ESEMPI DI ARCHITETTURA 35 - Aracne editrice · dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e...

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ESEMPI DI ARCHITETTURA

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ESEMPI DI ARCHITETTURA

DirettoreOlimpia NiglioKyoto University, Japan

Comitato scientificoTaisuke KurodaKanto Gakuin University, Yokohama, Japan

Rubén Hernández MolinaUniversidad Nacional, Bogotá, Colombia

Alberto ParducciUniversità degli Studi di Perugia

Pastor Alfonso Sánchez CruzRevista Horizontes de Arquitectura, Mexico

Alberto SpositoUniversità degli Studi di Palermo

Karin TemplinUniversity of Cambridge, Cambridge, UK

Comitato di redazioneGiuseppe De GiovanniUniversità degli Studi di Palermo

Marzia MarandolaSapienza Università di Roma

Mabel Matamoros TumaInstituto Superior Politécnico José A. Echeverría, La Habana, Cuba

Alessio PipinatoUniversità degli Studi di Padova

Bruno PeluccaUniversità degli Studi di Firenze

Chiara VisentinUniversità Iuav di Venezia

ESEMPI DI ARCHITETTURA

La collana editoriale Esempi di Architettura nasce per divulgare pubblicazioni scientifiche edite dal mondo universitario e dai cen-tri di ricerca, che focalizzino l’attenzione sulla lettura critica dei proget ti. Si vuole così creare un luogo per un dibattito culturale su argomenti interdisciplinari con la finalità di approfondire temati-che attinenti a differenti ambiti di studio che vadano dalla storia, al restauro, alla progettazione architettonica e strutturale, all’analisi tecnologica, al paesaggio e alla città. Le finalità scientifiche e culturali del progetto EDA trovano le ragioni nel pensiero di Werner Heisenberg Premio Nobel per la Fisica nel 1932.

… È probabilmente vero, in linea di massima, che nella storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso nei punti d’interferenza tra diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in diversi tempi ed in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni religiose; perciò, se esse veramente si incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti sufficientemente stretti da dare origine ad un’effettiva interazione, si può allora sperare che possano seguire nuovi ed interessanti sviluppi.

Valeria OnnisUlrico Sanna

I forni per la calcenel territorio di Laconi

Copyright © MMXVARACNE editrice int.le S.r.l.

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via Quarto Negroni, 1500040 Roma

(06) 93781065

isbn 978-88-548-7807-5

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 2015

EdA – Collana editoriale internazionale con obbligo del Peer review (SSD A08 – Ingegneria Civile e Architettura), in ottemperanza alle direttive del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità della Ricerca (VQR). Peer Review per conto della Direzione o di un membro della Reda-zione e di un Esperto Esterno (clear peer review).

Indice

Premessa

Capitolo ILa produzione della calce. Storia e tecnologia

.. La storia, – .. La tecnologia di produzione, .

Capitolo IIIl contesto isolano

Capitolo IIIIl territorio di Laconi

.. La storia e l’archeologia, – .. Gli antichi mestieri, – ... Laproduzione di tegole e mattoni, – ... La produzione del carbone, –.. La geologia dell’area, .

Capitolo IVI forni. Caratteristiche costruttive e produttività

.. Caratteristiche costruttive, – .. Produttività, .

Capitolo VConservazione e valorizzazione dei forni

Schede tecnologiche dei forni e galleria fotografica

Bibliografia

Ringraziamenti

Premessa

U S

Il titolo di quest’opera che ripropone quello della tesi di Valeria Onnisopportunamente riadattata e di cui sono stato relatore, ha permessodi scoprire quale importante ruolo sociale ed economico abbia gio-cato la produzione della calce nell’area di Laconi a partire dalla metàdell’ fino al primo dopoguerra, quando i leganti commerciali (siala stessa calce che il “nuovo” cemento) diventano una concorrenzaeconomicamente improponibile per questi forni “di campagna”.

