Energia e Futuro Sostenibile - da Enrico Mattei ai giorni nostri

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Enrico Mattei iniziò ad interessarsi alla questione energia nel 1945, quando fu nominato da Cesare Merzagora commissario liquidatore dell’Agip, azienda fascista. Entrato in contatto con questa azienda, si rese conto delle enormi potenzialità che poteva avere il metano nello sviluppo del Paese. Contattò dunque Raffaele Mattioli, allora segretario generale della Camera del Commercio, al quale chiese i finanziamenti per portare avanti l’Agip. Mattioli concesse il fido, ma come garanzia chiese l’azienda personale di Mattei che al tempo era l’Industria chimica lombarda. Mattei accondiscese alla richiesta e pronunciò in quell’occasione una frase che ci dà la dimensione di quale grande uomo fosse. Disse: “non m’importa di esser ricco in un Paese povero”. ING. GIUSEPPE ACCORINTI

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Proprietà letteraria riservataEditore

1a edizione:

Tuttile immaginisono il frutto della ricerca dei relatorie quindi sono utilizzati in questa pubblicazione ad esclusivo scopo didattico e divulgativo.

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Energia e futuro sostenibileDa Enrico Mattei ai nostri giorni

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ex Amministratore Delegato di Agip Petroli per l’Italia e l’Estero, Presidente della Scuola Mattei ha lavorato per oltre quarantanni all’ENI. L’incontro fortunato con Enrico Mattei capitò nel giorno di Capodanno del 1959 e da allora fu l’inizio di un’avventura “senza fine”. Responsabile a Belluno, a Macerata, ad Alessandria, a Torino e poi a soli trentadue anni Dirigente a Genova, si occupò dell’Africa mediterranea (Libia, Tunisia, Marocco) e dell’Africa occidentale ex francese (Costa d’Avorio, Senegal, Malì, Altovolta). Questa lunga e preziosa esperienza operativa e il rapporto personale con Enrico Mattei lo inducono ora a raccontare del Presidente dell’ENI come il leader e il manager di una grande impresa visto con gli occhi di uno che allora “c’era”. Attualmente vive a Roma con la sua famiglia.

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Enrico Mattei iniziò ad interessarsi alla questione energia

nel 1945, quando fu nominato da Cesare Merzagora

commissario liquidatore dell’Agip, azienda fascista. Entrato in

contatto con questa azienda, si rese conto delle enormi potenzialità

che poteva avere il metano nello sviluppo del Paese. Contattò

dunque Raffaele Mattioli, allora segretario generale della Camera

del Commercio, al quale chiese i finanziamenti per portare avanti

l’Agip. Mattioli concesse il fido, ma come garanzia chiese l’azienda

personale di Mattei che al tempo era l’Industria chimica lombarda.

Mattei accondiscese alla richiesta e pronunciò in quell’occasione

una frase che ci dà la dimensione di quale grande uomo fosse.

Disse: “non m’importa di esser ricco in un Paese povero”.

Infatti, l’Italia del Dopoguerra era distrutta, povera, con un tasso di

analfabetismo altissimo e Mattei voleva cambiare questa situazione

grazie all’energia, al metano, all’energia elettrica, rendendo l’Italia

un Paese autosufficiente. In Italia l’energia elettrica, per esempio,

costava oggi come allora il 40% in più che nel resto d’Europa.

Allora Mattei iniziò a scommettere sul metano, sulla Agip e infine

sulla “modulizzazione”.

Creò i servizi Agip, le aree di servizio caratterizzate da grandi

spiazzali, bar, ristoranti e motel. Nessuno fino ad allora aveva

capito la potenzialità dei motel in corrispondenza di aree di servizio

e l’idea fruttò così bene che l’Agip diventò anche una grande catena

alberghiera.

La ricerca della qualità fu fondamentale per Mattei, tanto che l’Agip

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fu la prima a sperimentare e mettere sul mercato la benzina Super

98/100 allo stesso prezzo della benzina normale.

Di fatti alla morte di Mattei in Italia i prodotti legati all’energia erano

di migliore qualità e di minor costo. Basti pensare che a quel tempo

la benzina costava meno che in tutto il resto d’Europa.

Egli fu un uomo di marketing: si faceva intervistare in televisione, cosa

che gli altri imprenditori non facevano, e aveva capito le potenzialità

dei filmati. Fece realizzare per esempio un filmato intitolato “1600

km” in occasione della costruzione di un gasdotto che collegava

la Terra del Fuoco a Buenos Aires e incaricò un giovane regista

trotskista olandese, Joris Ivens, di girare un filmato dal titolo ”L’Italia

non è un Paese povero”.

Mattei aveva il metano, ma presto fu il petrolio a diventare il suo

cruccio. Allora si attivò al fine di trovarlo. Così andò in Africa e in

Medio Oriente a cercare di accaparrarsi qualche accordo. Il Medio

Oriente era però un mercato chiuso, in quanto, nel 1928, le società

che poi sarebbero diventate il cartello delle società del petrolio, si

rinchiusero in un castello scozzese e, armate di un pennarello rosso

e di una cartina geografica del Medio Oriente, ”si spartirono la torta”,

definendo le aree entro le quali non si sarebbero dovute intralciare

le une con le altre.

Quando arrivò Mattei a chiedere di entrare a far parte del consorzio

chiedendo, fra l’altro, solo il 3% sui proventi, non lo fecero

partecipare.

Nonostante egli avesse grandi difficoltà di rapporto con gli altri Paesi

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e in particolare con gli Sati Uniti – mi diceva sempre di non fidarmi

degli americani – il suo essere un uomo d’impresa lo spinse ad

andare a Montecarlo a chiedere di collaborare con loro a un progetto.

Infatti, in quello stesso periodo, i tedeschi, consapevoli della grande

esperienza della eni nel costruire gasdotti e oleodotti, avevano

contattato l’Ing. Mattei per costruire un oleodotto che dal porto di

Genova trasportasse il greggio fino alla raffineria in Baviera. Nulla

lo spaventava, neanche costruire con la tecnologia a disposizione

negli anni ’60 un oleodotto che passasse attraverso le Alpi. Ma gli

americani si opposero. E successe la stessa cosa quando Mattei

si propose per la costruzione di una raffineria a Biserta, in Tunisia.

Gli americani respinsero l’offerta in quanto dovevano essere Shell e

Esso a portare avanti il progetto. Alla fine accadde che la raffineria

a Biserta la facemmo noi dell’Agip con lo stato tunisino, mentre

l’oleodotto che doveva arrivare in Baviera non fu più fatto partire da

Genova, ma da Marsiglia.

Successivamente Mattei, che voleva a tutti i costi ottenere un accordo

col Medio Oriente per il petrolio, ebbe un’intuizione illuminante per

quell’epoca. Cioè capì che prima o poi gli arabi si sarebbero ripresi

le loro ricchezze e che quindi era inutile trattare con le società del

cartello, ma che sarebbe stato più proficuo trattare con gli Stati

stessi. Così presentò all’Egitto, alla Tunisia e all’Iran una nuova

modalità di proposta: mettersi in società con l’eni acquisendo il 75%

delle royalties. Il sistema funzionava in questo modo: lo stato in

questione doveva dare tutte le concessioni per permettere all’eni di

cercare il petrolio sul loro territorio e l’eni avrebbe anticipato tutti i

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costi della ricerca. Qualora l’eni non avesse trovato niente, la società

si sarebbe sciolta con tutti i costi della ricerca a suo carico; qualora,

invece, si fosse trovato il petrolio, lo Stato si sarebbe preso il 50%

più un altro 25% di royalties, ma pagando tutte le spese sostenute

dalla eni per le ricerche. Poco tempo fa, a proposito di ciò, ho sentito

dire dal Prof. Scaloni, che questo schema, messo in atto da Mattei,

è utilizzato ancora oggi e che in città come Algeri, Mosca e così

via, si sente ancora parlare di Mattei nonostante sia morto ormai da

40 anni. Nonostante ciò il petrolio non si trovava e allora decise di

scommettere sull’Algeria.

Quest’ultima, secondo Mattei, era ricca di oli e petrolio e soprattutto

era fuori dalla sfera del Mediterraneo, non era quindi necessario

passare da Suez e ottenere permessi e così via. Ma per poter

interagire con l’Algeria c’erano solo due modi: o mettersi d’accordo

con la Francia o contattare la resistenza algerina. E Mattei, un po’

forse nostalgico del suo periodo da partigiano e un po’ perché intuiva

sarebbe stato difficile scendere a patti con la Francia, decise di

interloquire con la resistenza. Mandò quindi Mario Pirani e un team

di ingegneri e tecnici della eni ad Algeri a convincere gli algerini. Si

pensava, con la tecnologia del tempo, che il percorso del gasdotto

dovesse passare da Gibilterra per poi attraversare tutta la Francia e

giungere in Italia. Intanto però che gli accordi furono messi a punto,

la tecnologia si era evoluta e si decise di far passare un tubo a 500

m al di sotto del mare lungo lo stretto di Sicilia. Il progetto fu portato

a termine grazie alla collaborazione italiana, tunisina e algerina.

Nonostante ciò il pallino dell’energia elettrica non aveva ancora

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abbandonato Mattei che decise di realizzare una centrale nucleare

a Latina, la prima costruita in Europa occidentale e ultimata in soli

4 anni. Mattei fondò così Agip nucleare e ne divenne presidente.

Egli andava a visitare il cantiere ogni 2 settimane per fare in modo

che i lavori procedessero speditamente. Ad un certo punto chiese

all’allora amministratore delegato di Agip nucleare, un certo Gino

Martinoli, di fare una stima di quante centrali nucleari avrebbe avuto

bisogno l’Italia nel 2000. La risposta fu ben 44 centrali nucleari della

stessa “size” di Latina da costruirsi dal 1961 al 2000. Nonostante

il suo impegno, Mattei non riuscì a vedere la centrale di Latina

finita perché morì nel 1662, mentre la centrale fu ultimata nel 1963.

L’interesse per l’energia elettrica fu un altro dei motivi che rese

la figura di Mattei scomoda ai più degli industriali italiani perché,

grazie a lui, videro inizio i primi discorsi sulla nazionalizzazione

dell’elettricità. Il sogno di Mattei sarebbe stato trasformare l’eni da

ente nazionale idrocarburi a ente nazionale energia. Gli industriali

lamentavano già il potere che Mattei aveva in Italia grazie alle sue

aree di servizio e al metano e quindi non avrebbero permesso

che anche l’elettricità arrivasse nelle sue mani. Tuttavia anche la

nazionalizzazione dell’elettricità avvenne dopo la sua morte.

L’internazionalizzazione fu un’altra delle sue brillanti intuizioni.

L’Italia usciva sconfitta dal conflitto mondiale e in quanto potenza

vinta non poteva permettersi di andare in giro per il mondo a dire la

propria. Allora Mattei decise di ripartire dall’Africa.

Quando Mattei scomparve nei cieli di Bascapé, a seguito della

manomissione del suo aereo – e questo lo dico non per sentito dire,

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ma perché il magistrato che si occupò del caso appurò che l’aereo

era stato manomesso – vi erano numerosi dirigenti, ingegneri e

tecnici in giro per l’Africa. Io stesso non potei partecipare ai funerali

di Mattei, impossibilitato a spostarmi dal Mali.

In ogni caso, la rete in Africa aveva cominciato ad infittirsi ed

aveva una forte identità: infatti Mattei ci costringeva a girare

l’Africa esclusivamente con delle FIAT e a trasmettere per così

dire “italianità”. L’Italia eravamo noi. Una notte di capodanno del

1961, 5 ingegneri dell’Agip, in un hotel del Ghana, presi dall’euforia

dell’alcool si misero a cantare la canzone “Le osterie”. Il destino volle

che in quel frangente fosse presente anche l’ambasciatore italiano

in Ghana che chiamò la Farnesina per comunicargli l’accaduto che

a sua volta lo comunicò a Mattei.

I 5 furono licenziati con la motivazione che un dipendente Agip,

chiamato a lavorare all’estero, non solo rappresenta l’azienda, ma

l’Italia stessa e questi, con quel comportamento, avevano messo in

ridicolo l’Italia. L’idea che Italia e Agip fossero la stessa cosa non

era solo una sua pretesa, ma anche dai capi esteri era percepita

così. Infatti, nonostante noi dirigenti dell’Agip e della eni fossimo

tutti molto giovani, venivamo accolti lo stesso dai grandi capi di stato

africani.

Mattei aveva deciso che i suoi dirigenti non potessero avere più

di 35 anni. Vi era l’obbligo in azienda di fare molteplici esperienze

lavorative, formandosi nella scuola di San Donato e girando per i

reparti ogni 6-12 mesi. Io feci ben sei trasferimenti in 23 mesi e

questo mi valse la promozione a dirigente a soli 32 anni. Come

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dirigenti non si era tutelati, se sbagliavi eri fuori, venivi licenziato

anche per posta. Era un ambiente fortemente meritocratico.

L’Agip era presente in 27 Paesi Africani, in 7 europei e in

Argentina.

Mattei era capace di instaurare grandi rapporti personali con le

personalità del mondo. E’ noto a tutti il rapporto di grande fiducia

che egli aveva instaurato con lo Scià di Persia. A tal proposito

riporto qui un aneddoto. Quando Mattei incontrò per la prima volta

lo scià nessuno lo aveva avvertito che avrebbe dovuto indossare i

guanti bianchi, dato che lo scià non stringeva la mano a nessuno.

Nonostante ciò lo scià strinse comunque la mano a Mattei.

Mattei aveva un enorme rispetto per le persone tanto che, quando

fu ricevuto dal capo di Stato del Ghana al ricevimento di Accrà, si

presentò in smoking, accortezza che il resto degli occidentali non

accordavano ai leader africani. Il gesto venne accolto dal capo di

stato africano per quello che era: una dimostrazione di rispetto.

Anche chi lavorava per Mattei, tendenzialmente, era dotato di

questo rispetto e proprio per questo il ricordo di Mattei è tutt’oggi

vivo in questi paesi. Godette di ottimi rapporti anche con Nasser,

leader egiziano e anche con esponenti del governo sovietico. A tal

proposito voglio ricordare quando Mattei organizzò nel parco tubi

della Snam di San Donato il ricevimento per accogliere appunto il

sottoministro sovietico. Egli invitò tutti noi dirigenti al ricevimento per

dimostrare a Kossighin, e quindi a Krusciov, leader sovietico, che la

sua Agip non aveva più niente a che fare con l’azienda fascista di

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un tempo e che il suo entourage era costituito da giovani dirigenti.

Queste erano le premesse per interagire con una potenza abituata

a fare piani quinquennali, decennali e così via. Poter interagire con

dirigenti giovani significava garantire continuità ad un progetto e

quindi maggiore stabilità.

Mattei morì prima di firmare un grande contratto con l’Algeria per il

quale non sarebbe più stato il “petroliere senza petrolio” e morì prima

di incontrare Kennedy che lo aveva invitato. Quest’ultimo sapeva

bene quali problemi Mattei avesse creato alle società petrolifere

americane. Per dirla nei termini di Daniel Yergin, scrittore di “The

Prize”, Mattei entrò nel mondo del petrolio “come un elefante in una

cristalleria”. Allo stesso modo però dice più tardi nel suo libro che

Mattei era l’italiano più conosciuto al mondo dopo Cesare Augusto.

Mattei accettò di incontrare Kennedy in occasione del suo viaggio in

America per ritirare la Laurea honoris causa di cui lo voleva insignire

l’università di Harvard. Egli aveva studiato solo fino alla sesta classe

delle elementari, ma fu insignito di ben 5 lauree honoris causa di cui

3 in ingegneria.

Non c’era nulla che lo rendesse più felice ed orgoglioso che essere

chiamato ingegnere.

Noi giovani dirigenti ci rivolgevamo a lui come ingegner Mattei, ma

fra di noi lo chiamavamo “il Principale”. Questo perché, a differenza

del capo, un principale lavora, chiave inglese in mano, affianco

e con i suoi dipendenti. Sentivamo costantemente il suo fiato sul

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collo, specialmente noi che lavoravamo all’Agip dove Mattei era

amministratore delegato e direttore generale.

Un giorno, mentre ero a Genova, mi telefona Mattei rimproverandomi

di aver concesso un prezzo troppo basso per il rifornimento di una

nave proveniente da Panama. Era la primavera del 1961 e con tutte

le problematiche che doveva affrontare aveva trovato il tempo di

chiamare un ragazzo per fargli la ramanzina.

In questo senso era un principale ed era per questo che non aveva

mai tempo, aveva fretta, voleva avere sempre tutto sottocontrollo.

Con lui era come essere sempre sotto esame.

Diceva sempre: “non dovete solo pensare alle vendite di adesso,

ma anche a quelle future”. Tutto doveva essere fatto in grande e alla

perfezione. Ripeteva sempre che l’Agip era un’azienda dello Stato

e non di Stato, quindi a fine anno non ci sarebbe stato il Tesoro a

ripianificare i conti. Quando a inizio anno si facevano i budjet e si

decideva che in quell’anno si sarebbe dovuto guadagnare 100, non

bastava raggiungere l’obiettivo per sentire di aver fatto il proprio

dovere. Perché, se per caso quell’anno il mercato avevo offerto 120

e tu avevi ottenuto solo 100, avevi perso l’altro 20. Il suo modo di

pensare e agire permeò talmente tanto in noi che anche dopo la

sua morte gestivamo accordi, progetti e contratti allo stesso modo,

con la stessa severità e lungimiranza, preferendo progetti solidi e

sul lungo periodo.

