ELISABETTA GUALANDRI...2.4 I fornitori di prodotti e servizi sostitutivi 23 2.5 Analisi dei clienti...

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ELISABETTA GUALANDRI VALERIA VENTURELLI NASCE L’IMPRESA Business plan: come costruirlo e interpretarlo

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ELISABETTA GUALANDRIVALERIA VENTURELLI

NASCE L’IMPRESABusiness plan:come costruirlo einterpretarlo

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A cura diElisabetta Gualandri e Valeria Venturelli

Approfondimento diJessica Iacobbe e Chiara Nigrisoli

NASCE L’IMPRESABusiness plan:come costruirlo einterpretarlo

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Elisabetta Gualandri è Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università di Modenae Reggio Emilia. Svolge attività di ricerca con riferimento a temi bancari e finanziari nell’ambito del Cefin, CentroStudi Banca e Finanza, e con riferimento allo start-up d’impresa nell’ambito di Softech-ICT, Centro di ricercaindustriale per le imprese. Su tali temi di ricerca ha prodotto numerose pubblicazioni in ambito nazionale edinternazionale.

Valeria Venturelli è Professore Associato di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università di Modena eReggio Emilia. Svolge attività di ricerca con riferimento a temi bancari e finanziari nell’ambito del Cefin, CentroStudi Banca e Finanza, e con riferimento allo start-up d’impresa nell’ambito di Softech-ICT, Centro di ricercaindustriale per le imprese. Su tali temi di ricerca ha prodotto numerose pubblicazioni in ambito nazionale edinternazionale.

Si ringraziano

www.fin-innovations.comwww.brunacci.eu

CENTRO STUDIBANCA E FINANZA

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INDICE

PREFAZIONE 05

1 . IL BUSINESS PLAN COME DOCUMENTO DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA 07

1.1 Che cosa è il business plan 071.2 A chi è indirizzato il business plan: prospettiva interna ed esterna 081.3 Il processo di pianificazione strategica 101.4 Indice di business plan 121.5 Descrizione del gruppo imprenditoriale 131.6 Descrizione del progetto imprenditoriale 141.7 La verifica di coesione e l’ambiente economico, sociale e normativo 15

2. ANALISI DEL SISTEMA COMPETITIVO ALLARGATO 17

2.1 Le cinque forze di Porter 172.2 I potenziali entranti 192.3 Analisi dei concorrenti 212.4 I fornitori di prodotti e servizi sostitutivi 232.5 Analisi dei clienti e dei fornitori 23

3. STRATEGIA DI MARKETING 25

3.1 Introduzione 253.2 Domanda globale e quota di mercato dell’azienda 263.3 La stima della domanda di mercato corrente e futura 283.4 L’analisi del vantaggio competitivo 293.5 La SWOT Analysis 313.6 Il marketing strategico: segmentazione, targeting e posizionamento 33

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3.7 Il marketing-mix 363.8 La politica di prodotto 363.9 La politica di prezzo 383.10 La politica di distribuzione 393.11 La politica di comunicazione 40

4. VERIFICA DELLA FATTIBILITÀ TECNICA 43

4.1 Introduzione 434.2 Definizione della struttura produttiva 434.3 Analisi degli investimenti e analisi tecnologica 444.4 Il modello di produzione 454.5 Il layout di impianti e macchinari 464.6 La capacità produttiva e le scelte di make or buy 474.7 Gli accordi con le imprese 484.8 La struttura commerciale 484.9 La struttura organizzativa e i meccanismi operativi 49

5. LA FATTIBILITÀ ECONOMICA E FINANZIARIA 53

5.1 I bilanci previsionali 535.2 Il piano degli investimenti 555.3 Il conto economico preventivo 575.4 Lo stato patrimoniale previsionale 625.5 Il bilancio previsionale come strumento di controllo di gestione 635.6 685.7 705.85.9 Il rendiconto finanziario 755.10 Modalità di copertura del fabbisogno finanziario 77

6. FAQ 79

GLOSSARIO 81

LINK UTILI 85

PRINCIPALI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 87

La convenienza economica: la break-even analysisGli

indici

di

reddittività

68

Gli indici di analisi della gestione finanziaria 72

Il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Modena, nell'ambito di riflessioni allargate su un modello territorialeche favorisca lo sviluppo di nuove imprese e sulla creazione di opportunità per i giovani, ha deciso di investirerisorse ed energie per la creazione di un progetto che favorisca la nascita e la crescita di start-up innovative,che portino valore aggiunto al tessuto imprenditoriale della nostra provincia.

Il progetto valorizza anche il ruolo del business angel quale soggetto chiave nella fase di avvio di nuove iniziativeeconomiche. Crediamo fermamente che, per le sue peculiarità, l'investitore informale possa infatti apportare uncontributo determinante a dare risposta a problematiche fondamentali che si pongono a chi voglia avvicinarsial mondo dell’impresa: l’esigenza di finanziamento della start-up; il fabbisogno di competenze manageriali egestionali trasversali, che un aspirante imprenditore non sempre ha avuto modo di sviluppare; l'opportunità diaccesso a percorsi e reti di contatti già consolidati, utili ad accelerare la crescita.Inoltre è evidente l'ambizione di facilitare un indispensabile salto culturale rispetto ai modelli del passato: oltrealla preparazione tecnica, alle competenze gestionali e al coraggio necessario ad affrontare i nuovi scenari, oggipiù che mai sono cogenti una attenta pianificazione finanziaria e l'impegno a tutelare il proprio know-how, pervalorizzarlo e difenderlo.

Da queste tematiche primarie l'iniziativa di una guida in quattro volumi, la cui chiave di lettura intende risponderealle esigenze sia dei neo-imprenditori sia dei business angel, valorizzando per entrambi, ognuno con lo specificopunto di vista, priorità e strumenti.

A nome del Gruppo che ho l'onore di presiedere ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile il progetto, nonchétutti nostri colleghi imprenditori, nei quali da sempre troviamo supporto e stimolo per indirizzare il nostro ruoloe il nostro impegno affinché il territorio modenese rimanga protagonista dei mercati mondiali.

Davide Malagoli, presidente Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Modena05

PREFAZIONE

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Il progetto “Servizi per la nuova imprenditoria innovativa del territorio” è stato svolto nell’ambito del Dipartimento di EconomiaAziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, sotto la supervisione di Elisabetta Gualandri e Valeria Venturelli - Cefin(Centro Studi Banca e Finanza) e Softech-ICT (Centro di ricerca industriale per le imprese). L’obiettivo del progetto è stato diidentificare i principali servizi e strumenti volti a facilitare la nascita e lo sviluppo di start-up ad alto contenuto d’innovazionetecnologica, tra cui gli di spin-off universitari. Il fine è di contribuire a superare sia il gap di conoscenza (knowledge gap) siail gap finanziario (financing gap) che contraddistinguono le nuove iniziative imprenditoriali innovative. Centrale a tal fine è lavalorizzazione dei business angels, investitori informali generalmente radicati sul territorio, apportatori sia di conoscenzetecniche/manageriali, sia di capitale di rischio.

Il progetto è stato articolato in tre fasi principali.Nella prima fase si è proceduto a una duplice mappatura: da un lato le esigenze finanziarie e non delle neo imprese e dall’altrole tipologie di servizi offerti ai potenziali investitori in capitale di rischio dai principali network/associazioni di business angelsin ambito nazionale e internazionale.L’obiettivo della seconda fase è stato quello di far emergere i principali elementi che ostacolano l’incontro tra domanda eofferta di know-how e di finanziamenti per le start-up, con specifico riferimento al nostro territorio. Tale fase è stata realizzatacon due modalità: da un lato con interviste ad un campione di imprenditori in prevalenza associati a Confindustria Modenache nel recente passato hanno avviato una attività di tipo innovativo/tecnologico; dall’altro lato attraverso un focus groupcon investitori informali, business angels, operanti nel territorio.Sulla base dell’analisi delle risultanze delle prime due fasi della ricerca, si è proceduto alla realizzazione di una guida operativasuddivisa in quattro volumi: uno dedicato allo start-up d’impresa [Start-up: dal progetto al mercato], uno ai business angels[Business angels: investitori a valore aggiunto], uno alla redazione ed utilizzo del business plan [Business plan: come costruirloe interpretarlo] ed uno alla tutela della proprietà industriale [Come tutelare la proprietà industriale]. Ogni volume si chiudecon le principali domande poste più frequentemente [FAQ], il glossario dei termini utilizzati e l’elenco dei link utili all’approfondimentodegli specifici temi trattati.

Un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato al focus group e alle interviste, per il prezioso contributo alla realizzazionedel progetto e di questi volumi.

Il volume “Business plan: come costruirlo e interpretarlo” intende fornire gli elementi di base per la redazione e la lettura diun documento fondamentale per trasformare la visione dell’imprenditore in un progetto imprenditoriale coerente. Le fasifondamentali sono: la valutazione del contesto competitivo in cui l’azienda deve inserirsi, l’analisi della fattibilità strategica,di mercato, strutturale ed economica, fino alla ricerca la modalità del finanziamento più opportuna per la nuova iniziativaimprenditoriale.Il business plan può essere redatto per descrivere un progetto che comporta la costituzione di una nuova impresa o progettidi diversificazione nell’ambito di imprese già esistenti. La redazione del business plan costituisce in molti casi la premessaper l’ottenimento di finanziamenti da parte di soggetti esterni all’impresa, sia a titolo di capitale di debito, sia a titolo di capitareproprio. A tal fine i finanziatori valutano la coerenza del piano con gli obiettivi strategici e con le modalità proposte per la lororealizzazione.Il lavoro è articolato in cinque parti. Nella prima viene definito il business plan, quale strumento di pianificazione strategica,nella prospettiva interna ed esterna. Il secondo capitolo affronta il tema dell’analisi competitiva del mercato obiettivo (potenzialientranti, concorrenti, fornitori di prodotti sostitutivi, clienti e fornitori). Il terzo capitolo si focalizza sulla strategia di marketing,introducendo la SWOT Analysis e le diverse politiche attivabili. Il quarto capitolo si occupa della verifica della fattibilità tecnicadel progetto. Il quinto capitolo approfondisce, infine, la fattibilità economica e finanziaria della nuova iniziativa imprenditoriale.

Modena, dicembre 2011 Elisabetta Gualandri e Valeria Venturelli - Università di Modena e Reggio Emilia06

1.1 Che cosa è il business plan

Il business plan è un documento che sintetizza il progetto imprenditoriale dell’impresa e ne illustra le strategie. Essoè una formalizzazione “nero su bianco” delle idee dell’imprenditore e, una volta redatto, lo aiuta a verificare se l’ideaimprenditoriale originaria, anche definita business idea, sia concretamente fattibile. In altre parole, è il documentotramite il quale si comprende il livello di efficacia della strategia, in quanto permette di confrontare le performanceeffettive con quelle pianificate, identificando gli scostamenti e potendo in tal modo comprendere i punti di forza edi debolezza della strategia stessa.

Il documento ha una duplice valenza:

• interna, poiché è una guida strategica su cosa fare, perché e come, al fine di far comprendere all’imprenditorele conseguenze di precise scelte;

• esterna, poiché permette di presentare il progetto ai portatori esterni d’interesse, i cosiddetti stakeholder, ovveroquelle categorie d’individui che sono portatori di attese nei confronti dell’impresa e influiscono sull’attivitàaziendale affinché tali aspettative si realizzino (tra gli altri: i nuovi soci potenziali, le banche, gli altri finanziatori).

Dal punto di vista interno, ovvero quello dell’imprenditore, redigere un business plan aiuta a identificare e aumentarele conoscenze relative ad attività aziendali quali:

• ottimizzazione e sviluppo delle risorse a disposizione;

• miglioramento della conoscenza di aspetti finanziari, dei flussi di cassa e dei volumi critici di attività che devonoessere raggiunti ai fini dell’economicità dell’impresa, i cosiddetti break-even points;

Il business planha una duplicevalenza: interna,a supportodell’imprenditore,ed esterna, asupportodell’investitore

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CAPITOLO 1Il business plan comedocumento dipianificazionestrategica

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Le categorie distakeholders acui si rivolge ilbusiness plan

sono numerose

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1.2 A chi è indirizzato il business plan

Le categorie di stakeholder, di persone o gruppi d’interesse a cui si rivolge il business plan sono numerose e sipossono suddividere in interni ed esterni all’azienda/organizzazione.

Gli stakeholder interni sono i portatori di interesse che partecipano alla formazione del piano strategico attraversoproiezioni, analisi e numerose valutazioni, al fine di creare valore. Possono essere i componenti del consiglio diamministrazione, i manager di funzione (in grandi aziende), i manager di divisioni, i project manager e in generalepersone con competenze tecniche e manageriali.

Gli stakeholder esterni sono principalmente i finanziatori, gli enti che possono essere interessati ad entrare nelcapitale di rischio dell’azienda, gli investitori, gli advisor e i consulenti.

I finanziatori sono rappresentati generalmente dalle banche commerciali, dalle banche d’investimento e dalleistituzioni finanziarie internazionali. Tale categoria si concentra principalmente sul tasso di ritorno dell’investimentodella nuova strategia previsto per i primi anni.

Gli investitori sono rappresentati dalle organizzazioni che forniscono i mezzi finanziari per realizzare la nuovastrategia, acquisendo una quota del capitale dell’impresa.

• raccolta e analisi delle informazioni specifiche relative al settore e al mercato;

• gestione dei rischi che potrebbero compromettere l’attività;

• identificazione dei percorsi necessari per raggiungere specifici obiettivi, realizzando un profitto;

• comunicazione con gli stakeholder attraverso un documento strutturato e chiaro.

Per quanto riguarda invece i rapporti con l’esterno, il business plan è uno strumento indispensabile per accederea qualsiasi fonte di finanziamento pubblico e/o privato. Infatti, è difficile immaginare l’accesso al finanziamento diiniziative imprenditoriali senza la formalizzazione dell’idea di business e senza tradurre in un adeguato piano gliobiettivi strategici e le modalità proposte per la loro realizzazione.

Inoltre il business plan è un mezzo di comunicazione utile per i soci e i portatori di capitale di rischio ovvero coloroche, detenendo già la proprietà dell’impresa, possono essere chiamati a ulteriori apporti di mezzi finanziari, a seguitodelle esigenze derivanti dallo sviluppo della business idea. Infatti, gli stakeholder confidano nella buona riuscitadell’idea imprenditoriale e possono decidere di impegnare mezzi finanziari pro-tempore a fronte di una remunerazionesolitamente tanto più elevata quanto maggiore è il rischio.

I tipici investitori sono i seguenti:

• Fondi di venture capital

• Business angels

• Aziende

• Pool di investitori informali

I fondi di venture capital sono specializzati nel finanziamento di imprese con forti potenzialità di sviluppo. Sonoorganizzazioni partecipate principalmente da fondi pensione, istituzioni finanziarie, o individui con numeroseesperienze in settori specifici e di management aziendale. Generalmente sottoscrivono capitale di rischio delleimprese, diventando soci (solitamente di minoranza) e vendendo le partecipazioni ad altre aziende o in caso diuna IPO (Initial Public Offering) collocandole in borsa se l’azienda viene quotata. I venture capitalist valutanocontinuamente strategie e business plan di aziende consolidate e start-up in settori innovativi, in particolaretecnologici, concentrandosi sulla qualità imprenditoriale dell’iniziativa, controllando la storia di chi la promuove,la qualità del team in termini di competenze tecniche e manageriali, e il vantaggio competitivo (assicurandosiche non sia facilmente replicabile da altri), l’innovazione del prodotto/servizio, la capacità dell’imprenditore e lastrategia competitiva. Tali fondi vengono costituiti a tempo determinato, fino a quindici anni. Durante questoperiodo, essi investono in media in 30-50 iniziative con l’obiettivo di uscirne ottenendo elevati rendimenti, dicirca 5-10 volte l’investimento iniziale (Zancanella, 2005). A fine mandato, sciolgono il fondo e ridistribuisconoil patrimonio ai soci fondatori con possibili consistenti ritorni a causa dell’elevato rischio assunto. In USA la piùimportante associazione di fondi di venture capital è la National Venture Capital Association che raggruppa circa450 fondi. Essa ha il compito di mantenere standard professionali di alto livello, di costruire sistemi di networke di fornire informazioni e dati relativi ai settori e all’evoluzione dei mercati. In Italia la più importante associazioneè l’AIFI, Associazione Italiana dei Private Equity e Venture Capital (www.aifi.it), che ha il compito di coordinare isoggetti attivi sul mercato italiano dell’investimento in capitale di rischio.

Il business angel è un investitore informale che, investe risorse finanziarie proprie acquisendo quote di partecipazioninel capitale di piccole o piccolissime imprese a elevato potenziale e apporta anche competenze manageriali edesperienze necessarie per lo sviluppo dell’impresa finanziata. Quindi il business angel non fornisce alla start-up solo risorse finanziarie, ma anche conoscenze e contatti indispensabili per l’avvio e lo sviluppo dell’impresa.Il ritorno atteso è di 3-5 volte l’investimento iniziale. Il business angel molto spesso assume il ruolo di vero eproprio partner impegnato nella gestione operativa dell’impresa finanziata. Una differenza sostanziale tra businessangels e venture capitalists è che i primi investono capitali propri e non raccolti presso terzi: quindi non devonogarantire rendimenti minimi ai terzi. Generalmente analizzano il business e decidono se intervenire in tempirapidi, ottenendo un ritorno dell’investimento nella misura del 20-30% annuo (Zancanella, 2005). Strutturanola partnership in forma mista con intervento di capitale proprio e di debito. I business angels generalmente sonoimprenditori, ex dirigenti aziendali, e business leaders che in passato hanno creato o finanziato imprese disuccesso. Essi possono supportare l’iniziativa attraverso funzioni di guida nella pianificazione strategica e possono

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La pianificazionestrategica è il

processoattraverso il

quale sidefiniscono

obiettivi concretie misurabili, si

stabiliscono ipiani d’azione e

si assegnanorisorse e compiti

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impegnarsi a raccogliere ulteriori fondi sul mercato finanziario.In Italia sono presenti differenti associazioni che supportano le iniziative imprenditoriali con idee innovative, qualil’Associazione Italiana IBAN - Italian Business Angel Network - (www.iban.it); la EBAN - European Business AngelsNetwork Association- e il club Italian Angels for Growth (www.italianangels.net). Per una trattazione più dettagliatasul tema si rimanda all’approfondimento “Business angels: investitori a valore aggiunto”.

Il pool di investitori ad hoc comprende coloro che finanziano specifiche operazioni creando un pool simile agliangels ma che possono effettuare operazioni di maggiore entità, con un livello di formalità inferiore. Essi focalizzanola loro attenzione sullo sviluppo dell’iniziativa imprenditoriale, senza attribuire molta importanza al ritornodell’investimento. Fondazioni o centri di ricerca possono mettere a disposizione risorse anche a fondo perduto.

I fornitori e i clienti possono partecipare nel finanziamento di nuove iniziative strategiche. In particolare, i fornitoripossono applicare sconti o estendere le dilazioni di pagamento, a seguito dei piani di crescita forniti dai clienti,mentre questi ultimi possono essere disposti ad acquisire una partecipazione in aziende fornitrici per svilupparenuovi componenti o tecnologie. Ciò avviene nelle c.d. supply chain (catene di fornitura), tramite le quali le aziendeproducono particolari tipologie di beni di importanza strategica per i loro clienti, a causa dei problemi di reperibilitàdel prodotto. In tale caso il cliente considera il fornitore come strategico e investe nell’attività dello stesso, alfine di migliorare consegne e qualità dei prodotti e servizi.

I consulenti (advisor) sono le figure che frequentemente vengono coinvolte nelle attività di consulenza durantele fasi di sviluppo delle nuove iniziative. Essi possiedono elevate capacità tecnico-manageriali e partecipano allosviluppo del processo strategico, definendo e pianificando, insieme alle persone chiave dell’azienda, le principaliattività e formulando il piano di business.

1.3 Il processo di pianificazione strategica

La pianificazione strategica è il processo attraverso il quale si definiscono obiettivi concreti e misurabili, siassegnano funzionalmente le risorse, si stabiliscono le azioni da intraprendere e si attribuiscono i compiti airesponsabili. La pianificazione strategica si sostanzia nella formulazione di un piano strategico che prevede unorizzonte temporale di 3-5 anni.

Infatti, affinché gli obiettivi siano misurabili e non rimangano solo “sulla carta” ma siano raggiungibili dall’interastruttura organizzativa, è necessario che derivino da un’attenta analisi di tre macro aree: l’area dell’ambientecompetitivo, l’area tecnologica e l’area organizzativa. La figura 1 riporta, per ciascuna di queste aree, i tre principalilivelli d’analisi strategica, ovvero l’individuazione di opportunità e vincoli, gli obiettivi riferibili all’area d’intervento,le strategie e le politiche che si possono delineare.

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Figura 1. Metodo di elaborazione del business plan e valutazione della fattibilità

Fonte: Ferrandina e Carriero, 2010

Più nel dettaglio, lo studio dell’ambiente competitivo deve essere declinato nell’analisi di due elementi:

• il mercato di riferimento, al fine di analizzare i volumi di vendita, offrire una stima realistica della quota dimercato raggiungibile, descrivere i clienti (chi sono, dove sono collocati geograficamente, qual è l’elasticitàdella domanda al prezzo), il posizionamento del prodotto e il marketing mix (politiche di prodotto, prezzo,comunicazione e distribuzione);

• il settore d’appartenenza, evidenziando l’attuale dimensione dell’offerta e del sistema concorrenziale.Nell’analisi del settore è importante individuare la fase del ciclo di vita in cui si trova l’azienda, i principaliattori dell’arena competitiva, ovvero i concorrenti, i clienti ed i fornitori. Inoltre, è necessario valutare qualisono i fattori critici per un confronto competitivo di successo nel settore, le barriere all’entrata e le variabilimacroeconomiche che influenzano il settore.

L’analisi dell’area tecnologica è invece volta ad identificare i requisiti di unicità di un prodotto e le risorsenecessarie per investire nel suo sviluppo, a considerare l’importanza dei brevetti e dei marchi e il loro valore dimercato, a conoscere le caratteristiche dell’offerta proveniente dalla concorrenza. E’ necessario in tale faseindividuare le varie alternative presenti nel settore unitamente al tasso d’innovazione e studiare il posizionamentodi ciascuna alternativa tecnologica rispetto alle tendenze dell’ambiente e al relativo ciclo di vita. Per una trattazionepiù dettagliata sul tema dei brevetti si rimanda all’approfondimento “Come tutelare la proprietà industriale”.

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Per quanto riguarda l’area organizzativa l’analisi può essere svolta su due dimensioni:• a livello dell’organizzazione aziendale ampiamente intesa, individuando la filiera tecnologica-produttiva, i rapporti

con i fornitori e l’eventuale dipendenza nei loro confronti, le scelte di internalizzazione o esternalizzazione dideterminate attività aziendali. In tale fase è importante anche descrivere il processo di controllo della qualità, valutarela convenienza dell’investimento in attrezzature e macchinari, analizzare la futura capacità produttiva e gli interventinecessari per incrementarla, individuare la qualità delle risorse umane impiegate, le modalità per la loro gestionee la loro interazione;

• a livello del vertice aziendale, ovvero del management team, individuando i manager chiave e il loro background,descrivendo la struttura dell’organizzazione e il modo col quale devono essere distribuite le responsabilità, cercandodi coinvolgere anche i diversi livelli dirigenziali dell’impresa.

La definizione degli obiettivi e delle connesse strategie che s’intendono perseguire consente di valutare la fattibilità dimarketing, tecnologica ed organizzativa del progetto imprenditoriale. La predisposizione di un dettagliato studio difattibilità globale rappresenta inoltre lo strumento fondamentale per la valutazione dell’iniziativa da parte dei potenzialifinanziatori, affinché essi possano esaminare la convenienza nell’apporto di capitale di rischio o di debito. Infatti, gliinvestitori sono incentivati ad apportare capitali e competenze qualora dallo studio di fattibilità dovesse emergere unprogetto caratterizzato da un elevato potenziale di sviluppo, con prospettive di crescita, sia dimensionale che reddituale.

