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Corso di Fisica tecnica e ambientale – a.a. 2011/2012 - Docente: Prof. Carlo Isetti CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica CAPITOLO 7A ELEMENTI DI TERMODINAMICA 7.1 GENERALITÀ La scienza della termodinamica si sviluppò a partire dagli inizi del secolo scorso soprattutto in conseguenza dell'esigenza di precisare le modalità mediante le quali risulta possibile convertire in lavoro meccanico parte del calore ottenuto da un processo di combustione. I dispositivi inventati dall'uomo per realizzare tale conversione, o macchine termiche, sono divenuti col trascorrere del tempo via via sempre più efficienti e affidabili grazie anche allo sviluppo della scienza della termodinamica. La termodinamica può definirsi come quella parte della fisica che si occupa delle relazioni che intercorrono tra scambi di energia nelle sue varie forme (principalmente calore e lavoro) e le proprietà fisiche di corpi e sistemi senza alcuna limitazione a priori, siano essi solidi, liquidi o gassosi, omogenei o eterogenei. La termodinamica classica, contrariamente alla termodinamica statistica, considera i sistemi sotto l'aspetto macroscopico, senza considerare che essi sono costituiti in ultima analisi da particelle discrete (atomi e molecole). Sulla base di questa impostazione vengono quindi considerate significative, per lo studio dei sistemi termodinamici, grandezze fisiche globali, fra le quali rivestono grande importanza pressione, volume e temperatura, in quanto facilmente misurabili. 7.2 SISTEMA ED ESTERNO È opportuno precisare subito cosa si intenda per sistema termodinamico. In termodinamica per sistema si intende un insieme di materia determinata e limitata nello spazio. Tutto ciò che non fa parte del sistema suddetto è considerato come sistema esterno, o semplicemente esterno. La superficie di separazione tra il sistema oggetto di studio e l'esterno è detta confine o contorno del sistema. Esso può coincidere con una superficie materiale oppure essere solo ideale. Un sistema si dice: - aperto quando scambia attraverso il suo contorno materia ed energia con l'esterno (sistema esterno); - chiuso quando attraverso il contorno del sistema non scambia materia ma solo energia. Infine, un sistema chiuso è isolato se non scambia nè materia nè energia.

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Corso di Fisica tecnica e ambientale – a.a. 2011/2012 - Docente: Prof. Carlo Isetti

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

CAPITOLO 7A ELEMENTI DI TERMODINAMICA 7.1 GENERALITÀ

La scienza della termodinamica si sviluppò a partire dagli inizi del secolo scorso

soprattutto in conseguenza dell'esigenza di precisare le modalità mediante le quali risulta

possibile convertire in lavoro meccanico parte del calore ottenuto da un processo di

combustione. I dispositivi inventati dall'uomo per realizzare tale conversione, o macchine

termiche, sono divenuti col trascorrere del tempo via via sempre più efficienti e affidabili

grazie anche allo sviluppo della scienza della termodinamica.

La termodinamica può definirsi come quella parte della fisica che si occupa delle

relazioni che intercorrono tra scambi di energia nelle sue varie forme (principalmente

calore e lavoro) e le proprietà fisiche di corpi e sistemi senza alcuna limitazione a priori,

siano essi solidi, liquidi o gassosi, omogenei o eterogenei.

La termodinamica classica, contrariamente alla termodinamica statistica, considera i

sistemi sotto l'aspetto macroscopico, senza considerare che essi sono costituiti in ultima

analisi da particelle discrete (atomi e molecole). Sulla base di questa impostazione vengono

quindi considerate significative, per lo studio dei sistemi termodinamici, grandezze fisiche

globali, fra le quali rivestono grande importanza pressione, volume e temperatura, in quanto

facilmente misurabili.

7.2 SISTEMA ED ESTERNO

È opportuno precisare subito cosa si intenda per sistema termodinamico.

In termodinamica per sistema si intende un insieme di materia determinata e

limitata nello spazio. Tutto ciò che non fa parte del sistema suddetto è considerato come

sistema esterno, o semplicemente esterno. La superficie di separazione tra il sistema oggetto

di studio e l'esterno è detta confine o contorno del sistema. Esso può coincidere con una

superficie materiale oppure essere solo ideale.

Un sistema si dice:

- aperto quando scambia attraverso il suo contorno materia ed energia con l'esterno (sistema

esterno);

- chiuso quando attraverso il contorno del sistema non scambia materia ma solo energia.

Infine, un sistema chiuso è isolato se non scambia nè materia nè energia.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

7.2.1 Esempi

Un tipico sistema aperto: tubazione percorsa da acqua (il tratteggio indica i confini del

sistema).

Un tipico sistema chiuso: una sostanza aeriforme all'interno di un recipiente munito di un

pistone mobile (il tratteggio indica i confini del sistema).

7.3 GRANDEZZE DI STATO

Lo studi termodinamico di un sistema termodinamico fa riferimento a grandezze

fisiche globali atte a definire, ossia a descrivere compiutamente, il suo stato fisico (grandezze

di stato). Alcune di queste, come ad esempio pressione e temperatura, potranno essere

facilmente misurate con strumenti adeguati, mentre altre, come energia interna, entalpia,

dovranno essere valutate in base ad opportune relazioni termodinamiche.

Da un punto di vista generale, si opera distinzione tra grandezze estensive e

grandezze intensive: le prime, come la massa di un sistema o il volume, dipendono dalla

quantità di materia presente nel sistema, mentre le seconde non dipendono dalla quantità

di materia presente.

