Eredità e Testamento - diritto.it · diritti da una persona defunta agli aventi diritto (eredi e...

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- 1 - La successione per causa di morte è il “passaggio” di beni e di diritti da una persona defunta agli aventi diritto (eredi e legatari, come si dirà più avanti). Normalmente l'apertura della successione, cioè il trasferimento dei diritti ereditari, avviene (secondo quanto recita l’art. 456 codice civile) alla data del decesso e nel luogo dell'ultimo domicilio del "de cuius " (con tale espressione latina viene chiamato il defunto che, in vita, ha fatto un testamento – e deriva dalla frase: "is de cuius agitur", che significa: colui del quale stiamo parlando). A proposito di luogo dell’ultimo domicilio del defunto, anche l’articolo 22 del codice di procedura civile stabilisce che, per le cause connesse alla successione, la competenza è del giudice del luogo dove questa si è aperta e, nel caso in cui la successione si sia aperta fuori dallo Stato Italiano, è competente il giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi, nel luogo di residenza del convenuto. Tutti i beni del defunto si chiamano: asse . L’erede subentra in tutti i rapporti giuridici che fanno capo al “de cuius , sia per quanto riguarda i crediti, e sia per quanto riguarda le passività; ma non esiste alcun obbligo da parte dell’erede di accettare l’eredità, che può quindi venire anche rifiutata. Normalmente vengono trasferiti solo i rapporti patrimoniali, ma la legge consente in alcuni casi anche altre situazioni, sia pure rare (vedasi ad esempio l’articolo 267 del codice civile, che permette agli eredi di contestare il riconoscimento di un figlio naturale per violenza). Per quanto riguarda la successione nei contratti Contratti strettamente personali L’erede non può subentrare in un precedente rapporto di lavoro subordinato o professionale. Non passano all’erede nemmeno tutti quei rapporti che erano strettamente legati alla persona del defunto, quali, ad esempio, il diritto agli alimenti, l’usufrutto, l’uso, eccetera. Per quanto riguarda il contratto di appalto Il contratto di appalto di solito non termina con la morte dell’appaltatore, a meno che la persona stessa dell’appaltatore non sia stata alla base dell’accordo ed il rapporto quindi non abbia avuto una veste strettamente e particolarmente fiduciaria. Per quanto riguarda la locazione La legge numero 392 del 1978 ha stabilito che, in caso di morte del conduttore (inquilino), gli succedono nel contratto il coniuge superstite e gli eredi ed affini che con lui convivevano stabilmente. In tale caso, la Corte Costituzionale, con sentenza numero 404 del 1988, ha equiparato al coniuge anche il convivente. EREDITA’ e TESTAMENTO ======== LE SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE Dott. Enzo Rovere

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La successione per causa di morte è il “passaggio” di beni e di diritti da una persona defunta agli aventi diritto (eredi e legatari, come si dirà più avanti). Normalmente l'apertura della successione, cioè il trasferimento dei diritti ereditari, avviene (secondo quanto recita l’art. 456 codice civile) alla data del decesso e nel luogo dell'ultimo domicilio del "de cuius" (con tale espressione latina viene chiamato il defunto che, in vita, ha fatto un testamento – e deriva dalla frase: "is de cuius agitur", che significa: colui del quale stiamo parlando). A proposito di luogo dell’ultimo domicilio del defunto, anche l’articolo 22 del codice di procedura civile stabilisce che, per le cause connesse alla successione, la competenza è del giudice del luogo dove questa si è aperta e, nel caso in cui la successione si sia aperta fuori dallo Stato Italiano, è competente il giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi, nel luogo di residenza del convenuto. Tutti i beni del defunto si chiamano: “asse”. L’erede subentra in tutti i rapporti giuridici che fanno capo al “de cuius”, sia per quanto riguarda i crediti, e sia per quanto riguarda le passività; ma non esiste alcun obbligo da parte dell’erede di accettare l’eredità, che può quindi venire anche rifiutata. Normalmente vengono trasferiti solo i rapporti patrimoniali, ma la legge consente in alcuni casi anche altre situazioni, sia pure rare (vedasi ad esempio l’articolo 267 del codice civile, che permette agli eredi di contestare il riconoscimento di un figlio naturale per violenza).

Per quanto riguarda la successione nei contratti

Contratti strettamente personali L’erede non può subentrare in un precedente rapporto di lavoro subordinato o professionale. Non passano all’erede nemmeno tutti quei rapporti che erano strettamente legati alla persona del defunto, quali, ad esempio, il diritto agli alimenti, l’usufrutto, l’uso, eccetera.

Per quanto riguarda il contratto di appalto

Il contratto di appalto di solito non termina con la morte dell’appaltatore, a meno che la persona stessa dell’appaltatore non sia stata alla base dell’accordo ed il rapporto quindi non abbia avuto una veste strettamente e particolarmente fiduciaria.

Per quanto riguarda la locazione La legge numero 392 del 1978 ha stabilito che, in caso di morte del conduttore (inquilino), gli succedono nel contratto il coniuge superstite e gli eredi ed affini che con lui convivevano stabilmente. In tale caso, la Corte Costituzionale, con sentenza numero 404 del 1988, ha equiparato al coniuge anche il convivente.

EREDITA’ e TESTAMENTO ========

LE SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE Dott. Enzo Rovere

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Vi sono due importanti e diversi tipi di successione secondo quanto dispone l’articolo 457 del codice civile

a) Successione legittima (art. 565 codice civile) chiamata anche, con una espressione latina, "ab intestato" e si verifica quando la persona defunta non ha lasciato alcun testamento o un testamento dichiarato invalido; b) Successione testamentaria che si verifica quando la persona defunta ha disposto, con un valido testamento, a chi devono essere dati (si dice, anche, “devoluti”) i suoi beni dopo la propria morte. Ovviamente, in questo caso, l’articolo 457, terzo comma, del codice civile, stabilisce che “le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”

Nota I legittimari sono i parenti che, sempre, devono per legge ricevere qualcosa. Si parla allora di successione necessaria, perché necessariamente, per forza, queste persone devono ricevere una parte . Sono il coniuge, i figli e gli ascendenti (cioè i genitori o i nonni, se mancano i genitori). La parte, quindi, di beni, della quale il “de cuius” non può disporre si chiama "quota indisponibile" (sono quindi i beni dei quali, chi scrive un testamento, non può fare quello che vuole. In un certo senso è come se la legge li avesse bloccati a favore di determinate persone). Per questi motivi e per tale senso, si usa dire anche che non esiste la diseredazione. Un tempo, soprattutto nei paesi, i parenti necessari venivano, alla buona, chiamati legittimari e si diceva che avevano diritto alla legittima. E' solo un'espressione popolare e legalmente non è corretta. Si rischia, oltretutto, di fare confusione con il concetto, di cui al punto a), di successione legittima.

Attenzione: quando una persona è chiamata ad accettare o meno una eredità, si dice anche, tecnicamente, che ha avuto una “delazione all’eredità”. Occorre notare pure che il codice civile vieta la possibilità di succedere nei beni del defunto mediante un contratto stipulato quando questo era ancora in vita. Lo stabilisce espressamente l’articolo 458. Non è valido neppure il patto con il quale una persona disponga dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, oppure rinunci agli stessi diritti.

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La legge prevede la possibilità per l'erede di accettare o di non accettare l'eredità, e l’eredità si acquista sempre e soltanto con l’accettazione, e l’acquisto dell’eredità è sempre retroattiva, nel senso che ha valore dal momento dell’apertura della successione. Questo è ovvio, perché talvolta potrebbe essere anche non conveniente accettare una eredità in quanto dissestata economicamente o moralmente discutibile. Prima che avvenga l’accettazione, colui che viene chiamato all’eredità può esercitare comunque le previste azioni legali per la difesa e la conservazione dei beni entrati nella successione; come può pure esercitare ogni atto necessario per la conservazione e l’amministrazione dei beni ereditari. Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni dall’apertura della successione. Se vi è invece una istituzione di erede condizionata, il termine di prescrizione decennale inizia a decorrere dal verificarsi della condizione stessa (vedi articolo 480 del codice civile).