Quando, tempo fa, andammo a parlare all’Università di Teramo, il

Preside di Facoltà, dopo averci sentito parlare, disse che anche

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Mattei aveva fatto un errore, cioè quello di non aver lasciato un

erede. In realtà ciò non è vero. Alla sua morte vi erano i dirigenti delle

prime file con una media d’età intorno ai 38 anni, fra cui Egidi, il più

anziano con soli 41 anni; vi erano 1600 ingegneri con un’età media

di 32 anni; 2000 laureati in chimica, fisica, statistica, economia,

legge e così via con un’età media di 28 anni; 3000 periti e geometri

che ci hanno permesso di girare il mondo e costruire le nostre aree

di servizio con un’età media di 25 anni, 300 geologi con cui abbiamo

potuto svolgere le nostre ricerche. Mattei aveva lasciato ben 7700

eredi che per i 30 anni successivi alla sua morte hanno governato le

società operative con la sua stessa mentalità e cultura.

Vi fu poi un periodo di discontinuità quando tutte quelle persone,

avendo più o meno la stessa età, andarono in pensione in blocco.

Fortunatamente dopo 15 anni di silenzio, all’arrivo di Pois e Canuli,

si è ricominciato a parlare di Mattei. Secondo me, come sostengono

Italo Pietra e Giorgio Ruffolo, c’è stata una damnatio memoria

riguardo alla morte di Mattei. Basti pensare che fra il 2004 e il 2005

sono stati pubblicati 4 volumi sulla Resistenza: nei primi due Mattei

non è neanche menzionato; nel terzo è menzionato solo una volta;

nel quarto gli sono dedicate solo 70 righe. Veramente quest’uomo

aveva dato fastidio a troppa gente per perseguire il bene del

Paese.

Ing. Giuseppe Accorinti

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è nato nel 1938.È Presidente di Eni S.p.A. da maggio 2002.Ricopre la carica di Presidente della società Poli e Associati S.p.A., società di consulenza nel settore della finanza aziendale, delle operazioni straordinarie, delle acquisizioni e ristrutturazioni aziendali.È Consigliere della Mondadori S.p.A., Fininvest S.p.A., Coesia S.p.A., Maire Tecnimont S.p.A. e Perennius Capital Partners SGR S.p.A.Dal 1966 al 1998 è stato docente di Finanza Aziendale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.È stato consulente in operazioni di finanza straordinaria di alcuni dei più importanti gruppi industriali italiani.È stato Presidente della Rizzoli-Corriere della Sera S.p.A. e di Publitalia S.p.A.

ENRICO MATTEI-INNOVATORE

PER LO SVILUPPO DEL PAESE

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Dopo molto tempo torno all’Università Cattolica per parlare di Enrico

Mattei.

Università che è stata molto importante per me così come lo fu per

il fondatore di eni.

Per affrontare il tema di Enrico Mattei innovatore e promotore dello

sviluppo del nostro Paese, è utile ripercorrere alcune tappe della

sua esistenza.

A soli 14 anni aveva lasciato gli studi per poi conseguire, tardiva-

mente, un diploma di ragioniere alle scuole serali. Ma, trasferitosi a

Milano, fu proprio all’Università Cattolica che riuscì a sviluppare la

passione politica e l’inclinazione al business e alla cultura. Gli fu da

stimolo in questo la conoscenza di persone come Amintore Fanfani

e Marcello Boldrini che lo introdussero nel mondo accademico.

Immagine 1_ Visita di Enrico Mattei alla centrale nucleare di Latina, 1962

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ENRICO MATTEI - INNOVATORE PER LO SVILUPPO DEL PAESE

Durante la Seconda guerra mondiale Enrico Mattei diventò

componente del Comando generale del Corpo volontari della libertà

nel nord Italia quale esponente dei Partigiani cristiani. Fu proprio

lui, negli anni successivi alla liberazione, a fondare l’Associazione

nazionale partigiani cristiani di cui fu presidente fino alla sua morte.

Già all’indomani del conflitto mondiale poteva quindi essere

annoverato fra i personaggi chiave della storia italiana del

Dopoguerra.

E’ da questo momento in poi che cominciò ad assumere un ruolo

nello sviluppo e nella ripresa economica del Paese che ha lasciato

quell’eredità così evidente ancora ai giorni nostri. Innovazione,

passione per le sfide, fiducia nei giovani, integrazione, ricerca, sono

solo alcuni dei punti fermi e imprescindibili che accompagnano

costantemente l’azione di Enrico Mattei e che diventano presto

fondanti del modo di essere di eni, della capacità dell’Azienda di

affrontare sfide sempre nuove guardando al futuro, in altre parole

della sua cultura.

Fra questi capisaldi del mondo eni scelgo la parola chiave

innovazione per delineare l’operato del primo presidente della

nostra impresa. Innovatore è l’aggettivo che secondo me descrive

al meglio tutta la filosofia di Enrico Mattei.

Continuando a ripercorrere la sua storia, all’indomani della guerra,

diventa liquidatore dell’Agip, trovandosi già, come abbiamo visto,

in una condizione politica ed economica di tutto rispetto e avendo

anche costruito una sua azienda chimica di buon livello (esistente

infatti ancora oggi).

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Ma piuttosto che sbarazzarsi dell’Azienda petrolifera di Stato così

come gli era stato ordinato, cominciò invece a crederci fortemente e

ad approfondire la questione energetica italiana. Fece presto propria

la convinzione della necessità di un cambiamento nei processi

produttivi del petrolio capendo prima di tutti il problema de “il collo di

bottiglia dell’energia”. E’ a questo punto che decise di trasformare

una difficoltà in un’opportunità.

Contrariamente a ciò che accade oggi, aveva infatti compreso

che la vera soluzione ai problemi sta nell’azione; per dirlo con le

parole di Alberto Meomartini, sta nel coraggio di “buttare il cuore

al di là dell’ostacolo”. Se Mattei avesse aspettato a prendere una

decisione, se si fosse fermato a contemplare piani economici e di

fattibilità o prestato più attenzione al ritorno di capitale – così come

si usa fare oggi – non avrebbe realizzato nulla, non avrebbe risolto

alcun problema e creato nessuna opportunità. Non ci sarebbe stato

Immagine 2 _ Enrico Mattei visita il campo di perforazione dell’Agip Mineraria a Oumdoul. Marocco, 1960

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ENRICO MATTEI - INNOVATORE PER LO SVILUPPO DEL PAESE

niente di ciò che invece ci rimane oggi come sua eredità.

E bisogna anche considerare il fatto che molte di queste decisioni

sono state prese in situazioni di incertezza, come direbbero gli

economisti, ma con la forte convinzione che poi, cammin facendo,

avrebbero potuto rivelarsi determinanti e prendere la giusta piega.

Da qui si capisce perché Enrico Mattei fu un innovatore. Aveva

una vocazione che emerge in tante delle azioni che portò a

compimento.

Ad esempio era molto attento alla formazione e alla ricerca.

Immagine 3_ Enrico Mattei consegna il diploma ad un alunno al termine del primo anno ac-cademico alla Scuola di Studi Superiori sugli Idrocarburi. San Donato Milanese, 1958

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L’Italia usciva sconfitta e distrutta dalla guerra, l’economia del

Paese era bloccata. E Mattei, prese in mano le redini dell’Agip, aveva

intuito che il metano, fonte di energia fino ad allora sconosciuta in

Europa, era la chiave di volta che avrebbe permesso all’industria

italiana di dare il via al grande boom economico degli anni Cinquanta.

Fu grazie alla sua idea, che il triangolo industriale del

nord poté rimettere in funzione in breve tempo le proprie

industrie. Ripartirono con il metano della Snam i grandi

altiforni della Fiat, della Dalmine, delle acciaierie di Genova.

Ma perché tutto questo fosse possibile, fu necessario trasformare

gli ingegneri e i tecnici del Politecnico di Milano e Torino, di

formazione meccanica ed edile, in ingegneri dell’energia. Ed

è il motivo per cui, poco dopo la nascita di eni nel 1953, venne

fondato il primo istituto postuniversitario italiano, proprio da

Enrico Mattei. Si tratta della Scuola Superiore di Studi sugli

Idrocarburi istituita nel 1956 per la formazione dei quadri e dei

dirigenti italiani e stranieri, una business school per laureati che

per la prima volta parlava di concetti ancora poco conosciuti nel

mercato energetico come il rispetto, l’internazionalità, il dialogo.

Inoltre i laboratori dei centri operativi a San Donato Milanese,

diventarono un fiore all’occhiello della ricerca scientifica in Italia.

Chimici, fisici, ingegneri, biologi, scelti tra i più giovani delle

università italiane, lavorarono a stretto contatto, inaugurando un

metodo di ricerca di tipo interdisciplinare, in grado di mettere in moto

un circuito tra formazione accademica e formazione professionale

di fondamentale importanza per lo sviluppo occupazionale del

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Paese.

Formazione e ricerca sono quindi i due principali “cavalli” su cui

punta Enrico Mattei, tanto che nel giro di pochi anni eni poté con-

tare su una robusta struttura organizzativa, con 56 mila dipendenti

e tecnici di grande esperienza.

Ma ce n’è un terzo di fattore cruciale: i giovani.

Quelli che sceglieva direttamente il Presidente. Una scelta premiata

dalla storia, perché i suoi collaboratori si chiamavano Mario Pirani,

Giorgio Ruffolo, Sabino Cassese, Paolo Leon, Attilio Bertolucci.

Giovani promesse rivelatesi talenti di prima classe nel campo

dell’economia, del giornalismo, della politica e della comunicazione.

Anche nei settori operativi aziendali la fiducia data alle nuove

generazioni venne premiata: la scelta di puntare sui manager al di

sotto dei quarant’anni fu l’origine di molti successi acquisiti da eni

in Italia e all’estero. L’Eni infatti era un’azienda nuova in cui anche

un manager con ampia esperienza avrebbe dovuto formarsi per

affrontare questa diversa realtà.

Si trattava di un’azienda creata da zero in un settore quasi scono-

sciuto in Italia e quindi anche la struttura organizzativa d’impresa

era da rivedere: “bisognava mettere ordine a quella casa costruita

così in fretta”.

L’Eni fu la prima impresa in Italia che si affidò ad un’azienda di

consulenza straniera per mettere in atto una vera e propria rivoluzione

nelle metodologie di organizzazione dell’impresa. Il “metodo Booz-

Allen” sostituì il precedente apparato di gestione verticale del po-

tere, con una più efficiente organizzazione orizzontale, basata

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sul sistema delle deleghe. Traducendo un sistema di origine

statunitense alla situazione italiana, Mattei riuscì di fatto a creare

qualcosa di nuovo: un’azienda dello Stato con un’ottica di gestione

privata, in grado di competere a livello mondiale con le grandi major

del petrolio.

Ma per Mattei non bastava investire nella ricerca, nel numero di

ottani, in un buon prodotto, nella qualità. Intuì anche il valore della

pubblicità come strumento di marketing. Grazie ad un concorso

che egli stesso fece bandire poco prima della nascita di eni, nel

1952 scelse come marchio aziendale il cane a sei zampe “fedele

amico dell’uomo a quattro ruote”, destinato a costellare in breve

tempo città e autostrade. Si era così in grado anche di colpire

l’immaginazione del cliente e rendere il prodotto, la potente benzina

Supercotemaggiore, riconoscibile e familiare, comparendo sui

giornali, sui cartelloni stradali, al cinema. A Mattei non sfuggì che

vincere questa partita, affidandosi ad un segno grafico d’effetto,

il celebre cane a sei zampe, e ad una serie di campagne ben

congeniate, potesse essere la soluzione per guadagnare quote

di mercato sempre maggiori. Quelle che ancora mancavano per

avvicinarsi ai più grandi ed agguerriti competitor internazionali,

allora presenti in Italia.

Un’altra innovazione di Enrico Mattei fu quella di affidare al poeta

Attilio Bertolucci il compito di realizzare la rivista aziendale di eni, Il

Gatto Selvatico.

Il risultato di questa collaborazione fu un mensile elegante e colto

ma al tempo stesso capace di essere accessibile anche ad un

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ENRICO MATTEI - INNOVATORE PER LO SVILUPPO DEL PAESE

pubblico non esperto. Tra le pagine della rivista, già dai primi numeri,

comparvero racconti ad opera di scrittori importanti come Comisso,

Gadda, Ginzburg, Sciascia, che scrivevano per l’azienda piccole

storie originali, in gran parte rimaste inedite. Nel 1958 poi fu ancora

Mattei a sostenere a Milano una grande mostra dedicata a 130

artisti emergenti (per un totale di 370 opere). Molti di questi giovani,

da Arnaldo Pomodoro a Piero Dorazio entrarono molto presto, con i

loro lavori, a far parte della collezione privata di Eni. Gli artisti erano

stati selezionati da Il Giorno, testata voluta da Mattei nel 1956 e

destinata a rivoluzionare il modo di pensare il giornalismo fino alla

fine degli anni Sessanta.

Si trattava di una vera e propria strategia di comunicazione che

animava Mattei e che si fortificò negli ultimi anni della vita. Ad

esempio quando decise di costruire la centrale termoelettrica di

Latina. In quel periodo l’Italia, con le sue due centrali termoelettriche,

era paese all’avanguardia in questo settore, in quanto esistevano

solo tre centrali termoelettriche in tutto il mondo. Ed è poco noto, ma

Mattei inviava, ogni due settimane, una troupe televisiva a Latina

per tranquillizzare l’opinione pubblica sulla questione del nucleare.

In quel frangente si prese la responsabilità di una situazione

scomoda, fu lungimirante. Cosa che, al contrario, non avvenne per

il referendum del 1987 sul nucleare.

Nessuno si prese delle responsabilità o propose alternative valide

per convincere l’opinione pubblica a votare a favore, seppure si

trattava di un argomento scomodo e molto delicato dopo l’esplosione

della centrale nucleare di Cernobyl. L’esito negativo però scaraventò

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l’Italia in uno stato di arretratezza e dipendenza energetica che

suscitarono conseguenze peggiori anche rispetto a quelle derivate

dalla sconfitta in guerra.

Quando si attua un’innovazione importante bisogna essere capaci,

determinati ed avere la sensibilità di comunicare un cambiamento

in modo responsabile e positivo ad un’opinione pubblica che guarda

spesso con sospetto il nuovo.

Invece questo aspetto responsabile ha sempre caratterizzato Enrico

Mattei, anche quando si affacciò al mercato estero e propose la sua

“formula” per i contratti petroliferi.

Nel dicembre 1954 il suo accordo con il governo egiziano guidato da

Nasser scosse dalle fondamenta lo scenario petrolifero mondiale.

L’intesa contemplava infatti la partecipazione diretta all’impresa

e la parità decisionale del paese produttore di greggio attraverso

la costituzione di società miste italiane e straniere. Riproposta da

eni tre anni dopo, in una convenzione siglata nel marzo 1957 con

Immagine 4_ Enrico Mattei firma il contratto per la fornitura di greggio con la Russia a Mosca. Russia, 1960

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lo scià di Persia Reza Pahlavi e la compagnia nazionale iraniana,

questa nuova formula – conosciuta come “formula Mattei” - avreb-

be segnato quindi l’inizio di una svolta nelle relazioni tra paesi

produttori e compagnie petrolifere. Di particolare rilievo fu anche

l’accordo firmato nell’ottobre 1960 da eni con il governo sovietico

per l’importazione di greggio a prezzi molto convenienti. Mattei

osava sfidare la cortina di ferro, perché era volto a raggiungere un

ragionevole grado di indipendenza energetica per l’Italia, con una

volontà visionaria e responsabile.

E poi l’ultimo suo gran colpo di genio: l’architettura sostenibile.

Eni ha sempre fatto della visione del futuro il suo marchio di

fabbrica: dalla sperimentazione architettonica nel campo dell’edilizia

al restyling delle stazioni di servizio e dei motel. Fin dall’inizio,

Eni si distinse anche per una politica molto coinvolgente verso i

propri dipendenti, che maturarono negli anni un forte orgoglio “di

bandiera”.

Tutto questo si riflesse in una serie di iniziative per facilitare le

attività dei lavoratori del gruppo. A Borca di Cadore e a Cesenatico

nacquero villaggi e colonie per il tempo libero, nelle sedi di Roma

e San Donato Milanese vennero costruiti complessi residenziali

destinati ai dipendenti. Le collaborazioni di grandi architetti come

Carlo Scarpa e Edoardo Gellner determinarono un cambiamento

profondo nella fisionomia del paesaggio italiano.

Tutto ciò nasceva in parallelo ad altre grandi opere del periodo, come

il grattacielo Pirelli, il nuovo palazzo della Montecatini per fare solo

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alcuni esempi. Questi edifici, così come le architetture sostenibili di

Eni risultano ancora contemporanee. Eni è ora tornata a reinvestire

- dopo che qualcuno purtroppo si era venduto in pochi mesi tutto ciò

che Mattei aveva costruito in tanti anni - a San Donato Milanese,

con un concorso internazionale finalizzato alla realizzazione di un

nuovo palazzo di uffici per una sede molto importante.