Ad esempio, se un serbatoio contenente una massa di aeriforme m in un volume V

viene idealmente suddiviso due parti eguali (sottosistemi), per ciascuno di questi le proprietà

estensive assumeranno valori dimezzati (V/2,m/2), a differenza di quanto si verifica nel caso

di proprietà intensive, quali pressione, temperatura. Da una variabile estensiva, ad esempio

il volume occupato dal sistema, si può derivare la variabile intensiva, volume specifico,

riferendo il volume alla all'unità di massa:

v = V/m [m3/kg]

Infatti si osserva immediatamente come a valle della suddivisione il volume specifico

v, essendo definito come rapporto delle grandezze V/2 e m/2, rimane invariato.

Anche la densità = 1/v, definita come l'inverso del volume specifico, è una grandezza

intensiva.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

7.4 STATO DI UN SISTEMA

Un sistema termodinamico si dice in condizioni di equilibrio quando i valori delle

grandezze che individuano il suo stato fisico non variano nel tempo.

Nel caso di una sostanza pura, chimicamente definita, l'esperienza dimostra che lo

stato fisico di tale sistema risulta univocamente identificato dai valori assunti da due sole

grandezze di stato, purché intensive ed indipendenti tra loro.

Ad esempio, la conoscenza dei valori di proprietà intensive, quali la pressione ed il

volume specifico, per una sostanza pura sono sufficienti ad individuarne lo stato, ed in

conseguenza a determinare i valori di tutte le altre grandezze di stato. Per un sistema in

equilibrio, si possono considerare funzioni delle grandezze di stato del tipo:

T = f ( P, v )

oppure:

P = f' ( T, v )

oppure:

v = f'' ( P, T )

che vengono dette equazioni di stato.

È ovvio che, ad esempio, in riferimento all'equazione di stato nella forma T = f (P, v) il valore

della temperatura T del sistema risulta, in condizioni di equilibrio, completamente

determinato dalla conoscenza delle grandezze P e v.

7.5 TRASFORMAZIONE DI UN SISTEMA

Quando un sistema, ad esempio chiuso, viene rimosso dal suo stato di equilibrio in

conseguenza di scambi di energia, si dice che esso subisce una trasformazione durante la

quale le grandezze di stato variano fino al raggiungere le nuove condizioni di equilibrio.

Se il sistema evolve in modo sufficientemente lento, i valori via via assunti dalle varie

grandezze di stato durante il processo di trasformazione risultano molto prossimi (al limite

identici) ai valori corrispondenti a stati intermedi di equilibrio. In questo caso si usa dire che

il sistema subisce una trasformazione termodinamica reversibile.

In altri termini una trasformazione reversibile può essere pensata come una

successione di stati di equilibrio. In ogni punto di una trasformazione siffatta (sistema

all'equilibrio) si può pensare di poter indifferentemente variare le grandezze di stato del

sistema di quantità infinitesime sia in un senso che in quello opposto tramite gli opportuni

scambi di energia.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Se, durante una trasformazione finita di un sistema (ad esempio, un processo spontaneo verso

un nuovo stato di equilibrio) si verificano invece deviazioni finite dalle condizioni di

equilibrio il processo è detto trasformazione irreversibile.

In realtà, nessuna trasformazione termodinamica è reversibile; affinché una

trasformazione termodinamica possa essere considerata reversibile, deve essere infinitamente

lenta e in assenza di fenomeni dissipativi (attrito, reazioni chimiche, etc.).

Nelle figure a e b sono rappresentate due ipotetiche trasformazioni reversibili di un

sistema chiuso: in ogni punto tra gli stati 1 e 2 (iniziale e finale) le proprietà P e v assumono

valori di equilibrio ben definiti.

Se lo stato 1 è diverso dallo stato 2, la trasformazione si dice aperta (fig. a); se lo stato 1

coincide con 2, la trasformazione si dice chiusa o ciclica (fig. b).

7.6 CALORE E TEMPERATURA

L'esperienza comune insegna che è possibile classificare sistemi diversi sulla base

della sensazione di caldo e di freddo da noi avvertita al loro contatto. Diciamo che dall'uno

all'altro varia una certa grandezza, crescente dal più freddo al più caldo, detta temperatura.

L'esperienza dimostra che se due corpi a temperatura diversa vengono posti a contatto,

il corpo più caldo si raffredderà e quello più freddo si riscalderà, fino a quando non viene

raggiunta una temperatura intermedia di equilibrio. Si dice che i due corpi si sono scambiati

calore. Come si vedrà col termine scambio di calore si intende il passaggio, tra un sistema e

l'altro, di una nuova forma di energia (energia termica) che si verifica come conseguenza di

una differenza di temperatura tra i due sistemi. In altri termini si può dire che se un sistema

cede (scambia) calore ad un altro sistema la sua temperatura è maggiore.

La temperatura di un sistema in confronto alla temperatura di altri sistemi indica

quindi in quali casi il sistema in oggetto risulterà, con termine improprio, donatore o

ricettore di energia termica.

Non appena i due sistemi, posti a contatto, raggiungono l'equilibrio termico, cioè la

stessa temperatura, cessa lo scambio di energia termica dall'uno all'altro.

fig. a fig. b

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Si può osservare che la presenza di una differenza di temperatura tra due sistemi non è

sempre condizione sufficiente perché lo scambio termico si verifichi, il contorno di uno dei

due sistemi infatti può essere in certi casi tale da impedire del tutto lo scambio termico. Un

siffatto contorno è detto adiabatico.

Un sistema con contorni perfettamente adiabatici è termicamente isolato, in altre

parole non può essere influenzato dall'esterno mediante scambi di calore.