L’accettazione è di due tipi: espressa: quando è contenuta in un atto pubblico o in una scrittura privata (ricordiamo che l’articolo 475 del codice civile vieta, sotto pena di nullità, che l’accettazione venga vincolata da una condizione o da un termine); tacita: quando chi è chiamato all’eredità compie degli atti che solo un erede potrebbe compiere e che fa quindi ritenere la sua volontà di voler accettare l’eredità (a tale fine non ha rilevanza il pagamento dell’imposta di successione, perché tale adempimento ha una valenza puramente fiscale). Sono in grado di succedere, secondo la legge, tutti coloro che siano nati o concepiti nel momento dell’apertura della successione. Anche le persone giuridiche possono acquistare beni ereditari, ma solo per le società non è richiesta alcuna autorizzazione (articolo 473 del codice civile); tutte le altre devono avere l’autorizzazione governativa. Se l’eredità viene devoluta per testamento ad enti non riconosciuti, o non ancora costituiti, occorre che venga presentata, entro un anno dal momento in cui il testamento può essere eseguito, la domanda per ottenere il previsto riconoscimento di legge (articolo 600 del codice civile).

ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’

LA CAPACITA’ DI SUCCEDERE

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Viene escluso dalla successione per indegnità

(articolo 463 del codice civile)

La riforma dell’istituto dell’indegnità a succedere, contenuta nella legge 8 luglio 2005, n. 137, è entrata in vigore il 3 agosto 2005. Per indegnità, una persona viene esclusa dalla successione, in quanto, ai sensi dell’articolo 463 del Codice Civile, ha compiuto atti di estrema gravità, o contro il defunto o contro la sua libertà testamentaria. La legge 137 introduce tra chi è indegno a succedere i genitori privati della potestà. Vediamo, quindi, quali sono gli atti contro la persona o quali quelli contro la libertà testamentaria: Atti contro la persona - chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona cui si riferisce

la successione (o il coniuge, o un discendente, o un ascendente) salvo che non ricorra una causa di non punibilità, come il caso fortuito o la forza maggiore;

- chi ha commesso contro la persona, cui è relativa la successione, un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio (per esempio: l’istigazione al suicidio);

- chi ha denunciato la persona, cui si riferisce la successione, per reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore a tre anni, se la denuncia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale, ovvero chi ha testimoniato contro la persona imputata dei predetti reati, se la testimonianza è poi stata dichiarata falsa in giudizio penale. In questa categoria rientrava, prima della legge 137/2005, anche chi avesse denunciato una persona per un reato punibile con la pena di morte. Questo riferimento è ora stato tolto dalla legge, in quanto la pena di morte è stata cancellata dal nostro ordinamento dall’articolo 27, comma 4, della Costituzione, fatta eccezione per i casi previsti dalle leggi militari di guerra. A sua volta, l’articolo 1 della legge 589/94 ha sancito che “per i delitti previsti dal Codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è abolita ed è sostituita dalla pena massima prevista dal Codice Penale.

Atti contro la libertà testamentaria - chi ha indotto con dolo o violenza la persona, cui si riferisce la successione,

a fare revocare o mutare il testamento o la ha impedita; - chi ha soppresso, celato od alterato il testamento dal quale la successione

sarebbe stata regolata; - chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso:

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La indegnità per chi perduto la potestà genitoriale la legge 137/2005 innova l’istituto dell’indegnità, aggiungendo ai casi finora previsti quello di chi “essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei confronti della persona, della cui successione si tratta, a norma dell’articolo 330, non è stato reintegrato nella potestà alla data di apertura della successione della medesima”. E’ infatti ingiusto che il genitore, che abbia tenuto nei confronti del figlio un comportamento così grave da comportarne la decadenza dalla potestà, possa poi beneficiare di vantaggi economici all’atto della sua successione; ed è evidente il fondamento di una norma che tutela la dignità della persona e la sua memoria. Se un genitore è stato giudicato decaduto dalla potestà sul figlio (si pensi ai casi di violenza sessuale) non è dunque degno di succedere negli eventuali beni posseduti dal figlio stesso.

I casi elencati, secondo la giurisprudenza, sono da considerarsi tassativi. L’indegno, quindi, non può avere nemmeno l’usufrutto legale sui beni pervenuti ai propri figli mediante successione. L’indegnità deve comunque essere sempre accertata dall’autorità giudiziaria, nel tempo di dieci anni dall’apertura della successione (vedi articolo 2946 del codice civile). L’indegno può venire riabilitato dall’interessato, tramite un apposito atto pubblico o con un normale testamento.

La rinuncia all’eredità è valida solo se è espressa davanti ad un notaio, oppure se è fatta con una apposita dichiarazione scritta davanti al cancelliere del Tribunale del circondario dove si è aperta la successione. L’atto di rinuncia non deve contenere condizioni o termini e viene inserito poi nel registro delle successioni. Quando un erede rinuncia, la sua parte viene data agli altri coeredi, a meno che non subentri un discendente legittimo che lo rappresenti, ai sensi dell’articolo 467 del codice civile. In caso di successione testamentaria, poi, va rispettata la sostituzione operata dal “de cuius”, qualora esista; e quindi non viene escluso che lo stesso testatore possa prevedere un altro eventuale erede che prenda il posto di chi dovesse rinunciare. La rinuncia può essere revocata entro dieci anni dall’apertura della successione. Non può, infine, rinunciare chi sia nel possesso dei beni e siano già trascorsi tre mesi dal momento dell’apertura della successione: Anche chi abbia sottratto o nascosto beni ereditari non può rinunciare (art. 527 codice civile). I creditori dell’erede che ha rinunciato, comunque, e che si ritengano danneggiati, hanno la facoltà di impugnare l’atto di rinuncia e possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in sostituzione dell’erede che ha rinunciato, per potersi rivalere dei propri diritti.

LA RINUNCIA ALL’EREDITA’

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Poiché all’apertura della successione, non sempre è possibile stabilire se è economicamente conveniente accettare l’eredità, la legge dà anche la possibilità di accettare con una formula particolare, che si chiama: "accettazione con beneficio d'inventario": questo tipo di accettazione si deve fare mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del luogo ove si è aperta la successione, e dà all’erede la possibilità di tenere distinto il proprio patrimonio personale da quello del defunto; per tale motivo dovrà essere compilato un dettagliato inventario dei beni ereditati (in sostanza, se accetto con questa formula, non sarò mai costretto a pagare i debiti del defunto con il mio denaroe o comunque con i miei beni). Se esistono proprietà immobiliari, la dichiarazione deve essere anche trascritta presso la Conservatoria dei Registri immobiliari del luogo ove si è aperta la successione ereditaria. L’inventario deve essere fatto entro tre mesi dall’apertura della successione, o dalla devoluzione dell’eredità, se colui che è chiamato all’eredità stessa si trova nel possesso dei beni ereditari. Dopo ulteriori quaranta giorni dall’inventario effettuato, l’eredità dovrà o essere accettata o essere rifiutata. Se il chiamato all’eredità, invece, non si trova nel possesso dei beni, avrà dieci anni di tempo dal giorno dell’apertura della successione, ai sensi dell’articolo 480 del codice civile, per poter effettuare la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario. Ma il successivo articolo 481 prevede anche che, chiunque abbia un interesse, potrà chiedere al giudice che venga fissato un termine entro il quale il chiamato all’eredità debba dichiarare se intende accettare o rinunciare.

Ce ne parla espressamente il codice civile agli articoli 512 e seguenti. Quale è la differenza sostanziale, dunque, fra la “accettazione con beneficio di inventario”, vista prima, e la “separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede”? a) il beneficio di inventario è a favore esclusivo dell’erede, allo scopo di evitare che questo deva rispondere dei debiti del defunto oltre il valore dell’eredità ed opera pertanto sull’intero patrimonio; b) la separazione dei beni, invece, del defunto da quelli dell’erede, è previsto a favore dei creditori del “de cuius”, che non possono permettersi di perdere le loro garanzie a causa della morte del loro debitore, perché tutti i beni vanno a confluire altrove, in mano ad eredi che hanno magari debiti da pagare.

