esami diagnostici: Corrado Giuliano: “Un ricorso ...

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Anno XI n. 18 · € 1,00 e-mail: [email protected] sabato 21 dicembre 2019 prossima uscita 11 gennaio 2020 S ul tavolo del procuratore di Messina Mau- rizio De Lucia è arrivato un corposissimo esposto a firma dell’avvocato Tiziana Te- odosio, del foro di Avellino, esperta in anato- cismo e altri reati collegati ad attività bancarie non in linea con le leggi in vigore. Il legale cura gli interessi di alcuni commercianti aretusei che contestano alla sede siracusana della Banca Po- polare Agricola di Ragusa operazioni di carto- larizzazione dei crediti. Perché Messina? Perché verrebbe chiamato in causa il magistrato del ci- vile Vincenzo Cefalo per via di una sentenza che avrebbe favorito Daniela Pellegrino, originaria di Raccuja, nel Messinese. La Pellegrino è in effetti direttrice di una filiale aretusea della BAPR. I reati che si chiede di contestare vanno dalle fal- se comunicazioni sociali alla cosiddetta infedel- tà patrimoniale. Il procuratore capo di Messina, Maurizio De Lucia, deciderà a ridosso del Natale sull’assegnazione dei fascicoli Corrado Giuliano: “Un ricorso inammissibile. Un’altra incursione giudiziaria temeraria” Open Land pretende 27 mln calcolati nell’ambito del sistema corruttivo del duo Amara-Calafiore Guarino (Priolo): una storia di ordinaria follia amministrativa DISUGUAGLIANZE Abbandonare il criterio del PIL per un benes- sere generalizzato 12 TARI 2019 Catania su Trapani super Siracusa costante 6 ALESSIO DI MODICA Sole d’inverno: racconto corale di un attore che si fa storia e popolo 11 PRIMO PIANO AUGURI DI BUONE FESTE Agricola Popolare di Ragusa: denunce contro magistrati e avvocati siracusani De Michele pag. 15 Marina De Michele pag. 4 AUGUSTA DISSERVIZIO IDRICO Una città stremata da una leg- ge elettorale che ha consenti- to un consiglio comunale non voluto dall’elettorato Totis pag. 14 UNIVERSITÀ RILANCIO DEI CONSORZI Istituito il nuovo corso di laurea in Scienze della Amministrazione a Melilli Pensavalli pag. 8 AMBIENTE EMERGENZA CLIMATICA Nel complesso, l’umanità è oggi più prospera, longeva, sana, istruita di quanto sia mai stata, eppure… Totis–Pantano pag. 9 Gianfranco Pensavalli pag. 5 Marina De Michele pag. 10 Un coma improvviso: “Si curi a casa!” P ossibile che un operatore della sanità pubblica non sappia che organizzare a casa un ospedale è impossibile e pericoloso? Che è impossi- bile eseguire e avere i risultati in tempo reale di qualsiasi in- dagine o accertamento? Che è impossibile in poche ore avere a disposizione ossigeno a perma- nenza, un infermiere, un medi- co che affianchi il malato più volte al giorno? Siamo molto oltre ogni norma e deontologia professionale. Dr. Corrado Artale pag. 10 pag. 2 Domande che esigono una risposta C ontinua a stupire la te- merarietà del gruppo che agisce come se nulla fos- se successo, come se i principa- li attori non fossero ancora sotto processo, come se non ci fosse- ro state già condanne, a diver- si livelli, dei magistrati, come se Siracusa non fosse mai stata po- sta al disonore della cronaca na- zionale tanto da dare impropria- mente nome a un Sistema, a un sistema di corruzione, di truffa, di abuso del diritto, della morti- ficazione della giustizia. Aldo Castello Fuori il Consiglio. Fuori la Tekra. Dentro il Sindaco, ma fino a gennaio ALMANACCO DEL TEMPO PERSO Giuseppe Gentile Visite specialistiche, esami diagnostici: un diritto di tutti NORME SCOLASTICHE pag. 8 Duccio Di Stefano La morte esige silenzio raccoglimento riflessione FUNERALI DA… STADIO pag. 7 pag. 3 DEPURATORE CANALICCHIO: INCUBATORE PER PESCIOLINI E RICCI

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Anno XI n. 18 · € 1,00e-mail: [email protected]

sabato 21 dicembre 2019prossima uscita 11 gennaio 2020

Sul tavolo del procuratore di Messina Mau-rizio De Lucia è arrivato un corposissimo esposto a firma dell’avvocato Tiziana Te-

odosio, del foro di Avellino, esperta in anato-cismo e altri reati collegati ad attività bancarie non in linea con le leggi in vigore. Il legale cura gli interessi di alcuni commercianti aretusei che contestano alla sede siracusana della Banca Po-polare Agricola di Ragusa operazioni di carto-larizzazione dei crediti. Perché Messina? Perché verrebbe chiamato in causa il magistrato del ci-

vile Vincenzo Cefalo per via di una sentenza che avrebbe favorito Daniela Pellegrino, originaria di Raccuja, nel Messinese. La Pellegrino è in effetti direttrice di una filiale aretusea della BAPR. I reati che si chiede di contestare vanno dalle fal-se comunicazioni sociali alla cosiddetta infedel-tà patrimoniale. Il procuratore capo di Messina, Maurizio De Lucia, deciderà a ridosso del Natale sull’assegnazione dei fascicoli

Corrado Giuliano: “Un ricorso inammissibile.Un’altra incursione giudiziaria temeraria”

Open Land pretende 27 mln calcolati nell’ambito del sistema corruttivo del duo Amara-Calafiore

Guarino (Priolo): una storia diordinaria follia amministrativa

DISUGUAGLIANZEAbbandonare il criterio del PIL per un benes-sere generalizzato

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TARI 2019Catania suTrapani superSiracusa costante

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ALESSIO DI MODICASole d’inverno: raccontocorale di un attoreche si fa storia e popolo

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PRIMO PIANO

AUGURI DI BUONE FESTE

Agricola Popolare di Ragusa: denuncecontro magistrati e avvocati siracusani

De Michele pag. 15

Marina De Michele

pag. 4

AUGUSTADISSERVIZIO IDRICO

Una città stremata da una leg-ge elettorale che ha consenti-to un consiglio comunale non voluto dall’elettorato

Totis pag. 14

UNIVERSITÀRILANCIO DEI CONSORZI Istituito il nuovo corso di laurea in Scienze dellaAmministrazione a Melilli

Pensavalli pag. 8

AMBIENTEEMERGENZA CLIMATICANel complesso, l’umanità è oggi più prospera, longeva, sana, istruita di quanto sia mai stata, eppure…

Totis–Pantano pag. 9

Gianfranco Pensavalli pag. 5

Marina De Michele pag. 10

Un coma improvviso:“Si curi a casa!”

Possibile che un operatore della sanità pubblica non sappia che organizzare a

casa un ospedale è impossibile e pericoloso? Che è impossi-bile eseguire e avere i risultati in tempo reale di qualsiasi in-dagine o accertamento? Che è impossibile in poche ore avere a disposizione ossigeno a perma-nenza, un infermiere, un medi-co che affianchi il malato più volte al giorno? Siamo molto oltre ogni norma e deontologia professionale.

Dr. Corrado Artalepag. 10

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Domande che esigono una rispostaContinua a stupire la te-merarietà del gruppo che agisce come se nulla fos-

se successo, come se i principa-li attori non fossero ancora sotto processo, come se non ci fosse-ro state già condanne, a diver-si livelli, dei magistrati, come se Siracusa non fosse mai stata po-sta al disonore della cronaca na-zionale tanto da dare impropria-mente nome a un Sistema, a un sistema di corruzione, di truffa, di abuso del diritto, della morti-ficazione della giustizia.

Aldo Castello

Fuori il Consiglio. Fuori la Tekra. Dentro il Sindaco,

ma fino a gennaio

ALMANACCO DEL TEMPO PERSOGiuseppe Gentile

Visite specialistiche, esami diagnostici: un diritto di tutti

NORME SCOLASTICHE

pag. 8

Duccio Di Stefano

La morte esige silenzio raccoglimento

riflessione

FUNERALI DA… STADIO

pag. 7 pag. 3

DEPURATORE CANALICCHIO:INCUBATORE PER PESCIOLINI E RICCI

LA CIVETTA di Minerva2 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

uguro a tutti di non sentirsi mai sconfit-ti, mai soli, di vivere con il cuore nell’a-

more e proteso a donare a chi ha biso-gno di aiuto e sostegno. Auguro a tutti serio impegno civil, culturale, politico. Il mondo ha bisogno di bellezza ed in tanti dobbiamo sentirci impegnati a conquistarla...sempre. Carmen Ca-stelluccio, già consigliere comunale.Auguro di esprimere meno critiche ad essere cittadini più attivi per com-prendere i meccanismi complessi che servono per governare una città. Sofia Amoddio, ex parlamentareAuguro a Siracusa un 2020 con nume-rosi eventi culturali, con autobus ur-bani funzionanti, con isole ecologiche sparse per ogni quartiere. Marinella Muscarà, Preside facoltà Studi classi-ci e linguistici, UniKore.Al primo posto metterei senz’altro la salute e quindi il nuovo ospedale (Si-racusa ha il più vecchio e obsoleto ospedale della Sicilia). Poi avere per i prossimi 7 anni un servizio di nettezza urbana stabile e senza intoppi. Infine vedere applicati i regolamenti comu-nali in materia di arredo urbano con una presenza costante della polizia municipale. Franco Motta presidente Slow Food Siracusa.Un Buon 2020, con più attivismo fat-tivo, più altruismo, senza barriere, in particolare quelle mentali, senza odio. Auguro di riuscire tutti, dal primo cit-tadino all’ultimo, ad attivarsi per mi-gliorare la condizione di Siracusa e dei Siracusani e perché no...del mondo. Rossana La Monica, volontaria Ass.ne Astrea Per superare i molti problemi che af-fliggono la nostra città auguro a tutti noi molta umiltà e spirito di autocriti-ca. Roberto De Benedictis, ex depu-tato regionale Auguro ai sira-c u s a n i d i

ricevere a natale un paccone di caffè arabico utile a svegliarci dal torpore che ci sta annientando. Liddo Schiavo Delegato Coni SiracusaL’unica possibilità di una ricostruzione sta... che le persone coscienti e oneste si persuadano che non è conforme a vantaggio proprio restare assenti dalla vita politica e quindi lasciare campo li-bero alle rovinose esperienze dei diso-nesti e degli avventurieri. “ Giuseppe Dossetti, marzo 1945. Buona Natale e felice anno nuovo. Vincenzo Vinciul-lo, ex deputato regionale.Una sana consapevolezza che dalla crisi economica, sociale e valoriale si esce a partire da un impegno indivi-duale capace di contagiare gli altri. Tati Sgarlata Referente Banca Etica SiracusaEssere una bella città spesso non basta, anzi quasi mai. Auguro alla nostra cit-tà per il prossimo anno di essere tanto grande tanto quanto i sogni che la at-traversano, di essere piena di persone belle, in grado di osare, di mettersi in discussione, di lavorare tutte e tutti senza faziosità per il futuro di Siracu-sa. Ai miei concittadini auguro di ave-re voglia di conoscere, di ripensare il concetto stesso di comunità e di vivere tutto ogni giorno con più consapevo-lezza e gentilezza. Sara Zappulla, re-ferente Fridays for Future SiracusaÈ necessario lavorare ad un nuovo progetto di sviluppo della città, uscendo quindi dal quotidiano. Serve un governo politico ed un patto tra forze economiche e sociali. È possibile e necessaria un’integrazione in chiave di sostenibilità tra industria, agricoltura, turismo, servizi. L’economia del mare può diventare una nuova leva della crescita. Solo un grande impegno di comunità può dare un nuovo futuro a Siracusa. Fa-bio Moschella, già assessore co-munale.

Auguro a questa città di avere il corag-gio di prendersi cura della sua bellezza, ogni giorno, in ogni minuscolo gesto. Anche quello che non sembra dover cambiare lo stato delle cose. Santina Giannone, Founder ReputationLabCara Siracusa vorrei che tornassi com’eri, un pò addormentata, forse desolata, Ortigia, ma il tuo fascino era enorme. Ti amo anche nel divenire, con fatica, nonostante i b&b. Auguro di non civettare troppo quest’anno. Auguri anche alla Civetta. Antonietta Carbonetti, attrice.Auguro alla mia città un reale svilup-po culturale fondato su collaborazioni tra diverse realtà e persone, che diano nuovi impulsi e nuove idee per vive-re la città al meglio e per potenziarne le risorse esistenti. Luisa Fiandaca, operatrice culturale.Auguro ai siracusani il sorriso. Poter sorridere in maniera sincera e non smettere mai di inseguire la bellezza, di cui Siracusa è piena, nonostante tutte le brutture che la vita ci pone da-vanti. Carlotta Zanti, referente FAI Giovani.Auguro a Siracusa di trovare nel 2020 e negli anni a venire, ordine equilibrio e prosperità e perché no, parte dello splendore che l’ha contraddistinta per secoli nella storia. Sembra un augurio utopistico ma non lo é affatto, serve onesto impegno da parte di tutti e cre-derci fermamente. Io, quale guida turi-stica, ho fiducia che ciò possa avvenire. Lo devo all’entusiasmo e ammirazione dei miei turisti e di mia madre, Orti-giana doc. Questa vecchia Signora rimarrà sempre la bella affascinante signora che ha in- cantato e ispirato dozzi-

ne di grandi uomini che di Lei hanno cantato con versi stupendi. Valeria Di Mauro, Guida Turistica.Auguro la felicità della normalità, del-le poche cose fatte bene, dei propositi attuati, delle speranze divenute realtà. Tea Ranno, scrittrice.Possa la nostra città ritrovare il nobile valore del rispetto che rafforza il con-cetto di comunità. Continuerò a lot-tare per questo perché sono certa che solamente con il dialogo non urlato e la consapevolezza di essere davvero comunità possiamo concretamente ri-sorgere. Moena Scala, ex presidente Consiglio Comunale.Un augurio? Sì, più che alla mia città, che amo passionalmente, vorrei farlo ai miei concittadini. Ma proprio a tut-ti, anche a quelli che non la pensano come me, oppure a quelli che gridano senza dire nulla, anche a quelli che non hanno il pudore per restare in si-lenzio. Auguro a questa grande comu-nità di riappacificarsi con se stessa. Di essere meno rancorosa e ascoltare di più. Ecco, mi auguro che si impari ad ascoltare di più. La città non ha biso-gno di auguri. Ha tutto e si regala ogni giorno ad ognuno di noi. Dobbiamo salvarla, ma prima di tutto dobbiamo salvare noi stessi. Prospero Dente, Segretario Prov.le Assostampa. A questi naturalmente aggiungiamo gli auguri più affettuosi e sinceri da parte di tutta la redazione. Che sia un 2020 migliore, per la città, per i citta-dini e perché no anche per il nostro giornale che di auguri ne ha tanto bi-sogno.

Gli auguri dei nostri lettoriBuon 2020!

Aalla città e ai siracusani

LA CIVETTA di Minerva 3Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected] ATTUALITÀ

Fuori il Consiglio. Fuori il PD. Fuori la Tekra. Dentro il Sindaco, ma

fino a gennaioIl numero precedente siamo an-dati in edicola senza poter scri-vere della decisione del Tar che sospendeva il sindaco Italia. Poco male perché ritorniamo in edicola e non è cambiato pro-prio niente. Il Sindaco rimane - per decisione del CGA - alme-no fino al 15 gennaio. E pure la Giunta. Quella che non rimane invece è la Tekra: la gara d’appalto per la raccolta dei rifiuti se l’è aggiudicata per i prossimi set-te anni la Tech-Ciclat. Ma in questa materia niente è sicuro e definitivo, come ci insegna l’e-sperienza appena conclusa. Tar e CGA permettendo, un capo-volgimento di fronte è sempre possibile. Sicura e definitiva è invece la sorte del Consiglio Comunale, ancora gli stessi membri se lo stanno chiedendo ma per molti di loro si tratta - purtroppo! - di tornare a lavorare (qualcuno aveva dimenticato come si tim-bra il cartellino), altri un lavoro dovranno proprio cercarselo.

Fuori rimase pure il povero Partito Democratico. Stava an-cora discutendo e scegliendo chi indicare come assessore in giunta quando Zac! … Ecco che si scioglie il Consiglio. Poi si annulla il sindaco, poi si ri-ammette il sindaco ma non il Consiglio. Insomma, per que-sto giro credo che il PD possa rimanere fuori pure esso.

Tempo di Sardine, di Cala-mari e Saraghi di porto. Non mancano le OloturieSiracusa presente alla chiamata delle 100 piazze italiane. Dopo Bologna, Ferrara, Napoli, Pa-lermo e tante altre città, il neo movimento anti fascista, anti sovranista anti leghista sbarca a Siracusa. Non una folla stra-ripante al Tempio di Apollo ma un migliaio di belle persone soprattutto giovani, soprattut-to diverse. Non soltanto i soliti 50/100 onnipresenti a tutte le manifestazioni. Un segnale co-munque positivo, di speranza, di novità. Certo, i rischi sono tanti. La confusione e incertez-za si nota. Calamari, saraghi di porto e oloturie sono sempre in agguato. Ma di questa voglia di partecipazione, di scendere in piazza, di impegnarsi per una politica pulita il Paese ne aveva bisogno. Speriamo che sti ragazzi possano crescere e organizzarsi in modo nuovo ed efficace. Maturare un program-ma politico definito e adeguato. Perché in quel manifesto di 6

Punti diramato dopo l’adunata nazionale a Roma, la Politica mancava. L’auspicio è vera-mente grande.Altrimenti … megghiu a tunni-na ch’e pipi.

Cartelle pazze, intelligenti o … malipinsanti?Progetto “Riscontro” è l’opera-zione di recupero dell’evasione tributaria di cui il Comune di Siracusa è capofila. L’obietti-vo, ambizioso ma legittimo, è quello di recuperare 23 milioni. Questa è la cifra fornita dall’uf-ficio delle Entrate, riguardante importi per tasse evase tra il 2012 ed il 2017 ed accertati nel 2018. Oltre 56mila atti emessi e 10mila gli avvisi bonari inviati. Molto di più del totale del nu-mero dei nuclei familiari resi-denti in città. Ma può essere? Noi abbiamo ascoltato quattro commercialisti che ci garanti-scono che, delle cartelle in loro visione, la maggior parte delle somme richieste è errata. Si tratta forse di cartelle pazze? Sono forse malipinsanti coloro che suppongono che con que-sta operazione si vuole fare “cassa” comunque (per ragioni di bilancio) inviando cartelle a tappeto e senza farsi troppi scrupoli? E considerando il fat-to che per ogni cartella il Co-mune spende almeno 10 euro solo per l’invio, e che molte cartelle – probabilmente - sono illegittime, riuscirà l’Ammini-strazione a recuperare spese e

tasse? In questo caso allora le cartelle (e i loro mandanti) sa-ranno state intelligenti.

Qualità della Vita: Siracusa al 90° posto. Ma vuoi mettere il tramonto alla Marina?Ogni anno arriva sta maliritta classifica del Sole 24 h sulla Qualità della Vita nelle provin-ce italiane e ogni anno ci ritro-viamo a lamentarci della nostra Città che è agli ultimi posti. Avete capito? Avete letto bene? Vi siete accorti di qualche incongruenza? Tutto chiaro? Sicuro?Vi do un aiutino. Ripeto: Clas-sifica “Qualità della Vita in Provincia... La nostra Città è agli ultimi posti” … Ora è più chiaro? Avete capito l’incon-gruenza? No, perché in effetti tutti ci cascano. Ma una cosa è la confusione, l’ignoranza, la demagogia che regna sui social, un’altra è l’informazione diffu-sa dai media, e quasi nessuno, forse NESSUNO, quando ha pensato di scrivere o parlare di questa classifica ha ritenuto di

mettere la parola “Provincia” prima di “Siracusa”. Perché la differenza è sostanziale, lo capisce pure un bambino, la classifica riguarda la Provincia e non la Città, e la media che si ottiene dai risultati di tutti i co-muni della Provincia è diversa, molto diversa dal risultato che si ottiene dalla sola città di Si-racusa. Dice: cambia qualcosa? Ci potremmo consolare? Certo che no, ma meglio essere preci-si e specificare. Noi della Civetta ne parlammo pure l’anno scorso, ma si vede che è più semplice, più invo-gliante, fa più scruscio (e anche più pruvulazzo) citare solo la città e non tutta la Provincia.Siccome noi (contrariamente a tanti che ne scrivono e parlano) la classifica l’abbiamo letta e studiata, abbiamo scoperto che la ricerca si basa su alcuni ele-menti indicatori (Ricchezza e consumi, Ambiente e Servizi, Giustizia e Sicurezza, Affari e Lavoro, Demografia e Società, Cultura e Tempo Libero) ma soprattutto su svariati altri pa-rametri prettamente finanziari ed economici (Depositi banca-ri, Protesti, Tassi su mutuo, ecc. rispetto ai quali non è difficile – da sempre - per il nostro territo-rio piazzarsi agli ultimi posti). E guarda caso, sempre leggen-do e studiando, scopri che per quanto riguarda Demografia e Società, la nostra Provin-cia si piazza al 51° posto; per Ambiente e Servizi al 56°; per

Cultura e Tempo Libero siamo al 68°, al 31° invece per Costo degli Affitti. Il che non è poi cosi malaccio (escluso gli indi-catori prettamente economici e finanziari) siamo più o meno a metà classifica (su un totale di 107 province). Triste e gravissima è invece la posizione per quanto riguarda Giustizia e Sicurezza che cor-risponde esattamente con la posizione generale (90°) e sulla quale sarebbe più che necessa-rio che si facesse una riflessio-ne seria. Magra consolazione dunque, ma nemmeno drastici catastrofismi. Studi e classifi-che a parte, quello che manca al nostro territorio lo sappiamo benissimo e non da ora. Lo andiamo scrivendo ad ogni competizione elettorale: strade senza spazzatura e senza fossi, trasporti pubblici efficienti, ac-qua potabile e meno cara, par-cheggi e verde pubblico. Pecca-to che i nostri amministratori destra-centro-sinistra si susse-guono da anni ma questi punti a malapena li sfiorano. Che poi, volendo, a consolarci ci pensa-no i turisti sempre in aumento che in estate non si trova un B&B libero fino a ottobre, i Milanesi, i nordici e stranieri che comprano casa in Ortigia. Il parco Archeologico, il mare del Plemmirio e la Pillirina, il panorama dalla pista ciclabile, il Castello Maniace, Cala Rossa e il tramonto alla Marina. C’af-fari Milano.

