tuttavia di riproporsi continuamente, dato anche luso della proposizione la cui forma qua talis la distinzione tra soggetto e predicato per la stessa esposizione filosofico-dialettica.83 Allora i due modi, quello speculativo (soggetto automoventesi, predicato come concetto ed essenza) e quello ordinario (soggetto statico e predicato come accidente), si mescolano continuamente, disturbandosi a vicenda.

    A riprova di questa lettura, possiamo sottolineare il ruolo svolto dallio-che-sa, dal soggetto enunciatore di discorso speculativo, nei confronti di quel soggetto-sostrato

    78 Si veda in particolare Suber, Hegels speculative sentence, cit., pp. 218-226.

    79 Mi riferisco qui a H. S. Harris, Hegels Ladder, vol. I, Indianapolis, Hackett, 1997, pp. 143-146.

    80 W 3, p. 62.

    81 Gadamer, Verit e metodo, cit., p. 533.

    82 Cfr. Simon, Die Kategorien, cit., p. 27: Der philosophische Inhalt ist im Grunde nur die Selbstreflexion der

    Gewohnheit als die Erkenntnis, da die Kategorie der Substantialitt das im Subjekt Gemeinte als das zugrunde liegende Eine setzt, so da es seinen Grund nicht von sich her, sondern in der kategorialen Unterscheidung vom Prdikat (von allen mglichen Prdikaten) hat, in der es als das Eine bestimmt oder ausgesagt ist [] Philosophisce Inhalte bedeuten nicht Inhaltliches im Sinne gewohnter Vorstellungen, sondern bewirken die Reflexion der Regeln der stabilitt solcher Vorstellungen. 83

    W 3, p. 61: Es kann hierber erinnert werden, da die dialektische Bewegung gleichfalls Stze zu ihren Teilen oder Elementen habe.

  • Esercizi filosofici 2002 / Testi

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    grammaticale di molti predicati-accidenti che determina il contenuto della proposizione, il quale come tale rimane invariato, dato che il conflitto riguarda solo la forma del rapporto soggetto-predicato. Lio-che-sa non pu eliminare mai, infatti, nel predicato, la presenza del primo tipo di soggetto, che vale come un estremo fisso e indipendente. Pu solo inverarne, razionalmente, lautonomia e lastrattezza, ma non sostituirsi ad esso per il lato della Bestimmtheit, della determinazione (che, come abbiamo visto, compito del Verstand). Il passo cui ci riferiamo il seguente:

    Ma mentre quel primo soggetto entra nelle determinazioni stesse e ne l'anima, il secondo soggetto, vale a dire quello che sa, trova ancora (noch) nel predicato quel primo soggetto, col quale vuole gi aver finito (es schon fertig sein [] will) e oltre il quale vuole essere tornato in se stesso, e invece di poter essere l'elemento operante nel muovere il predicato [] ha piuttosto (vielmehr) ancora (noch) a che fare con il s del contenuto, n deve essere per s, ma insieme con il contenuto medesimo.84

    Per concludere, a mio parere dunque, in tutti i casi di coesistenza conflittuale, o contraccolpo, data la difficolt di intendere in un giudizio il predicato speculativo come concetto e come essenza, lo speculativo svolger esattamente e solo la funzione di costituire il non-ordinario freno interiore in un sapere ordinario che continuamente si ripropone. In questo tipo di ottica filosofica, quel distinguere tra soggetto e predicato che caratterizza la forma della proposizione in genere assume il significato di costituire il terreno discorde comune di ragione e intelletto, dove la ragione lotta per sormontare ci che lintelletto ha fissato, con esiti tuttavia non disgreganti ma al massimo dissonanti, dato che la lotta, bench distruttiva, si svolge pur sempre nellunit immanente del pensiero come Forma nelle sue forme, come estesamente dichiarato nel 2 dellEnciclopedia del 1830.

    Scrive Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia, rendendo esplicita questa sottostruttura di tipo eracliteo (Diels nr. 10), con un probabile implicito accenno anche alle innovazioni della musica strumentale introdotte da Beethoven sin nei primissimi anni dellOttocento:85

    un tale conflitto della forma di una proposizione in genere e dellunit del concetto che distrugge quella forma, simile a ci che nel ritmo ha luogo tra il metro e laccento; il ritmo risulta dalla oscillante (schwebenden) mediet e unificazione del metro e dellaccento. Similmente anche nella proposizione filosofica lidentit di soggetto e predicato non deve annullare (nicht vernichten) la loro distinzione (Unterschied) espressa (ausdrckt) nella forma della proposizione, anzi la loro unit ha da risultare come armonia (sondern ihre Einheit [soll] als eine Harmonie hervorgehen).86