L’ACCETTAZIONE CON BENEFICIO DI INVENTARIO

LA SEPARAZIONE DEI BENI DEL DEFUNTO DA QUELLI DELL’EREDE

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La separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede ha un carattere particolare e non universale, nel senso che opera non su tutto il patrimonio ereditario, ma unicamente sui singoli beni, sui quali appunto si muove l’iniziativa dei creditori, a loro esclusiva garanzia. Il diritto di chiedere la “separazione” deve essere esercitato entro il termine di tre mesi dall’apertura della successione, con il rispetto delle formalità previste agli articoli 517 e seguenti del codice civile e precisamente: - per gli immobili, occorre effettuare l’iscrizione, presso la Conservatoria dei

registri immobiliari, del credito che si riferisce ai beni sui quali viene fatto valere il diritto

- per i beni mobili, deve essere notificata la domanda giudiziale presso il competente Tribunale.

Se vi è una dichiarazione di fallimento dopo la morte, l’articolo 11 della legge fallimentare stabilisce che devono venire soddisfatti prima di tutto i creditori del defunto, rispetto ai creditori dell’erede ed ai legatari, compreso il coniuge superstite, che potranno far valere i propri diritti solo nei confronti degli eredi, quando ciò ovviamente sia possibile. Ricordiamo che, fino al momento in cui l’eredità verrà accettata dagli interessati, il Tribunale può nominare, su richiesta, un amministratore temporaneo dei beni. Questo fenomeno la legge lo chiama: "eredità giacente". Tale situazione viene regolamentata dagli articoli 528 /529 /530 /531 /532 del codice civile. Il decreto del Tribunale deve essere pubblicato per estratto nel foglio degli annunci legali della provincia e quindi iscritto nel registro delle successioni. Il curatore deve fare l’inventario dell’eredità e deve depositare presso una banca indicata dal giudice la somma di denaro che esiste e quindi necessariamente anche il ricavato della gestione. Il curatore cessa dal suo incarico appena viene accettata l’eredità. Ogni erede può esercitare il proprio diritto, di erede appunto, e chiedere pertanto il riconoscimento della propria qualità ereditaria contro chiunque possieda, in tutto od in parte, beni ereditari. Tale azione si chiama: “petizione di eredità” ed è imprescrittibile, salvo che vi siano usucapioni. L’articolo 534 del codice civile, infine, stabilisce che restano salvi i diritti acquistati dai terzi, per effetto di convenzioni a titolo oneroso, dall’erede apparente, a condizione che i terzi acquirenti dimostrino la buona fede nell’acquisto. Per i beni immobili ed i mobili registrati vale la regola di chi trascrive per primo.

EREDITA’ GIACENTE e PETIZIONE DI EREDITA’

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E’ l’atto mediante il quale una persona dispone a favore di chi intende far devolvere (cioè lasciare), alla morte, la sua eredità o parte di essa. Il testamento, quindi, secondo la definizione di cui all’articolo 587 del codice civile, è l’atto con il quale si dispone in tutto od in parte delle proprie sostanze, per il tempo in cui si è cessato di vivere. Trattasi di unico atto mortis causa ammesso nel nostro ordinamento ed è pertanto destinato a produrre i suoi effetti nei confronti dei terzi solo dopo il verificarsi del decesso del testatore. Il testamento può sempre essere revocato (cioè annullato) da colui che lo ha disposto e che viene chiamato "testatore" fin che è ancora in vita, e poi, come già abbiamo visto, “de cuius", quando sarà deceduto. Proprio perché il testamento è revocabile a piacere da chi lo scrive, la legge vieta i cosi detti "patti successori" (art. 458 C.C.), cioè gli accordi con i quali una persona si obbliga a lasciare i propri beni a qualcuno, rinunciando alla possibilità di cambiare idea. Il testamento che vale è sempre l'ultimo, che annulla il precedente, in qualsiasi forma sia stato fatto. Inoltre, la successione testamentaria prevale su quella legittima, per l’articolo 457, secondo comma, del codice civile.

Un cenno particolare è da farsi per quanto riguarda le disposizioni generiche a favore dell’anima e le disposizioni a favore dei poveri: - l’articolo 629 del codice civile stabilisce che le disposizioni generiche a favore dell’anima

sono valide se il testatore determina i beni o la somma da destinare alla salvezza dell’anima del “de cuius” o di terzi e si considerano come un onere a carico dell’erede o del legatario indicati nel testamento o, in mancanza, degli eredi legittimi;

- L’articolo 630 del codice civile stabilisce che le disposizioni a favore dei poveri, cioè genericamente destinate a scopo di beneficenza, si intendono fatte a favore dei poveri del luogo in cui il testatore aveva il suo domicilio al tempo della morte ed i beni sono devoluti al Comune.

Per quanto riguarda la interpretazione del testamento, la volontà del “de cuius” va individuata sulla base dell’esame globale del testamento, con riferimento, nei casi dubbi, anche alla cultura, alla mentalità ed all’ambiente di vita del testatore. Ne consegue che il giudice può attribuire alle parole contenute nel testamento anche un significato diverso da quello letterale. In ogni caso, la ricostruzione della volontà del testatore può essere effettuata solo attraverso il contenuto del testamento e mai attraverso l’ammissione di prove testimoniali (così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 4865 del 1975).

LA SUCCESSIONE TESTAMENTARIA

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Hanno la capacità di fare testamento, secondo l’articolo 591 del codice civile, tutti coloro che non sono dichiarati incapaci.

Sono incapaci, secondo la legge, di disporre per testamento: - i minorenni (compresi gli emancipati, anche se autorizzati all’esercizio dell’impresa); - gli interdetti per infermità di mente (è idoneo, invece, l’inabilitato). Da non confondere

con l’interdizione legale, prevista dall’articolo 32 del codice penale come pena accessoria ad una sentenza di condanna all’ergastolo o alla reclusione non inferiore a cinque anni. Tale interdizione comportava pure per il condannato la perdita della capacità di fare testamento; ma ora questa ultima incapacità non esiste più, poiché è stata abolita dalle modifiche apportate al sistema penale dall’art. 119 della legge 24/11/1981, nr. 689;

- gli incapaci naturali (incapaci di intendere e di volere al momento dell’atto); Gli articoli 596 e seguenti del codice civile prevedono, infine, altre forme di incapacità, quali ad esempio: - l’incapacità del tutore e del protutore per il tempo in cui abbiano avuto cura

dell’incapace e ne abbiano rappresentato gli interessi; - quella del notaio che ha ricevuto il testamento pubblico, dei testimoni e

dell’interprete che siano intervenuti al testamento stesso; - l’incapacità di chi ha scritto o ricevuto il testamento segreto; - infine viene anche prevista una incapacità nei confronti del padre, della

madre, dei discendenti e del coniuge dei soggetti incapaci appena indicati, che sono ritenuti, con presunzione assoluta, persone interposte.

Sono, invece, capaci di ricevere per testamento: Premettendo che la capacità di ricevere per testamento, e quindi anche la capacità di succedere, si acquista con la capacità giuridica al momento della nascita. Anzitutto, l’articolo 462 del codice civile permette anche ai nascituri di essere istituiti eredi o legatari, beninteso purchè poi vengano alla luce. Possono ricevere per testamento, come già abbiamo visto più sopra, anche le persone giuridiche pubbliche e private e gli enti non riconosciuti, purchè entro un anno, dal giorno in cui il testamento è eseguibile, sia fatta domanda per ottenere appunto il riconoscimento. Ricordiamo, infine, che le disposizioni a favore di una persona incapace di ricevere sono da considerarsi nulle.

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Il testamento dell’incapace non è tuttavia nullo, ma annullabile, e produce effetti fino all’eventuale dichiarazione di annullamento. L’azione relativa, essendo oltretutto un caso di annullabilità assoluta, può essere proposta da chiunque vi abbia interesse e si prescrive in cinque anni dall’esecuzione del testamento (vedasi articolo 591, ultimo comma, del codice civile). Rimane evidente, infine, che l’incapacità di chi fa un testamento deve esistere nel momento stesso della compilazione dell’atto e questo fatto occorre dimostrarlo chiaramente al giudice, qualora venga fatta la relativa azione giudiziara. Diversi sono i casi di impugnazione del testamento per vizi della volontà. L’articolo 624 del codice civile prevede, infatti, la possibilità di impugnare le disposizioni testamentarie, da parte di chiunque vi abbia interesse, quando queste sono l’effetto di errore, di violenza o di dolo. L’azione di annullamento si prescrive entro il quinto anno, a partire dalla notizia della violenza, del dolo o dell’errore. L’errore sul motivo, invece, può portare all’annullamento del testamento solo quando risulta che il motivo è stato l’unico elemento che ha portato il testatore a disporre dei beni. Il motivo illecito, tuttavia, rende comunque nulla la disposizione testamentaria, quando risulta che esso è il solo che la ha determinata (vedasi articolo 626 del codice civile).