La temperatura si misura con i termometri; per la costruzione di essi si sfruttano

diverse proprietà di corpi sensibili alla temperatura. In genere si sfrutta la proprietà dei corpi

di dilatarsi con l'aumentare della temperatura. Vi sono determinate sostanze, ad esempio il

mercurio, il cui volume cresce in modo sufficientemente uniforme al crescere della

temperatura. Pertanto, se una certa quantità di mercurio è racchiusa in un tubo di vetro di

piccolo diametro, il livello della colonna salirà quando la temperatura cresce e scenderà

quando la temperatura decresce. Ovviamente, è necessario introdurre e definire una scala di

temperature: la scala in gradi centigradi (simbolo t) attribuisce il valore t0 = 0° gradi alla

temperatura del punto fisso acqua-ghiaccio, ed il valore t100 = 100° gradi alla temperatura di

ebollizione dell'acqua alla pressione atmosferica di 101300 [Pa].

L'unità di misura di temperatura è il grado centigrado (simbolo °C) che corrisponde

alla centesima parte della differenza tra i due suddetti punti fissi.

Come si vedrà, mentre non esiste un limite massimo per le temperature, esiste invece

un limite minimo (denominato zero assoluto) corrispondente a - 273,15 [°C] nella scala

centigrada. Risulterà, quindi, naturale introdurre una nuova scala di temperatura detta scala

assoluta, definita dalla relazione:

T = t + 273,15 [ K]

L'unità di misura è chiamata grado kelvin (simbolo K).

A questo punto, utilizzando un termometro, si può valutare un quantità di energia termica

(calore) Q misurando l'aumento di temperatura subito da una massa m di un corpo campione:

Q = c m T

ove "c" è una costante di proporzionalità, detta calore specifico.

Poiché in passato si è assunto convenzionalmente c = 1 per l'acqua, l'unità di misura della

quantità di calore Q, cioè la kilocaloria (simbolo kcal) era definita come la quantità di calore

necessaria per elevare di un grado centigrado (da 14,5 [°C] a 15,5 [°C]) la temperatura di un

kg d'acqua a pressione atmosferica (c = 1 [kcal/kg°C]). La precisazione dell'intervallo di

temperatura deriva dal fatto che il calore specifico dell’acqua c varia al variare della

temperatura. Poiché, anticipando quanto affermato dal I° Principio della Termodinamica, il

calore nulla altro è se non uno scambio di energia, nel sistema S.I. esso dovrà essere espresso,

per omogeneità, in joule [J]. Il fattore di conversione è dato da: 1 [kcal] = 4186 [J].

Dato che l'espressione che permette di calcolare il calore specifico è: c = Q/mT,

l'unità di misura del calore specifico nel sistema SI sarà quindi: J/kg K

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

7.7 I° PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

L'esperienza insegna che lo stato termodinamico di un sistema chiuso può cambiare in

conseguenza di scambi di energia nelle sue varie forme con l'esterno. Ai fini del presente

studio si ipotizza che possano verificarsi solo due modalità diverse di scambio di energia

attraverso i confini del sistema e cioè:

energia termica o calore Q;

energia meccanica o lavoro L.

È opportuno a questo punto chiarire quale convenzione dei segni è generalmente adottata in

termodinamica.

Si assume:

Q > 0 quando il calore viene fornito al sistema

L > 0 quando il lavoro viene compiuto dal sistema.

Ad esempio, il sistema rappresentato in figura ha eseguito un lavoro, sollevando la massa m.

Il lavoro eseguito è:

L = m g h > 0

In quest'altro caso, lavoro esterno L' < 0 è stato speso all'interno del sistema:

L' = m g h* < 0

Si consideri ora un sistema chiuso che, soggetto a scambi di calore e lavoro, subisca una

trasformazione termodinamica. Si supponga che il baricentro del sistema non vari la sua

posizione e che sia possibile escludere a priori il verificarsi di variazioni di energia potenziale

o cinetica del sistema stesso.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Se si opera mediante una successione opportuna di scambi Qi e Li , in modo tale da far si che

il sistema riassuma alla fine delle operazioni uno stato termodinamico identico a quello che lo

caratterizzava all'inizio, si verificherà sempre che:

ii LQ

ove:

- sta a indicare una sommatoria su una trasformazione ciclica.

Modificando l’ordine e l’entità degli scambi ma sempre operando per ottenere realizzare una

trasformazione ciclica (in riferimento alla figura ritornando allo stesso stato iniziale)

l’esperienza dimostra che per qualunque sistema si ottiene sempre lo stesso risultato.

ii LQ

Ipotizzando di scambiare calore e lavoro con continuità e quindi che si possa esprimere

scambi complessivi Q e Li i come:

Qi

dQ e L dLi

si ha: 1

dL

dQ dQ dL 0

Da un punto di vista matematico quando si verifica questa condizione deve esistere una

funzione potenziale U tale che risulti:

dU = dQ - dL [J]

ove:

- U funzione dello stato termodinamico del sistema.

Questo risultato è importante perché gli scambi elementari dQ e dL non godono della suddetta

proprietà. Poiché gli scambi dL e dQ sono termini energetici, per omogeneità anche dU deve

essere un termine energetico, il cui significato non può che essere quello di rappresentare la

variazione globale del contenuto energetico del sistema.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

In altre parole, la somma degli scambi energetici elementari dL e dQ misura la complessiva

variazione del contenuto energetico del sistema dU in una trasformazione elementare.

Da un punto di vista microscopico, l'energia interna può essere interpretata come

somma di tutte le forme di energia cinetica e potenziale associate al movimento disordinato

delle particelle costitutive ed alle forze che tra loro si esercitano.