Infine, per valutare la convenienza di un progetto imprenditoriale è necessario eseguire la valutazione economico-finanziaria, che consente di giudicare con anticipo la concretezza dell’idea, l’effettiva possibilità di raggiungere gli obiettiviprefissati e il modo più efficace ed efficiente per conseguirli, analizzando la business idea dai seguenti punti di vista(Advance, 2001):

• il programma dell’attività, ovvero le fasi, i tempi, i costi e gli obiettivi tecnici e commerciali relativi al progetto,evidenziando i fattori critici per il conseguimento degli obiettivi;

• le aree di incertezza relative agli aspetti tecnico-scientifici, economici e commerciali a fronte delle quali formulareipotesi volte alla loro riduzione o eliminazione;

• la disponibilità di risorse e competenze adeguate sotto il profilo quantitativo ed appropriate dal punto di vistaqualitativo. In caso di esito negativo è importante esaminare le possibili fonti esterne a supporto dei punti di debolezzamanifestatasi (possibilità di approvvigionamento da fornitori, partnership con altre imprese);

• il profilo finanziario, con particolare riguardo ai flussi finanziari negativi.

Gli investitorisono incentivati

ad apportarecapitali e

competenzequalora dallo

studio difattibilità emergaun progetto con

elevatopotenziale di

sviluppo

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1.4 Indice di business planNon esiste un indice del business plan che possa considerarsi universalmente valido, adatto a tutte le circostanze.Tuttavia, una buona struttura del documento di pianificazione dovrebbe essere la seguente:

• Sommario13

• Descrizione del gruppo aziendale/descrizione del progetto

• Descrizione del mercato di sbocco/fattibilità di marketing

• Fattibilità tecnica

• Fattibilità organizzativa

• Fattibilità economica-finanziaria

Riveste un ruolo fondamentale la sintesi del progetto, poiché gli interlocutori esterni, che non abbiano partecipatoallo sviluppo della business idea e del piano d’investimento, devono essere in grado, attraverso la lettura delprospetto di sintesi, di formarsi un’idea completa sul piano di sviluppo e di comunicare la validità dell’iniziativa.

L’indice può essere modificato a seconda delle esigenze, ma è assolutamente necessario che:

• la struttura complessiva del business plan abbia una propria logica intrinseca e presenti una piena coerenzatra le parti;

• non manchino i capitoli indispensabili per la comprensione del progetto;

• il documento risulti comprensibile anche a chi non è a conoscenza dell’innovazione tecnica o di mercatodella start-up.

Nei due paragrafi a seguire verranno brevemente illustrati i due punti iniziali del business plan, ovvero la descrizionedel gruppo e del progetto imprenditoriale, che rappresentano l’inquadramento strategico dal quale deriverannole analisi di fattibilità tecnica, organizzativa ed economico-finanziaria.

La sintesi delprogetto rivesteun ruolofondamentalepoiché gliinterlocutoriesterni devonoessere in gradodi formarsiun’ideacompleta sulpiano di sviluppo

1.5 Descrizione del gruppo imprenditorialeIn questo paragrafo è molto importante descrivere brevemente e con precisione la denominazione dell’azienda,il settore di attività, la forma giuridica che assumerà l’iniziativa imprenditoriale (Spa, Sapa, Srl, Società cooperativa,società di persone, ecc.) tenendo conto che, talvolta, quando si deve accedere ai finanziamenti sono esclusedai benefici le ditte individuali, le società di fatto e le società aventi un unico socio. Per una trattazione piùdettagliata sulla scelta della forma giuridica si rimanda all’approfondimento “Start-up: dal progetto al mercato”.

E’ opportuno inoltre cominciare a definire sinteticamente l’attività (prodotto o servizio che si intende realizzare)e identificare la localizzazione legale, commerciale e industriale dell’impresa, la sede della direzione, degli uffici,delle filiali e la dislocazione dei punti vendita.

Infine è fondamentale indicare i componenti del gruppo imprenditoriale e le loro esperienze/competenze, leposizioni chiave, e da chi sono o da chi saranno ricoperte in futuro.

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1.6 Descrizione del progetto imprenditoriale

La risultante delle scelte di fondo riguardanti il sistema impresa, ovvero la business idea e la struttura del gruppoimprenditoriale, costituisce il progetto imprenditoriale, elemento centrale di ogni azienda che determina il modocol quale la stessa si vuole posizionare all’interno del sistema competitivo e nei confronti di tutti i soggetti con iquali desidera intrattenere le relazioni.

Infatti, per uno stakeholder esterno è fondamentale conoscere le caratteristiche del progetto in modo semplice,chiaro e completo.

Funzionali a tale scopo sono la vision e la mission del progetto, che rappresentano la fase embrionale, la fasecreativa in cui si sviluppa l’idea che conduce verso un percorso attraverso il quale i manager, i fondatori e i leaderdi un’organizzazione si prefiggono di costituire una start-up. La vision è la posizione che intende raggiungerel’azienda nel lungo termine, mentre la mission si integra alla vision attraverso una sintetica e incisiva descrizionedello scopo ultimo dell’impresa (cosa fare), attraverso la definizione degli obiettivi da raggiungere, sui quali ladirezione deve basarsi nella creazione di strategie e nella redazione del business plan (Bove, 2011). Ad esempio,la vision che guida Nokia dal 2005 è “Our Vision: Life Goes Mobile”, mentre la mission aziendale recita: “Mettendoin contatto le persone noi aiutiamo il soddisfacimento di un fondamentale bisogno umano di contatti e relazionisociali. La Nokia costruisce ponti tra le persone - sia quando sono lontane che faccia-a-faccia - e colma il divariotra le persone e le informazioni di cui hanno bisogno”.

Un’azienda, per lanciare un nuovo progetto imprenditoriale, deve prendere tre categorie fondamentali di decisioni:

COSA: il sistema prodotto da offrire sul mercato prescelto: tipo di prodotto, ampiezza di gamma, prezzo, servizicomplementari o accessori, tempi di consegna, presenza di eventuali brevetti o licenze;

A CHI: il mercato obiettivo al quale ci si intende rivolgere, ossia a chi si vuole offrire il prodotto e servizio (mercatoobiettivo e sistema competitivo);

COME: quale struttura produttiva e commerciale predisporre per offrire al mercato quanto promesso e qualipolitiche di comunicazione adottare (mezzi e messaggi più efficaci per comunicare le caratteristiche del sistemadi prodotto al mercato obiettivo, indicando a chi sono indirizzati) per promuovere il prodotto o servizio che siintende commercializzare (struttura di ricerca e sviluppo, struttura produttiva, struttura di marketing e commerciale,struttura amministrativa).

Tale modello definisce la formula imprenditoriale della start-up. Tutti gli elementi di questa formula (descritti neivari capitoli e nel business plan) devono possedere un elevato livello di coerenza e devono essere concepiti inmodo unitario. La formula imprenditoriale consente di trasformare la vision dell’imprenditore in strategie chegarantiscano un vantaggio competitivo alla nuova impresa. In fase di definizione della formula imprenditoriale,una volta delineato il sistema prodotto e il mercato al quale ci si intende rivolgere, occorre mettere a punto unapolitica di comunicazione tesa a valorizzare presso i destinatari le caratteristiche del prodotto o servizio offerto.

La vision è laposizione che

intenderaggiungerel’azienda nel

lungo temine,mentre la

mission siintegra con la

vision attraversouna sintetica

descrizione delloscopo ultimodell’impresa

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1.7 La verifica di coesione con l’ambiente economico, sociale e normativo

Una volta analizzate tutte le variabili è importante verificare la coerenza dell’intero progetto: bisogna valutareche i singoli elementi non entrino in conflitto gli uni con gli altri.

In particolare è possibile concentrare l’analisi su tre fattori chiave (figura 2):

• I bisogni espressi dai clienti target (obiettivo).• I prodotti/servizi che la nuova start-up vuole offrire sul mercato.• La struttura, intesa come insieme di risorse che l’impresa utilizza per proporre la propria offerta e comunicarla

ai clienti target.

Questi tre elementi sono strettamente interconnessi l’un l’altro e costituiscono, nella loro particolare combinazione,la formula imprenditoriale della singola azienda.

Figura 2. Gli elementi della formula imprenditoriale

E’ importante anche definire come deve essere strutturata l’impresa dal punto di vista produttivo, amministrativoe organizzativo per poter ottimizzare l’offerta all’interno del mercato prescelto.

In fase di messa a punto di una formula imprenditoriale, è necessario anche valutare le conseguenze economico-finanziarie delle diverse alternative, tramite l’elaborazione di un bilancio previsionale ovvero di proiezioni economico-finanziarie che illustrino le conseguenze in termini di costi, ricavi, profitti e di fabbisogno finanziario.

E’ importantevalutare lacoerenzadell’interoprogetto,verificando che isingoli elementinon entrino inconflitto gli unicon gli altri

Il sistema competitivo(mercato obiettivo)

Fattori criticidi successo

Vantaggiocompetitivo

Competenze

Il sistema di prodotto La struttura e le risorse

Fonte: Adattato da Coda (1988) e Invernizzi (2008)

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Ogni impresa presenta dunque una propria combinazione specifica di questi tre elementi: condizione necessariaed universale per il successo dell’impresa è la coerenza (fit) tra questi tre elementi. In sostanza, l’impresa devecapire quali sono i bisogni e le aspettative dei clienti che costituiscono il suo mercato obiettivo e, in particolare,quali sono le attese decisive per le scelte d’acquisto (i fattori critici di successo) e come i concorrenti rispondonoa tali aspettative. L’impresa deve quindi offrire sul mercato un sistema di prodotto che rispetti le attese critichedei clienti e che possegga vantaggi competitivi rispetto a quelli dei concorrenti. Infine, l’impresa deve svilupparestrutture e risorse che abbiano competenze distintive che, da un lato, siano difficilmente imitabili dai concorrentie, dall’altro, possano offrire un sistema di prodotto coerente con i fattori critici di successo e con rilevanti vantaggicompetitivi. Inoltre, nel caso in cui una start-up si prefigga l’obiettivo di produrre o vendere un prodotto o unservizio all’estero è molto importante analizzare le caratteristiche di stabilità politica, economica e monetaria nelpaese di riferimento. E’ bene dunque spiegare l’evoluzione del sistema politico, le garanzie che si sono ottenuteo che si pensa di poter ottenere (per operare senza difficoltà), il contesto sociale, la cultura e le norme cheregolano il Paese in cui la start-up decide di operare.

Ciò è fondamentale quando si sceglie di operare in settori specifici in cui esiste una regolamentazione precisa(quali il settore tecnologico o telefonico). In questo caso è opportuno sintetizzare in una tabella le norme rilevantiche incidono sul business e indicare i fattori che favoriscono o ostacolano l’attività della start-up.

Una volta identificata la vision e la mission del progetto imprenditoriale è necessario effettuare un’accurata analisistrategica che individui le persone e i vari centri d’interesse coinvolti nel progetto imprenditoriale (stakeholder,shareholder e manager), identificando chi dovrà assumere la leadership. Ci si dovranno porre le seguenti domande:

• Chi sarà responsabile? Di cosa sarà responsabile?

• Chi assumerà la leadership?

• Quale sarà il valore aggiunto della nuova iniziativa? Come verrà quantificato?

• La strategia è in linea con la visione aziendale o istituzionale?

• Il top management è d’accordo nell’intraprendere la nuova iniziativa?

L’analisi strategica aiuta a chiarire questi elementi fondamentali e, a volte, il risultato è la vera e propria rinunciaal progetto o una sua modificazione.

L’identificazione del percorso strategico da attuare, condiviso e accettato da tutti gli attori all’interno e all’esternodel sistema impresa, riveste un’importanza fondamentale per lo sviluppo del progetto imprenditoriale.

Ogni impresapresenta una

propriacombinazione

specifica di:fattori critici di

successo nelmercato di

riferimento,vantaggi

competitivi diprodotto e

risorse internedistintive

2.1 Le cinque forze di Porter

Al fine di valutare la fattibilità di mercato del progetto imprenditoriale, è necessaria l’analisi d’attrattività delsettore nel quale s’intende andare ad operare. L’analisi strutturale del settore di riferimento è diretta a individuarele caratteristiche degli attori che agiscono nel sistema competitivo, ossia a definire le forze esterne che caratterizzanol’ambiente nel quale un’impresa compete o intende competere.Svolgere l’analisi del sistema competitivo non significa considerare solo i possibili concorrenti con i quali ci sitroverà a competere sul mercato prescelto, ma significa anche valutare tutte le forze competitive che possonoinfluenzare il livello di redditività del settore. Lo schema di riferimento più utilizzato per questo tipo di analisi è ilmodello delle 5 forze competitive di Porter (1985), che, sulla base di alcuni fattori strutturali, descrive il sistemacompetitivo in cui l’azienda opera o intende operare, ed è rappresentato da (figura 3):

• i concorrenti nel settore

• i potenziali entranti nel settore

• i fornitori

• i clienti

• i fornitori di prodotti o servizi sostitutivi

Al fine divalutare lafattibilità dimercato delprogettoimprenditoriale ènecessarial’analisi diattrattività delsettore nel quales’intendeoperare

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CAPITOLO 2Analisi del sistemacompetitivo allargato

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Figura 3. Il sistema competitivo e le 5 forze di Porter

Ai fini strategiciè necessario

valutare lediverse barriereda cui il settorepotrebbe essere

protetto

Fonte: Porter, 1985

Svolgere l’analisi del sistema competitivo riveste un’importanza fondamentale poiché significa valutare lecaratteristiche strutturali di queste cinque forze, analizzandone l’impatto sulla redditività potenziale del businessche si intende avviare. Tali forze determinano l’attrattività di un settore e costituiscono il presupposto per laformulazione delle strategie competitive. Tali strategie sono motivate, non solo dalla potenzialità della domandae dai profitti conseguibili (attrattività), ma anche dal vantaggio che l’iniziativa potrà assumere, in termini di quotadi mercato e di confronto con la concorrenza. Infatti, a seconda del tipo di settore (emergente, maturo, globale,frammentato, specializzato) mutano la natura e le fonti del vantaggio competitivo e, di conseguenza, le strategie.

Inoltre, le cinque forze possono influenzare alcune delle variabili economiche delle imprese nel settore, quali adesempio il livello dei prezzi-costo/prezzi-ricavo, l’ammontare dei costi fissi e l’importo degli investimenti.

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2.2 I potenziali entranti

Ai fini strategici è necessario valutare le diverse barriere da cui il settore potrebbe essere protetto e comprenderequali tra esse costituiscano un effettivo ostacolo all’ingresso e quali possono essere facilmente neutralizzate.

Si possono individuare le seguenti barriere all’entrata nel settore:

• Economie di scala e di dimensione dell’investimento

• Economie di apprendimento

• Differenziazione dell’offerta e identità del marchio

• Possibilità di accesso ai canali di distribuzione

• Fabbisogno finanziario

• Politiche governative

Si è in presenza di economie di scala, ovvero di vantaggi economici derivanti da maggiori dimensioni dell’impresa,quando il costo di un’unità del prodotto o servizio offerto diminuisce all’aumentare della capacità produttiva, in ipotesidi saturazione della stessa. Ciò rappresenta un ostacolo all’ingresso nel settore, in quanto impianti produttivi di grandidimensioni da un lato comportano un considerevole fabbisogno finanziario e dall’altro aumentano il rischio di saturarela capacità produttiva. Quindi, le economie di scala impongono il raggiungimento di una dimensione ottimale minimaal di sotto della quale l’ingresso nel settore non è conveniente. Molti impianti, inoltre, diventano più efficienti conl’aumentare delle dimensioni. Le economie di scala derivano anche dai minori costi di acquisto medi unitari a seguitodel maggiore fabbisogno di materie prime e materiali di consumo conseguente all’aumentare delle dimensioni. Un’altrafonte di economie di scala è determinata dalle maggiori possibilità di specializzazione che si accompagnano all’aumentodella capacità produttiva. La maggiore specializzazione consente di aumentare l’efficacia e l’efficienza nello svolgimentodelle proprie attività.

Le economie di apprendimento sono rappresentate dalle riduzioni dei costi medi unitari all’aumentare del volumecumulato. Infatti, all’aumentare dell’esperienza cresce anche l’abilità nello svolgere le attività, nel coordinare e programmarele differenti risorse produttive e nel semplificare prodotti o processi.

La differenziazione dell’offerta e l’identità del marchio (nonché la disponibilità di know-how e brevetti) sono definitebarriere di tipo dinamico. Infatti, un prodotto differenziato risulta unico agli occhi del consumatore finale, che è dispostoa pagare anche un premium price (prezzo superiore rispetto ai prodotti simili). Invece, i beni commodities sono quelliper i quali è molto facile confrontare l’offerta dei diversi possibili fornitori e la scelta dell’acquirente avviene esclusivamentesulla base del prezzo. La minaccia derivante da tale barriera all’entrata è rilevante solo a condizione che due beniconfrontabili siano effettivamente sostituibili l’un l’altro, che i costi di riconversione (ossia i costi che si dovranno sostenereper passare da un fornitore all’altro) subiti dai consumatori siano modesti e che la propensione al cambiamento degliacquirenti sia elevata (es. per la presenza di forti oscillazioni nei gusti, per una forte propensione al rischio, perl’orientamento a cogliere tutte le opportunità di innovazione offerte).

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La redditività diun settore risulta

penalizzatadall’esistenza di

prodottisostitutivi che

consentono agliacquirenti dimigliorare le

performance aparità di costo odi ridurre i costisostenuti con lostesso livello di

soddisfazionecomplessiva

I costi di conversione sono quelli che derivano dall’utilizzo del nuovo prodotto, dal bisogno di acquisire una certapadronanza nel suo utilizzo e dalla possibilità che il bene sostituito non soddisfi pienamente le aspettative dei consumatori.La redditività di un settore risulta penalizzata dall’esistenza di prodotti sostitutivi che consentono agli acquirenti dimigliorare le performance a parità di costo o di ridurre i costi sostenuti con lo stesso livello di soddisfazione complessiva.Inoltre, la presenza di offerte molto differenziate, o di alcune aziende che possiedono marchi noti nel settore, aumenta,a parità di ogni altra condizione, la redditività media delle imprese, ma costituisce per coloro che vogliono entrareun’elevata barriera all’ingresso.

Un’altra barriera all’entrata è rappresentata dalla difficoltà di accesso ai canali di distribuzione (supermercati e grandicatene). Il nuovo entrante deve quindi presentare un’offerta efficace per riuscire a scalzare chi già opera nel mercato.

Il fabbisogno di capitale è una barriera all’entrata che aumenta al crescere delle economie di scala (es. impianti digrandi dimensioni), del grado di differenziazione, dei costi di riconversione e dipende dal capitale circolante (attivitàlegate al ciclo operativo-passività legate al ciclo operativo)1 di cui necessita l’azienda (ad esempio a causa di pagamentidifferiti concessi ai fornitori o consegne in tempi rapidi).

Le politiche governative rappresentano un’ulteriore barriera all’ingresso e sono rappresentate dalla necessità dirichiedere licenze e autorizzazioni ad autorità pubbliche.

Le barriere all’entrata solitamente vengono poste in relazione alle barriere all’uscita. Queste ultime individuano leresistenze che le imprese incontrano nel mobilizzare le risorse verso altri campi di attività.

Figura 4. Barriere all’entrata e all’uscita

Fonte: Ferrandina e Carriero, 2010

1 Per approfondimenti si rimanda al cap. 5.

Dalla matrice (figura 4) risulta evidente come la prospettiva di profitto più favorevole sia quella che vede lapresenza di barriere all’entrata elevate e barriere all’uscita basse. Barriere basse sia all’entrata che all’uscitadeterminano profitti stabili e contenuti, ma la situazione peggiore risulta essere la prospettiva rappresentata dabasse barriere all’entrata ed elevate all’uscita, poiché le imprese saranno incentivate a entrare nel settore insituazioni di congiuntura favorevole, ma le stesse incontreranno difficoltà ad abbandonarlo in situazioni sfavorevoli.

La prospettiva diprofitto più

favorevole èquella che vede

la presenza dibarriere

all’entrataelevate ebarriere

all’uscita basse

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L’analisi dellaconcorrenzaconsiste nelcomprendere ilposizionamentodell’impresa neiconfronti deiconcorrenti

Nel caso in cui le barriere all’entrata e all’uscita siano numerose, il profitto potenziale tende ad essere elevato,ma altrettanto elevati saranno i rischi ad esso connessi, poiché le imprese meno efficienti saranno costrette arimanervi, non potendo permettersi di uscire dal business.

2.3 Analisi dei concorrenti

Una volta entrati in un settore, occorre sostenere il confronto competitivo con gli altri concorrenti. Una dura lottaconcorrenziale implica normalmente minori opportunità di profitto perché le imprese concorrenti si contendonole quote di mercato utilizzando tutte le leve a loro disposizione, in particolare il prezzo. L’analisi della concorrenzaconsiste nel comprendere il posizionamento dell’impresa nei confronti dei concorrenti. A tal fine è importanteindividuare la loro quota di mercato, le risorse a loro disposizione, la strategia di marketing (in termini di qualitàdei processi/prodotti, di offerta commerciale, di prezzo ecc).

Nell’analisi del mercato, particolare attenzione va rivolta ai concorrenti diretti e alle altre imprese che operanoin uno stesso mercato o settore produttivo.

Cinque fattori determinano la posizione competitiva dei concorrenti:

• Il tasso di crescita della domanda

• La differenziazione dell’offerta

• La diversità strutturale

• L’eccesso di capacità produttiva

• Le barriere all’uscita

Il tasso di crescita della domanda si riferisce al numero di imprese operanti in un dato mercato. In un mercatocaratterizzato da un’elevata crescita, tutti i concorrenti possono aumentare il fatturato senza dover sottrarre clientiagli altri concorrenti. Invece, nel caso in cui ci sia una sola impresa leader, quest’ultima esercita un elevato poterediscrezionale nell’imporre i propri prezzi. Se il mercato è frammentato tra numerose imprese, è più difficilecontrollare i prezzi ed è più facile che essi si riducano (guerra dei prezzi). Il tasso di crescita della domandadipende anche dalla fase del ciclo di vita del settore in cui si posiziona l’azienda. Nella fase di introduzione èrelativamente facile entrare nel settore perché non vi sono concorrenti consolidati con vantaggi di costo significativi,la tecnologia non è ancora completamente sviluppata e le vendite stentano a decollare poiché il bene non èancora molto conosciuto dai clienti. Invece, nella fase di sviluppo, è presente un numero sempre maggiore dipotenziali clienti, i costi di produzione e i prezzi tendono a scendere per effetto del progresso tecnologico,dell’accumularsi dell’esperienza e del conseguimento di economie di scala. Ciò comporta un forte aumento deitassi di crescita della domanda. Se all’interno del settore sono presenti rilevanti barriere all’entrata, man mano

Se il mercato èframmentato tranumeroseimprese, è piùdifficilecontrollare iprezzi ed è piùfacile che essi siriducano (guerradei prezzi)

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che ci si allontana dalla prima fase di sviluppo, in molti casi diventa difficile entrare nel settore poiché i concorrentierigono ostacoli all’ingresso sempre maggiori. Nella fase di maturità, dato che i tassi di penetrazione nel mercatosono molto alti e difficili da incrementare, i tassi di crescita si riducono, assestandosi spesso vicino al tasso dicrescita della popolazione o del PIL. Questa fase può durare a lungo, e può consentire a coloro che sono benposizionati nel settore di trarre vantaggio dai buoni tassi di reddittività e dai flussi di cassa positivi. L’ultima fasedel ciclo di vita di un settore è quella di declino, che vede la sua completa scomparsa o il sopravvivere di nicchiedi mercato.

La differenziazione dell’offerta si riferisce alla valutazione di quanto un bene presenta caratteristiche di unicità.Se un settore è caratterizzato da un bene molto differenziato, ciò consente alle imprese di creare un mercatounico intorno a quel determinato prodotto, limitando il confronto sui prezzi, poiché esse applicheranno un premiumprice più elevato rispetto alla concorrenza. Tali settori sono caratterizzati dalla presenza di poche imprese dinotevoli dimensioni. Al contrario, quanto più i prodotti offerti alla clientela saranno simili tra le imprese, tantopiù il cliente deciderà in base al prezzo. Infatti, nei settori frammentati non esiste un’impresa in grado di dominareil mercato e di controllare il contesto competitivo (Advance, 2001).