Occorre anzitutto premettere che il testamento, secondo la legge, è un atto formale e solenne, e che deve sempre essere redatto in forma scritta, qualsiasi sia la sua forma; nel nostro ordinamento, infatti, non è ammesso il testamento orale.

Il testamento olografo E’ la forma più comoda e meno costosa (non serve recarsi da un notaio) ed è anche la più pratica per lasciare le proprie volontà. Può essere scritto su qualunque tipo di carta o materiale idoneo a ricevere una scrittura. Deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di proprio pugno dal testatore. La firma deve essere apposta alla fine delle disposizioni. Non è indispensabile firmare con nome e cognome, ma si deve indicare con certezza la persona del testatore (anche con un soprannome o espressione o nomignolo, con il quale è conosciuto dagli amici e parenti). La data deve indicare il giorno, il mese, l’anno. Ma attenzione! il testamento olografo si presta a gravi rischi: prima di tutto si possono verificare casi di nullità o annullabilità (mancanza della firma, scrittura non interamente a mano, mancanza della data, eccetera). Poi vi è il grave rischio di smarrimento, furto, incendio, manomissione o sottrazione da parte di persone disoneste. Il testamento olografo deve essere presentato ad un notaio, per la sua pubblicazione, da chiunque ne sia in possesso, non appena si ha la notizia della morte del testatore.

LA FORMA DEL TESTAMENTO

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Il testamento pubblico

E’ quello ricevuto dal notaio, in presenza di due testimoni. Il testatore dichiara verbalmente la sua volontà ed il notaio redige (cioè scrive) l'atto. Se il testatore non sa leggere, devono intervenire quattro testimoni, e ciò vale anche nei casi in cui il testatore sia muto o sordo o sordomuto. Per il muto ed il sordomuto, poi, l’articolo 57 della legge notarile richiede anche l’intervento dell’interprete, che sotto giuramento, faccia da tramite tra il testatore ed il notaio. Il testamento del cieco e dello straniero viene invece regolato rispettivamente dalla legge 3/2/1975 n. 18 e dall’articolo 57 della legge notarile: - il testamento pubblico di un cieco in grado di sottoscrivere non subisce

eccezioni, salvo l’intervento di un teste di parte, puramente eventuale; - se la lingua dello straniero è conosciuta dal notaio e dai testimoni, l’atto

viene redatto in lingua straniera, con relativa traduzione in italiano. Se invece il notaio non conosce la lingua straniera, il testamento è ricevuto in lingua italiana, con traduzione in lingua straniera di fronte o in calce all’originale; viene quindi richiesto a tal fine l’intervento di un interprete scelto dal testatore, che presta giuramento davanti al notaio stesso e di ciò si prende nota. Se, infine, il testatore straniero è in grado di sottoscrivere, è sufficiente che uno dei testimoni conosca la lingua straniera, altrimenti tale lingua deve essere conosciuta da due testimoni.

Questo tipo di testamento è il più sicuro, perché è fatto con l'assistenza del notaio, esperto in materia, e non ci sono rischi di smarrimento o manomissioni, perché il documento viene sigillato e custodito in apposito luogo protetto.

Il testamento segreto

Qualcuno lo chiama anche “testamento privato”; ed è un misto dei primi due. Il testamento, infatti, viene sigillato dal testatore stesso e consegnato, in presenza di due testimoni, ad un notaio, al quale si dichiara che nell'involucro sigillato è contenuto il testamento. Il notaio, che non conosce cosa vi sia scritto, deve solo compilare un atto di ricevimento del testamento segreto, che sarà poi sottoscritto, oltre che dal notaio stesso, anche dal testatore e dai testimoni. Chi non sa o non può leggere, non può fare un testamento segreto. Con questo tipo di testamento, quindi, c'è la possibilità di mantenere segreto il contenuto a tutti e quindi anche allo stesso notaio e nello stesso tempo avere la garanzia che esso venga ben custodito e non venga manomesso. Unico rischio è quello di aver scritto qualcosa che la legge non può accettare, proprio perché è mancato il consiglio dell'esperto o non si hanno sufficienti cognizioni in materia. Il testatore può ritirare in ogni tempo dal notaio il testamento segreto, che si intende così revocato, salvo che non abbia tutti i requisiti per valere come testamento olografo.

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Il testamento speciale

Lo si usa in casi particolari, tassativamente previsti dagli articoli 609 e seguenti del codice civile, e precisamente in presenza di malattie contagiose, calamità pubbliche, conflitti armati, infortuni, nonché a bordo di navi durante il viaggio o a bordo di aeromobili durante il volo e per i militari. In tali casi, la figura del notaio viene sostituita da quella dell’ufficiale delle forze armate o da quella del membro della croce rossa o dal comandante della nave o dell’aereo. Questi tipi di testamenti hanno tutti una validità temporanea: perdono, infatti, valore dopo tre mesi dal giorno in cui è venuta meno la circostanza eccezionale che li ha generati e quindi dal momento in cui il testatore è in grado di servirsi delle forme normali previste dal codice civile.

Il testamento internazionale Trattasi di nuova forma di testamento introdotta nel nostro ordinamento con la ratifica della Convenzione di Washington del 26/10/1973; ratifica intervenuta con la legge 29/11/1990 n. 387, in vigore dal 16/11/1991. In sostanza, è consentito a tutti i cittadini che appartengono agli Stati, aderenti alla suddetta convenzione, di scrivere un testamento che sia in grado di superare le diverse formalità legislative dei singoli Paesi. Tutto ciò che non è pura forma, quindi, come ad esempio il contenuto delle disposizioni, la capacità di fare testamento e di ricevere da un testamento, rimane assoggettato alle leggi dei diversi Stati aderenti alla Convenzione.

Nel testamento si può decidere di lasciare l’eredità e/o il legato

Si parla di eredità e quindi di erede, quando una persona riceve tutto o una frazione matematica indefinita del tutto (se ricevo, ad esempio, 1/4 di eredità, non so subito se quel quarto comprenda l'appartamento o la seconda casa o il conto in banca o i gioielli. E quindi, quel quarto è per il momento indefinito; verrà definito di fronte al notaio in un secondo momento). L'eredità può essere anche passiva e quindi deve essere accettata o può essere rifiutata (in altre parole, il defunto può aver lasciato solo debiti). Si parla di legato e quindi di legatario, quando una persona riceve subito una o più cose ben definite e non deve aspettare del tempo per conoscere che cosa riceve (se, ad esempio, il “de cuius” mi lascia un’automobile, ben descritta e identificata con il numero di targa, questo è un bene subito definito e quindi è un legato ). Dal momento, inoltre, che il legatario non succede all'universalità dei beni, ne’ ad una quota di essi, egli non è tenuto al pagamento dei debiti, ne’ di altre passività ereditarie.

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Attenzione il testamento, dopo la morte del testatore, per poter essere eseguito deve essere conosciuto ed il suo contenuto divulgato. Di conseguenza, il testamento olografo e quello segreto devono essere pubblicati; mentre il testamento pubblico deve essere solamente comunicato, dal notaio che lo ha ricevuto, agli eredi ed ai legatari di cui conosce il domicilio o la residenza (vedasi in tal senso l’articolo 623 del codice civile). La legge (articolo 620 del codice civile) impone, inoltre, a chiunque sia in possesso di un testamento olografo di presentarlo ad un notaio per la pubblicazione, non appena abbia avuto notizia della morte. Il Notaio ha a disposizione, se gli si presenta uno di questi casi, tre soluzioni, che deve adottare nello stretto ordine con il quale qui sono descritte, e sono pertanto le seguenti:

sostituzione, rappresentazione, accrescimento. Vediamole uno ad uno: Sostituzione si va, cioè, a leggere, nel testamento, se chi lo ha scritto aveva previsto un caso del genere ed abbia quindi deciso e scritto con chi sostituire colui che ha rinunciato o che non ha potuto accettare. Le norme sulle sostituzioni, di cui all’articolo 691 del codice civile, si applicano anche ai legati. Esistono due tipi di sostituzione, e precisamente: sostituzione ordinaria : quando il “de cuius” istituisce erede un soggetto, ed in caso di sua mancata accettazione, un altro soggetto che prende il suo posto. La sostituzione stabilita dal testatore prevale sia sul diritto di rappresentazione che sull’accrescimento, perché si dà precedenza alla volontà del “de cuius”. Sostituzione fedecommissaria, che aveva lo scopo di mantenere la proprietà dei beni nell’ambito della stessa famiglia e consisteva nella istituzione di un erede, con obbligo per costui di lasciare, alla sua morte, i beni ad un altro erede membro della famiglia stessa. Però, la riforma del diritto di famiglia, di cui alla legge 19 maggio 1975, numero 151, ha stabilito che la sostituzione fedecommisaria può essere usata solamente nei casi in cui l’erede sia un interdetto, oppure un minore di età in condizioni di infermità mentale.