Sono otto anni che lavoro in eni e che mi interesso della figura di

Enrico Mattei, studio e tento di comprendere come sia riuscito a

creare questa barca e quali qualità lo hanno sostenuto.

Via via scopro cose nuove e mi rendo conto di come la sua visione

fosse particolarmente rivoluzionaria, all’avanguardia. E fu proprio

questa sua caratteristica, secondo me, che lo rese un personaggio

scomodo. Egli guardava troppo lontano per una società che è solita

guardare al massimo al domattina.

Non bisogna fermarsi al primo ostacolo, non bisogna rinunciare ad

un’azione solo perché questa al momento risulta antieconomica.

Chi ci dice che in futuro essa non potrà essere utile? La volontà, il

coraggio di guardare al futuro è l’unica scelta che possiamo fare per

risolvere i problemi dell’energia e puntare allo sviluppo del Paese.

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è professore ordinario di Chimica Generale dal 1972. Si è formato nelle Università di Vancouver, Gerusalemme, Strasburgo, Lovanio e Bordeaux. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, fra i quali la laurea Honoris Causa all’Università di Friburgo, la Medaglia d’oro Cannizzaro della SCI, ecc. E’ membro della American Association for the Advancement of Science, della Accademia Nazionale delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei. E’ stato nominato GrandeUfficiale, Ordine al Merito della Repubblica Italiana per meriti scientifici. Fa parte dell’Editorial Board di numerose riviste internazionali. La sua attività scientifica consta di 550 pubblicazioni e oltre 300 conferenze in congressi nazionali e internazionali. I suoi principali temi di ricerca riguardano la fotochimica, la chimica supramolecolare, i dispositivi e le macchine molecolari, e l’aspetto chimico della nanotecnologia. E’ il coordinatore di un appello rivol-to al governo riguardo “Le scelte energetiche per il futuro dell’Italia” (www.energiaperilfuturo.it) che è stato firmato da alcune migliaia di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca.

ENERGIA

PER L'ASTRONAVE TERRA

PROF. VINCENZO BALZANI

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PROF. VINCENZO BALZANI

Italo Calvino diceva: “Se vuoi capire bene una cosa o un problema,

prima di tutto devi guardarli da lontano”.

Allora andiamo lontano dalla Terra, vicino agli anelli di Saturno. Il

puntino che si vedrà in lontananza è la Terra. Contemplare questa

immagine ci dà un’informazione importantissima, ossia che siamo

soli nell’Universo e che il nostro unico compagno di viaggio è il Sole

(immagine 1).

Quindi la Terra è una specie di astronave, molto particolare, perché

non potrà atterrare mai in nessun luogo a fare rifornimento. Se

qualcosa non funzionasse non potremmo portarla a riparare. Siamo

noi, i 6 miliardi di abitanti, che dovremo render conto del suo mal

funzionamento e cavarcela da soli.

6 miliardi di passeggeri destinati a diventare 8 nei prossimi vent’anni.

E’ come se ogni anno al mondo si aggiungesse una popolazione

pari a quella della Germania.

Considerando queste condizioni è necessario avere cura

dell’astronave Terra (immagine 2).

Nel linguaggio comune si dice spesso “siamo tutti nella stessa

barca”. Ciò fa pensare che se eventualmente ci fosse qualcosa che

non va si ci potrebbe buttare a mare e nuotare verso la salvezza.

Ma come fare se intorno a noi invece del mare c’è l’universo?

Proprio per questo è fondamentale cooperare affinché il nostro

viaggio abbia un lieto fine.

Per far ciò è necessaria la pace, ma le condizioni odierne non

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ENERGIA PER L'ASTRONAVE TERRA

“Se vuoi capire bene una cosa o un problema, prima di

tutto devi guardarli da lontano”

Italo Calvino

Foto scattata nel 2004dalla sonda Cassini-Juygens

presso gli anelli di Saturno,a circa 1,5 miliardi di km

dalla Terra

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Immagine 1

L’astronave Terra

“passeggeri” 6,7 miliardi

che diventeranno 8 miliardi entro 20 anni

l’ aumento è di 75 milioni all’ anno

ogni minuto nascono24 cinesi e 32 indiani

Immagine 2

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sembrano suggerire questo panorama.

Innanzi tutto è facile notare come esistano passeggeri che viaggiano

in classi molto differenti e che si diversificano tra loro per l’imparità

con cui si suddividono 4 principali risorse: acqua, cibo, salute e

ambiente. Quest’ultime in realtà non sono altro che la declinazione

di un’unica risorsa: l’energia. Tutto si fa con l’energia. Il cibo si fa

con l’energia. Per allevare una mucca sono necessari 1000 litri di

petrolio; per fabbricare un PC occorrono 1700 Kg di materiali vari,

di cui 240 Kg di petrolio, consumando 3/4 dell’energia del suo ciclo

di vita prima ancora di essere acceso (immagine 3).

L’energia governa il mondo più della politica, più dell’economia, più

della finanza, più dell’industria.

Essa fa la differenza fra i ricchi e i poveri, “fra i passeggeri di prima

e quelli di seconda classe”.

Se osserviamo la foto del confine fra Stati Uniti e Messico si capisce

benissimo dove c’è energia, e quindi ricchezza, e dove invece non

è presente in grandi quantità (immagine 4).

Oggi siamo in crisi energetica e climatica, crisi che sta scatenando

e scatenerà conseguenze molto gravi. Come mai l’uomo con la sua

intelligenza e tecnologia non ha potuto prevedere e prevenire tutto

ciò?

“La realtà ha la sconcertante abitudine di metterci di fronte

all’imprevisto, per cui, appunto, non eravamo preparati.”

(Hannah Arendt)

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ENERGIA PER L'ASTRONAVE TERRA

National Geographic

Immagine 3

Il confinetra USA e

Messico

National Geographic USA

Messico

Immagine 4

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Detto questo, qual è la soluzione che potrà far sì che questa astronave

continui il suo viaggio, possibilmente pacifico, nello spazio? Come è

possibile prevedere l’imprevisto o almeno contenerlo?

Abbiamo a disposizione diverse strade e probabilmente la soluzione

non sta nel seguire solo una di esse. Come dice Edgar Morin:

“I problemi importanti sono sempre complessi e spesso sono pieni

di contraddizioni. Bisogna quindi affrontarli globalmente, con saperi

diversi che debbono interagire fra loro“ (immagine 5).

Non saranno solo gli ingegneri a risolvere il problema dell’energia: è

necessario il contributo delle applicazioni economiche, ecologiche,

sociali, politiche, ecc. E’ necessario cooperare in modo pacifico fra

professionisti di diversi campi, fra popolazioni perché il problema è

di tutti noi.

Vi sono nazioni che nel loro territorio ospitano circa l’82% dei

combustibili fossili presenti sul Pianeta. Vi sono nazioni che

consumano quei combustibili in quantità esorbitanti rispetto ad altre

(immagine 6).

Prima o poi questo petrolio finirà. Come dice un curioso proverbio

saudita:

”Mio padre cavalcava un cammello, io guido un’auto,mio figlio pilota

un aereo a reazione , suo figlio cavalcherà un cammello.”

Questo proverbio spiega molto bene il concetto di “picco” di

produzione di gas e petrolio (immagine 7).

Inizialmente per trovare petrolio era necessario scavare poco, ma

poi man mano è stato necessario farlo sempre di più, impiegare

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Soluzioni proposte per la crisi energetica

cercare nuovo petrolio

usare carbone e seppellire la CO2

produrre biocombustibili

sviluppare l’energia nucleare

sviluppare le energie rinnovabili(solare, eolica, geotermica, maree ..)

Immagine 5

risorse

L’astronave Terra

Fonti primarie di energia (2007)

petrolio 34%carbone 27%gas naturale 21%legna e rifiuti 9%energia nucleare 5%altre 3%

circa 82% dell’energia proviene dai combustibili fossili

Oggi al mondo consumiamo 1000 barili di petrolio al secondo ....

Immagine 6

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sempre più risorse (immagine 8).

Inoltre il consumo si è fatto sempre più imponente, la domanda

sempre più grande e se continua così probabilmente la produzione

non sarà più in grado di soddisfare la domanda. Sarà necessario

impiegare sempre più mezzi e risorse per ottenere petrolio e ne

aumenterà il prezzo.

Riguardo al picco ci sono due scuole di pensiero: i pessimisti

che sostengono che esso sia già stato raggiunto; gli ottimisti che

ritengono si verificherà fra 20-40 anni (immagine 7).

Quindi è importantissimo sapere quando sarà questo picco, ma

difficilissimo da prevedere per motivi non tanto tecnici quanto

politici.

Paesi come gli Stati Uniti consumano molto petrolio pur non

producendone a sufficienza. Per soddisfare i propri bisogni allora

ne importano. Ecco allora che nascono conflitti fra nazioni per

accaparrarsi quanta più energia disponibile possibile, venenndo

meno a quella condizione fondamentale e necessaria alla

sopravvivenza dell’astronave menzionata all’inizio: la pace.

Oltre a non essere una fonte inesauribile, i combustibili fossili

hanno un altro problema: fanno male alla nostra salute e a quella

dell’astronave (immagine 9-10). In media, popolazioni site in luoghi

con alto consumo di combustibili fossili perdono in percentuali molti

più anni di vita rispetto a coloro che si trovano in luoghi “più puliti”.

Inoltre, il petrolio nella sua combustione rilascia CO2, creando

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Anni del piccoAnni petrolio facilepessimisti> 2010 - 2015ottimisti> 2030 - 2050

aumento del prezzocrisi economicainstabilità politicaguerre per ottenerli

Picchi di produzione di petrolio e gas

Immagine 7

Grande IsleGolfo del Messico15 m, 1947

West DeltaGolfo del Messico28 m, 1962

ZincGolfo del Messico451 m, 1993

Hoover/DianaGolfo del Messico1463 m, 2000

MicaGolfo del Messico1325 m, 2001

Kizomba A-Angola1219 m, 2004

LenaGolfo del Messico304 m, 1983

HondoCalifornia259 m, 1983

HarmonyCalifornia365 m, 1989

Piattaforme ExxonMobil > l’evoluzione della produzione in acque profonde

Fino a che punto conviene?Immagine 8

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anidride carbonica

L’astronave Terra effetto serra:modifica il clima, fa sciogliere i ghiacciai, .....

1 kg di benzina produce 3 kg di CO2

petrolio

Immagine 9

Perdita nell’aspettativa media statistica di vita (mesi) a causa dell’esposizione alle “polveri sottili” (PM 2.5)

“About 400,000 Europeans are dying prematurely every year as a result of air pollution, say the latest studies. Illnesses due to current levels of airborne particles lead to more than 100,000 extra hospital admissions per year.”

EC, DG Environment 2005

http://europa.eu.int/comm/environment/news/efe/20/article_2434_en.htm

012469

1236

Immagine 10

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l’effetto serra e tutta una serie di effetti negativi sul nostro Pianeta.

Un altro limite dei combustibili fossili, oltre a non essere inesauribili

e a far male alla salute, è la forte disparità nei consumi, in quanto,

come abbiamo detto prima, i giacimenti non sono equamente

suddivisi sul territorio Terra.

Vi saranno allora gli Stati Uniti che, con meno del 5% della

popolazione mondiale, consumano circa il 25% dell’energia totale,

due volte quella consumata da noi europei e ben trenta volte quella

consumata da un africano (immagine 11).

Sarà possibile che indiani e cinesi vivano all’americana o sarà

più probabile che americani e anche gli europei non vivano più

all’americana? In un mondo con risorse limitate, i consumi non

possono crescere all’infinito.

Ma son tutte limitate le risorse? Ci sono le risorse non rinnovabili

che sono limitate, ma ci sono anche le risorse rinnovabili come gli

alberi della foresta, i pesci del mare,

La questione è essere capaci di rispettare queste risorse, non

esagerando nel loro sfruttamento e dando loro la possibilità e le

condizioni per rigenerarsi.

La questione è che la Terra è in grado di darci 1,8 ettari di terra, e

dunque di risorse, a testa. Oggi in media consumiamo 2,2 ettari a

testa (immagine 12).

Cosa vuol dire? Significa che non siamo capaci di vivere di rendita,

ma intacchiamo continuamente il nostro capitale. Significa che

viviamo al di sopra delle nostre possibilità. O almeno alcuni di noi lo

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Disuguaglianza nell’uso delle risorse energetiche

USA

Gli Stati Uniti, con meno del 5% della popolazione mondiale, consumano circa il 25% dell’energia

Europa Africa

Cina India

Immagine 11

L’impronta ecologica

“la superficie di Terra capace di fornire le risorse necessarie al consumo quotidiano di una persona e di smaltirne i rifiuti”

BIOCAPACITA’ > 1,8 ettari a persona

MEDIA MONDIALE > 2,2 ettari a personaUSA > 9,5

Germania > 4,8Italia > 3,8

Cina > 1,5India > 0,8

Eritrea > 0,3

2,21,8

Immagine 12

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fanno, perché l’altra brutta notizia è che le disparità fra popolazioni

non sono solo a livello economico, ma vi è un serio problema di

sostenibilità sociale.

La Comunità Europea destina agli allevatori tre euro al giorno per

ogni mucca che allevano.

In Africa la maggior parte delle persone vive con meno di un euro

al giorno: c’è da pensare che sta meglio una mucca in Europa che

una persona in Africa!

Sembra quindi normale che le popolazioni attanagliate dagli stenti e

dalla fame cerchino di raggiungere i luoghi più ricchi col miraggio di

migliorare la propria vita.

E’ necessario riequilibrare questo stato di cose, fare in modo che

anch’essi stiano bene nei loro Paesi, condividere equamente ciò

che l’astronave ci offre.

La consapevolezza ci salverà: ”La sola differenza fra un ottimista

ed un pessimista è che il secondo è meglio informato “.

Quindi per poter risolvere i problemi che ci si presentano è

necessario conoscere, essere consapevoli di tre scomode verità: la

Terra è un’astronave; le risorse sono limitate e quindi i consumi non

possono crescere all’infinito, le risorse devono essere equamente

distribuite.

Un altro problema del consumo di risorse è che ogni volta che uso

delle risorse creo dei rifiuti. Come possiamo scappare da questo

circolo vizioso? Riciclando! Ma per riciclare è necessaria, ancora

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RICIC

LARE

L’astronave Terra

lavorazione

Consumiamo risorsegeneriamo rifiuti

Generiamo risorsedai rifiuti

uso

manufatti e servizi

petrolio

rifiuti

Immagine 13

Rivoluzione industriale

60

50

40

30

20

10

0-3000 -2000 2000 3000 4000-1000 10000

consumo energia

Egitto Grecia RomaScoperta America

Energy consumption and Human Civilisation

Uso dei combustibili fossiliè destinata a �nire

Possibili azionirisparmio energeticoaumento dell’efficienza

Possibili soluzionienergia nucleareenergia solare e altre fonti rinnovabili

L’astronave Terra

Immagine 14

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Questo è il nostro pianetala Terra

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Questo è il nostro pianetala Terra

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una volta, energia (immagine 13).

Dalla nascita dell’uomo ad oggi i consumi energetici sono lievitati

in modo sproporzionato nell’era industriale e tecnologica. Se non

saremo in grado di risparmiare e di usare l’energia in modo efficiente,

saremo costretti a ritornare agli albori (immagine 14).

I bisogni e le soluzioni di tutte le problematiche sembrano essere

sempre legati all’energia. Quindi bisogna trovare quell’energia o

quella combinazione di energie con caratteristiche ideali. (immagine

20)

Essa deve essere abbondante ed inesauribile; equamente distribuita

sul territorio; non pericolosa per l’uomo e per il pianeta (né oggi,

né in futuro); e, infine, capace di favorire lo sviluppo economico e

occupazionale, di colmare le disuguaglianze, di favorire la pace.

L’energia che, secondo la mia opinione, corrisponde a questa

descrizione è legata al Sole. (immagine 19)

Quest’ultimo infatti brillerà per 4,5 miliardi di anni; in un’ora irradia

la Terra dell’energia che l’umanità consuma in un anno ed è ben

distribuita su tutta la superficie terrestre (quindi, in quanto ben

distribuita, anche il discorso delle guerre sarebbe limitato). E’

necessario dunque che l’umanità faccia delle scelte in tal senso,

cioè mirate al benessere dell’astronave e dei suoi passeggeri. Ed è

una responsabilità di tutti, nessuno può esimersi.

Come diceva Albert Einstein:

”La preoccupazione dell’uomo per il suo destino deve essere il

principale obiettivo di ogni sforzo scientifico. Non dimenticatelo mai,

ENERGIA PER L'ASTRONAVE TERRA

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Questo è il nostro pianetala Terra

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Questo è il nostro pianetala Terra

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PROF. VINCENZO BALZANI

La fonte energetica ideale

Abbondante Inesauribile Ben distribuita non pericolosa per l‛uomo e per il pianeta (né oggi, né in futuro) capace di favorire lo sviluppo economico e occupazionale, di colmare le disuguaglianze, di favorire la pace

Immagine 15

RICIC

LARE

L’astronave Terra

petrolio

rifiuti

La Terra riceve dal Sole in 1 ora una quantità di energia pari a quella che l’umanità consuma in 1 anno

Il Sole brillerà per 4,5 miliardi di anniL’energia solare è ben distribuita su tutta la Terra

Immagine 16

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Questo è il nostro pianetala Terra

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Questo è il nostro pianetala Terra

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ENERGIA PER L'ASTRONAVE TERRA

in mezzo ai vostri diagrammi e alle vostre equazioni”.