La diversità strutturale deriva dall’analisi delle caratteristiche comuni delle imprese in termini di obiettivi, strategiee strutture di costo. Più le imprese si assomigliano, tanto più sarà difficile sottrarsi alla concorrenza basata solosul prezzo. La struttura dei costi è un fattore importante che contribuisce a determinare il comportamento e lareddittività media delle imprese che vi operano. Essa è determinata dall’incidenza dei costi fissi sul totale deicosti. I costi fissi possono essere di struttura (es. manutenzioni, affitti, ammortamenti e costi del personale) o diRicerca e Sviluppo (sviluppo, pubblicità, formazione del personale). I costi di sviluppo generano risorse (know-how, conoscenza del marchio) che presentano una capacità produttiva illimitata e tendono ad accrescersi conl’uso. In assenza di differenziazione e in presenza di elevati costi fissi, le imprese possono innescare una verae propria “guerra dei prezzi”, che riduce notevolmente i margini di redditività delle imprese nel settore e favoriscel’affermazione di un solo o pochi concorrenti all’interno del mercato.

L’eccesso di capacità produttiva incoraggia le imprese a ridurre i prezzi permettendo loro di distribuire i costisu un volume di vendite più elevato.

Le barriere all’uscita più significative sono caratterizzate dalla difficoltà di riconversione degli investimenti e dallapresenza di un numero elevato di lavoratori dipendenti.

Una start-up può assumere diversi atteggiamenti nei confronti della concorrenza. Ad esempio, qualora confidassenella propria superiorità derivante da una notevole forza finanziaria e da una strategia particolarmente innovativa,potrebbe decidere di adottare una strategia di confronto diretto con gli altri concorrenti; in alternativa potrebbeattuare una strategia di elusione qualora decida di affrontare la concorrenza sfruttando i “vuoti d’offerta” presentinel mercato, per soddisfare le esigenze di un particolare tipo di clientela o per generare la nascita di nuovi sistemicompetitivi (Advance, 2001).

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2.4 I fornitori di prodotti e servizi sostitutivi

I prodotti sostitutivi sono quelli che soddisfano gli stessi bisogni dei consumatori (es. margarina e burro). Lapresenza di prodotti sostitutivi impone spesso un limite massimo ai prezzi praticabili agli acquirenti oltre il qualeessi orienteranno la propria scelta verso il prodotto sostitutivo più conveniente. Tuttavia, la minaccia esiste solose è presente un elevato grado di succedaneità tra i prodotti, se i costi di riconversione sono modesti e se lapropensione al cambiamento dei consumatori è elevata. L’analisi del valore-prezzo serve a comparare l’attitudinedei prodotti sostitutivi a generare valore per gli acquirenti rispetto a quelli presenti nel settore. E’ anche importanteconsiderare i costi di riconversione, originati dalla necessità di adattamento al nuovo prodotto, dal bisogno diacquisire una certa facilità nel suo utilizzo e dal rischio che il bene sostituito non soddisfi completamente leaspettative. Inoltre è fondamentale individuare la propensione al cambiamento da parte degli acquirenti chederiva dall’intensità del cambiamento, dalla predisposizione all’innovazione, e dalla propensione al rischio.

Le aziende con la presenza di tecnologie consolidate devono prestare molta attenzione alle nuove tecnologiepoiché queste ultime presentano elevati margini di miglioramento. Infatti, le tecnologie emergenti presentanoforti potenziali di sviluppo rispetto a quelle consolidate poiché hanno bassi volumi cumulati e sono avanzate pocolungo la curva di esperienza: l’adozione di una nuova tecnologia annulla il volume cumulato che un’impresa puòavere prodotto con altre tecnologie. In alcuni casi, la grande esperienza ed i modi di operare acquisiti con lavecchia tecnologia possono essere d’ostacolo al pieno sfruttamento della tecnologia emergente.

La presenza diprodotti sostitutiviimpone spesso unlimite massimo aiprezzi praticabiliagli acquirenti oltreil quale essiorienteranno lapropria scelta versoil prodottosostitutivo piùconveniente

2.5 Analisi dei clienti e dei fornitori

L’analisi dei clienti e dei fornitori di un determinato settore è finalizzata a individuare i principali clienti e fornitoridell’azienda e quelli il cui peso contrattuale è in grado di ridurre i margini di profitto. I rapporti con il mercato di forniturainfluiscono sulla capacità competitiva delle imprese relativamente agli approvvigionamenti. I fornitori possono incideresu fattori quali il livello dei prezzi di acquisto, le condizioni di pagamento, i tempi di dilazione, la stabilità nel tempo deiprezzi, la qualità delle forniture (efficienza dei processi produttivi e qualità dei prodotti finiti), l’adeguatezza dell’assistenzatecnica, la puntualità delle consegne e le informazioni sull’evoluzione tecnologica dei materiali.

Se i beni acquistati dai fornitori rappresentano una componente fondamentale del processo produttivo, diverse condizionidi approvvigionamento comportano notevoli differenze nella capacità concorrenziale delle singole imprese.

Per quanto riguarda i mercati di sbocco, i clienti possono rappresentare una forza competitiva nella misura in cui sianoin grado di imporre all’azienda un comportamento che ne riduca i margini di profitto (riduzioni di prezzo, miglioramentidel servizio o della qualità). Al contrario, se i beni o servizi oggetto d’acquisto non rivestono una funzione importantenel processo produttivo delle imprese acquirenti, la diversità nelle condizioni di approvvigionamento non costituisceun fattore rilevante di differenziazione delle imprese nel settore. A parità di ogni altra condizione, le imprese miglioranoil proprio posizionamento strategico se riescono a non dipendere troppo dai propri fornitori e a legare a sé i clienti.

Le impresemigliorano il proprioposizionamentostrategico seriescono a nondipendere troppodai fornitori e alegare a sé i clienti

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Il potere contrattuale dei clienti e dei fornitori è determinato dalle seguenti variabili:

• Dimensioni relative dei contraenti: un cliente importante che acquista da fornitori di piccole dimensioni potràesercitare un elevato potere contrattuale nei loro confronti.

• Concentrazione dell’offerta o della domanda: minore è il numero di clienti che l’azienda ha nel proprioportafoglio, tanto maggiore sarà il loro potere contrattuale. Simmetricamente, il potere contrattuale neiconfronti dei clienti diminuisce all’aumentare del loro grado di concentrazione.

• Differenziazione dell’offerta: quando l’offerta è rappresentata da un bene poco differenziato (commodity) ilpotere contrattuale relativo dei clienti è elevato. Infatti, il prezzo dei beni scarsamente differenziati è moltopiù sensibile al rapporto domanda/offerta dei beni differenziati. Se la domanda supera l’offerta, il prezzo diuna commodity può avere prezzi molto elevati, che si abbassano nel caso in cui l’offerta superi la domanda.

• Possibilità di integrazione: il potere contrattuale dei clienti aumenta se questi ultimi decidono di integrarsi amonte, ovvero di “produrre” ciò che prima era acquisito esternamente, mentre quello dei fornitori cresce se siintegrano a valle, ovvero se iniziano a “produrre” ciò che era di competenza dei propri clienti. Infatti i motiviper cui si attua un progetto d’integrazione risiedono nella possibilità di ridurre i costi e di migliorare la posizionedi mercato, attraverso un maggiore controllo dello stesso e delle fonti di approvvigionamento.

• Costi di riconversione: quando i costi di riconversione sono elevati, i clienti possono incorrere in numeroseinefficienze e prezzi molto elevati.

• Incidenza del bene sui costi dell’acquirente: se si riesce a vendere un prodotto che incide poco sui costidell’acquirente, è molto probabile che si riusciranno ad ottenere prezzi molto convenienti, poiché il clientenon farà valere tutto il proprio potere contrattuale.

L’analisi del sistema competitivo rappresenta il punto di partenza per la definizione della strategia con la quales’intende affrontare la concorrenza. Infatti, in base alle caratteristiche del sistema competitivo e delle risorse ecompetenze di cui si dispone, occorre individuare una strategia che garantisca il successo competitivo e reddituale.

3.1 Introduzione

E’ fondamentale che una start-up, per avere successo, definisca in modo più preciso possibile il proprio mercatodi riferimento. In questo paragrafo verrà effettuata una semplice e sintetica analisi del mercato e del settore incui l’azienda opera. Il mercato obiettivo è costituito da un gruppo di clienti esistenti o potenziali nell’ambito delpiù ampio mercato al quale l’azienda decide di rivolgersi. Una scelta selettiva del mercato obiettivo fa parteintegrante di un orientamento al mercato. Infatti, essere orientati al mercato significa produrre ciò che il mercatopuò apprezzare. Tuttavia, assumere la prospettiva del cliente non significa necessariamente impostare la strategiasulla base di quello che il cliente chiede in un determinato momento bensì immaginare nuovi prodotti, nuoviservizi, nuovi processi di produzione e di distribuzione che il cliente finale, non disponendo di tutte le informazioninecessarie, non riuscirebbe nemmeno a immaginare, cercando quindi di anticipare i suoi bisogni.

La stima della domanda corrente e la previsione della domanda futura di mercato rappresentano la base informativaper la predisposizione del piano di marketing, nonché di quello relativo alla struttura e all’organizzazione aziendale.

E’ fondamentaleche una start-up,per averesuccesso,definisca in modopiù precisopossibile ilproprio mercatodi riferimento

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CAPITOLO 3Fattibilità dimarketing

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Dal punto divista qualitativo,

ovvero dellemotivazioni che

spingono iconsumatori ad

effettuare le loroscelte, i mercatisono descrivibili

in terminigeografici,

demografici epsicologici

3.2 Domanda globale e quota di mercato dell’azienda

La domanda globale individua i volumi complessivi di vendita dei beni che vengono richiesti in un determinatoperiodo di tempo dall’insieme di individui che costituiscono il mercato. E’ formata dall’insieme di potenzialiconsumatori interessati a soddisfare i propri bisogni impegnandosi in uno scambio sul mercato. La previsionedella domanda di un certo prodotto/servizio costituisce la premessa necessaria per la formulazione del businessplan: su di essa si basano le scelte del lancio di nuovi prodotti/servizi ed in generale tutte le decisioni che occorreassumere per l’avvio del progetto imprenditoriale e che comportano investimenti sul mercato (impianti daacquistare, dipendenti da assumere, dove localizzare l’impresa ecc.).

All’interno del business plan occorre indicare qual è la quota di mercato e di conseguenza il fatturato che la start-up vuole ottenere al fine di conseguire obiettivi in termini di costi di commercializzazione e di produzione. Laquota di mercato è determinata dal rapporto tra il volume d’affari dell’impresa e il volume d’affari totale delsettore che si vuole considerare.

Se si lancia sul mercato un prodotto o un servizio molto innovativo ci si deve preoccupare della domandacomplessiva che il mercato può raggiungere (domanda primaria). Quando, invece si entra in un mercato offrendobeni simili a quelli già esistenti, oltre alla domanda primaria occorre identificare la quota di mercato a cui l’aziendaintende ambire. Per analizzare la quota di mercato a cui ambisce l’impresa è importante individuare i fattori cheincidono sulla domanda primaria e specifica dell’azienda.

L’analisi della quota di mercato prende in considerazione il valore, in termini di fatturato, del mercato dei principaliclienti prescelti come target, indicando il tasso di crescita atteso del mercato e le proiezioni future. Per farlobisogna capire innanzitutto le caratteristiche qualitative e quantitative rilevanti delle persone che appartengonoal mercato di riferimento.

Dal punto di vista qualitativo (motivazioni che spingono i consumatori ad effettuare le loro scelte), i mercati sonodescrivibili in termini di:

• Geografia del mercato: questo fattore indica dove i clienti si trovano fisicamente. Se i prodotti sono distribuitimediante Internet, è evidente che la collocazione geografica dei clienti potrebbe essere irrilevante;

• Demografia del mercato: è necessario effettuare l’analisi dei bisogni dei consumatori, in base alle loro preferenze,alla frequenza di acquisto, ai prezzi medi presenti sul mercato, alla disponibilità, al prezzo dei beni complementarie sostitutivi, al grado di saturazione del mercato e all’elasticità della domanda al prezzo2. Tali fattori sonospesso associati alle caratteristiche demografiche dei clienti (nazionalità, età occupazione e reddito personalee familiare). E’ molto importante individuare i fattori demografici comuni che individuano le persone chepotrebbero diventare potenziali clienti.

2 L’elasticità della domanda rispetto al prezzo indica la sensibilità degli acquirenti rispetto al prezzo e, in teoria, consente di valutarele quantità che saranno richieste in base a diversi livelli di prezzo.

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• Psicologia del mercato: taluni aspetti sono soggettivi e attengono allo stile di vita e alla personalità degli individui,anche se sono riscontrabili caratteristiche oggettive di natura demo socioeconomica (yuppies, puritani, evolutiecc). I profili psicologici delle persone che vivono nelle grandi metropoli sono piuttosto differenti dai profilidi coloro che fanno parte di comunità agricole e montane. E’ importante, quindi considerare gli stili di vita eil tipo di personalità che meglio descrivono il mercato.

Nella valutazione della quota di mercato è necessario anche individuare il comportamento dei consumatori, ossiatenere in considerazione che cosa i clienti acquistano (beni di consumo, beni industriali, beni durevoli, commodities),chi acquista (profilo dei clienti), dove acquistano, il motivo per cui acquistano (ad es. per se stessi o per fare unregalo), quando acquistano (se le vendite sono stagionali o annuali) e come avviene l’acquisto (ad es. se l’acquirentecerca consigli o supporto alla vendita, se è meditato o d’impulso, e se il consumatore è fidelizzato ad una marca).

La strategia di marketing si può impostare anche considerando la propensione dei clienti ad accettare servizi eprodotti innovativi. Infatti, gli individui orientati all’innovazione presentano caratteristiche psicologiche moltodiverse rispetto ai conservatori. La figura 5 riporta una classificazione dei consumatori sulla base della loropropensione all’innovazione in un arco temporale di medio-lungo periodo.

Figura 5. Classificazione dei consumatori per propensione all’innovazione

TEMPOFonte: Parolini, 1999

I consumatori che appartengono alle diverse categorie individuate presentano differenti comportamenti di acquistoe sono sensibili a diverse leve di marketing. Ad esempio, coloro che sono propensi all’innovazione presentanoun grande atteggiamento di apertura mentale, una propensione al rischio alta, non sono fidelizzati a una marca,leggono riviste specializzate, hanno solitamente un’istruzione, una fascia di reddito e uno status lavorativo elevati.

Tale profilo psicologico e sociale degli innovatori è profondamente diverso da quello dei conservatori: passandoda un gruppo all’altro è quindi necessario modificare le strategie di marketing e le politiche di comunicazione.

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Moltiplicando ilnumero di clientipotenziali con il

coefficiente diacquisto annuo

(massimo) siottiene ladomanda

potenzialemassima di

mercato

3.3 La stima della domanda di mercato corrente e futura

Il metodo più comune della stima della domanda di mercato corrente è quello dei rapporti concatenati o a catenabasato su una successione di stime interrelate. Seguendo la distribuzione omogenea della popolazione totalenazionale (ad es. per reddito, età, residenza, area urbana) si può definire il target quantitativo di consumatori.Tuttavia, tale metodo presenta problemi in materia della scelta dei moltiplicatori, poiché non sempre sonodisponibili statistiche ufficiali per cui si sopperisce attraverso stime che possono presentare un elevato marginedi errore.

Un altro metodo è l’utilizzo dell’indice del potere di acquisto o di consumo utilizzato per i beni di consumo. Talemetodo si avvale di una formula matematica semplice attraverso la quale il mercato potenziale di un dato prodottoè individuato sulla base della popolazione residente in un’area, del suo potere d’acquisto, del suo indice diconsumo. Il “coefficiente di acquisto annuo” rappresenta il numero di prodotti che la start-up può pensare divendere ad ogni singolo cliente in un anno. Esso varia a seconda della tipologia di prodotto considerato.

Moltiplicando il numero di clienti potenziali con il coefficiente di acquisto annuo (massimo) si ottiene la domandapotenziale massima di mercato.

Si può sintetizzare l’analisi quantitativa della stima della domanda con la seguente formula:

Q=n*p*q

Q rappresenta il potenziale totale della domanda di mercato

n il numero di acquirenti del prodotto o servizio

q la quantità acquistata mediamente da un acquirente in un anno

p il prezzo medio unitario del prodotto-servizio.

La fattibilità di un progetto di una nuova impresa comporta che, alla stima della domanda corrente, si aggiungala previsione di quella futura. Tale previsione deve necessariamente coprire un periodo di tempo non breve,essendo solitamente pluriennale il ritorno degli investimenti. L’analisi del tasso di sviluppo del mercato è essenzialeper la valutazione delle potenzialità future del business.

Comprendere in anticipo le tendenze di mercato permette di cogliere tempestivamente anche le più piccoleopportunità di crescita per acquistare un vantaggio competitivo. La tempestività è essenziale in ogni strategiadi marketing.

Il problema previsionale pone varie difficoltà, legate non solo all’orizzonte temporale da analizzare, in quanto alcrescere di questo aumenta la difficoltà di stima e la probabilità di commettere errori, ma anche in relazione allapossibilità di disporre di informazioni storiche sul prodotto oggetto di stima.

L’analista deve individuare se il tasso di crescita più significativo è espresso in termini di fatturato prospetticoin valore, in numero dei clienti potenziali, o in progetti completati.

Comprendere inanticipo le

tendenze dimercato permette

di coglieretempestivamente

anche le piùpiccole

opportunità dicrescita per

acquistare unvantaggio

competitivo

29

I metodi previsionali utilizzati in azienda possono essere soggettivi-informali (si basano sull’esperienza, sull’intuizionedei dirigenti, dello staff e dei venditori) o oggettivi (utilizzano veri e propri modelli matematici e statistici di calcolo).Tuttavia, i modelli oggettivi colgono solo una parte del sistema osservato e precisamente quell’aspetto sintetizzatodal modello stesso. Di conseguenza, l’adozione di un modello oggettivo non esclude l’impiego a latere di unostrumento soggettivo.

In questa sede non ci soffermeremo sull’analisi dettagliata dei metodi soggettivi e oggettivi previsionali delladomanda di mercato. Ai nostri fini è importante sapere che, se le previsioni della domanda di mercato sono dicrescita, è essenziale descrivere brevemente come si intenda sfruttare tale opportunità, mentre se si prevedeuna crescita molto lenta o anche negativa, il compito di stimare gli effetti sull’assetto aziendale diventa piùdifficoltoso e richiede l’attuazione di una strategia di sottrazione delle quote di mercato alla concorrenza.

Le fonti di informazione per stimare il tasso di crescita del mercato sono rappresentate dai bilanci delle impresedepositati nelle Camere di Commercio, dalle pubblicazioni scientifiche e accademiche, dalle pubblicazioni dell’ISTAT(che fornisce numerose informazioni sulla popolazione, sull’andamento della domanda nei diversi settori e cosìvia), da banche dati online (Datamonitor o Insite pro), siti web specializzati (Edgaronline.com, hoovers.com) eriviste internazionali specializzate (quali Business Week, Economist, Financial Times), interviste telefoniche oquestionari, e la partecipazione a fiere, mostre e convegni.

Una volta acquisite, queste informazioni si devono adattare alle necessità di analisi, tenendo conto dell’impattoeffettivo dei trend analizzati sui propri mercati.

3.4 L’analisi del vantaggio competitivo

Nell’analisi della fattibilità di marketing è fondamentale individuare il vantaggio competitivo che la start-up intendeperseguire, sfruttando al meglio i propri punti di forza per conseguire margini di profitto più elevati rispetto aiconcorrenti. Le strategie di base esperibili afferiscono ai concetti di leadership di costo e di differenziazione. Lafigura 6 rappresenta in matrice le principali strategie perseguibili.

Figura 6. Vantaggio Competitivo

Fonte: Porter, 1985

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Con la leadership di costo, una start-up cerca di realizzare la produzione al costo più basso, servendo moltisegmenti nel settore. Fonti di tale vantaggio risiedono nelle economie di scala, in un accesso privilegiato almercato dei fattori produttivi, in tecnologie innovative e così via. In genere le imprese che adottano strategie dicosto tendono a offrire prodotti standardizzati e di qualità non particolarmente elevata. Il leader di costo otterràun vantaggio competitivo solo se riuscirà a fornire un bene di qualità con una buona immagine e a mantenere ipropri prezzi vicini a quelli della concorrenza.

La strategia della differenziazione legittima quello che si chiama premium price (vantaggio di prezzo) e mira aconferire al prodotto un valore distintivo rispetto a quello dei concorrenti in termini di immagine, caratteristicheintrinseche del prodotto, livello tecnologico del bene offerto, e modalità di erogazione dell’offerta. Tuttavia, comei leader di costo non possono permettersi di trascurare la qualità, le imprese che cercano di realizzare unastrategia di differenziazione otterranno risultati economici soddisfacenti solo se non trascurano i costi, ossia seriescono a ottenere vantaggi di prezzo (premium price) superiori ai costi di differenziazione.

Inoltre, nel caso in cui i segmenti prescelti siano mal serviti dai concorrenti (solitamente le grandi imprese) sipuò optare per una politica di focalizzazione sui costi, intesa a perseguire un vantaggio di costo limitatamentea uno o pochi segmenti del mercato, oppure di focalizzazione sulla differenziazione, il cui fine è cercare dirispondere ai bisogni di un segmento specifico (nicchia) meglio delle imprese che operano con un vasto raggiod’azione.

Il rischio principale delle strategie di focalizzazione è quello che il segmento prescelto non sia sufficientementeampio da consentire di operare con efficienza o che le imprese di grandi dimensioni riescano a soddisfare anchei bisogni di tale nicchia. La figura 7 riporta gli elementi chiave e le risorse e competenze di cui bisogna dotarsiper il perseguimento dei due differenti percorsi strategici.

Figura 7. Requisiti delle strategie

Fonte: Coda, 1988

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Una volta esplicitato il tipo di vantaggio competitivo ricercato e il conseguente orientamento strategico di fondo,l’analista aziendale dovrà analizzare i fattori critici di successo del business, ossia le competenze necessarieper conseguire tale vantaggio (es. qualità dei prodotti, l’affidabilità del prezzo, la capacità di consegne rapide epuntuali). Inoltre deve individuare gli eventuali punti di forza e di debolezza rispetto alla concorrenza, analizzatitramite la SWOT ANALYSIS.

3.5 La SWOT ANALYSIS

La SWOT Anlysis identifica il percorso strategico che aiuta a valutare l’efficacia del progetto imprenditoriale (ilmodello può essere applicato a qualunque tipo di valutazione), supportando la sua implementazione e permettendodi decidere sulla validità dello stesso al fine di essere implementato. SWOT è un acronimo che sta per: Strenghts(punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce). Tale analisis’inserisce nel processo di formulazione delle strategie e offre al management gli elementi necessari per valutarela fattibilità e la sostenibilità di alternativi percorsi strategici.

La SWOT Analysis consiste in un processo sistematico di analisi delle risorse, sia materiali che immateriali,finalizzato all’individuazione dei punti di forza e di debolezza del “sistema azienda” con riferimento ad un obiettivostrategico pre-definito. In tal modo si identificano le risorse chiave (“Core competencies”) a disposizione del neo-imprenditore, affinché la nuova impresa possa raggiungere l’obiettivo prefissato e dunque conseguire un vantaggiocompetitivo sostenibile. L’analisi SWOT potrebbe anche fare emergere l’impossibilità dell’azienda di raggiungerel’obiettivo e dunque la necessità di dovere riformulare la strategia imprenditoriale.

In particolare vengono analizzati gli aspetti indicati nella figura 8:

• Strenghts (in cosa è o sarà forte la nostra azienda?): rappresentano le capacità e le competenze dell’organizzazioneche sono utili e distintive per il raggiungimento dell’obiettivo strategico.

• Weaknesses (in cosa riconosciamo le nostre debolezze?): rappresentano le risorse e le competenze aziendaliche sono inutili se non dannose per il raggiungimento dell’obiettivo e che dunque devono essere riviste ereindirizzate.

• Opportunities: evidenziano le tendenze e gli eventi positivi che possono fornire vantaggi all’impresa esostenerla nella realizzazione dell’obiettivo strategico.