Fino all’atto di questa sistematica ricerca, era nota la presenza nellaconese di forni adibiti alla preparazione della calce. Un numeroche al momento non ha riscontri simili in altre zone della Sardegnadove si producesse calce. Strutture di cui si conosceva ben poco intermini di localizzazione, dimensioni, architettura, produttività, ma-teriali utilizzati ecc. Le notizie erano soprattutto legate ai racconti dichi li aveva conosciuti o di chi ci aveva addirittura lavorato. Mancavaperò un vero e proprio censimento. La ricerca che sto portando avantida alcuni anni sui forni per la calce in tutto il territorio isolano, miha portato a proporre a Valeria questo tema per la sua tesi, potendo,lei di Laconi, muoversi sul territorio con una certa dimestichezza econoscendone la rigorosità nell’approccio scientifico–metodologico.

Il risultato è stato per molti versi sorprendente. Le strutture censitesono ora e di tutte si conoscono: coordinate satellitari, dimensioni,materiali utilizzati per la loro costruzione e stato di conservazione.

I sopralluoghi fatti e le immagini fotografiche di riferimento, hannoinoltre consentito di capirne meglio la logica costruttiva e le originalidimensioni. Come nella tesi anche in questo lavoro vengono ripro-poste (in Appendice) le schede dei forni con i relativi parametriacquisiti.

Il problema della conservazione/valorizzazione di queste strutture,da considerarsi importanti esempi di archeologia industriale, è stata

I forni per la calce nel territorio di Laconi

sollevata dal Forum Italiano Calce che, in collaborazione con l’AIPA(Associazione Industriale per il Patrimonio Archeologico Industria-le), ha elaborato un progetto per catalogare gli antichi impianti diproduzione della calce con l’obiettivo di:

Individuare siti e impianti storici di produzione di calce, farli conoscere evalorizzare, anche attraverso la nascita di ecomusei e parchi archeologicidella calce. L’intento è anche quello di far emergere la trama del tessutoculturale che unisce in se gli elementi costitutivi di un territorio: ambiente,paesaggio, architettura, storia, economia.

La Sardegna, terra ricca di affioramenti calcarei, materia primaindispensabile per la preparazione della calce, si ritrova un importantepatrimonio diffuso in diverse aree della Regione (seppur in mancanzadi una puntuale anagrafe, dai recenti studi e sopralluoghi si può pen-sare che i forni presenti siano più di ) che ha solo la necessità diessere conosciuto e valorizzato.

Queste strutture, seppur consapevolmente difficilmente paragona-bili a quelle archeologiche più “tradizionali”, rappresentano comun-que una risorsa culturale che non deve disperdersi. Purtroppo nellamaggior parte dei casi i forni sono abbandonati e quindi soggetti a uncostante degrado e a rischio di conservazione.

A volte risulta addirittura difficile individuarle in mezzo alla vegeta-zione infestante.

In questo lavoro, la proposta operativa più specifica punta a creareuna nuova opportunità turistica, che andrebbe ad affiancarsi a quellearcheologiche già presenti sul territorio, attraverso la definizione dialcuni percorsi paesaggistico–culturali che opportunamente supportatida sistemi multimediali, potranno permettere di mettere a fuoco il ruo-lo socio–economico, oltre a quello tecnologico, svolto dal commerciodella calce. La creazione di questi percorsi non potrà preliminarmenteprescindere dagli aspetti conservativi legati a queste strutture che, peral-tro, si potrebbero circoscrivere a semplici ed economiche operazioniquali: una completa pulizia dell’area con l’eliminazione della vegetazio-ne infestante, capace ormai a volte di rendere improponibile la letturadel “monumento” e all’eventuale riposizionamento dei conci ancora“leggibili” circostanti la stessa struttura.

Capitolo I

La produzione della calce

Storia e tecnologia

: .. La storia, – .. La tecnologia di produzione, .

.. La storia

La calce rappresenta, unitamente al gesso, il legante storico pereccellenza. Il suo utilizzo può farsi risalire al a.C. (Yiftah, Galileameridionale, malte pavimentali) e la sua diffusione è documentataalcuni millenni prima di Cristo anche in Europa, nei Balcani (VImillennio a.C.).

L’utilizzo della calce è riscontrabile anche nelle costruzione egizie.Il primo esempio di applicazione è una malta in un murale, rinvenutaa Tebe e risalente al a.C.

È peraltro durante la dominazione romana, soprattutto quelladi epoca imperiale, che l’uso della calce viene codificato attraver-so le scritture di Catone: De Agricoltura, Plinio: Naturalis Historia, esoprattutto Vitruvio: De Architectura.