Ma lo possiamo estendere e dirlo a ciascuno di noi:

“ non dimenticarlo mai, in mezzo ai tuoi atteggiamenti quotidiani”.

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55 anni, è vicedirettore generale di Legambiente e responsabile della direzione nazionale di Milano. E’ presidente della Fondazione Legambiente Innovazione, animatore del Premio all’Innovazione Amica dell’Ambiente, della campagna “Puliamo il mondo” e del sito www.viviconstile.org.Nel 1980 è stato fra i fondatori dell’associazione Legambiente, e nel 1993 ha dato inizio al premio “Comuni Ricicloni”. Nel 2001 ha organizzato il primo servizio italiano di car sharing a Milano.Giornalista, fondatore e direttore (sino al 1984) del mensile La nuova ecologia.E’ autore dei volumi Ambientalismo (1996), Vivi con stile (2007), Viaggiare leggeri (2008).

GREENLIFE_LA SFIDA

DELLA SOSTENIBILITA'

SI PUO' VINCERE

NELLE CITTA'

ANDREA POGGIO

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La conversione ecologica è possibile. Il mio intervento qui oggi è

mirato a dimostrarlo.

Ed è ciò che ha spinto Legambiente, la Triennale e l’Istituto di ricerche

Ambiente Italia a realizzare una grande mostra internazionale.

Ospitata alla Triennale di Milano e intitolata Green life, costruire città

sostenibili, è frutto della ricerca intellettuale e politica che dura da

anni (immagine 1-2). Essa parte da un presupposto: più del 50%

della popolazione mondiale vive nelle aree urbane, dove viene

consumato oltre il 73% di tutta l’energia e dove si producono il 69%

delle emissioni di CO2. Ed è nelle città che gli effetti del cambiamento

climatico andranno fronteggiati, proteggendole dall’innalzamento

dei mari, dalle inondazioni e dagli eventi climatici estremi. Ma è

soprattutto nelle città che si possono mettere in pratica, davvero,

le azioni che servono a ridurre le emissioni climalteranti. Sono

le amministrazioni locali che controllano e indirizzano i servizi di

gestione dei rifiuti, della mobilità, del patrimonio edilizio pubblico.

Sono le città che, con i propri acquisti di beni e servizi, possono

influenzare il mercato, dando l’esempio e creando condizioni

favorevoli. E affrontando la crisi climatica si darà risposta alla

voglia di città più accoglienti, percorribili a piedi ed in bici, ricche di

verde e luoghi di incontro. Si costruiranno distretti dell’innovazione

, potenziando le vocazioni delle economie locali nel campo dell’eco-

design, del recupero dei rifiuti, dei servizi per la mobilità sostenibile,

delle tecnologie rinnovabili, dell’edilizia carbon neutral (1). E quindi

è nelle città che si devono trovare le risposte di sostenibilità e non

nella fuga da esse.

ANDREA POGGIO

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GREEN LIFE - LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA' SI PUO' VINCERE NELLE CITTA'

> La mostra internazionale: un successo.> A Milano più di 20 mila biglietti.> Primo programma mostra itinerante.> Catalogo, libro.> Una rivoluzione dell'abitare

> Metà degli umani abitano nelle città.> José Manuel Barroso:> “Occorre una rivoluzione.”> In Europa tutti i nuovi edifici pubblici(entro 2018) e privati (2020) dovrannodipendere esclusivamente darinnovabili locali..

ISTITUTO DI RICERCHELA TRIENNALE DI MILANO

Immagine 1

la casa in classe oro

ecodensità

vivere rinnovabile

viaggiare leggeriil prezzo climatico

green capitalelogio del condominio

una società a 2000 watt

unmegajoule

unmegajoule

i quartieri low-carbon

Immagine 2

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Senza contare che l’Unione Europea ha lanciato una sfida da

far tremare i polsi: l’efficienza nell’uso delle risorse come politica

fondamentale per quanto riguarda la sostenibilità.

Infatti entro il 2020 essa propone per le costruzioni dell’intero

continente edifici “zero carbon” o che ricorrano esclusivamente

a fonti di energia rinnovabili locali per le esigenze energetiche

residue (2).

Sono migliaia le città che si sono già date degli obiettivi precisi e i

risultati in molti casi sono più che visibili.

Con l’aiuto del Politecnico di Milano abbiamo cercato esempi di

architetti stranieri e italiani, che si sono cimentati con le nuove

costruzioni sostenibili. Ecco allora nascere edifici come l’Accademia

delle Scienze di Renzo Piano, l’edificio per l’Expo Hannover di

Thomas Herzog, l’edificio per National Assembly for Wales di

Richard Rogers, ecc. (immagine 3-4).

E poi interventi su più larga scala che coinvolgono interi quartieri.

Scelte consapevoli compiute da città, da imprenditori e da cittadini,

che hanno voluto dare forma all’idea di sostenibilità urbana su una

scala adatta per cominciare e per produrre risultati rilevanti e visibili.

In alcuni casi si è trattato di interventi di risanamento su quartieri

esistenti, in altri di operazioni di trasformazione radicale di aree

dismesse, in altri di interventi su aree libere, realizzati rispettando

il contesto. Ovunque si è trattato di un fortunato intreccio tra

innovazioni tecnologiche e sociali, che è servito ad innescare un

effetto pilota, trascinando con sé altri quartieri, se non addirittura

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Renzo Piano: CaliforniaAcademy of Science,San Francisco 2008

Thomas Herzog: Expo Hannover2000, Soka Bau, Wiesbaden 2003.

Immagine 3

Renzo Piano: CaliforniaAcademy of Science,San Francisco 2008

National Assembly for Wales, 2005, Cardiff.Richard Rogers Arch. BREEAM Excellent.

Immagine 4

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l’intera città (3).

Friburgo, nel sud della Germania, il quartiere di Vauban nasce

dall’esempio e nelle vicinanze della Città solare (immagine 5) e da una

progettazione partecipata con lo scopo di agevolare l’insediamento

di persone a basso reddito. Qui le case consumano meno di 65 kWh/

mq l’anno e alcune rispettano gli standard previsti per le “passive

house” (15 kWh/mq l’anno) o producono più energia del loro

fabbisogno. Adottano misure di risparmio ed efficienza energetiche

che consentono di avere il 60% di emissioni di CO2 in meno. Il

numero di collettori solari è in costante aumento. Ma il punto di forza

di questo quartiere non sta solo nell’utilizzo di energie alternative,

ma anche nelle politiche sociali. Per esempio sono disponibili solo

pochi parcheggi situati fra l’altro all’esterno del quartiere. Viceversa

un efficiente sistema di trasporto pubblico e di car sharing ha fatto

in modo che ben il 40% delle famiglie abbia rinunciato ad utilizzare

l’auto. Molte strade e aree pubbliche del quartiere sono utilizzate

come spazio giochi dei bambini e rappresentano importanti aree di

socializzazione (4).

Sempre a Friburgo, il quartiere Rieselfeld è stato costruito

pensando ad un sistema di mobilità incentrato su pedoni e ciclisti.

In tal senso gli esempi più famosi sono “i quartieri senz’auto” e la

“Bike city” di Vienna (immagine 6). Entrambi i quartieri sono stati

progettati a misura di pedone e di ciclista e coloro che hanno deciso

di vivere qui, all’atto del rogito, si sono impegnati formalmente a

non possedere un’auto. Così gli spazi che sarebbero stati destinati

a parcheggi in questi quartieri diventano spazi comuni, dedicati a

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Friburgo, la città solare:Fabaum, stadio, SolarFabrik.

Immagine 5

Quartiere Gneiss Moss, 2000, SalisburgoENERGYbase, 2008, Vienna

Quartiere Eurogate, 2016, ViennaQuartiere senza auto, Vienna

Immagine 6

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servizi quali officine per riparare le biciclette, centri per il car sharing,

palestre, spazi gioco per i bambini, centro per i giovani, giardini

pensili e così via.

Addirittura gli ascensori delle case della “Bike city” sono pensati più

grandi per potersi portare a casa la propria bicicletta con comodità.

In Italia invece c’è Bolzano con il suo sistema “Casaclima” (immagine

7). L’architetto Norbert Lantschner, promotore e animatore del

progetto, ama ricordare che il segreto del successo dell’esperienza

altotesina è stato l’impegno a informare e formare tutti gli operatori

del settore edile: dal progettista al muratore; dall’artigiano dei

componenti all’installatore sino alla grande azienda di costruzioni

(5).

A Salisburgo, sia nel quartiere Gneiss Moss che in Samer Mösl, le

abitazioni obbediscono agli standard delle “passivhaus”. Tutto, dalla

disposizione degli edifici, ai materiali con cui vengono costruiti, é

finalizzato al risparmio e all’efficienza energetica.

Inoltre la mobilità nel quartiere è completamente pedonale: i quartieri

e le città devono infatti essere costruite in modo che tutte le funzioni

e i servizi di prossimità siano raggiungibili facilmente ed in fretta.

Le persone sono disposte a viaggiare per andare all’università,

a teatro dell’opera, a vedere un museo; ma non sono disposte a

prendere la macchina o una metropolitana per usufruire dei servizi

di prossimità.

La città deve essere un luogo non solo dove si costruisce

differentemente, ma anche un luogo dove si vive differentemente. Il

Cardinal Martini tempo fa ci ha ricordato che: “la città è un patrimonio

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dell’umanità. Essa è stata creata e sussiste per tenere al riparo la

pienezza di umanità da due pericoli contrari e dissolutivi: quello

del nomadismo, cioè della de situazione che disperde l’uomo,

togliendogli un centro di identità; e quello della chiusura nel clan

che lo identifica ma lo isterilisce dentro le pareti del noto. La città è

invece luogo di un’identità che si ricostruisce continuamente a partire

dal nuovo, dal diverso, e la sua natura incarna il coordinamento

delle due tensioni che arricchiscono e rallegrano la vita dell’uomo:

la fatica dell’apertura e la dolcezza del riconoscimento”.

Anche Amburgo con la sua “Hafencity” è orientata al

raggiungimento di ambiziosi obiettivi, utilizzando le politiche

dell’eco-sostenibilità. Essa ha deciso di cambiare le infrastrutture

del porto e della zona industriale per destinarle a residenza e a

nuovi luoghi di destinazione del lavoro, dove la sfida si gioca anche

sui nuovi palazzi delle multinazionali che decidono di avere lì la

loro sede. Come il nuovo edificio della Unilever (immagine 8) che

ha il proprio interno una piazza aperta, costruita con una “doppia

pelle” cioè un doppio involucro per mantenere l’interno dell’edificio

climatizzato. Al suo interno vi è luce naturale durante il giorno e

un sistema di illuminazione led per le ore serali. In questo modo si

evita un’eccessiva dispersione energetica al’interno e si può fare

a meno del condizionamento d’aria d’estate. Amburgo ha deciso

di orientarsi alla sostenibilità, non solo trascinando i grandi nuovi

quartieri piuttosto che l’edilizia pubblica, ma ha deciso di coinvolgere

i suoi abitanti.

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Quartiere Casanova, EA7, 2008,Bolzano, CasaClima A

Museion, 2008,Bolzano.Casa Clima B.

Immagine 7

Amburgo: HafenCity, il progetto di riconversione del porto.La nuova sede Unilever.

Immagine 8

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Ha creato quindi un audit energetico del caseggiato così come si

sta facendo in Lombardia con l’audit degli edifici pubblici dei piccoli

comuni.

Più vicini a noi altri esempi della virtuosa Svizzera.

A Zurigo il sistema “Casaclima” si chiama “Passivhaus Minergie”,

cioè edifici passivi con consumo energetico ridotto praticamente a

zero (immagine 9).

Sempre qui si sta inaugurando l’inizio dei lavori del nuovo quartiere

Mehr als wohnen, voluto fortemente dai cittadini che hanno attuato

un movimento dal basso per ottenerlo.

Le città dell’energia, che per prime hanno indicato il cammino del “si

può fare”, sono ormai in Svizzera il 40% della totalità.

GREEN LIFE - LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA' SI PUO' VINCERE NELLE CITTA'

Nuovo quartiere Mehr als wohnenZurigo Minergie-Passivhaus - ed Eco

Eawag Forum (2006), Zurigo Minergie Passivhaus

Immagine 9

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Dal Politecnico di Zurigo nasce un’altra idea all’avanguardia: “La

società a 2000 watt”.

2000 W è la potenza continua media richiesta da ognuno di noi per

vivere. Come al solito però c’è chi consuma di più – uno statunitense

arriva a consumare fino a 12.000 W – e chi consuma di meno – un

povero abitante del Bangladesh ne consuma solo 300.

La sfida che i tecnici svizzeri si sono posti è nata da un impegno

morale: se si vogliono garantire fonti energetiche a tutti nel mondo

e si devono arrestare i cambiamenti climatici è allora necessario

ridurre il nostro consumo di combustibili fossili (immagine 10). Non

più di 2000 W a testa al mondo, solo 500 dei quali derivanti da

combustibili fossili entro il 2050. E la sfida nella sfida è tutta rivolta

a se stessi: gli ingegneri svizzeri non vogliono infatti rinunciare né

alla democrazia né al benessere e si pongono quindi il problema di

come sviluppare sistemi e tecnologie efficienti per ridurre i consumi

di tre volte (cioè passare da 6000 a 2000 W) e di come sostituire

almeno tre quarti dell’energia rimanente da fossile a rinnovabile

(cioè da 2000 a 500 W) (6).

Essi vogliono raggiungere tutto ciò puntando sull’efficienza.

“ Circa un terzo dell’energia primaria consumata serve effettivamente,

sotto forma di energia utile, alle prestazioni energetiche propriamente

dette”, spiegano gli svizzeri nei loro documenti, ma il resto sono

inefficienze e sprechi. Aumentando le prestazioni, cambiando le

tecnologie e usando meglio beni e materiali diversi, “si può ridurre

sensibilmente la spesa energetica” (7).

Ma dichiarare di voler cambiare non basta: sono i fatti che contano.

ANDREA POGGIO

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produzione di energia

Trasporti

energia x usi civili e altro

energia per industria

processi industriali e solventi

Agricoltura

Rifiuti

uso suolo

totale lorde

totale nette

-4,000 -2,000 0,000 2,000 4,000 6,000 8,000 10,000 12,000

(tonnellate di CO2, Italia 2005)

Emissioni annuali pro capite

Immagine 10

Dalla Svizzera, le città dell'energia

Città dell’energia

european energy award

Bangladesh Africa Mondo Svizzera Europa USA

2000 Watt, è la potenza che un essere umano consuma in media a livello mondiale.Le differenze sono tuttavia esorbitanti : qualche centinaio di watt nei paesi non industrializzati, venti volte tanto negli altri.

Obiettivi

Riscaldamento

Elettricità

Trasporto Pubblico

Biciclette

Collettori solari

Calore rinnovabile

(o telerisc)

Elettricità rinnovabile

al 2020

-20%

0%

10%

20%

1 mq

40%

60%

al 2020

-35%

0%

15%

35%

1,5 mq

60%

70%

al 2020

-50%

-5%

20%

50%

2 mq

80%

80%

Obiettivi Città dell'energia

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

Immagine 11

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E allora la Svizzera inventa il programma “Città dell’Energia”

(immagini 11-12). La strategia dell’organizzazione è simile a una

certificazione delle politiche locali per la sostenibilità, come nei

sistemi aziendali: chi supera l’audit annuale, con almeno il 50%

delle politiche implementate, acquisisce il marchio, e di anno in

anno gli obiettivi si fanno più stringenti. Sono stati scelti numerosi

indicatori che dimostrano l’avviamento di politiche per la costruzione

e la ristrutturazione ecologica degli edifici, il sostegno del trasporto

pubblico e della mobilità lenta (soprattutto ciclabile), il riciclaggio,

l’illuminazione pubblica, la gestione dei cantieri e così via (8).

Anche l’Unione Europea ha tentato di fare un passo in tal senso con

il “Patto dei Sindaci”. Su 1700 comuni europei che hanno aderito,

400 sono italiani.

ANDREA POGGIO

Dalla Svizzera, le città dell'energia www.energiestadt.ch

Immagine 12

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Grande sensibilità per l’argomento o i sindaci di questi paesi non

hanno ben inteso gli obiettivi? Infatti da una scelta di questo tipo

nascono delle responsabilità, quali trasformare le proposte del Patto

dei Sindaci, attraverso l’approvazione del Consiglio Comunale, in

un piano di attuazione con l’obiettivo di ridurre le emissioni del 20%

entro il 2020.

Come il Comune di Milano che, pur avendo un piano, non lo ha fatto

approvare dal Consiglio.

L’approvazione di quest’ultimo è fondamentale perché garantisce

che il piano sia partecipato dai cittadini. Se nessuno spiega agli

abitanti come si devono comportare, cosa devono preferire per il

raggiungimento di un determinato obiettivo comune, come si fa a

raggiungerlo?