Di Consiglio sciolto, Sindaco in forse, Tekra in uscita, Sardine in crescita, Cartelle Pazze e Qualità della Vita

di Aldo Castello

Scampoli di riflessioni a chiusura di un anno sociale e politico più che travagliatoALMANACCO DEL TEMPO PERSO

Viaggiare apre la mente e consente di essere dentro un altrove che non di-

sconosce appartenenza, ma che apre a nuovi orizzonti: i luoghi sono il segno di quanto siamo disposti a cambiare pelle, nel ri-spetto di ciò che siamo e siamo stati, anche e soprattutto dentro la comunità, nel segno degli spazi e dei confini da superare.Innsbruck: palazzi affrescati, monumenti rinascimentali e settecenteschi, ma anche opere di design di celebri archistar, che rendono la città moderna e innovativa; il centro storico con i suoi meravigliosi palazzi in stile asburgico, circondato dalla suggestiva cornice delle Alpi, da cui parte l’avveniristica fu-nicolare realizzata dall’archistar Zaha Hadid. Osare, restando se stessi.Anversa: la recente inaugu-razione dell’iconica Port Hou-se di Zaha Hadid riaccende i riflettori sulla città, che negli ultimi anni ha consolidato la propria reputazione come meta di interesse architettonico, po-nendo accanto agli edifici in stile Art Nouveau o risalenti al Medioevo, l’Anversa contem-

poranea che tende audacemente verso l’innovazione; a testimo-nianza di questo fenomeno, si collocano alcune scelte compiu-te dall’amministrazione, tra cui l’aver intrapreso un’azione di recupero del patrimonio edilizio esistente, finalizzata all’innesto di nuovi landmark nel tessuto urbano. Nuove visioni dentro un passato rivisitato. Genova: nel cuore della città, a due passi dal centro storico, il Porto Antico è il risultato di un ambizioso progetto di riqualifi-cazione e di riconversione fun-zionale dell’antica area portuale di Renzo Piano in occasione dell’Expo del 1992, a 500 anni della scoperta dell’America. Oggi è una grandissima piazza multifunzionale che si affaccia sul Mediterraneo: waterfront verso la modernità, che non di-mentica la sua storia.Valencia: storia e arte, musei avveniristici accanto a chiese barocche, osterie storiche e au-daci spazi culturali; e ancora, simbolo d’arte e cultura è la Cit-tà della Arti e delle Scienze, un complesso dalle forme sinuose ed accattivanti di 350 mq realiz-zato da Santiago Calatrava nella parte meridionale dei Giardini del Turia e inaugurato nel 1998, un colpo d’occhio di fascinoso

impatto. Raccontarsi, reinven-tandosi. Lisbona: dopo aver ospi-tato la quarta edizione del-la Triennale di Architettura nel 2016 ed essersi aggiudicata quest’anno il Wallpaper De-sign Award nella categoria “best city”, Lisbona è pronta per guardare al futuro; sotto la guida di architetti di fama in-ternazionale, non perde di vista gli interventi di riqualificazione, che le consentono di essere sem-pre più un punto di riferimento per gli amanti di architettura, arte e design. A Belém, il pas-sato incontra il futuro: a grandi classici in stile manuelino quali la Torre di Belém e il Mosteiro dos Jerónimos, entrambi dichia-rati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, si affianca il pionieristico MAAT, il Museo di Arte, Architettura e Tecno-logia inaugurato nel 2016, un edificio simile ad una gigante-sca onda dalle linee sinuose che unisce arti visive, architettura e tecnologia, progettato dall’ar-chistar inglese Amanda Leve-te che si colloca alla perfezione all’interno del paesaggio urbano e naturale circostante, anche grazie alla copertura ondulata composta da circa 15.000 piastrelle in calçada, la tradizio-

nale ceramica degli azulejos che richiama la superficie del fiume Tago. Qui, antichità e innova-zione convivono perfettamenteBerlino: da quando il muro è caduto, designer provenienti da tutto il mondo si sono recati nella città-stato e hanno contri-buito alla creazione di una cit-tà libera e creativa, gli ‘esempi pratici’ sono alla portata di tutti, basti recarsi nei quartieri Mitte, Charlottenburg o Kreuzberg. Un passato recente che ha visto ‘scomodarsi’ archistar del cali-bro di Renzo Piano, Daniel Li-beskind, Rem Koolhaas e San-tiago Calatrava: non serve essere appassionati di arte moderna per visitare e apprezzare la cu-pola in vetro e acciaio del Rei-chstag di Norman Foster o per

restare affascinati dall’interno del palazzo della DZ Bank su Unter den Linden, internamen-te invaso da una delle più belle creazioni di Frank Gehry, nella vicina Pariser Platz. Centro sto-rico e innovazione convivono, nel segno dell’audace rinascita innovativa.E ancora: Bilbao, Milano, Lon-dra…Siracusa: nessuna audacia, solo sterili critiche; ogni tentativo di innovazione bocciato nel segno di una città che deve riprende-re consapevolezza della propria identità, che deve trovare la forza di riurbanizzarsi dentro le radici che l’hanno vista nascere e cambiare mille volte restando sempre se stessa, come consue-ti proclami docent. Nella realtà

nulla cambia, continua a non esistere un piano urbanistico de-gno di chiamarsi tale, nessuna riqualificazione dell’esistente o progettualità a servizio di spa-zi fruibili e condivisi, piuttosto natura usurpata da palazzinari che continuano a costruire den-tro una città che si svuota della sua migliore gioventù. A nes-suno è permesso neanche poter pensare di osare, sommerso da critiche osannanti il passato che si copre di fuliggine e tristez-za. Perché la critica polverosa di una piazza deserta è sempre meglio che uscire dalla palude stantia nella quale la città si tro-va e continua a restare.Immagina, puoi: altrove, però.

Viaggiare apre la mente e consente di essere dentro un altrove che apre a nuovi orizzonti

IMMAGINA, PUOI! Ma non qui. Non a Siracusadi Simonetta Arnone

Valencia Anversa

LA CIVETTA di Minerva4 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected] SIRACUSA

Non ha molti dubbi l’av-vocato Corrado Giulia-no: “Il ricorso presen-

tato da Open Land sarà con buona probabilità dichiarato inammissibile. È soltanto frut-to di un’altra incursione giudi-ziaria temeraria della società, un ultimo colpo di coda. Infatti la sentenza n.73 del 2015 del CGARS che si intenderebbe passata in giudicato, viene ri-chiamata dalla sentenza finale 406/2018 dello stesso CGARS che conclude tutto il giudizio di ottemperanza e definisce la questione assegnando qua-le risarcimento del danno alla Open Land circa 190.000 euro.Inoltre, coraggiosamente ed illegittimamente Open Land non ha notificato questo nuovo ricorso a Legambiente, con ciò contravvenendo a quanto statu-ito dallo stesso CGARS nella sentenza 406/2018 che a chia-rissime lettere, al punto 11.3, ha affermato la piena legittima-zione di Legambiente, presente nel processo di primo grado, a stare in giudizio. Faremo rile-vare tutto ciò al CGARS costi-tuendoci”.Forse sì: solo ultimi colpi di coda, ma chissà perché, quan-do li si vede tornare all’attacco, l’ansia sale e si teme di dover riprendere strenue lotte. Continua a stupire da una par-te la temerarietà del gruppo che agisce come se nulla fosse successo, come se i principali attori non fossero ancora sotto processo, come se non ci fosse-ro state già condanne, a diversi livelli, dei magistrati, come se Siracusa non fosse mai stata posta al disonore della crona-ca nazionale (che finalmente a un certo punto si è accorta che qualcosa di grosso stava acca-dendo) tanto da dare impro-priamente nome a un Sistema, a un sistema di corruzione, di truffa, di abuso del diritto, della mortificazione della giustizia. Ma dall’altra parte stupisce, continua a stupire, la reazione di una comunità mai veramente indignata, irata nei confronti di chi l’ha portata nella polvere dell’ignominia. Ecco perché hanno fatto bene le parole di Carmelo Maiorca, di uno che ancora si accende al fuoco della sacra ira, che a un certo punto non riesce più a mantenere la rabbia e sbotta dimenticando il bon ton che a volte sconfina nell’ipocrisia. E tuona contro chi “non solo non si decide a restituire alla città di Siracusa gli oltre 2 milioni e mezzo indebitamente ricevuti sfuggendo al decreto ingiunti-vo del Comune, ma nientemeno pretende 27 milioni facendo ri-ferimento a precedenti stime di periti e sentenze di giudici am-ministrativi pilotate nell’ambito del sistema di corruzione del duo Amara-Calafiore. Tattiche per continuare ad allungare i tempi e non provvedere a re-stituire al Comune e alla città il maltolto. Città che in gran parte non dice nulla, non s’indi-

gna, in perfetta sintonia con la quasi totalità della politica e dei tuttologi di varia espressione. Compresi alcuni presunti cam-pioni di “legalità” e maestri di opportunismo e paraculismo, inclusi alcuni giornalisti che sul cosiddetto “Sistema Sira-cusa” per anni hanno girato la testa e la penna dall’altra parte. Per non dire di quelli che scri-vevano e pubblicavano articoli a sostegno di Musco, Longo e Amara”. Sottoscrive SOS e ancora quelli che ce la fanno a indignarsi.Perché l’hanno detto proprio loro, i “legali di fiducia” del-la società, testimoniando nel corso dell’incidente probatorio che si è tenuto a Roma davanti al Giudice Daniela Caramico D’Auria, che hanno corrotto i giudici per falsare i processi, per ottenere (cercare di otte-nere) stratosferici risarcimen-ti; loro hanno fatto i nomi dei consulenti da nominare, quelli che sono finiti nella rete dei magistrati onesti (che squallo-re dover fare questa differenza anche tra chi rappresenta la dea armata di spada e bilancia!).TESTE CALAFIORE - Sì, no, io sto facendo degli esempi, a Naso io gliel’ho dato il nome, non è che glielo ha dato un al-tro.P. M. DOTT. FAVA - L’ha dato a Caruso?CALAFIORE - Certo….Su Naso mi fece cambiare anche il curriculum, perché Naso è un professore universitario, io sto facendo l’esempio poi ritornia-mo su Gennuso, per spiegarle, lei mi ha fatto una domanda, è corretto che io... Naso è un professore universitario, se lei va su internet, c’è un curricu-lum che non finisce mai ma la prevalenza di quella sua di-

ciamo competenza scientifica, è scientificamente collegata all’ingegneria meccanica, su quello che risulta dal curricu-lum che c’è su internet. Dopo che Amara mi disse “diamogli Naso’’ e gli abbiamo dato Naso … “‘il relatore, mi ha detto il Presidente, vuole un curricu-lum dove ci sono le prevalen-ze urbanistiche - quindi, con Amara, siamo dovuti ritornare da Naso per farci dare un cur-riculum dove lui metteva in risalto la sua competenza urba-nistica, io gli ho ritornato quel curriculum a Caruso, poi fu no-minato Naso, ha capito? Quindi dico, non è che può essere... Poi se è un caso io non è che sono qui ad esprimere giudizi, non mi permetterei dico, io posso dire quello che ho fatto, poi ci mancherebbe ... […]FAVA - E poi l’ha già anticipato il Caruso si è interessato anche per le altre vicende Open Land e...CALAFIORE - Assolutamente sì, io lo conosco ... Allora, devo dire la verità, lui me lo presenta principalmente per la questione Open Land e AM Group, però dobbiamo stare molto atten-ti, perché le questioni vanno parallele. Tanto è vero che c’è una piccola fase di Gennuso, ci parlava lui, poi me lo presenta perché uscì la sentenza il 20 giugno 2013, usci la senten-za numero 605 /2013 su Open Land, quella di Virgilio, che dava i danni. Noi chiaramente sapevamo che il Comune non aveva nessun tipo di interesse a pagare, quindi si doveva fare la ottemperanza e quindi si era iniziato a muovere diciamo Piero, c’era questo contatto, poi me lo presentò, nel frattempo c’era stata la questione Gennu-so, quindi diciamo iniziò lui e

poi abbiamo continuato. Tanto è vero che, questo parallelismo che chiaramente è anche mio mentale, non è tradito dai do-cumenti, perché il 18 giugno 2014 viene tenuta una udien-za dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, dove c’è sia l’ottemperanza Gennuso, sia la nomina di Pace, andate a vede-re che l’udienza è la stessa. 18 giugno 2014. ….FAVA - Sì, sì, quindi anche l’af-fidabilità del Caruso era sag-giata...CALAFIORE - Piano, piano, poi sai in queste cose io ho una tesi, ogni cosa, l’affidabilità non è sempre relativa, ogni cosa ha una sua storia, quindi ogni cosa ha una sua storia, però che poi... Ad esempio il 18 giugno 2014, insomma tutte e due al CGA sia quella che questa. Il periodo era lo stesso, si è sviluppata in relazione allo stesso periodo, in quel periodo diciamo. […]FAVA - E quindi poi lei e Caru-so avete avuto una...CALAFIORE - No, io gli ho portato le dico la verità - gli portai i documenti inerenti la questione Open Land ma rela-tivi... Era già uscita la sentenza quella 605/2013 relativa alle ipotesi dei conteggi che ne derivavano da un punto di vi-sta risarcitorio, lui se li prese, poi mi disse “ci rivediamo nel pomeriggio”. Poi Caruso è un soggetto che si sapeva vende-re, quindi “ci vediamo nel po-meriggio” poi mi disse “sì va bene si può fare, ci lavoriamo” e poi da lì è iniziato un rapporto che è proseguito nel tempo, poi lui è stato anche ospite, è stato anche ospite da me in Sicilia, ospite nel senso, in una società gestita, in una società diciamo della mia famiglia, che ha un complesso turistico in Sicilia,

lui è venuto lì, è stato lì quindi è stato anche ospite più volte. […]P. M. DOTT. TUCCI - Disse che erano destinati a De Lipsis?CALAFIORE - Sì, lui disse... Sì, lo disse che pagava, che dava soldi... Io come ho di-chiarato, lui sempre, io a Roma comunque figli, porta i soldi a Roma... cioè queste cose, non è che mi ha detto io gli porto 17 mila 124 euro per questa cosa Domani mattina...TUCCI - Sì ma lei ha capito che adesso, in questo momento, sta dicendo che poi Caruso disse che portava i soldi a De Lipsis a Roma ...CALAFIORE Sì, a Roma sì, questo sì. ..TUCCI - Quindi la mia doman-da era questa, una volta che voi consegnaste questi soldi, prima 30 /40 mila euro a Roma e poi in autostrada mi sembra e poi non so dove... […]TUCCI - Lei conosce Ferraro?CALAFIORE - Certo che lo conosco.TUCCI - Chi è Ferraro e in che rapporti era Ferraro, sia con Amara che con ...CALAFIORE - Ferraro è il cane di Amara, ce l’hai presen-te u cane, u cane... In maniera proprio metaforica ...TUCCI - Che vuol dire un uomo...GIUDICE - Un uomo di fidu-cia...CALAFIORE - L’ho utilizzato in questo senso perché, sicco-me l’ho utilizzato allo stesso modo a Messina ed è precisa, non perché abbia... Semplice-mente perché, quello che Ama-ra diceva, Ferrara eseguiva, in questo senso.TUCCI - Quindi era un uomo di fiducia...CALAFIORE - Totale.

[…]CALAFIORE …. Allora in pratica iniziamo da davanti, chiaramente mi focalizzo sul-le questioni Open Land e AM Group giusto?P. M. DOTT. FAVA - Sì, sì, per ora solo questo, sì.CALAFIORE - Okay, pratica-mente andiamo avanti e lui se-gue tutta questa vicenda. Devo dire che lì, quello che interes-sava, era chiaramente la nomi-na del consulente tecnico, sia dell’una che dell’altra, che di fatto si sfalsano di pochi mesi perché la nomina di Pace è del 28 gennaio 2015 con sentenza pubblicata il 29 gennaio 2015 e Camera di Consiglio il 18 giu-gno 2014, invece quella della AM Group viene depositata il 30 marzo se la mia memoria non mi tradisce del 2015. Mo-tivo per cui, diciamo che sono state collegate le due nomine e tra quelle due nomine diciamo, io ho versato dei soldi al Caru-so.FAVA - Ecco, quanti soldi, in che circostanze ...CALAFIORE - lo ricordo tre dazioni: 20, 15 e 15, vicino casa mia.FAVA Ma riferite diciamo...CALAFIORE - Complessiva-mente alle due nomine, alla nomina di Pace e alla nomina di NasoFAVA - E queste dazioni lei le ha versate a Roma?TESTE CALAFIORE- Roma, casa mia, sotto.FAVA - Per strada?CALAFIORE - No, lui veniva, aprivo la porta, dietro la porta la maggior parte delle volte. Alcune volte saliva anche a casa mia, via delle grotte 25.… Praticamente cosa succede, quindi questi soldi come ho di-chiarato, vengono dati tra fine

Continua a stupire la temerarietà del gruppo che agisce come se non ci fossero già condanne di magistrati

Corrado Giuliano: “Il ricorso di Open Land è inammissibileÈ solo frutto di un’altra incursione giudiziaria temeraria”

di Marina De Michele

LA CIVETTA di Minerva 5Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

Sul tavolo del procuratore di Messina Maurizio De Lucia è arrivato un corpo-

sissimo esposto a firma dell’av-vocato Tiziana Teodosio, del foro di Avellino, esperta in anatocismo e altri reati colle-gati ad attività bancarie non in linea con le leggi in vigore. Il legale cura gli interessi di alcu-ni commercianti aretusei che contestano alla sede siracusana della Banca Popolare Agricola di Ragusa operazioni di carto-larizzazione dei crediti, ovvero gli stessi contratti di vendita dei crediti. Perché Messina? Perché ver-rebbe chiamato in causa il magistrato del civile Vincenzo Cefalo per via di una sentenza

che avrebbe favorito Daniela Pellegrino, originaria di Rac-cuja, nel Messinese. La Pellegrino è in effetti diret-trice di una filiale aretusea del-la BAPR. Ma la banca ragusana è anche accusata di aver messo in piedi un gioco di scatole cinesi sulle cartolarizzazioni, triangolando con Ibla srl, che ha sede a Co-negliano Veneto, e la DoValue. Tutto ruoterebbe attorno all’av-vocato Piero Fillioley, alla pro-curatrice aretusea di Ibla srl, Irma Belinda Mandolfo, e al pm Salvatore Grillo, che avreb-be già chiesto l’archiviazione di una denuncia sulla Bapr, dopo aver iscritto a modello 21 lo stesso avvocato Fillioley. E de-finito delirante quanto inizial-mente denunciato alla Procura di Siracusa.

Per l’avvocato Teodosio gli atti dovevano finire a Messina sin dalla prima “lettura”. Dagli atti a Messina salta anche fuori che la Procura di Reggio Calabria indaga su magistrati siracusa-

ni e messinesi. Il fascicolo è il numero 6323 del 2018 e, al momento, non è dato saperne di più.Emergono invece particolari davvero interessanti dalle tre denunce depositate appunto nei giorni scorsi a Messina dall’av-vocato Teodosio contro i tre giudici del Tribunale di Siracu-sa. Nel mirino del noto legale. Per Salvatore Grillo si ipotizza una condotta impropria nella gestione dei fascicoli riguar-danti la Bapr perché ci sarebbe stata una pressione su Grillo da parte del sostituto procuratore Andrea Palmieri, con il quale il primo condivide la segreteria, per pilotare alcune archivia-zioni. Ma la richiesta di tutela a Mes-sina deriva, in vero, da rapporti

definiti troppo “stretti” tra la BAPR e la magistratura aretu-sea. E si fa riferimento all’ex procuratore aggiunto Roberto Campisi il cui figlio è stato as-sunto in Bapr, come anche ad altri parenti o amici di magi-strati siracusani. In relazione poi al dottor Cefalo, un’inda-gine difensiva ipotizza che Da-niela Pellegrino sia frequenta-trice alle Eolie di strutture dove spesso lo stesso giudice - che ha avuto incarichi giudiziari di peso a Messina - è stato visto soggiornare. Come detto, viene tirato in bal-lo anche il sostituto procuratore Tommaso Pagano per l’attività d’indagine poi confluita da-vanti al monocratico Storaci e con imputati Gaetano Urso e Mirco Mormile. Nel fascicolo

riguardante la Bapr confluisco-no, oltre alla Mandolfo, anche il presidente della Banca, la Ibla srl, con sede a Conegliano (Treviso) e l’ufficiale giudi-ziario Luciano Pulvirenti. Fil-lioley risulta indagato anche a Siracusa e sulla richiesta di ar-chiviazione per reati finanziari pende un’opposizione da parte di un cliente della Teodosio, un albergatore. Per le vicende BAPR i reati che l’avvocato Teodosio chiede di contestare ai pm messinesi vanno dalle false comunicazio-ni sociali alla cosiddetta infe-deltà patrimoniale. Il procura-tore capo di Messina, Maurizio De Lucia, deciderà a ridosso del Natale sull’assegnazione dei fascicoli.

GIUDIZIARIA

di Gianfranco Pensavalli

2014 e inizio 20l5 ma diciamo, la questione nomine è appunto sfalsata e voglio essere preciso per come si è sviluppata. Si è sviluppata che nel 2014 viene dato... 18 giugno quindi vie-ne presentata l’ottemperanza, l’udienza avviene il 18 giugno 2014. In una prima fase devo dire che noi, non avevamo dato il nome di Pace, noi con Ama-ra avevamo dato il nome di un altro che era un ingegnere di diritto urbanistico della regione siciliana molto bravo, persona molto perbene, si chiamava Verace. Questo nome glielo avevamo dato per la nomina di-ciamo, non mi ricordo in quale delle due, in quella Open Land. Poi sostanzialmente cosa suc-cede, succede che Caruso torna e dice no, quell’ingegnere non va bene, ci vuole un commer-cialista. E lì sostanzialmente me ne faccio carico io e indi-viduo velocemente il Pace, che era un ragazzo che fra virgo-lette, aveva fatto qualcosa con Longo in Procura a Siracusa, aveva lavorato, lo conoscevo perché aveva lavorato nello stu-dio del Dottore Cirasa che se-guiva sia Amara che me quindi insomma, un ragazzo normale, sereno con cui potevo discute-re, non era un... Fuori contesto diciamo così. E quindi, non andando bene più Verace, gli abbiamo dato il nome di Pace e poi Pace fu nominato. […]FAVA - Ma questa cifra di 24 milioni che poi il Pace ha quan-tificato, è una sua indicazione data al Pace o l’ha elaborata autonomamente Pace?CALAFIORE - No, io sostan-

zialmente ho dato delle indi-cazioni in relazione alle varie voci di danno, la maggior parte sono state diciamo oggetto di accoglimento, nel senso, lui la pensava come la pensavo io ecco...FAVA - Ho capito e quindi de-posita questa consulenza, que-sta C.T.U. e poi che succede?CALAFIORE - Ecco, deposito questa C.T.U. e succede che so-stanzialmente lì c’è un proble-ma, perché io comunque fino ad aprile 2015, come ho dichiara-to, io comunque ho dato dei sol-di a Caruso per queste vicende, lui ha fatto fare queste nomine, si era preso incarico di far fare queste nomine e poi le ha fatte fare, però sostanzialmente, nel momento in cui viene deposi-tata questa consulenza, c’è un problema perché lui mi chiama e poi sostanzialmente di fatto, mi fa chiamare, cioè mi fa chiamare! Mi chiama e mi dice ‘’vediamoci con Piero’ e ci sia-mo visti con Amara, perché lui mi dice sostanzialmente che il consulente era pazzo, che non si assumevano questa respon-sabilità, dissi “scusa di che cosa stai parlando, di quale respon-sabilità stai parlando? Cioè io ti ho pagato, non capisco tu qual è la responsabilità, la responsabi-lità se l’è assunta il consulente, non tu, quello è convinto, vuol dire che è così, tu mi puoi dire, non sono convinto di 24 e 20, non è che mi puoi dire stiamo calando delle nuvole, perché non è così né io sono diciamo un pazzo che... Quindi, di che cosa stai parlando’’. Lì siamo andati pesante, nel senso che

io lì mi sono incazzato molto, diciamo abbastanza, non sono uno che si incazza non molto facilmente, però quando...FAVA - Siete venuti alle mani?CALAFIORE - Le mani in-somma, alle mani 80 anni, 70 anni, dico non andiamo alle mani, quasi alle mani cioè, di-ciamo che...FAVA - Ha manifestato questo suo disappunto insomma...CALAFIORE - Diciamo, in maniera molto pesante sì, sia-mo quasi arrivati alle mani ma non mi sarei mai permesso nei confronti insomma di una per-sona più grande.FAVA - Ecco ma diciamo, que-sta contrarietà del Collegio a liquidare i danni in quella mi-sura, ha poi diciamo trovato riscontro, cioè effettivamente il Collegio non voleva, non in-tendeva liquidare i 24 milioni di euro?CALAFIORE - Guardi, lui diceva che... Allora, lui lì mi disse che fino a 7/10 milioni non ci sarebbero stati problemi ma con quella cifra era impos-sibile e cose varie, poi io dico, lei mi sta facendo sovvenire delle cose che adesso preciso, siamo al 18 giugno 2014, quin-di c’è questo problema diciamo con questo discorso della quan-tificazione, lui dice che su que-sto punto diciamo, lui diceva che il Giudice non si trovava su questa linea, che c’erano pro-blemi all’interno del Collegio, succede tutta questa storia, poi il consulente viene chiamato per chiarimenti e questa dicia-mo sentenza va in riserva. Lui chiaramente mi diceva “l’ope-

razione te l’ho già fatta perché tu mi hai pagato per il nome del consulente, io il consulente te l’ho fatto nominare ... però lui aveva una pretesa che, alla fine della partita, lui aveva una parte che doveva andare a lui, quindi sostanzialmente lui era all’interno anche della partita futura il Caruso...FAVA - Ah, quindi una parte diciamo dei 24 milioni erano per il Caruso?CALAFIORE - Sì.FAVA - Ma solo per il Caruso o anche per il Giudice?CALAFIORE - No anche per Amara, cioè nel senso che an-che Amara aveva un interesse ...FAVA - Questo era intuibile, no, no, mi riferivo diciamo all’eventuale partecipazione anche del Giudice.CALAFIORE - Lui rappresen-tava, lui diceva di rappresenta-re ...FAVA - Ecco, quindi lui diceva che... E quanto ammontava la quota...CALAFIORE - Non mi ricor-do ...FAVA -... La percentuale dicia-mo...CALAFIORE - Guardi, questo non me lo ricordo, non me lo ricordo quanto poteva essere la percentuale.FAVA - Quindi l’accordo era abbiamo detto 20 / l 5 e l 5...CALAFIORE - Sì per la nomi-na...FAVA - Per le nomine e in più c’era l’accordo anche una quota parte dell’importo del risarci-mento?CALAFIORE - Sì, sì.