Scrive in particolar modo Vitruvio, a proposito della sua prepara-zione:

Quando invece gettate in fornace avvolte dall’impetuoso calore del fuocoabbiano perso la qualità della primitiva solidità, allora, bruciate ed esaustele loro forze, vengono ad avere fori ampi e vuoti. Quindi quando il liquidoche è nel corpo di questa pietra e l’aria sono stati bruciati e tolti, e hannolasciato nascosto in essa un calore residuo, la pietra immersa in acqua, primache riprenda forza per il fuoco, grazie all’umidità che penetra nelle porositàdei fori si riscalda e in tal modo, raffreddatasi, dal corpo della calce lasciaandare l’ardore. Pertanto poi le pietre, quando sono tolte dalla fornace, nonpossono essere conformi al peso con cui esse erano state gettate in essa, ma

I forni per la calce nel territorio di Laconi

quando sono pesate, pur rimanendone inalterate le dimensioni, essendoeliminato con la cottura il liquido si riscontrano essere diminuite di pesoper circa un terzo.

Pertanto quando estendono i loro fori e porosità accolgono in se lamiscela sabbiosa e così vi rimangono congiunte e seccandosi si unisconoinsieme al pietrame e arrecano la solidità delle strutture.

Avendo spiegato i diversi generi dell’arena si deve porre in opera tutta ladiligenza intorno alla calce affinché sia cotta di pietra bianca e di selce e quel-la che sarà di pietra più compatta e più dura sarà utile nella fabbricazione,quella di pietra porosa nell’intonaco.

Quando poi sarà fatta la macerazione e diligentemente preparata perl’opera, si prenda un’ascia, e come si fende il legname, così si faccia allacalce macerata nella vasca: se coll’ascia si incontreranno sassolini non saràben macinata; se si estrarrà fuori il ferro asciutto e netto indicherà esserela calce magra e secca; se poi rimarrà attaccata intorno al ferro a guisa diglutine, indicherà essere grassa e ben macerata, e sarà ciò prova più chesufficiente per crederla ben preparata.

La cottura veniva effettuata utilizzando forni di forma tronco–conicadi dimensioni variabili (fig. .). Scrive Catone nel De Agricolturaintorno al a.C.

Il forno a calce sia largo piedi e alto ; sulla sommità riducete la larghezzadi piedi. Se per cuocere usate una sola bocca, allora sistemate un grandecavità all’interno tale da contenere la cenere, così che non ci sia bisognodi tirarla fuori; fate in modo che la suola (focolare) occupi la superficieinferiore del forno [. . . ]. Fate in modo che il forno non si spenga mai, né dinotte né in qualsiasi altro momento. Caricate il forno con pietre di buonaqualità, le più bianche e le meno macchiate possibili.

Per la cottura si utilizzavano generalmente frammenti di calcare didimensione di una decina di centimetri, impilati in strutture verticalidi modo che si potesse avere un’agevole circolazione dei gas caldi dicombustione.

Il prodotto così ottenuto (la calce viva) veniva poi trattato con acquaper tempi molto lunghi (anche anni) per ottenere il vero e propriolegante: il grassello di calce.

Numerose sono le vestigia di antichi forni romani (Fornax Calcaria)e di vasche di spegnimento della calce viva. A Roma, l’impiego diun conglomerato calce–pietra trova la prima documentazione conl’acquedotto di Appio e la Via Appia, opere di Appio Claudio Ciecorisalenti al a.C.

. La produzione della calce

Oltre ad aver fatto un utilizzo sistematico e normalizzato dellacalce aerea (capace cioè di fare presa e di resistere solo all’aria) aiRomani deve essere attribuito anche il grande merito dell’uso su tuttoil territorio dell’Impero anche di un legante capace di resistere ancheall’azione dell’acqua: il sistema calce–pozzolana.

Materiali di queste caratteristiche erano già diffusi in Grecia enell’Egeo. Furono i Fenici a scoprire come la calce, mescolata conuna sabbia vulcanica delle Cicladi, assumesse proprietà idraulicheampliando così anche il suo campo di applicazione ad esempionella costruzione delle cisterne per l’acqua, intonacate con malteidrauliche.

Ma anche in questo caso furono i Romani a codificarne l’uso. Comededucibile ancora dalle citazioni di Vitruvio, i Romani acquisironola tecnica dell’impiego delle pozzolane, lasciandoci testimonianzetecnologiche e architettoniche di straordinaria importanza come gli

Figura .. Forno romano

I forni per la calce nel territorio di Laconi

acquedotti o le terme, esempi di rara capacità ingegneristica e diconoscenza dei materiali utilizzati.