E se qualcuno non può o non vuole accettare l’eredità?

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Rappresentazione al posto di chi ha rinunciato, subentrano i suoi discendenti, ma questo vale solo se chi rinuncia è un figlio od un fratello del “de cuius”. Attenzione, quindi, che la “rappresentazione” non si applica per gli altri parenti, Accrescimento che si aziona quando non ci si può servire dei primi due sistemi. La parte di chi ha rinunciato, cioè, va divisa fra gli altri, che si vedono, così, aumentare (cioè, appunto, accrescere) quanto già ricevuto in precedenza dal “de cuius”. Da notare che il mancato acquisto può avvenire anche per indegnità, premorienza, incapacità, prescrizione, decadenza dal diritto di accettare, per il verificarsi della condizione risolutiva, o per il mancato verificarsi di quella sospensiva. L’acquisto, chiaramente, si verifica dal momento dell’apertura della successione (si dice, con una espressione tecnica latina: “ex tunc”).

La condizione

Nel testamento si possono inserire anche delle condizioni, salvo quelle impossibili o illecite (non si può dire ad una persona, per esempio, "ti nomino mio erede se riuscirai ad andare sulla luna", oppure "ti nomino mio erede se andrai a piazzare droga", oppure "ti nomino mio erede se ti sposerai con chi dico io", eccetera). La legge permette, dunque, che la validità del testamento possa essere subordinata al verificarsi di un evento futuro ed incerto (da notare poi che l’incertezza distingue la condizione dal termine). La condizione può riguardare l’acquisto di un legato o di una quota di eredità, purchè in quest’ultimo caso si tratti della quota disponibile, poiché l’articolo 549 del codice civile vieta al testatore di apporre condizioni alla quota legittima. La condizione è di due tipi: - sospensiva, se l’acquisto del lascito è sospeso in attesa del verificarsi o del

non verificarsi dell’evento voluto; - risolutiva, se l’incertezza del verificarsi dell’evento si riflette sull’acquisto

già avvenuto, facendolo venir meno con effetto retroattivo. La condizione, inoltre, è chiamata: - potestativa, quando l’evento dipende dalla volontà del beneficiario della

disposizione; - casuale, quando dipende dal caso o dal fatto di un terzo;

Gli elementi accidentali del testamento

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- mista, quando dipende in parte dalla volontà del beneficiario ed in parte dal caso o dal fatto di un terzo;

- meramente potestativa, quando si fa dipendere l’efficacia o la risoluzione della disposizione dal mero arbitrio del testatore; ed in quest’ultimo caso la condizione, se è sospensiva, è nulla, perché la volontà manifestata dal testatore è capricciosa (è come se dicesse, ad esempio: “nomino erede il tal dei tali, a condizione che ne abbia voglia”); se invece è risolutiva il discorso cambia e la condizione è valida, in quanto il testatore manifesta una eventuale volontà di revocare (come se in sostanza dicesse “nomino erede il tal dei tali fino a quando eventualmente cambierò idea”, ed abbiamo visto che l’idea la può cambiare facendo ad esempio un nuovo testamento che annulla il precedente).

Il termine (cioè una data)

E' vietato, invece, il termine, cioè l'inserimento tassativo di una data di scadenza; non si può scrivere, ad esempio, "questo testamento vale fino al 20 dicembre", perché, come già abbiamo visto, la legge vuole che il testatore lo possa cambiare o modificare quando vuole e senza alcun limite di tempo e poi perché, una volta che uno acquista la qualità di erede, la conserva per sempre: Dicevano appunto gli antichi romani in latino: “semel heres sempre heres”, che tradotto significa appunto: “una volta erede sempre erede” – e non può quindi la scadenza di un termine (di una data quindi) far perdere tale qualità di erede per attribuirla ad un’altro. Il termine è quindi è l’elemento futuro e certo dal quale si fa dipendere l’inizio o la fine dell’efficacia di un negozio giuridico: Abbiamo anche visto sopra che la certezza del verificarsi dell’evento, anche se è incerto il momento in cui si verificherà, distingue il termine dalla condizione. La legge (articolo 637 del codice civile) ha stabilito la inapponibilità del termine alle disposizioni a titolo universale, mentre può legittimamente essere apposto ad una disposizione a titolo particolare. Se il termine è impossibile si considera come non apposto.

Il modo Il modo si chiama anche onere, perché è un peso imposto in una disposizione testamentaria e deve avere un contenuto economico (ti nomino mio erede e ti impongo - e questo è un esempio di modo – di lasciare una certa cifra per la costruzione di un ospedale). Ne parla espressamente l’articolo 647 del codice civile. Il modo non può tuttavia mai gravare sul legittimario, poiché la legittima non si può toccare. Se si tratta dell’erede, questo risponderà anche oltre il valore del lascito, salvo che abbia accettato con il beneficio di inventario (del quale

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abbiamo parlato più sopra); se invece si tratta di un legatario, questo risponderà entro i limiti del valore dei beni ricevuti. Il modo impossibile o illecito si considera come non apposto, salvo che abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione del testatore, perché in questo caso si considera nulla l’intera disposizione. Qualunque interessato può agire per l’adempimento dell’onere, qualora chi lo dovrebbe adempiere non lo faccia, ma la risoluzione del testamento può essere chiesta solo se lo ha previsto il testatore, oppure se l’adempimento dell’onere ha costituito il motivo determinante.

Nullità - è nullo il testamento se è stato scritto dietro la minaccia di una violenza fisica

o morale (esempi: "se non scrivi quello che ti detto, ti spezzo una gamba", oppure "fai come ti dico o rivelo a tutti che hai l'amante");

- è nullo, pure, se è stato scritto per motivi illeciti (ad esempio, per cercare di finanziare un'attività delittuosa);

- è nullo, pure se manca la "delazione", cioè se non vengono indicati chiaramente nomi e cognomi di eredi e legatari (e non si riesce, quindi, a capire a chi il “de cuius” voleva lasciare il suo “asse”, cioè le sue cose).

Annullabilità se chi scrive il testamento è una persona che non ha la capacità di agire (per esempio un minorenne, un ubriaco, un interdetto, un inabilitato). Chiunque venga a conoscere questa situazione ed abbia interesse, ha 5 anni di tempo per chiedere al tribunale di annullare il testamento (se, per esempio, riesco a dimostrare che il “de cuius”, quando ha scritto il testamento, era ubriaco fradicio e non capiva quello che stava facendo). Caducità il “de cuius” non ha figli quando scrive il testamento e si regola, quindi, di conseguenza. Ma può succedere che la moglie (o la compagna) sia incinta e lui non lo sappia e non faccia in tempo a saperlo, perché muore prima. La legge dice che se il figlio nasce ha diritto ad avere comunque una sua parte; (vedasi sopra quanto detto a proposito dei parenti necessari). In questo caso, quindi, il testamento viene corretto o annullato d'ufficio dal notaio o dal tribunale. Quindi si dice che la caducità è la correzione o l'annullamento di un testamento per sopravvenienza di figli. Nota Al coniuge sono, inoltre, riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Si ricorda, infine, che la quota disponibile è quella libera - la parte dei beni, cioè, che chi fa il testamento può lasciare a chi vuole.