FAVA - E non ricorda a quanto ammontava diciamo?CALAFIORE - No, non me lo ricordo questo, cioè lui ha vo-luto essere promesso questo per andare avanti, per questo si è interessato, lui il Caruso ha voluto essere promesso questo e quindi...FAVA - Cioè lui dice, fino a 7/8/10 milioni ci arriviamo, però oltre non andiamo...CALAFIORE - Sì, no, poi cosa succede … mi sovviene che nel luglio del 2015, quando accade questa storia e va in riserva, mi ricordo una cosa stranissima, ad agosto mi fece scendere a Roma, io ero in Sicilia, mi fece scendere a Roma, disse che mi doveva parlare urgentemente, lui c’aveva Wickr con l’acroni-mo “minchia 69’’, mi scrisse e mi disse che dovevo scendere a Roma urgentemente e lì mi dis-se che c’erano problematiche, ribadendomi che c’erano pro-blematiche, che c’erano casini sulla questione del risarcimen-to, lui mi disse che si doveva anche ... Che io gli avrei... Mi chiese altri soldi che io chiara-mente non gli diedi e mi disse sostanzialmente che lui aveva bisogno anche di altri soldi per-ché c’era da coinvolgere qual-cun altro. Se io non gli avessi dato quei soldi, sostanzialmen-te ci sarebbe stato diciamo... Lui temeva addirittura un ef-fetto punitivo della sentenza. Io Dottore soldi non gliene ho dati, io tornai, dissi ad Amara “io a questo lo scanno” cioè mi viene a fare l’estorsione, non esiste, questo è un pazzo. Quindi mi ero molto incazzato.

Lui disse ‘’ma va beh, lascialo perdere, lasciamo perdere le cose come stanno’’. Poi uscì la sentenza, due milioni e 800 mila euro, dico uno si va a fare i calcoli, anche un bambino si rende conto che lì i danni sono ben maggiori, a meno di non dover pensare che poi, a di-stanza di due anni, il Giudice dell’Ordine (incomprensibile) di Milano, io ero in carcere, ha liquidato sette milioni su due criteri, quelli di Pace erano sei criteri non due, quello ha liqui-dato sette milioni su due criteri, altro che effetto punitivo, c’era anche questa... Mi aveva chie-sto altri soldi, voleva anche altri soldi. …..GIUDICE - Quando è stato so-stituito poi il consulente Pace...CALAFIORE - No, io ho det-to, successivamente venne so-stituito, io mi ricordo che ero in carcere e praticamente, per dirle che sostanzialmente, per spiegarle che quello...FAVA- Con un altro C.T.U ....CALAFIORE - Sì, fu una que-stione punitiva, perché addirit-tura lui mi aveva chiesto anche altri soldi oltre a quelli che gli avevo dato...FAVA - Ecco, quindi lei ricol-lega il risarcimento limitato ai due milioni e otto a questa ulte-riore richiesta di denaro che lei non ha...CALAFIORE - No, non avevo dato.

USQUE TANDEM?

I reati che si chiede di contestare vanno dalle false comunicazioni sociali alla infedeltà patrimoniale e altro ancora

BAPR, depositate in Procura di Messinadenunce dell’avv. Teodosio contro giudici di SR

LA CIVETTA di Minerva6 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]À

Natale 2019. L’ennesimo Natale costoso per chi vuole tornare nella sua

Sicilia, ma sembra che final-mente chi di dovere si è fatto sentire. Sembrerebbe l’ultimo Natale con delle piccole age-volazioni perché dal prossimo anno la musica cambia. “Ho incontrato il presidente dell’ENAC e i vertici delle com-pagnie aeree che volano per/da Palermo e Catania. Immediata-mente ho chiesto di aumentare il numero di voli nel periodo dal 23 dicembre al 6 gennaio, e con 5500 posti in più per alcune set-

timane, i prezzi dei biglietti sono scesi. Inoltre ho consegnato al presidente dell’Antitrust un dos-sier di questa storia, perché ci voglio vedere chiaro e non per-metto che qualcuno faccia carte false sulla pelle dei siciliani che per spostarsi sono costretti a prendere un aereo. In questa manovra di Bilancio ho forte-mente voluto un emendamento che istituisce un fondo di 25 milioni di euro per le tariffe so-ciali da e per Catania e Paler-mo. Studenti e lavoratori fuori sede, disabili gravi e gravissimi e pazienti che per curarsi sono costretti a spostarsi in altre re-gioni, tutti residenti in Sicilia, avranno uno sconto di circa

il 30% sul prezzo del bigliet-to.” Ad affermarlo è Giancarlo Cancelleri, ex vicepresidente dell’ARS ed attuale vicemini-stro delle infrastrutture e dei trasporti del governo Conte II.La buona notizia è che final-mente anche in Sicilia avremo la continuità territoriale! L’11 dicembre sera è stato ap-provato l’emendamento a firma Sudano, Faraone, Renzi, Con-zatti, Comincini sulla continuità territoriale. In sintesi, per il pri-mo anno saranno riconosciute tariffe sociali per le persone con disabilità, lavoratori e studenti, nel frattempo si terrà una gara fra i vettori aerei e dal secondo anno ci sarà un sensibile abbat-

timento delle tariffe per tutti. Verosimilmente quindi, dal 2021 tutti i cittadini siciliani po-tranno godere della tanto attesa continuità territoriale già rico-nosciuta alla Regione Sardegna. Oltre i due passi fatti dai pen-tastellati e dai senatori di Italia Viva, si registra anche un aiuto da parte della Regione Sicilia. Il governo Musumeci tende una mano agli studenti siciliani che si trovano al Nord e che rischia-no di non potere rientrare in Sicilia per il periodo natalizio, a causa delle proibitive tariffe aeree. Attraverso l’Azienda si-ciliana trasporti - una delle par-tecipate dalla Regione - saranno infatti messi a disposizione per

i giovani fuorisede fino a otto pullman, ad un costo simbolico per viaggiatore che va dai dieci ai trenta euro.“Di fronte al cinismo dei ver-tici Alitalia e all’insensibilità del governo centrale - spiega il presidente Nello Musumeci - la Regione viene in soccorso di quei giovani studenti siciliani fuori sede, impossibilitati a sop-portare il vergognoso costo del

biglietto aereo. In alcuni casi, si superano gli 800 euro. Per noi si tratta di una battaglia per la giustizia che condurremo senza tregua”.Il servizio, che inizia a Milano e prevede una sosta a Roma e una a Napoli, sarà offerto dal 20 al 23 dicembre e dal 5 al 7 genna-io. Le prenotazioni si ricevono direttamente all’Ast.

Il viceministro Cancelleri: “Nella manovra un fondo di 25 milioni per le tariffe aeree da e per Ct e PA”

Nel 2021 (burocrazia permettendo)anche in Sicilia avremo la continuità territoriale!

Dai nuovi dati dell’Osser-vatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva

emerge che in Sicilia si spende di più per i rifiuti rispetto alla media nazionale.300 euro, a tanto ammonta in media nel 2019 la tassa dei ri-fiuti nel nostro Paese, con diffe-renze territoriali molto marca-te: la regione piu economica è il

Trentino Alto Adige, con 190€, la piu costosa la Campania con 421€.Catania il capoluogo di pro-vincia piu costoso (504€ e un aumento del 15,9% rispetto al 2018), Potenza il piu economico (121€ e un decremento del 13,7% rispetto al 2018)Analizzando le tariffe dei 112 capoluoghi di provincia esa-minati, sono state riscontrate variazioni in aumento in circa la metà, 51 capoluoghi; tariffe stabili in 27 capoluoghi e in di-minuzione in 34. A Matera l’in-cremento piu elevato (+19,1%), a Trapani la diminuzione piu consistente (–16,8%).A livello di aree geografiche, i

rifiuti costano meno al Nord (in media 258 euro), segue il Cen-tro (299 euro), infine il Sud, piu costoso (351 euro).In Sicilia la media è di 394€ a famiglia (–1,3% rispetto al 2018), ma si passa dai 280€ di Enna ai 504€ di Catania, capoluogo piu caro d’Italia e

dove si registra un incremento del 15,9% rispetto al 2018.Più di due famiglie su tre (preci-samente il 68,2%) ritengono di pagare troppo per la rac-colta dei rifiuti: la percentuale sale all’83,4% in Sicilia, segue l’Umbria con l’80,2%, la Puglia con il 79,1%, la Campania con

il 78,4%.Solo il 60% delle amministra-zioni comunali o delle aziende che gestiscono il servizio ha elaborato e reso disponibile la Carta dei servizi. Solo due su tre indicano il tipo di raccolta effettuata, la metà esplicita la frequenza con cui è effettuata.

E al cittadino è ancor meno dato a sapere con che frequen-za vengono igienizzati i casso-netti (lo indica appena il 47% delle Carte), pulite le strade (37%) o svuotati i cestini per strada (25%).

A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord, segue il Centro, infine più costoso il Sud

Tari 2019: a Catania l’aumento più significativoTrapani super, Siracusa si mantiene costante

di G. T.

Di Gaetano Tralongo

L’ Associazione Arte in Musica Melilli pre-senta i Gruppi: Cuo-

re Antico Folk Città di Melilli e La Zampogna dei Monti Cli-miti. Tra Melilli, Priolo e Palazzolo Acreide, tornerà l’intramontabile tradizio-ne delle zampogne natalizie.

Voluta dai tre comuni citati, il Natale ci avvolgerà nella antica musicalità iblea. I due gruppi musicali col solo uso di strumenti musicali privi di amplificazione, ci ricorderan-no un passato prossimo che sarebbe altrimenti scomparso. Ecco le date: il 23/12 a Melilli presso la Chiesa Madre. Il 26 al Presepe vivente al Conven-to dei Cappuccini di Melilli,

il 28/12 a Palazzolo Acreide nella chiesa di San Sebastia-no, Il Capodanno di nuovo al Presepe Vivente Convento dei Cappuccini Melilli, il 2 a Priolo presso la chiesa Angelo Custode, a Palazzolo ore 19. Chiesa S.Paolo, a Priolo ore 19 chiesa dell’Angelo Custode. Come detto, due i gruppi mu-sicali. A Palazzolo e Priolo si esibiranno i Canterini di Or-

tigia, a Melilli il gruppo Cuo-re antico Folk Città di Melilli Questo impegno dei comuni, che hanno accolto la proposta dei gruppi musicali, per quan-to possa sembrare un modesto contributo, rappresenta una or-mai rara volontà di perpetuare alle giovani generazioni quella ricchezza popolare spazzata via da globalizzazione e mondo digitale.

Tra chiese e conventi, le date e i luoghi dell’esibizione da lunedì 23 dicembre al 2 gennaio

Natale a Melilli, Palazzolo e Priolo con gli zampognariPer le vie i Canterini di Ortigia e Cuore Antico Folk

di Francesco Magnano

LA CIVETTA di Minerva 7Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected] ATTUALITÀ

Secondo me chiedere a qualcuno se è felice è uno sgarbo, una provocazione,

è difficile rispondere, ad un emigrante chiedere se è felice, è sadismo a volte, ma non sem-pre. La felicità la ricordo, aveva il gusto di gelato alla ricotta, era preparare le 500 lire in-torno alle 16:30 perché da lì a poco avrei ascoltato il fischio del signor Amenta che dal suo furgoncino avrebbe urlato “ge-lattiigranitteee” , esattamente così. Io correvo giù, ma lui si fermava all’incrocio con via Sen. Di Giovanni, che però allora non esisteva, era solo campagna, io abitavo poco più avanti vicino l’ex cinema Va-squez quindi a volte la felicità diventava delusione perché lui partiva subito se non vedeva bambini arrivare, ma quante volte con la coda dell’occhio mi ha visto correre verso di lui, io e mio fratello Marcello, che co-munque era più veloce di me, e si fermava solo per noi, proprio vicino al cinema; quel gelato

alla ricotta lo cerco sempre, in ogni gelateria che mi capita di incrociare, ci provo, ma finora nessuno è riuscito a rendermi quel gusto e non credo che sia per gli ingredienti, è solo per-ché forse ormai non ho il pala-to ben allenato ad assaporare la felicità. Rimedierò.

Mio fratello invece ricor-da come lo rendeva felice lo strombettio della lapa del ven-ditore di ricotta, seguiti dal suo spot pubblicitario “ aaaricooot-ta uoovaprovolaa, gnoooraaa”, poi la mamma ci mandava in cortile a comprare. E che era buona la ricotta.

Ho scoperto che la felicità esi-ste anche in confezioni da 100 ml della Collistar, costa 38,01 Euro su Amazon. Basterebbe ordinarlo, sono davvero cu-riosa di scoprire che profumo ha la felicità, almeno secon-do loro, leggo la descrizione: note frizzanti di agrumi e un cuore fiorito. Quindi zagara, agrumi, io uso solo profumi e sapori alla zagara, ho capito quindi che la mia ricerca di fe-licità era già iniziata da un po’ e sono sulla buona strada. Ecco quindi l’odore della felicità, agrumi e quale potrebbe esse-re il suo sapore, ci penso e ci ripenso l’unica immagine che mi viene in mente è una bom-ba fritta alla ricotta. Andiamo avanti, tatto, quale sensazione sulla pelle è felicità, tocca-re la pelle di tua figlia mentre dorme, certo, ma a me viene in mente la sensazione che si prova quando il mare arriva a coprirti le spalle. Per l’udito… qui per me si fa complicato, la musica mi rende felice ma non potrei dire se sono più i Clash o Otis Redding quando canta I’ve been loving you too long. Alla vista mi fermo dovrei scrivere cose troppo personali che non interesserebbero a nessuno ma so chi o cosa vorrei vedere e il mare ha ancora una volta un suo ruolo importante. Insomma in sintesi a Siracusa gli elemen-ti per essere felici ci sono tutti, in teoria i siracusani o forse i siciliani dovrebbero essere tut-ti felici, ma non lo sono ma se

dovessi elencare i motivi che rendono siracusani e siciliani infelici non basterebbero tutte le pagine della civetta quindi direi, cerchiamo ciò che ci fa felici, che è là gratis, a parte la ricotta s’intende. La felicità è scrivere oggi 17 dicembre queste mie riflessioni e sapere che questa volta potrò andare a comprare la Civetta di Minerva in un’edicola di Sira-cusa e poi sedermi in uno dei 100 bar nei dintorni, ordinare un caffè che ha sapore di caffè e non costa 4 euro e leggerla, con la serenità di chi a Siracusa viene in vacanza e ha il tempo di osservare tutto intorno gli altri fare casino, parlare a voce altissima, litigare per un po-steggio, non dare la precedenza nelle rotatorie, non rispettare i limiti di velocità, o qualcu-no pestare un regalo canino e prendersela con l’amministra-zione comunale mentre butta a terra la carta che avvolgeva il suo cornetto. La felicità è programmare un viaggio, mia figlia vuole anda-re a Londra ma io non ne posso più del freddo voglio sole su di me, (citazione Alma Megretta ), magari viene pure mia ma-dre, mia sorella e mio fratello. Come sarebbe bello. In questo caso la felicità non è il viaggio in se, ma la condivisione del viaggio con chi ami. La felicità è il pensiero che ogni cambiamento porti una crescita per quanto ti costi aver rinun-ciato a tanto perché si realiz-

zasse. Non ho mai dimenticato Be-nigni quando mentre leggeva e commentava i dieci comanda-menti ci esortava a cercare la felicità, quindi lo faccio dire a lui che è più bravo.

“[La felicità] Cercatela, tutti i giorni, continuamente. Chiun-que mi ascolta ora si metta in cerca della felicità. Ora, in questo momento stesso, perché è lì. Ce l’avete. Ce l’abbiamo. Perché l’hanno data a tutti noi. Ce l’hanno data in dono quan-do eravamo piccoli. Ce l’hanno data in regalo, in dote. Ed era un regalo così bello che l’ab-biamo nascosto come fanno i cani l’osso, che lo nascondo-no. E molti di noi lo fanno così bene che non si ricordano dove l’hanno messo. Ma ce l’ab-biamo, ce l’avete. Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima. Buttate tutto all’aria. I cassetti, i comodini che c’avete dentro. Vedrete che esce fuori. C’è la felicità. […] E anche se lei si dimentica di noi, non ci dobbia-mo mai dimenticare di lei. […] Non bisogna mai aver paura di morire ma di non cominciare mai a vivere davvero.”Felice Natale da me che sto in Svizzera. Me la merito una bomba fritta alla ricotta?

Rubrica di Ornella Gallitto

Grandiloquente, roboante, retorico discorso sulla felicità e sulla ricotta

Si sente parlare, sempre più spesso, di questi nuovi mestieri, di queste nuove

figure che i tempi moderni – ve-locissimi - portano in auge. E se non ci uniformiamo corriamo il rischio di fare la fine dei tricera-topi, e cioè di estinguerci prima del tempo. Una di queste figure non può che essere l’Influencer. Un influencer è una persona che sui social network gode di particolare popolarità o autori-tà, in virtù della quale è in gra-do di influenzare i suoi follower o amici, che dir si voglia. Egli è considerato infatti un esperto in un particolare argomento, per cui ciò che dice viene ascoltato attentamente ed è in grado di orientare e definire le decisioni di chi lo segue. In genere attivo sui social network, da Twitter a Facebook passando per YouTu-be, dove ha raccolto numerosi seguaci.Ma poi, dalle varie foto di amici o pseudo tali che ancora questi social portano in navigazione lungo gli sconfinati canali del web, ci arriva pure una foto come questa che vi abbiamo riportato. Non era facile carpire

un’immagine così poetica, anti-ca e moderna allo stesso tempo. Un’immagine da copertina, da dossier sociologico e culturale: una madre, come tante altre, come qualsiasi donna che ama i propri figli, che gioca, li con-trolla, li accudisce, cercando di non far loro mancare la sua pro-tezione senza però privarli del loro libero spazio d’espressione. Non si riesce a distogliere lo sguardo da lei. Una meraviglia, un attimo che racconta una vita e che dura una vita. Generazioni diverse, un documentario sull’a-more che cambia ma rimane vivo, nonostante tutto il resto. Nonostante il treno dell’esisten-za sfrecci veloce senza nem-meno darci il tempo di mettere bene a fuoco le immagini che riusciamo appena a scorgere dal finestrino. Le vite si intrecciano e il filo conduttore è la continui-tà delle proprie radici, l’orgoglio delle nostre identità, il peso e la consistenza della nostra ter-ra. Facendosi beffe del nuovo che avanza, dell’outfit corrente, dell’essere fashion, trendy, stylo e chi più ne ha più ne metta. Fa-cendosi soprattutto beffe delle influenze imperanti. Degli in-fluencer, appunto. Bella, fiera dei suoi insegnamenti, mai paga dei vari cambiamenti, orgoglio-sa del suo vestire, elegante nella sua fierezza di donna tutta d’un pezzo. Donna d’altri tempi? E che vuol dire d’altri tempi? Perché

questi che stiamo vivendo che tempi sarebbero? I tempi dove si chiudono i porti lasciando in mare ciurme di disperati in at-tesa che tra una rissa e un’altra in Parlamento si decida sul loro destino? Oppure tempi dove alla fine di un (purtroppo frequente) funerale di qualche giovane pe-rito sul maledetto asfalto del sa-bato sera, non solo non si rispet-ta il silenzio - da sempre inteso come momento di rispetto e di raccoglimento - ma addirittu-ra si intonano cori da stadio o si accendono fumogeni e fuo-chi d’artificio? E allora sapete che c’è? Che a noi piacevano di più quei tempi. Quei tempi dove alla sacralità del silenzio si dava quell’importanza e quel rispetto che certi momenti ri-chiederebbero. Perché davanti alla solenne quiete della morte, l’unico atteggiamento adeguato è quello del silenzio, del silenzio

pensoso e rispettoso.Che poi, questo silenzio - ora-mai da tutti temuto e bandito perché non contemplato nelle faccine che sui social eviden-ziano le nostre reazioni ai post - cos’era e cosa rappresentava esattamente nel primitivo regi-stro comunicativo dell’Uomo Sapiens? Il silenzio è definito solitamente nei vocabolari in termini negativi, come assenza o privazione: assenza di rumo-re, di suoni, di voci, di parole, di emissioni sonore. Quindi l’opposto del parlare, del pro-durre suoni o rumori. Il silenzio sembra così associato all’idea di astensione da qualche cosa, che è appunto l’azione umana, la po-iesis sul mondo, il fare dal nul-la. E quindi il silenzio fa paura. Perché la gente pensa che stare insieme voglia dire parlare, e che i vuoti siano di conseguenza momenti da riempire. Altrimen-

ti diventano imbarazzo, panico. Noi invece riteniamo che a vol-te stare in silenzio è pienezza, è condividere l’essenziale. E del resto in determinati momenti della vita (o della non vita) il silenzio rimane l’unica condi-zione possibile che ti permette di condividere e di vivere piena-mente quello stato con te stesso. E solo con te stesso. Con te stes-so e con la tua coscienza. Con quella pienezza che la coscienza comporta e richiede. Ed è pro-prio questo forse che spaventa di più. Perché non siamo più abituati a rimanere soli con noi stessi, visto come tutti quanti siamo presi dal “dividere” con centinaia di utenti pure quella pizza che ci apprestiamo a gu-stare. Abbiamo una tremenda paura di sentire quell’acqua cal-ma che sale dentro, che si muo-ve lenta, con un ritmo simile al battito del cuore.