• Threats: identificano rischi o eventi certi che possono compromettere presente e futuro e che, in qualchemodo vanno ridotti, evitati, o affrontati con un’accurata programmazione e pianificazione.

SWOT è unacronimo chesta per:Strenghts (puntidi forza),Weaknesses(punti didebolezza),Opportunities(opportunità) eThreats(minacce)

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Figura 8. L’analisi SWOT

La SWOTAnalysis

evidenzial’adeguatezzadelle risorse e

dellecompetenze

possedute daun’impresarispetto al

proprio mercatodi riferimento

Fonte: Bove, 2011

A ognuna di queste caselle possono essere assegnati punteggi diversi, positivi o negativi, al fine di ottenere un risultatoche aiuti a valutare la sostenibilità della strategia.

La SWOT Analysis evidenzia l’adeguatezza delle risorse e delle competenze possedute da un’impresa rispetto al propriomercato di riferimento. Le risorse sono distinte in tre particolari categorie: le risorse tangibili che identificano gli assetsmateriali e finanziari delle imprese; quelle intangibili che sono difficilmente valutabili, relative alla tecnologia, all’immagine,al know-how e all’insieme dei valori aziendali; le risorse umane relative ad abilità, esperienze e motivazioni del personale.

Le competenze aziendali indicano la capacità dell’impresa di coordinare e impiegare le proprie risorse utilizzandoprocessi organizzativi e meccanismi strutturali con l’obiettivo di raggiungere gli obiettivi aziendali. Il vantaggio competitivodelle imprese deriva dall’individuazione delle “core competencies” (competenze centrali), ossia dalle risorse distintivepossedute dall’azienda che la contraddistinguono rispetto ai diretti concorrenti. La risorsa, per essere “core”, devepresentare un’elevata capacità di originare e di sviluppare un vantaggio competitivo duraturo e una bassa appropriabilitàdella risorsa stessa. Una volta analizzato il portafoglio di risorse e competenze della nuova impresa, è importante valutare,in chiave strategica, la situazione attuale e potenziale dello stesso, identificando le eventuali competenze distintive (puntidi forza) ed i limiti (punti di debolezza) ravvisati nelle aree funzionali critiche.

Fondamentale importanza riveste l’individuazione della posizione dell’impresa nei confronti dei concorrenti (posizioneforte, allineata o debole) affinché la start-up possa sviluppare competenze che le consentano di mettere efficacementein atto le strategie competitive e raggiungere gli obiettivi prefissati. Dopo aver compreso da dove derivino le fonti delvantaggio competitivo ricercato e la loro sostenibilità, si deve affrontare il problema dello sviluppo e della gestione dirisorse e competenze distintive dell’impresa, comprendendo le opportunità e le minacce derivanti dal contesto competitivoe dal mercato di riferimento. A tal fine, è necessario individuare e identificare le risorse da mantenere, rafforzare,acquisire ex novo o abbandonare, coerentemente con il posizionamento futuro ricercato.

In questo processo di valutazione, la tendenza è quella di concentrarsi sulla parte forte e tralasciare quella debole.Tuttavia, focalizzarsi sulla parte debole non costituisce pessimismo, ma aiuta a valutare meglio le limitazioni o gli ostacolirelativi a una nuova attività imprenditoriale.

I nuovi soggetti economici, decidendo di entrare in un certo mercato e dovendo operare in contesti dinamici devonoconsiderare le minacce e le opportunità offerte dallo stesso e i punti di forza e di debolezza sui quali la nuova impresadeve fondare la propria strategia competitiva. A tal fine è necessario formulare strategie che siano coerenti, non solocon gli obiettivi e le risorse disponibili (coerenza interna), ma anche con le minacce e le opportunità che provengonodall’esterno (coerenza esterna).

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Il marketingstrategico sipropone diverificare le fasi disegmentazione, discelta del mercatoobiettivo e diposizionamentodel prodotto odell’interomarketing mix

3.6 Il marketing strategico: segmentazione, targeting e posizionamento

Una volta esaminati in dettaglio il mercato, il settore, la concorrenza e individuate le basi del vantaggio competitivo,il marketing strategico si propone di verificare le fasi di segmentazione, di scelta del mercato obiettivo e diposizionamento del prodotto o dell’intero marketing mix, ovvero della particolare combinazione di prodotto, prezzo,canale distributivo e campagna promozionale che identifica l’offerta dell’impresa.

La segmentazione (partitioning) della domanda rappresenta uno dei passaggi fondamentali nell’elaborazione diuna strategia di marketing. Essa consiste nell’individuare, all’interno del mercato, segmenti potenziali di clientiche risultano accumunati da una serie di parametri di varia natura (sociali, demografici, comportamentali, ecc.),i quali potrebbero richiedere prodotti e marketing mix specifici. La segmentazione è pertanto utile per analizzaremeglio le caratteristiche dei clienti e sviluppare strategie e politiche di marketing efficaci col minimo costo,ricercando nuove possibilità di business e identificando nuovi bisogni o nuovi mercati che possono esseresoddisfatti con l’attuale offerta dell’impresa o ai quali rivolgersi con un’offerta innovativa.

La segmentazione del mercato per i beni di consumo può essere impostata utilizzando diversi criteri:

• segmentazione geografica: si basa sul presupposto che in aree geografiche differenti (stato, regione, clima,dimensione, centro abitato) i bisogni espressi dal mercato siano diversi;

• segmentazione socio-demografica: le variabili socio-demografiche per identificare gruppi omogenei diconsumatori possono essere il reddito, la professione svolta, il sesso, l’età, il numero di membri della famiglia,la classe sociale, il grado d’istruzione;

• segmentazione psicologica o per stili di vita: il marketing mix può essere definito per classi di individui chepresentano particolari caratteristiche psicologiche, sulla base di indicatori di personalità (individui innovatori,conservatori, sensibili o meno al prestigio o alla moda, esibizionisti, aggressivi);

• segmentazione comportamentale: si basa sul comportamento di acquisto del consumatore, individuando laposizione del cliente effettivo o potenziale (non utilizzatori, utilizzatori potenziali, utilizzatori al primo acquistoo abituali), il tasso di utilizzazione del prodotto (utilizzatore poco esperto o molto esperto), la quantità domandata(può accadere ad esempio che il 20% dei clienti realizzi l’80% del volume d’affari), la situazione d’uso (usopersonale, per regalo, per occasioni speciali), il grado di fedeltà alla marca, e la sensibilità a certe variabilidi marketing (prezzo, offerte speciali e così via.)

• segmentazione in base ai vantaggi perseguiti: identifica i segmenti di mercato all’interno dei quali i consumatoriacquistano per motivazioni simili. Ad esempio, un capo di abbigliamento può essere acquistato semplicementeper coprirsi, perché comunica conformismo a un gruppo di persone, oppure perché rappresenta uno statussymbol, in quanto può essere prodotto da un brand famoso di alta moda o rappresenta un pezzo unico o unaproduzione limitata. Tale tipo di segmentazione fornisce delle indicazioni chiare e precise su come devono essereconfigurati il sistema dell’offerta e della comunicazione a seconda del segmento al quale ci si rivolge.

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La descrizione delposizionamento si

riferisce a qualepercezione i

mercati obiettivo(target)

dovrebberomaturare rispettoal prodotto/marca

offerto dallastart-up

La segmentazione per i beni industriali si differenzia da quella per beni di consumo in quanto considera le variabilieconomiche, che sostituiscono quelle socio-demografiche. In tal caso, la segmentazione può avvenire per dimensionedei clienti (piccole, medie o grandi aziende), per settore di appartenenza (automobilistico, fashion, bancario, ecc.) pervolumi acquistati (grandi o piccoli utenti), e ruolo occupato nella supply chain, ovvero nella catena di fornitura che legale imprese di una stessa filiera (grossista, dettagliante, trasformatore).

Inoltre i clienti per i beni industriali si possono segmentare anche per caratteristiche organizzative (organizzazioniimprenditoriali o burocratiche, semplici o complesse, statiche, dinamiche, accentrate o decentrate). Infatti, le caratteristicheorganizzative influenzano notevolmente le politiche di vendita: in un’organizzazione semplice è sufficiente il consensodell’imprenditore per ottenere l’ordine, mentre nelle organizzazioni complesse e burocratiche è importante capire chieffettivamente prende le decisioni, sulla base di quali criteri sarà necessario fare preventivi accurati.

Una volta identificati i diversi segmenti di mercato nel modo più oggettivo e misurabile possibile, occorre procederealla seconda fase del marketing strategico: la scelta del targeting di mercato che consiste nel decidere quali segmentisi intende fornire e come, identificando la convenienza a fornirli in modo differenziato.

L’azienda può scegliere varie tipologie di targeting:

• marketing indifferenziato: l’impresa elabora un solo marketing mix per tutti i clienti considerati in modo omogeneo,affrontando il mercato nel suo complesso e concentrandosi sui bisogni comuni piuttosto che sulle differenze. Intal modo l’azienda fornisce beni standardizzati, sfruttando le economie di scala;

• marketing differenziato: l’azienda elabora strategie specifiche e per ciascun segmento della domanda, con diversisistemi di offerta. In tal modo perde i vantaggi delle economie di scala, ma riesce a rispondere alle esigenze diciascun segmento aumentandone il fatturato;

• marketing concentrato: l’impresa decide di fornire il prodotto o il servizio ideali per un particolare segmento delmercato, su cui indirizza tutti gli sforzi, ossia si focalizza sulle nicchie di mercato.

La terza fase di marketing strategico consiste nell’analisi del posizionamento del prodotto o dell’intero marketing mix(positioning). Infatti, dopo le scelte di copertura del mercato, l’aspirante imprenditore deve collocare la propria offerta,definendo la collocazione “spaziale” che il proprio prodotto deve assumere nell’area strategica prescelta e nella mentedi consumatori, in modo da differenziarsi rispetto ai concorrenti. La descrizione del posizionamento si riferisce a qualepercezione i mercati obiettivo (target) dovrebbero maturare rispetto al prodotto/marca offerto dalla start-up, individuandol’identità con cui il prodotto si presenterà sul mercato, i benefici attesi e i punti di forza o di debolezza dell’offerta rispettoa quella dei concorrenti.

I criteri più utilizzati nell’analisi del posizionamento di mercato sono:

• il posizionamento per attributi (qualità, livello di servizio, marca);

• il posizionamento per benefici, ossia i bisogni di cui il consumatore ricerca la soddisfazione (es. per il lattee lo yogurt, la digeribilità);

• il posizionamento per specifiche occasioni d’uso (situazioni in cui il prodotto può essere consumato);35

L’analisi delposizionamentoavviene anchetramite lacostruzione dimappe diposizionamentoche raffiguranola posizioneoccupata daciascun prodottorispetto allevariabili ritenutepiù significative

• il posizionamento per singoli utilizzatori: il prodotto viene associato a un particolare target di consumatorisuddivisi per età, condizione economica-sociale e così via;

• il posizionamento rispetto ad una classe di prodotti (es. latte intero o latte scremato);

• il posizionamento per contrapposizione ad un prodotto, che è tipico delle nicchie di mercato impegnate aidentificare i caratteri distintivi necessari per contrastare l’impresa leader di quella nicchia di mercato.

L’analisi del posizionamento avviene anche tramite la costruzione di mappe di posizionamento che raffiguranola posizione occupata da ciascun prodotto rispetto alle variabili ritenute più significative. Esse sono rappresentazionigeometriche sintetiche delle percezioni che i consumatori utilizzano nella valutazione dei prodotti concorrenti.La figura 9 ne riporta un esempio.

Figura 9. Esempio di mappa di posizionamento - categoria analgesici

Fonte: Ferrandina e Carriero, 2005

Sinteticamente, la mappa di posizionamento sopra riportata individua la leggerezza (in un continuum che muoveda bassa nel caso di diversi effetti collaterali ad elevata nel caso di limitati o assenti effetti collaterali) e l’efficacia(da lenta a rapida) come le due principali caratteristiche che vengono valutate dal potenziale consumatore infase d’acquisto di un prodotto analgesico. In base alle differenti percezioni dei consumatori, le principali marchedi analgesici vengono posizionate nella mappa. Si può notare ad esempio che la marca Tylenol occupa unaposizione vantaggiosa, coniugando rapidità e leggerezza della soluzione analgesica. La mappa rileva inoltre un“vuoto d’offerta” nel quadrante degli analgesici ad efficacia lenta ma di elevata leggerezza.

Il posizionamento assume un notevole rilievo nel processo di decisione strategica in quanto rappresenta ilcollegamento tra la definizione e interpretazione del mercato e le scelte di marketing mix con le quali s’intendeoperare nel contesto competitivo.

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Le variabili chetradizionalmentesi includono nelmarketing mix

sono le 4P:Product, Price,

Place, Promotion

3.7 Il marketing mix

Il marketing mix indica la combinazione (mix) di variabili controllabili (leve decisionali) che le imprese impiegano perrealizzare i propri obiettivi. Le variabili che tradizionalmente si includono nel marketing mix sono le 4P (in inglese fourP's, McCarthy 1960):

• Product (politica di prodotto): riguarda la natura fisico-tecnica del prodotto offerto, la sua funzione, la gamma offerta,la marca eventuale, i servizi pre- e post-vendita, il design e il packaging.

• Price (politica di prezzo): tramite la politica di prezzo si definisce il prezzo base, gli eventuali sconti praticati, i terminidi pagamento, le offerte speciali.

• Place (politica di distribuzione): riguarda la scelta dei canali distributivi, gli aspetti logistici, l’organizzazione dellaforza di vendita, la definizione degli obiettivi di copertura del mercato (ad esempio in quali e quanti punti venditasi vuole essere presenti).

• Promotion (politica di comunicazione): in tale ambito si definiscono la qualità e la quantità degli investimenti inpubblicità, promozione delle vendite, direct marketing, partecipazione a mostre, fiere e sponsorizzazioni.

Il piano di marketing raccoglie tutte le decisioni inerenti il marketing mix e descrive le scelte che determinano il sistemadi prodotto e servizio offerto sul mercato e la sua percezione da parte dei consumatori.

Le decisioni individuate nel piano di marketing identificano gli elementi della formula imprenditoriale: la politica diprodotto e la politica di prezzo indicano la maggior parte degli elementi del sistema di prodotto, la politica di distribuzioneinfluenza il sistema di prodotto (in quanto indica le modalità con le quali si deve impostare la struttura logistica edistributiva dell’azienda), la politica di comunicazione influenza l’immagine del bene offerto e la struttura di marketingdell’impresa.

3.8 La politica di prodotto

Il sistema di prodotto indica l’offerta che l’azienda propone al mercato obiettivo prescelto. La convenienza nelscegliere l’offerta di un’azienda rispetto a un’altra dipende dai vantaggi competitivi del sistema di prodotto rispettoa quello dei concorrenti e può essere descritta considerando tutti i benefici e i costi che l’offerta dell’aziendacomporta per i suoi clienti.

Tra i benefici si possono individuare l’ampiezza della gamma, la qualità del bene (affidabilità, funzionalità estetica),la durata, l’obsolescenza, la disponibilità di prodotti o servizi complementari e accessori, la garanzia, le modalitàdi acquisto, il prestigio e l’accettazione sociale, la diffusione e la compatibilità con altri beni.

I costi si possono esprimere in termini di costi di acquisto, costi di manutenzione e installazione, costi informativi,di apprendimento, di conversione, di esercizio, di aggiornamento e il costo dei beni complementari e accessori.

La convenienzanel scegliere

l’offerta diun’azienda

rispetto a un’altradipende dai

vantaggicompetitivi del

sistema diprodotto rispetto

a quello deiconcorrenti

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I servizi hannoassuntoun’importanzaquasideterminantenella decisionedi acquisto.Possono esseresuddivisi inservizi di base,servizicomplementari eaccessori

Per un’azienda start-up il lancio di nuovi prodotti assume un ruolo essenziale nel determinare il profitto: l’introduzioneal momento giusto di un nuovo prodotto aiuta a mantenere il livello di profitto desiderato dalla nuova impresa.

Si possono individuare tre categorie di nuovi prodotti:

• prodotti realmente unici e innovativi (mercati e prodotti nuovi): tali prodotti sono introdotti spesso per consolidarela strategia di leadership tecnologica;

• articoli sostitutivi di prodotti già esistenti che sono significativamente diversi da questi ultimi (nuovi modelli di vestiti,caffè solubile contro quello in polvere ecc.). Essi vengono introdotti spesso per difendere la quota di mercato;

• prodotti imitativi che sono nuovi per l’azienda ma non per il mercato (il rischio è principalmente commerciale).

Le scelte che riguardano i prodotti sono anche determinate dal ciclo di vita, vale a dire dalla fase di andamento dellevendite in funzione del tempo, dal ruolo che ogni articolo riveste nell’equilibrio del portafoglio prodotti e dalle valutazionidi tipo competitivo. La considerazione dei costi e dei benefici per il cliente per tutta la vita utile del bene (life cycle costsand benefits) prende in considerazione gli elementi materiali, gli elementi immateriali e i servizi.

Gli elementi materiali sono rappresentati dalla qualità intrinseca del prodotto principale, dalla funzionalità, dalla qualitàdei materiali, dall’affidabilità, dal suo aspetto estetico, dalla disponibilità o la qualità di prodotti complementari o accessori.I prodotti complementari sono quelli che devono essere necessariamente disponibili per utilizzare il bene mentre iprodotti accessori sono opzionali. Il confezionamento (package) assume un rilievo critico perché oltre alla funzione diprotezione (trasporto dalla fabbrica al punto vendita) garantisce la conservazione, la sicurezza e l’igiene ed è diventatoanche un importante strumento di differenziazione e di comunicazione. Infatti, contribuisce a definire ed enfatizzarel’immagine e il prestigio di un prodotto e accresce il suo valore percepito (quando è parte integrante di profumi,deodoranti, vini, detersivi e così via).

Gli elementi immateriali sono rappresentati dal prestigio e dal senso di sicurezza che il consumatore tende ad associareal bene e possono derivare dal fatto che il prodotto sia firmato da un designer o uno stilista famoso o che appartengaad una marca famosa. La politica di marca richiede un notevole sforzo di investimenti, necessario per assicurare lariconoscibilità e la notorietà, talvolta fuori dalla portata delle aziende di dimensioni minori. L’apposizione della marcaconsente di conseguire vantaggi quali l’identificazione, la riconoscibilità, l’unicità e la tutela dall’imitazione e dallacontraffazione. A questo punto occorre decidere se apporre una marca per ogni prodotto (che ha l’obiettivo di evitareche eventuali insuccessi possano minacciare la reputazione dell’azienda), se apporre una marca per ogni linea diprodotti (al fine di soddisfare esigenze differenti), oppure se apporre una marca a tutti i prodotti. Quest’ultima alternativaderiva dall’esigenza di rendere minima la spesa pubblicitaria e, ove vi sia una relativa certezza circa la qualità dell’offerta,di poter trasferire l’immagine di successo già affermata o che si affermerà.

I servizi hanno assunto un’importanza quasi determinante nella decisione di acquisto. Possono essere suddivisi in servizidi base, servizi complementari e accessori. Tra i servizi di base assumono rilevanza le modalità di trasporto, i tempi diconsegna, le possibilità di ricevere il servizio con prenotazione o il bene a domicilio. I servizi complementari sononecessari per poter usufruire del bene in modo continuativo (ad es., servizio di assistenza e riparazione per un’impresa

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Il prezzo, tra leleve del

marketing mix, èquella su cui i

managerfocalizzano

maggiormentel’attenzione

proprio per ladiretta influenzache realizza sul

profitto

che produce macchine utensili), mentre i servizi accessori sono opzionali (es. servizi di ristorazione sui treni). La garanziae l’assistenza tecnica costituiscono servizi importanti in quanto riducono il rischio derivante dalla razionalità limitatadell’acquirente medio, che impedisce di poter verificare e apprezzare preventivamente il funzionamento e le componentitecniche di prodotti complessi e, in particolare, dei prodotti meno noti. L’offerta della garanzia rappresenta un’importantestrumento competitivo utile a rafforzare l’immagine e a favorire la differenziazione dell’azienda rispetto alla concorrenza

3.9 La politica di prezzo

Nell’ambito delle analisi di marketing afferenti il business plan, è essenziale verificare con cura i processi didefinizione dei prezzi. Il prezzo, tra le leve del marketing mix è quella su cui i manager focalizzano maggiormentel’attenzione proprio per la diretta influenza che realizza sul profitto. Le decisioni di prezzo sono fra le più difficili,soprattutto se si tratta di un prodotto innovativo per il quale non esistono molti termini di paragone.

I metodi utilizzati più frequentemente nella prassi operativa considerano diversi dimensioni quali la strutturainterna dei costi, il valore percepito di mercato e il comportamento dei concorrenti.

Il metodo del prezzo basato sui costi (cost-plus-pricing) perviene alla determinazione del prezzo addizionandoun margine di profitto (mark-up) ritenuto adeguato al costo sostenuto per produrre le unità di prodotto vendute.La quantificazione dei costi può essere realizzata tramite il metodo del costo pieno o full costing pricing, o deicosti indiretti (ovvero si sommano a tutti i costi direttamente riconducibili al prodotto, quali le materie prime,quote di costi indiretti, quali i costi amministrativi o produttivi, al fine di ottenere una configurazione di costo ilpiù esaustiva possibile).

Anche se molto utilizzata, la metodologia del prezzo basato sui costi presenta numerosi limiti in quanto il costounitario dei beni può essere difficile da determinare e il prezzo influenza i volumi di produzione e, di conseguenza,i costi stessi. Soprattutto se l’impresa è in fase di avvio, se si decide di praticare prezzi elevati, questo limita lequantità domandate, si riducono le economie di scala e di esperienza e il costo medio di produzione rimane alto.Se, al contrario, si decide di avviare la start-up con prezzi estremamente aggressivi, si potrebbero realizzarerapidamente alti volumi di vendita e abbassare il costo medio unitario tramite le economie di scala e di esperienza.

Il metodo del valore percepito (prezzo psicologico) fissa il prezzo del prodotto sulle percezioni che la clientela maturain relazione alle utilità da esso ottenibili. Se il prezzo che il consumatore è disposto a pagare non è remunerativo,si dovrà cercare di ridurre i costi, aumentarne il valore o rinunciare a vendere il prodotto o a erogare il sevizio. Unastrategia di alti prezzi ha successo solo se il prodotto si presenta come “unico” agli occhi del consumatore, conelevata qualità, prestigio ed esclusività (es. i brand di lusso e del fashion e i servizi di consulenza). Tale unicità puòriguardare sia aspetti immateriali, sia materiali. La presenza di prodotti sostitutivi che svolgono la stessa funzionebase e presentano un’immagine e tecnologie comparabili può provocare una riduzione dei prezzi.

Il metodo delvalore percepito

(prezzopsicologico)

fissa il prezzo delprodotto sulle

percezioni che laclientela maturain relazione alle

utilità da essoottenibili

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L’orientamento della politica di prezzo alla concorrenza (going rate pricing) prende come punto di riferimento i prezzidei concorrenti e viene adottata quando risulta difficile stimare i costi e quando le aziende hanno uno scarso livello diautonomia nello stabilire il prezzo sul mercato. Inoltre tale metodo viene adottato quando le imprese utilizzano unastrategia di marketing basata su prezzi molto competitivi rispetto ai concorrenti.

Le politiche di prezzo in sede di lancio di nuovi prodotti sono riconducibili alla politica di penetrazione e di scrematura.

Tramite la politica di penetrazione viene fissato un prezzo relativamente basso e estremamente competitivo che permettealla start-up di acquisire rapidamente una buona quota di mercato e impedisce nel contempo l’ingresso di nuovi entranti.La politica di penetrazione è consigliata alle imprese che possono beneficiare di numerose economie di scala e diesperienza, che permettono di ottenere vantaggi competitivi in modo da impedire l’ingresso di nuovi concorrenti sulmercato.

Con la politica di scrematura (skimming) si stabilisce inizialmente un prezzo più elevato rispetto a quello che la maggiorparte dei consumatori sarebbe disposto a pagare. Tale politica di prezzi si può adottare quando il prodotto è fuori dallaportata di larghe fasce di clientela ed esiste un’adeguata quota della domanda disposta a corrispondere un prezzosuperiore per un prodotto molto innovativo e difficilmente imitabile nel breve termine, poiché ad esempio gode diun’efficace protezione tecnologica e legale. In tal modo si consegue da subito un rilevante ritorno degli investimentiper il lancio del nuovo prodotto e una sensibile riduzione dei rischi che questi comportano.