NULLITA’ – ANNULLABILITA’ – CADUCITA’

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…………QUANDO C’E’ UN TESTAMENTO…………

Primo caso = ci sono solo figli - 1 figlio: 1/2 è la quota riservata e 1/2 è la quota disponibile - 2 figli: 1/3 al primo figlio, 1/3 al secondo figlio, 1/3 è la quota disponibile - 3 figli: 2/9 al primo figlio, 2/9 al secondo, 2/9 al terzo e 1/3 disponibile - 4 figli: 1/6 ad ognuno dei quattro figli e 1/3 è la quota disponibile - + figli: 2/3 diviso fra tutti in parti uguali ed 1/3 è la quota disponibile Secondo caso = ci sono solo genitori - 1 genitore: 1/3 al genitore e 2/3 come quota disponibile - 2 genitori: 1/6 al primo, 1/6 al secondo e 2/3 sono la quota disponibile Terzo caso = c'è solo il coniuge (senza figli) - solo il vedovo o la vedova: 1/2 al coniuge superstite + il diritto di abitazione e 1/2 come quota disponibile Quarto caso = c'è il coniuge assieme al figlio o ai figli - coniuge e 1 figlio: 1/3 al coniuge, 1/3 al figlio ed 1/3 quota disponibile - coniuge e 2 figli: 1/4 al coniuge, 1/4 ad ogni figlio ed 1/4 quota disponibile - coniuge e 3 figli: 1/4 al coniuge, 1/6 ad ogni figlio ed 1/4 la disponibile - coniuge e + figli: 1/2 diviso fra tutti i figli, ¼ al coniuge e 1/4 la disponibile Quinto caso = c’è il coniuge (senza figli) assieme ai genitori - coniuge e un genitore: 1/2 al coniuge, 1/4 al genitore e 1/4 è la disponibile - coniuge e due genitori: 1/2 al coniuge, 1/8 ad ogni genitore e 1/4 disponibile - coniuge separato non in colpa: 1/2 della quota - coniuge separato in colpa: assegno vitalizio Sesto caso = ci sono coniuge, genitori e fratelli - 1/2 al coniuge, 1/4 ai genitori, zero ai fratelli e 1/4 è la disponibile Settimo caso = ci sono il coniuge ed i fratelli - 1/2 al coniuge, zero ai fratelli e 1/2 è la disponibile Ottavo caso = ci sono solo i genitori ed i fratelli - 1/3 ai genitori, zero ai fratelli e 2/3è la disponibile Nono caso = ci sono solo i fratelli - zero ai fratelli e 4/4 è la quota disponibile

RIPARTIZIONE DELLE QUOTE NELLA SUCCESSIONE TESTAMENTARIA

eredi legittimari e quota loro dovuta

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………..QUANDO NON C’E’ UN TESTAMENTO…………

articoli 565 / 586 del codice civile, modificati dalla legge 19/5/1975 n. 151 di riforma del diritto di famiglia

Se una persona muore e non ha fatto testamento, il codice civile si preoccupa di stabilire le categorie degli aventi diritto e le regole, quindi, che disciplinano la successione tra questi. I soggetti aventi diritto all’eredità per successione “ab intestato” si possono distinguere nei seguenti quattro gruppi: 1) i figli, tenendo conto che la legge equipara ai figli legittimi quelli naturali ed adottivi (articoli 566 e 567 del codice civile). La successione dei figli esclude automaticamente il diritto di succedere di tutti gli altri parenti, con la sola esclusione dei loro genitori; 2) gli ascendenti del “de cuius”, che sono il padre, la madre, il nonno e la nonna; Se mancano, oltre ai figli, anche i genitori o altri ascendenti, succedono nell’eredità i fratelli e le sorelle in parti uguali. Se invece, in assenza di figli, succedono i genitori insieme ai fratelli ed alle sorelle, tutti sono ammessi alla successione, in virtù dell’articolo 571 del codice civile, purchè in nessun caso la quota in cui succedono i genitori od uno di essi sia minore alla metà del patrimonio. 3) Gli altri parenti fino al sesto grado, senza distinzione di linea. Pertanto, il parente più prossimo esclude il più remoto, mentre quelli di pari grado hanno diritto all’eredità in parti uguali. Attenzione, che se esiste, però, il coniuge, l’articolo 583 del codice civile stabilisce che, in mancanza di figli legittimi, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve l’intera eredità. Tale situazione di favore per il coniuge superstite rimane invariata anche in caso di separazione legale dei coniugi, consensuale o giudiziaria, perché la separazione non annulla il matrimonio. Invece il coniuge superstite perde il proprio diritto all’eredità se la separazione è stata pronunciata per sua colpa, ma conserverà comunque, anche in caso di addebito, il diritto ad un assegno vitalizio, se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. In caso di divorzio, invece, ciascun coniuge perde la propria qualità di erede. 4) Oltre il sesto grado l’eredità va allo Stato. In quest’ultimo caso, non è necessario né l’accettazione da parte dello Stato e nemmeno il diritto di

LA SUCCESSIONE LEGITTIMA (da non confondere con il diritto alla legittima, di cui si parla più avanti)

DETTA, ANCHE, IN LATINO, SUCCESSIONE “AB INTESTATO”

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rinuncia. Inoltre, lo Stato non risponde mai dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati. Se però lo Stato non paga i debiti che gravano sull’eredità ed il creditore sia costretto, per tale inerzia, ad avviare una apposita causa giudiziaria, per ottenere il pagamento di quanto gli spetta, lo Stato dovrà pagare il debito, ovviamente con il denaro ereditario, ed anche le spese processuali, anche se superiori in valore di quanto lasciato in eredità, e questo appunto come penale per il comportamento di ritardo e di inerzia.

Nota: La dimostrazione del grado di parentela rispetto al “de cuius” può essere fornita esibendo gli atti dello stato civile o mediante l’atto di notorietà. Se un figlio naturale non è stato riconosciuto, deve ricorrere all’azione giudiziale di riconoscimento della paternità o maternità naturale.

se chi muore lascia: quota di eredità spettante:

solamente il coniuge tutto il coniuge ed un figlio 1/2 al coniuge e 1/2 al figlio il coniuge e due figli 1/3 al coniuge ed 1/3 ad ogni figlio

il coniuge e più di due figli 1/3 al coniuge e 2/3 agli altri il coniuge ed i fratelli e sorelle 2/3 al coniuge ed 1/3 agli altri

il coniuge ed il nipote 2/3 al coniuge ed 1/3 al nipote il coniuge ed i genitori 2/3 al coniuge ed 1/3 ai genitori

il coniuge, i genitori ed i fratelli 2/3 coniuge, 1/3 genitori, 1/3 fratelli un figlio (senza il coniuge) tutto due figli (senza il coniuge) 1/2 al primo e 1/2 al secondo

tre o più figli (senza il coniuge) in parti uguali fra loro il coniuge separato, non in colpa come al coniuge non separato

il coniuge separato, con colpa assegno vitalizio se aveva gli alimenti il coniuge divorziato nessuna quota il padre e la madre 1/2 al padre e 1/2 alla madre un genitore soltanto tutto i genitori ed i fratelli 1/2 ai genitori e 1/2 ai fratelli

i nonni paterni e materni 1/2 ai paterni e 1/2 ai materni solo fratelli e sorelle in parti uguali

altri parenti fino al sesto grado in parti uguali oltre il sesto grado l’eredità va allo Stato

Ripartizione delle quote nella successione “Ab Intestato”

(quando, quindi, non esiste un testamento)

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E’ bene anche ricordare che ad alcuni parenti stretti la legge assicura sempre una quota di eredità, sia che ci sia il testamento e sia che non ci sia (vedasi gli schemi sopra) , per salvaguardare i familiari più intimi. Naturalmente questo vale solo dopo la morte del titolare dei beni, potendo egli in vita disporne come crede. Le quote di legittima non si possono toccare e quindi il “de cuius” non può imporre alcun vincolo su di esse Tali soggetti vengono chiamati con il nome di: “legittimari” oppure di “parenti necessari” . I parenti necessari sono i seguenti: - il coniuge - i figli (legittimi, naturali, legittimati o adottivi) - gli ascendenti legittimi

La legge mette a disposizione del legittimari una apposita azione legale, chiamata: “azione di riduzione”, in tutti quei casi nei quali venga violato il loro diritto, o perché nel testamento viene assegnata una quota inferiore a quella spettante, o perché addirittura vengono esclusi da ogni assegnazione. Tale azione può essere usata anche nei confronti delle donazioni effettuate in vita dal defunto; in sostanza, quindi, se tali donazioni superano la quota, della quale il defunto poteva disporre, vengono soggette a riduzione, come se fossero beni entrati in successione. Abbiamo compreso che le donazioni vengono considerate come se fossero una anticipazione di eredità. E’ chiaro, anche, che le donazioni vengono ridotte solo dopo che è stato esaurito il valore dei beni dei quali il “de cuius” ha disposto nel testamento. Importante è l’articolo 563 del codice civile, che permette al legittimario di chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili donati dal testatore quando era in vita; però il terzo acquirente si può liberare dall’obbligazione restituendo l’equivalente in denaro delle cose donate. Anche il legittimario, comunque, in virtù di quanto disposto dall’articolo 553 del codice civile, deve imputare alla propria quota di legittima quanto ha ricevuto dal defunto per donazioni o per legati.