Ma cosa c’è di più intimo da re-galare, a qualcuno che ci ha la-sciato per sempre, del battito del nostro cuore? Nulla, credo. Ed è così che bisognerebbe salutare i nostri cari che sono passati a miglior vita. Ed ogni altra mani-festazione, specie se fastidiosa, molesta, rumorosa, lasciamola dentro una curva da stadio o su una bancarella del mercato. Non trasciniamola all’interno di una chiesa. Perché, piaccia o no, che vi si creda o meno, quello resta un sito che storicamente sancisce una sacralità, una de-vozione.La morte è un grande miste-ro. La morte esige silenzio, raccoglimento, riflessione. Davanti alla morte non c’è nulla che giustifichi il chiasso: biso-gna avere un animo ben volga-re per pensare che la si possa salutare come si fa all’ingresso dei calciatori nello stadio, o a quello dei cantanti rock in qual-che megaconcerto all’aperto. E allora, cari influencer, fatevi sentire - voi che tanto contate oggigiorno - fatevi sentire voi affinché si ponga fine allo scem-pio dei botti da funerale. Perché ne subiamo sin troppi, di botti, nella vita, e va rispettato invece il dolore di chi a quella tragedia è sopravvissuto. Sopravvissuto come un fantasma… Un fanta-sma nudo e muto!

Ci vorrebbe un influencer per indurre a rispettare la voglia di raccoglimento degli amici

Nei funerali in chiesa non c’è nulla che giustifichi il chiassoda stadio o da megaconcerto rock. La morte esige silenzio

di Duccio Di Stefano

LA CIVETTA di Minerva8 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

EditriceASSOCIAZIONE CULTURALE MINERVA

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Reg. Trib. di Siracusan° 1509 del 25/08/2009

UNIME aveva deciso di recedere subito la convenzione col CUMI anziché attendere il 2024 ma ora a Priolo resta Giurisprudenza e a Mellili nasce Scienze dell’Amministrazione

Il rettore dell’Università Cuzzocrea:“Ampliamo l’offerta formativa!”

di Gianfranco Pensavalli

Abbiamo parlato nello scorso numero della Ci-vetta di ferie e permessi

e abbiamo dato un primo indi-spensabile consiglio: non fare mai richieste verbali ma solo in forma scritta, e pretendere la risposta dal Dirigente e non da altri.Questa volta affrontiamo nuovi argoemnti.

Per quel che riguarda le visite specialistiche, le terapie, le pre-stazioni specialistiche e gli esa-mi diagnostici, è utile ricordare che sia il personale docente a tempo determinato (personale supplente) che indeterminato (personale di ruolo) può otte-nerle:- chiedendo un permesso breve con recupero. Massimo 2 ore al giorno e non possono eccedere nel corso dell’anno il limite cor-rispondente al rispettivo orario settimanale di insegnamento [art.16 del ccnl vigente],- chiedendo un permesso retri-buito (docenti a t. i.) o non retri-buito (docenti a t. d.) [articoli 15 e 19 del ccnl],- chiedendo di farle rientrare nelle assenze per malattia [arti-

coli 17 e 19].Le domande di fruizione del permesso è presentata 3 giorni prima. Nei casi di urgenza o necessità anche 24 ore prima e comunque prima dell’inizio dell’orario di lavoro (se, ad esempio, il medico prescrive un accertamento urgente).Ovviamente nei casi in cui il docente decidesse di utilizza-re il 3° caso è esclusa la visita fiscale perché il medico fiscale non avrebbe alcuna malattia da accertare in quanto trattasi di visite specialistiche, terapie, ecc. per cui la stessa si risol-verebbe in un aggravio allo Stato per il pagamento del me-dico fiscale. Inoltre con nota n. 7457 del 6/5/2015 il MIUR dispone che “nelle more della rivisitazione delle discipline e dell’eventuale ricezione di nuove istruzioni da parte del Dipartimento per la Funzione Pubblica [problematica risolta nel CCNL 2018 solo per il per-sonale ATA], si ritiene che le assenze dal servizio per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagno-stici debbano essere ricondotte esclusivamente alla disciplina normativa di cui all’art. 55 sep-tes, comma 5 ter del d.l.gs n. 165 de 30/3/2001, senza tener

conto di quanto statuito suc-cessivamente” [ovvero legge n. 125 del 30/10/2018 – circolare della FP n. 2/2014 annullata dalla sentenza del TAR LAZIO con sentenza n. 5714 pubblica-ta il 17/4/2015]. L’unico istituto giuridico da applicare è quindi l’art. 55 septes, comma 5 ter del D. l.gs. 165/2001 (modifi-che recate dall’art. 16, comma 9 del D.L. n. 98/20111, converti-to nelle legge n. 111/2011), che così recita:“Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’esple-tamento di visite, terapie, pre-stazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustifi-cata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che ha svolto la visita o la prestazione o trasmessa da questi ultimi mediante posta elettronica”.Nel caso in cui il dipendente che, a causa di patologie soffer-te, debba sottoporsi periodica-mente, anche per lunghi periodi continuativi o periodi, a terapie comportanti incapacità lavora-tiva, è sufficiente un’unica cer-tificazione, anche cartacea, del medico curante, che attesti la necessità di trattamenti secon-do cicli o calendari stabiliti

Da quanto appena esposto ap-pare chiaro, si spera a tutti, che, come evidenziato anche dal Dipartimento per la Funzio-ne Pubblica (circ. n.10/2011), qualora il dipendente imputi l’assenza a visite specialistiche, terapie, ecc. è sufficiente che la scuola acquisisca la semplice attestazione rilasciata dal medi-co o dalla struttura anche priva-ti che le hanno effettuate, senza ulteriori adempimenti o forma-lità aggiuntive, ad esempio che le medesime potevano essere svolte solo in orari coincidenti con quello di lavoro. È com-prensibilmente improponibile, come già detto, la visita fiscale.Personale ATAIl personale ATA ha diritto per

l’espletamento di visite spe-cialistiche, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagno-stici a 18 ore per anno scolasti-co, sono assimilati alle assenze per malattia, fruibili sia su base oraria (in questo caso non sono soggetti alla decurtazione del trattamento economico acces-sorio prevista per le assenze per malattia nei primi 10 giorni) che giornaliera. La domanda di fruizione del permesso è presentata 3 giorni prima. Nei casi di urgenza o necessità anche 24 ore prima e comunque prima dell’inizio dell’orario di lavoro (se, ad esempio, il medico prescrive un accertamento urgente). Vale, anche per questo personale,

quanto previsto per i docenti e cioè “Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustificata mediante la presen-tazione di attestazione rilascia-ta dal medico o dalla struttura, anche privati, che ha svolto la visita o la prestazione”.Non va chiesta la visita fiscale a meno che ci sia concomitanza tra l’espletamento della visita specialistica e la situazione di incapacità lavorativa tempora-nea del dipendente conseguen-te ad una patologia in atto. Nel caso in cui il dipendente che, a causa di patologie sofferte, deb-ba sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi con-tinuativi o periodiche a terapie comportanti incapacità lavora-tiva, è sufficiente un’unica cer-tificazione, anche cartacea, del medico curante, che attesti la necessità di trattamenti secon-do cicli o calendari stabiliti.

Nel prossimo numero parlere-mo della sostituzione del perso-nale assente.Solo conoscere i propri diritti consente di essere persone li-bere.

Pillole di normativa per il personale della scuola: Docenti e ATAASSENZE PER VISITE SPECIALISTICHE : BASTA CON LE IRREGOLARITÀ A SCUOLA

di Giuseppe Gentile

Alla fine Messina ha de-ciso che bisogna rein-vestire su Priolo dove è

stato riportato il corso di Giuri-sprudenza mentre a Melilli vie-ne istituito il corso di Laurea in scienze dell’Amministrazione. Ma è giusto ricordare che UNI-ME aveva deciso un anno fa di chiudere la sede distaccata del dipartimento di giurisprudenza di Priolo Gargallo. In riva allo Stretto era stato de-ciso di recedere dalla conven-zione con il Consorzio Univer-sitario Megara Ibleo che invece avrebbe avuto come scadenza naturale il 2024. La decisione aveva provocato una mezza ri-volta di studenti, che l’avevano definita una scelta “immotiva-ta”. Una successiva nota della direzione invitava gli studenti – che rischiavano di trovarsi dall’oggi al domani senza il corso di studi a Priolo, con la conseguenza di dover “traslo-care” a Messina – a far parte

della class action già attivata al Tar dal Cumi. Il rettore Cuzzocrea definisce il tutto acqua passata e frutto di varie incomprensioni. In Retto-rato, ma con la garanzia dell’a-nonimato, fanno sapere che era fin troppo elevato il rischio di dover sborsare moltissimi euro con un danno d’immagine no-tevole specie dopo aver chiuso Scienze Infermieristiche a Cal-tagirone.Forti investimenti per miglio-rare l’attrazione dei Consorzi Cumo e Cumi, ovvero i poli di Noto e di Priolo, dipendono dalle decisioni che l’Università di Messina, così aveva detto il rettore Salvatore Cuzzocrea, molto soddisfatto per la ri-chiesta di aggiornare le offerte senza, però, anticipare altro, come suggeritogli dal professor Chiara, uno dei prorettori, che ha la delega operativa per i poli aretusei. Nessuna anticipazione di quella che sarebbe stata la novità del nuovo corso, quindi Al Cumi di Priolo restano i tre corsi di laurea in convenzio-

ne con l’Università di Messi-na: Scienze della formazione, Scienze della Comunicazione e Scienze tecniche psicologiche e un numero di studenti che tende di anno in anno ad aumentare. Il CUMO (Consorzio Univer-sitario Mediterraneo Orientale) è oggi un’importante realtà di formazione universitaria con sede a Noto. Nato nel 2001 con la finalità di promuovere l’istru-zione universitaria e la ricerca applicata nell’area sud-orien-tale della Sicilia ha come soci fondatori i Comuni di Noto, Avola, Pachino, Rosolini e Por-topalo di Capo Passero insieme al Cenacolo Domenicano e alla Banca di Credito Cooperati-vo di Pachino. Una struttura di formazione presente in un territorio, quale quello della provincia meridionale di Sira-cusa e in una cittadina, Noto, sempre più all’attenzione per le iniziative turistico-culturali di innovazione.“Attualmente gestiamo tra seicento e settecento iscritti - ricorda il presidente del Con-

sorzio Corrado Spataro - un trend positivo che speriamo di incrementare ulteriormente. Le nostre sono lauree trien-nali ma stiamo tentando di at-tivare anche le specialistiche. Da quest’anno, poi, in colla-borazione con la Fondazione Archimede abbiamo dei corsi ITS (Istruzione Tecnica Supe-riore) per la gestione di attività ricettive e uno per la gestione di beni culturali, di cui stiamo accogliendo le adesioni”.Un’attenzione quindi al turi-smo e al futuro economico del nostro territorio, nuovo sbocco occupazionale della provin-cia, con costi di iscrizione che prevedono anche agevolazioni per reddito e merito. “Le tasse di iscrizione - continua Spada-ro - sono decise dalla nostra università di riferimento che è quella di Messina. Abbiamo una forbice di no tax area che si amplia di anno in anno, e clas-si di pagamento che variano in base al reddito ISEE, oltre ad una serie di borse di studio per gli studenti meritevoli”. E Cuz-zocrea ha confermato che le nuove immatricolazioni hanno costi che sono di un terzo in-feriori rispetto agli altri Atenei siciliani.Oltre a corsi di laurea triennale, al CUMO è possibile frequen-tare un Master Universitario in Tecnologie Avanzate di Forma-zione e Comunicazione per le Scienze Cognitive e Pedagogi-che.

LA CIVETTA di Minerva 9Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected] AMBIENTE

Non c’è alcun dubbio che l’affermazione se-condo cui il mondo in

cui viviamo oggi è il migliore sinora realizzato nella storia universale sia un fatto e non una opinione; per rendersene conto basta pensare a quello che questo mondo era solo 100 anni fa, ma anche meno; ogni diversa valutazione è figlia della disinformazione e di una analisi superficiale se non, peg-gio, di una capziosa narrazione che vuole disegnare un mondo in sfacelo per alimentare ran-cori e atteggiamenti ribellisti che, da sempre, nei secoli, sono stati strumento utilizzato dalle classi dominanti per garantire i propri privilegi. Raramente, inoltre, nella sto-ria dell’umanità si è vissuti in un periodo così lungo di pace e di progresso civile. Eppure, da parte di alcune forze poli-tiche si lavora per indebolire, progressivamente, le istituzioni democratiche interne, quelle multilaterali e quelle inter-nazionali che, con contraddi-zioni e spesso in maniera non lineare, hanno contribuito a rendere il secondo dopoguer-ra così diverso dal primo. Ciò

che emerge dal racconto quo-tidiano della parte del nostro popolo rancoroso, intollerante e superficiale che frequenta i social nonché dalla narrazione dei media, sempre più urlata e sempre meno pregna di anali-si oggettive, sembra di essere sull’orlo del baratro. Questa prevalenza, nel dibat-tito pubblico, lentamente, sta impedendo ai più di rivolgersi ai problemi con l’occhio di chi li vuole affrontare e risolvere e conduce il paese verso un pre-cipizio di intolleranza e rancore sterminato che travolge tutto e tutti consegnando l’Italia a quelle forze demagogiche e qualunquiste che hanno con-tribuito a limitare l’aggancio al grande progresso compiuto dall’umanità nell’ultimo ven-tennio e che ci rende, oggi, disattenti al rischio di una re-gressione globale prodotta dal deterioramento dell’habitat umano.La vicenda di Venezia, il ripe-tersi di emergenze climatiche a più non posso, ricordano, se ancora ve ne fosse bisogno, che è il cambiamento climatico a costituire la minaccia maggiore al benessere, alla salute, alla sicurezza alimentare, come conferma-to dal Rapporto delle Nazioni Unite sulla situazione am-bientale globale, che indica il Mediterraneo tra le aree a maggiore rischio climatico. I cambiamenti climatici avran-no impatti sempre più decisivi

sulla nostra vita quotidiana e se non contrastati renderanno im-praticabile l’agricoltura in varie parti del mondo. L’entità delle migrazioni che oggi ci fanno paura impallidirebbe sotto la spinta delle persone in fuga dal caldo soffocante, dalla sete, dalla miseria che ciò compor-terebbe. Le persone più deboli sarebbero le più colpite, con effetti sociali destabilizzanti anche sul resto dell’umanità. Ridurre i danni ambientali prodotti dalle stesse forze che hanno generato gli straordinari progressi ai quali ho accennato, così come l’attrezzarsi ad af-frontare i danni ormai irrever-sibili, implica il coordinamen-to globale di una conversione tecnologica senza precedenti storici, quindi una collabora-

zione a livello sovranazionale e l’abbandono definitivo di oriz-zonti confinati in un solo paese se non in un solo continente; conseguentemente le sugge-stioni del tipo “prima gli Italia-ni” - che poi diventa “ prima i siciliani, i sardi, i veneti e via restringendo - costituisce la te-stimonianza di una truffaldina sollecitazione agli egoismi più beceri e, in definitiva, più ma-sochistici. Nel complesso, l’umanità è oggi più prospera, longeva, sana, istruita di quanto sia mai stata, per rendersene conto ba-sta uscire da una comoda nar-razione di una perpetua crisi mondiale ed europea a cui, spesso e volentieri, i social e i mass media ci rappresentano. Il che non vuol dire che va bene

così, che la lotta alla fame e alla povertà sia vinta, l’equità nella distribuzione delle risor-se è ancora lontana dall’essere raggiunta pur non di meno, ri-badisco, passi avanti ne sono stati fatti e anche notevoli. Ba-sta avere un po’ di memoria… In gran parte del mondo, con l’eccezione di alcuni paesi afri-cani e asiatici, fame e povertà continuano a diminuire e, per la prima volta nella storia, si è diffusa nel mondo una nume-rosa classe media, sostanzial-mente benestante, i cui figli si aspettano di vivere meglio dei genitori. Il riconoscimento di tutto ciò è necessario per renderci conto di che cosa potremmo perdere nei prossimi anni e decenni se il benessere individuale e sociale subisse improvvisi rovesci o semplicemente migliorasse più lentamente. Eppure nel sentire collettivo tutto ciò sfugge in un costante gioco al massacro in cui vengono coinvolti tutti gli aspetti del nostro vivere civi-le: dalla democrazia politica al welfare. I problemi che oggi dovrebbe gestire la classe politica sono soprattutto di natura sociale e sono molto delicati perché ne-cessitano un cambiamento cul-turale non indifferente. Come fare accettare la “conversione” a diversi stili di vita, a nuove forme di lavoro, l’abbandono di modi consolidati di pensare, di culture secolari? Come com-porre gli interessi, legittimi e

meno legittimi, di individui, collettività, nazioni, stati, con-tinenti senza che i necessari compromessi politici richie-dano una corsa verso il basso che finisca per vanificare ogni sforzo? Sono domande prive di facili risposte, tanto che mol-ti dubitano che la salvezza del pianeta sia compatibile con la democrazia. Le azioni che singoli e comuni-tà devono porre in atto sono di natura complessa, fine, diffusa, pervasiva e devono fondarsi su un ampio consenso individuale e sociale. Non possono, dun-que, essere governati da com-portamenti opportunistici. La presa di coscienza del rischio ambientale e dei suoi effetti sulla vita quotidiana e sull’eco-nomia è un indispensabile pri-mo passo sulla difficile via del cambiamento reale. Nonostante il problema del cambiamento climatico sia molto cresciu-to negli ultimi anni e occupi il primo posto tra i problemi sentiti in Europa (paradossal-mente, più nei paesi nordici, meno esposti alle conseguenze del riscaldamento globale, che in quelli mediterranei.) questo rischio è fortemente sottova-lutato dall’opinione pubblica italiana e dai decisori politici, segnandoci, inevitabilmente, come un peso morto per i nostri partner da cui, Dio non voglia, l’irresponsabilità dei sovranisti di varia natura vorrebbero se-pararci.

Nel complesso, l’umanità è oggi più prospera, longeva, sana, istruita di quanto sia mai stata, eppure…

Ambiente e sviluppo, una dicotomia tra mito e realtàPonderata riflessione sul dibattito in corso all’ONU

di Giambattista Totis

Il 97% degli scienziati nel mondo (climatologi, me-teorologi, chimici, fisici,

ecc.) avverte che l’effetto serra provoca il riscaldamento glo-bale e i conseguenti disastrosi cambiamenti climatici. Altri negano che sia in atto un pro-cesso derivante dalle attività umane e dagli effetti delle im-missioni in biosfera di enormi quantità di CO2 e/o da inqui-namento derivato da gas cli-malteranti, ma che tutto rientri nei normali cicli climatici, altri attribuiscono questi fenomeni alle perturbazioni solari e al-tro ancora. Ci preoccupano i negazionisti perché riescono a fare breccia su potentati eco-nomici, finanziari e politici che vedono in chi evidenzia i peri-coli del riscaldamento globale come nemici dei loro interessi. Ci preoccupano i politici (vedi Trump o Bolsonaro) che hanno interessi elettorali che fanno

perno sulla negazione degli eventi e così rassicurano il loro elettorato conservatore e rea-zionario, spesso da loro poco ragguagliato intenzionalmente, o informato con notizie false e fuorvianti, o “distratto” ar-tatamente e strumentalmente, come sostiene Noam Chomsky.Ci preoccupano molto anche coloro che, pur avendo consa-pevolezza, sono indotti all’i-nazione, alla rassegnazione, alla sfiducia di poter risalire la china.I DATI FORNITI DA PRESTI-GIOSE ISTITUZIONISecondo quanto ha pubblicato Jonathan Safran Foer (Pos-siamo salvare il mondo, prima di cena – perché il Clima sia-mo noi) la FAO con il rappor-to Livestock’s Long Shadow (L’ombra lunga del bestiame) fissa al 18% la percentuale di immissioni di gas serra pro-dotte dal settore zootecnico a livello globale, mentre il Wor-ldwatch Institute col Rapporto Livestock and Climate Chan-ge: what if the key actors in Climate Change are… cows, pigs, and chickens ? (Bestia-me e mutamento climatico: e se gli attori chiave nei cam-biamenti climatici fossero...

vacche, maiali e polli?) ci dà come percentuale addirittura il 51% (32.564 milioni di tonnel-late all’anno di emissioni di gas serra in CO2). In tutte e due i casi, comunque, la percentuale supera quella dell’intero settore dei trasporti. Gli autori del Rapporto, Robert Goodland e Jeff Anhang, affermano “se quanto sosteniamo è corretto, sostituire il bestiame con alter-native migliori sarebbe la stra-tegia più efficace per invertire la rotta del cambiamento clima-tico”. Raccomandano, infine, di ridurre del 25% la quantità di animali d’allevamento nel mondo. SI ABBASSA LA CAPACITA’ FOTOSINTETICA DELLA TERRA Robert Goodland si basa sulla crescita esponenziale della pro-duzione zootecnica (che attual-mente super i 60miliardi di capi di bestiame) accompagnata dagli incendi delle foreste, dal mancato assorbimento dell’ani-dride carbonica a seguito della deforestazione prodotta dall’in-dustria zootecnica che si abbat-te proprio su quei tipi di foreste che hanno maggiore capacità di fotosintesi, per asserire che aumenta progressivamente la

volatilizzazione del carbonio presente nel suolo e una dram-matica riduzione della capacità fotosintetica della Terra. Inol-tre i prodotti animali debbono essere refrigerati e ciò richie-de l’impiego di fluorocarburi, composti che hanno un poten-ziale di riscaldamento globale di migliaia di volte superiore a quello della CO2, la cottura degli animali, lo smaltimento dei liquami, e dei sottoprodotti animali come ossa, pelli, gras-so e piume che devono essere eliminati o smistati. E ancora il carbonio immesso dalla respi-razione animale e dall’ossida-zione del suolo eccede, rispetto a quello assorbito dalla fotosin-tesi, di uno-due miliardi di ton-nellate l’anno.

