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medi@vox p e r i o d i c o d e l l i c e o e n r i c o m e d i d i v i l l a f r a n c a ANNO 5 – NUMERO 10 Febbraio 2014 La cultura non si eredita ma si conquista di Valentina Semeghini “La cultura non si eredita, ma si conquista”. Quando ho let- to questa citazione di André Malraux non ho potuto fare a meno di pensare al nostro gior- nale e alla redazione, dove ogni anno nuovi volti sono disposti a mettersi in gioco per la riuscita dei numeri di febbraio e giugno. Ogni volta è sempre più dura: il rischio di ripetersi e la paura di non suscitare l’interesse dei lettori sono alti, nonostante ciò noi ce la mettiamo tutta. Medi@ vox infatti è voce del nostro li- ceo, di insegnanti e soprattutto studenti disposti a conoscere, a uscire dalle semplici nozioni da manuale e ad ascoltare con at- tenzione una Sara Rattaro stra- ordinaria e un Mohamed Ba commovente; ad apprezzare le testimonianze di tragedie pur- troppo non sempre conosciute, come la strage del Vajont del 1963, quella di Srebrenica, della Shoa e ad aprirsi sul territorio del villafranchese, partecipando insieme ad altri giovani all’or- ganizzazione di eventi e ini- ziative, anche se penalizzati in questi tempi di crisi economica. Perciò in questo numero abbia- mo voluto riservare uno spazio notevole ad alcune iniziative che ci hanno particolarmente interessati e a volte emozionati come l’intervento dell’attrice Roberta Biagiarelli, che ha rac- contato l’orrore del genocidio avvenuto nella città di Srebre- nica, e quello di Italo Filippin, originario del paese di Erto, colpito dall’onda del fiume Va- jont. Non abbiamo comunque trascurato gli approfondimenti culturali: in particolare ci sia- mo occupati delle nuove forme di comunicazione diffuse fra i giovani. Sempre presente l’inte- resse per il territorio che questa volta ci ha visti alla ricerca dei luoghi e delle iniziative cultura- li nel villafranchese. Risorse, opportunità a disposizione dei giovani VILLAFRANCA Il luogo in cui viviamo Interviste con Riccardo Tacconi, assessore alle Politiche giovanili; Maria Cordioli, assessore alla Cultura; Luigi Riggi, ex studente del Medi, protagonista di importanti iniziative per la valorizzazione del territorio: «Le idee sono importanti, poi con tenacia bisogna cercare di realizzarle» PAGINE 2/3 La Shoa raccontata da Dario Basevi Comunicare con le nuove tecnologie Srebrenica L’orrore del massacro PAGINA 8 «Studiate, diventate colti, siate eruditi. Riempitevi la testa di nozioni, di infor- mazioni: questa l’unica cosa che vi salverà» queste parole ha ripetuto più volte Dario Basevi, ebreo sopravvissuto alle deportazioni naziste, da- vanti agli studenti delle classi quarte del liceo Medi Al Medi lo spettacolo che racconta i fatti del massacro di Srebrenica, per la regia di Roberta Biagiarelli e proposto dall’associazione Crea di Custoza Le differenze culturali sono la bellezza dell’umanità PAGINA 5 PAGINA 6 PAGINA 7 Vajont, 50 anni dopo Il racconto di chi quel giorno ha visto la montagna franare e un muro d’acqua alto 200 metri superare la diga e cancellare il paese di Longarone Mohamed Ba, attore, musicista, scrittore e mediatore culturale, autore del romanzo autobiografico Il tempo dalla mia parte ha raccontato la sua vicenda di “straniero” in Italia I new media, internet sono una risorsa preziosa, ma lo psicoanalista Jean Laplanche mette in guardia: «L’informazione non diventi sostitutiva della conoscenza; in questo caso, infatti, la conseguenza sarebbe la perdita della consapevolezza» PAGINA 4 Mediavox-febbraio2014.indd 1 13/02/14 15:37

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medi@voxp e r i o d i c o d e l l i c e o e n r i c o m e d i d i v i l l a f r a n c a