    84 Ivi, pp. 58-59.

    85 Un analitico ed esaustivo commento allanalogia tra confronto di contenuto e forma della proposizione, e

    conflitto tra accento e metro nel ritmo, si trova in Wohlfart, Der Spekulative Satz, cit., pp. 201-208, che sviluppa lo spunto pi in direzione della versificazione lirica che della musica, riferendosi alle Lezioni di estetica. Sul riferimento di Hegel alla musica delle composizioni religiose (dedicate alla Passione di Cristo), quando parla del farsi avanti di una contrapposizione pi profonda che distrugge (zerstrt) lunit immediata e la consonanza, si veda H. Heimsoeth, Hegels Philosophie der Musik, Hegel-Studien, II, 1963, pp. 161-201; in particolare tutto il paragrafo Harmonie in Gegenstzen; die Dissonanz, pp. 194-201. Delleloquente silenzio di Hegel su Beethoven e dunque del loro rapporto implicito parla diffusamente C. Dahlhaus, Hegel und die Musik seiner Zeit, in O. Pggeler e A. Gethmann-Siefert (hrsg.), Kunsterfahrung und Kulturpolitik im Berlin Hegels, Hegel-Studien, Beiheft 22, 1983, pp. 333-350, cfr. in particolare le pp. 338-339. Sul tema tornata A. Gethmann-Siefert, Phnomen versus System. Zum Verhltnis von philosophischer Systematik und Kunsturteil in Hegels Berliner Vorlesungen ber sthetik oder Philosophie der Kunst, Hegel-Studien, Beiheft 34, 1992, pp. 175-176 e pp. 179-180. In particolare, con questo accenno a Beethoven, mi riferisco al passaggio dalla forma binaria alla ternaria del minuetto, cambiandone il rapporto metro-accento nel ritmo, introdotto nella Sinfonia n. 2 del 1802. 86

    W 3, p. 59 (corsivo mio).

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    RATIONALITY AND RELATIVISM: HISTORICAL AND CONTEMPORARY SIGNIFICANCE OF HEGELS REPLY TO

    SEXTUS EMPIRICUS*

    Kenneth R. Westphal

    1. Philosophy is often regarded, even by recent philosophers, as having little connection to life. While I can understand this impression, I have never shared it. I became a philosopher mainly because I became increasingly perturbed in the nineteen sixties by fruitless if passionate moral and political disquisition across apparently irreconcilable differences of opinion, even differences about relevant facts of the matter. This involves very basic issues about rationality and relativism.

    The dogmatic rejection of the views of those who disagree, or begging the question against them (petitio principii), may be associated with a universalist self-confidence that everyone ought to agree with my position. However, by rejecting the views of others, almost out of hand, as it were, this attitude also reflects a profound relativism: Rejecting the views of opponents in this way involves recognising that those opponents assess the world differently, profoundly differently in whatever point is at issue, while providing no grounds to suppose that the opponents views are any less founded or informed than ones own. Dogmatism and question-begging grant the views of others merit equal to that assumed for ones own views, and they lend nothing but frustration to the attempt to resolve the dispute.

    Philosophy in the Twentieth Century was a many coloured splendour, with lasting marks made by a host of original philosophers. Unfortunately, many of these innovators claimed finally to have found the proper way to philosophise. In consequence, twentieth century philosophy was highly sectarian. One main division in the field was between Anglo-American (also Australian) analytic philosophy and European Continental philosophy. Within analytic philosophy another major divide was drawn between philosophy proper and history of philosophy, the latter being dismissed as mere scholarship without philosophical merit. Generally, though not universally, Continental philosophers retained stronger interest in the history of philosophy.

    2. What we view as Modern philosophy began at the turn of the Seventeenth Century by facing key issues concerning rationality and relativism. Tensions between Galilean science and Catholic doctrine were only one impetus. The other key impetus was the wide-spread recognition that Christian religious schisms were irreconcilable. Consequently, any moral or political principles suitable for governing human conduct in Europe had to be

    * This paper was delivered on 26. March, 2002 to the Department of Philosophy at the University of Trieste. I am

    very grateful to the Trieste faculty of philosophy for their stimulating and helpful discussion. I am especially grateful to Cinzia Ferrini for arranging my lecture in Trieste, for providing an Italian translation of my lecture, and for serving as translator during the very active discussion that followed my lecture. Pier Paolo Marrone very kindly arranged for an Italian version of this lecture to appear in Etica et Politica, 4.1 (2002); http://www.units.it/~dipfilo/etica_e_politica/2002_1/westphal.html

  • Esercizi filosofici 2002 / Testi

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    justified independently of claims about the Divinity. Whilst remaining devout Christians, most philosophers turned to reason, to rational suasion, for such justification. The first major figure to undertake this monumental effort was Hugo Grotius, who is widely and rightly recognised in Europe as the co-founder of Modern Philosophy. Descartes didnt do it alone.1

    Modern Philosophy bloomed into the Enlightenment, a cultural and philosophical movement we still live with today, despite a growing host of critics. Multi-culturalist critics of colonialism and imperialism have much to criticise. Some recent critics have extended their criticism to the Enlightenment itself, claiming (roughly) that the alleged universality of reason, triumphantly proclaimed by the Enlightenment, led directly to the imposition of Eurocentric reason on other, less militarily developed cultures. Further, some of these critics contend that there is no such thing as universal reason. One question raised by such criticism is whether fault lies with the Enlightenment view of reason, or with its misinterpretation or faulty implementation. The answer might well be, all three of these.