3.10 La politica di distribuzione

La politica distributiva riassume decisioni riguardanti le scelte del canale commerciale, dell’intermediario al primolivello di contatto nel canale distributivo e dell’organizzazione della forza di vendita necessaria per raggiungerlo.

I canali diretti produttore-consumatore escludono l’intervento di intermediari e possono avvalersi di punti divendita dislocati in diverse località. In tal caso sono necessarie risorse finanziarie e know-how propri (venditaporta a porta, mezzi telefonici o postali).

I canali indiretti prevedono l’intervento di intermediari, nella persona dei dettaglianti nel caso di canali brevioppure dei grossisti e dettaglianti nei canali lunghi.

I canali diretti richiedono maggiori risorse rispetto a quelli indiretti, sebbene assicurino un controllo maggioredelle funzioni e del mercato a valle. Trovano rara applicazione per i beni di consumo, mentre per i beni industrialirimangono il meccanismo elettivo.

Il quadro relativo alla leva distributiva si completa con la decisione sulle modalità attraverso le quali raggiungeregli intermediari, sia diretti che indiretti, che rappresentano il primo stadio di intermediazione.

La politicadistributivariassumedecisioniriguardanti lescelte del canalecommerciale,dell’intermediarioal primo livello dicontatto nelcanaledella forza vendita

distributivo e

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Le alternative cui è possibile fare ricorso sono:

• Venditori diretti: la loro retribuzione è in gran parte a stipendio fisso, e una percentuale contenuta è erogatasotto forma di provvigione al fine di incentivare il raggiungimento di determinate performance.

• Agenti: percepiscono una remunerazione legata alla provvigione. Il costo per l’impresa è in gran parte variabile.Gli agenti sono meno controllabili rispetto ai venditori diretti.

• Rete mista.

La scelta tra rete diretta e indiretta dovrebbe discendere dalla considerazione dei relativi costi, dei problemi legatialla saturazione dell’attività degli agenti e venditori, della frequenza delle visite presso gli intermediari, dell’ampiezzadelle zone da visitare e da altri elementi quali l’assistenza e la consulenza. In generale, la soluzione della forzadi vendita propria è preferibile quando si prevede il raggiungimento di un fatturato elevato, mentre in casocontrario è consigliata l’agenzia. I beni strumentali complessi di solito vengono commercializzati attraversovenditori diretti, in quanto l’assistenza pre- e post-vendita richiede il contatto tra i produttori e gli intermediari.

La scelta delle politiche di distribuzione dovrebbe avvenire tramite tre criteri:

• economico: individuare il canale che genera configurazioni di costo e di ricavo più convenienti;

• del controllo: individua le leve in cui il produttore è in grado di esercitare il controllo sugli operatori del propriocanale, quali il prezzo;

• di adattamento: consente di valutare la capacità di risposta dei vari canali alle variazioni che intervengononella domanda di mercato e la possibilità di uscire dal canale, qualora si presentassero alternative piùconvenienti, sia in termini di costi, sia di ricavi.

3.11 La politica di comunicazione

Nel quadro di analisi e scelte relative al marketing mix, il redattore del business plan dovrà compiere valutazioniaccurate sugli strumenti e sui metodi di comunicazione che intende adottare.

Gli obiettivi che persegue un piano di comunicazione possono essere i seguenti:

• far conoscere ai potenziali consumatori che il prodotto o il servizio esiste ed è disponibile;

• convincere i potenziali acquirenti a chiedere informazioni;

• convincere i potenziali acquirenti ad acquistare.

Il messaggio o i messaggi sui quali impostare la politica di comunicazione devono essere correttamente eagevolmente interpretabili dal pubblico e devono enfatizzare le caratteristiche che maggiormente contraddistinguonol’offerta dell’azienda (es. rapidità di consegna, servizio personalizzato, assistenza post-vendita, il prezzo). 41

Nella faseintroduttiva icanali devonoesseresoprattuttoinformativipoiché ilconsumatorenon conoscebene il prodotto.

Inoltre, il messaggio deve essere adattato al tipo di prodotto che si intende vendere (beni industriali, di lusso,commodities, beni di consumo) ed alla fase del ciclo di vita in cui si trova il bene.

Nella fase introduttiva i canali devono essere soprattutto informativi poiché il consumatore non conosce bene ilprodotto. Nelle fasi successive si potranno sottolineare le differenze rispetto alla concorrenza e le informazionidi base potranno essere date per scontate.

I principali strumenti di cui si avvale la politica promozionale e di comunicazione sono i seguenti:

• attività di pubbliche relazioni o di propaganda

• pubblicità

• promozione in senso stretto e packaging

• attività di vendita personale e di merchandising.

Le attività di pubbliche relazioni o di propaganda comprendono l’utilizzo di canali personali, quali la partecipazionea seminari, convegni, beneficienza, visite a potenziali clienti, alle presentazioni per gruppi selezionati di destinatari,partecipazione a mostre o fiere del settore e così via. I canali personali sono classificabili come canali sociali(amici, familiari e conoscenti che l’individuo vuole raggiungere), canali aziendali (addetti alla vendita, commessidell’azienda e agenti) o canali tecnici (consulenti, professionisti ed esperti) che possono essere coinvoltidall’acquirente in sede di decisioni di acquisto. Il fine ultimo è quello di far conoscere l’offerta dell’impresa sulmercato e di migliorare la posizione nel mercato della propria attività.

La pubblicità comprende una qualsiasi forma impersonale di presentazione a pagamento di idee, beni o servizicon i seguenti canali:

• canali di massa quali televisione, cinema, radio, giornali, riviste periodiche, quotidiani, o affissioni, directmailing, Internet;

• eventi quali presentazioni, sponsorizzazioni, convegni e così via;

• atmosfera (aspetto estetico del punto vendita, logo, insegna e così via).

Tra i canali pubblicitari, il cinema e la televisione, soprattutto se ci si avvale di televendite nazionali, sono tra ipiù costosi. L’utilizzo di tale mezzo di comunicazione è particolarmente indicato per chi vende prodotti di largoconsumo, mentre le riviste, i volantini, gli opuscoli, i pieghevoli, il direct mailing sono consigliati a chi si rivolgea un pubblico molto mirato. Internet consente di unire la possibilità di raggiungere un numero molto elevato didestinatari con un’informazione molto ricca, personalizzata e interattiva, attraverso strumenti quali il comunicatostampa, i link, le newsletter, le chat, il viral marketing, il sampling (distribuzione di campioni gratuiti), i freebies(distribuzione di oggetti o servizi gratuiti), i coupons, le raccolte punti e così via.

Gli eventi sono iniziative che in genere non servono a sostenere la vendita di un prodotto specifico, ma favorisconola conoscenza del marchio e sostengono l’immagine dell’azienda.

L’atmosfera è particolarmente importante nelle attività di servizi, dove la configurazione dell’ambiente nel quale il servizioviene erogato influenza direttamente la soddisfazione dei consumatori (es. bar, ristoranti, pizzerie, parrucchieri).

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La promozione in senso stretto tenta di stimolare l’acquisto e la fedeltà sia dei consumatori sia degli intermediaritramite l’applicazione di particolari incentivi quali offerte speciali, sconti, abbuoni o concorsi a premio. Le azionidi promozione si possono distinguere in due categorie a seconda che siano indirizzate al consumatore finale(consumer promotion) o ai canali distributivi (trade promotion). Le azioni di consumer promotion possono puntarea favorire il lancio di un nuovo prodotto, rivitalizzare prodotti nella fase di maturità e declino o a raccogliereinformazioni sui consumatori. Le azioni di trade promotion puntano ad aumentare il livello delle scorte presso idistributori, ad indurli a tenere tutta la gamma degli articoli offerti dall’azienda e a favorirli nell’esposizione e nelleazioni di vendita.

Le attività di vendita personale, il merchandising e il display sono effettuate solitamente presso il punto vendita,laddove la vicinanza del cliente al prodotto è massima. In queste situazioni, l’azione persuasiva dei venditoriassume un ruolo decisivo ai fini dell’orientamento delle preferenze e dell’acquisto. Inoltre, sia per i beni di largoconsumo (esempio abiti da sartoria), sia per i beni intermedi si possono offrire soluzioni di marketing mix (volumiacquistati, modalità di consegna, prezzi, configurazione del prodotto) personalizzate, a seconda delle specificheesigenze dei clienti. Il merchandising prevede la disposizione e l’organizzazione delle attrezzature nei reparti alfine di garantire l’esposizione più opportuna dei prodotti e un flusso funzionale di merci e clienti nel locale. Ildisplay comprende tecniche (vetrinistica, supporti espositivi, punti di prova e assaggio) al fine di mostrare nelmodo più efficace la presenza di certi prodotti nel punto vendita. Molto spesso tali attività comportano una garaper la conquista di spazi espositivi all’interno dei punti vendita e determinano attriti tra industria e distribuzione.

Le prime tre forme di comunicazione sono realizzate prevalentemente dal produttore e riverberano effetti nelmedio-lungo termine, mentre l’ultima categoria è di solito utilizzata dagli intermediari, in particolare dai dettagliantisu incarico e con la collaborazione dei produttori e si estendono nel breve periodo.

L’analisi della fattibilità di marketing è una fase molto impegnativa, poiché tutte le deduzioni derivanti dallavalutazione degli aspetti ambientali connessi al business devono essere canalizzati e verso una direttrice organicache coniughi in modo ottimale le combinazioni prodotto-mercato perseguibili. In questa sezione deve prenderecorpo tutto l’impianto progettuale in merito ai mercati da aggredire, i prodotti da offrire e le modalità di collocamentocommerciale.

L’analisi dellafattibilità di

marketing è unafase molto

impegnativa

4.1 Introduzione

La start-up, per realizzare il progetto imprenditoriale, deve prendere decisioni complesse relative alla strutturaaziendale, ossia deve scegliere qual è la localizzazione che permetta di sfruttare in modo più efficiente possibile ipropri stabilimenti produttivi, quali impianti e macchinari acquistare, gli immobili da utilizzare, la tipologia di retedistributiva da adottare, quanti dipendenti assumere, con quali imprese cercare di instaurare rapporti di partnership.

Le scelte relative alla struttura aziendale possono riguardare la struttura tecnologica, la struttura commerciale, lastruttura organizzativa, i meccanismi operativi, e gli accordi con altre imprese.

Le scelte relativealla strutturaaziendaleriguardano lastrutturatecnologica, lastrutturacommerciale, lastrutturaorganizzativa, imeccanismioperativi, e gliaccordi con altreimprese

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CAPITOLO 4Verifica della fattibilitàtecnica

4.2 Definizione della struttura produttiva

La start-up, per realizzare il proprio output, necessita di strutture produttive complesse quali impianti, stabilimenti,macchinari, uffici e magazzini, addetti alla produzione, procedure e sistemi di produzione, know-how di produzione.Le scelte relative alla struttura produttiva della nuova impresa si riferiscono ai seguenti aspetti:

• la tecnologia da utilizzare, ossia i macchinari e gli impianti di produzione;

• il modello di produzione;

• il layout di impianti e macchinari;

• la capacità produttiva e le scelte di make o buy, ovvero se produrre internamente o acquistare dall’esterno;

• la scelta delle modalità di gestione dei materiali e delle scorte (sistemi just in time);

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La strategiaoffensivarichiede

numerosiinvestimenti in

ricerca esviluppo, quali

brevetti e marchi

4.3 Analisi degli investimenti e analisi tecnologica

La tecnologia ha assunto un ruolo decisivo per l’acquisizione di vantaggi competitivi sostenibili in quanto permettedi anticipare e cogliere in modo tempestivo la manifestazione di possibili mutamenti del mercato. In sede di fattibilitàtecnica, l’imprenditore deve scegliere gli impianti e i macchinari che intende utilizzare nella nuova iniziativa, cercandodi comprendere gli effetti delle diverse ipotesi nel determinare la posizione competitiva della start-up.Si possono individuare tre tipi di tecnologie:

• tecnologie di base che nel passato hanno conosciuto un importante sviluppo e non determinano un vantaggioconcorrenziale in quanto sono alla portata di chiunque voglia entrare nel mercato;

• tecnologie chiave: tali tecnologie esercitano una notevole influenza sulla dinamica competitiva, poiché derivanoda conoscenze specifiche di una determinata impresa, in grado di determinare il vantaggio concorrenziale;

• tecnologie emergenti, di cui deve essere ancora testata la validità, sono ancora nella fase di sperimentazione,ma possiedono tutte le caratteristiche per imporsi come tecnologie leader.

Nel caso in cui la start-up disponga di un’innovazione tecnologica in grado di creare nuovi mercati, l’impresa puòadottare una strategia offensiva, entrando come pioniere. In tal modo acquisisce vantaggi concorrenziali, comequello della scelta dei canali di distribuzione migliori o la stipulazione di accordi di partnership con i fornitori, accumulaesperienza in termini di processi produttivi con conseguente riduzione dei costi, e può acquisire i segmenti di mercatomeno sensibili alle variazioni di prezzo. La strategia offensiva richiede numerosi investimenti in ricerca e sviluppo(brevetti e marchi), necessari per creare prodotti o servizi innovativi che permettano l’acquisizione di un vantaggiocompetitivo sostenibile nel tempo. Gli elevati costi fissi derivanti dagli investimenti effettuati in innovazioni tecnologiche(capital intensive) determinano l’esigenza di servire mercati ampi. Infatti, tale strategia richiede un elevato orientamentoal marketing, al fine di sensibilizzare i clienti alla propria offerta innovativa.

• la scelta se rivolgersi o meno a subfornitori esterni;• la struttura ed i metodi per il controllo della qualità.

Ai fini della stesura del business plan riveste una particolare importanza compilare un elenco degli impianti, delleattrezzature e dei macchinari da acquisire, stimando il loro costo e identificando quali possono essere acquisitiin leasing o tramite finanziamenti, e quali devono essere costruiti internamente. Inoltre si deve indicare l’eventualepresenza di garanzie reali su di essi, o se si prevede di dare i cespiti in garanzia. Infine, è essenziale trattare gliaspetti tecnici ed organizzativi del piano degli investimenti, descrivendo il layout degli impianti, e indicando lacapacità produttiva complessiva per prodotto/servizio degli impianti di produzione previsti per l’avvio e lo sviluppodell’iniziativa imprenditoriale.

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La strategia difensiva, al contrario, rimanda l’ingresso nel mercato fino al momento in cui si sarà sviluppata unadomanda consistente. Pochi sono gli innovatori, molti gli imitatori, in quanto tale strategia presenta minori rischirispetto a quella offensiva. I follower, infatti sfruttando l’esperienza del first mover, possono individuare le reazionidei clienti relativamente a un nuovo prodotto, evitare gli errori commessi dal pioniere e possono farne tesoro permigliorare le prestazioni del prodotto/servizio offerto sul mercato. Ai follower è sconsigliabile lo scontro diretto conil pioniere per evitare di esporsi ad attacchi di larga scala da parte dei concorrenti già presenti sul mercato. E’preferibile, invece, una strategia di focalizzazione delle proprie risorse su nicchie di mercato, caratterizzate da minorconcorrenza, pur senza rinunciare definitivamente a mire espansive. L’adozione di tale strategia è consigliata perle start-up che lavorano in settori labour intensive (in cui la principale risorsa produttiva è il lavoro dell’uomo) conuna leva operativa bassa e costi variabili che aumentano rapidamente al crescere dei volumi di mercato.

La strategiadifensiva rimandal’ingresso nelmercato fino almomento in cui sisarà sviluppatauna domandaconsistente

4.4 Il modello di produzione

Le modalità con le quali si possono svolgere i cicli di lavorazione fanno riferimento ai processi di tipo continuo,intermittente o misto.

Si possono distinguere i seguenti modelli di produzione in base alla specifica natura del bene e del mercato daservire:

• produzione su commessa (job shop): è caratterizzata dal fatto di produrre specificatamente su richiesta esecondo i desideri del cliente. Il prodotto viene concepito in un unico esemplare e i flussi produttivi sonoirregolari e discontinui. E’ tipica delle realizzazioni artigianali e delle grandi opere di ingegneria eseguite adhoc per il cliente. Tale tipologia di produzione richiede l’impiego di attrezzature generiche il cui utilizzo siapolivalente e di risorse umane particolarmente qualificate e versatili;

• produzione per lotti: tramite tale produzione, si ha una riduzione del numero di modelli forniti in lotti di grandidimensioni;

• programmazione dei flussi produttivi: si cerca di ottenere una sequenza di lotti differenti in grado di minimizzarei costi e i tempi di set-up richiesti dalle diverse produzioni. L’intero processo è suddivisibile in fasi, ciascunaaffidata ad un reparto. Le parti non visibili dell’output rimangono solitamente standardizzate, mentre quellevisibili sono di solito, differenziate;

• produzione continua: il livello di automazione in questo tipo di industrie è elevato in quanto la fabbrica assumela forma di un’unica macchina il cui flusso è continuo, ossia ininterrotto. La sequenza dei macchinari nonderiva da una libera scelta del management, ma è imposta dal tipo di processo adottato. Le produzioni aflusso continuo sono tipiche delle industrie di processo quali quella chimica, petrolifera, farmaceutica, delcemento e della carta.

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Le scelte dilayout hanno

carattereparticolarmente

irreversibile

4.5 Il layout di impianti e macchinari

Le scelte di layout riguardano la disposizione fisica degli impianti, macchinari e attrezzature all’interno deglistabilimenti produttivi. Tali decisioni hanno carattere particolarmente irreversibile, in quanto il loro cambiamentorichiede uno spostamento di risorse alquanto costoso. L’obiettivo principale del layout è quello di ottimizzarel’impiego delle risorse produttive (materiali, parti e componenti necessari per la trasformazione, macchine, eforza lavoro). Gli schemi a cui si ricorre più frequentemente per definire il layout sono i seguenti:

• layout per prodotto o in linea: è tipico delle catene di montaggio, caratterizzate da una certa rigidità e ripetitivitàdelle operazioni. Gli output sono costituiti da beni standardizzati, prodotti in quantità elevate;

• layout per processo: è tipico dei processi a piccoli lotti o intermittenti, in quanto prevede la suddivisione dellafabbrica in reparti omogenei sotto il profilo delle operazioni da eseguire. Vengono svolti più cicli per differentiprodotti e le macchine versatili sono raggruppate in reparti che eseguono lavorazioni specifiche (es. frese,torni, presse ecc). Il vantaggio di tale versatilità è quello di consentire l’esecuzione di molti cicli per prodottidiversi, favorendo l’approfondimento delle conoscenze specialistiche degli operai. Tuttavia, tale tipologia dilayout determina un allungamento dei tempi di attraversamento del prodotto, poiché le macchine non sonodisposte nella sequenza dettata dai cicli, e dei costi connessi ai trasferimenti interni da un reparto all’altro;

• layout a posto fisso: si utilizza quando un prodotto, per motivi di peso e volume, rimane fermo in unadeterminata ubicazione e il layout è determinato da una pronta mobilità dei mezzi di produzione attorno allapostazione fissa del prodotto. E’ utilizzato nella cantieristica navale, aeronautica e nelle grandi opere dell’ingegneria;

• group technology: tale layout coniuga l’efficienza dei reparti di linea con la versatilità dei reparti funzionali.Le attrezzature e i macchinari vengono raggruppati al fine di realizzare la stessa tipologia di prodotti, omogeneidal punto di vista delle parti componenti, oppure del ciclo tecnologico. La flessibilità di tale produzione consistenel variare il numero di addetti in base al ritmo di produzione. Appartengono a tale tipologia di layout quelladelle isole di montaggio e quello in linea ad U. La prima arricchisce le mansioni degli operai, in quanto a essiviene affidato il compito di svolgere numerose parti del ciclo produttivo. Ogni isola è responsabile dell’outputdi prodotto e gode di ampia autonomia nella gestione del gruppo di lavoro. Il layout in linea ad U ha lapeculiarità di disporre in posizione frontale la prima e l’ultima macchina. Di conseguenza, l’ingresso e l’uscitadella linea risiedono nel medesimo punto.

Gli impianti e macchinari si possono suddividere a seconda del grado di automazione e meccanizzazione. Gliimpianti elastici o flessibili dal punto di vista economico perseguono l’obiettivo della riduzione dei costi. Infatti,essi non comportano aumenti sensibili del costo dei prodotti a seguito di inutilizzazioni degli stessi o di riduzioniin termini di volumi prodotti. Gli impianti versatili e flessibili in senso tecnico si prefiggono l’obiettivo di ridurre irischi e possiedono la capacità di adattarsi a produzioni di differenti beni (variazioni di mix) attraverso lo svolgimentodi processi diversi senza che l’impresa debba sostenere ingenti costi.

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4.6 La capacità produttiva e le scelte di make or buy

La capacità produttiva identifica la quantità di produzione che assicura il pieno impiego dei macchinari e degliimpianti di produzione, attraverso l’utilizzo efficiente dei fattori produttivi. La dimensione della capacità produttivaottimale è quella che minimizza il costo unitario di produzione e la rischiosità dell’investimento.

Il dimensionamento della capacità produttiva è strettamente legato agli obiettivi che la start-up si prefigge, inparticolare in termini di numero di segmenti serviti. La scelta della capacità produttiva da installare, fornitadall’imprenditore in sede di redazione del business plan, riveste un’importanza strategica, poiché determina illivello di integrazione delle attività (a monte e a valle), identifica la struttura organizzativa, il posizionamento sulmercato e la struttura dei costi della nuova attività. Sovradimensionamenti o sottodimensionamenti degli impiantisono i rischi in cui si può incorrere sia in fase di start-up, sia nelle fasi ordinarie di gestione.

La dimensione degli impianti produttivi è strettamente correlata alle scelte di make (quali attività sia opportunosvolgere internamente), o buy (acquisto di prodotti o servizi da subfornitori).

L’opzione make offre il vantaggio di garantire un controllo diretto sull’attività, su eventuali segreti industriali, sugliapprovvigionamenti e sulla qualità del prodotto/servizio, ma crea maggiore rigidità della struttura a causa deglielevati costi fissi. Infatti, la decisione di controllare internamente una certa attività comporta maggiori investimenti(per dotarsi delle strutture necessarie) e maggiori costi fissi (soprattutto a causa del personale da assumere persvolgere l’attività). Inoltre, se si tratta di un’attività complessa si possono verificare anche lunghi tempi di attesaper la messa a punto della struttura.

L’opzione buy comporta minori costi fissi e una maggiore flessibilità della struttura dei costi, poiché si sostituisconoi costi fissi con i costi variabili, proporzionali alle quantità di beni o servizi acquistati dall’esterno.

E’ opportuno internalizzare le attività che costituiscono competenze distintive dell’impresa e che originano unimportante know-how che rappresenta un’importante barriera all’entrata (si evita in tal modo che i sub-fornitoripossano acquisire conoscenze e costituire una minaccia futura). L’esternalizzazione è sconsigliabile anche quandoi livelli della domanda sono prevedibili e il controllo della qualità assume un’importanza fondamentale.

Le scelte di make o buy sono influenzate anche dal ciclo di vita del prodotto e dalla localizzazione dell’azienda:se il prodotto che la start-up intende vendere è basato su di una tecnologia molto innovativa potrebbero nonessere presenti sul mercato i fornitori capaci di fornire i componenti necessari. Se si decide di produrre vestitinella zona di Prato, sarà possibile trovare numerose imprese nel territorio in grado di fornire prodotti e servizispecializzati (es. disegnatori, società specializzate nel controllo della qualità dei tessuti ecc.).

Nella fase di avvio della start-up, la scelta di esternalizzare una certa produzione può essere adottata in modotransitorio, cominciando gradualmente a dotarsi di propri impianti di produzione con l’aumentare delle vendite.In tal modo si riducono i capitali necessari per l’avvio della nuova iniziativa imprenditoriale, rendendo la strutturaproduttiva più elastica.