Dice Vitruvio a proposito dell’utilizzo di pozzolane:

Fa gagliarda non solo ogni specie di costruzione ma particolarmentequelle che si fanno in mare sott’acqua. Queste costruzioni nell’acquacosì sembrano doversi fare: si prenda l’arena da quelle regioni che daCuma si estendono fino al promontorio di Minerva e si adoperi in modoche nella miscela due parti di arena corrispondono a una di calce. Indinel luogo, che sarà stato stabilito, si calino dentro l’acqua cassoni senzafondo formati con travicelli e legami in legno rovere, e fortemente sifissino con ritegni: di poi con rastrelli si eguagli e si spurghi quella partedi fondo di mare che rimane dentro i medesimi, indi vi si gettino cementimescolati con la miscela formata come di sopra si è scritto, fintantochévenga riempito di costruzione il vuoto interno dei calcestruzzi. Quandola calce sarà estinta, allora si mescoli alla materia in guisa, che se l’arenasia fossile (di cava), si confondano tre parti di questa e una di calce. Sesarà fluviale o marina, una di queste con due di arena; e così ci sarà giustaproporzione nel miscuglio. E se nella fluviale o marina si aggiungerà unaterza parte di mattone pesto e vagliato, ciò formerà la composizione dellamateria ancora migliore per l’uso.

I materiali vulcanici maggiormente utilizzati dai Romani che pote-vano conferire queste particolari proprietà alle malte di calce, eranoprincipalmente tufi vulcanici rossi o purpurei, facilmente reperibilinella baia di Napoli. Le terre migliori per questo utilizzo provenivanoda Pozzuoli. Per questo motivo il materiale prese il nome di Pozzolana(Pulvis Puteolana).

Nelle aree dell’Impero in cui i materiali pozzolanici scarseggiavano,i Romani fecero larghissimo uso del cosiddetto “cocciopesto”, ungranulato costituito da frammenti di terra cotta o di mattone macinatoche, sempre mescolato con la calce, offriva proprietà idrauliche anchese meno efficaci dei sistemi calce–pozzolana per la minor reattivitàdella terracotta rispetto alle pozzolane naturali.

Anche in Sardegna, la dominazione romana ha lasciato importantitestimonianze. In siti archeologici di particolare rilevanza archeologicacome Nora, Tharros o Fordongianus (l’antica Forum Traiani) (figg.. e .), sono ben visibili i segni della qualità di manufatti come l’opuscaemanticium e l’opus testaceum pur se oggi purtroppo soggetti a uncostante degrado perché ormai privi di qualunque protezione.

. La produzione della calce

Figura .. Nora – Terme a mare – Opus caementicium

Figura .. Fordongianus – Terme

I forni per la calce nel territorio di Laconi

Come detto per ottenere un grassello di calce ottimale, i romanipotevano far stagionare la calce anche per anni non essendo il fattore“tempo” un parametro di alcuna importanza rispetto alla qualità che sidoveva raggiungere. Quando la produzione diventa quasi un problemadi sopravvivenza, la filosofia non può più essere la stessa e proprio iltempo diventa il fattore discriminante.

Anche se la tecnologia della produzione della calce si è mantenutasostanzialmente costante per millenni, con la caduta dell’impero roma-no, vengono andate progressivamente perdute le raccomandazioni diVitruvio sia sulla scelta della materia prima e sulle modalità di cottura,che sulle procedure di stagionatura–spegnimento. La stessa fornaceviene costruita in maniera più empirica.

Durante il Medio Evo in particolare si ha un regresso delle tecnichedi produzione della calce a partire proprio dalla costruzione dei forni,passo fondamentale per la buona resa del prodotto. Si ritorna quasiovunque alla “fornace di campagna”, priva di rivestimento in mattoni,che genera molto “incotto”, ossia pietra non calcinata.

Si perde l’interesse al prodotto di qualità (sembra evidente chenessuna civiltà che non fosse quella romana “non avesse tempo” percurare i prodotti dell’edilizia come durante l’impero). Non sono piùaccettabili i lunghi tempi di maturazione dell’idrossido, che aveva fattodel grassello romano il miglior legante fino quell’epoca utilizzato.Anche la messa in opera non rispetta più i canoni romani. Si ha scarsacura nella scelta della pietra calcarea da cuocere. Le sabbie per la malta,anche se ricche di argilla non vengono lavate ecc.