ANNO 5 – NUMERO 10Febbraio 2014

La cultura non si eredita

ma si conquistadi Valentina Semeghini

“La cultura non si eredita, ma si conquista”. Quando ho let-to questa citazione di André Malraux non ho potuto fare a meno di pensare al nostro gior-nale e alla redazione, dove ogni anno nuovi volti sono disposti a mettersi in gioco per la riuscita dei numeri di febbraio e giugno. Ogni volta è sempre più dura: il rischio di ripetersi e la paura di non suscitare l’interesse dei lettori sono alti, nonostante ciò noi ce la mettiamo tutta. Medi@vox infatti è voce del nostro li-ceo, di insegnanti e soprattutto studenti disposti a conoscere, a uscire dalle semplici nozioni da manuale e ad ascoltare con at-tenzione una Sara Rattaro stra-ordinaria e un Mohamed Ba commovente; ad apprezzare le testimonianze di tragedie pur-troppo non sempre conosciute, come la strage del Vajont del 1963, quella di Srebrenica, della Shoa e ad aprirsi sul territorio del villafranchese, partecipando insieme ad altri giovani all’or-ganizzazione di eventi e ini-ziative, anche se penalizzati in questi tempi di crisi economica. Perciò in questo numero abbia-mo voluto riservare uno spazio notevole ad alcune iniziative che ci hanno particolarmente interessati e a volte emozionati come l’intervento dell’attrice Roberta Biagiarelli, che ha rac-contato l’orrore del genocidio avvenuto nella città di Srebre-nica, e quello di Italo Filippin, originario del paese di Erto, colpito dall’onda del fiume Va-jont. Non abbiamo comunque trascurato gli approfondimenti culturali: in particolare ci sia-mo occupati delle nuove forme di comunicazione diffuse fra i giovani. Sempre presente l’inte-resse per il territorio che questa volta ci ha visti alla ricerca dei luoghi e delle iniziative cultura-li nel villafranchese.

Risorse, opportunità a disposizione dei giovani

VILLAFRANCAIl luogo in cui viviamoInterviste con Riccardo Tacconi, assessore alle

Politiche giovanili; Maria Cordioli,

assessore alla Cultura; Luigi Riggi, ex studente del Medi, protagonista

di importanti iniziative per la valorizzazione

del territorio: «Le idee sono importanti, poi con tenacia bisogna

cercare di realizzarle»

PAGINE 2/3

La Shoa raccontata da Dario

Basevi

Comunicare con le nuove tecnologie

SrebrenicaL’orrore del massacro

PAGINA 8

«Studiate, diventate colti, siate eruditi. Riempitevi la testa di nozioni, di infor-

mazioni: questa l’unica cosa che vi salverà» queste parole ha ripetuto più volte Dario Basevi, ebreo sopravvissuto alle deportazioni naziste, da-vanti agli studenti delle classi

quarte del liceo Medi

Al Medi lo spettacolo che racconta i fatti del massacro di Srebrenica, per la regia

di Roberta Biagiarelli e proposto dall’associazione Crea di Custoza

Le differenze culturalisono la bellezza dell’umanità

PAGINA 5

PAGINA 6PAGINA 7

Vajont, 50 anni dopo

Il racconto di chi quel giorno ha visto la montagna franare e un muro

d’acqua alto 200 metri superare la digae cancellare il paese di Longarone

Mohamed Ba, attore, musicista, scrittore e mediatore culturale, autore del romanzo autobiografico Il tempo dalla mia parte ha raccontato la sua

vicenda di “straniero” in Italia

I new media, internet sono una risorsa preziosa, ma lo

psicoanalista Jean Laplanche mette in guardia: «L’informazione

non diventi sostitutiva della conoscenza; in questo caso,

infatti, la conseguenza sarebbe la perdita della consapevolezza»

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M e d i @ v o x

2 febbraio 2014

Attua l i tà

come specificato precedentemente, necessitano di denaro che va poi ad aggravare spesso la già precaria situazione economica di molte fa-miglie». L’obiettivo principale che vorrebbe ottenere è sicuramente la conoscenza da parte delle nuove generazioni delle potenzialità e del-la bellezza del territorio. Questo è un progetto che interessa non sol-tanto il comune, ma anche associa-zioni come “ContemporaneaLab” e “Feeling Memory”, che con la colla-borazione dell’assessore alla Cultu-ra Maria Cordioli sono impegnate nella creazione di guide turistiche, cartine sulla pista ciclabile che col-lega Villafranca con i comuni adia-centi, e nella ristrutturazione di Pa-lazzo Bottagisio.Purtroppo però la mancanza di fondi a causa della crisi, costringe il comune a rimandare la realizzazio-ne di questi progetti o comunque a cercare finanziamenti esterni, qua-li bandi nazionali o regionali che possano sostenere economicamen-te queste iniziative.Come ha specificato Tacconi: “Ogni servizio ha ovviamente un costo, e in un momento così instabile tro-vare i mezzi per riuscire a mettere in pratica le proprie iniziative è complicato”.Ha infine aggiunto: “Spero che la situazione migliori, ovviamente ciò necessiterà di diversi anni ma sono comunque ottimista nei confronti del 2014, che auspico sia un anno nel quale cercherò di realizzare concretamente i progetti a cui sto pensando, riuscendo finalmente a convincere i giovani che il territo-rio villafranchese è ricco di tesori che aspettano soltanto di essere scoperti”.