La capacitàproduttiva identificala quantità diproduzione cheassicura il pienoimpiego deimacchinari e degliimpianti diproduzione,attraverso l’utilizzoefficiente dei fattoriproduttivi

E’ opportunointernalizzare leattività checostituisconocompetenzedistintivedell’impresa e cheoriginano unimportanteknow-how

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Le aziendepossono

decidere lastrada del

“connect”,stringendo

alleanzestrategiche

4.7 Gli accordi con le imprese

Le aziende possono decidere la strada del “connect”, che consiste non nell’internalizzare certe attività ma di stringerealleanze strategiche e accordi con altre imprese che possono assumere la forma di accordi informali o formali.

Nell’ambito degli accordi informali due o più imprese collaborano senza sottoscrivere nessun contratto. Ciò avvienenei c.d. rapporti di subfornitura, caratterizzati dal fatto che le aziende subfornitrici svolgono fasi della lavorazione,attenendosi rigidamente alle specifiche fornite dal cliente o fornendo loro particolari componenti.

Gli accordi e le collaborazioni possono essere formalizzati in numerosi contratti, (i contratti di cessione di brevetti elicenze di produzione, i contratti di distribuzione ecc.), portando anche alla costituzione di società o di organizzazionicondivise. Ciò accade nel caso dei consorzi di acquisto (il cui scopo è garantire contratti di approvvigionamento piùconvenienti per i consorziati), dei consorzi di vendita (aventi l’obiettivo di realizzare strutture di vendita condivise da piùaziende concorrenti e complementari) e delle joint ventures (società controllate da una o più società che si accordanoper realizzare obiettivi comuni).

4.8 La struttura commerciale

La struttura commerciale consente alla start-up di far giungere i propri prodotti o servizi ai consumatori target. Lastruttura commerciale di un’azienda si compone di un insieme di elementi strettamente collegati tra loro:

• i canali distributivi

• la struttura di distribuzione

• la struttura di marketing e di vendita.

I canali distributivi diretti (agenti o broker) permettono un contatto con la clientela senza intermediari, consentendoall’impresa di raccogliere preziose informazioni sulle esigenze e sul comportamento di acquisto dei consumatori. Inoltreil canale diretto consente di risparmiare i margini aggiunti dai vari intermediari, favorendo la riduzione del prezzo deiprodotti. L’utilizzo di tale canale è indispensabile se si vogliono offrire prodotti o servizi personalizzati (es. consulenze).

I canali distributivi indiretti consentono una forte riduzione della complessità aziendale e dei costi di gestione, poichériducono il numero di clienti con i quali l’impresa deve interagire. A livello di grossisti ci si può rivolgere ai cash & carry(grandi punti vendita aperti solo ai dettaglianti), o ai grossisti specializzati. A livello di dettaglio si possono scegliere variealternative quali la distribuzione organizzata (grandi magazzini, ipermercati, supermercati ecc.) e il piccolo dettaglio,quali i bar, le farmacie, i negozi specializzati.

La scelta del canale influenza anche le decisioni relative alla struttura distributiva. Essa include tutte le risorse(magazzini, personale, automezzi ecc.) necessari per consegnare i beni ai clienti nei tempi e nei modi predefiniti.

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La definizione della struttura distributiva implica molte decisioni: grandezza, quantità e localizzazione dei depositi emagazzini centrali e periferici; modalità automatizzata o manuale di gestione delle scorte; scelta delle modalità digestione dei flussi informativi (raccolta ordine, bollettazione o fatturazione); scelta dei mezzi di trasporto. La strutturadistributiva dipende dal livello di servizio che si vuole offrire alla clientela. Il sistema deve essere strutturatodiversamente a seconda dei tempi di consegna che si vogliono garantire e della politica di accettazione degli ordini(solo ordini di grandi dimensioni o se si accetta di spedire anche in piccole quantità).

La struttura di marketing e di vendita deve essere coerente con i canali distributivi precedentemente scelti. Lastruttura di marketing è rappresentata dal personale che si occupa delle ricerche di mercato, della definizione dellepolitiche di marketing, dei prezzi di vendita e delle campagne pubblicitarie. La struttura di vendita commerciale puòessere diretta, formata cioè da lavoratori dipendenti che sono remunerati in forma fissa, o indiretta, rappresentatada agenti e rappresentanti, retribuiti per provvigioni. Nella scelta verso l’una o l’altra configurazione è importanteconsiderare il grado di controllo ritenuto necessario sulla forza di vendita: se questo viene percepito come basso èpossibile affidarsi a una rete indiretta; se viene percepito come alto, meglio avere propri lavoratori dipendenti.

L’utilizzo di una rete di vendita indiretta può essere conveniente nel primo periodo di avvio della start-up perchénon presenta sostanziali costi fissi e costi di gestione. Al crescere dei volumi intermediati, la nuova impresa puòrendere la forza di vendita diretta.

La struttura dimarketing e divendita deveessere coerentecon i canalidistributiviprecedentementescelti

4.9 La struttura organizzativa e i meccanismi operativi

La struttura organizzativa descrive il modo col quale si è deciso di dividere ed assegnare i compiti e le responsabilitàall’interno dell’azienda e individua i meccanismi operativi che si intendono utilizzare per formare, controllare emotivare il personale e i collaboratori dell’azienda.

La struttura organizzativa che la start-up intende utilizzare può essere di diversi tipi:

• elementare: dai vertici aziendali dipendono direttamente gli organi operativi;

• funzionale: dai vertici dipendono gli organi specializzati per funzioni, quali acquisti, vendite e produzione;

• divisionale: dai vertici dipendo gli organi specializzati per prodotti o mercati/segmenti di mercato (prodottoA, prodotto B, mercato A, mercato B);

• matrice: unisce le due componenti funzionali e divisionali in una matrice. Sono presenti due livelli di direzione,e cioè la direzione in base alle funzioni (Direzione acquisti, Direzione produzione, Direzione vendite, Direzionepersonale, ecc.) e le varie direzioni in base ai prodotti o ai progetti o alle aree geografiche o in base ai clienti.Tutte le direzioni, sia di funzione, sia di prodotto dipendono dalla direzione generale. E’ il metodo più completoma anche il più complesso.

La strutturaorganizzativadescrive il modocol quale si èdeciso didividere edassegnare icompiti e leresponsabilitàall’interno dellaazienda

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Le seguenti figure (figure 10-11-12-13) descrivono le quattro forme di struttura organizzativa sopra elencate(Airoldi et al., 2005).

Figura 10. Struttura elementare

Direzione generale

Figura 11. Struttura funzionale

Direzione generale

Amministrazionee controllo Personale

Approvvigionamenti VenditaProduzione

Figura 12. Struttura divisionale

Direzione generale

Amministrazionee controllo Personale

Divisione A (prodotto A)

Approvvigionamenti VenditaProduzione

Divisione B (prodotto B)

R & D

Approvvigionamenti VenditaProduzione

R & D

51

In relazione aimeccanismioperativi, nellafase di avviopossonorisultareparticolarmenteimportanti imeccanismi diselezione,formazione emotivazione delpersonale

Figura 13. Struttura a matrice

Direzione generale

DirezioneRicercar ABC

DirezioneDivisione

C

DirezioneCommerciale

c ABC

Direzionetecnicat ABC

DirezioneDivisione

A DirezioneDivisione

B

Può accadere che le aziende adottino strutture miste, ad esempio organizzando per divisioni tutte le funzioni aziendali,ma mantenendo congiunta la funzione marketing.

In relazione ai meccanismi operativi, nella fase di avvio possono risultare particolarmente importanti i meccanismi diselezione, formazione e motivazione del personale. La determinazione delle unità lavorative è influenzata dai volumi diproduzione da realizzare, dalle scelte tecnologiche e dal layout. Infatti, maggiore è il grado di automazione della tecnologia,minore sarà il fabbisogno di manodopera diretta. Inoltre, la scelta del layout influenza la logistica interna, la disposizionee il numero delle unità lavorative. Nel descrivere la struttura organizzativa è opportuno distinguere fra organi di staff eorgani di linea. I primi dipendono gerarchicamente da qualcun altro, mentre i secondi sono organi di supporto, indipendentie non inseriti in nessuna catena gerarchica (es. ufficio acquisti, gli affari legali o la direzione del personale).

All’interno del business plan è necessario anche indicare i dipendenti che si prevede di coinvolgere nel capitale azionariotramite l’attribuzione di stock-options e la presenza di eventuali meccanismi che legano la retribuzione dei dipendentiai loro risultati. Per poter realizzare determinati obiettivi in termini di motivazione del personale si possono utilizzarediverse leve:

• Job rotation: consiste nel far ruotare il lavoratore su più mansioni al fine di evitare l’esercizio di compiti troppomonotoni.

• Job enlargement: ha l’obiettivo di aumentare la varietà dei compiti lungo la stessa dimensione.

• Job enrichment: all’aumento del numero dei compiti si accompagna il controllo sulla mansione e la discrezionalitàdecisionale.

• Work group: al gruppo di lavoro viene attribuito un sistema di compiti da svolgere autonomamente.

In generale, le mansioni arricchite e i work group stimolano maggiormente il commitment (l’impegno) dei lavoratoriverso l’organizzazione.

In conclusione, è possibile affermare che la fattibilità tecnica riveste un’importanza decisiva per il successo dell’ideadi business, poiché è in grado di annullare e di alterare il gap competitivo tra i concorrenti e di modificare significativamentela struttura del settore.

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5.1 I bilanci previsionali

L’ultima fase nella redazione del business plan è rappresentata dall’analisi della fattibilità economico-finanziaria. Obiettivodi tale fase è la conversione in cifre delle considerazioni finora fatte sulla strategia dell’impresa, il mercato di riferimentoe la struttura operativa. In tale fase si analizza l’efficacia e la sostenibilità di un business plan, in termini di soliditàpatrimoniale, solvibilità finanziaria e redditività economica.

L’analisi della fattibilità economica consiste nella valutazione della capacità dell’impresa di generare un reddito checonsenta di raggiungere in tempi ragionevoli un equilibrio reddituale e, successivamente, di conseguire un risultatoeconomico positivo. L’analisi della fattibilità finanziaria serve invece a valutare l’entità del fabbisogno finanziario perl’avvio della start-up e la sua evoluzione nel tempo. In fase di avvio del progetto imprenditoriale, la stesura di bilanciprevisionali per un certo numero di anni (in genere da 3 a 5) ha l’obiettivo di fornire un quadro sull’evoluzione dellafattibilità economica e finanziaria nel tempo. I bilanci previsionali sono dunque importanti strumenti di valutazione ex-ante della fattibilità economico-finanziaria della start-up e consentono di coordinare i diversi “sforzi” economici e finanziarinecessari per l’avviamento e la gestione di lungo termine dell’impresa.

E’ importante sottolineare il fatto che la redazione degli schemi di bilancio previsionale non deve essere statica, poichédeve consentire all’imprenditore il confronto tra differenti scenari e ipotesi di partenza. In altre parole, l’imprenditore infase di previsione deve poter modificare le variabili-chiave del progetto, dal prezzo di vendita di un bene al costo dellavoro, e misurarne l’impatto sugli andamenti economici e finanziari della start-up. L’analisi di come differenti ipotesidi calcolo che fungono da input del progetto possano determinare differenti risultati di performance economico-finanziariaè definita analisi di sensitività. Per svolgere tale analisi, i bilanci previsionali dovrebbero essere redatti attraverso l’utilizzodi modelli di simulazione che considerino almeno tre ipotesi di base:

Obiettivo dell’analisidi fattibilitàeconomica è laconversione in cifredelle considerazionifatte sulla strategiadell’impresa, ilmercato di riferimentoe la fattibilità dimarketing

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CAPITOLO 5La fattibilitàeconomico-finanziaria

L’analisi di sensitivitàanalizza comedifferenti ipotesi dicalcolo che fungonoda input del progettopossanodeterminaredifferenti risultati diperformanceeconomico-finanziaria

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• worst case: performance calcolata con le ipotesi di crescita e di sviluppo pessimistiche associate allo scenariopeggiore;

• normal case: ipotesi correnti;

• best case: situazione definita con le ipotesi di sviluppo migliori.

La redazione dei bilanci previsionali comporta quindi il combinarsi di diverse competenze e conoscenze: da un lato lapadronanza tecnico-contabile del metodo di redazione del bilancio previsionale, dall’altro la conoscenza approfonditae realistica del mercato nel quale si opera o s’intende entrare. Regola cardine per la stesura della parte quantitativadel business plan è in sostanza quella di essere realistici: un bilancio previsionale tecnicamente corretto non ha alcunvalore se non fondato su ipotesi e congetture realistiche, frutto di una conoscenza analitica e ponderata del settore diriferimento.

Scopo dei bilanci previsionali è dunque quello di raccogliere e sintetizzare le previsioni economico-finanziarie chefungono da guida per le scelte della direzione e dei finanziatori esterni.

Il bilancio previsionale non è tuttavia una semplice previsione, ovvero il mero tentativo di “indovinare” gli accadimentifuturi. Si tratta bensì di uno strumento “attivo”, che supporti l’imprenditore nelle sue simulazioni su differenti scenarifuturi. L’utilizzo di tale strumento può “educare” l’imprenditore ad un processo decisionale meno intuitivo e più consapevole,facendolo ragionare sui numeri e le dinamiche del business, sui valori chiave da tenere sotto controllo e sulla necessitàdi elaborare eventuali piani d’emergenza.

La parte quantitativa del business plan prevede sostanzialmente la redazione di tre schemi di sintesi, strettamenteinterconnessi tra loro:

• il piano degli investimenti

• il conto economico preventivo

• lo stato patrimoniale preventivo.

Tutte le decisioni relative agli elementi fondanti la formula imprenditoriale prescelta, ovvero il sistema competitivo nelquale si è scelto di operare, il sistema di prodotto che s’intende offrire e la struttura aziendale con cui produrre taleprodotto o servizio, comportano il sorgere di costi e ricavi da una parte e di investimenti e dei correlati finanziamentidall’altra.

Il piano degli investimenti è il risultato finale del processo di valutazione e scelta dei progetti d’investimento, materialied immateriali, che devono essere effettuati per avviare e sviluppare la start-up. I progetti d’investimento possono esseresuddivisi per aree, quali l’area produttiva, quella di marketing o quella amministrativa.

La tavola di sintesi del conto economico raccoglie invece tutti i costi e i ricavi, su base annuale, di pertinenza della start-up. Il conto economico previsionale consente di presumere quale sarà la “ricchezza” prodotta dall’impresa ogni anno,attraverso il calcolo del risultato reddituale (utile o perdita d’esercizio), che deriva dalla differenza tra ricavi e costi annuali.

Infine, lo stato patrimoniale è la “fotografia” del patrimonio dell’impresa al 31/12/2011, dove tra le attività (investimenti)troviamo i beni di proprietà della start-up, i crediti vantati e le disponibilità di cassa, mentre tra le passività (finanziamenti)

L’utilizzo delbusiness plan

quantitativo può“educare”

l’imprenditore adun processodecisionale

meno intuitivo epiù consapevole

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Il piano degliinvestimentistabilisce qualibeni strumentalidevono essereacquistati ecostruiti e qualisono i costi chedovranno esseresostenuti per laloro acquisizione

troviamo le diverse forme con cui la start-up si finanzia, quali i debiti bancari, i debiti commerciali e verso dipendenti,il capitale proprio dell’impresa e, non da ultimo, l’utile d’esercizio (che rappresenta la principale forma di autofinanziamentodelle imprese).

Nel paragrafo che segue verranno illustrati i diversi passaggi per la costruzione degli schemi del bilancio previsionale.

3 Come riferimento per la stesura del business plan è stato utilizzato lo schema pubblicamente reperibile al link www.startcup-spinner.startcup.com/documentazione/business_plan.pdf

5.2 Il piano degli investimenti

Il piano degli investimenti stabilisce, per ognuno degli anni compresi nel periodo di previsione, quali beni strumentalidevono essere acquistati e costruiti e quali sono i costi che dovranno essere sostenuti per la loro acquisizione.

Un esempio di piano degli investimenti viene illustrato in figura 143.

Figura 14. Il piano degli investimenti

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Gli investimenti materiali si riferiscono ai beni utilizzati nella gestione caratteristica nel corso di più esercizi.Riguardano il costo dei terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature industriali e commerciali, e altri beni,quali mobili e macchine da ufficio e mezzi di trasporto.

Gli investimenti immateriali rappresentano condizioni produttive da utilizzare nella gestione caratteristica ma, adifferenza dei beni materiali, non possiedono il requisito della tangibilità, ossia non hanno una consistenza fisica.Le immobilizzazioni immateriali si riferiscono ai brevetti, marchi aziendali, licenze d’uso e certificazioni dellaqualità, agli studi di fattibilità, servizi di consulenza e assistenza, ai costi di impianto e ampliamento, agli investimentiper la sicurezza nei luoghi di lavoro, all’acquisto di sistemi informatici e software e ai costi di ricerca e sviluppocapitalizzabili.

Fonte: Startcup. Guida alla compilazione del business plan

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Il contoeconomicopreventivo vienecostruitoattraversodiverse fasi econ l’ausilio diprospetticontabili ingrado di rendereoggettivi equantificati gliobiettivi stabilitie i tempi direalizzazione

5.3 Il conto economico preventivo

Il conto economico preventivo viene costruito attraverso diverse fasi e con l’ausilio di prospetti contabili in gradodi rendere oggettivi e quantificati gli obiettivi stabiliti e i tempi di realizzazione. Esso prevede la compilazione deiseguenti documenti:

• budget delle vendite nel medio-lungo termine;

• budget dei costi fissi;

• budget dei costi variabili;

• conto economico previsionale a margine di contribuzione.

Il budget delle vendite rappresenta la quantificazione degli obiettivi di vendita della start-up nel medio-lungotermine (in genere 3-5 anni). Costituisce quindi la prima indicazione in merito alla capacità di assorbimento deiprodotti/servizi offerti sul mercato e dei ricavi su cui la nuova iniziativa imprenditoriale potrà fare affidamentoper generare profitto. Da ciò consegue che il budget delle vendite traccia il percorso lungo il quale gli altri budgetdovranno inserirsi tenendo conto delle specificità dell’azienda, delle strategie e dei vincoli di breve-medio termine.

Un esempio di budget delle vendite è fornito nella figura 15.

Figura 15. Budget delle vendite

Fonte: Startcup. Guida alla compilazione del business plan

Il bilancio di vendita previsionale può essere espresso in volumi (quantità che si prevede di vendere) o in fatturato(prezzo unitario x quantità).

Per valutare le cause analitiche di formazione dei ricavi è utile individuare delle combinazioni di prodotto/mercatoche consentono all’imprenditore di avere una visione completa delle singole produzioni dell’impresa e dei mercatiin cui queste saranno allocate. Numerose sono le possibilità a disposizione dell’imprenditore:

• per quanto riguarda i prodotti, possono essere utilizzate classificazioni per linea di prodotto, tecnologieimpiegate, processi produttivi adottati ecc.;

Per valutare lecause analitichedi formazione deiricavi è utileindividuare dellecombinazioni diprodotto/mercato

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• per quanto riguarda i mercati, si possono impiegare criteri di segmentazione geografica, per canale distributivo,per singoli clienti o per gruppi di clienti.

Tale analisi deve primariamente fondarsi su una preventiva definizione delle combinazioni prodotto/mercato cheil nuovo imprenditore ritiene più significative per realizzare la propria idea di business.

Il budget dei costi fissi (figura 16) individua i costi il cui ammontare è indipendente dai volumi, poiché essi simantengono costanti, per un certo intervallo, al variare dei volumi effettivamente realizzati.

Figura 16. Budget dei costi fissi

Fonte: Startcup. Guida alla compilazione del business plan.59

Tali costi, a loro volta, possono essere classificati in costi fissi di struttura, in cui sono incluse le componenti dicosto relative alla fase di trasformazione tecnico-fisica (stipendi per il personale non operativo, affitti, canoni dimanutenzione e assistenza, ammortamenti) o costi fissi legati allo sviluppo futuro della nuova iniziativa imprenditoriale(es. investimenti in pubblicità, promozione, costi di ricerca e sviluppo, formazione del personale).

Il budget dei costi variabili (figura 17) individua i costi che sorgono e variano in relazione diretta al variare deivolumi effettivamente realizzati. Essi dipendono dalle quantità che si prevede di vendere negli anni successivi,individuati all’interno del budget delle vendite.

Figura 17. Budget dei costi variabili

Fonte: Startcup. Guida alla compilazione del business plan

Fra i costi variabili rientrano i costi per provvigioni, i costi di acquisto delle materie prime, di lavoro diretto, trasportoe dogane, le perdite su crediti e i costi legati all’esternalizzazione delle attività produttive e commerciali (es.lavorazioni esterne). I costi variabili possono essere classificati in costi variabili commerciali o industriali.

I costi variabili commerciali sono quelli relativi alle diverse combinazioni prodotto/mercato. L’ammontare dei costivariabili commerciali (principalmente costi per provvigioni ai rappresentanti, trasporti su vendite, sconti) dipende

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prevalentemente dai segmenti di mercato nei quali saranno allocati i prodotti. Per esempio, se i segmenti sonodistribuiti su base territoriale, l’entità dei costi di trasporto su vendite varia a seconda della distanza geograficadel segmento di mercato considerato.

I costi variabili industriali (relativi ai costi per materie prime, lavoro diretto, servizi di lavorazioni esterne) varianoin base alla linea di prodotti, senza distinzione per segmento di mercato. Tuttavia, si può verificare l’eventualitàche, riguardo allo stesso prodotto, vi siano delle differenze dei costi variabili industriali a seconda del mercatonel quale i prodotti stessi sono collocati; tale fenomeno si verifica frequentemente per le imprese che produconosu commessa e personalizzano la produzione destinata a particolari clienti o classi di clienti.

Il conto economico previsionale a margine di contribuzione (figura 18) sintetizza in un unico prospetto l’insiemedei ricavi (provenienti dal budget delle vendite) e dei costi (derivanti dal budget dei costi variabili e dal budgetdei costi fissi), evidenziando il reddito operativo della gestione caratteristica.

Figura 18. Conto economico previsionale a margine di contribuzione

Il budgeteconomico

previsionale amargine di

contribuzionesintetizza in ununico prospetto

l’insieme deiricavi e dei costi,

evidenziando ilreddito operativo

della gestionecaratteristica

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Il conto economico previsionale è formato dai seguenti risultati intermedi:

• il margine di contribuzione deriva dalla differenza tra ricavi e costi variabili e indica la capacità della nuovaimpresa di contribuire alla copertura dei costi variabili commerciali e industriali e di garantire un eventualemargine residuale.

• Il reddito operativo della gestione caratteristica deriva dalla differenza tra ricavi, costi fissi e costi variabili.Esso evidenzia il risultato operativo della gestione tipica dell’azienda.

• Il reddito operativo considera i componenti positivi e negativi di reddito relativi ad aspetti finanziari dellagestione (interessi attivi, dividendi affitti attivi, oneri patrimoniali). Tale margine indica la capacità della nuovaimpresa di far fronte ai costi derivanti dagli oneri finanziari, dai componenti straordinari di reddito e dalleimposte.

• Il reddito di competenza (reddito operativo-oneri finanziari) indica la capacità della nuova iniziativa imprenditorialedi coprire e garantire un adeguato margine ai componenti di reddito straordinari.

• Il reddito ante imposte indica il risultato economico al lordo delle imposte correnti, differite e anticipate.

• Il reddito netto esprime il risultato economico che la start-up prevede di conseguire negli anni successivi.

Fonte: Startcup. Guida alla compilazione del business plan.

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5.4 Lo stato patrimoniale previsionale

Lo stato patrimoniale previsionale, rappresentato in figura 19, è un documento che fotografa il patrimoniodell’impresa in un dato momento. Esso si divide in due sezioni: le attività, che indicano quali sono gli investimentiche la start-up intende effettuare e le passività, che individuano le fonti attraverso le quali intende finanziare lapropria attività. Il valore totale delle attività (o impieghi) e delle passività (fonti) deve coincidere.

Figura 19. Stato Patrimoniale previsionale

Fonte: adattamento da Startcup. Guida alla compilazione del business plan.63

Il totale attivo fisso si riferisce agli investimenti di lunga durata, di carattere immateriale (brevetti, marchi, costinotarili per la costituzione della società), materiale (fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature ecc.) e finanziario(es. quote di partecipazione detenute in altre società, titoli, azioni, obbligazioni).