RAPPORTO dell’ASSEM-BLEA GENERALE dell’ONULa Banca Mondiale sollecita le istituzioni a “evitare di finan-ziare imprese commerciali su ampia scala per l’allevamento do bovini alimentati a grana-glie”.Un Rapporto dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2014 ha promosso la valutazione del 51% del Worldwatch Institute rispetto alla stima della FAO,”

anche se la cifra esatta rimane oggetto di dibattito e di ulte-riori verifiche, ma all’interno della comunità scientifica non c’è dubbio che l’impatto del-la produzione zootecnica sia enorme”. Anche l’UNESCO, ha pubbli-cato un rapporto che propende per la stima del 51% e che “il calcolo del Worldwatch In-stitute rappresenta un enorme cambiamento di prospettiva e costituisce un’ulteriore prova del rapporto tra produzione di carne ed effetti del mutamento climatico”.Infine per l’International Energy Agency “sostituire i prodotti di origine animale con alimenti alternativi offre un doppio vantaggio: si riducono rapidamente le emissioni di gas serra e si libera terra per con-sentire a più alberi di catturare, nel breve termine, il carbonio in eccesso in biosfera”.Ignoranza, o masochismo (quando si ha conoscenza e consapevolezza), avidità, pas-sività, potenza della pubblicità consumistica, incapacità di rinuncia, distrazione indotta o cercata, antropocentrismo esasperato (siamo nell’era co-siddetta dell‘Antropocene) e

aggressività rapace delle mul-tinazionali non consentiranno al mondo di reagire. Alcuni asseriscono che forse siamo de-stinati, come specie, all’estin-zione o ad avere conseguenze terribili per le mutazioni clima-tiche. Il fallimento dell’ultima conferenza mondiale di Madrid di pochi giorni fa, purtroppo, ne è la prova. Il mondo non è stato capace di reagire e forse non lo sarà mai. Già la nostra generazione, specialmente gli scienziati e i giovani di Friday For Future, constatano che si avvicina il punto di non ritor-no, la mancanza di capacità di autorigenerazione degli ecosi-stemi e il collasso già evidente di alcuni di essi. Eppure oggi, con gli algoritmi, i robots, i prossimi sistemi di comunicazione con i computers e cellulari quantistici, l’intel-ligenza artificiale, potrebbero fornire, in parte, mezzi adegua-ti, ma se non vi è un pensiero alto che accompagna, come quello dell’attenzione alle futu-re generazioni e la consapevo-lezza del limite, sarà tutto vano.

EMERGENZA CLIMATICA – MASOCHISMO o NEGAZIONISMO?Occorre un pensiero alto come quello dell’attenzione alle future generazioni e la consapevolezza del limite o sarà tutto vano.

di Paolo Pantano

LA CIVETTA di Minerva10 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

Perché no? Forse perché è una proposta troppo sem-plice, forse perché risol-

verebbe annosi problemi che si preferisce non affrontare? Perché si dovrebbe dismettere impianti che sono costati tantissi-mo e non avrebbe senso! Questa la risposta data nel corso del dibattito di Lealtà e Condi-visione del 25 novembre scorso sulle tante e irrisolte criticità del sistema idrico siracusano. Una boutade più che una risposta ma, crediamo, solo perché l’ipotesi buttata giù in un frettoloso inter-vento, dati i tempi contingentati, da Vincenzo Bongiovanni, stu-dioso di storia e di archeologia subacquea, nella sua ovvietà, ha disorientato un po’ tutti e lasciato quasi inebetiti.Eppure, prendere atto che a volte le soluzioni più semplici sono a un passo da noi, anche se non ci abbiamo mai pensato o le abbia-mo scartate per altri (inconfessa-bili) motivi, è manifestazione di intelligenza non di dabbenaggine (semmai sì quella del passato, ma invertire la rotta sbagliata va sem-pre fatto).E come avrebbe reagito il pub-blico presente al convegno, come i dirigenti della Siam e i tanti esperti, se avessero potuto ascol-tare la proposta completa di Bon-giovanni, se avessero sentito che il destino del depuratore da milio-ni di euro potrebbe essere quello di incubatore per pesciolini e ricci

di mare? Come è noto, attualmente i li-quami fognanti confluiscono in una vasca di accumulo ubicata nella zona della ex Sotis che ha funzioni di decantazione e di dis-sabbiatura prima di venir pompa-ti all’impianto di depurazione di contrada Canalicchio. Poi i reflui “depurati” vengo-no sversati nel canale Grimaldi confluendo così nelle acque del Porto Grande: una procedura che abbiamo detto essere “possibile” in emergenza e che invece è di-ventata di prassi. E tra l’altro sulla scorta di un’autorizzazione regio-nale che il geologo Pippo Ansaldi ha spiegato essere del tutto illogi-ca e illegittima.“L’impianto di contrada Ca-nalicchio – spiega Bongiovan-ni - fu progettato con l’intento principale di depurare i liquami fognanti della Città ma anche con un programmato ritorno eco-nomico costituito dalla vendita delle acque reflue, in parte alla zona industriale (si diceva per il raffreddamento delle centrali

termiche che all’epoca venivano servite emungendo acqua dolce dal fiume Ciane) e in parte come acque di irrigazione per i terreni del Consorzio Paludi Lisimelie dove era stato posto in opera un sistema di canalizzazioni in ac-ciaio e relative derivazioni, appo-sitamente progettato e finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno. Il depuratore avrebbe dovuto inol-tre funzionare con un impianto di biogas alimentato dalla decom-posizione dei fanghi residui della depurazione. Ma il ritorno economico non si è mai realizzato perché è venuto meno il supporto industriale e perché le acque reflue non sono mai state conferite al Consorzio. Vox populi ha sentenziato che l’ultima lavorazione del reflui avviene con un consistente tratta-mento di clorazione per l’abbatti-mento dei coli fecali. Se ne dedu-ce che la mancata “vendita” delle acque con presenza di cloro non è andata bene né per l’industria né per l’irrigazione”. In sostanza, secondo Bongovan-

ni, non solo non è stato raggiunto lo scopo progettuale ma soprat-tutto si è aggiunto il danno dello scarico dei reflui direttamente a mare con gravi conseguenze per la salute delle acque del Porto Grande con fenomeni di eutrofiz-zazione, e ciò anche a voler pre-scindere dai casi di reale inquina-mento più volte registrato per le fermate dell’impianto per motivi tecnici o per negligenza o dolo.In realtà in passato si cercò di conferire i reflui all’impianto di depurazione dell’ASI utilizzan-do la vecchia condotta di emun-gimento delle acque dal Ciane “ma il risultato sembra sia stato alquanto oneroso” continua Bon-giovanni.Ed ecco allora la proposta: “bypassare l’impianto di contrada Canalicchio spingendo i liquami fognanti del versante sud della città dalla attuale vasca di accu-mulo, decantazione e dissabbia-tura, direttamente all’impianto di depurazione dell’ASI tramite una condotta forzata da porre in opera all’interno del tunnel ferroviario.

In questo modo si eviterebbe l’attuale sversamento dei reflui all’interno del Porto eliminando qualsiasi tipo di inquinamento”. “I liquami depurati da Canalic-chio potrebbero essere inviati direttamente nel collettore della condotta sottomarina sfruttando il dislivello esistente di circa 40mt e provvedere con un eventuale sollevamento intermedio posto all’uscita della galleria ferrovia-ria – conferma l’ingegnere Nino Di Guardo -. Attualmente solo il quartiere di via Avola per circa 10.000 abitanti già conferisce i liquami al depuratore industriale e un nuovo breve tratto di condot-ta immette i liquami grezzi nel collettore sud della rete fognante che adduce all’impianto di depu-razione”. Abbandonare quindi il depurato-re di contrada Canalicchio? “Non necessariamente. Si potreb-be pensare a una sua riconver-sione e al riutilizzo delle vasche per la produzione di avannotti e di ricci di mare in vasche a ter-ra, come esiste già a Palermo e soprattutto a Cagliari, per il ripo-polamento della fauna all’interno del Porto e nelle zone costiere dove i bracconieri continuano a depredare i fondali”.Un’ipotesi non surreale, anzi; sup-portata da un progetto importante di “ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività eco-nomica e sostenibilità ambien-tale dell’allevamento del riccio di mare” finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del 7° pro-gramma quadro a sostegno delle

piccole e medie imprese. Una ri-cerca condotta dal Dipartimento di Scienze della vita e dell’am-biente dell’Università di Cagliari che ha realizzato uno “schiuditoio sperimentale di ricci” nella locali-tà Sa Illetta in collaborazione con il Consorzio Ittico Santa Gilla. “Il vivaio è in grado di produrre 150.000 giovani ricci l’anno. Una riqualificazione gestionale per-metterebbe all’attuale gestore del servizio idrico, la SIAM, di farsi carico della progettazione, realiz-zazione e gestione della variante nonché dell’attuazione della pro-posta di riqualificazione dell’im-pianto siracusano senza perdita di posti di lavoro. Facendo riferi-mento inoltre al grave problema dell’elevato tasso di salinità nelle acque dell’impianto idrico siracu-sano, ricordo che l’Amministra-zione Comunale diede incarico all’illustre professor Gabrielli di suggerire una alternativa all’e-mungimento delle acque dalla zona Dammusi Palma. Il geologo individuò in contrada Monasteri di Sotto, vicino Floridia, a circa 200 metri di profondità, un vasto bacino imbrifero capace di servi-re, senza soluzione di continuità, il fabbisogno idrico della Città, delle frazioni e degli insediamen-ti costieri. Gabrielli propose la costruzione di una centrale di emungimento e spinta verso i ser-batoi siracusani, compreso quello del Plemmirio. Perché non discu-terne?”Già: why not?

DEPURATORE CANALICCHIO: INCUBATORE PER PESCIOLINI E RICCIEnzo Bongiovanni: “Liquami direttamente all’IAS con una condotta in acciaio nel tunnel ferroviario”

di Marina De Michele

Esile e mingherlino per sua natura, un mio vecchio e caro paziente, alla so-

glia degli ottanta sopravvive da quindici anni, malamente ma pervicacemente, a un cancro dello stomaco che lo ha privato della possibilità di mangiare. Dal cancro si è salvato asportando lo stomaco, da allora vive di piccoli bocconi che, per lui, fuscello fin dall’infanzia, sono stati sufficien-ti finora a tenerlo in vita e accudi-re a se stesso. Una mattina i familiari lo trovano esanime e lo portano in autoam-bulanza in ospedale.In poche ore nei locali del pronto soccorso con rapidi accertamenti i medici si convincono del fatto che il suo coma sia irreversibile e consigliano ai familiari di ripor-tarlo in casa: non gli danno che tre ore di vita!Non s’è mai visto un siciliano che lasci morire senza far niente un suo familiare. Dove manca l’o-spedale deve supplire il territorio. Subito dal medico di famiglia a chiedere ossigeno, fleboclisi, in-fermiere, e cure, tutte quelle che esistono!Ma il mio amico è, sì, mingher-lino ma è un duro. Passano ven-tiquattro ore e non muore! Pa-gando di tutto e di più si consulta un luminare che, per fortuna, concorda col medico di famiglia: non si sa perché sia andato in coma, bisognerà ricoverarlo per

accertamenti.Convinti della necessità di inda-gare e di soccorrere al meglio il proprio congiunto, i familiari il giorno dopo richiamano il 118. A bordo, questa volta, c’è pure il medico. Conclusa la sua visita, il collega “soccorritore” convince i fami-liari che l’ammalato è grave, che non si salverà, che conviene te-nerlo a casa, aspettando la morte. Consiglia di chiamare il medico di famiglia e attrezzare a poco a poco, un ospedale in casa. Così, equivocando su come si articoli la sanità pubblica a casa delle persone, si suggerisce di attivare un’assistenza domiciliare integrata. Magari non è infor-mato che la compilazione dei tre moduli necessari richiede circa due ore, che si deve comunicare con l’ufficio addetto solo per po-sta elettronica, che bisogna aspet-tare i controlli sanitari fiscali per verificare se il caso vale la spesa e che i tempi burocratici di risposta si aggirano dai tre ai sei giorni.Insomma potrebbe essere un tempo utile per morire senza cure. Inutili per il valoroso “soccorrito-re” le flebili richieste dei familia-ri che, giustamente, vorrebbero capire come si possa andare in coma all’improvviso e per quale motivo. Com’è naturale, si chie-dono se sia possibile avere una speranza di cura. In fondo si fanno portavoce del-le stesse cose che ripetono tutti i medici interpellati, privi persino

dei responsi degli accertamenti fatti in urgenza prima che il mio caro paziente fosse condannato a morire a casa. Dando una scorsa al foglio di dimissione si mette in luce che il paziente chiede di andare a casa contro il parere dei sanitari. In sostanza il figlio, indotto dal me-dico responsabile, decide di far morire a casa il padre.Intanto il nostro caro amico dà ragione a chi vuol capire quel che è successo e, dopo tre giorni, pare resuscitare, esce parzialmente dal coma, non riesce ancora a parlare ma capisce e si esprime con gli occhi. Il giorno dopo biascica qualche parola e muove qualche parte del corpo. Un pensionato sociale certo non potrebbe pagare autoambulanze private, tac, infermiere, consulti specialistici ma in Sicilia si fanno miracoli e si fa tutto e di più.Così, giacché il nostro personag-gio non riesce a morire come pre-vedevano tutti quei medici che posseggono le chiavi che aprono le porte della medicina pubblica, viene consultato un ultimo lumi-

nare. Egli dirige un reparto adatto alla bisogna ma non sapendo spiegare la causa dei fenomeni che hanno portato a questo stato semico-matoso, invece di ricoverare il malcapitato, chiede una Tac di controllo.Sa perfettamente che si dovrà chiamare un’autoambulanza privata, pagare la Tac perché ci sono le liste di attesa? Non è dato sapere.Non è sfiorato dal dubbio che questo cittadino avrebbe dei di-ritti, che è un pensionato sociale, che i suoi cari hanno tutti i motivi per protestare. Soprattutto che i pazienti in coma di natura sconosciuta non si pos-sono curare a casa in nessuna parte del mondo che non sia qual-che foresta tropicale.

SON PASSATI DIECI GIOR-NI DAL FATTACCIO

Certo è che un mingherlino, an-che se duro e tosto, con la febbre e senza poter mangiare, prima o poi ci lascerà le penne ma ciò non

importa a nessuno, se non ai suoi affettuosissimi congiunti. Mi riconosce, fa segno con gli occhi, muove il collo. Non potrà resistere per molto ancora alla sua età. A tutt’oggi paga ogni cosa e non è stata attivata l’assi-stenza domiciliare che era stata fatta balenare come alternativa al ricovero. Poco dopo la compilazione di questo articolo il mio amico è spirato, mezz’ora dopo che è per-venuta l’autorizzazione ad avere un infermiere quotidianamente e due visite al mese del proprio medico di famiglia. Sono passati otto giorni per avere l’autorizza-zione. Troppo tardi, ahimè! Senza recriminare contro nessu-no in particolare, ho voluto dare la mia testimonianza. In coscien-za.Non si vuole essere complice se non con chi soffre.

QUALCHE CONSIDERA-ZIONE S’ IMPONE

Già dalla presenza delle liste di attesa in tutta Italia si capisce che la sanità pubblica sta per morire.Gli assalti ai medici e ai pronto soccorso parlano di una lacera-zione della struttura sociale in cui si è perso il patto di civiltà che accoglie la domanda di salute dei cittadini e assicura la gratuità del soccorso.Non vi è una chiara presa di posi-zione della politica.Nessuno dice al cittadino che senza denaro non vi è garanzia

di essere curati.Può andar bene pagare per le tante malattie meno gravi e per le cure procrastinabili, ma un coma improvviso non è mai curabile a casa. In altre realtà civili fare fleboclisi a domicilio e iniettare endovena farmaci è severamen-te vietato.Giusto mi sembra concedere di andare a casa per morire ma un medico esperto sa quando è il momento. In questo caso il pa-ziente è migliorato ma lasciato senza cure adeguate al proprio domicilio. Dopo dieci giorni senza cibo era ancora vivo e comprendeva quanto gli viene detto.Giusto anche voler sapere che cosa ti sta uccidendo.Tanti dubbi mi assalgono e qui uno in particolare. Possibile che un operatore della sanità pubbli-ca non sappia che organizzare a casa un ospedale è impossibile e pericoloso? Che è impossibile eseguire e avere i risultati in tem-po reale di qualsiasi indagine o accertamento? Che è impossibile in poche ore avere a disposizione ossigeno a permanenza, un infer-miere, un medico che affianchi il malato più volte al giorno?La gravità delle condizioni di un ammalato non abolisce l’esisten-za di vergognose liste di attesa e i tempi morti scandalosi della burocrazia.Siamo molto oltre ogni norma e deontologia professionale.Siamo tutti in pericolo.

Un coma improvviso: “Si curi a casa!”Siracusa sta sempre un passo piu’ avanti dell’italia. Nel male, s’intende!

Dr. Corrado Artale

LA CIVETTA di Minerva 11Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

Non è semplice per un giornale o una rivista cartacea giungere a ta-

gliare traguardi importanti in termini di durata: la concorren-za dei new media e una certa disaffezione verso la lettura e l’approfondimento – spesso si preferiscono veloci post com-posti di poche immagini ad effetto e di ancor meno parole – rendono sempre più complicata la sopravvivenza di mezzi “len-ti” come il quotidiano, il quin-dicinale, il mensile. Eppure. Eppure qualche giorno fa “No-tabilis”, bimestrale di cultura che mette in risalto “Persone, fatti ed eventi degni di nota in

Sicilia” e che si è posto l’ambi-zioso obiettivo di difendere la cultura siciliana sul territorio e nel mondo, ha tagliato il na-stro dei suoi primi dieci anni: grazie alla caparbia dolcezza di Daniela Tralongo, che lo dirige e lo pubblica, affiancata da una squadra di validissimi collaboratori e simpatizzanti – pensiamo ad Egidio Ortisi, Mario Blancato, Paolo Fai, Elio Cappuccio, a docenti opera-tori culturali studiosi artisti e scrittori come Salvo Zappulla, Emanuela Abbadessa, Mari-nella Fiume e Maria Lucia Ric-

cioli, a Carmen Dollo, Antonio Raciti, Maria Cristina Piccio-lini, Giovanna Caggegi, Ora-zio Mezzio, Paolo Sanzaro… - questo periodico raffinato è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante nell’editoria sicilia-na e oltre.La sfida è quella di seguire la tradizione e si sapersi rinno-vare: la grafica gioca un ruolo importante così come l’indi-viduazione di nuovi target (ad esempio una sezione è dedicata ai piccoli lettori); la costola di-gitale di Notabilis offre inoltre un aggiornamento quotidiano

sugli eventi di maggiore spes-sore – fondamentale il lavoro di Ilenia Nicolosi, Federica Mi-celi, Claudio Ruggeri, una cui splendida illustrazione raffigu-rante Luca Parmitano, siciliano di Paternò a capo della Stazio-ne spaziale internazionale, è stata offerta in dono agli ospiti della serata per festeggiare il decennale di Notabilis.Si è parlato di moda in Sicilia grazie alle creazioni sartoriali di Lovemà, di festival culturali come Sicily Fest, di teatro con Gisella Calì, di scrittura che si unisce al volontariato con Aldo Mantineo e “Serafiche frequen-ze”, la raccolta di racconti edita da Sampognaro & Pupi il cui ricavato finanzierà l’acquisto di un defribillatore per un istituto scolastico di Siracusa e la for-mazione per gli operatori che lo utilizzeranno… e molto altro.Ecco le parole di Daniela Tra-longo: “… è stata una vera e propria festa, che attraverso la voce dei presenti, ma anche

di chi non è potuto esserci, ha permesso di raccontare questi dieci anni di attività del lavoro di Notabilis: fare informazione culturale, consegnare appro-fondimenti che generino let-ture critiche e scoprire risorse umane e territoriali che siano di esempio e ispirazione. Fare in-formazione culturale è davvero una scommessa, e decidere di farlo con un’edizione cartacea e una online forse è follia. Ri-conoscere le professionalità diventa fondamentale. Viviamo bombardati da informazioni che ci aggiornano minuto per minuto di tutto ciò che ci cir-conda e al 90% tutto assume toni sensazionalistici (l’urgen-za dei click). Diventa facile in questo modo perdere di vista non solo la complessità di alcu-ni eventi che necessitano lettu-re critiche, ergo spazio per una narrazione polivalente, ergo tempo per leggere questi ap-profondimenti; ma diventa fon-damentale anche offrire letture che siano di ispirazione, che facciano maturare nuove consi-derazioni e spingano a lavorare a un cambiamento. Degli ste-reotipi e delle lamentele sterili non se ne può più. E questo toc-

ca a noi! Tocca a chi fa infor-mazione culturale. A noi tocca ricordare che pensare non è una perdita di tempo. Che le com-petenze vanno riconosciute e valorizzate perché quelli sono gli esempi a cui bisogna dare una voce seria. In pochi secon-di siamo informati su tutto, ma solo in alcuni minuti riusciamo a costruirci un’idea. E quell’i-dea è quella che ci garantisce di non perderci in mezzo alla va-langa di fake news e di modelli effimeri. Quell’idea ci consente di poter avere discussioni in cui ci si confronta discutendo guardandosi negli occhi, senza urlarsi contro ma con il solo po-tere delle idee, dei ragionamen-ti e delle relazioni che arricchi-scono sempre. Perché in fondo di questo si tratta. Di relazioni tra persone che guardandosi in faccia capiscono di non essere sole, in quello che pensano, in quello che fanno, in quello che sperano. Lo spirito della Festa di Notabilis sta tutto in queste righe. Essere insieme e insieme costruire un cambiamento. Le narrazioni si sono intrecciate con i volti di chi le scrive e chi le legge. Tutti insieme, pronti per iniziare i prossimi anni...!”.

CULTURA

Daniela Tralongo: “A noi tocca ricordare che pensare non è una perdita di tempo”IL BIMESTRE DI CULTURA NOTABILIS FESTEGGIA I 10 ANNI

di Maria Lucia Riccioli

Giovanna Tama e la sua La perfezione del cerchio per un editore tanto giovane quanto coraggioso, Alfio Grasso di Algra Editore, di Viagrande di Catania. Giovanna vive a Ca-tania. Ha fondato e diretto con grande successo un’agenzia di comunicazione. Ha tenuto laboratori presso la facoltà di scienze della comunicazione presso l’Università di Catania. Ma osserviamo da vicino la sua seconda opera. La perfezione del cerchio. Racconta una Si-cilia a cavallo tra un’epoca da Gattopardo e l’era moderna. Una lunga saga familiare in un’epoca risorgimentale prima e quindi decadente. Con un rit-mo avvincente Giovanna Tamà ci accompagna in un viaggio e geografico e introspettivo. La Sicilia è un hub verso l’Eu-ropa, l’africa e l’Asia. Ridona all’isola il ruolo che ebbe nel secolo scorso. Una vera e pro-pria realtà nel cuore della sto-

ria. La Sicilia come ombelico del mondo. Forse come ebbe a dire Michelle Padovani inter-vistando Leonardo Sciascia, la “Sicilia come metafora.” Ma chiediamo direttamente all’autrice qualcosa del suo ca-rattere narrativo.

Una scrittura decisamente femminile la tua, racconti di un’umanità percepita come solo una donna riesce a fare. Ogni scrittore dovrebbe ri-spondere alla madre di tutte le domande. Perché scrivere?Perché scrivere? Per quietare un bisogno. La mia immagi-nazione cerca uno sfogo. La scrittura come salasso, per in-tenderci. Non m’intendo di pit-tura, né di musica, se non per apprezzarle da esteta entrambe. La scrittura è il modo in cui mi viene meglio esprimermi. Le parole, nella loro semplicità, la molteplicità del linguaggio, la comunicazione come sistema complesso e difficoltoso, tutta roba maledettamente attraente per me. Un libro che non rie-

sce a contaminarmi, per me, è acqua.

Da Borges a Pirandello, da Dostoevskij a Verga, nella Perfezione del cerchio si può scorgere una nuance con la letteratura classica che nella vita siciliana siciliana si in-carna. Quanto le tue letture hanno inciso sulla tua opera? Un libro che non riesce a conta-minarmi, per me, è acqua fresca, magari mi ha divertita, rinfre-scata, distratta, ma sostanzial-mente non mi ha traghetta-ta dall’altra parte del fiume. Certo che le mie letture hanno inciso, alcune più di altre. Sen-za queste probabilmente non avrei trovato l’ardire di scrive-re.