Bisogna che gli impegni siano presi con meno leggerezza e allora

anche noi come gli Svizzeri saremo in grado di conseguire gli

obiettivi.

Per esempio l’Italia, paese del sole, ha installato solo 19 mq di

collettori solari per il riscaldamento dell’acqua ogni mille abitanti (un

rettangolino 4 x 5 cm a testa). Se invece si adottasse lo scenario

più coraggioso dell’obbligatorietà del solare termico sulle nuove

costruzioni e le detrazioni fiscali del 55% garantite anche per gli

anni a venire sulle case esistenti sarebbe vantaggioso per tutti. Per il

fisco, per esempio. Senza incentivo pochi installerebbero l’impianto

e ancora meno emetterebbero fattura. La fattura porta l’installatore

a impiegare mano d’opera in regola e a rispettare criteri di sicurezza

stringenti. Tutti i costi di impresa che comportano un aumento del

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gettito fiscale. Il solare termico è vantaggioso anche per l’utente

che, nell’arco di 5-9 anni al massimo, recupera l’investimento e poi

inizia a guadagnare dal mancato costo delle bollette.

E’ necessario far partecipare la gente. Il sito www.stopthefever.

com, come altri, (immagini 13-14) nasce dal basso e, simile a tanti

contatori utilizzati in altri siti, registra gli impegni che ogni comunità

o singolo cittadino si prendono nel perseguire l’eco-sostenibilità. Gli

impegni consistono, per esempio, nell’usare prodotti più salutari,

nel nutrirsi con meno proteine animali, nel produrre meno rifiuti e

riciclandoli e piantando alberi; dunque cambiando il proprio stile di

vita e l’economia del mondo.

Sono queste realtà che mi portano ad essere ottimista perché non

mi soffermo sulla derivata prima di un’azione, ma vado sulla derivata

seconda, ossia sull’accelerazione di ciò che sta succedendo ora e

di cui non abbiamo chiari e visibili gli enormi cambiamenti che ne

conseguiranno.

La politica deve cogliere l’accenno del cambiamento, cavalcarlo se

è positivo e fermarlo se va nella direzione opposta. I cambiamenti

sono possibili e convenienti per tutti, la tecnologia ce li offre per la

prima volta. L’economia sta cambiando radicalmente.

Tutto questo esige uno sforzo e una difficoltà immensa, ma sta

mutando la mentalità in tutto il mondo. Si osservi cosa diceva Bush

soltanto all’inizio di questo nuovo secolo: “il nostro stile di vita non

è negoziabile”.

Mentre i leader europei e lo stesso Barack Obama parlano ora

esplicitamente di rivoluzione negli stili di vita.

ANDREA POGGIO

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GREEN LIFE - LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA' SI PUO' VINCERE NELLE CITTA'

Rinnovabili: obiettivi possibiliwww.stopthefever.org

Immagine 13

Cambiare gli stili di vita www.vviconstiler.org

Immagine 14

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Le nuove parole chiave della conversione in atto sono responsabilità,

liberta e sussidiarietà.

Senza responsabilità nei confronti di quello che succede non si

può capire quale sia la strada da percorrere. Senza responsabilità

prevale la paura del cambiamento, almeno nelle democrazie nelle

quali ci piace vivere. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, alla

Chiusura della consultazione mondiale sullo sviluppo sostenibile

(la Grenelle Environnement, presentata nell’ottobre del 2007)

dichiarava solennemente: “Non potremo né imporre né decretare lo

sconvolgimento dei nostri stili di vita, che solo una rifondazione della

nostra democrazia renderà possibile”. Una democrazia, quindi, che

non si esprime solo nel voto, ma anche nelle scelte che compiamo tutti

i giorni, quando facciamo la spesa, scegliamo il mezzo di trasporto

più conveniente, la casa dove abitare, la comunità d’appartenenza, il

modo di prestare un’opera o di scambiare un lavoro responsabile.

Libertà perché, a differenza dello stile di vita che le società industriali

del secolo scorso, le nuove società di questo millennio dovranno

prevedere stili di vita plurali, con accentuazioni diverse in funzione

delle diverse sensibilità che popoleranno le città del futuro. Ognuno,

ogni comunità, farà trasparire con i propri comportamenti differenti

valori e livelli di responsabilità nei confronti degli altri del mondo.

E infine sussidiarietà: perché tutti questi nuovi prodotti non ci

sono garantiti e molto spesso non ci vengono neanche forniti. Un

esempio? I servizi di trasporto pubblico o di mobilità dolce non sono

disponibili nelle nostre città, anche se spesso sarebbero più comodi

dell’auto con il navigatore. Se non ci organizziamo e chiediamo

ANDREA POGGIO

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Questo è il nostro pianetala Terra

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questi beni e servizi, nessuno ce li metterà a disposizione (9).

Il vero scontro politico che è davanti alla società italiana e

internazionale, è come costruire le nuove infrastrutture della

sostenibilità. Così come il modello fossile ha costruito le sue

autostrade le sue centrali dobbiamo pensare che il modello della

sostenibilità nuova, le città, dovranno costruire le loro reti di

mobilità.

I piani che sono venuti fuori in questi mesi non sono stati creati da

associazioni ambientaliste, ma sono tutte associazioni e fondazioni

industriali che si stanno ponendo il problema di come uscire

rapidamente dall’era del petrolio.

“Il mercato globale sta già prendendo le distanze dai combustibili

fossili. La domanda non è se una nuova economia dell’energia

rinnovabile potrà prosperare in futuro, ma è dove ciò accadrà.”

(Barack Obama)

E uscire dal petrolio si può!

Nel 2008, all’inizio della crisi finanziaria, per la prima volta al

mondo, gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza

hanno raggiunto la cifra record di 155 miliardi di dollari, superando

di gran lunga quelli nel petrolio e nelle energie fossili (i dati del

rapporto Global trends in sustainable Energy investment 2009,

elaborato dal Programma ambiente delle Nazioni Unite, l’UNEP).

Ciò è avvenuto grazie soprattutto agli investitori privati, perché

quelli statali in prevalenza sostengono ancora le lobby petrolifere,

come è successo in Italia con i fondi sulle rinnovabili che hanno

finanziato soprattutto petrolio e gas. Non solo: per il secondo anno

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consecutivo sia l’energia prodotta sia la potenza elettrica installata

a energia nucleare hanno continuato a declinare. E probabilmente

è solo l’inizio, perché gli annunci di chiusura di vecchie centrali

superano di gran lunga gli ordini di nuove (10).

Dove trovare in futuro nuove fonti energetiche per non dover più

ricorrere alle fonti fossili come petrolio, carbone e gas naturale? Le

così dette energie rinnovabili sono sufficienti? Teoricamente sì, anzi

sono sovrabbondanti.

In particolare se volessimo produrre tutta l’energia che serve

all’umanità di oggi, sarebbero sufficienti:

- 2,5 milioni di pale eoliche, sistemate nelle zone più ventose solo

degli Stati Uniti d’America;

- oppure, in alternativa, 210.000 kmq di territorio coperti da pannelli

fotovoltaici in zone con insolazione media europei;

- oppure, in alternativa, 155.000 kmq di territorio di specchi che

concentrino l’energia solare per alimentare cicli termodinamici di

centrali elettriche;

- per soddisfare l’intero fabbisogno di riscaldamento domestico

sarebbero sufficienti 15.000 kmq di collettori solari, 2 mq a testa ad

abitante sui tetti delle rispettive case;

- per i carburanti nei trasporti, sarebbero sufficienti 4 milioni di kmq,

l’8% delle terre coltivate e forestali del pianeta, oppure 10 milioni di

superficie marina coltivata ad alghe.

Le potenzialità delle rinnovabili è tanto maggiore quanti passi avanti

farà anche l’efficienza energetica. Non è neppure necessario che

tutte le città, tutti i popoli e tutte le nazioni della Terra dedichino tanto

ANDREA POGGIO

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spazio a tutte le tecnologie illustrate sopra: ognuno, in funzione

delle proprie necessità, delle risorse di cui dispone, delle capacità

tecnologiche e delle sue propensioni culturali sfrutterà maggiormente

l’una o l’altra fonte rinnovabile (11).

Anche l’Italia si è resa conto che uscire dal petrolio si può. Basti

pensare che ha investito il 55% delle risorse, 8 miliardi di euro in 2

anni e mezzo, nelle rinnovabili.

Investimenti di singole aziende come Eni e Enel da sole non arrivano

alla cifra che ciascun proprietario di casa o privato ha fatto in questi

anni, risparmiando energia quanta se ne consumerebbe in una

centrale di 1000 MW che funzionasse tutto l’anno.

L’eolico inoltre sta crescendo e arriverà a produrre, prima che la

prima città nucleare si veda all’orizzonte, tutta l’energia che sarebbe

capace di produrre una centrale nucleare. E il fotovoltaico? La

scommessa del legislatore è che lo sviluppo del mercato solare

consentirà un graduale abbassamento dei prezzi degli impianti in

modo che, nel giro di un ventennio, l’elettricità solare costerà quanto

quella convenzionale. Il sistema di incentivazione, inventato dai

tedeschi, si è poi diffuso in tutto il mondo perché ha funzionato troppo

bene, tant’è vero che, nel giro di due anni, il prezzo dei pannelli

fotovoltaici si è dimezzato. Così sono apparsi i primi interventi

speculativi che hanno costretto i governi a ridurre l’incentivo.

La stessa cosa è successa col metano. La componente organica

degli RSU, i fanghi di depurazione biologici, le deiezioni animali e i

residui dei cicli agro-alimentari sono tutte sostanze da cui ricavare il

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biogas, dal quale a sua volta scindere il metano.

Ma l’Italia, per esempio, che con i suoi vasti territori a vocazione

agricola potrebbe sfruttare questa fonte di energia, non ne coglie

appieno le potenzialità. E potrei andare avanti ancora.

Per concludere la conversione a un modello sostenibile è possibile,

ma per dirla con le parole di Alex Langer:

“La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà

socialmente desiderabile”.

ANDREA POGGIO

Immagine 15

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GREEN LIFE - LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA' SI PUO' VINCERE NELLE CITTA'

Note:(1) POGGIO A., BERRINI M.; GREENLIFE. Guida alla vita nelle città di domani; coll. Tascabili dell’ambiente, Edizioni Ambiente srl, Milano 2010; p.123(2) ivi, p.46(3) ivi, p.79(4) ivi, p.80(5) ivi, p.43(6) ivi, p.22(7) ivi, p.22(8) ivi, p.24(9) ivi, p.16(10) ivi, p.12(11) ivi, p.65

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è il Responsabile Affari Regolamentari della Enel Green Power. Si laurea in Ingegneria Aeronautica e comincia la sua carriera in Finmeccanica. Ha successivamente ricoperto la carica di Marketing Business Development Manager in EdisonSpa. Ha ricoperto molte cariche estere, tra cui Direttore Corporate di Endesa Italia e Integration Manager di EON Italia.

ENEL GREEN POWER.

ENERGIA E FUTURO

SOSTENIBILE

DOTT. FELICE EGIDI

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DOTT. FELICE EGIDI

Partendo dallo scenario a livello mondiale della crescita e del

progresso delle energie rinnovabili, vorrei oggi illustrare ciò che la

Enel Green Power vede e propone come possibili sviluppi futuri nel

campo energia.

Nel 2009, il panorama delle energie rinnovabili ha visto una forte

crescita e investimenti pari a 170 miliardi di euro a livello mondiale.

Le previsioni per il 2020 prospettano un ulteriore massiccio sviluppo.

Entro questa data, infatti, Enel Green Power prevede che in tutto il

mondo si arriverà alla produzione 3 mila GW derivanti da energie

alternative.

Ogni Paese ha avuto e avrà margini di crescita diversi: particolar-

mente favorite saranno le nazioni europee e del Sud America,

gli Stati Uniti e i paesi asiatici. Inoltre ogni nazione, in base alle

caratteristiche del territorio, ha la sua area di eccellenza, producen-

EGP presence

5,666 MW

Enel Green Power

788 MW

North America

1,353 MW

Iberia

2,637 MW

Italy

68 MW

France

133 MW

Greece

667 MW

Latin America

21MW

Bulgaria

20,7 TWh total EGP Energy Production 2009

*2009 Pro Forma Data with Ecyr assets included

Enel Green Power: large renewable player well positioned in growth geographiesYEAR: 2009*

Immagine 1

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ENEL GREEN POWER. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE

do più energia eolica o più energia solare e così via.

In questo contesto di forte crescita la Enel Green Power nel 2009 si

è posizionata al secondo posto a livello mondiale nella produzione

di energie rinnovabili (idroelettrico, biomassa, geotermico, eolico e

solare) (Immagine 1).

Il valore di una fonte rinnovabile non risiede solo nei risultati che

essa raggiunge, ma è costituita dal suo percorso pregresso e

futuro. Le sue potenzialità e applicazioni risiedono nei possibili

avanzamenti della tecnologia, nella sua efficienza e nei suoi costi di

mantenimento. Perché una fonte di energia rinnovabile sia davvero

sostenibile e vantaggiosa è necessario che attui uno sviluppo

nella catena del valore. Si parla quindi di efficienza degli impianti

e gli investimenti previsti nel campo delle nuove tecnologie devono

mirare verso questo obiettivo.

La diversificazione di investimenti nelle differenti aree delle

rinnovabili e l’unica via che potrà produrre effetti benefici. Senza

contare che, anche da un punto di vista tecnico, non è sufficiente

costruire impianti di un solo tipo, ma è necessaria la compresenza

di varie fonti per produrre efficacemente energia. Quale poi sarà

la composizione del pacchetto energia, sarà determinato dalle

caratteristiche specifiche del luogo in cui si concentra l’intervento.

Oggi la crescita energetica è legata per lo più alle fonti di energia

rinnovabili “mature”, quelle cioè in cui le tecnologie hanno raggiunto

un buon grado di efficienza. Alcuni esempi sono l’idroelettrico, il

geotermico, l’eolico e le biomasse.

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Ugualmente le altre fonti potranno assistere a notevoli migliora-

menti, anche grazie alle innovazioni che verranno apportate in

campi non direttamente coinvolti nel potenziamento delle energie

alternative. Non è da dimenticare, infatti, che i maggiori progressi

in materia di eolico sono nati grazie all’evoluzione delle tecnologie

aeronautiche. Quest’ultime hanno permesso di disegnare e costruire

aerogeneratori molto più efficienti.

Vi sono buone possibilità di sviluppo anche per il solare e il

fotovoltaico. Ecco perché Enel Gren Power sta investendo in Sicilia

nel “progetto Archimede”, un parco solare a concentrazione, basato

sulla tecnologia sperimentale del prof.Rubbia.

Un altro vincolo da considerare nell’installazione di impianti è la

disponibilità della risorsa sul territorio.

Infatti, anche l’off-shore sta crescendo molto, ma, al contrario del

solare, si sta sviluppando con maggiore forza nei mari del Nord. Si

possono poi sfruttare anche i moti ondosi, le maree, l’idrogeno…

Questa è la scala di valore delle energie alternative che teniamo in

considerazione oggi (Immagine 2).

Enel Green Power crede che lo sviluppo della tecnologia sia la

componente fondamentale per arrivare al concetto della parità di

“grid”, ovvero che lo sviluppo di un progetto a energia rinnovabile

non dipenda dalla disponibilità degli incentivi. Dato che in molti

casi l’energia non può essere accumulata, per non disperderla, è

necessario programmarla in una rete. Una “smart grid” è la rete

che permette la distribuzione intelligente dell’energia. Gli eventuali

DOTT. FELICE EGIDI

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surplus di alcune zone vengono ridistribuiti, in modo dinamico ed

in tempo reale, in altre aree. Molti governi stanno spingendo verso

la costruzione di sistemi di distribuzione e gestione intelligenti,

indirizzati all’indipendenza energetica e alla lotta al riscaldamento

globale.

Il “progetto Desertec”, per esempio, propone una cooperazione tra

Europa, Medio Oriente e Africa Settentrionale per la costruzione di

centrali solari termodinamiche ed eoliche nei deserti della regione

Mena. Questi impianti sono in grado di coprire il fabbisogno

crescente di desalinizzazione dell’acqua marina e di produzione di

elettricità in tali paesi e inoltre di generare corrente pulita che può

essere trasportata in Europa mediante cavi a corrente continua ad

alta tensione. Il progetto è così ambizioso e all’avanguardia che ha

ENEL GREEN POWER. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE

Renewable energiesTechnological development status

Largescale

Smallscale

Pilot

Develop-ment

Time

1 Mature

1

2

3

R&D e�orts focused on improving powergeneration performancesand reducing costs

R&D reuired to make technologies morereliable and pro�table

R&D reuired to make to let technologies leave the labs

2 Early commercial

3 Still in the labs

R&D e�orts required

H2 Waves

Thermal solar

Solar PV

Biomass& Biofuel

O�-shorewind

On-shorewind

Geo Hydro

Installed capacity

All the technologies could bene�t from R&D e�ort - Some of them have yet to leave the labs: huge e�orts will be required

Development status

Immagine 2

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attivato una rete internazionale di scienziati, politici ed esperti nel

settore delle energie rinnovabili e nel loro sviluppo. I circa 60 membri

del TREC (La Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation)

svolgono, presso governi e investitori privati, un’azione di diffusione

delle informazioni relative alle possibilità di utilizzazione congiunta

dell’energia solare ed eolica e si fanno promotori di progetti concreti

in tale settore.