In genere è consuetudine riferire gli scambi di calore e lavoro dQ e dL non al sistema

globale ma all'unità di massa 1 [kg]. Secondo tale convenzione, che da questo momento

adotteremo sempre, verrà considerata anziché l'energia totale interna U del sistema [J],

l'energia interna per unità di massa del sistema che si indicherà con la lettera minuscola u

[J/kg]; le dimensioni di Q , L ed u saranno quindi nel sistema S.I. [J/kg]. Nel caso di fluidi

termodinamici (sostanze chimicamente pure), come già detto, lo stato di un sistema è definito

dalla conoscenza di due sole grandezze, per cui, ad esempio il differenziale dell'energia

interna U risulta, in relazione alla coppia di variabili T e v esprimibile da:

u = u (T,v) dvv

udT

T

udu

Tv

Fino a questo punto si è esclusa la possibilità di variazioni di energia cinetica e

potenziale interessanti l'intero sistema: abbiamo supposto cioè che il sistema in esame fosse

sempre fermo.

Nel caso più generale, quando cioè possono verificarsi variazioni di energia cinetica

dEc e di energia potenziale dEp del sistema il primo principio può essere scritto nella forma:

dQ - dL = du + dEc + dEp [J/kg]

7.8 PRECISAZIONI SULLO SCAMBIO DI LAVORO

Quando un sistema termodinamico interagisce con l'esterno, ad esempio quando una

porzione del suo contorno muovendosi sposta il punto di applicazione di una forza esterna, il

sistema scambia lavoro meccanico.

Si consideri il sistema rappresentato in figura e costituito da una massa m di un

aeriforme all'interno di un cilindro munito di pistone di superficie A. Si supponga che il

pistone possa muoversi senza attrito e che il sistema sia in equilibrio con grandezze di stato,

uniformemente distribuite in tutto il sistema.

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In queste condizioni, la pressione interna del sistema P è pari alla pressione esterna Pe = Fe /A

sul lato esterno del pistone.

Se vi fosse una differenza di pressione dP > 0 tra la pressione interna P ed quella esterna Pe ed

il pistone si muoverebbe destra di una quantità dx raggiungendo, in questa posizione, una

nuova condizione di equilibrio. Il lavoro compiuto dal sistema contro la forza esterna Fe è

esprimibile mediante la pressione interna del sistema e cioè in termini della grandezza di stato

P:

dLs = - Fe dx = Fi dx = P A dx = P dV [J]

Un siffatto processo elementare si può verificare solo in assenza di attrito. Riferendosi

all'unità di massa del sistema si può scrivere:

dL = dLs/m = P dV/ m = P dv [J/kg]

Si noti che il segno di dL dipende dal valore di dv: il lavoro è positivo in corrispondenza di

una dilatazione del sistema (dv > 0) e negativo nel caso contrario (dv < 0).

Nel caso di una trasformazione finita, tra uno stato 1 e uno stato 2, intesa come una

successione stati di equilibrio del sistema e cioè reversibile, il lavoro specifico scambiato con

l'esterno è, quindi:

L12 = Pdv1

2

[J/kg]

L'integrale, ovviamente, può valutarsi solo se si conosce la funzione P= P(v), e cioè se

vengono precisate le modalità della trasformazione. E' ovvio che una trasformazione siffatta

(sistema sempre all'equilibrio) può essere approssimativamente realizzata lasciando evolvere

il sistema molto lentamente e cioè controllando la trasformazione al fine di far sì che nel

corso del processo la pressione esterna Pe differisca sempre di molto poco dalla P del sistema.

Se si immagina di passare da uno stato 1 ad uno stato 2 mediante due trasformazioni diverse I

e II (vedi figura), il lavoro scambiato è rappresentato dall'area sottesa dalle curve I e II, e

quindi dipende dalle modalità con cui avviene la relativa trasformazione 1-2.

Il lavoro L, come già visto in precedenza, non è una funzione di stato.

Nel caso di una trasformazione reale non reversibile l'espressione seguente:

Pdv1

2

non rappresenta più lo scambio effettivo di lavoro tra il sistema e l'esterno.

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In questi casi, infatti, a causa di attriti e/o di squilibri tra la pressione interna ed esterna la

pressione interna non è più eguale a quella esterna (P Pe).

Durante una trasformazione reale non reversibile si determinano, ad esempio, differenze di P

tra un punto e l'altro del sistema con movimenti interni di fluido per cui lo scambio di lavoro

con l'esterno potrà essere valutato solo in riferimento allo spostamento subito dalla forza

esterna e cioè sulla base della Pe e quindi, si noti, non più in funzione della grandezza di stato

del sistema P. In generale, non è possibile sapere quali valori abbia effettivamente assunto la

pressione interna P del sistema nel corso di un processo non reversibile.

7.9 PROCESSI A VOLUME COSTANTE ED A PRESSIONE COSTANTE

7.9.1 Processi a volume costante

Se un sistema termodinamico si trasforma mantenendo costante il suo volume perché

contenuto in un recipiente a pareti rigide, non può, verificarsi una scambio di lavoro

meccanico dL, e cioè:

dv = 0 => dL = 0

In questo caso (v = cost.) il primo principio comporta:

dQv = du

ove:

- l'indice v indica che la quantità di calore dQv è scambiata a volume costante.

In termini finiti, per un processo isocoro (a volume costante) che porti il sistema dallo stato 1

allo stato 2, risulta:

Q1,2 = u2 - u1

In una trasformazione isocora, lo scambio termico tra sistema ed esterno eguaglia la

variazione della funzione di stato energia interna.