Talora l’aspetto erotico pre-sente nel tuo romanzo as-sume una certa descrizione mascolina. Una certa cru-dezza descrittiva magari oggi più facile da trovare nelle giovani donne. Hai for-se inteso apparire più ade-

rente ai nuovi linguaggi? Il romanzo si sviluppa in un arco di tempo più lungo di un secolo, tutto è in movimento, il cambiamento del linguaggio è inevitabile. Quando parla o pensa un personaggio maschile degli anni settanta lo fa diver-samente da un uomo di genera-zioni precedenti. Ho cercato di entrare nella testa di un adulto che vive un certo evento, la de-scrizione della sensualità dal punto di vista maschile è cruda, sempre, diciamocelo con since-rità, tranne casi rari. Spero di essere stata convincente come uomo.

Sei soddisfatta della diffusio-ne del romanzo? Hai messo in cantiere qualcosa?E’ presto per dichiararsi sod-disfatta, sono ancora in pro-mozione, ma sono fiduciosa e comunque mi sto divertendo ad andare in giro per le presen-tazioni. Ho alcuni progetti in testa, intanto accumulo sensa-zioni, aneddoti, roba varia, os-servo, registro e scrivo. So che

potrebbero servire in un prossi-mo futuro.

LA PERFEZIONE DEL CERCHIO di Giovanna TAMAUna Sicilia a cavallo tra un’epoca da Gattopardo e l’era moderna

di Francesco Magnano

Brillante performance narrati-vo-teatrale quella di Alessio Di Modica, che, da solo, ha messo in scena/raccontato Sole d’inverno presso il cineteatro Aurora di Bel-vedere il 12 u.s. Il giovane attore si è inventato un linguaggio tutto suo, una sorta di italiano regionale-insulare, con inflessioni siciliane e con una ca-ratteristica del sardo: la nettezza articolatoria, che scandisce le sil-labe, facendo sentire una brevis-sima occlusione tra l’una e l’altra.

Del siciliano regionale e popolare l’attore mutua sistematicamente anche un morfema: il pronome ci, che sta indifferenziatamente per gli/le/loro. Altro tratto dell’ita-liano popolare è l’uso di suoi per loro anche quando l’idea di pos-sesso sia riferita a soggetto plura-le. Esempio: I proprietari terrieri badavano solo ai suoi interessi (= ai loro interessi). Bisogna ammettere che tali li-mitatissimi elementi fonetici e morfologici bastano ad Alessio di Modica per conferire una ca-ratterizzazione regional-popolare al suo fluidissimo racconto i cui

elementi contenutistici sono vera-mente apprezzabili. Sembra di assistere ad una irrefre-nabile eruzione vulcanica piropla-stica; tanto il ritmo è rapido ed in-calzante. E la narrazione, fluida e rapida come l’acqua di un ruscello alpino, abbraccia e sommerge nel suo corso una pluralità di figu-re umane, contessendo la storia dell’eroina, Graziella, ad una mi-riade di personaggi diversi e di fi-gure collaterali. Un flusso narrati-vo più che un flusso di coscienza. Un’alluvione di parole che ci pre-senta la protagonista, originaria di Bagheria, nelle sue relazioni con

la sorella, con altre donne, con uomini del nuovo contesto sociale (il popolo di Lentini-Carlentini, impegnato nelle lotte bracciantili degli anni sessanta). Un racconto corale in cui conflu-isce di tutto: vicende personali come la storia del professore uni-versitario che rinuncia alla catte-dra e si aggrega al popolo… ed eventi pubblici come lo sciopero, per sedare il quale vengono mo-bilitate ed usate impropriamen-te le forze dell’ordine, che, mal guidate, arrivano a sparare agli scioperanti… Il racconto acquista tinte epiche e risvolti drammatici:

Fluidissima opera con caratterizzazione regional-popolare, dai contenuti apprezzabiliPerformance di Alessio Di Modica. «Sole d’inverno» racconto corale di un attore che si fa storia e popolo

di Concetto Rossitto

i colpi d’arma da fuoco della po-lizia sono scambiati inizialmente per i fuochi artificiali della festa di paese e la ferita al polpaccio di uno scioperante è scambiata per il morso di un cane. Alessio Di Modica ci travolge con un racconto corale, in cui conflui-sce di tutto: persino la storia della diffusione dell’agrumicultura in Sicilia assieme ad altre notazio-ni storiche, narrate attraverso le battute del racconto di una madre alla figlia o riferite come testi di improvvisate ninninanne. Nonostante la varietà, il magmati-co fluire di eventi, di prese di co-scienza, di dialoghi, di brandelli di storia… compone un intreccio narrativo unitario ed efficace. E il messaggio dell’epopea dell’e-roina delle lotte bracciantili, che riescono a far ottenere risultati di grande rilievo, passa cioè rie-sce a far breccia nelle coscienze e viene colto con chiarezza dallo

spettatore/ascoltatore. E suscita il rammarico che tali successi erano conseguibili in un tempo ormai superato da mezzo secolo. Oggi è diverso. Purtroppo. Ma ricordare il passato e l’epopea del quarto stato non guasta. Anche se oggi la lotta contro le ingiustizie crescenti non può più passare attraverso scioperi brac-ciantili ma deve necessariamente richiedere un rinsavimento gene-rale della politica e dell’economia. Rinsavimento e resilienza che, purtroppo, non sembrano affatto attuali né imminenti. Una gene-rale presa di coscienza oggi è più che mai necessaria e richiede un contributo di buona volontà da parte di tutti. In attesa di tutto ciò, anche il contributo storico-emoti-vo-narrativo offerto da Alessio Di Modica è da salutare con apprez-zamento. Bravo Alessio. Compli-menti.

LA CIVETTA di Minerva12 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

È stato scritto, a conclusio-ne di un altro articolet-to pubblicato su questo

stesso numero, che oggi la lotta contro le ingiustizie crescenti non può più passare attraverso scioperi bracciantili e lotte del quarto stato ma deve necessa-riamente richiedere un rinsavi-mento generale della politica e dell’economia. Rinsavimento e resilienza che, purtroppo, non sembrano affatto attuali. Né imminenti. Eppure una genera-le presa di coscienza è oggi ne-cessaria e richiede un contribu-to di buona volontà da parte di tutti. Purtroppo non si tratterà di un processo rapido mentre invece le grandi questioni che incombono su tutti noi (e la complessità crescente di esse e del loro aggrovigliarsi) richie-derebbero interventi urgenti e ben indirizzati verso obiettivi progressivi aventi tutti un sen-so, una direzione ed un verso. Ma le cose non sempre vanno per il verso giusto e ciascuno di noi ha il peso irrilevante di un settemiliardesimo dell’u-manità. Il che non ci esime dal tentare di offrire il nostro infi-nitesimale contributo di idee. Nella piena coscienza della nostra irrilevanza, della colos-sale resistenza ai cambiamenti e della consistenza delle forze e degli interessi che ci si contrap-pongono. La manovra finanziaria già ap-provata lunedì scorso (tra mille difficoltà) al Senato è stata blin-data e quasi certamente sarà approvata dalla Camera senza altre modifiche quando questo quindicinale sarà già in edicola. Essa ha un importo di 30,2 mi-liardi ma ben 23,1 di essi sono stati necessari per scongiurare

l’aumento dell’IVA. Il rima-nente (solo 7,1 miliardi) appare insufficiente per avviare l’ago-gnata ripresa o il rilancio dell’e-conomia o lo “sviluppo”. Perciò le critiche fioccano sul governo. Sì, è vero: altrove la ripresina c’è ed altri stati fanno meglio di noi. Ma noi dovrem-mo decidere se puntare prio-ritariamente ad ottenere una crescita del PIL (che misura solo il prodotto lordo comples-sivo e non la distribuzione del reddito corrispondente e tanto-meno il benessere della società) o mirare ad una migliore con-dizione di vita generalizzata. È preferibile avere più crescita o più giustizia sociale e più wel-fare? Di una crescita non ben distribuita, che finisca nelle casse di pochi, non saprem-mo che farcene. La manovra per questo prossimo 2020 sarà asfittica, ma in futuro le cose rischiano di andare ancora peggio se non si cambierà ra-dicalmente il sistema. E una migliore distribuzione del be-nessere può essere conseguita prioritariamente rispetto alla crescita del PIL. La crescita, quando c’è stata, non è stata per tutti. E lì dove c’è ancora, essa non riguarda tutti. La teoria dello sgoccio-lamento verso il basso si è rivelata una colossale fandonia. Ci hanno detto che la ricchez-za, come il grasso da un pollo sul girarrosto, colerebbe verso gli strati sociali meno abbienti. Quella falsa metafora del gras-so che cola è vera solo per ciò che non dice esplicitamente: cioè che chi sta in basso è le-gna da ardere per assicurare un benessere crescente solo a van-taggio di pochi. Il problema di ideare un criterio di valutazio-ne dello sviluppo del benesse-re diverso da quello basato sul PIL è noto da tempo; e ci sono già varie proposte diverse, ma nessuna è ancora stata adottata in sostituzione del PIL. Intanto l’indice di Gini già da tempo ed ora anche il recente dossier

degli economisti di Bankitalia su ineguaglianza e stagnazione confermano quanto già si sape-va: la disuguaglianza cresce. I governi che si succedono non forniscono soluzioni. O ne trovano solo qualcuna par-ziale come il reddito di citta-dinanza (iniziativa sacrosanta nei suoi fini ma criticabile in alcuni aspetti non imputabili a chi l’ha ideata) o la riduzio-ne del cuneo fiscale (a cui la finanziaria destina 3 miliardi). Meglio che niente. Ma i poli-tici non riescono ad aggredi-re in modo significativo né la questione delle disuguaglianze crescenti, né quella di un la-voro per tutti (un tempo la si chiamava piena occupazione), né quella dell’estirpazione del cancro dell’evasione, né infine la madre di tutte le questioni: la riduzione del grave debito pubblico che condiziona e ren-de asfittica ogni azione politica. I leader più tronfi e più vuoti sparano cavolate: predicano che basterebbe ridurre le tasse per rilanciare l’economia e risolve-re il colossale problema dell’e-vasione. Asseriscono che, se ci fosse una tassa piatta e bassa per tutti, i signori evasori si ravvederebbero e pagherebbero sino all’ultimo centesimo. Pur-troppo ci sono gonzi che credo-no a questa panzana e furbetti che fingono di crederci. Ma, ra-gioniamo: chi dei sostenitori di tale stramba teoria può garanti-re il risultato? Se non cambiano le procedure di accertamento e

se non c’è la certezza di andare incontro a sanzioni severe (di-verse dal carcere che qualcuno, populisticamente, invoca come deterrente) la flat tax sarebbe solo un ulteriore regalo fatto ai più abbienti a scapito di coloro su cui il benessere non sgoccio-la affatto o non abbastanza da ridurre il divario. L’attuale manovra ha evitato che scattasse l’aumento dell’I-VA. Meglio che niente! Ma se vogliamo moltiplicare le op-portunità di lavoro, mettere in sicurezza scuole e territorio, ri-costruire i ponti e i viadotti che i concessionari hanno lasciato deperire, addirittura sorvolan-do su certe relazioni tecniche oppure occultandole; se voglia-mo accrescere il personale delle procure, delle forze dell’ordine, degli ospedali, delle univesità; se vogliamo mantenere in pro-duzione l’industria siderurgica, una gloriosa compagnia di voli aerei e le attività cantieristiche; se vogliamo mantenere e po-tenziare l’assistenza sanitaria pubblica; se intendiamo elevare lo standard di funzionamento delle nostre scuole pubbliche… dobbiamo trovare delle risor-se adeguate. Non gli spiccioli che rimangono in bilancio (7,1 miliardi) dopo averne puntati 23,1 sull’obiettivo della steri-lizzazione del famigerato au-mento dell’IVA derivante dalle clausole di sicurezza. La finanziaria che viene va-rata adesso contiene vari ele-menti apprezzabili ma non

è decisamente sufficiente ad avviare la crescita che tutti in-vocano come il toccasana per eccellenza, né per conseguire l’obiettivo di una piena o, al-meno, di una più consistente occupazione, né quello di rea-lizzare una condizione di mag-giore benessere diffuso anche in presenza di nessuno svilup-po o di una crescita striminzi-ta. Come quella ipotizzata da questa finanziaria, che la fissa per il 2020 allo 0,6% e che pre-vede un rapporto deficit/PIL al 2,2%. Il debito inoltre, secon-do le previsioni del documento, dovrebbe iniziare a ridursi di un’inezia, scendendo al 135,2 (dal 135,7% del PIL del 2019). Come ciò possa avvenire rima-ne un mistero per chi è profano di economia, visto che la ma-novra trova parziale copertura nel deficit fissato al 2,2%. Ci si augura comunque che tale prevista flessione del debito si avveri. Ma gli economisti sono stati definiti come coloro che spiegano oggi perché non si si-ano avverate le loro previsioni di ieri. Forse la battuta contiene qualcosa di vero. Da profani in materia di eco-nomia, diciamo che due sono, a nostro avviso, le critiche da muovere (senza volere essere ingenerosi) al documento: a fronte di una colossale evasione di quasi 120mila € annui (de-nunciata qualche giorno fa an-che dal Presidente Mattarella) la manovra prevede, dalla lotta al perverso fenomeno, entrate striminzite (solo per 3,3 miliar-di). Questo fa pensare che non si voglia o non si sappia intra-prendere una lotta efficace per contrastarlo adeguatamente. La seconda critica riguarda il fatto che la manovra sia tutta concepita entro gli spazi asfitti-ci dei condizionamenti vigenti. Essa non è per nulla innovativa. Non fa molto per avviare una politica che dia lavoro e che faccia star meglio tutti, a pre-scindere dai risultati sul PIL. Se si vuole sbloccare l’econo-

mia per produrre più benessere diffuso (non per far crescere il valore del PIL) bisogna trova-re le risorse adeguate ad una spesa pubblica più genero-sa. Bisogna farla finita con la politica dell’austerità imposta a tutti i costi allo stato, men-tre nessuno impone alle ban-che di elargire i prestiti con oculatezza. Né Bankitalia le controlla efficacemente. Così alcune banche finanziano ge-nerosamente non tutti ma solo gli amici degli amici (che non restituiscono) e poi devono es-sere salvate con denaro pubbli-co. Ma al pubblico (allo stato) si impone di stringere la cinghia e di ridurre le spese, mentre si pretende che provveda alle spese sociali e agli investimenti utili per la sicurezza delle scuo-le, del territorio e della salute pubblica. Con le briciole: 7,1 miliardi. Che si ridurranno pro-babilmente nei prossimi anni, poiché le clausole di garanzia per evitare la tagliola dell’au-mento dell’IVA varranno in-torno ai 24miliardi: qualcosa in più rispetto ai 23,1 di questa manovra 2020. Facciamo i conti della massaia: 23 (o 24) miliardi di clausole + 60 (o 70 circa, a seconda dello spread) per gli interessi annuali da pagare sul debito pubblico + 50 miliardi di rata ventenna-le per la riduzione forzata del debito stesso (in base al fiscal compact) + la quota da versare per il MES… Ce la faremo a non affondare? Possiamo solo augurarcelo, così come ci au-guriamo un buon anno nuovo, migliore del precedente. Ma forse dovremmo, più concreta-mente, cercare di far qualcosa o, almeno, di far sentire le no-stre ragioni e le nostre rifles-sioni a coloro che dovrebbero assumere decisioni politiche. Le riassumiamo nel prossimo articoletto.

ECONOMIA

Manovra, bisogna trovare le risorse adeguate a una spesa pubblica più generosa

La disuguaglianza cresce e il debito pure. Che fare?Riforme coraggiose e resilienti, non politiche insensate

di Concetto Rossitto

Si è scritto sopra che le forze politiche di gover-no hanno concepito una

manovra non disprezzabile ma asfitticamente contenuta entro spazi angusti che la rendono sterile ed inefficace. Si vole-va aprire il Parlamento con un apriscatole e invece si è finiti in quel luogo come sardine in sca-tola, impossibilitate a muoversi come la situazione generale del paese richiederebbe. Forse una

delle forze di governo sta sco-prendo che il Parlamento non è «la stanza dei bottoni» e che troppi vincoli condizionano e penalizzano l’esercizio concre-to della democrazia. A partire da un debito colossale, usato come capestro da poteri banca-ri e finanziari di mercato, ben rappresentati in tutti i palazzi del potere, che strattonano e co-stringono entro gabbie anguste chi dovrebbe fare delle scelte di più ampio respiro. Cioè il Parla-mento e il Governo. Riusciran-no i nostri eroi (se non si va pre-

sto ad elezioni) ad avviare una significativa azione di emanci-pazione della politica dai trop-pi condizionamenti che essa subisce? Sarebbe penosamente riduttivo limitarsi a soggiacere alla situazione esistente, senza avere un minimo di orgoglio resiliente per tentare di avviare una razionalizzazione generale del sistema. Facendo che cosa? Snidando gli evasori e re-cuperando buona parte dei 120 miliardi che essi sottraggono al fisco o ru-bano alla società. Lo ha de-

nunciato anche il presidente Mattarella. A tal fine, l’eli-minazione del contante e il passaggio a un sistema di pagamenti elettronici (regi-strabili in tempo reale anche da un elaboratore centrale da ubicare presso il MEF) sarebbe una strategia effica-ce ed indispensabile. Rimar-rebbero da snidare i grandi evasori che operano “estero su estero” e le società este-rovestite, contro cui occor-rerebbero interventi di altro genere. Anch’essi indispen-

sabili e improcrastinabili. Invece dalla lotta all’eva-sione sono previste entrate per 3,3 miliardi (e non più 7 come indicato in un primo momento). Ridicolo. Riformando il sistema di emissione dell’euro e la BCE. Oggi essa “presta” la moneta creata alle banche (a tasso zero) e queste poi la prestano agli stati a tasso di mercato, accresciuto dallo spread. La situazione è irra-zionale, tenuto conto che la moneta, oltretutto, vale solo

grazie alla legge degli stati mentre questo meccanismo di emissione penalizza pro-prio gli stati che si indebi-tano realmente. Le banche, al contrario, contraggono un prestito fittizio a tasso zero. Fittizio anche perché la BCE di fatto non chiederà mai indietro il denaro che ha “prestato” (o regalato) ad esse per sempre e a tasso zero. Una BCE riformata e tra-sformata in Istituto Cen-trale di Emissione (del tut-

Bisognerà snidare gli evasori recuperando buona parte dei 120 miliardi che essi sottraggono al fisco

Saranno così asfittiche anche le prossime finanziarie?O si riuscirà con resilienza ad ampliare gli spazi operativi?

di C. R.

LA CIVETTA di Minerva 13Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

to autonomo ma realmente pubblico, cioè non posse-duto dal sistema di banche sottostanti, come adesso) dovrebbe invece stabili-re quanta moneta emette-re e consegnarla agli stati dell’eurozona in propor-zione alla loro consistenza demografica. Consegnarla, non prestarla. O “prestarla” per sempre e a tasso zero. Come fa oggi con le banche. Per la moneta ricevuta “in prestito” sino ad oggi le banche dovrebbero es-sere costrette ad una re-stituzione. Non certo re-stituendo la moneta stessa e privandosi dei contanti. Sarebbe pura follia il solo pensarlo. Ma potrebbero e dovrebbero semplicemen-te saldare i loro debiti con la BCE, consegnandole un pari valore in titoli dei

debiti pubblici che esse hanno in pancia e su cui lucrano interessi cospicui. In tal modo i titoli del debito pubblico detenuti oggi dalle banche verrebbero congelati in seno alla BCE trasforma-ta in ICE e non produrreb-bero interessi a carico degli stati. Di quanto si ridurreb-be di fatto il debito o il suo peso in interessi? Certamen-te di una quota consistente. Nessun privato cittadino perderebbe un solo euro di capitale o di interesse per i titoli di stato personalmente posseduti. Solo le banche non percepirebbero più un interesse indebito. I titoli del debito pubblico posseduti da investitori stranieri diversi dalle ban-che andrebbero interna-lizzati, cioè sostituiti alla loro scadenza da titoli da

collocare in mani di rispar-miatori italiani, grazie alla collaborazione di CDP e di qualche altra banca che forse o probabilmente sarà salvata e nazionalizzata. Ma anche le altre banche dovrebbero essere precetta-te in tal senso e costrette a collaborare a tale colloca-zione interna dei BOT, pena la conseguenza di essere la-sciate al loro destino in caso di rischio di fallimento. Il risparmio privato italiano è pari circa al triplo del debito pubblico complessivo. Esi-ste quindi la piena capienza per realizzare tale interna-lizzazione di quella quota di debito pubblico (un terzo circa, secondo alcune stime) oggi in mani straniere. Per effetto di tale collocazione il debito risulterebbe tutto in-terno e lo stato italiano pa-

gherebbe gli interessi dovuti ai risparmiatori italiani ma non rischierebbe manovre speculative. Ci troveremmo in sostanza al sicuro come il Giappone, che pure ha un debito doppio rispetto al no-stro, ma tutto contratto con risparmiatori giapponesi. Queste misure (assieme ad altre già raccomandate da fonti auto-revoli) sono state suggerite da SRRS ai politici locali, ma essi (che pur le hanno ampiamente condivise) non sono riusciti ad inserirle nel dibattito politico delle loro forze di appartenen-za. Siracusa Resiliente conti-nuerà a rilanciare questi ed altri suggerimenti. Inascoltata. Ma sino a quando? Prima o poi i politici dovranno pur mostra-re qualche segno di resilienza. O saranno travolti. Peggio per loro. Ma il vero guaio è che, se non rinsaviscono in tempo, sa-

ranno guai per tutti: o andremo in fallimento come stato italia-no o saremo stritolati da un de-bito crescente e da disponibilità sempre inferiori da destinare al benessere sociale ed alla sicu-rezza collettiva. La BCE “presta” le eurobanco-note a tasso zero e per sempre alle banche. Cioè le regala alle banche. Che poi le prestano a tasso di mercato (col sovracca-rico dello spread o differenzia-le di interessi rispetto ai BUND decennali) agli stati. Così non vale. Non può durare. Non ha senso. Oltretutto le euroban-conote traggono il loro valore dalla legge degli stati, che ne impongono l’uso per i paga-menti e, giustamente, puni-scono gli spacciatori di banco-note false. Ma allora perché la BCE non deve regalare o “prestare” a tasso zero e per sempre le eurobanconote agli

stati dell’eurozona? Siano le banche a pagare interessi per le banconote che riceveranno in deposito o in prestito dai ri-sparmiatori. Così come lo stato paga interessi ai cittadini che gli prestano i loro sudati rispar-mi. I vecchi signoraggisti pren-devano cantonate madornali, ma alla base del loro vaneg-giamenti c’era una intuizione esatta. Mettiamo da parte i loro vaneggiamenti complottisti ed altre risibili amenità ma ricono-sciamo loro un merito. Aveva-no colto esattamente un aspetto della complessa questione. Su quel particolare elemento è ne-cessario fondare una revisione dell’intero sistema di emissione e dei rapporti tra sistema ban-cario e stati dell’Unione.Concetto Rossitto

Attualmente, una parte consistente di residenti nel capoluogo e in pro-

vincia vive una grave condizio-ne di degrado e disagio sociale come attesta la classifica del Sole24 ore e di Italia oggi. In alcuni quartieri del capoluo-go in particolare la povertà è aumentata portando con sé un malessere sociale da non sotto-valutare. Sempre più minoren-ni spacciano per avere denaro facile e, per quanto riguarda il gioco d’azzardo, si giocano forti somme e sono aumentate le sale scommesse così da far prendere alle autorità provve-dimenti per limitarne l’attività (ordinanza comunale sulla vici-nanza a plessi scolastici) e con-trastare un fenomeno che sulla popolazione causa dipendenza e ricadute patologiche sempre più gravi. Inoltre, gli indicatori individuano una realtà violenta con maggiore criminalità e ser-vizi pubblici ridotti al minimo.Pecche anche nell’andamento scolastico: ben 12 Comuni del-la provincia di Siracusa, com-preso il capoluogo, sono tra i 292 individuati dal governo per la lotta alla cosiddetta povertà educativa minorile e alla di-spersione scolastica. E in gene-re la provincia è indicata come “maglia nera” dall’Osservato-rio sulla dispersione scolastica dell’Ufficio Scolastico Regio-nale. L’indice di dispersione è dell’1,31% nelle scuole elemen-tari e sale al 5,12% nelle scuole medie. Sono percentuali doppie rispet-to al dato medio della regione. È stato anche registrato un au-mento di ospedalizzazione per disturbi psichiatrici. Se osser-viamo gli ultimi tre anni relati-vi a questo specifico rilevatore,

elaborato dall’università La Sapienza di Roma ed esposto dal quotidiano Italia oggi, leg-giamo che l’ospedalizzazione per disturbi psichici ogni 1.000 abitanti nel 2017 indicava la provincia all’87° posto su 110 provincie, nel 2018 all’89esima posizione e quest’anno addirit-tura al 91° posto su un totale di 107 e non più 110 province essendo state alcune accorpate. L’indicatore prende in conside-razione pazienti affetti da ritar-di mentali, schizofrenia, distur-bi dovuti ad abuso di droghe o alcol, quelli senili, affettivi, re-lativi ad ansia e assimilati, ecc. Dunque c’è un grande disagio sociale che perdura da anni. Il capoluogo, anche se in questi ultimi anni è esplosa l’attivi-tà turistica, rimane per certi aspetti un grosso paese di pro-vincia, non una vera città. E anche se conta 122.000 abitanti (Istat 2017) rispetto ai 72.000 del 1952, non mostra ancora un’adeguata vivacità con le strade che di sera continuano a svuotarsi. Una realtà poco gra-dita da tanti giovani che vor-rebbero scappare via, e molti appena possono lo fanno. Peggiora anche il fenomeno mafioso come si comprende,

oltre che dall’accresciuto traffi-co di droga, dallo sfruttamento della prostituzione, il pizzo e l’usura.