Enel Green Power, col “progetto Diamante”, sta invece sperimen-

tando le potenzialità di accumulo di alcune forme di energia.

“Diamante” è una centrale di nuova generazione, basata sull’impiego

di energia solare rigenerativa, ossia in grado di produrre elettricità,

calore e freddo. L’energia elettrica è prodotta da pannelli fotovoltaici

installati sulla superficie esterna del “Diamante”. L’energia prodotta

dai pannelli alimenta un elettrolizzatore che dissocia l’acqua in

ossigeno e idrogeno. L’idrogeno così ricavato viene accumulato in

particolari serbatoi sferici all’interno del “Diamante”. Esso è così in

grado di fornire elettricità anche se la disponibilità di energia solare

è carente.

Sostanzialmente crediamo che per l’evoluzione dell’industria

energetica sia indispensabile un mix: non esiste la monotecnologia,

ma bisogna sempre puntare su portafogli bilanciati di tecnologie.

È importante, inoltre, una presenza geografica diversificata, in

modo da poter far tesoro e sviluppare le varie competenze acquisite

negli anni. Infine è di vitale importanza investire in vari campi

dell’innovazione (Immagine 3).

DOTT. FELICE EGIDI

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How to see the industry evolving

The industry so far

Technology mix Wind-only portfolio Balanced portfolioof technologies

The industry in the future

Diversified presencePolarized presenceGeographic presence

A new paradigm for renewables: sustainable and profitable growth

Lower/limiteddependence on incentive schemes

Heavy dependenceon incentive schemes

Long-termsustainability

Debt and Operatingcash flowsFinancing Debt

Return on investmentTwh (Energy production)

KeyPerformance

Indicators MW (installed capacity)Growth

Immagine 3

Tuttavia oggi gli investimenti sulle rinnovabili, soprattutto in Europa,

sono ancora troppo legati alla possibilità di ottenere incentivi. Il

progresso in questo campo deve andare avanti al di là degli aiuti,

deve diventare una priorità di tutti, in modo che le stesse tecnologie

in cui si è investito si autosostengano.

ENEL GREEN POWER. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE

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si laurea all’Univesità degli Studi di Roma La Sapienza in Economia e Commercio e consegue un Master in Economia Applicata presso l’Università degli Studi di Torino.In Eni dal 1998, nel 2006 assume l’incarico di Manager Alternative Energy Strategies e nel 2009 quello di Vice President Climate Change and Environmental Policy nella Direzione Strategie e Sviluppo. Da aprile 2010 è responsabile delle analisi e degli scenari politici e istituzionali nella Direzione Relazioni Istituzionali e Comunicazione.

LA SOSTENIBILITA'

DEL BUSINESS

ENERGETICO

DI ENI

DOTT. LUIGI SAMPAOLO

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DOTT. LUIGI SAMPAOLO

Il tema della sostenibilità del business energetico si declina

senz’altro considerando le energie rinnovabili fin qui illustrate,

ma si sviluppa anche in altre dimensioni.

Attualmente, la domanda mondiale di energia è soddisfatta per

circa l’80% dai combustibili fossili, per la gran parte da petrolio e gas

naturale. Anche in futuro - almeno nell’orizzonte al 2030 - le fonti

fossili continueranno a dominare il panorama energetico mondiale,

per gli indubbi vantaggi economici che esse presentano.

Per fugare ogni dubbio, è bene innanzitutto sottolineare che non

esiste un problema di disponibilità fisiche delle risorse di idrocarburi.

Piuttosto, esiste una questione di disponibilità tecnico-economica

poiché solo una parte delle risorse esistenti nel sottosuolo sono e

saranno effettivamente sfruttabili in futuro. Questa quota non è una

quantità data, ma varia in base alle nostre conoscenze tecniche

e tecnologiche e in base al prezzo che queste fonti di energia

acquisiranno nel lungo termine. Oggi, per esempio, siamo in grado

di estrarre solo il 35% di tutto il petrolio presente sul pianeta. Quando

in futuro le innovazioni permetteranno di estrarne una maggiore

quantità, il limite energetico si aggiornerà.

Proprio per questo è difficile fare delle previsioni.

Per queste ragioni, è indispensabile affrontare il problema della

sostenibilità dell’utilizzo delle fonti fossili, non solo in termini di

sicurezza dei loro approvvigionamenti, ma soprattutto in termini di

sostenibilità ambientale, ovvero di contenimento del loro impatto

sull’ambiente e sul clima. Infatti, produrre e utilizzare energia, in

qualunque forma essa si presenti, può produrre effetti sia su scala

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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI

locale sia su scala globale.

Ciò che si può fare per ora, ed è importante sottolinearlo nei giorni

in cui si sta consumando la catastrofe ecologica in Louisiana, è fare

bene il proprio lavoro.

Un’azienda come Eni ha la responsabilità di lavorare bene, cioè di

fare in modo che l’industria degli idrocarburi si preoccupi e intervenga

sui temi della sostenibilità ambientale e sociale.

Eni ha in sé il pensiero forte di Mattei, basato sul creare opportunità,

innovazione e sviluppo non solo economici, ma anche sociali.

Le leve per migliorare la sostenibilità del business energetico sono,

nel breve termine, le tecnologie orientate alla minimizzazione

dell’impatto ambientale e all’efficienza energetica. Esse sono le

misure più pratiche ed economiche per limitare l’impatto sia globale

sia locale delle fonti fossili.

Le fonti alternative, pur guadagnando progressivamente importan-

za, devono sciogliere numerosi vincoli al loro pieno sviluppo.

Per far ciò bisogna però investire sulla ricerca scientifica e

tecnologica. Essa porterà nel medio-lungo termine a soluzioni

breakthrough per la riduzione dell’impatto ambientale delle fonti

fossili e a fonti energetiche realmente complementari o alternative

a queste ultime.

Il problema principale, che è un po’ il leit-motiv del momento, è:

“come farà il mondo a ridurre le emissioni di CO2?”

Secondo l’International Energy Agency (immagine 1), nell’orizzonte

di medio termine oltre il 50% del potenziale di abbattimento delle

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DOTT. LUIGI SAMPAOLO

emissioni di CO2 potrà essere realizzato mediante il miglioramento

dell’efficienza energetica negli usi finali.

Quindi, l’efficienza energetica è la migliore fonte alternativa.

Tuttavia è un obiettivo davvero arduo da raggiungere perché

prevede una miriade di piccoli interventi da attuare in realtà vaste

ed eterogenee.

L’impresa è difficile, ma non impossibile. Eni, da parte sua, ha

attivato una serie di azioni a supporto dell’efficienza energetica e

della diminuzione dell’impatto ambientale.

Nel 2009 Eni ha destinato 1,3 miliardi di euro solo per interventi di

tutela del suolo, che comprendono anche bonifiche e i ripristini

ambientali.

Inoltre sono stati ideati e promossi i “Programmi di energy saving”

L’efficienza energetica è la migliore fonte alternativa

Secondo l’International Energy Agency, nell’orizzonte di medio termine oltre il 50% del potenziale di abbattimento delle emissioni

di CO2 potrà essere realizzato mediante il miglioramento dell’efficienza energetica negli usi finali (450 ppm scenario)

Scenario di abbattimento delle emissioni di CO2 energy-related(*)

(*) International Energy Agency (WEO 2009)

E�ciencyEnd-usePower plantsRenewablesBiofuelsNuclearCCS

25172284

233680

57493102

78807145

7352741

42913801410

19991933

66527

27125

56

55865551

352260

378491646

reference scenario

450 scenario

Gt 42

40

38

36

34

32

30

28

262007 2010 2015 2020 2025 2030

Abatement

(mt CO2)

Investment

(S 2008 billion)

2020 2030 20102020

20212030

Immagine 1

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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI

nelle realtà produttive.

Nel settore elettrico il dato di emissioni di CO2 per kWh equivalente

prodotto è inferiore di circa un terzo al dato medio italiano e nel

quadriennio 2010-2013 sarà mantenuto su livelli inferiori a 415 g

CO2/kWheq. È prevista la prosecuzione degli investimenti volti a

migliorare ulteriormente il rendimento del parco elettrico con la

costruzione di una nuova centrale turbogas a Taranto. A fronte di un

investimento di oltre 153 milioni di euro, saranno realizzati impianti

fotovoltaici e a biomasse per una potenza installata rispettivamente

di 16,7 MW e 25 MW e un risparmio di 4 ktep; il progetto rientra nel

Patto per l’Ambiente, siglato da Eni con il Ministero dell’Ambiente

nel luglio 2009 per il perseguimento degli obiettivi del Pacchetto

Europeo “20-20 by 2020‘.

Nel settore della raffinazione sono stati conseguiti nel 2009

risparmi per circa 17 ktep. Nel quadriennio 2010-2013 si prevede di

realizzare progetti di “energy saving” che consentiranno, a regime,

ulteriori risparmi per 60 ktep/anno (pari a circa 180 kton/anno di

CO2) per una spesa complessiva di oltre 31 milioni di euro.

Nel settore petrolchimico i progetti individuati nel piano industriale

saranno in grado, una volta a regime, di incrementare i risparmi di

ulteriori 77 ktep/anno (pari a circa 200 kton/anno di CO2).

Nelle sedi direzionali di Roma e San Donato Milanese è stato attuato

il progetto “Eni Building Energy Savings” con interventi volti ad

aumentare l’efficienza degli impianti di illuminazione e regolazione

del clima oltre alla installazione di pannelli fotovoltaici. Nel 2009

sono stati conseguiti risparmi per oltre 200 tonnellate di CO2: a

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Questo è il nostro pianetala Terra

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DOTT. LUIGI SAMPAOLO

fronte di una spesa complessiva di 0,5 milioni di euro, si prevede di

ridurre le emissioni di oltre 1.000 tonnellate di CO2 e di conseguire

risparmi per oltre 0,2 milioni di euro l’anno.

A tal proposito è stata attivata anche una simpatica iniziativa, “Eni

si toglie la cravatta”, rivolta ai dipendenti, che consiste nell’adottare

in ufficio un abbigliamento meno rigoroso a vantaggio del risparmio

energetico per consumare meno e lavorare meglio.

L’iniziativa “ITC Green”, destinata sempre alle sedi direzionali,

impiega le soluzioni tecnologiche più avanzate sia per contenere la

bolletta energetica dell’azienda, sia per ridurre le emissioni di gas

serra, contribuendo a mitigare i rischi dei cambiamenti climatici.

Sul piano divulgativo e commerciale, Eni ha poi attivato la campagna

“30percento”. Essa permette di calcolare il beneficio effettivo di ogni

singolo comportamento e quantificare, di conseguenza, il relativo

CARBONMANAGEMENTStrategia eni di Carbon Management

CARBON MANAGEMENT

Utilizzo preferenziale di combustibili a bassa densità di carbonio

(gas naturale)

Riduzionedel gas flaring

(-70% nel 2012 vs 2007)

Sviluppo dinuove tecnologie

(CCS, fonti rinnovabili)

Adozione di tecnologiead alta efficienza

energetica negli impianti produttivi

Promozione di comportamenti volti al risparmio energetico

Progetti Clean Development

Mechanism e Joint Implementation

Partecipazione al mercato Emissions Trading

Immagine 2

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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI

risparmio economico. Si tratta di 24 consigli facilmente adottabili

da tutti i cittadini poiché non comportano modifiche significative al

proprio stile di vita.

Vi sono poi i progetti internazionali (Immagine 2).

Un’iniziativa molto importante per l’industria petrolifera è quella della

riduzione del “gas flaring”, fenomeno che comporta uno spreco di

risorse e un danno per l’ambiente. In alcune zone del mondo, il gas

naturale associato è bruciato in torcia senza recupero energetico,

a causa della mancanza di infrastrutture di raccolta, di trasporto e

trattamento o per mancanza di mercato locale.

Combattere il “gas flaring” significa combattere l’inquinamento

ambientale e soprattutto sfruttare una risorsa che diversamente

viene sprecata. In Paesi come la Nigeria o il Congo, dove questo

fenomeno è molto diffuso, il recupero anche minimo di energia

permette di avviare un percorso di sviluppo economico e sociale;

significa valorizzare il territorio fornendogli infrastrutture e strumenti

per costruire una propria indipendenza energetica. Dal canto nostro,

il vantaggio è quello di stringere con queste nazioni un legame

a lungo termine. La Nigeria, paese tra i primi al mondo per gas

flaring, sta sviluppando progetti di recupero e valorizzazione del gas

associato. In questo ambito Eni ha inaugurato una nuova centrale

elettrica da 480 MW, a Kwale – Okpai (Immagine 3).

Un progetto simile a quello nigeriano sta per essere portato a

termine in Congo, in collaborazione con il Governo locale. L’iniziativa

è sviluppata presso il campo petrolifero on-shore di M’Boundi

(Immagine 4).

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Questo è il nostro pianetala Terra

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DOTT. LUIGI SAMPAOLO

Da rifiuto a risorsa: il progetto di Kwale – Okpai in Nigeria

14-km Gas Pipeline

Il Governo della Nigeria sta da tempo promuovendo progetti di valorizzazionedel gas associato

Nel 2005, eni insieme ai suoi partners (Nigerian National Petroleum Companye Conoco-Phillips) ha inaugurato la nuova centrale elettrica a ciclo combinatodi Okpai, da 480 MWe

Il gas associato precedentemente bruciato ora è utilizzato per alimentare lacentrale

Il progetto è stato registrato come Clean Development Mechanism ai sensidel Protocollo di Kyoto nel 2006 (1,5 milioni di carbon credits/anno, 20% inquota eni)

Immagine 3

Congo: il progetto M’Boundi - Djeno

Un progetto simile a quello nigeriano sta per essere portato a termine inCongo, in collaborazione con il Governo locale

L’iniziativa è sviluppata presso il campo petrolifero onshore di M’Boundi,acquisito da eni nel 2007

Il progetto prevede:

− il recupero del gas associatoattraverso la realizzazione diun gasdotto per il trasporto delgas all’impianto di generazioneelettrica di Djeno (55 km)

− il potenziamento della centraleelettrica, con l’ampliamentodell’impianto esistente (da 25a 50 MWe) e la realizzazione diun nuovo impianto (450 MWe)

Djéno

Immagine 4

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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI

La ricerca eni

La ricerca eni sulle fonti rinnovabili in Italia è realizzata in particolare presso il “Centro ricerche eni per le energie non convenzionali”,

Istituto Eni Donegani e attraverso accordi con diversi Atenei

Solare termodinamico

(CSP, Concentrating Solar Power)

Solare

BiocarburantiUltra-biodiesel(Greendiesel da

idrotrattamento oli vegetali)

Sintesi Fischer-Tropsch (BtL) di biomasse non

alimentari

Fotovoltaico organico (polimeri) e

nanotecnologie

Microalghe, lieviti e batteri per

biocarburanti III generazione

Materiali fotoattivi innovativi e

fotoproduzione di idrogeno

Immagine 5

Un network internazionale di competenze scientifiche

L’innovazione tecnologica eni si avvale della collaborazione di prestigiose università e centri di ricerca di livello mondiale, in particolare il

Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston

Il 4 maggio 2010, l’AD di eni Paolo Scaroni e il presidente del MIT Susan Hockfield hanno inaugurato a Cambridge il “Solar Frontiers Center”, centro sperimentale per la ricerca

sul solare avanzato, fulcro della collaborazione tra eni e MIT

L‘accordo - firmato afebbraio 2008 - hadurata quinquennale.La parte “SolarFrontiers comporta unimpegno di 15-20milioni di euro in 5anni.

(*) MIT Energy Initiative: istituto di ricerca - di cui eni è membro fondatore - per lo studiodi soluzioni di trasformazione del sistema energetico in risposta alle sfide del futuro

Alleanza

Eni - MIT

Eni FoundingMember of MITei (*)

ARGOMENTI: Corporate Divisione E&P Divisione R&M

“Solar FrontiersCenter”

ARGOMENTI: Celle solari (nuove & emergenti) CSP Nuovi Materiali per l’Energia Fotocatalasi

Immagine 6

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L’ultimo grande campo d’azione è quello della ricerca. Infatti Eni

ritiene che, accanto all’efficienza e al risparmio energetico, nel

medio e lungo periodo il ruolo dello sviluppo tecnologico sia

fondamentale per consentire un uso razionale e sostenibile delle

risorse energetiche, incluse quelle rinnovabili.

Proprio per questo è nato nel 2007 il programma “Along with

Petroleum” che affronta in modo diretto i temi di ricerca e sviluppo

tecnologico in campi energetici “non convenzionali”.

Il programma è centrato in particolare sull’energia solare e sui

biocombustibili, ma comprende anche altre linee di ricerca quali

lo stoccaggio energetico (Immagine 5). L’innovazione tecnologica

Eni si avvale della collaborazione di prestigiose Università e

centri di ricerca di livello mondiale, perché l’energia è un tema

complesso che riguarda tutto il pianeta. Quindi la creazione di team

e partnership internazionali, per affrontare insieme il problema, è di

vitale importanza (Immagine 6).