    I will not now dwell on the historical or political dimensions of these questions. Instead I shall suggest that there are some serious flaws in the Enlightenment notion of reason. I shall further contend that identifying and remedying these flaws leads, not to the abandonment of rational enlightenment, but rather to an improved account of human rationality.

    The Enlightenment conceived human reason in terms of several defining dichotomies. I shall discuss three of them here. One concerns the relation between reason and tradition. Another concerns the relation between knowledge and society. The third concerns the relation between individuals and society.2

    3. Reason vs. Tradition. The Enlightenment regarded reason as our ability to assess and revise our culturally inherited norms and institutions, in a word, our traditions. To perform this critical function, reason must be independent of tradition. Consequently, it was also regarded as an inherent endowment of individual human beings. These assumptions generated an exclusive, even oppositional dichotomy between reason and tradition.

    This dichotomy is itself faulty. Reasoning individuals do of course make crucial contributions to social institutions. However, in making those contributions, individuals must draw heavily on their training within and their assimilation of the norms, practices and traditions of their disciplines. Consequently, individual contributions, innovative as they can be, are thoroughly based in social practices. Individual innovation relies on unappreciated resources and on unappreciated possibilities of modification latent within established, traditional practices, in response to unfulfilled aims and aspirations found in those practices, or in unexpected circumstances or turns of event; typically, in a combination of all of these.

    4. Knowledge, Individuals & Society. Rationality is central to the legitimacy of principles, norms and institutions, and their legitimacy is closely tied to their acceptability and their acceptance by some relevant group. How, then, does reason command interpersonal agreement? The Enlightenments individualist answer is that, because reason

    1 See J. Schneewind, The Invention of Autonomy, Cambridge, Cambridge University Press, 1998.

    2 I discuss these points in greater detail in my introduction to Frederick L. Will, Pragmatism and Realism, Lanham

    (Md.), Rowman & Littlefield, 1997, pp. Xiii-Lxi.

  • Kenneth Westphal / Rationality and Relativism: Historical and Contemporary Significance of Hegels Reply to Sextus Empiricus

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    is the same in each of us, if we each reason carefully, clearly and sincerely, we will arrive at the same conclusions, because we will recognise the same first premises and follow the same principles of reasoning. Most prominently, this ideal was expressed in Leibnizs proposed universal calculus. This view bequeaths to each of us the problem of determining, by ourselves, when and whether we are in fact reasoning properly or clearly, and when we are instead influenced by tradition or prejudice. Descartes presented a set of rules by which we should distinguish our own proper and improper reasoning.

    There are at least two problems with this individualist answer. First, if we were to abstract from a human mind everything it derives from the society and traditions which have formed it, it would be capable neither of following nor even of understanding principles or procedures. Second, in practice, this individualist view of reason tends to fail us precisely where issues of rationality and legitimacy are most important. In circumstances of unclarity and indecision, rather than helping discern or develop mutually acceptable principles, it tends to reinforce faction.

    The conflicts that arise within a tradition are not necessarily conflicts between reason and unreason; they are typically conflicts among some of the rational resources principles and practices of reasoning within that tradition, usually arising when confronting new, unprecedented developments. Such conflicts are normal, and often arise through the success of some set of practices within that tradition. The attempt to resolve those conflicts is the attempt to refashion the rational resources of the tradition in order to accommodate those developments. This is not merely endemic but is essential to reason. To appreciate the role of such conflict in the development of rational procedures, of traditions, and to assist our addressing and resolving such conflicts requires viewing reason as a social phenomenon, and recognizing that tradition is a part of reason, whilst reason is a part of tradition. They are not counterparts, nor are they opponents. Reason and tradition are mutually and thoroughly interdependent.

    5. Individualism & Realism vs Historicist Relativism. The individualism involved in the Enlightenments view of reason is linked to a second dichotomy regarding human knowledge, more specifically to the issue about realism regarding the objects of human knowledge. In response to the dispute between Galileo and the Church about the solar system, it was widely supposed that the only way to uphold realism about the objects of human knowledge was to provide an essentially individualist account of human knowledge, according to which individual human beings can, at least in principle, discover and know things about the world without relying in any essential way on social resources. Conversely, it was widely supposed that if human knowledge is inherently social, then realism must be rejected, for in that case, we would be guided by social convention rather than by worldly facts. This dichotomy has pervasively influenced philosophy from the Enlightenment to the present day.