Da indagini del professor Maurizio Fiasco, sociologo e consulente della Consulta Na-zionale Antiusura Giovanni Paolo II, presentate durante un convegno di giugno 2019, nel-la classifica sulle 107 provin-cie Siracusa per l’usura era in 90ma posizione e per il grado di gioco d’azzardo on line terza in Italia. Inoltre, la provincia ricopre per il “massimo rischio finanzia-rio” (indicatore che raggruppa finanziamenti accordati e fi-nanziati, sofferenze bancarie, ecc.) il 106° posto su 107. È chiaro: la qualità della vita evidenziata sia da Italia Oggi che da Sole24 ore ne risente. È per questo che gli ultimi risul-tati emessi a novembre da Italia Oggi ponevano la provincia a 100 su 107 mentre a dicembre il Sole24 ore la pone a 90 su 107 (la differenza fra le due indagi-ni è dovuta all’uso differente dei metodi statistici e variabili, quindi non comparabili). Comunque i risultati concorda-no nel verificare una posizione

estremamente bassa. Continuando nell’analisi e passando alla sanità troviamo un’altra graduatoria preoccu-pante. L’ultima indagine più completa del settore è stata emessa nel 2017 da Italia Oggi che poneva la provincia per il sistema salute al 107° posto su 110 province, un dato che era la risultanza di vari sotto indi-catori negativi. Ne riportiamo alcuni: Personale infermieristico (per 100 posti letto) 106Medici ospedalieri (per 100 po-sti letto) 72Personale tecnico sanitario (per 100 posti letto) 107Posti letto ginecologia (ogni 1.000 abitanti) 100Posti letto rianimazione (ogni 1.000 abitanti) 110Apparecchiature diagnostiche (ogni 1.000 abitanti) 91Posti letto oncologia (ogni 1.000 abitanti) 76

Questo non potrebbe dimo-strare l’esistenza di una forte lobby affaristica del servizio pubblico? Anche altri indica-tori ne favoriscono la suppo-sizione come il trovare case di cura convenzionate (S. Lucia,

villa Azzurra, villa Salus, villa Aurelia, villa Mauritius, villa Rizzo) aumentate in numero e dimensione. Inoltre, non cono-sciamo tutti la paura dei sira-cusani e dell’intera provincia quando si è costretti ad andare al pronto soccorso del noso-comio provinciale? Si sa che esiste una situazione da terzo mondo. È un pericolo, dicono in tanti anche fra medici. È una struttura inadeguata a un capoluogo che deve tener conto anche del bacino provinciale di 403.000 abitanti.Gli ultimissimi dati di novem-bre raccolti da Italia Oggi con-fermano la situazione: Sottodimensione posti letto in reparti specialistici 83Sottodimensione apparecchia-ture diagnostiche 86Posti letto in ostetricia e gine-cologia per 1000 abitanti 97Posti letto in reparti di oncolo-gia per 1000 abitanti 79

Altri dati dichiarano che esiste un’alta mobilità passiva. Ad esempio il 20% di Siracusani si sposta nel capoluogo etneo per curarsi. Vale a dire che l’azien-da sanitaria ogni anno versa un quinto del proprio bilancio

a quella di Catania o ad altre città italiane dove si cera una migliore qualità di assistenza.Anche per semplici operazioni molti medici di base consiglia-no ai loro pazienti di non entra-re assolutamente all’ospedale Umberto I°. Non abbiamo le lunghe liste d’attesa per esami specifici che portano chi ha soldi ad accorciare i tempi in una struttura privata mentre gli ultimi, gli indigenti, dovranno aspettare anni con gravi con-seguenze anche fatali. Certa-mente, i familiari hanno tutta la libertà di denunciare fatti e persone e tanti lo fanno. E infine il settore giustizia, e anche qui non scherziamo.A dicembre il Sole24 ore ha po-sto Siracusa in 90esima posi-zione per la lentezza nello svol-gimento dei processi mentre l’ultima nella classifica genera-le nella qualità della vita (Calta-nissetta: 107) è nel settore giu-stizia in 48° posizione. Non è la spia di un ulteriore degrado? Qui esiste una forte disparità socioeconomica e un grosso groviglio di affari. È così che vengono a mancare i presup-posti non di democrazia, ma del vivere civile. Eppure, tutto continua in maniera omertosa, con una classe politica che dal capoluogo a tanti comuni rivela la propria incapacità, irrespon-sabilità e molto spesso immer-sione in affari contrari all’etica e fortemente a svantaggio degli interessi della cittadinanza. Davanti a questa situazione, essendo in prossimità dell’anno nuovo, cosa possiamo augurar-ci e augurare ai nostri politici che vogliono lavorare per il bene della comunità se non un raccogliere la sfida di muover-si, anche su strade alternative, per la piena emergenza esisten-te?

Al territorio la maglia nera in Sicilia per la dispersione scolastica. I dati sulla sanità

La qualità della vita a Siracusa e il suo sistema saluteIl capoluogo rimane comunque un paesone di provincia

di Antonio Andolfi

ECONOMIA

LA CIVETTA di Minerva14 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

“Ancora 6 mesi e usciremo da que-sto incubo” era il

messaggio che si sussurrava tra i manifestanti che venerdì 13 dicembre si sono radunati davanti al municipio in segno di protesta per la crisi idrica che ormai da tempo vive l’i-sola della città. Sono, infatti, ormai due mesi che gli abitanti del centro storico patiscono il disservizio idrico prima con la mancanza dell’acqua per parec-chi giorni, poi a causa dell’ero-gazione di acqua mista a fango, il che, di fatto, impedisce il regolare svolgimento della vita quotidiana a circa la metà degli abitanti città di Augusta. La vicenda che continua ad esa-sperare questa parte di città è la conseguenza di un disservizio, che può capitare ovunque, ma che si è esteso e protratto oltre ogni limite accettabile a causa di sottovalutazioni (dal 2017 l’amministrazione comunale conosceva che sarebbe potuto accadere quanto si è poi verifi-

cato), incertezze e dabbenaggi-ne della compagine governati-va che regge (si fa per dire) le sorti della città da quasi 5 anni. La speranza espressa dai ma-nifestanti è che dopo 5 anni di dittatura degli “Honesti” la cit-tà si avvii a tornare ad una vita normale, con i suoi “normali” limiti senza che ogni problema diventi un pasticcio e l’occasio-ne per polemiche sfiancanti ed inconcludenti. La città esce stremata, infatti, dal risultato di una legge elet-torale assurda che ha consentito la costituzione di un consiglio comunale non rispondente alla volontà dell’elettorato; ciò anche a causa dell’incapacità degli altri attori di trovare un terreno comune per una utile convergenza che non precipi-tasse la città in una situazione surreale nella quale si trova: un consiglio comunale ingessato da una maggioranza granitica (composta per lo più da consi-glieri che registrano meno di 50 preferenze individuali, n.d.r.) che, a prescindere da tutto, ha operato a difesa del fortino ol-tre ogni evidenza, impedendo, di fatto, ogni azione stimolante e riflessiva. Così è mancato il confronto democratico con l’e-secutivo che ha impedito ogni logica ed utile azione di stimolo e di crescita del personale poli-

tico del futuro. Il raccattare gli amministratori in comuni più o meno vicini ha testimoniato il livello e lo spessore politico amministrativo veramente bas-so posseduto dalla compagine vittoriosa alle elezioni. La situazione politica nella città è degenerata a tal punto che non si vedono spiragli per il futuro. Così è accaduto che, nonostante in questi 5 anni non siano state poche le occasioni per richiedere finanziamenti, nessuna richiesta coerente con i bandi emessi da UE, Regio-ne o Stato sia stata presentata dall’amministrazione in carica per affrontare i problemi di una città ferita da un terremoto lon-tano ma sempre presente nello stato delle opere pubbliche. Il risultato è di avere una villa co-munale sempre più degradata e in costante rischio di crollo,

le marine sempre più declinan-ti verso il mare (inquinato), i contenitori (San Domenico, Teatro comunale, campo spor-tivo etc..) possibili per una vita culturale ed associativa terri-bilmente abbandonati o non utilizzati e una vita sociale spenta (appannaggio di piccole eroiche minoranze e di comitati di commercianti che ripropon-gono mercatini a più non posso) e abbandonata a se stessa. Mentre continuano a scorre-re imperterrite, incuranti dei danni economici che compor-tano per la gestione della cosa pubblica, le evasioni dai tributi (cosa paradossalmente eviden-ziata dalla Sindaca nell’occa-sione di un confronto/scontro con i cittadini esasperati, che ha trascurato di considerare il fatto che tra i compiti degli amministratori ci sia proprio

quello di combattere e stana-re l’evasione, n.d.r.) gli affitti non risolti (vedi edificio blu della borgata), l’ incuria nella gestione delle aree annesse alla salina comunale (ferma da un settennio) e del parco del Muli-nello sempre più abbandonato, mentre definitivamente resta chiuso il parco dell’hangar e, quanto prima, saranno appan-naggio di ristrette minoranze paganti il faro di Brucoli e di sant’Elena con la conseguenza di restringere sempre più le su-perfici utili per la fruizione di un mare negato agli abitanti di una città che nasce in un’isola e si sviluppa in un promontorio a cavallo tra due mari.Questa situazione è figlia di una disattenzione sempre più estesa da parte di una classe media che preferisce curare il suo particolare rispetto all’in-teresse generale ma anche del-le cosiddette istituzioni statali quali ad esempio la Prefettura che ha consentito a tre funzio-nari da essa designati di esten-dere un incarico per la liqui-dazione del dissesto per oltre quattro anni in luogo dei mas-simi 2 previsti dalla norma o il Demanio che oltre a mettere in affitto i fari non ha svolto alcu-na azione utile per valorizzare i beni nella sua disponibilità (dall’Hangar, al castello di Bru-

coli tanto per limitarci a quelli più importanti). Come se non bastasse, dai so-cial, ormai diventati l’unica fonte di informazione vera o presunta, si apprende che “anche il Capodanno 2020, come i precedenti 2019 e 2018, sarà organizzato ad Augusta, (senza alcuna pro-cedura di evidenza pubbli-ca) dall’associazione cultu-rale “Leonardo Da Vinci”, che trova opportuno delega-re il presidente del consiglio comunale a rappresentarla, come lascia supporre la nota con la quale la suddet-ta associazione ha richiesto all’Amministrazione comu-nale “il patrocinio gratui-to, il contributo a supporto della manifestazione per il tramite del pagamento della SIAE, l’utilizzo della luce comunale, la predispo-sizione di cassonetti per la raccolta differenziata, la di-sponibilità di un bagno chi-mico per disabile, la predi-sposizione della Protezione Civile e della Misericordia con annessa postazione sa-nitaria. Conflitti di interes-se? , pasticci?, superficiali-tà? Ognuno scelga a quale attributo dare la responsabi-lità per capire le vicende che vive la città.

Conflitti di interesse? pasticci? superficialità? Ognuno scelga un attributo per spiegare le vicende che vive la città.

La crisi idrica come paradigma per comprendere il degrado di Augustadi Giambattista Totis

Domenica sera tornando da una trasferta in una città siciliana, dopo aver

visto uno splendido concerto jazz (quello del grande batteri-sta Billy Cobhan, ndr), ho assi-stito, uscendo dalla città, nella circonvallazione, ad una scena tenera e suggestiva. Dei ragazzi che procedevano in una strada parallela hanno posteggiato il motorino, e si sono messi a agitare le mani salutando in di-rezione delle finestre del vicino carcere. Questa scena, peraltro troppo palese perché si potesse pensa-re all’invio di messaggi in codi-ce, che nei tempi passati si ripe-teva ogni sera a Siracusa sotto il vecchio carcere borbonico, era festante, forse per il gusto del vietato, forse per l’insoppri-mibile desiderio di comunicare con chi sta dentro e fare sentire la propria presenza. Ho sentito questa immagine anche come suggestiva, dal momento che dicembre è il mese in cui l’as-sociazione bambinisenzasbarre ripete per il suo sesto anno la “Partita con papà”, secondo il motto “I diritti dei grandi ini-ziano dai diritti dei bambini” e il grido “non un mio crimine, ma una mia condanna” che ar-riva dai 100.000 bambini che ogni giorno entrano nelle 213

carceri italiane per incontrare il proprio papà o la propria mam-ma detenuti. Spesso essi sono emarginati a scuola, nel quar-tiere dove vivono, nel gruppo sociale di appartenenza poiche sono figli di genitori detenuti. L’associazione Bambinisenza-sbarre promuove il manteni-mento della relazione figlio-ge-nitore durante la detenzione e tenta di sensibilizzare la società civile perché si faccia carico dei diritti umani, sanciti dalle convenzioni internazionali, in favore dei minori separati dai propri genitori detenuti, affin-ché il diritto alla genitorialità venga garantito, culturalmente assimilato e reso parte del siste-ma valoriale.Quest’anno all’iniziativa hanno

aderito settanta istituti, fra cui, pur nella difficoltà legata alla mancanza di un vero e proprio campo sportivo, anche quello di Piazza Armerina. All’even-to, previsto per il 18 dicembre, se ne affiancherà un altro intito-lato GiochiAmo a giocare, pro-mosso e gestito dalla Caritas cittadina, che vedrà la presenza di detenuti bambini, animatori. Queste iniziative, diffuse in tutto il territorio nazionale, avvengono mentre segnano il passo le modifiche normati-ve oggetto degli stati generali dell’esecuzione penale, pro-mossi dall’allora guardasigilli Orlando, uno dei cui tavoli aveva come tema Mondo de-gli affetti e territorializzazione della pena, che aveva elaborato

i seguenti obiettivi: - Assicurare la vicinanza ter-ritoriale dei detenuti ai propri familiari - Umanizzare gli incontri dei detenuti con le persone (fami-liari e non) ammesse ai colloqui - Consentire un maggiore e più agevole uso dei colloqui e delle visite, dei permessi, delle telefonate, delle videochiamate e della corrispondenza - Assicurare il diritto alla ses-sualità e, comunque, visite pro-lungate senza controllo visivo e/o auditivo con i familiari e le persone anche minori ammesse ai colloqui - Assicurare i diritti dei minori nel rapporto con i propri geni-tori detenuti o arrestati. - Agevolare, intensificandoli, i

rapporti con il mondo esterno, gli enti locali, il volontariato.Chi segue questa rubrica ne La Civetta, sa che il richiamo al lavoro degli Stati generali è frequente, ma esso non vuole essere una ripetizione o un ri-mestare una vecchia minestra quanto piuttosto il tentativo di non disperdere ciò che la cultu-ra riformista ha prodotto e che andrà prima o poi ripreso. Sembra scongiurato il tentativo di azzerare la figura del diretto-

re messo in atto con gli schemi di riordino delle forze di poli-zia, con buona pace delle regole europee del 2006 secondo le quali (articolo 71) “Gli istitu-ti penitenziari devono essere posti sotto la responsabilità di autorità pubbliche ed essere separati dall’esercito, dalla po-lizia e dai servizi di indagine penale”. Questa controriforma, se attuata, di per sé già portava il grosso rischio di un ritorno al carcere come mera neutralizza-zione. Si può essere quindi sod-disfatti se, come sembra, le pro-teste dei direttori penitenziari, dei garanti, delle associazioni di volontariato, dei magistrati di sorveglianza, hanno portato le commissioni parlamentari a bocciare nella parte relativa lo schema governativo. Si tratta ora di vedere se ripren-dere una elaborazione che non trascuri affatto la sicurezza dei cittadini e degli istituti peniten-ziari, ma che, mettendo da par-te , da un lato gli umori come “fateli marcire in carcere” o “buttiamo la chiave”, si muova nella direzione di attenuare le varie pene aggiuntive rispetto alla privazione della libertà: privazione della genitorialità, allontanamento dai luoghi di riferimento, privazione dell’af-fettività, per rimanere nel tema qui trattato e, più in generale di tornare a guardare con ragione-volezza ai problemi del carcere.

Mentre segnano il passo le modifiche normative oggetto degli stati generali dell’esecuzione penale

Quest’anno alla “Partita con papà” hanno aderito 70 istitutie la Caritas lancia GiochiAmo a giocare, con detenuti bambini

Dr Antonio Gelardi(Dirigente penitenziario)

LA CIVETTA di Minerva 15Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected] PROVINCIA

“Mettersi in pace con la propria coscienza, con se

stessi”. Si dice a chi ha un com-portamento ondivago, che vuole e disvuole, che si contraddice, che si mostra incoerente, con-fuso.È un invito da rivolgere, nel caso dello Sport Center di Priolo (ne abbiamo parlato il 23 novembre scorso), alla pubblica amministrazione in senso lato. Si può mettere all’asta, trovare un compratore per una struttura assolutamente insanabile perché costruita là dove non poteva es-sere costruita (e pur tuttavia con regolare concessione)? Può il consulente fallimentare scrivere che non risultano vin-coli archeologici nella zona dove l’impianto sportivo insiste se l’o-pera è ritenuta abusiva proprio perché realizzata in area vin-colata da un decreto del 1958 e proprio per questo la ditta è stata travolta nel fallimento? Se in un certificato di destina-zione urbanistica della primave-ra del 1990 si legge che i terreni in questione “nel prg del 1985, ricadono in parte nella viabilità di Piano comprese le distanze di mt 30 inedificabili a protezione del nastro stradale e per la par-te rimanente in zona FS quindi per attrezzature sportive (im-pianti sportivi coperti e scoperti immersi nel verde che devono occupare almeno il 50% dell’in-tera superficie) e parcheggi, e in zona Fpa 1 Parco archeologico Mano mozza aree adiacenti agli alloggi Montedison sulle quali si trovano ipogee, l’arcosolio, i ruderi del villaggio bizantino e l’ipogeo di Manomozza che il prg destina a parco archeolo-gico attrezzato. Per quest’area l’Amministrazione comunale predisporrà un progetto co-munale edilizio d’intesa con la Sovrintendenza”, dal momento che le particelle dove insiste il complesso sportivo Priolo Sport Center sono tra quelle vincolate (come poi si scoprirà), perché è

stata rilasciata una regolare con-cessione edilizia, la n. 2198 del 17 agosto 2001? È mai possibile che l’amministrazione abbia davvero pensato che nel progetto comunale “edilizio” da elaborare d’intesa con la Soprintendenza essa avrebbe assentito a una struttura privata certamente non funzionale alla fruibilità del Parco stesso?E se anche fosse, dov’è questo progetto ignoto alla Soprinten-denza?E può la stessa Amministrazio-ne, anzi più esattamente gli stes-si funzionari, considerare l’area in questione nel 2003 e nel 2005 come ricadente in zona FS – spa-zi pubblici attrezzati (e quindi atta ad ospitare impianti sporti-vi) e invece scoprire nel febbra-io 2016, nel rilasciare una nuova certificazione di destinazione urbanistica, l’esistenza di tutti i vincoli fino a quel momento co-nosciuti ma ignorati nel rilascia-re altre simili certificazioni?E se già nel 2004, prima ancora della perimetrazione del SIN, il Comune sa che quei terreni sono inquinati, così come risulterebbe da alcuni atti, perché nell’agosto 2006 rilascia la concessione edi-lizia per la piscina?Se poi nell’agosto 2007 il Co-mune di Priolo autorizza l’agibi-lità della stessa piscina e afferma che l’impianto è stato “realizzato conformemente al progetto ap-provato con concessione edilizia del 3 agosto 2006” che tutte le altre certificazioni (genio civile, collaudo statico, impianto elet-trico a norma, ecc) sono in re-gola, perché la Soprintendenza nell’ottobre 2012 deve ricorda-re che le particelle 1089 e 1479 foglio di mappa 79, quelle dove appunto è stata realizzata la pi-scina, sono sottoposte a formale provvedimento di vincolo arche-ologico diretto giusto DM del 29 gennaio 1958 convalidato con DPRS dell’agosto 1966, e di con-seguenza nell’aprile 2016 ordi-nare la cessazione immediata di tutte le attività “abusivamente intraprese e ogni altra opera non autorizzata” e ingiungere

alla ditta Guarino Carmelo “il ripristino dei luoghi modificati e compromessi dagli interventi effettuati procedendo alla rimo-zione di quanto autorizzato”?Come è possibile che, nonostan-te anche per l’Arpa le strutture non siano a norma, prima la giunta Toppi nel giugno 2008 e poi quella guidata da Antonello Rizza, al prezzo di due milioni e cento (la metà del suo effettivo valore secondo Guarino), siano stati disponibili all’acquisto del centro (presente nel bilancio 2010 nell’elenco delle utenze co-munali), cioè di un impianto rite-nuto non in regola con le norme? Poiché la Soprintendenza nel giugno 2016, alla richiesta della Tapsos Nuoto di realizzare un impianto fotovoltaico, pur dando atto della regolarità dei permessi rilasciati dal Comune - certifi-cato di destinazione urbanistica del 23/12/2002, del 30/11/2005 e del 17/2/2016, della concessione edilizia n.2575 dell’8/8/2005, dell’autorizzazione di agibilità del 20/8/2007 - non ha concesso il nulla osta “possibile solo se le opere siano state legittimamente realizzate” e ha dichiarato che, “non essendovi mai stato il pa-rere preventivo della Soprinten-denza, la concessione edilizia è da ritenersi viziata”, ha poi inoltrato almeno una informati-va alla Procura affinché fossero accertate le eventuali responsa-bilità delle parti? Perché il Comune nel 2016 de-nuncia la ditta Carmelo Guarino per una serie di lavori abusivi in un lotto (da qui il procedimento penale n. 2633 nel quale sono state appena concluse le indagi-ni preliminari) – lavori che co-munque la consulenza di parte di Guarino dimostrerebbe inesi-stenti o “regolarmente” assentiti – e non lo denuncia per i lavori abusivi, da esso stesso autorizza-ti, nel lotto confinante sottoposto a eguale regime vincolistico? Perché infine - ma siamo certi che non finisca qui -, nel dicem-bre 2018 e nel febbraio 2019, la polizia municipale di Priolo diffida Guarino perché non in possesso del permesso relativo

all’inizio delle attività della pi-scina se già sa che, date le gravi irregolarità della struttura, non è nelle condizioni di presentare tale richiesta?