Poletti Elisa, Corina Costea

nuovi punti di ritrovo e con il fi-nanziamento di attività quali dan-za, esperienze musicali e sportive, che appassionino le nuove genera-

Troppo spesso i giovani sono con-vinti che Villafranca non offra op-portunità, sia di svago, che a livello di formazione e cultura.«Ciò non è assolutamente vero, il problema è la scarsa informazione», così ha replicato Riccardo Tacconi, assessore alle Politiche Giovanili a Villafranca. E alla domanda “Quali sono i progetti che Lei ha in mente per cambiare questa convinzione?” ha risposto esponendo le sue idee finalizzate al miglioramento delle infrastrutture già presenti.Innanzitutto l’intuizione di creare

Abbiamo intervistato l’assessore alla

Cultura del Comune di Villafranca Maria Cordioli per capire

quali possibilità le risorse culturali

del territorio offrano ai giovani

– Come si possono spingere i gio-vani a conoscere la storia e la cul-tura del villafranchese?«Si parte dal presupposto che bi-sognerebbe creare eventi, ma in un momento come questo è dif-ficile perché mancano le risorse. Bisognerebbe trovare nuove ini-ziative che coinvolgano i giovani e che vadano al di là della semplice narrazione di eventi storici e dalla classica visita ai musei: è quello che proviamo a fare a palazzo Bottagi-sio, presentando la storia del nostro paese non solo attraverso modellini e ricostruzioni storiche, ma anche con l’ausilio di strumenti multi-mediali, come i videoproiettori. Vi

è una grande partecipazione anche da parte di ContemporaneaLab, as-sociazione formata da giovani, che ha in progetto la creazione di una sala del suono, una stanza dedica-ta esclusivamente all’ascolto degli episodi del periodo risorgimentale, di cui Villafranca è stata protagoni-sta». – Qual è la funzione del nuovo polo culturale? «Il polo culturale è un’area di Vil-lafranca (ex area Metropol) che comprenderà la biblioteca comu-nale, ormai vero e proprio centro d’incontro per i giovani studenti, e Palazzo Bottagisio, ancora in fase di ristrutturazione, la cui apertura è prevista per la primavera 2014. Sarà suddiviso in due parti: il pian terreno ospiterà diverse mostre, il secondo sarà dedicato al museo ri-sorgimentale.Bisogna anche tener conto del fatto che il grande edificio in costruzio-ne vicino all’ex cinema Metropol, struttura nata grazie a un accordo tra enti pubblici e privati, com-prenderà alcune palestre, abitazio-ni, uffici, negozi e, soprattutto, un teatro-cinema. Quest’ultimo verrà

Turismo culturale a VillafrancaIntervista con Maria Cordioli, assessore alla Cultura

utilizzato dalle varie compagnie te-atrali, come “i Gotturni”, con la col-laborazione del Cea), ma anche per tenere riunioni, vedere film, fare recite scolastiche, con la speranza di portare a Villafranca nuove pro-messe del teatro e musicisti. La sala avrà una capienza di circa 500 posti e probabilmente verrà dedicata alla cantante Alida Ferrarini, recente-mente scomparsa». – Come risponde Villafranca alla crisi economica? Che cosa fanno i negozianti e il Comune per farvi fronte?«Da gennaio 2013 fino ad oggi tra negozi e bar ci sono state 61 aper-ture e 39 chiusure. Questi dati sono sia positivi che negativi, perché nonostante le numerose nuove at-tività il numero di quelle cessate è molto elevato. Per le attività prima citate è un momento molto diffici-le, ma insieme al Comune stanno organizzando iniziative per portare nuovi turisti a Villafranca, come ad esempio i vari mercatini.Il Comune risente della crisi, ma ciononostante c’è anche la voglia di continuare a crescere. Il Comune cerca di accordarsi con privati per

zioni, avendo anche costi più con-tenuti per le famiglie con minor disponibilità economiche che sono in continuo aumento a causa della crisi.C’è poi l’idea di trovare degli in-vestimenti per organizzare serate a tema. Gli incontri sarebbero te-nuti da esperti su argomenti come l’alimentazione, la crisi economica o l’educazione stradale: argomen-ti che normalmente non vengo-no trattati a scuola. Nonostante il neoeletto assessore non sia contro tutte le nuove tecnologie che coin-