L’attivo corrente individua gli impieghi di breve durata, non aventi carattere pluriennale e facilmente smobilizzabili(crediti, rimanenze, liquidità). I crediti verso clienti indicano l’ammontare delle vendite che, alla data di redazionedello stato patrimoniale, si presume non saranno state ancora incassate a causa delle dilazioni di pagamentoconcesse. Le rimanenze indicano il costo per l’acquisto delle materie prime e materiali che si prevede nonsaranno utilizzati nell’anno di redazione dello stato patrimoniale. La liquidità rappresenta il denaro contante chel’impresa ha a disposizione in un dato momento.

Le passività indicano tutte le fonti di finanziamento (patrimonio netto e debiti) utilizzate per realizzare la nuovainiziativa imprenditoriale. Il patrimonio netto deriva dal capitale fornito dai soci o da altri finanziatori, dalle riserve,dall’utile dell’esercizio e/o dalle perdite portate a nuovo.

I debiti si suddividono in debiti di funzionamento e debiti di finanziamento. I primi nascono a seguito delle dilazionidi pagamento concesse dai fornitori, mentre i debiti di finanziamento rappresentano i capitali ottenuti da soggettiesterni (banche, istituzioni finanziarie), da restituire generalmente tramite piani di rimborso pluriennali. Essiservono a finanziare l’iniziativa nel suo complesso e non sono direttamente riferibili a nessuna attività specifica.Infine, il fondo TFR è un particolare tipo di debito che l’impresa dovrà restituire ai propri dipendenti quandocesserà il rapporto di lavoro, ma che nel frattempo utilizza per finanziare i propri investimenti.

I bilanciprevisionalirappresentanonon solo unimportantestrumento dipianificazione,bensì anche unostrumento dicontrolloeconomico-finanziario

5.5 Il bilancio previsionale come strumento di controllo della gestione

I bilanci previsionali rappresentano non solo un importante strumento di pianificazione, bensì anche uno strumentodi controllo economico-finanziario. I valori contenuti nei bilanci hanno infatti un valore previsionale e costituisconoal contempo termini di paragone attraverso i quali l’imprenditore può valutare l’effettivo andamento dell’impresa,nonché il raggiungimento o meno dei risultati prefissati. A tale proposito, un efficace strumento di rappresentazionedei risultati aziendali è costituito dalle riclassificazioni del bilancio previsionale e dal calcolo di alcuni indici dibilancio.

Riclassificare un bilancio significa, in estrema sintesi, riordinare e riscrivere le voci di bilancio in un ordinedifferente rispetto al bilancio previsionale, in modo da ottenere maggiori informazioni sulla capacità dell’impresadi produrre ricchezza e di fare fronte ai propri impegni di pagamento. Una volta riclassificati gli schemi di bilancio,il calcolo degli indici consente di mettere a confronto le diverse grandezze economiche.

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Una corretta interpretazione dei valori inscritti in bilancio è fondamentale sia per l’imprenditore che per il finanziatore.Un approccio di questo tipo è infatti apprezzato dagli investitori esterni, che possono valutare la misura del ritorno sulcapitale investito al variare delle diverse ipotesi, favorendoli nella decisione sul finanziamento della nuova iniziativaimprenditoriale.

Esistono diversi modelli di riclassificazione degli schemi di bilancio. Per semplicità, in questa sede si riportano i duemodelli di riclassificazione maggiormente utilizzati dagli analisti esterni dell’impresa: il modello “finanziario” per lo statopatrimoniale, il modello “a valore della produzione e a valore aggiunto” per il conto economico. Per ulteriori modelli espiegazioni si rimanda ai testi citati in bibliografia (si vedano in particolare Giunta 2007; Canovi 2007).

Lo Stato Patrimoniale previsionale può essere riclassificato secondo il criterio finanziario, ovvero in un’ottica temporale,sulla base della liquidità delle poste dell’attivo e della solidità delle poste del passivo (figura 20).

In sostanza le poste dell’attivo vengono riclassificate in base alla loro attitudine a convertirsi in mezzi monetari: siottengono così gli aggregati dell’attivo corrente, ovvero tutti quei valori di attivo patrimoniale che rappresentanoinvestimenti facilmente convertibili in moneta, e l’attivo immobilizzato, ovvero quegli investimenti difficilmente convertibiliin flussi monetari e che comunque si presume non verranno convertiti in mezzi monetari entro l’anno successivo.

Fanno parte dell’attivo corrente:

• le liquidità immediate (cassa, conti correnti attivi ecc.);

• le liquidità differite (crediti verso clienti);

• le disponibilità (scorte di magazzino).

Fanno invece parte dell’attivo immobilizzato:

• le immobilizzazioni materiali nette (ovvero al netto del fondo ammortamento), quali impianti, attrezzature ecc.;

• le immobilizzazioni immateriali nette, quali marchi, brevetti ecc.;

• le immobilizzazioni finanziarie, ovvero crediti esigibili oltre l’anno, partecipazioni e crediti di finanziamento.

Le passività sono invece classificate sulla base della loro scadenza, ovvero del termine entro il quale bisogna onoraregli impegni di pagamento. Il passivo corrente comprende tutti i debiti che dovranno essere pagati entro l’anno successivo(debiti verso fornitori, debiti a breve verso banche, ecc.). Il passivo consolidato riporta i finanziamenti durevolmentevincolati all’impresa e che non generano impegni di rimborso nel breve termine (debiti con scadenza oltre l’anno qualimutui, TFR, ecc.). Infine, il patrimonio netto costituisce la forma di finanziamento a più lunga scadenza, dal momentoche, in linea di massima, è legato all’impresa per tutta la sua esistenza.

Da uno stato patrimoniale riclassificato possono trarsi tre fondamentali valutazioni sull’equilibrio patrimoniale dell’impresa(Airoldi et al., 2005):

1. valutare la struttura degli impieghi, in termini di elasticità strutturale (incidenza delle immobilizzazioni sull’attivocorrente) e di efficienza nell’impiego delle risorse investite (rapportando le vendite all’attivo);

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2. valutare la struttura delle fonti di finanziamento, nei termini del rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri e dellatipologia dei debiti verso terzi utilizzata per finanziare l’impresa. Il ricorso massiccio a debito a breve può esporrel’impresa alle dinamiche del mercato finanziario e ai rischi connessi;

3. valutare l’equilibrio strutturale dell’impresa nel suo complesso, in particolare nei termini di equilibrio tra natura evariabilità degli investimenti e natura e variabilità dei finanziamenti.

Figura 20. Stato Patrimoniale riclassificato - criterio finanziario

Fonte: Giunta, 2007

Il conto economico può essere invece riclassificato secondo il modello a “valore della produzione e valore aggiunto”,ovvero sulla base della natura del fattore produttivo la cui acquisizione e il cui impiego ha determinato il sostenimentodel costo (figura 21).

I principali aggregati che emergono da tale riclassificazione sono il valore della produzione, il valore aggiunto e il margineoperativo lordo (MOL).

Il valore della produzione è un risultato parziale di grande rilievo ai fini della misurazione della produttività della gestioneaziendale: si tratta tuttavia di un aggregato derivante dalla somma di valori certi (ricavi) e valori stimati (le rimanenze).

Nello schema a scalare, togliendo al valore della produzione i costi sostenuti per l’acquisizione dei fattori produttiviesterni (materie prime, lavorazioni esterne, materiale di consumo, servizi ecc.) si perviene alla determinazione del valore

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aggiunto, ovvero il valore prodotto internamente all’azienda tramite la propria gestione. Il valore aggiunto costituisceuna sorta di “spartiacque” tra la gestione esterna e la gestione interna dell’impresa: da un lato, come detto, misura lacapacità dell’impresa di creare, attraverso i propri processi di trasformazione, un valore riconosciuto dal mercato esterno;dall’altro rappresenta invece il punto di partenza per la distribuzione della ricchezza prodotta tra gli elementi dellastruttura aziendale che ne hanno permesso il conseguimento (il lavoro, i beni tecnici propri, i beni e servizi pubblici, ilcapitale di terzi, il capitale di rischio).

Sottraendo al valore aggiunto il costo del lavoro si perviene ad un importante aggregato economico-finanziario: ilmargine operativo lordo (MOL) che esprime la redditività operativa dell’impresa al lordo di poste discrezionali qualigli ammortamenti (aggregato anche definito EBITDA - Earnings Before Interest, Tax, Depreciation and Amortization).

Ultimo passo per la misurazione della redditività netta della gestione caratteristica (Margine Operativo Netto - MON)è la sottrazione dal margine operativo lordo di tutti quei costi della gestione caratteristica che possono essere oggettodi discrezionali politiche di bilancio: gli ammortamenti e gli accantonamenti operativi.

Aggiungendo al MON i costi e proventi della gestione accessoria si perviene al reddito operativo globale (risultato ante-gestione finanziaria), ovvero la ricchezza prodotta dal complesso delle attività patrimoniali comprese quindi quelleaccessorie (es. un investimento immobiliare) e finanziarie. La gestione accessoria è complementare alla gestionecaratteristica e raccoglie il risultato delle operazioni collaterali alla gestione caratteristica, quale ad esempio la gestionedei cambi. Il reddito operativo globale è definito anche EBIT (Earnings Before Interest and Tax) e, dato che nellariclassificazione è seguito dagli oneri finanziari, rappresenta l’ultima espressione della redditività unlevered dell’impresa,in altre parole il rendimento aziendale senza considerare come l’impresa sia stata finanziata.

Se l’EBIT esprime il valore prodotto grazie ai risultati delle attività operative e accessorie, gli oneri finanziari rappresentanoil costo dei finanziamenti di terzi che hanno consentito, insieme al capitale proprio, l’acquisizione di tali attività.

Infine, nella logica dell’analisi di bilancio, gli oneri e i proventi straordinari rappresentano tutti quei costi e proventi che,per la loro eccezionalità e scarsa frequenza di manifestazione, devono essere ben distinti nel quantum del reddito nettod’impresa. La qualità della redditività netta dell’impresa è infatti tanto più elevata quanto più deriva da eventi ordinaridi gestione.

Figura 21. Conto Economico e riclassificato “a valore della produzione e valore aggiunto”

67Fonte: Giunta, 2007

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5.6 La convenienza economica: la break-even analysis

Un altro importante strumento di controllo ex-ante della fattibilità economica del progetto imprenditoriale risiede nellarielaborazione dei dati riportati nel conto economico a margine di contribuzione, così come è stato presentato nelparagrafo 5.3.

In sede di messa a punto del progetto imprenditoriale è molto utile effettuare una serie di simulazioni valutando i risultatiche derivano dalla diversa combinazione dei costi, dei volumi e dei prezzi di vendita. Per valutare i costi è importanteconsiderare le economie di tipo strutturale che si vogliono ottenere (economie di scala o di esperienza). Il grado disaturazione della capacità produttiva è legato ai volumi effettivamente prodotti, i quali influenzano i costi che l’impresadovrà sostenere. Inoltre i volumi determinano il livello effettivo dei ricavi e quindi il reddito operativo conseguitodall’impresa. Quest’ultimo è determinato anche dai prezzi di vendita e di acquisto dei fattori produttivi.

I costi variabili sono quelli direttamente correlabili al volume di produzione e di vendita, quali le provvigioni, i consumidi materie prime, le lavorazioni esterne e la manodopera diretta. Al contrario, i costi fissi non variano direttamente alvariare dei volumi di produzione o di vendita: i costi fissi di struttura sono finalizzati alla predisposizione della capacitàproduttiva (impianti, macchinari, costi del lavoro, costi per consulenze ecc.) e non possono essere ridotti nel brevetermine, i costi fissi di sviluppo sostengono invece lo sviluppo futuro dell’impresa (ricerca e sviluppo, formazione delpersonale e costi di marketing) e sono discrezionali, ovvero possono essere alterati a breve termine dalle decisionicorrenti del management. Sommando i costi fissi e i costi variabili, si ottengono i costi totali.

La Break-Even Analysis individua, per un certo livello di prezzi-ricavo, di costi fissi e di costi variabili unitari, il volumedi vendita in corrispondenza del quale i ricavi coprono integralmente i costi totali di gestione (ovvero legati alla gestionetipica). Tale valore indica il punto di pareggio (Break-Even Point), che è rappresentato nella seguente figura 22.

Figura 22. Il punto di pareggio

La Break-EvenAnalysis

individua, per uncerto livello di

prezzi-ricavo, dicosti fissi e dicosti variabili

unitari, il volumedi vendita in

corrispondenzadel quale i ricavi

copronointegralmente i

costi totali digestione

Fonte: Parolini, 2011

Il punto di pareggio può essere inteso come il numero di pezzi da produrre per coprire i costi totali di gestione(punto di pareggio in volumi), oppure come fatturato da conseguire per andare a pareggio (fatturato di pareggio).

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Il punto di pareggio in volumi si ottiene dallo sviluppo della seguente formula:Ricavi = prezzo di vendita * quantitàCosti totali = costi fissi + costi variabiliPrezzo di vendita * quantità = costi fissi + costi variabili totaliQuantità di pareggio = costi fissi/(prezzo di vendita unitario - costi variabili unitari)

La differenza tra i prezzi di vendita e i costi variabili unitari determina il margine di contribuzione che ogni singolaunità venduta lascia per la copertura dei costi fissi e la generazione di un utile operativo. Lo stesso risultato sipuò ottenere rapportando il margine di contribuzione totale (fatturato-costi variabili), ai ricavi totali. Il marginedi contribuzione può essere anche calcolato facendo una media ponderata dei prezzi e dei costi variabili relativiai diversi prodotti o servizi offerti, quindi rapportando il margine medio unitario al ricavo medio unitario (nel casoin cui la gamma di prodotti sia limitata).

Il punto di pareggio in fatturato determina il fatturato da conseguire per coprire tutti i costi di gestione. Il fatturatodi pareggio si ottiene dividendo i costi fissi per il margine di contribuzione espresso in percentuale sul prezzodi vendita (Fatturato = Costi fissi/Margine di contribuzione %). Tale strumento è adatto per la rappresentazionedi imprese tipicamente pluri-prodotto.

Quando è possibile trovare denominatori comuni a diversi prodotti o servizi (ad es. posti venduti nel caso di unacompagnia aerea) è consigliabile effettuare un’analisi di break-even basata sui volumi.

Un’ulteriore analisi percorribile è quella del grado di rischio operativo, ovvero la variazione del risultato redditualeal fluttuare dei volumi di produzione e di vendita. Il rischio operativo è essenzialmente legato a due elementi dellastruttura operativa: il livello del punto di pareggio e il grado di elasticità operativa, rappresentata dall’ampiezzadella forbice tra ricavi e costi prima e dopo il punto di pareggio (Airoldi et. al., 2005). La flessibilità operativa sipuò definire con la seguente formula ed è rappresentata graficamente dalla figura 23:

Indice di flessibilità = Costi variabili totali (nel punto di pareggio) / Ricavi totali

Figura 23. Flessibilità operativa

Fonte: Parolini, 2011

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Maggiore è l’incidenza dei costi variabili totali sui ricavi, più le aziende saranno flessibili. Infatti, la forbice primae dopo il punto di pareggio risulterà stretta, in quanto all’aumentare dei volumi aumenteranno rapidamente anchei costi variabili e il margine lasciato per la copertura dei costi fissi sarà basso. Tali aziende non risentono in modopesante di eventuali riduzioni nei volumi poiché sono in grado di comprimere in modo immediato i costi, trattandosiprevalentemente di costi variabili; tuttavia vedono migliorare i loro risultati economici lentamente all’aumentaredei volumi in quanto registrano, insieme all’aumento dei ricavi, anche un rapido aumento dei costi. Viceversa,le imprese con un’elevata rigidità operativa e dunque con una preponderanza di costi fissi rispetto ai costi variabili,subiscono maggiormente le diminuzioni nei volumi, in quanto difficilmente riescono a comprimere i costi; tuttavia,ad un aumento dei volumi oltre il punto di pareggio vi è un notevole aumento del reddito aziendale dal momentoche i costi (per la maggior parte fissi) aumentano ma in misura contenuta.

5.7 Gli indici di redditività

Dopo aver predisposto la riclassificazione dei bilanci previsionali, è opportuno integrare l’analisi con gli indici dibilancio. Gli indici di redditività rapportano un valore economico all’aggregato del quale s’intende valutarel’attitudine a produrre un risultato reddituale (Canovi, 2007).

Il punto di partenza per l’analisi dell’economicità è il ROE (Return On Equity) che deriva dal rapporto tra il redditonetto e il capitale netto e misura, in termini percentuali, il rendimento globale dell’impresa per i portatori dicapitale di rischio.

ROE = (Rn/Pn) x 100

Rn = reddito nettoPn = patrimonio netto (a fine esercizio)

L’ottica di costruzione del ROE è dunque quella dei portatori del capitale di rischio, i quali investono nell’impresaper ottenere una remunerazione “congrua” del loro investimento. Infatti, se si prevede che il capitale netto nonvenga adeguatamente remunerato, la start-up incontrerà difficoltà a trovare soci disposti ad investire in essa.La scelta del reddito netto deriva dal fatto che tale saldo contabile riassume i contributi reddituali offerti da tuttele aree di gestione (area operativa, straordinaria e tributaria).

Un altro importante indicatore di reddittività è il ROA (Return On Assets), che si ottiene rapportando il redditooperativo dell’impresa, dunque solo il reddito derivante dall’attività tipica dell’impresa, al totale degli investimentiin essere alla fine dell’esercizio osservato.

ROA = (Ro/Ta) x 100

Ro = reddito operativoTa = totale attivo 71

Il ROA indica dunque la capacità dell’impresa di ottenere un flusso di reddito dallo svolgimento della propriaattività caratteristica, prescindendo dalla natura delle fonti, sia in termini del capitale proprio che di terzi, chehanno finanziato gli investimenti posti al denominatore.

Il ROI (Return On Investments) rappresenta un indicatore ancora più preciso della reddittività degli investimentiaziendali, dal momento che prende in considerazione solamente gli investimenti dedicati allo svolgimentodell’attività operativa dell’impresa.

ROI = (Ro/Cin) x 100

Ro = risultato operativoCin = capitale investito netto operativo

Il calcolo del “capitale investito netto operativo” richiede un approfondimento.

Cin = Capitale circolante commerciale + immobilizzazioni operative nette

Il capitale circolante netto commerciale è dato dalla somma algebrica di (crediti commerciali + scorte dimagazzino – debiti commerciali); le immobilizzazioni operative nette sono invece date dalla somma di tutti gliinvestimenti, sia materiali che immateriali, funzionali allo svolgimento dell’attività tipica dell’impresa, al netto deicorrispettivi fondi d’ammortamento. Il Cin raggruppa dunque tutti gli investimenti, sia correnti che fissi, che sonostati sostenuti al fine di svolgere l’attività tipica d’impresa. Rapportando il Cin al risultato che ha prodotto, ovveroil reddito operativo, si esprime un giudizio sulla capacità dell’impresa di impiegare in maniera ottimale gliinvestimenti operativi sostenuti.

Il ROS (Return On Sales), calcolato come Reddito operativo/Ricavi netti è l’indice che misura la reddittività dellevendite ed esprime, in percentuale, il divario prezzi-costo/prezzi-ricavo con cui opera l’azienda. L’andamento delROS nel tempo non spiega le cause del fenomeno ma segnala la presenza di alcuni fattori da tenere sottocontrollo. Una diminuzione dell’indice può essere infatti dovuta, ad esempio, ad un aumento dei costi più cheproporzionale rispetto all’aumento dei ricavi: l’analisi dei valori del conto economico e dei relativi scostamentisu base annua consente di individuare le cause della variazione del ROS.

Ai fini della nostra analisi è importante considerare che, nella fase di start-up, di solito i costi di produzione sonoalti e la produttività è bassa, a causa della scarsa esperienza posseduta dalla nuova impresa in termini di efficienzadei processi. La reddittività delle vendite potrebbe dunque essere minima nel periodo iniziale, per poi tuttaviacrescere grazie all’accumulo di esperienza.

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Gli indici dianalisi della

gestionefinanziariamisurano il

gradod’indebitamentodell’impresa e lasua capacità di

fare fronte ai variimpegni di

pagamento

Gli indicatori disolidità

patrimoniale

5.8 Gli indici di analisi della gestione finanziaria

L’equilibrio finanziario deve essere ricercato sin dalla fase di avvio della nuova impresa, al fine di garantire lasolvibilità e la continuazione del progetto imprenditoriale. Il fabbisogno finanziario iniziale si origina per le seguentiragioni:

• investimenti finalizzati al concepimento e allo sviluppo del progetto legati alle attività di ricerca e sviluppo,selezione del personale ed altre attività di carattere immateriale. Normalmente tali investimenti sono dimodesta entità;

• investimenti finalizzati alla predisposizione della capacità produttiva, ossia quelli in immobilizzazioni (immobili,impianti, macchinari, marchi, brevetti ecc.) che richiedono un’elevata quantità di risorse finanziarie;

• investimenti in capitale circolante (es. magazzino, crediti commerciali).

Per quanto riguarda il fabbisogno finanziario in fase di start-up si rimanda al volume “Start-up: dal progetto almercato”.

Gli indici di analisi della gestione finanziaria misurano sostanzialmente il grado d’indebitamento dell’impresa ela sua capacità di fare fronte ai vari impegni di pagamento, sia nel breve che nel medio-lungo termine.

Obiettivo dell’analisi della gestione finanziaria è quello di determinare il grado di “rischio finanziario” dell’impresaconseguente al suo livello di indebitamento, ovvero la probabilità che la nuova impresa non riesca a rimborsarei propri debiti nei tempi e/o nei modi prestabiliti.

Una prima fondamentale dimensione del rischio finanziario è riconducibile alle condizioni di liquidità della gestione,ossia alla capacità dell’impresa di far fronte “istante per istante” ai propri impegni di pagamento (I margine dirischio per il finanziatore). La seconda dimensione del rischio finanziario è legata al profilo della solidità patrimoniale,ossia alla probabilità che l’impresa non riesca a rimborsare i capitali complessivamente ricevuti, indipendentementedalla puntualità del rimborso (II margine di rischio).

Muovendosi in questa prospettiva, l’analisi della gestione finanziaria è diretta da un lato ad accertare le condizionidi solidità patrimoniale (equilibrio tra impieghi di capitali e fonti di finanziamento) e dall’altro la situazione diliquidità. I due livelli di analisi sono fra loro integrati poiché la solidità è presupposto per negoziare i mezzi finanziarinecessari per fronteggiare temporanee esigenze di liquidità, mentre la liquidità, in un’ottica di medio-lungoperiodo, è condizione necessaria per rimborsare puntualmente i debiti, pagare dividendi remunerativi e, diconseguenza, attrarre i capitali necessari per rendere solida la struttura finanziaria aziendale.

L’analisi delle condizioni di solidità patrimoniale utilizza i seguenti indicatori:

• indice di rigidità: (attivo immobilizzato/capitale investito)Più elevata risulta l’incidenza delle immobilizzazioni sul capitale investito, maggiore è la rigidità dell’aziendaa causa della difficoltà di smobilizzo che generalmente caratterizza le immobilizzazioni tecniche;

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Gli indicatori diliquidità

• margine di struttura: (capitale netto - attivo immobilizzato)Esprime la misura con la quale le immobilizzazioni sono coperte dal capitale proprio. Tanto più il marginetende verso valori positivi, tanto più l’impresa possiede un’elevata solidità patrimoniale;

• indice di copertura delle immobilizzazioni: (capitale netto+passivo consolidato)/Attivo ImmobilizzatoTale indice vuole verificare in che misura il fabbisogno finanziario durevole, espresso dalle immobilizzazioniè coperto con fonti di finanziamento aventi la medesima durata;

• tasso di intensità dell’indebitamento: (debiti finanziari/fatturato)Un tasso di intensità dell’indebitamento crescente segnala la difficoltà dell’impresa ad onorare, con i flussiderivanti dalle vendite dell’esercizio, gli impegni connessi al rimborso dei debiti;

• indice di autonomia finanziaria: (capitale netto/totale finanziamenti)Tale quoziente segnala il livello di dipendenza finanziaria dell’impresa dai debiti di terzi. Gli analisti finanziariindividuano per esso alcuni valori parametrici alla luce dei quali giudicare la congruità dell’indebitamentoaziendale ed il conseguente grado di rischio presente nella struttura finanziaria (0-0,33: zona di rischio inquanto la struttura finanziaria è tanto più debole quanto più è elevato il costo dell’indebitamento; 0,33-0,50:zona di sorveglianza; 0,50-0,66 zona normale con livello di capitalizzazione accettabile; 0,66-1: zona dicrescita, eccesso di autonomia finanziaria).*

Si può parlare di eccesso di indebitamento dell’impresa e quindi di fragilità della struttura finanziaria quando idebiti sono più del doppio del capitale netto, le immobilizzazioni sono largamente finanziate con debiti e i debitifinanziari superano il fatturato.