DOTT. LUIGI SAMPAOLO

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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI

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è relatore per il Gruppo Falck e Actelios.Actelios fa parte del Gruppo Falck ed è attiva nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nel settore dei servizi ambientali integrati. Inoltre attraverso le sue controllate fornisce un servizio di gestione e manutenzione di impianti, propri e di terzi, per la produzione di energia.La missione della società è “la creazione di valore attraverso lo sviluppo, nell’ambito della produzione di energia da fonti rinnovabili, di progetti innovativi e competitivi che offrano soluzioni ai problemi ambientali del territorio e di specifici settori industriali secondo i criteri dello sviluppo sostenibile”.

GRUPPO FALCK

ENERGIA E FUTURO

SOSTENIBILE

DOTT. MASSIMO MEDA

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Il Gruppo Falck opera da oltre cento anni nel settore dell’ energia

rinnovabile.

Le acciaierie erano infatti rifornite con energia autoprodotta di origine

idroelettrica proveniente dalle Alpi lombarde.

La società elettrica del Gruppo, la Sondel (Società Nord Elettrica),

ha poi intrapreso e sviluppato impianti assimilati a fonti rinnovabili

che realizzavano altissima efficienza connessa alla natura del

processo di cogenerazione di calore ed elettricità, con evidenti plus

tecnologici e ambientali.

Si sono quindi creati (in accordo con operatori della distribuzione)

importanti sistemi di teleriscaldamento urbano come quello della

città di Sesto San Giovanni che ha consentito di sostituire centinaia

di caldaie condominiali a gasolio e carbone e spegnere i relativi

camini, con enormi benefici ambientali sulla qualità locale dell’aria.

È stato perciò naturale che la seconda vita del Gruppo industriale

Falck, dopo la dismissione del comparto dell’acciaio, indirizzasse le

proprie risorse sul settore delle energie da fonti rinnovabili.

I principali settori in cui la Falck sta lavorando sono l’eolico, il solare,

le biomasse e i rifiuti

Gli impianti eolici realizzati dalla Falck si trovano soprattutto

all’estero. In Italia tuttavia, grazie alle centrali del Gruppo, la

produzione dell’eolico è pari a 470 MW per gli impianti in esercizio

e a 330 MW per quelli in costruzione.

Il solare è un campo nuovo per l’azienda, per questo l’energia oggi

prodotta si attesta solo a 2 MW. Ciò nonostante il nostro raggio

DOTT. MASSIMO MEDA

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GRUPPO FALCK. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE

d’azione si sta allargando tanto da prospettare una produzione di

30 MW in breve tempo.

Sebbene le normative e gli incentivi riguardanti i rifiuti siano cambiati,

la Falck è riuscita a incrementare anche la sua produzione di

energia derivante da rifiuti. Sono in previsione ampliamenti di vecchi

termovalorizzatori e la costruzione di nuovi più efficienti ed avanzati

per portare la generazione di energia a 62 MW.

L’impianto per lo sfruttamento delle biomasse di Rende, in

Calabria, sfrutta i boschi della Sila, piantumati dai romani con alberi

facilmente ripiantabili e quindi pensati per essere tagliati e utilizzati.

Per quanto riguarda questo settore il Gruppo Falck prevede un

enorme sviluppo grazie alla joint venture con il gruppo industriale

Maccaferri, proprietaria di Eridania-Sadam. Il settore dello zucchero

è stato investito nel 2006 da una riorganizzazione comunitaria, la

cosiddetta “OCM Zucchero”, con cui si sta riconvertendo il settore.

Sulle ceneri degli zuccherifici nasceranno coltivazioni di pioppo, di

girasoli e di altre colture short rotation. La previsione è quella di

decuplicare l’energia prodotta dalle biomasse, passando da 15 MW

a 150 MW.

Caratteristica distintiva del nostro approccio al settore è l’integrazione

su tutta la catena del valore della filiera energetica, dal “green

field” alla allocazione dell’energia prodotta: quindi dallo sviluppo

del progetto all’ottenimento delle autorizzazioni, alla costruzione e

gestione degli impianti.

Oggi il Gruppo si sta riorganizzando per affrontare ancor più

efficacemente le sfide delle “rinnovabili”.

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La visione strategica si concretizza in una fondamentale distinzione

delle singole fonti in relazione alla programmabilità della risorsa

rinnovabile in termini di quantità e regolarità.

Ciò ha infatti risvolti importanti nel medio-lungo periodo per gli

impatti sul sistema elettrico che deve assorbire la produzione e per

le economie reddituali degli investimenti industriali, legate ai diversi

profili di rischio connessi ad ogni specifica fonte rinnovabile.

- Biomasse e Rifiuti: hanno una programmabilità garantibile nei

confronti del sistema elettrico

- Eolico e Solare: non possono garantire la programmabilità della

produzione e immissione in rete.

Questa ripartizione riflette anche peculiarità molto diverse per gli

aspetti reddituali e di rischio:

- Eolico e Solare: hanno una disponibilità “NATURALE” della

materia prima

- Biomasse e Rifiuti: hanno la necessità di approvvigionamento e

logistica della materia prima.

È fondamentale organizzare un portafoglio diversificato e

relativamente bilanciato sulle diverse fonti. Ciò anche per gli aspetti

di incentivazione che sono evidentemente imprescindibili nello

sviluppo del rinnovabile.

Rispetto al precedente sistema di incentivazione delle fonti

rinnovabili (“CIP6”) in cui ENEL ritirava e pagava senza distinzione

tutta la produzione dell’impianto, con la liberalizzazione del mercato

e con il nuovo sistema di incentivi varato dalla finanziaria 2008

DOTT. MASSIMO MEDA

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(legge 244/07 e successivi decreti attuativi) diventa fondamentale

strutturarsi per allocare con la massima efficienza l’energia prodotta

sul libero mercato (con rischi e volatilità tipici delle borse valori) e i

certificati di merito ad essa associati (certificati verdi, bianchi, crediti

sulle emissioni). Si apre quindi una nuova visione professionale

di portfolio e risk management che, oltre alle basi tecniche, deve

prevedere le conoscenze finanziarie e di gestione del rischio con i

prodotti finanziari tipici (coperture, swap, sistemi di pricing, analisi e

previsione dei mercati sul lungo periodo).

Se si vuole attivare una rivoluzione ambientale è fondamentale

capire come l’energia rinnovabile può entrare a far parte della

mentalità industriale e di business di un’azienda.

Il Gruppo Falck è un caso emblematico: da acciaieria si è trasformata

in un’”azienda 100% rinnovabile”.

GRUPPO FALCK. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE

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Laureatosi in Ingegneria al Politecnico di Milano, entra in IBM Italia ove raggiunge la posizione di Direttore Sistemi Informativi, passa poi alla Consulenza, ove conduce vari interventi in Società operan-ti nei settori industriali, energia, aerospaziali, telecomunicazioni.A fine anni ’90 inizia raccogliere un gruppo di esperti rivolti allo sviluppo della Geotermia Avanzata EGS (Enhanced Geothermal Systems). Nei primi anni 2000 fonda EGS Association, di cui è Presidente, e che oggi conta su 40 Professori, esperti e ricercatori, appartenenti a 14 fra Università, Politecnici e Centri di Ricerca na-zionali. EGS Association sviluppa il concetto teorico di Geotermia di 3^ Generazione ed effettua simulazioni e verifiche di fattibilità per centrali geotermiche, rivolte alla produzione di energia elettri-ca, basate su concetti innovativi. Nel 2009, con i colleghi di EGSAssociation, fonda EGS Energy srl, di cui è Amministratore. Essa è rivolta alla progettazione e realizzazione di impianti e centrali geotermiche in alta e bassa Entalpia, basati su concetti innovativi. EGS Association ed EGS Energy hanno siglato accordi di collabo-razione e partnership con Università e Società leader del settore.

LA GEOTERMIA

AVANZATA

EGS

ING. GIORGIO SANTUCCI

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La EGS Energy e la EGS Association, i due organismi che oggi

rappresento, si occupano entrambe di geotermia. In particolare

EGS, ossia Enhanced Geothermal Systems, indica una modalità

del tutto innovativa nell’affrontare questo tema.

Come sottolineato dal collega di Enel Green Power, la geotermia è

da considerarsi una fonte di energia matura. Essa ha due anime : una

tradizionale, rivolta a riscaldare edifici o produrre energia elettrica

dai giacimenti idrotermali; e una più sperimentale, rivolta a produrre

energia elettrica dagli altri giacimenti geotermici. La geotermia è da

considerare un campo consolidato nelle sue forme tradizionali, e un

campo dalle grandi possibilità e sviluppi in ambito sperimentale.

La EGS Association si avvale della collaborazione di diverse

università che lavorano nell’ambito della geologia terrestre e marina,

dell’impiantistica, della problematica drilling, dell’economica, ecc.

In questi anni l’EGS e le università si sono specializzate e focalizzate

nello studio della geotermia avanzata, tentando di capirne i principi

e indirizzandone le vie di sviluppo.

La geotermia è l’energia che deriva dal sottosuolo. Essa si trova

sul fondo dei mari, dove la maggiore vicinanza alla crosta (5-10

km) faciliterebbe nel futuro impianti geotermici off-shore; e sulla

terra ferma, dove però la crosta ha uno spessore tra 20 e i 70

km (Immagine 1). La tecnologia geotermica tradizionale lavora a

profondità di 3 mila metri, mentre quella avanzata si aggira intorno

ai 7 mila m - profondità attualmente gestite senza problemi dalla

tecnologia petrolifera - fino ai 10 km di profondità raggiunti solo a

livello sperimentale. Geotermia tradizionale e avanzata lavorano in

PROF. GIORGIO SANTUCCI

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LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS

Enhanced Geothermal Systems Association

EGS-AGE ENERGY

Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL

S

superficie

Crosta terrestre

source: IGA / EGSA

oceani

G. SANTUCCI - EGS Energy srl –

Crosta

Mantello superiore

Mantello

Nucleo esterno

Nucleo interno

70-670 km/650°-1200°

670-2900 km1200°-3500°

2900-5200 km3500°-4300°

20-70 km/0°-650 °

0°-650 ° (se magma 900°/1200°)

20-70 km

5-10 km

5200-6370 km4300°-6500°

Terra e crostra terrestre

Immagine 1

Enhanced Geothermal Systems Association

EGS-AGE ENERGY

Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL

S

source: CNRG. SANTUCCI - EGS Energy srl –

Africa

AsiaEuropa

OceaniaSud America

Nord America

MONDOaree principali anomalie geotermiche

tradizionali

Immagine 2

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aree differenti. La prima sfrutta le zone colorate di rosso (Immagine

2). Esse sono le aree in cui le zolle tettoniche scorrono fra loro,

mettendo più facilmente in collegamento la crosta sotterranea con

la superficie. Qui si concentrano le aree terrestri più calde, i vulcani

e i maggiori giacimenti geotermici. La seconda invece si concentra

a profondità maggiori. Infatti, la profondità permette di sfruttare

temperature sempre crescenti. Per esempio, la crescita media di

temperatura all’aumentare della profondità è di 30°C ogni 1000

metri. Se in futuro l’uomo riuscisse ad arrivare a perforare fino a

10 km, significherebbe avere a disposizione temperature di 300°,

generando grandi quantità di energia.

La mappa dei flussi di calore presenti in Italia mostra due aree

particolarmente interessate da fenomeni geotermici. La prima è la

zona di Larderello, in Toscana dove esiste un’anomalia di cento volte

superiore al flusso normale e dove possiamo ipotizzare di trovare

rocce calde a profondità modeste. La seconda ha un’anomalia

doppia rispetto a Larderello ed è un gruppo di vulcani sotterranei, di

cui il più imponente si chiama Marsili, che collega Sicilia, Calabria e

Campania (Immagine 3).

L’Italia quindi è un Paese dalle grandi potenzialità geotermiche:

anni fa, il CNR e l’Enea, stimarono che la potenzialità geotermica

nazionale si aggirasse intorno ai 5 gigawatt. Ciò significa che l’Italia

sarebbe in grado di produrre energia pari a quella generata da 5

centrali nucleari. La stima fra l’altro è stata realizzata considerando

perforazioni non superiori ai 3 mila m, quindi la produzione di energia

raddoppierebbe se si considerassero profondità maggiori.

PROF. GIORGIO SANTUCCI

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111

Inoltre, sviluppando nuove tecnologie, si potranno sfruttare non solo

i giacimenti “tradizionali” “idrotermali” , con presenza di acquiferi,

ma anche quelli a “rocce calde secche“, privi di acquiferi. Tali

tipologia di giacimenti sono molto più diffusi degli “idrotermali”, e

se aggiungiamo la possibilità di raggiungere elevate profondità, la

potenzialità geotermica nazionale può essere valutata almeno pari

a 10 volte la precedente. Ciò fornirebbe l’equivalente in energia di

almeno 50 centrali nucleari Tuttavia, un aumento delle profondità,

oltre a temperature maggiori, comporta anche pressioni molto

elevate. E’ perciò necessario investire nello sviluppo di nuove

tecnologie per poter sfruttare questo enorme patrimonio che per ora

è utilizzato davvero in piccola parte.

La geotermia è utilizzata anche per generare elettricità.

La modalità tradizionale per produrre energia elettrica è lo

sfruttamento dei giacimenti “idrotermali“ (presenza di acquiferi).

Questa prima generazione per produrre energia elettrica presenta

però due problematiche: la prima è che tali giacimenti sono

estremamente rari in Italia e nel mondo, la seconda è la difficoltà di

controllare possibili emissioni dal forte impatto ambientale.

Vi è poi una seconda generazione, chiamata “Hot Dry Rock - HDR”

ideata dagli americani negli anni Settanta , ma che a tutt’oggi rimane

allo stadio sperimentale.

I giacimenti a cui applicare questa tecnologia sono molto più

numerosi rispetto a quelli idrotermali.

L’esperimento più recente, iniziato a metà dello scorso anno, è

sito sulla frontiera franco-tedesca, finanziato da fondi del governo

LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS

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franco-tedesco ed europeo.

Il metodo funziona creando due perforazioni che permettono

di raggiungere la roccia calda, per poi fratturarla con modalità

idrauliche. Infine viene inserita e fatta circolare dell’acqua in mezzo

ai frammenti catturandone il calore. Purtroppo questo metodo può

generare terremoti, com’è accaduto nel 2006 a Basilea. Inoltre

prevede l’utilizzo dell’acqua, bene imprescindibile per l’umanità.

Il nostro gruppo - costituito da geologici per l’analisi territoriale,

ingegneri e impiantisti per lo sviluppo delle tecnologie e ingegneri

driller per le problematiche della perforazione - ha ideato e sta

sviluppando la terza generazione, denominata “Closed loop”

(Immagine 4). Essa permette di sfruttare tutti i tipi di giacimenti

geotermici e non comporta utilizzo d’acqua o emissioni nocive.

Il sistema funziona disponendo un radiatore in profondità. Per

far ciò sarebbe necessario, a livello teorico, disporre di due fori:

uno di input e l’altro di output, fra loro collegati orizzontalmente.

Ciò non è possibile da realizzare con le attuali tecnologie, non in

grado di realizzare perforazioni collegate in profondità. Il problema

è stato risolto ispirandosi alla tecnologia petrolifera chiamata “Pulp”

(Immagine 5), che permette di ricavare diverse perforazioni partendo

dallo stesso foro verticale. In questo si modo possono infilare due

tubi più piccoli all’interno del tubo principale, uno d’andata e uno

di ritorno, creando il “ciclo chiuso” (Immagine 6). Ciò permette di

recuperare una maggiore quantità di calore. Inoltre, essendo un

sistema a ciclo chiuso, esso funziona in assoluto rispetto ambientale,

in quanto roccia e ambiente esterno non entrano mai in contatto

PROF. GIORGIO SANTUCCI

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Enhanced Geothermal Systems Association

EGS-AGE ENERGY

Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL

S

source: CNRG. SANTUCCI - EGS Energy srl –

Larderello & Campi Flegrei: anomalie circa pari a 100

Dorsale Tirrenica (Lipari, Marsili,..): anomalie > 200

ITALIA aree principali anomalie geotermiche

Immagine 3

Enhanced Geothermal Systems Association

EGS-AGE ENERGY

Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL

S

G. SANTUCCI - EGS Energy srl – Fonte: EGS Association Fonte: CNR

"PIPE" model

"CUBE" model"ROCK" model

e

influence zone E

SURFACE (SUPERFICIE)

"PIPE" model "- vertical drilling "PIPE" model "- horizontal drilling

tecnologie correnti (wellbore)

TERZA GENERAZIONEClosed Loop (EGS A)

Immagine 4

LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS

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114

ma rimangono sempre all’interno del sistema. Un possibile sviluppo

di tecnologie legate a questo metodo, permetterebbe di sfruttare

anche le rocce magmatiche, già calde e morbide, caratterizzate da

temperature molto elevate.

Nel 2008 si è affrontato lo studio di fattibilità di un impianto “Closed

loop”.nI risultati sono stati incoraggianti: infatti la resa in termini di

calore ottenuto è elevata, la durata dell’impianto è molto maggiore

degli impianti tradizionali, a fronte del limitato sfruttamento del

giacimento, e inoltre la manutenzione è ridotta al minimo. Infine, il

grande punto di forza di questa tecnologia è nell’impatto ambientale

pari a zero, che non richiederebbe, sul piano economico, interventi

per la tutela e riqualificazione ambientale. Il dato dolente risiede nei

costi di realizzazione in quanto a profondità elevate corrispondono

costi elevati. La valutazione economica che ne deriva non risulta

competitiva se si utilizzano i criteri “standard” di ammortamento

sul breve periodo. La tecnologia “Closed Loop” si rivela invece

particolarmente vantaggiosa sul lungo periodo, considerando

ammortamenti ( e ricavi) estesi a tutta la durata dell’impianto.