VILLAFRANCA Poche opportunità?No, scarsa informazione

ridurre le spese pubbliche (vedi il nuovo teatro o la nuova rotatoria di via Nino Bixio, completamente a carico del supermercato ivi presen-te), ma trova alcune difficoltà nel creare eventi, che hanno un costo molto elevato». – Come possiamo attrarre turisti a Villafranca?«È meglio puntare su pochi appun-tamenti, ma di qualità. Soprattutto bisogna concentrarsi su iniziative già in corso come “L’antica fiera

L’obiettivo principale è sicuramente la

conoscenza da parte delle nuove generazioni delle potenzialità e della

bellezza del territorio

dei santi Pietro e Paolo”, la “notte bianca”, i mercatini di Natale e la “giornata del fumetto”. Comunque si ha una afflusso di turisti e, da non sottovalutare, di scolaresche, attratti non solo dalle varie mani-festazioni, ma anche dal museo Ni-colis, e dai vari monumenti di Vil-lafranca, come il castello Scaligero e la Chiesa della Disciplina. Con la ristrutturazione del museo a Palaz-zo Bottagisio si prevede un nuovo afflusso di turisti».

volgono la gioventù odierna, l’i-dea di informare di più su questo argomento, gli è cara. «Potrebbe esserci la possibilità di organizza-re dei corsi sull’educazione all’uso del computer, del web e dei social network, strumenti che possono diventare molto pericolosi per chi non sa bene come usarli. Inoltre – continua Riccardo Tacconi – ho a cuore una particolare attività: si tratta di ripetizioni eseguite da ragazzi volontari per aiutare altri giovani con lo studio, senza dover ricorrere a maestri di sostegno, che

Maria Cordioli

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poter parlare non solo di storia ma di cultura in generale in modo di-vulgativo e serio, cercando però strumenti innovativi (dai social network alla multimedialità) e coinvolgenti. Ci piacerebbe che i saperi non fossero un’entità da tra-vasare “da chi sa” a “chi non sa”».

– Con quali fondi sono finanziati? «Quella dei finanziamenti è sempre una nota dolente... Cercare i fondi è faticoso, occupa molto tempo e lascia pochissime soddisfazioni! A noi per certi versi è andata an-che bene: il progetto su Castello e Museo è finanziato da una conven-zione con il Comune di Villafran-ca (Assessorato alla Cultura) e in parte anche dalla Fondazione CIS. Feeding Memory vive grazie al so-stegno dell’Associazione Cavalier Romani di Sona».

– Hai trovato difficoltà a farli par-tire? Qual è stato il maggior impe-dimento?

Attua l i tà M e d i @ v o x

Sognate di realizzare qualche pro-getto? Avete in mente qualche schema di qualcosa che in futuro potrebbe risultare possibile? Non esitate a lottare per i vostri sogni perché tutto è possibile. Come di-mostrazione di ciò che vi stiamo dicendo, abbiamo intervistato Lu-igi Riggi, fondatore di un’associa-zione che ha dato vita a progetti come “Feeding memory”. Luigi è un ragazzo brillante, pieno di ener-gia e ambizione, che ha combattuto per i suoi sogni e con molta forza di volontà è riuscito a realizzare tanto per lui quanto per l’intera Villa-franca. Non potevamo farci sfug-gire l’occasione di intervistarlo, in-somma abbiamo anche noi giovani bisogno di qualche esempio!

– Cosa sono Feeding Memory e Contemporanea.Lab?Feeding Memory (feedingmemory.blogspot.com) è un progetto nato nell’estate 2012 dall’incontro tra me, Luca Fratton e Davide Coni-gliaro (entrambi dell’associazione Rami tra i Capelli). Insieme abbia-mo pensato un’iniziativa per mette-re i giovani alla prova, facendoli im-mergere nel passato, ma utilizzando i mezzi del presente e i metodi della storiografia. Da qui l’idea di un vi-deo archivio, creato direttamen-te dai partecipanti al progetto, su come era la vita degli adolescenti di 50 anni fa. Abbiamo quindi pensato di ancorare la ricerca a tematiche vi-cine alla sensibilità degli adolescenti di oggi (e di ieri). Chiaramente non abbiamo potuto prescindere dal web e quindi abbiamo posto i nostri filmati su un sito (messo a disposi-zione dal Liceo Medi).Invece Contemporanea.Lab (www.contemporanealab.it) è un’associa-zione nata nel 2010, da un’idea mia e di Andrea Tumicelli poiché vole-vamo cimentarci su qualcosa che ci piacesse fare, su cui impegnarci e spendere molto tempo (io allora la-voravo come impiegato). Abbiamo quindi dato vita ad un’associazione per divulgare la storia e la cultura del territorio in modo sia tradizio-nale (conferenze, libri...) che “non convenzionale” (v. Feeding Memo-ry, workshop, etc). Inoltre siamo legati al Comune di Villafranca con una convenzione per la gestione delle visite al Museo del Risorgi-mento (che riaprirà tra breve) ed al Castello».