I parenti necessari chiamati anche legittimari

l’azione di riduzione

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(a) presunzione di appartenenza per quote uguali (50 %) - articolo 177 c.c. ed articolo 11 del testo unico sulle successioni, D.L. 31/10/90 n. 346 – per i seguenti due casi: - cointestazione con il coniuge, in regime di comunione dei beni, - cointestazione con soggetti non aventi la qualità di eredi o legatari. (b) è abolita la presunzione in base alla quale, se gli eredi sono cointestatari, assieme al defunto, di conti correnti bancari o postali, azioni o altri titoli, i beni cointestati si considerano esclusivamente appartenenti al defunto, salva prova contraria (legge n. 342/2000 – “collegato” alla finanziaria 2000.

Nel codice civile non esiste alcun articolo che dia la definizione di legato, ma questa la si ricava dall’analisi dell’articolo 588, primo comma, che stabilisce la qualità di legatario e che recita quindi così: “le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale ed attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l’universalità od una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare ed attribuiscono la qualità di legatario”. Il legato, quindi, viene definito come una disposizione a titolo particolare, che attribuisce singoli beni e che determina la successione del legatario in rapporti specifici del “de cuius” e non in rapporti a titolo universale come nel caso appunto dell’erede. Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salvo ovviamente che il legatario voglia rinunciare. Per la rinuncia non si richiede la stessa forma prescritta per la rinuncia all’eredità, ma se il legato è un diritto reale su un bene immobile deve avere la forma scritta, come richiede l’articolo 1350. comma 5, del codice civile. E’ chiaro poi che la cosa legata viene acquistata dal legatario nello stato in cui si trova al momento dell’apertura della successione. Vediamo, ora, riassumendo, le differenze pratiche fra eredità e legato:

Per i conti correnti bancari e/o postali valgono le seguenti disposizioni

IL LEGATO

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l’erede può accettare o rifiutare l’eredità, ma se accetta senza beneficio di inventario risponde anche dei debiti ereditari

Il legatario non risponde dei debiti ereditari e, come abbiamo visto sopra, il legato si acquista senza bisogno di accettazione

Nella istituzione di erede è vietato apporre un qualsiasi termine

Il legato può avere sia un termine iniziale che un termine finale

Il possesso dei beni continua nell’erede Il possesso dei beni inizia invece “ex novo” per il legatario

L’eredità è universale Il legato è particolare

Articolo 651 legato di cosa dell’onerato o di un terzo

“Il legato di cosa dell’onerato o di un terzo è nullo, salvo che dal testamento o da altra dichiarazione scritta dal testatore risulti che questi sapeva che la cosa legata apparteneva all’onerato o al terzo. In quest’ultimo caso, l’onerato è obbligato ad acquistare la proprietà della cosa dal terzo ed a trasferirla al legatario, ma è in sua facoltà di pagarne al legatario il suo giusto prezzo. Se però la cosa legata, pur appartenendo ad altri al tempo del testamento, si trova in proprietà del testatore al momento della sua morte, il legato è valido”. Questo articolo stabilisce, quindi, ed è anche ovvio, che è nullo il legato di una cosa altrui, salvo le eccezioni di cui si parla nel testo. Occorre in tali casi, tuttavia, tenere presente che, se il terzo si rifiuta di vendere il bene, l’obbligazione si estingue e l’onerato non dovrà pagare al legatario il valore del bene.

Articolo 652 legato di cosa solo in parte del testatore

“Se al testatore appartiene una parte della cosa legata o un diritto sulla medesima, il legato è valido solo relativamente a questa parte o a questo diritto, salvo che risulti la volontà del testatore di legare la cosa per intero, in conformità dell’articolo precedente”. Se risulta dal testamento o da altri scritti che il testatore, pur conoscendo che il bene era in parte di altri, intendeva dare il tutto, il legato vale per intero ed in questo caso si dovrà applicare l’articolo precedente, ove possibile

I VARI TIPI DI LEGATO (dal codice civile)

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Articolo 653 legato di cosa genericamente determinata

“E’ valido il legato di cosa determinata solo nel genere, anche se nessuna del genere ve ne era nel patrimonio del testatore al tempo del testamento e nessuna se ne trova al tempo della morte”. In tale caso, la validità del legato è subordinata alla delimitazione del genere. Si tratta quindi di un legato obbligatorio, poiché il suo effetto si verifica solo nel momento della specificazione da parte di chi viene incaricato (o un terzo, o lo stesso legatario). Pertanto, il legatario, quando si apre la successione, acquista solamente il diritto di credito ad ottenere una prestazione di beni, che corrispondono alle indicazioni di chi ha fatto testamento.

Articolo 654 legato di cosa non esistente nell’asse

“Quando il testatore ha lasciato una sua cosa particolare o una cosa determinata soltanto nel genere, da prendersi dal suo patrimonio, il legato non ha effetto se la cosa non si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua morte. Se la cosa si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua morte, ma non nella quantità determinata, il legato ha effetto per la quantità che vi si trova”. Da tenere presente, a tale proposito, che il legato è senza effetto non solo nel caso in cui il bene sia perito per cause naturali, ma anche se la cosa sia stata volontariamente alienata dal testatore.

Articolo 655 Legato di cosa da prendersi da certo luogo

“Il legato di cose da prendersi da certo luogo ha effetto soltanto se le cose vi si trovano, e per la parte che vi si trova; ha tuttavia effetto per l’intero quando, alla morte del testatore, le cose non vi si trovano, in tutto od in parte, perché erano state rimosse temporaneamente dal luogo in cui di solito erano custodite”. La sentenza della Corte di Cassazione numero 6317 del 4 giugno 1991 ci fornisce un bell’esempio, che ci aiuta a capire meglio che cosa vuole dirci questo articolo; dice infatti tale sentenza: “il legato di somma di denaro da prelevarsi da un libretto di risparmio al portatore, custodito in un luogo determinato indicato nel testamento, si configura quale legato di cosa da prendersi da certo luogo, disciplinato dall’articolo 655 del codice civile, con la conseguenza che lo stesso è inefficace se al momento della morte del testatore il libretto (incorporante il credito del de cuius verso la banca) risulti inesistente nel luogo indicato, ovvero, anche se ivi materialmente esistente, sia privo di efficacia per essere già estinto il credito verso la banca”

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Articolo 656 Legato di cosa del legatario

“Il legato di cosa, che al tempo in cui fu fatto il testamento, era già di proprietà del legatario è nulla, se la cosa si trova in proprietà di lui anche al tempo dell’apertura della successione. Se al tempo dell’apertura della successione la cosa si trova in proprietà del testatore, il legato è valido, ed è altresì valido se in questo tempo la cosa si trova in proprietà dell’onerato o di un terzo, e dal testamento risulta che essa fu legata in previsione di tale avvenimento”. La disposizione del presente articolo appare ovvia e scontata; evidentemente il legislatore ha voluto ugualmente ribadire e sottolineare, anche se non c’era bisogno di farlo, che non è valido il legato di una cosa, se questa è già di proprietà del legatario.