7.9.2 Processi a pressione costante

Si consideri un processo a pressione costante: il sistema, rappresentato in figura, nella

condizione iniziale 1 si trova a pressione P1 = Pe , mentre nello stato 2, giunge a P2 = P1 = Pe .

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Pe Pe

Supponendo il pistone senza attrito il lavoro compiuto dal sistema contro la pressione

esterna Pe, può essere facilmente valutato. Si può osservare infatti che il pistone, passando

dallo stato 1 allo stato 2, ha spostato di un tratto x il piano su cui è applicata la forza esterna

Fe. Si può scrivere:

L1,2 = -Fe x = Pe (v2 - v1) > 0

Possiamo scrivere il primo principio come:

Q1,2 = u2 - u1 + L1,2

Oppure, essendo Pe = P1 = P2 , anche:

Q1,2 = u2 - u1 + P2 v2 - P1 v1

Se si definisce la funzione di stato entalpia h = u + Pv, somma di u e del prodotto Pv, si

può scrivere:

h2 - h1 = u2 + P2 v2 - u1 - P1 v1

Per una trasformazione a pressione costante ove vi sia unicamente lavoro contro la pressione

esterna il I° Principio può essere scritto nella forma:

h2 - h1 = Q1,2 ([J/kg)

ovvero, in questa trasformazione isobara, lo scambio termico tra il sistema e l'esterno eguaglia

la variazione della funzione di stato entalpia.

7.10 CALORI SPECIFICI FONDAMENTALI cv E cp

In generale il calore specifico di un sistema dipende dalle modalità con cui viene

scambiato calore. Il calore specifico è definito dalla relazione:

c = dQ/dT [J/kg K]

e rappresenta quindi la quantità di calore dQ che bisogna fornire all'unità di massa del sistema

per innalzare la sua temperatura di dT gradi lungo la particolare trasformazione in esame. In

termini finiti, si può ovviamente scrivere:

c = Q/ T [J/kg K]

. opportuno ricordare che, se un sistema si trasforma ad esempio da uno stato 1 ad uno stato

2, la quantità di calore scambiata Q1,2 dipende dalla particolare trasformazione eseguita non

essendo Q1,2 una funzione di stato, e quindi in conseguenza anche il calore specifico dipende

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

dalla trasformazione. Supponiamo ad esempio di considerare un fluido contenuto in un

recipiente rigido.

Supponiamo che, attraverso i confini del sistema venga scambiata una quantità di calore dQv.

Sulla base di quanto precedentemente visto, per un processo a volume costante, si può

scrivere:

dQv = du

dividendo entrambi i membri per la corrispondente variazione di temperatura dT subita dal

sistema risulta:

cv = dQv/dT = du/dT

ove: cv viene detto calore specifico del fluido a volume costante. In generale essendo l'energia

interna u esprimibile come u = u (T,v) si può scrivere:

dTT

udv

v

udu

vT

ed essendo nel nostro caso dv = 0 risulta:

dTT

udu

v

per cui :

v

vv T

u

dT

du

dT

dQc

Si può scrivere anche:

dQv = cv dT = du

Nel caso di un processo isobaro risulta analogamente:

p

pp T

h

dT

dh

dT

dQc

e si può scrivere:

dQP = cPdT = dh

In generale per fluidi allo stato aeriforme, cp differisce da cv in modo significativo, mentre per

sostanze liquide e solide risulta:

c cP ≈ cv 7.10.1 Esempio

Un boiler contiene 50 litri di acqua alla temperatura di 27[°C]: determinare l'energia termica

necessaria per portare la temperatura dell'acqua a 80 [°C] (c = 4.186 [kJ/kg K]). Si supponga

che le pareti del recipiente siano adiabatiche (termicamente isolate).

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Soluzione

Si può applicare al contenitore il I° Principio della termodinamica, considerando come

sistema l'acqua contenuta al suo interno. La trasformazione (riscaldamento dell'acqua) può

essere considerata a volume costante, in quanto un liquido non cambia il suo volume in modo

apprezzabile. Si può quindi scrivere:

du = dQ - dL [J/kg]

In questo caso non vi sono scambi di lavoro con l'esterno, quindi dL = 0, integrando si

ha allora, per unità di massa:

Q12 = u2 - u1 = c t = c (t2 - t1 ) [J/kg]

la quantità di calore complessiva da fornire al sistema sarà, quindi:

Q'12 = m Q12

Il boiler contiene V = 50 [dm3] = 50 10-3 = 0.05 [m3] per cui la massa d’acqua contenuta

è:

m = V = 1000 [kg/m3] 0.050 [m3] = 50 [kg]

L’energia termica necessaria è: )(09.1153186.450)( 1212

'12 kJttcmQmQ

7.11 I° PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI

Dopo aver trattato alcuni aspetti della

termodinamica dei sistemi chiusi, è ora

opportuno ricavare un'espressione del I°

principio che particolarmente si presta allo studio

dei sistemi con deflusso di massa (sistemi aperti).

Si consideri un sistema aperto del tipo

rappresentato in figura.

Il sistema è delimitato da pareti rigide ed

indeformabili e da una sezione di ingresso 1 e

una di uscita 2 attraverso le quali si muove un fluido. Attraverso i confini del sistema può

essere scambiato lavoro meccanico mediante un albero di trasmissione collegato a pale

mobili.