A tutt’oggi il nostro Gruppo sta progettando la prima centrale di

questo tipo ed ha contatti con interlocutori per la sua realizzazione

e commercializzazione.

In conclusione, la geotermia rappresenta una miniera di energia,

inesauribile e disponibile ovunque, dalle immense potenzialità;

bisogna quindi investire nella geotermia per sviluppare le tecnologie

necessarie ad assicurare all’umanità lo sfruttamento competitivo di

tale rilevante fonte energetica.

PROF. GIORGIO SANTUCCI

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115

Enhanced Geothermal Systems Association

EGS-AGE ENERGY

Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL

S

G. SANTUCCI - EGS Energy srl –

A

B

La soluzione comporta di posizionare in profondità un sistema di scambiatori di calore a circuito chiuso, costituiti ad esempio da fori verticali (a) o da fori opportunamente orientati (b), anche in configurazione “pulp”,realizzati con le tecnologie oggi disponibili

Studio di fattibilità - Pilot EGS 3G1 – (impianto PILOT su un sito “virtuale”) sviluppato nel 2008 da tre gruppi di lavoro: - Politecnico di Milano - CNR – IGG - Politecnico di Torino

Potenza target : 1 MWe

TERZA GENERAZIONEClosed Loop (EGS A)

source: EGSA

Immagine 5

Enhanced Geothermal Systems Association

EGS-AGE ENERGY

Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL

S

G. SANTUCCI - EGS Energy srl –

Perforazione riempita di cemento e: - configurazione tubi coassiali - configurazioni due tubi accoppiati - tubo di mandata (riser) e ritorno (downcommer) ad aree uguali o differenti - liquidi compressi (acqua o organici)

TERZA GENERAZIONEClosed Loop (EGS A)

Immagine 6

LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS

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Page 117: Energia e Futuro Sostenibile - da Enrico Mattei ai giorni nostri

docente del dipartimento di energia del Politecnico di Milano e componente del Consorzio Interuniversitario per la Ricerca Tecnologica Nucleare, si è laureato in Ingegneria Nucleare e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienza e Tecnologia negli Impianti Nucleari. Lavora al Politecnico di Milano, dove è docente e ricercatore dal 1993, come Professore Ordinario di Impianti Nucleari. E’ stato inoltre Consulente per Società di Ingegneria.Ha ricoperto varie cariche: dal 2007 al 2010 è stato rappresentante d’Area del Senato Accademico e vicedirettore del Dipartimento di Energia e, dal 2003 al 2006, è membro del Nucleo di Valutazione di Ateneo, oltre che rappresentante dei Ricercatori (1999-2002).Ha scritto numerose pubblicazioni e tenuto numerosi convegni.Il suo campo di ricerca riguarda in particolar modo i reattori nucleari di nuova generazione, i sistemi di analisi di sicurezza, la termoidraulica e la simulazione dinamica ai fini di sicurezza e controllo.

NUCLEARE

SPUNTI DI RIFLESSIONE

PROF. MARCO E. RICOTTI

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PROF. MARCO E. RICOTTI

Il Presidente Poli, parlando di Mattei e della sua incredibile

personalità, ha citato la sua capacità di trasformare problemi in

opportunità.

In Italia, se il nucleare avrà veramente una chance di sviluppo, si

dovrà spiegare alle persone che esso, visto appunto con sospetto e

paura e quindi come problema, in realtà è un’opportunità.

Il punto di forza del nucleare risiede nella possibilità di poter ottenere,

da una quantità di combustibile molto ridotta e concentrata, una

quantità di energia molto ingente.

La situazione del nucleare vede oggi presenti sul territorio mondiale

ben 438 reattori in esercizio per circa 372 GW di potenza installata

(Immagine 1). Se consideriamo il parametro del “fattore di carico”,

ossia la capacità della centrale nucleare di rimanere funzionante

e a piena potenza durante il corso di tutto l’anno, notiamo che si

raggiungono gradi di efficienza pari all’85%, contro il 60% di 20

anni fa. Ciò significa che sono stati fatti, e se ne potranno fare

molti altri, grossi passi in avanti nel campo dell’energia nucleare.

Infatti, ultimamente, sono iniziati i lavori per la costruzioni di 57

nuovi reattori nucleari, concentrati soprattutto nell’Est del mondo

(Giappone, Corea, Cina e India).

Pur coprendo una piccola percentuale dell’energia totale prodotta al

mondo, il nucleare si rivela particolarmente proficuo nella produzione

di energia elettrica, arrivando a generare il 16% dell’elettricità

globale. Naturalmente esso non è una fonte di energia disponibile

a tutti i Paesi. La complessità tecnologica degli impianti nucleari

sottointende ampi investimenti di capitale nella loro costruzione,

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manutenzione e messa in sicurezza.

Guardando i dati OCSE si nota come nei Paesi più sviluppati

l’energia nucleare prodotta si attesti solamente al 30%, quindi solo

un terzo dell’energia elettrica prodotta deriva da processi nucleari.

Con lo svilupparsi di nuove tecnologie, come per esempio i reattori

di quarta generazione, l’utilizzo di energia nucleare potrebbe

espandersi a settori finora esclusi come quello dei trasporti per la

produzione di idrogeno ed etanolo.

Negli ultimi 20 anni in Occidente non si sono costruiti nuovi impianti.

Tuttavia, con l’avvento di nuove tecnologie, dagli inizi del 2000 sono

iniziati i lavori dei reattori di Flamanville e di Penly, entrambi in

Francia, e di una centrale nucleare in Finlandia.

Invece, in altri Paesi del mondo, come Giappone, Corea del Sud, Cina

e India, la realizzazione di nuovi impianti non si è mai fermata.

Il programma mondiale prevedeva la costruzione di 36 nuovi reattori

entro il 2020, ma il numero è in continuo aumento. Solo gli indiani,

così come i cinesi, hanno intenzione infatti di costruire alcune decine

di reattori nei prossimi anni.

Gli Stati Uniti hanno intrapreso una politica di implementazione ed

aiuto a questa tecnologia. Infatti Obama ha destinato circa 8 miliardi

di dollari a copertura di prestiti con utilizzo per garanzie finanziarie

per la costruzione di nuovi reattori. In programma vi sono all’incirca

20 nuovi impianti.

Dal 2000 l’Inghilterra ha riavviato la “macchina” del nucleare e si

prevede che nel prossimo quinquennio nasceranno alcune nuove

centrali.

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Anche in Est Europa si stanno discutendo possibili sviluppi, tanto

che la Turchia costruirà il suo primo impianto.

La Russia, oltre a realizzare i propri reattori, ha un piano di

commercializzazione all’estero che conta almeno una decina di

impianti.

Inoltre, la novità di fine 2009 è che, anche alcuni paesi dell’area

Mediorientale, Africana e Sudamericana, stanno volgendo lo

sguardo verso questa fonte di energia. Il primo segnale importante

in questo senso si è avuto con l’acquisto da parte degli Emirati arabi

di ben 4 reattori nucleari coreani.

Considerando la grande espansione prevista per questa fonte

energetica, è normale considerare il problema della sicurezza e dei

rifiuti.

Il tema della sicurezza, in realtà, tocca corde più prettamente

culturali. Il rischio che si verifichi un incidente nucleare o di morire

per cause legate alla prossimità ad una centrale sono molto inferiori

a quello che ognuno di noi si assume alzandosi dal letto la mattina.

Infatti, la frequenza di incidenti automobilistici, domestici e sul lavoro

è di molto superiore (Immagine 2).

Per i quanto riguarda i rifiuti il discorso è diverso.

Negli anni Ottanta l’UE ha stimato che i rifiuti derivanti da attività

industriali si aggirassero intorno al miliardo di metri cubi. Di questi,

10 milioni di metri cubi costituivano la quantità di rifiuti nocivi, di cui

50 mila avevano origine nucleare, ma solo 500 erano costituiti da

rifiuti ad alta radioattività e quindi pericolosi.

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Immagine 1

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auto casa fulmine nucleare

Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO

LA SICUREZZA�Frequenza attesa incidente letale, annuale

ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010

Immagine 2

Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO

LA SITUAZIONE MONDIALE ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010

Africa

AsiaEuropa

OceaniaSud America

Nord America

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Tradotto in termini pratici significa che un francese - e sappiamo tutti

che i francesi producono il 75% della propria energia elettrica per

via nucleare – consumando energia elettrica, produce all’anno circa

3000 kg di rifiuti di cui 100 kg sono rifiuti nocivi e non degradabili.

Di questi, solo 1 kg è composto da rifiuti nucleari, di cui 50 g sono

pericolosi. Quindi nel corso della sua vita, un francese produce un

volume di rifiuti radioattivi pericolosi che si può imprigionare in una

sfera di vetro di quelle utilizzate normalmente per confezionare rifiuti

ad alta radioattività (Immagine 3).

L’Italia, nel caso voglia tornare a dotarsi di una tecnologia che

Mattei e Eni hanno contribuito a lanciare nel nostro Paese, deve

indubbiamente affrontare alcuni passi impegnativi.

Per tornare al nucleare è necessario che la politica si assuma un

impegno sul lungo periodo. Infatti gli impianti hanno una durata che

va dai 40 ai 60 anni, a cui si aggiungono una decina di anni per la

progettazione, dai 5 ai 7 anni per la costruzione e infine una ventina

d’anni per la dismissione e la chiusura. Parliamo di un ciclo di vita

di oltre un secolo.

Non è quindi possibile prendere una decisione sul nucleare che poi

venga sconfessata nel giro di una legislazione. E’ necessaria una

presa di posizione forte e consapevole di tutte le parti politiche.

Una possibile verifica della posizione che l’Italia sta assumendo nei

confronti del nucleare deriverà dalla creazione dell’”Authority”, ossia

dell’agenzia di sicurezza nucleare che, oltre ad occuparsi della

sicurezza degli impianti e dei cittadini, dovrà garantire che siano

PROF. MARCO E. RICOTTI

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Immagine 3

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I SITI�“L’Italia è troppo sismica”

ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010

Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO

I RIFIUTI�Frequenza attesa incidente letale, annuale

Comparazione ri�uti generati - produzione annua di ri�uti nell’Unione europea

Ri�uti industrialicirca 1 miliardo di mc

Ri�uti industriali tossicicirca 10 milioni di mc

Ri�uti radioattivi 50 mila mc

Ri�uti altamente radioattivi

500 mc

Fonte: Nuclear and Renawable Energies (Roma: Accademia Nazionale dei Lincei, 2000), redatta con i dati della Commissione europea, Radioactive Waste Management in the European Union (Brussels: EC, 1998)

ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010

Immagine 4

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rispettati procedure e tempi di costruzione.

Inoltre è necessaria una seria revisione del processo autorizzativo,

bisogna cioè trovare un protocollo unico in cui fissare i criteri per la

selezione dei siti e delle modalità di stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

Una possibile risorsa potrebbe essere il capitale umano. Su esempio

di Mattei, bisogna quindi puntare su formazione, ricerca e sviluppo,

in quanto essi sono fondamentali per poter preparare un numero

adeguato di persone con competenze specializzate ad assolvere

i numerosi impegni che l’attuazione di un piano per il nucleare

comporterebbe.

Infine è fondamentale prevedere un piano di sviluppo e di tutela per

i territori che ospiteranno le centrali nucleari. Il primo è necessario

in quanto la presenza di questi impianti, come è possibile vedere in

Francia, porterà enormi opportunità e crescita economica e sociale

ai luoghi ospiti; e il secondo deve garantire il rigido rispetto di leggi,

regole e procedure.

Da ultimo, se il nucleare deve favorire una produzione di energia

elettrica a costi più contenuti, questo risparmio deve poter essere

tangibile per i cittadini e per le industrie.

L’ultimo argomento da affrontare per rendere il quadro completo,

riguarda le criticità territoriali e le possibilità di sviluppo nucleare.

Molti infatti ritengono che l’Italia, per la sua conformazione, non sia

una nazione particolarmente adatta allo sviluppo del nucleare.

Viene detto spesso che “l’Italia è troppo sismica”.

Il sito di Kashiwazaki Kariwa, in Giappone ospita la più grande

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centrale nucleare al mondo, costituita da 7 reattori nucleari per

8000 megawatt di potenza elettrica installata. Nel luglio del 2007

quest’area è stata colpita da un sisma del grado 6.8 della scala

Richter con danni notevoli alle infrastrutture. I reattori però si sono

spenti in sicurezza, nonostante il sisma fosse di quasi il 40%

superiore rispetto a quello di verifica di progetto (Immagine 5).

“L’Italia ha pochi fiumi”, non ha acqua e ha poca possibilità di

raffreddare gli impianti nucleari. Esiste in Arizona, proprio in mezzo

al deserto, il più grande impianto nucleare americano. L’acqua per

raffreddare questi tre impianti nucleari con più di 3000 megawatt

installati, deriva dal sistema di trattamento delle acque reflue di

alcune cittadine vicine (Immagine 6).

Come dice l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, il tema

energetico è estremamente complesso e il nucleare non è la

risposta. Però è molto probabile che esso possa fare parte della

risposta in un portafoglio energetico bilanciato.

Credo sia sbagliato considerare le varie fonti di energia, incluso il

risparmio energetico, in contrasto fra loro. Per esempio il nucleare

e le energie rinnovabili sono fonti complementari per molti aspetti

tecnici. Occorre quindi sfruttare gli aspetti positivi di tutte le energie

e cercare di minimizzare i rischi per ciascuna.

Il ritorno al nucleare dell’Italia sarà certo un percorso difficile, ma mi

piace pensare che tutto sia possibile.

E’ per esempio il caso del sito di Olkiluoto, in Finlandia. Un paese

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molto attento ai problemi ambientali dimostra al mondo come sia

possibile la compresenza fra natura e un sistema nucleare completo

e ad alta accettabilità sociale. Infatti, attorno alle zone di Olkiluoto,

la percentuale di cittadini favorevoli al nucleare è del 70%.

Il sito, composto da due reattori nucleari di seconda generazione,

un reattore di terza generazione in costruzione, un deposito per le

scorie a basse-medio radioattività collocato a 25 m sotto al suolo,

un deposito per lo stoccaggio del combustibile esaurito, comprende

anche strutture dedicate allo studio del sito geologico profondo.

Infatti, finlandesi, svedesi, canadesi e francesi stanno studiando

soluzioni per collocare il combustibile esaurito a 500 m di profondità

nel sottosuolo in strutture di granito (Immagine 6).

L’esempio dimostra come la compresenza di strutture per la ricerca

e di un piano di sviluppo e tutela renda più accettabile all’opinione

pubblica l’esistenza sul proprio territorio di una centrale nucleare.

Quando nel 1960 il presidente Kennedy si insediò, pronunciò la

famosa frase: “non ti chiedere che cosa può fare il tuo paese per te,

ma chiediti che cosa tu puoi fare per il tuo paese”.

Lo stesso discorso è da applicare oggi alle fonti di energia rinnovabili:

fino ad ora abbiamo chiesto ai nostri paesi incentivi per sviluppare

la tecnologia, adesso dobbiamo agire e rendere con gli interessi

quello che ci è stato dato nel passato.

PROF. MARCO E. RICOTTI

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Immagine 5

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Il nucleare possibile - Finlandia: �sistema completo e accettabilità sociale

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Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO

I SITI�“L’Italia ha pochi fiumi”

ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010

Immagine 6

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INOLTRE,

HANNO PARTECIPATO

ALLA DISCUSSIONE...

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MODERATORE - GIANFRANCO FABI

Direttore Radio24

MODERATORE - PROF. MAURIZIO MASI

Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano

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PROF. FRANCO ANELLI

Prorettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

STEFANO RESTELLI

Portavoce dell’Assessorato Ambiente di Milano

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FRANCO NAVA

Presidente UCID Sezione di Milano

ALBERTO MEOMARTINI

Presidente Assolombarda

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I profili degli autori provengono da.

Ing. Giuseppe Accorinti_www.mentelocale.it/16592-quando-eni-faceva-rima-con-mattei/

Prof.Roberto Poli_www.eni.com/it_IT/.../roberto-poli-presidente.shtm

Prof.Vincenzo Balzani_ http://scientiaemunus.provincia.parma.it/page.asp?IDCategoria=47&IDSezione=0&IDOggetto=149&Tipo=GENERICO

Andrea Poggio_POGGIO A., BERRINI M.; GREENLIFE. Guida alla vita nelle città di domani; coll. Tascabili dell’ambiente, Edizioni Ambiente srl, Milano 2010

Dott.Felice Egidi_Dott.Luigi Sampaolo_ http://it.linkedin.com/pub/luigi-sampaolo/1b/575/42

Dott. Massimo Meda_ http://www.actelios.it/index.aspx

Prof.Giorgio Santucci_ http://www.egs-a.com/

Prof.Marco E. Ricotti_ http://www.energia.polimi.it/dipartimento/scheda_persona.php?id=50

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