Articolo 657 Legato di cosa acquistata dal legatario

“Se il legatario, dopo la confezione del testamento, ha acquistato dal testatore, a titolo oneroso o a titolo gratuito, la cosa a lui legata, il legato è senza effetto, in conformità dell’articolo 686. Se dopo la confezione del testamento, la cosa legata è stata dal legatario acquistata, a titolo gratuito, dall’onerato o da un terzo, il legato è senza effetto; se l’acquisto ha avuto luogo a titolo oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo, qualora ricorrano le circostanze indicate dall’articolo 651”. Anche qui non occorre un particolare commento, e ciò che viene affermato nell’articolo appare evidente, salvo tenere presente il richiamo all’articolo 686 del codice civile, secondo il quale se il legatario ha acquistato a qualunque titolo il bene dal testatore, dopo la stesura del testamento, il legato si intende tacitamente revocato.

Articolo 658 legato di credito o di liberazione da debito

“Il legato di un credito o di liberazione da un debito ha effetto per la sola parte del credito o del debito che sussiste al tempo della morte del testatore. L’erede è soltanto tenuto a consegnare al legatario i titoli del credito legato che si trovano presso il testatore”. Il legato di liberazione da un debito (art. 1236 c.c.), a causa di morte, può avere ad oggetto un debito di qualsiasi natura, o solo una parte di esso, o i soli interessi, o l’eventuale clausola penale, ed è efficace solo se e nella misura in cui ancora sussiste al momento dell’apertura della successione. Può riguardare anche la liberazione da tutti i debiti, ma in questo caso il legato ha per oggetto solo i debiti già esistenti al momento della redazione del testamento ed ancora esistenti al tempo della morte.

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Articolo 659 legato a favore del creditore

“Se il testatore, senza far menzione del debito, fa un legato al suo creditore, il legato non si presume fatto per soddisfare il legatario del suo credito”. In tale caso, quindi, il legato non si intende fatto per soddisfare il credito del legatario, ma per dargli una liberalità; e quindi il legatario può pretendere sia il legato che l’adempimento del debito. Tuttavia il legato di debito si estingue se il debito stesso viene riconosciuto (vedasi articolo 1988 del codice civile).

Articolo 660 legato di alimenti

“Il legato di alimenti, a favore di chiunque sia fatto, comprende le somministrazioni indicate dall’articolo 438, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”. Scopo di questo legato è quello di venire incontro a chi si trovi in stato di bisogno. Poiché viene richiamato l’articolo 438 del codice civile, vediamone il contenuto: “gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale. Il donatario non è tenuto oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio”.

Articolo 661 prelegato

“Il legato a favore di uno dei coeredi ed a carico di tutta l’eredità si considera come legato per l’intero ammontare”. Il prelegato è quindi, in sostanza, il legato a vantaggio di un erede ed è valido come legato per l’intero. Ciò significa in primo luogo che il coerede si presenterà alla pari degli altri legatari per ottenere l’integrale esecuzione di detto lascito a titolo particolare; ne consegue che il coerede prelegatario non dovrà computare il valore del legato nella sua quota.

Articolo 665 il legato alternativo

“Nel legato alternativo, la scelta spetta all’onerato, a meno che il testatore l’abbia lasciata al legatario o ad un terzo”. Ha per oggetto due o più prestazioni determinate e diverse e l’onerato ne sceglie una sola.

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Articolo 670 legato di prestazioni periodiche

“Se è stata legata una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, da prestarsi a termini periodici, il primo termine decorre dalla morte del testatore; ed il legatario acquista il diritto a tutta la prestazione dovuta per il termine in corso, ancorché fosse in vita soltanto al principio di esso. Il legato però non può esigersi se non dopo scaduto il termine. Si può tuttavia esigere all’inizio del termine il legato a titolo di alimenti”. L’articolo disciplina la decorrenza del legato che abbia ad oggetto la prestazione periodica di una somma di denaro o di una quantità di altre cose fungibili ed il momento in cui tali prestazioni sono esigibili. Trattasi di legato obbligatorio che ha come oggetto una obbligazione di durata ed esecuzione periodica, perché la prestazione si protrae nel tempo e si esegue con una serie di atti. Il diritto alle singole prestazioni si prescrive in cinque anni, ai sensi dell’articolo 2948, numeri 1 e 2, del codice civile, e non in quello ordinario di dieci anni. Può avere come oggetto qualsiasi prestazione periodica, oltre a quella di alimenti e di rendita vitalizia. Il primo termine di decorrenza della prestazione periodica coincide con la morte del testatore ed il legatario acquista il diritto a tutta la prestazione dovuta per il termine in corso, ed il diritto alla prestazione si trasmette agli eredi del legatario. Tuttavia, il legato si può esigere solo dopo la scadenza del termine, a meno che non sia un legato di alimenti, che si può invece esigere all’inizio del termine.

La figura giuridica del legato ha tradizioni antichissime, che si perdono nella notte dei tempi. Già se ne trova menzione nella legge delle XII Tavole, risalente, secondo attendibili notizie della tradizione, all’opera svolta dal decemvirato legislativo, intorno alla metà del quinto secolo avanti Cristo, nel quadro del conflitto tra patriziato e plebe. La tradizione romana, sin dalla tarda repubblica, tende ad attribuire alle XII Tavole la portata di una codificazione completa di tutto il diritto, privato e pubblico. In realtà, il contesto degli stessi versetti decemvirati, oralmente tramandati, ci permette di considerare le XII Tavole come un coacervo di singole regole, ispirato piuttosto ad un criterio casistico ed alieno dal costituire un complesso sistematico, che furono fissate per iscritto per venire incontro all’esigenza di una maggiore certezza del diritto, nell’interesse del ceto plebeo. Il legato presenta dunque, in età preclassica e classica, una sempre maggior diffusione, nei quattro tipi previsti, ciascuno con forma ed effetti propri, nella denominazione della lingua latina parlata in quei lontanissimi tempi:

CENNI STORICI (antica Roma)

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Legato “per vindicationem” che importava acquisto diretto dell’oggetto legato al legatario, che poteva effettuarne la “vindicatio” senza necessità di un atto traslativo o costitutivo da parte dell’erede. Potevano costituire oggetto del legato i diritti di proprietà, di usufrutto e servitù, in quanto suscettibili appunto di “vindicatio”. Legato “per damnationem” importava il nascere di una obbligazione a carico dell’erede (come dalla formula latina “damnas esto”, donde la sua denominazione) ed a favore del legatario, potendo costituire oggetto del legato prestazioni di qualsiasi natura. Legato “sinendi modo” anch’esso importava il nascere di una obbligazione a carico dell’erede ed a favore del legatario, ma avente ad oggetto solo una obbligazione di non fare, cioè di permettere che il legatario facesse alcunché; giungendosi peraltro in età classica a concepire detta obbligazione come diretta ad un fare. Legato “per praeceptionem” era simile al legato “per vindicationem”, salvo dover essere disposto a favore di uno dei coeredi, al quale la cosa od il diritto reale oggetto di legato avrebbe dovuto essere preventivamente assegnato con deduzione dell’intera eredità in sede di giudizio di divisione dell’eredità. Le differenze esistenti tra i vari tipi di legato vengono progressivamente attenuandosi già a partire dall’età classica. In base al senatoconsulto Neroniano, emanato in anno incerto sotto Nerone, si afferma il principio che un legato disposto con la formula propria di un tipo, in mancanza dei requisiti richiesti affinché si possano produrre gli effetti propri di quel tipo, valga come se fosse stato disposto con la formula propria del legato “per damnationem”, di cui sussistono pur sempre, data la sua amplissima possibilità di applicazione, i requisiti di efficacia: si ha qui un fenomeno di conversione, operante “ipso iure” (cioè automaticamente), di un tipo negoziale in un altro, che si attua ovviando legislativamente all’uso, da parte del privato disponente, di una forma non adatta al contenuto negoziale. In età postclassica si sanziona, ad opera di Costanzo, la scomparsa della pluralità di tipi di legato. Infine, Giustiniano, ribadendo il principio della libertà di forma, afferma che ogni legato abbia efficacia obbligatoria, cui si aggiunge un’efficacia reale quando ne sussistano i presupposti, cioè quando la cosa appartenga al testatore e questi non abbia escluso l’acquisto immediato del diritto reale a favore del legatario, e concede inoltre un’ipoteca legale a favore del legatario sul patrimonio ereditario spettante all’onerato a garanzia dell’adempimento del lascito.