Si supponga che la quantità di fluido che attraversa il sistema non vari nel tempo e

così pure avvenga per lo stato termodinamico del fluido sia all'ingresso che all'uscita del

sistema. Siano w1 , P1 e w2 e P2 , la velocità e la pressione valutate nelle sezioni 1 e 2. Sia

Q1,2 la quantità di calore scambiata con l'esterno e L'1,2 il lavoro meccanico scambiato con

l'esterno mediante l'albero di trasmissione. Poiché in questo caso sono da considerarsi anche

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

variazioni di energia cinetica e potenziale, tra ingresso e uscita del fluido, è necessario fare

riferimento al I°principio nella sua forma più generale:

kg/Jzzg2

wwuuLQ 12

21

22

122,12,1

Si osservi infatti che l'utilizzo di questa espressione è necessario per tener conto del

fatto che l'unità di massa del fluido (1 kg) può essere caratterizzata da Ec = (w22- w1

2)/2 e da

Ep = g (z2 - z1) diversi da zero. Il termine L1,2 che però compare in questa espressione

rappresenta il lavoro totale scambiato con l'esterno per unità di massa di fluido.

E' opportuno osservare che esso risulta pari alla somma del lavoro meccanico

scambiato con l'esterno mediante l'albero di trasmissione L'1,2 o lavoro esterno netto più un

termine Lp detto lavoro di pulsione che tiene conto del lavoro speso per spingere l'unità di

massa del fluido attraverso le sezioni 1 e 2. Si può scrivere:

L1,2 = L'1,2 + Lp

Per valutare il termine Lp si può considerare una massa di fluido dm1 in procinto di

attraversare la sezione 1, di area A1. Le forze esterne al sistema devono spingere l'elemento

dm1 attraverso la sezione compiendo lavoro contro quelle interne. In riferimento a queste

ultime il lavoro risulta:

dLp1 = - F1 dx = - P1 A1 dx = - P1 dV1 = - P1 dm1 / 1 =- P1 v1dm1

essendo la densità 1 = dm1 / dV1.

Integrando, si ottiene:

011

1

0

111

vPdmvPLm

m

p

Per la sezione 2, analogamente si ottiene:

Lp2 = P2 v2 > 0

Il lavoro totale risulta, quindi:

L1,2 = L'1,2 + P2 v2 - P1 v1

Ricordando la definizione di entalpia h = u + pv , si può scrivere :

h = u + (Pv)

e, cioè:

h2 - h1 = u2 - u1 + P2 v2 - P1 v1

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Sostituendo nell'equazione di bilancio si ottiene infine:

kgJzzgww

hhLQ /2 12

21

22

122,12,1

Tale equazione è detta equazione di bilancio dei sistemi aperti e riveste particolare

importanza nelle applicazioni impiantistiche. Se poi Q1,2 = L'1,2 = 0 e Ec = Ec = 0 è anche

h1 = h2 e cioè il processo è isoentalpico. Moltiplicando per la portata di fluido qm e tenendo

conto che nel nostro caso, ovviamente è anche qm1= qm2 = qm; si può scrivere:

qm1 h1 = qm2 h2

Questa equazione di bilancio entalpico può essere generalizzata, nelle stesse ipotesi, a

sistemi caratterizzati da più ingressi e/o più uscite. Si consideri ad esempio un sistema del tipo

rappresentato in figura, ove avvenga un processo di miscelazione adiabatica (Q1,2 = 0) in cui

si ha anche L'1,2 = 0

Si può dimostrare che, a regime risulta:

qm1 h1 + qm2 h2 = qm3 h3

ove, ovviamente: qm3 = qm1 + qm2

7.11.1 Esempio

Dell'aria percorre una tubazione verticale lunga 3 metri, in cui le viene fornito del

calore pari a 8 [kJ/kg]. Calcolare la temperatura dell'aria all'uscita del canale sapendo che la

sua velocità all'ingresso è w1 = 3 [m/s] e all'uscita è w2 = 18 [m/s] e che la temperatura

all'ingresso è pari a t1 = 27 (dh = cP dT, cP = 1 [kJ/kg].

Soluzione.

Dall'equazione di bilancio dei sistemi aperti:

Q12 + L'12 = h2 - h1 + (w w22

12 )/2 + g (z2 - z1)

considerando i dati:

qm1

h1

qm2

h2

qm3

h3

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Q12 = 8000 (J/kg) ; L'12 = 0;

(z2 - z1) = 3 [m]; w1 = 3 [m/s] ; w2 = 18 [m/s]; g = 9.8 [m/s2]

si ottiene:

h2 - h1 = 7813.1 [J/kg]

h2 - h1 = cP (t2 - t1) t2 = t1 + (h2 - h1) / cP

e la temperatura dell'aria all'uscita della tubazione è:

t2 = 34.8 [°C].

7.12 Il GAS PERFETTO

L'esperienza insegna che qualunque sostanza aeriforme, sufficientemente rarefatta, si

dilata a pressione costante linearmente con la temperatura, in modo del tutto indipendente

dalla sua natura chimica. Tale comportamento è noto sotto il nome di legge di Gay Lussac.

Ogni aeriforme che segua rigorosamente queste legge è detto gas perfetto o ideale.

Si può scrivere la legge di Gay Lussac nella forma:

V = V0 ( 1 + t) (P = cost.)

ove :

- V0 è il volume occupato a t = 0 [°C];

- t è la temperatura [°C];

- è una costante di proporzionalità (1/ [°C]).

Come è evidente, un fluido siffatto risulta essere la sostanza termodinamica ideale per

misurare la temperatura (varia con essa in modo rigorosamente lineare, secondo le espressioni

qui sopra). A questo scopo si può misurare con precisione il volume occupato dal gas in

corrispondenza dei due punti fissi 0 [°C] e 100 [°C].