Pianificazione urbanisticadi Priolo

Divenuto Comune autonomo nel luglio del 1979 assommando parti del territorio di Siracusa (in pratica il territorio della origina-ria frazione denominata “Priolo Gargallo”) e parte del territorio di Melilli, comprendente la fra-zione di San Focà, Priolo si è dotato del suo primo strumento urbanistico nel 1985 e ha prov-veduto alla sua revisione, com-prendente il regolamento edili-zio e le prescrizioni attuative, nel dicembre 2001.Data la successiva inadempienza degli organi preposti, in sostitu-zione del Consiglio Comunale, nel marzo 2010 l’A.R.T.A ha no-minato un commissario ad acta per provvedere agli adempimen-ti relativi all’approvazione dello schema di massima del nuovo strumento urbanistico generale.Il nuovo prg, approvato nel no-vembre 2015, è stato pertanto redatto in conformità del pia-no di massima predisposto dal commissario, “salvo modeste variazioni di dettaglio, resesi ne-cessarie per garantire il rispetto degli standard e per consentire l’adeguamento del prg alle ope-re e alle iniziative intraprese nel frattempo dall’amministrazione comunale”. In particolare, proprio per sop-perire alla ridotta possibilità d’uso delle aree poste attorno al PalaEnichem a causa del vinco-lo archeologico gravante su di esse, sono state previste altrove le zone per attrezzature di inte-resse comune. Si è finalmente, quindi, in ma-niera ufficiale e irrevocabile, preso atto della rilevanza arche-ologica di quell’area così come dell’ampia parte di territorio comunale soggetta alla specifica normativa di protezione ambien-tale e naturalistica SIC e ZPS e anche dell’esistenza di moltis-sime aree ricadenti all’interno

del cosiddetto “Sito Priolo” il cui utilizzo è subordinato all’ot-tenimento del loro svincolo da parte del competente Ministero dell’Ambiente. In una parola tut-to ciò di cui non si è tenuto conto nel momento in cui a Carmelo Guarino venivano rilasciate concessioni edilizie e autorizza-zioni di agibilità.Nel descrivere questo significa-tivo patrimonio storico-culturale si scrive che “Mano Mozza, Por-cheria, Monachella e le contigue e Melillesi Riuzzo I e II, si collo-cano fra il III, il IV ed il V secolo d.C. in un susseguirsi di scenari sotterranei dall’assordante si-lenzio… L’impiego di grandi sarcofaghi a mensa e di tramez-zi decorati da porte e finestre, lo sfondamento aereo e visivo delle pareti laterali degli arco-soli e l’ascensionalità altimetrica delle fosse sepolcrali, nonché la presenza di due teguria, sono la principale caratteristica di Ma-nomozza (IV-VI secolo d.C.).Visitata da Paolo Orsi nel 1890 presenta 76 loculi (68 a parete, 2 per bambini, 6 sarcofaghi) e

2 tombe a terra. La Pontificia Commissione d’Archeologia Sa-cra, il Lions Club Priolo Me-lilli Monti Climiti ed il Comune di Priolo Gargallo a più riprese stanno effettuando interventi per il recupero, l’accessibilità e la visibilità del bene troppo a lungo oggetto di scempio”.

Tre sono le catacombe di Ma-nomozza note, ma solo due, la prima e la seconda, sono ancora esistenti. Della terza si è persa ogni traccia. In realtà sembra proprio che tutta l’area dove sor-ge anche lo stesso PalaEnichem, oggi lasciato al degrado, dovesse essere da sempre tutelata e cer-to non destinata ad accogliere impianti sportivi. Proprio come oggi finalmente si è compreso. Ma intanto qualcuno più di altri ne sta pagando le conseguenze dopo un investimento di grande entità.E per lui, per Carmelo Guarino, sembra che giustizia non sarà mai fatta.

E ora rispondete a queste domandeGuarino (Priolo): una storia di ordinaria follia amministrativa

di Marina De Michele

“La Civetta di Miner-va” si è più volte occupata del Centro

Studi di Tradizioni Popolari intitolato al poeta di Mascali Turiddu Bella (C.S.T.B.) sorto grazie alla volontà e all’impe-gno appassionato della figlia Maria Bella Raudino: il centro studi ha valorizzato e continua a studiare e partecipare le pro-prie conoscenze sulle tradizio-ni popolari, la lingua siciliana e tutti gli elementi della cultura della nostra terra – pensiamo ai convegni, alle conferenze, alle mostre che il centro ha promos-so, al Trofeo di poesia popolare che ha censito nel corso delle sue tante edizioni i poeti popo-

lari di Sicilia, tastando il polso della situazione della poesia popolare della nostra regione: giustamente ha ricevuto il rico-noscimento Unesco entrando a far parte del R.E.I., cioè il re-gistro delle eredità immateriali; attendiamo che l’arte del canta-storie, cui Turiddu Bella ha do-nato tanto, collaborando come poeta con i più grandi cantasto-rie di Sicilia, come Ciccio Bu-sacca e tanti altri nomi, venga riconosciuta patrimonio dell’u-manità.Esattamente trent’anni fa, nel 1989 quindi, usciva la raccolta di poesie di Maria Bella Raudi-no “Simenza d’amuri”: la sillo-ge è stata riproposta e donata ai presenti durante l’incontro del 10 dicembre scorso presso l’Ae-ronautica militare di Siracusa –

l’Associazione Arma Aeronau-tica è particolarmente vicina al Centro studi dato che il suo presidente Giovanni Girmena, qui anche in veste di anfitrio-ne, è divenuto vicepresidente del C.S.T.B. – in occasione del

recital “Cuore di Sicilia”, in cui i quadri di Maria Bella Raudi-no sono stati abbinati alle poe-sie della raccolta lette da Lalla Bruschi, attrice e fine dicitrice spesso protagonista di reading (e qui ci piace ricordarne la so-

I poeti come i contadini aspettano “di truvari / li paroli ammucciati / d’arreri a un muru di silenziu”

Nel cercare e trovare parole, quelle dell’eredità siciliana, dei versidella famiglia, c’è l’essenza della poesia di Maria Bella Raudino

di Maria Lucia Riccioli

rella Bibi, recentemente scom-parsa) e dal brioso e intenso Salvatore Di Pietro rispettiva-mente in lingua italiana e sici-liana.Corrado Di Pietro ha introdotto la recitazione dei testi sottoli-neando il legame della poesia di Maria Bella con il mito, con la natura e il culto delle memorie familiari e ancestrali, invitando i lettori a cogliere i messaggi interni dei testi, che come sen-tieri contengono segnali a far da guida al poeta stesso, autore ma in primis primo destinata-rio dei propri versi. La famiglia – il marito, il padre, la madre e i figli – sono quello che Salva-tore Camilleri nella prefazione indicava come l’hortus conclu-sus degli affetti dell’autrice, che allarga il proprio sguardo a par-tire dall’osservazione delle pic-cole grandi cose dell’infanzia, dei segni della campagna, dei palpiti e dei pensieri di mente e cuore: dalla madre terrena e carnale alla Mater Tellus il pas-so è breve; lo sposo e coniunx è maestro d’amore; il padre è

specchio e riflesso ma anche distanziamento – la Bella ha raccolto sì l’eredità del padre Turiddu ma la sua è poesia non estemporanea ma ermeneutica secondo il giudizio di Di Pietro – e potremmo continuare.Il poeta virgilianamente co-glie e dona le lacrymae rerum: “cerca cimentu di paroli / ppi ‘ntuppari purtusa / nt ana rutta, / ma li paroli sciddicanu / supra cuscenzi curazzati / e diventa-nu muffa di pinseri […]. / e lu pueta chianci”. Quali parole migliori per il Natale ormai alle porte, spesso consumistica in-differenza?I poeti come i contadini aspet-tano “di truvari / li paroli am-mucciati / d’arreri a un muru di silenziu” ed è in questo cercare e trovare parole – quelle dell’e-redità siciliana, della famiglia, dei libri letti studiati insegnati alle nuove generazioni, dei ver-si ricevuti e donati che si trova l’essenza della poesia di Maria Bella Raudino.

LA CIVETTA di Minerva16 Anno XI n. 18 - 21 dicembre [email protected]

L’8 dicembre scorso è morto a Roma Piero Terracina, uno degli

ultimi testimoni della Shoah, sopravvissuto all’inferno di Auschwitz. Forse non tutti sanno che pian-giamo non solo la scomparsa di un martire di una delle pa-gine peggiori della Storia – e ci teniamo a ricordarlo perché i rigurgiti nazifascisti e l’antise-mitismo strisciante devono far-ci tenere la guardia alta –, ma di un nostro concittadino, perché a Piero Terracina, oltre a quel-la di Palermo e di diverse altre città, era stata conferita la cit-tadinanza onoraria di Siracusa nel 2005, promotore Elio Toc-co; ringrazio Maurizio Landie-ri per l’immagine reperita, per la preziosa testimonianza sulla successiva visita a Siracusa di Terracina nel 2015 e per aver recuperato la motivazione del conferimento della cittadinan-za onoraria: “Il Sindaco / Avv. Giambattista Bufardeci / Ono-rando in / Piero Terracina / L’instancabile ambasciatore di memoria e di umanità, che / ha suscitato, nel nostro Paese, partecipata coscienza nei / con-fronti della Shoah, / Su propo-sta dell’Istituto Mediterraneo / di Studi Universitari / gli Con-ferisce / La Cittadinanza Ono-raria di Siracusa. Piero Terracina, sopravvissuto alla Shoah, attraverso la Sua Parola, che ha trasformato il dolore in testimonianza di vita e di speranza, ha saputo creare argini di ragione e di coscien-za, nei nostri giovani, contro ogni fanatismo, intolleranza, razzismo, cause di ogni or-rore. Egli ci ha insegnato che ricordare è l’unico modo per difendere il nostro futuro dagli incubi dell’odio”.Recupero gli appunti scritti sull’onda dell’emozione del po-meriggio del 27 gennaio 2008, quando ho avuto modo di cono-scere personalmente Terracina e di ascoltare la sua testimo-nianza e mi piace riparlarne a ridosso della festa di Hanukkah (tra l’altro sul canale per bam-bini Rai Gulp domenica 22 dicembre alle 15:25, andrà in onda il cortometraggio “Ha-nukkah-La festa delle luci”, prodotto da Rai Ragazzi e dalla Graphilm Entertainment di Roma, opera di un maestro dell’animazione italiana come Maurizio Forestieri; il film racconta la storia fantasiosa della giovane pasticciera Anna, ricorda l’origine di una delle più antiche e affascinanti feste ebraiche e sarà visibile anche su Rai Play), che per la simbo-logia delle luci, lo scambio dei doni, il senso dello stare insie-me si può apparentare al nostro Natale.

A Siracusa, nella Chiesa di San Martino, per ricordare la figura di Monsignor Sebastiano Goz-

zo (che era recentemente scom-parso e che aveva programmato quest’evento poco prima della sua morte), si era tenuto l’ul-timo incontro della settimana dedicata alla cultura ebraica e promosso dalla Provincia Re-gionale di Siracusa e dall’IM-SU (Istituto Mediterraneo di Studi Universitari).Moderatore Elio Tocco, hanno offerto la propria testimonian-za nel giorno della memoria (il 27 gennaio, se ci fosse ancora bisogno di ricordarlo, è dedica-to dal 2000 alla memoria della Shoah) Franco Perlasca, figlio di Giorgio Perlasca, ed un so-pravvissuto di Auschwitz, Pie-ro Terracina.Franco Perlasca ha rievocato la figura del padre, che duran-te la seconda guerra mondiale si trovava in Ungheria e per un rocambolesco caso del destino (destino?) si è ritrovato ad es-sere eroe suo malgrado. Fin-gendosi il nuovo ambasciatore di Spagna, è riuscito a salvare all’incirca 5200 ebrei ungheresi dalla deportazione.Un eroe. Ma Franco Perlasca ci tiene a distinguere l’eroe dal giusto: pensiamo a Pirandello per cui è “molto più facile esse-re un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere ogni tanto, galantuomini sempre”. L’azio-ne eroica a volte viene ostentata e un singolo gesto eroico può essere perfino in contrasto con la natura profonda di un esse-re umano. Giorgio Perlasca, invece, come i veri giusti, ha compiuto un gesto da eroe ma quasi suo malgrado e, cessata la situazione straordinaria in cui si è trovato a scegliere il bene opponendosi con corag-gio e determinazione al male, è tornato alla vita di sempre, mantenendo il silenzio anche con le persone care.Questa storia, scritta in un me-moriale di cui una copia andò al governo italiano, l’altra a quel-lo spagnolo, che l’ignorarono completamente, sarebbe rima-sta per sempre nel cassetto e nel cuore di Perlasca se non fosse accaduta una serie di fatti: un ictus, che lo portò a rivelare alla nuora e al figlio l’esistenza del memoriale, di cui però ancora una volta i familiari stessi sot-tovalutarono l’importanza. Per-lasca, una volta guarito, come prima cosa ripose lo scritto nel cassetto. Altro motivo per cui ritenerlo un vero giusto: solo la morte imminente l’aveva indot-to a quella rivelazione perché temeva che quel passato andas-se perduto per sempre.Decenni di silenzio. Poi, ac-cade qualcosa che fa riemer-gere potentemente quell’atto di eroismo, di compassione, di solidarietà umana. Delle donne ungheresi, all’epoca dei fat-ti ragazzine, avevano cercato notizie di quell’Jorge Perlasca sedicente diplomatico spa-gnolo e riescono a scovarlo in Italia, a Padova, nella sua casa di Via Guglielmo Marconi 13, giusto di fronte alla basilica di Sant’Antonio da Padova.Le donne, un po’ in unghere-se, un po’ in tedesco, un po’ in italiano, un po’ nel linguaggio universale dei gesti, rievoca-no quella storia davanti agli

occhi allibiti di Franco, che inizia finalmente a capire che suo padre Giorgio forse aveva compiuto qualcosa di vera-mente straordinario. Franco Perlasca racconta con garbo, perfino riesce a far sorridere, ma la commozione gli vela la voce quando narra cosa quelle donne regalarono a suo padre in segno di gratitudine. Pacchi e pacchettini dei tipici prodot-ti ungheresi. Quello che ogni turista porta in dono. Poi, tre oggetti. Che Franco Perlasca tuttora conserva religiosamen-te. Piccole povere cose cariche di un dolore indicibile. Una tazzina, un cucchiaino, un medaglione. Perlasca rifiuta. Le donne insistono. Il balletto di offerte e rifiuti si ripete per qualche minuto. Perlasca dice: “Dovete tenere voi queste cose, per lasciarle in ricordo ai vostri figli, che poi le lasceranno ai vostri nipoti”. E quelle donne, in un italiano perfetto che ha del miracoloso, gli rispondono: “Queste cose deve averle lei. Se non fosse per lei, noi non avremmo figli né nipoti”.La storia di Perlasca inizia così a diventare conosciuta. Se ne occupano Enrico Dea-glio, che dopo una lunga serie di interviste scrive “La banali-tà del bene” (poi uscirà anche “L’impostore”) e Giovanni Minoli con la sua trasmissione “Mixer”. La vita di Perlasca viene allo scoperto ed è tutto un susseguirsi di incontri con le scuole, di interviste, di rico-noscimenti anche internaziona-li, alcuni preziosi e importanti. Ma quello a cui Perlasca tiene di più sta sulla scrivania del suo studiolo. Una targa consegna-tagli da ragazzi di una scuola della provincia vicentina. La semplice iscrizione dice: Ad un uomo al quale vorremmo assomigliare. In un tempo me-diocre, di falsi miti ed eroi, Per-lasca il giusto, riconosciuto tale anche dalla commissione dello Yad Vashem in Israele, che esa-mina le cause di chi, non ebreo, si è comportato da giusto (e non si autopresenta ma è presentato da terzi, le cui testimonianze sono attentamente vagliate), Perlasca il giusto dicevamo, rappresenta sicuramente un modello positivo, una luce per

le nuove generazioni. Un uomo che ha vissuto nel silenzio, che ha risposto con sincerità e semplicità disarmante a chi gli chiedeva come avesse fatto a compiere quell’impresa dispe-rata: “Lei non avrebbe fatto lo stesso al posto mio?”. Hannah Arendt, a proposito di Eichmann e altri nazisti, ha parlato di banalità del male. Il mostro, il torturatore, possono essere anche i nostri vicini di casa. Il male non ha corna né puzza di zolfo ma può avere il volto di ognuno di noi. Di chi ubbidisce agli ordini ricevuti senza discuterli. Di chi volta la faccia dall’altra parte per non essere coinvolto. Anche il bene è banale, in fondo. Un gesto semplice può salvare una vita. E come dice il Talmud, chi salva una vita salva l’universo intero.C’è una leggenda ebrea mera-vigliosa. Esistono nel mondo 36 giusti, sempre. Neanche loro sanno di essere giusti, ma quando c’è da dire un sì o un no, quando c’è da prende-re posizione, lo fanno e basta. Poi tornano alla vita di sempre, neanche consci loro stessi fino in fondo di aver cambiato la storia. E grazie a loro Dio non distrugge il mondo.Vi invito a visitare il sito della fondazione intitolata a Giorgio Perlasca, dove troverete altro materiale interessantissimo – bibliografia e filmografia, sto-ria della Shoah e vari documen-ti – : www.giorgioperlasca.it.Dopo il racconto emozionan-te di Franco Perlasca – che ci narra anche del film tratto dalla vita del padre, interpretato da Luca Zingaretti, giudicato dalla moglie di Perlasca bravissimo ma molto, molto meno bello del marito… – attendiamo tutti le parole di Piero Terracina. Non è un film. È vita vissuta, sangue e lacrime. Una disperazione senza fine.Piccolo uomo vestito di verde, ti riconosco ebreo dall’aspetto mite che Umberto Saba seppe così bene ritrarre. Occhialetti tondi a difendere gli occhi pen-sosi scrutati da occhi attenti, rispettosi sì, ma che indugiano su di te come su una bestia da fiera, l’animale da circo che deve fare il suo numero da de-

portato testimone speranzoso nonostante tutto.Ma tu non ci stai. Da subito. “Per me non c’è stato un Gior-gio Perlasca”. Voce scura, bas-sa e dignitosa.E il dolore fluisce come una piena, trattenuto dalle parole ferme di chi si sa innocente eppure perseguitato, di chi è vittima e ha subito le sevizie di carnefici infernali eppure uo-mini come lui, unico scampato su una famiglia di otto persone.Il male può essere banale, quo-tidiano. È il compagno di scuo-la sempre amico che ti volta le spalle e ti lascia da solo perché sei ebreo; è l’insegnante che salta il tuo nome nell’appello e ti dice che non puoi entrare in classe. “Che cosa ho fatto?” chiedi. E ti viene risposto con tre parole che uccidono la tua sensibilità, il tuo amore per lo studio, la tua innocenza di bambino di otto anni. “Perché sei ebreo”. È il traditore che consegna te e la tua famiglia per 5000 lire ciascuno – 40000 lire durante la seconda guerra mondiale sono soldi – mentre avete deciso di riunirvi per la Pasqua ebraica, finalmente in-sieme dopo essere stati separati perché protetti in case diverse da persone buone – i giusti sen-za nome – che avevano avuto pietà di voi.Piero ha 8 anni quando vengo-no emanate le leggi razziali e 14 anni quando viene arrestato con i suoi dai nazisti che non hanno pietà neanche del nonno anziano. Ed è dolore infinito: il carcere di Regina Coeli – avete idea di cosa sia entrare in car-cere quando si è innocenti? – dove, faccia a muro, con la con-segna del silenzio, il padre di Piero, lucido profeta di ciò che sarà, intima ai figli di conser-vare la dignità, almeno quella. “Siate uomini”.Ma è proprio quello che i na-zisti vogliono distruggere: l’u-manità di questa povera gente, stipata sul treno che parte dalla stazione Tiburtina di Roma per Fossoli, tappa intermedia del viaggio verso Auschwitz, l’in-ferno di un pazzo.Niente cibo né soprattutto ac-qua, implorata a mani tese di stazione in stazione a gente indifferente. Piero si interrom-

pe spesso scusandosi con noi, noi che dovremmo baciargli le mani, quelle stesse mani di ra-gazzo tese disperatamente dal carro bestiame di un treno, per la commozione che gli stringe la gola e che taglia la nostra. Il silenzio in chiesa è tangibile, solido e compatto. Le lacrime scendono e ci domandiamo che cosa potrebbe risarcire soffe-renze così grandi. “Nemmeno uno sguardo di pietà”.Cinque giorni cinque notti escrementi urine un bambino è nato per morire ad Auschwitz.E l’arrivo. E la verità, subito. Di qui si esce solo per il camino.E gli appelli, e la neve gelata da bere, che non sia troppo con-taminata. E la supplica con gli occhi all’aguzzino perché af-fondi un’altra volta il cucchiaio nella brodaglia immonda. Qui non c’è più dignità, quella che aveva raccomandato ai figli il padre di Piero. Ma un ragazzo di quattordici anni vuole vive-re, anche un giorno soltanto di più.Piero parla e i suoi occhi sono oltre noi, fuori dal portone di questa chiesa dove lui si sente fuori posto, perché è fuori an-che da questo tempo Piero, for-se perché è il 27 gennaio e nel 1945 i Russi aprirono quei dan-nati cancelli da cui i suoi cari non sono usciti. E non c’è esul-tanza e non c’è scampo al senso di colpa per essere ancora vivi.Piero non ci narra l’orrore, non ci narra la follia cieca e stupida di gente che era capace di indi-cibili crudeltà eppure amava la famiglia l’arte la letteratura la musica. Piero si scusa ancora. “Mi sento lì. Scusatemi, non ce la faccio a continuare”.Lo applaudiamo e sfiliamo fuori. Qualcuno di noi va a stringergli la mano. Il peso che quest’uomo porta è troppo grande, ma che lo abbia con-diviso con noi è bellissimo. Penseremo a lui, pregheremo per questo piccolo uomo che ha guardato in faccia l’inferno e ne è uscito vivo.

CULTURA

In morte di Piero Terracina, cittadino onorario di Siracusa uomo che ha guardato in faccia l’inferno di Auschwitz

di Maria Lucia Riccioli