    6. Notice that the counter-Enlightenment beginning with Herder accepted this dichotomy, but advocated a social account of human knowledge and accordingly rejected realism. According to historicist relativism, each culture, indeed each epoch of a culture, is defined by certain key ideas, and there is no way to evaluate the merits of these ideas, including how or whether they lead to knowledge of the natural world. If this is true, realism is untenable. That was Herders conclusion. It has been reiterated repeatedly, even

  • Esercizi filosofici 2002 / Testi

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    quite recently. For example, many sociologists of knowledge continue in precisely this vein, as does Richard Rorty. Upon careful analysis, however, this dichotomy proves to be specious: Realism about the objects of human knowledge is consistent with well-constructed social accounts of human knowledge. Only recently have a few analytic epistemologists recognised the important fact.3 Though the example is controversial, I submit that the history of sciencea profoundly social enterpriseshows this to be the case. The case for this claim is much more evident once the Enlightenment dichotomy between reason and tradition is rejected as faulty.

    Enlightenment individualism about reason and about knowledge was tied to a third dichotomy, familiar to many of you from debates about methodological individualism in social and historical studies. The underlying supposition has been that there are only two ways to conceive the relations between individuals and societies:

    Either Individuals are basic, whilst societies are composed of individuals.

    Or Societies are basic, whilst individuals are only creatures of society.

    Before commenting on the merits of this dichotomy, let me note that this is a theoretical, philosophical issue with direct political implications: This dichotomy formulates the major clash in the previous century between the liberal individualist centre and the monolithic collectivism of the fascist right and left. Thus it is deeply tragic that this dichotomy is specious. Some reasons for this have already been suggested in my remarks about the relation between reason and tradition. I shall not marshall further reasons against this dichotomy, but instead shall state an alternative view of the relation between individuals and society, which I call Moderate collectivism. Moderate Collectivism comprises three theses:

    Individuals are fundamentally social practitioners. Everything a person does, says, or thinks is formed in the context of social practices that provide material and conceptual resources, objects of desire, skills, procedures, techniques, and occasions and permissions for action, etc.

    What individuals do depends on their own response to their social and natural environment.

    There are no individuals, no social practitioners, without social practices, and vice versa, there are no social practices without social practitioners, without individuals who learn, participate in, perpetuate and who modify those social practices as needed to meet their changing needs, aims, and circumstances (including procedures and information).

    7. Deductivism. Below I shall draw some broader conclusions from my criticisms of these three dichotomies, but first it is important to highlight another key feature of the Enlightenment view of reason, only touched on above. The Enlightenment conceived of rational justification essentially in terms of axiomatic deduction, a model drawn directly from mathematics and logic. The basic idea is that a conclusion can only be justified if it can be deduced from some privileged set of first premises. The model is well suited to formal domains such as logic and mathematics. However, the history of philosophical

    3 See the contributions by W. P. Alston, P. Kitcher and H. Longino in F. Schmitt (ed.), Socializing Epistemology,

    Lanham (Md.), Rowman & Littlefield, 1994; also M. Solomon, Social Empiricism, Nous, 28, n. 3, 1994, pp. 325-43; S. Haack, Manifesto of a Passionate Moderate, Chicago, University of Chicago Press, 1998, ch. 6, and J. McDowell, Mind and World, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1994.

  • Kenneth Westphal / Rationality and Relativism: Historical and Contemporary Significance of Hegels Reply to Sextus Empiricus

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    theory of knowledge (including philosophy of science) from Descartes to the present has largely been the history of attempts to fit empirical knowledge into this model, coupled with repeated discoveries of ill fit. The biggest problem has to do with the privileged set of first premises. What justifies them? Self-evidence has been a very popular candidate. However, the wide variety of first premises that have been claimed to be self-evident tends to lend credence to Ambrose Bierces mordant observation that the adjective self-evidence means evident to ones self and to nobody else.4 One charge against the Enlightenment raised by the counter-Enlightenment and again today by some radical multi-culturalists is that different cultures have unique sets of such first premises that cannot be reconciled with those of other cultures. This is one impetus to the recent resurgence of historicist relativism.

    Put more philosophically, the problem facing such first premises is the classic sceptical dilemma posed by Sextus Empiricus, the Dilemma of the Criterion. The link between these issues is two-fold. On the one hand, first premises are used, in effect, as criteria for determining what is, and what is not justified. Conversely, questioning the justification of first premises raises directly the issue about criteria for their justification, and the justification of those criteria, whatever they may be. This is Sextus dilemma:

    [I]n order to decide the dispute which has arisen about the criterion [of tru