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Una variazione di volume pari a 1/100 di V = (V100 - V0) corrisponde ad un grado

centigrado o Celsius (1[°C]). Al crescere della temperatura, il volume aumenta

illimitatamente, mentre al contrario, come vedremo, le temperature più basse, negative nella

scala centigrada, hanno un limite. Diminuendo la temperatura le molecole di una qualunque

sostanza aeriforme, in conseguenza delle forze di coesione esistenti tra loro, si possono

raccogliere in un volume molto più piccolo e l'aeriforme si trasforma in liquido; un ulteriore

raffreddamento può comportare infine la formazione di una fase solida .

Nel caso di gas ideale, per il quale si ipotizza che le molecole non interagiscano tra

loro e non abbiano un volume proprio significativo, l'abbassamento di temperatura può

portare il gas ad un volume nullo. In realtà, è perfettamente possibile avvicinarsi al

comportamento ideale (e cioè in questo caso al volume nullo), basta riempire il recipiente, ad

esempio il termometro, con quantità sempre più piccole di gas, ossia con gas sempre più

rarefatto.

7.13 LA TEMPERATURA ASSOLUTA - SCALA KELVIN

Se rappresentiamo la legge di Gay Lussac in un piano volume-temperatura, possiamo

osservare che il coefficiente angolare della retta e cioè la tangente dell'angolo si può

esprimere nel modo seguente:

V = V0 ( 1 + t ) tg = dV/dt = V0

In relazione al triangolo rettangolo ABC, risulta:

tg = V0 = V0 / t = 1 / t

ove:

- t = variazione di temperatura al di sotto dei 0 [°C] corrispondente al raggiungimento di un volume limite

V = 0.

L'esperienza insegna che, per qualunque aeriforme sufficientemente rarefatto, vale

1/273.15, da cui: t = 273.15 [°C]. Come si può osservare, quando la temperatura (in gradi

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

centigradi) tende al valore -273.15, il volume di un gas sufficientemente rarefatto tende a

zero. Poiché non hanno ovviamente senso valori negativi di volume, esiste un limite alle più

basse temperature raggiungibili, corrispondente al valore t = - 273.15 [°C], cioè zero assoluto.

Poiché questa è la temperatura più bassa raggiungibile, è naturale che in fisica si utilizzi una

scala delle temperature, che parta appunto dallo zero assoluto e che viene detta scala assoluta.

Tale scala è definita dalla relazione:

T = t + 273,15 (K)

Si osservi che, ovviamente, una variazione di temperatura può essere espressa

indifferentemente sia come gradi Celsius che Kelvin:

t (°C) = T (K)

7.14 EQUAZIONE DI STATO DEL GAS IDEALE

Oltre alla legge di Gay Lussac che descrive il comportamento di un gas ideale a

pressione costante è opportuno ricordare che, a temperatura costante, il volume occupato da

un gas ideale, risulta essere inversamente proporzionale alla pressione cui il gas è sottoposto

(legge di Boyle):

P V = cost. (T = cost.)

E' necessario, a questo punto, tenere in debito conto anche la quantità di gas che costituisce il

sistema; ad esempio facendo riferimento alla mole.

È opportuno a questo punto, aprire una breve parentesi per ricordare il concetto di

mole. Come noto si definisce grammomole di una sostanza, un numero di grammi di questa

pari alla sua massa molecolare relativa che, si ricorda, essere definita come il rapporto tra la

massa della molecola in oggetto ed un 1/12 della massa dell'atomo di carbonio (C12). Una

grammomole di qualunque sostanza contiene un egual numero di molecole N pari a 6,023

1023 (numero di Avogadro). Spesso, invece, della grammomole si utilizza la kilomole o

mole, ossia un numero di kilogrammi di sostanza pari alla massa molecolare relativa ; ad

esempio per l’ossigeno (O2) una kilomole e cioè 2On = 1 (kmole) corrisponde ad una massa

di 32 [kg] di ossigeno. Orbene, quando è Po = 101300 [Pa] e To = 273 [K] (condizioni

normali) il volume occupato da 1 kmole di qualunque gas o volume molare vo è lo stesso.

Risulta, cioè:

vo = Vo / n = 22.4 [m3/ kmole]

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

ove:

- n = numero di kilomoli e V0 volume complessivo del sistema [m3].

Quanto finora precisato può essere sintetizzato nella seguente relazione (equazione di stato

dei gas perfetti):

PV = n R T

La costante R non dipendendo dalla natura del gas è detta costante universale dei gas ideali.

Le dimensioni di R sono, ovviamente, [J/kmole K]. Si può scrivere, quindi:

P v = R T

ed essendo il volume occupato da 1 kmole (volume molare):

v = V/n [m3/ kmole].

In riferimento alle citate condizioni normali, il valore numerico della costante R è:

R = P vo / To = (101300 (Pa) 22.3 (m3/ kmole) / 273 (K) = 8314 (J/kmole K)

Spesso si preferisce scrivere tale espressione introducendo il volume specifico v [m3/kg].

Poiché se m (kg) è la massa di gas il numero di moli è:

n = m/

ove:

- = massa molecolare [kg/kmole] del gas;

si ottiene, dall'espressione precedente:

P V = M

R T

e, ponendo Ri = R/ , costante specifica della sostanza i, si può scrivere anche:

P V = M Ri T

P v = Ri T

Le dimensioni di Ri sono [J/kg K]. L'aria, miscela di ossigeno ed azoto, può essere

considerata come una sostanza omogenea, purché caratterizzata da un peso molecolare a

media tra O2 e N2 . Risulta a = 29 [kg/kmole], per cui Ra = 8314/29 = 286 [J/kg K].