Se si analizza il I margine di rischio finanziario, i principali indicatori di liquidità sono:

• il Capitale Circolante netto Finanziario (CCNf)4

(attività correnti-passività correnti)Il CCNf è uno dei parametri principali per misurare lo stato di solvibilità delle imprese. Se il CCNf è positivo,si ritiene che l’impresa presenti condizioni di liquidità, poiché significa che le entrate potenziali nel breveperiodo sono superiori alle uscite potenziali nel corrispondente periodo. Se esso è negativo vuol dire che sistanno finanziando le immobilizzazioni con debiti a breve scadenza. Ciò determina disomogeneità tra lacomposizione dell’attivo e del passivo.

• Margine di Tesoreria (MT)(Attivo corrente-scorte-Passivo corrente)Dal CCNf vengono sottratte le scorte, in quanto non sono attività prontamente liquidabili. In tal modo, siprendono in considerazione soltanto i valori dell’attivo e del passivo corrente di breve termine. Un’impresain equilibrio di liquidità dovrebbe presentare un margine di tesoreria positivo;

4 Si noti che Capitale Circolante Netto Finanziario e Capitale Circolante Netto Commerciale sono due grandezze diverse.

* Giunta (2007).

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• indice di liquidità generale: attività correnti/passività correntiSe tale indice è inferiore a 1, la situazione di liquidità è critica in quanto le entrate nel breve si prospettanodi importo inferiore alle uscite della stessa durata.La situazione di liquidità dell’impresa viene giudicata positivamente quando il quoziente disponibilità è superiorea 2;

• indice di liquidità secca (current ratio)Attivo corrente-scorte/passivo correnteTale indice non dovrebbe essere mai inferiore a “1”;

• indice di liquidità immediata: (quick ratio o acid test)(liquidità immediate/passività correnti a breve in senso stretto)Dal calcolo di tale indice vengono escluse tutte le attività correnti che si rinnovano per rotazione e quindistabili (come i crediti commerciali) e tutte le passività commerciali che si rinnovano a scadenza (come gliscoperti di c/c bancario). Tale indice può assumere diversi valori (tra 0,8-1,4 si è in presenza di una buonaliquidità; tra 0,6-0,8 la liquidità è sufficiente; tra 0,4-0,6 si verifica una situazione di liquidità insufficiente;<0,4 determina una crisi di liquidità) ed è significativo nella valutazione del rischio di default delle imprese(Giunta, 2007).

Infine, la durata del ciclo monetario della gestione operativa corrente esprime il periodo di tempo mediamenteintercorrente fra le uscite monetarie derivanti dall’acquisto dei fattori produttivi di esercizio e le entrate monetariederivanti dalla vendita dei beni e servizi prodotti legati al ciclo operativo. Deriva dalla somma algebrica di treindicatori di durata:

• giorni medi di giacenza del magazzino360: (consumi o costo del venduto/scorte materie prime o scorte di prodotti finiti);Tale indice esprime i giorni medi necessari per il rinnovo delle giacenze e per la loro conversione in flussi dicassa positivi.

• giorni medi di dilazione dei crediti commerciali360: (ricavi delle vendite/crediti commerciali);Tale indice esprime il tempo che intercorre fra il momento in cui la produzione viene venduta ai clienti e ilmomento in cui essi pagano per il loro acquisto.

• giorni medi di dilazione dei fornitori360: (acquisto materie prime e servizi/debiti verso fornitori)Tale indice esprime il periodo di tempo mediamente intercorrente tra le uscite monetarie derivanti dall’acquistodi materie prime e servizi dai fornitori e il corrispondente esborso monetario.

Tempi di pagamento dei fornitori superiori alla somma dei tempi di incasso segnalano un elevato potere contrattualedella start- up nei confronti dei partner e una grande affidabilità dell’azienda a far fronte agli impegni a brevescadenza.

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Cash is king: lacapacità digenerare flussi dicassa positivi

5.9 Il rendiconto finanziario

Il rendiconto finanziario riveste un ruolo rilevante nella redazione di un business plan poiché, fra le varie risorse,quella cruciale per la solvibilità nel breve termine è la cassa. Nello IAS 7 si afferma che “per quanto le impresepossano differire nella loro gestione caratteristica, esse hanno bisogno di disponibilità liquide sostanzialmenteper gli stessi motivi. Esse hanno bisogno di disponibilità liquide per condurre le loro operazioni, per onorare ipropri impegni, e per produrre utili per gli investitori”. Lo IASB formalizza un principio contabile già assodato tragli operatori economici. Al grido “cash is king” gli investitori istituzionali, le banche d’affari, e gli analisti finanziarigiudicano le imprese valutando soprattutto la loro capacità di generare flussi di cassa positivi.

Il rendiconto finanziario permette di comprendere sia la natura sia la consistenza dei diversi esborsi monetaririchiesti per lo svolgimento della gestione, sia le fonti a cui la nuova impresa intende ricorrere per far fronte aifabbisogni finanziari derivanti da tali uscite monetarie. Il rendiconto finanziario, meglio di qualunque indice,contribuisce a descrivere in senso dinamico l’evoluzione della solvibilità a breve dell’impresa.

Il modello di rendiconto finanziario, illustrato in figura 24, ha come obiettivo quello di evidenziare le aree digestione (operativa corrente, operativa strutturale, finanziaria attiva, finanziaria passiva) che si prevede genererannoavanzi monetari e quelle che produrranno fabbisogni monetari.

Figura 24. Il rendiconto finanziario

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Fonte: Giunta, 2007

L’equilibrio tra gli impieghi e le fonti di finanziamento all’interno del rendiconto finanziario avviene nel seguente modo:

• l’incremento di una posta dell’attivo determina un impiego di risorse finanziarie;

• la diminuzione di una posta dell’attivo dà luogo a una fonte di finanziamento (es. pagamento da parte dei clienti);

• l’incremento di una posta del passivo genera una fonte di finanziamento (es. accensione di un mutuo);

• la diminuzione di una posta del passivo corrisponde a un impiego di risorse finanziarie (es. rimborso di un debito).

Il flusso di cassa operativo corrente, se positivo, indica l’ammontare dei mezzi monetari a disposizione dell’impresaper far fronte agli impegni di pagamento derivanti dalle operazioni di gestione.

Il free cash flow rappresenta la capacità dell’impresa di far fronte, con i soli mezzi monetari prodotti attraverso ilquotidiano avvicendarsi delle operazioni di acquisto-trasformazione e vendita, al fabbisogno finanziario derivante dalleattività di consolidamento e sviluppo della struttura produttiva.

Il flusso di cassa a servizio del debito (free cash flow to debts) esprime la capacità dell’impresa di generare risorsemonetarie sufficienti a servire adeguatamente i prestiti, ossia a rimborsare i debiti, pagare gli interessi e corrisponderei dividendi senza dover rinunciare allo sviluppo degli investimenti e della struttura operativa.

Il flusso di cassa al servizio del capitale proprio (free cash flow to equity) indica in che misura la remunerazione corrispostaai portatori di capitale di rischio concorre a determinare il fabbisogno finanziario dell’impresa e se le risorse prodotteinternamente consentono di coprire tale fabbisogno oppure se è necessario ricorrere a fonti esterne.

Il saldo della gestione monetaria nel suo complesso si ottiene sommando al flusso di cassa al servizio del capitale dirischio, l’ammontare delle uscite dovute alla gestione del patrimonio netto, derivanti da distribuzioni di utili, di riservee riduzioni di capitale sociale.

77

La combinazionetra capitale didebito e capitaleproprio deveessere stabilitain relazione alprofilo strategicoe di rischiodell’impresa

L’analisi dell’evoluzione del fabbisogno finanziario di una nuova impresa (figura 25) evidenzia come il cash flow periodalepeggiori fino al momento in cui iniziano le vendite, per poi assumere segno positivo.

Figura 25. Evoluzione del profilo finanziario della nuova impresa.

La figura sopra riportata indica che il cash flow cumulato, pari alla sommatoria dei cash flow periodali, è negativoin fase di start-up. Perfino dopo che la start-up ha superato il break-even, il recupero totale dell’investimentopuò richiedere tempi lunghi, che dipendono dalla durata del ciclo del circolante, dal tasso di sviluppo del fatturatoe dalla sua reddittività. L’intensità del capitale investito è elevata nelle prime fasi di vita dell’impresa e tende adecrescere e a stabilizzarsi col passare del tempo a causa di un più efficiente utilizzo della capacità produttivae degli effetti della curva di esperienza.

Fonte: Guatri, Bini, 2002

5.10 Modalità di copertura del fabbisogno finanziario

Il fabbisogno finanziario può essere coperto con mezzi propri o con mezzi di terzi. La combinazione tra capitale didebito e capitale proprio dev’essere stabilita in relazione al profilo strategico e di rischio dell’impresa. Se l’impresavuole operare in un settore a forte evoluzione adottando politiche di crescita ambiziose (con alto rischio operativo),sarà costretta a optare per una struttura finanziaria con elevata presenza di mezzi propri (basso rischio finanziario).Al contrario, una struttura sbilanciata verso il debito (con elevato rischio finanziario) può essere impiegata, con ledovute cautele, solo nel caso in cui la start-up voglia operare in settori maturi con basso rischio operativo.

Durante la fase di avvio di un’impresa è importante mantenere un elevato grado di elasticità finanziaria, tramite lacreazione di riserve di credito che servono nel caso in cui si manifestino scostamenti rispetto ai bilanci previsionali.I vantaggi del ricorso al capitale (equity) proprio come mezzo di finanziamento nella fase di avvio delle imprese sonoi seguenti:

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• evitano che il rischio finanziario aumenti troppo e che provochi conseguenze indesiderate quali l’aumentodel costo del capitale e restrizioni o revoche di finanziamenti da parte di terzi;

• la presenza di equity favorisce l’impresa nella ricerca di capitale di debito, aumentando le sue capacità diindebitamento;

• il capitale proprio riesce ad assorbire le perdite evitando situazioni di dissesto;

• l’effetto leverage dell’indebitamento5 fa venire meno il vantaggio fiscale del debito (possibilità di dedurre gliinteressi passivi) e amplifica ulteriormente le perdite.

Le esigenze di copertura del fabbisogno finanziario richiedono l’apporto di fonti di finanziamento, nelle forme dicapitale di debito e di capitale di rischio. Con riferimento a quest’ultimo, è importante valutare il valore dellasingola quota del capitale di rischio. Si riportano nel riquadro sottostante le principali tecniche di valutazione dellaquota di partecipazione e si rimanda alla bibliografia di riferimento.

5 L’effetto leverage è definito dalla seguente formula:(ROI-(Oneri finanziari/Debiti Finanziari))*(Debiti finanziari/Capitale proprio). L’effetto leva negativo si ha quando i risultati della gestioneordinaria (ROI) non sono sufficienti a coprire il costo del debito e il ricorso all’indebitamento amplifica ulteriormente le perdite.

Le principali tecniche di valutazione della quota di partecipazioneIl processo valutativo, cosi come inquadrato dalla letteratura, può essere condotto, sia mediante metodianalitici (indiretti) sia mediante metodi di mercato (diretti). I metodi indiretti impostano il processo di stimamediante calcoli basati su grandezze flusso (metodi reddituali e metodi finanziari) o su grandezze stock(metodi patrimoniali). I metodi diretti fanno riferimento agli effettivi prezzi di mercato oppure eguagliano ilvalore economico dell’impresa al prodotto tra un moltiplicatore di mercato, appartenete a società concaratteristiche comparabili alla target, ed una grandezza espressiva del valore dell’impresa. Le valutazionieffettuate seguendo i metodi analitici sono basate su modelli e formule e vengono definite valutazioni assolute,mentre quelle basate sui moltiplicatori sono valutazioni relative. Le valutazioni relative, a partire dal largoutilizzo che ne è stato fatto da parte delle merchant bank, si sono diffuse sempre più, andando a sovrastarel’utilizzo delle valutazioni assolute. Le motivazioni principali di questa diffusione possono essere individuatenello sviluppo dei mercati di borsa, un mercato liquido e profondo e un numero elevato di operazioni di M&Asono infatti un elemento essenziale per l’utilizzo dei moltiplicatori. Inoltre, hanno contribuito alla diffusionedei metodi relativi (diretti), le difficoltà di previsione dei flussi di cassa o reddituali associati all’investimento,nonché le difficoltà di includere beni intangibili all’interno di metodi assoluti, basati su modelli e formule.In conclusione le valutazioni relative appaiono sostanzialmente più rapide e meno onerose, ed anche perquesto sono le più utilizzate anche da parte degli investitori. Per completezza è necessario ricordare cheuna valutazione accurata necessita di un utilizzo, almeno in chiave di confronto, di metodi sia relativi, siaassoluti, nonostante ciò comporti un dispendio di tempo e denaro che gli investitori, specialmente se informali,non sono tipicamente disposti ad affrontare.Per ulteriori approfondimenti si veda Guatri e Bini (2007)

• Cos’è un business plan?

Un business plan è un documento che descrive un progetto imprenditoriale che s’intende avviare in futuro,delineando il contesto nel quale sarà realizzato, le decisioni strategiche e le scelte operative ritenute più opportune,le prospettive di convenienza economica e il fabbisogno finanziario connessi al progetto.

• Quali accorgimenti occorre tenere in considerazione nella stesura del business plan?

Alcuni accorgimenti da tenere in considerazione nella stesura del documento potrebbero essere (Parolini, 2011):

- Presentare per “primi” i capitoli meno scontati per chi legge e deve valutare il business plan. Ad esempio,nel caso del lancio di un prodotto innovativo, conviene iniziare con la descrizione chiara e comprensibiledell’offerta per poi procedere con la descrizione del mercato potenziale e del sistema competitivo.

- Evitare affermazioni ingenue, eccessi di entusiasmo, considerazioni personali non documentate.

- Cercare di non superare le 40-50 pagine, per evitare di scoraggiare il lettore. Eventualmente si possonoinserire allegati di approfondimento, la cui lettura non sia tuttavia necessaria per una prima comprensionedel progetto.

- Prestare grande attenzione ai dati presentati, alla loro congruenza e alla spiegazione delle relazioni tra idiversi numeri.

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CAPITOLO 6FAQ (Frequently AskedQuestion)

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• Dove posso reperire le informazioni utili per l’analisi del mercato di riferimento?

Nella sezione dedicata ai links sono riportati alcuni indirizzi on line utili per l’analisi del mercato italiano.

• Sulla base di quali elementi gli investitori esterni valutano solitamente un business plan?

Oltre alle evidenti valutazioni sulla redditività del disegno imprenditoriale, che di fatto determina l’appetibilità delprogetto, possono essere effettuate anche analisi di tipo qualitativo. Potrebbe essere valutata la coerenza delprogetto imprenditoriale con l’esperienza, le abilità e gli interessi dell’imprenditore, così come la coesione e lecompetenze del team delle persone che dovranno sviluppare e gestire il progetto. Altri elementi sottoposti avalutazione sono l’eventuale dipendenza da risorse esterne, soprattutto nel caso di risorse critiche per il successodel progetto, e il timing del progetto stesso, ovvero la stima dell’orizzonte temporale necessario per svilupparlo.

BBarriere all’entrata: sono quegli ostacoli che rendono difficile l’ingresso in un determinato mercato o segmentodello stesso. Tanto più sono elevate, più sarà costoso l’ingresso nel mercato target e tanto più l’impresa saràprotetta una volta superate le barriere all’entrata nel mercato.

Barriere all’uscita: sono quegli ostacoli che costringono l’impresa a continuare a produrre anche quando avrebbetutti gli interessi ad uscire dal mercato, a causa di una bassa redditività offerta da quest’ultimo.

Business Idea: indica l’idea imprenditoriale che si intende realizzare tramite l’individuazione del bisogno dasoddisfare, del prodotto/servizio che lo soddisfi e la determinazione del mercato di riferimento.

CCiclo di vita del settore: identifica le quattro fasi di evoluzione di un settore (fase di introduzione o di avvio, fasedi sviluppo, fase di maturità, e fase di declino).

Commodities: beni offerti in modo standardizzato sul mercato e che presentano le stesse caratteristicheindipendentemente da chi li produce (es. prodotti agricoli).

Costi di riconversione: costi che l’azienda deve sostenere per convertire la sua produzione, o per passare daun fornitore all’altro.

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GLOSSARIO

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EElasticità operativa: è la capacità di cambiare rapidamente le quantità prodotte in caso di variazioni quantitativedella domanda o come risposta ad alcune azioni della concorrenza, poiché l’incidenza dei costi fissi sui costitotali è contenuta.

Elasticità strutturale: consiste nel fatto che l’impresa dispone di una struttura organizzativa flessibile che lepermette di reagire ai mutamenti del mercato cambiando la propria struttura organizzativa.

Elasticità della domanda al prezzo: indica la variazione percentuale attesa della domanda di un determinatoprodotto o servizio alla variazione percentuale del prezzo di mercato dello stesso prodotto o di altri prodotti. Ladomanda è elastica rispetto al prezzo quando una variazione del prezzo dell’1% genera una variazione dellaquantità domandata superiore all’1%.

FFormula imprenditoriale: deriva dalle scelte di fondo riguardanti il sistema impresa (business idea, sistemaprodotto da offrire e struttura) e dall’analisi del mercato obiettivo al quale si intende rivolgere. Essa identifica ilmodo di essere dell’impresa all’interno della propria arena competitiva e nei confronti dei soggetti con i qualiintratterrà le relazioni.

IIAS (International Accounting Standards): sono i principi contabili internazionali adottati per cercare di standardizzarele regole contabili a livello mondiale. La loro adozione è obbligatoria nei bilanci consolidati delle società quotate,delle banche e delle assicurazioni.

IASB (International Accounting Standards Board): è l’organismo responsabile dell’emanazione dei principicontabili internazionali.

MMission: costituisce una guida operativa pratica focalizzata sugli obiettivi che la start-up si prefigge di raggiungerenel prossimo futuro.

NNicchia di mercato: piccolo segmento di mercato verso cui in genere le piccole imprese concentrano i loro sforzidifferenziando il più possibile il prodotto, in quanto non sono occupati né occupabili dalle grandi imprese a causadella mancanza di flessibilità o di convenienza economica. 83

PProgetto imprenditoriale: è il documento che evidenzia le informazioni relative agli obiettivi operativi e strategici chela nuova impresa si prefigge di raggiungere, al sistema prodotto che intende offrire, alla struttura della nuova attivitàimprenditoriale, e al mercato obiettivo al quale intende rivolgersi.

QQuota di mercato: rapporto tra fatturato (o volumi venduti) dell’azienda e fatturato complessivo (o volumi complessivi)del mercato di riferimento. L’incremento della quota di mercato rappresenta un obiettivo fondamentale per le imprese.

RRigidità operativa: si verifica quando la struttura dei costi di un’impresa è caratterizzata da una forte incidenza dei costifissi rispetto a quelli totali

Rischio operativo: rischio legato alla probabilità di incorrere in risultati reddituali particolarmente positivi o negativi inrelazione ai volumi effettivamente prodotti o venduti.

SSettori capital intensive: settori ad elevata intensità di capitali o di investimento.

Settori labour-intensive: settori ad elevata intensità di lavoro.

Supply chain: è la catena di distribuzione che vede il coinvolgimento della rete di imprese che si trovano a monte e avalle delle attività dell’impresa.

Struttura: con il termine struttura si intendono sia gli elementi tipici della struttura operativa dell’impresa, sia le risorseche costituiscono il patrimonio tecnologico, commerciale ed economico e finanziario della stessa.

VVantaggio competitivo: performance maggiori (solitamente in termini di redditività) che l’impresa riesce a raggiungererispetto alla media dei suoi concorrenti, in un determinato settore, nel medio-lungo periodo.

Virtual marketing: tecniche di marketing che utilizzano i social network per incrementare le vendite dell’impresa e lareputazione del brand.

Vision: è l'insieme degli obiettivi che il top management si prefigge per la nuova iniziativa imprenditoriale nel lungoperiodo, la sua ragion d’essere dell’organizzazione ed i valori cui si ispira.

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03

Link utili per l’analisi di mercato e per il reperimento di informazioni aziendali:

www.demo.istat.it Statistiche demografiche dettagliate per tutto il territorio italiano

www.ice.gov.it/ Sito dell’Istituto nazionale per il commercio estero

www.istat.it Utile la sezione “Dati e Prodotti”

Atlante statistico dei comuni All’interno del sito dell’Istat: Dati statistici disponibili a livello comunale

www.infoimprese.it Informazioni sulle imprese iscritte alla Camera di Commercio

www.sistan.it Sistema statistico nazionale: è la rete di soggetti pubblici e privatiche forniscono informazioni statistiche

www.hoovers.com Offre informazioni sulle imprese quotate

www.cia.gov Nella sezione “World Factbook” sono riportati i profili politici esocio-economici di tutte le nazioni del mondo.

www.datamonitor.com Banca dati online che fornisce informazioni sui mercati, sullastruttura societaria e bilanci delle imprese

www.businessweek.com Giornale online con notizie quotidiane sull’andamento delle aziendee della finanza nel mondo

www.economist.com Settimanale online che offre informazioni politiche, di economia,di marketing e di Finanza a livello mondiale

www.ft.com Giornale online con informazioni aziendali, finanziarie e politichea livello mondiale

www.insitepro.com Soluzioni di Business Intelligence online per i professionisti85

INDIRIZZI/LINKUTILI

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Link utili per l’erogazione di questionari a basso costo:

it.surveymonkey.com/

polldaddy.com/

www.sissurvey.net

www.ask500people.com/

Link utili per elaborazione del business plan:

www.nascelimpresa.it

www.startcup-spinner.startcup.com/

Advance, (2001), Start-up: dall'idea all'impresa, Business Plan, Metodi di Valutazione, Canali di Finanziamento,Ipsoa, Milano

G. Airoldi, G. Brunetti, V. Coda, (2005) Corso di economia aziendale, Bologna: Il mulino.

W. Bartlett, (1988), Venture Capital: law, business strategies and investment planning, Wiley Law Pubns, USA.

E. Bove, (2011) Strategic Planning: come definire, pianificare ed eseguire una strategia di business vincente,Hoepli, Milano.

G. Bronconi, S. Cavaciocchi, (2006), Business plan: il manuale per la redazione di un efficace e completo pianod'impresa, Il Sole 24 Ore, Milano.

L. Canovi, (2007), Analisi di bilancio e previsione finanziaria: principi e strumenti, G. Giappichelli, Torino.

V. Coda, (1988), L’orientamento strategico dell’Impresa, Utet, Torino.

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G. Invernizzi, (2008), Strategia aziendale e vantaggio competitivo, McGraw-Hill, Milano.

F. Giunta, (2007), Analisi di Bilancio: riclassificazione, indici e flussi, centro stampa Il Prato, Firenze.

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PRINCIPALIRIFERIMENTIBIBLIOGRAFICI

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F. Zancanella, (2005), Nuovi imprenditori: start-up, business plan e rapporti con le banche per aprire un'impresa,Experta, Forlì.

Il Gruppo Giovani Imprenditori di Modenaunisce imprenditori, figli di imprenditori

e dirigenti di età compresa tra i 18 ed i 40 anniappartenenti ad aziende iscritte

a Confindustria Modena, con l’obiettivo di prepararliad affrontare il proprio ruolo in azienda e nella

società, secondo i valorie la cultura d’impresa più moderni ed attuali.

www.giovaniindustriali.mo.it

I materiali e le attività del progetto Nasce l'Impresasono reperibili su www.nascelimpresa.it

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ELISABETTA GUALANDRIVALERIA VENTURELLI

NASCE L’IMPRESABusiness plan:come costruirlo einterpretarlo