Vengono così ottenuti (e commercializzati) per centinaia di anni,prodotti di scarsa qualità ben differenti da quelli prodotti dai romaniche ancora oggi testimoniano in tutte le zone dell’Impero, la capacitàdi progettazione architettonica a regola d’arte e la cura che venivaprestata in tutta la procedura di produzione. Le diverse calci ancoraoggi in opera, non hanno nulla da invidiare neppure ai moderniprodotti commerciali.

La situazione migliorò intorno al XVI secolo. Alcune malte risa-lenti a questo periodo sono di buona qualità; si riscontra ad esempiola precauzione di lavare la sabbia per le malte, privandola dei con-tenuti d’impurità come la terra. Questo cambiamento interessaradicalmente tutta la società. È infatti in questo periodo che grazieal “risveglio umanistico” si ebbe la ri–lettura delle opere antiche e

. La produzione della calce

tra queste anche quelle di Vitruvio e Plinio, testi che permisero digestire più correttamente anche la fabbricazione e l’impiego dellacalce.

Oggi il prodotto commerciale più largamente diffuso è la cosid-detta calce idrata in polvere che viene spenta con la quantità di acquastrettamente necessaria e in tempi molto contenuti tali da rendere ilprodotto quanto più economico possibile. Alcune aziende specializza-te producono anche il grassello partendo da materie prime selezionatee stagionate a tempi più o meno lunghi, ma i costi sono tali da renderloutilizzabile solamente in alcuni contesti particolari: quando le risorseeconomiche lo possono consentire e nel restauro di monumenti diparticolare interesse storico–artistico dove diventa fondamentale lacompatibilità con i leganti tradizionali.

.. La tecnologia di produzione

La preparazione della calce passa quindi attraverso la “cottura” delcalcare e il successivo spegnimento dell’ossido di calcio così ottenutoper ricavare il legante vero e proprio: l’idrossido di calcio, la calcespenta.

I calcari sono rocce sedimentarie costituite in larga prevalenza dacarbonato di calcio, sotto forma di calcite. La decomposizione termicadel carbonato di calcio si fa avvenire a temperature di circa / °C,secondo la reazione:

CaCO = CaO + CO

Rocce costituite da dolomite, il carbonato doppio di calcio e ma-gnesio sono soggette a calcinazione con formazione di MgO (ossidodi magnesio) a temperature inferiori di qualche centinaia di gradi. Siparla in questi casi di calci magnesiache.

La calce viva viene successivamente trattata con acqua per ottenerela calce spenta cioè l’idrossido Ca(OH):

CaO + HO = Ca(OH)

I forni per la calce nel territorio di Laconi

Una volta messa in opera, il ciclo della calce si completa attra-verso i processi di presa e successivo indurimento, con la reazionedell’idrossido di calcio con l’anidride carbonica dell’aria:

Ca(OH) + CO = CaCO + HO

Dal carbonato di calcio si era quindi partiti e a carbonato di calciosi arriva, anche se con una sostanziale differenza microstrutturale(fig. .).

La CO comincia a carbonatare la calce a partire dagli strati piùesterni per poi procedere man mano verso quelli più interni con cine-tiche che dipendono da una serie di parametri come la temperatura,l’umidità relativa, il grado di compattezza del materiale posto in opera,ecc. Nello spesso nucleo delle murature la reazione può richiedereper completarsi anche tempi molto lunghi (mesi/anni).

Figura .. Il ciclo della calce

. La produzione della calce

Il maggior numero di riscontri storico–archeologici a base di calcerispetto a quelli relativi al gesso di cui siamo oggi in possesso, è cer-tamente legato al più largo uso che si fece della calce come legante(intonaci e malte di allettamento), ma non si può trascurare anchela diversa solubilità dei due materiali in acqua: g/litro circa per ilgesso (CaSOHO) contro . g/litro per il CaCO che, si è visto, rap-presenta il prodotto della presa/indurimento della calce. Pur essendoquindi i due leganti classificabili come “aerei”, la calce ha comunquerispetto al gesso, una maggior capacità di resistere all’azione solventedell’acqua.