7.14.1 Esempio

Una bombola contiene aria alla pressione P = 200 [bar] a temperatura ambiente 20 [°C]. Se la

capacità della bombola è V = 15 l, qual'è la massa d'aria M contenuta nella bombola? Si

consideri l'aria un gas perfetto con una massa molecolare pari a 29 [kg/kmole].

Soluzione

Dall'equazione P v = Ra T, noti P, Ra e T , si ricava v.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Dai dati: T = 20 + 273.15 = 293 [K]; P = 200 [bar] = 200 105 [Pa];

Ra = 286 [J/kg K]; V = 15 l = 15 10-3 [m3].

Risulta:

v = Ra T / P = 0.0042 [m3/kg]

M = V/v = 3.58 [kg].

7.15 TRASFORMAZIONI REVERSIBILI DI UN GAS PERFETTO

Alcune trasformazioni termodinamiche di un gas perfetto presentano particolare

interesse; si ricordano tra queste:

trasformazione a v costante (isocora)

trasformazione a P costante (isobara)

trasformazione a T costante (isoterma)

nelle quali è mantenuta costante una grandezza di stato;

trasformazione adiabatica

in cui è nullo lo scambio di calore.

7.15.1 Trasformazione isocora: dv = 0 ; dL = 0 - trasformazione 1 2

Tale trasformazione reversibile è caratterizzata da v = cost. e

quindi anche da dv = 0 per cui è anche dL = Pdv = 0. Sulla base

del primo principio si può scrivere: dQv = du ove il pedice v

indica che lo scambio di calore dQv è effettuato con le modalità

dette sopra (v= cost). Derivando rispetto alla temperatura, si

può scrivere:

vv c

dT

du

dT

dQ

Infatti, in genere il differenziale du, per un fluido termodinamico, può essere espresso come:

u = f(T,v) e quindi nella forma:

dvv

udT

T

udu

Tv

Nel caso di un processo isocoro (dv = 0), l'espressione si riduce alla forma seguente:

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

dTT

udu

v

Nel caso di un gas perfetto l’esperienza dimostra che l'energia interna è solo funzione della

temperatura, e quindi u = f(T), per cui è 0v

u

T

e, quindi, sempre risulta che:

dTcducT

u

dT

duvv

v

Nel nostro caso si ottiene, per la trasformazione finita 1 2:

12v12

2

1

v

2

1

2,1 TTcuudTcduQ (J/kg)

7.15.2 Trasformazione isobara: dP = 0 - trasformazione 1 3

Sulla base del primo principio risulta:

dQp = du + Pdv

ove il pedice p indica che lo scambio di calore dQp è effettuato

a P = cost.

Ricordando la definizione della grandezza di stato entalpia, si

può scrivere :

dh = du + vdP + Pdv

che, nel caso dP = 0, si riduce a:

dh = du + Pdv

per cui si può scrivere:

dh = dQp

e, in perfetta analogia col caso precedente, anche:

PP c

dT

dh

dT

dQ

Infatti, nel caso di un fluido termodinamico, si può porre h = f(T,P) e cioè :

dPP

hdT

T

hdh

TP

che, per un processo isobaro (dP = 0), si riduce a:

dTT

hdh

P

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Nel caso di gas perfetto poiché l'entalpia h è, in base alla sua definizione solo funzione della

temperatura si ha anche:

0P

h

T

In questo caso è, ovviamente, dP = 0 e si ottiene per la trasformazione finita 1 3 :

13P13

3

1

P

3

1

3,1 TTcIIdTcdIQ [J/kg]

7.15.3 Trasformazione isoterma: dT = 0; du = 0 - trasformazione 1 4

Questa trasformazione, nel caso di gas ideale , è caratterizzata,

oltre che da dT = 0, anche da du = cv dT = 0. Applicando il

primo principio si ottiene:

dQT = Pdv = dL

in termini finiti si ha:

1

41i

4

1

1i4

1

4,14,1 v

vlnTRdv

v

TRPdvLQ [J/kg]

essendo (T1 = cost.) ed utilizzando l'equazione di stato, P = RiT1 / v.

Sul diagramma (P,v) l'isoterma 1 4 è rappresentata da un tratto di iperbole equilatera,

essendo Pv = RiT1 = cost.

7.15.4 Trasformazione adiabatica: dQ = 0 - trasformazione 1 5

Sulla base del primo principio, essendo dQ = 0, risulta:

- Pdv = du = cv dT

e differenziando l'equazione di stato si può scrivere:

iR

vdPPdvdT

si ottiene:

- Ri P dv = cv (Pdv + vdP)

per un gas perfetto dalla definizione di entalpia, h= u + Pv si può scrivere:

dT

TRd

dT

du

dT

Pvd

dT

du

dT

dh i

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

e, quindi, si ha : cP = cv + Ri

vdPPdvk

P

dP

v

dv

c

c

v

p

ponendo k = cP / cv > 1.

Integrando, si ottiene per una trasformazione adiabatica la relazione:

Pvk = cost.

Si noti, in figura, come l'adiabatica 1 5 essendo k > 1 sia caratterizzata da una pendenza

dP/dv = -k P/v maggiore dell'isoterma 1 4 per la quale è dP/dv = - P/v .

In riferimento alla trasformazione adiabatica (trasformazione 1 5), si può scrivere:

Pdv)k1()Pdv(kPdvvdPPdv)Pv(d

Per cui si può anche scrivere :

k1

)Pv(dPdv

Il lavoro scambiato lungo la trasformazione 1 5 è:

1k

vPvPLPdvL 5511

5,1

5

1

5,1