– Come mai hai deciso di fare par-tire questi progetti?«...li ho fondati! L’idea è quella di

«La maggior difficoltà è sicura-mente quella del reperire i fondi. Se devo pensarne altre, quando ti inventi qualcosa, non è facilissimo spiegare cosa stai progettando so-prattutto se sei al di fuori di una modalità tradizionale! Quando c’è la passione e l’energia gli altri osta-coli si superano facilmente».

– Hai intenzione di farli continua-re?«Ovviamente! Vedo molte possi-bilità di sviluppo e nuovi percorsi da intraprendere. Non vedo motivi per non continuare».

– Cosa ne pensano i giovani che ne fanno parte? Sono stati soddi-sfatti?«Non sono particolarmente mo-desto, ma neanche mi piace dire cose false: difficilmente qualcuno si lamenta… Anzi alcuni progetti come Feeding Memory ci hanno dato grande soddisfazione e hanno coinvolto molto i ragazzi (soprat-tuto ragazze devo dire). Va detto però che non siamo interessati solo a “fare felici” i nostri utenti, ma an-che a stimolarli e “colpirli”, pertan-to è fondamentale che chi lascia le nostre attività o iniziative si senta un po’ diverso da quando le ha in-traprese. Il fine didattico ed educa-tivo per noi sono legati».

– Ci sono stati molti giovani in-teressati? Se no, perché secondo te? Cosa si potrebbe fare per farli riavvicinare alla cultura villafran-chese? «Qui devo farti una precisazione teorica a cui tengo: per me la cultu-ra è ogni manifestazione immate-riale di una società, sia questa più o meno complessa. Pertanto i giovani sono fin troppo bombardati da cul-tura villafranchese e non! La cul-

tura che secondo me va un po’ più veicolata e fatta conoscere e data in mano ai “giovani” (ma anche ai “non giovani”) è quella che ti sti-mola, che ti fa cambiare prospettiva sul mondo e sulle cose, quella che ti apre finestre su luoghi e tempi di-versi! Questa evidentemente è poco diffusa. In merito alla partecipa-zione giovanile non è facile, va ap-profondito il discorso, sicuramente non ho in tasca una risposta, non posso che fare alcuni distinguo su-perficiali, vista la mia prospettiva! In primis coloro che hanno voglia di mettersi in gioco e partecipare si dimostrano molto interessati e coinvolti. Chi invece non ha lo sti-molo iniziale ovviamente va cerca-to. Per fare riavvicinare alla cultura può essere utile, secondo me, anche creare partecipazione a luoghi e

discussioni sulla cultura, a contri-buti e opinioni di giovani. Questi naturalmente devono superare in-differenza e timidezza e cercare di mettersi in discussione! Forse, giu-sto per non dilungarmi troppo, per ritrovare una cultura che stimoli bisogna farla vedere ai giovani, che però è indispensabile facciano dei passi e degli sforzi in questa dire-zione».

– Cosa o chi ti ha fatto appassio-nare alla storia? «Non sono un topo di biblioteca, la storia è per me uno dei tanti inte-ressi e dei tanti stimoli. Per fare bel-la figura ti parafraso (senza nessun titolo per farlo) il grande storico M. Bloch secondo cui chi ama la storia segue l’umanità! Credo la storia mi piaccia perché non posso non ama-re l’umanità e le sue espressioni».

– Sostieni che il Liceo Medi ti ab-bia dato buone basi per ciò che stai facendo?«Non ero molto diligente alle supe-riori e rimpiango molto non aver sfruttato quell’opportunità. I pro-fessori erano anche bravi e moti-vati, hanno fatto molti tentativi. Si-curamente ricordo quegli anni con grande affetto e nostalgia».

– Hai fiducia nel turismo villa-franchese? Credi sia una meta de-siderata?«Villafranca ha enormi potenzialità turistiche: ha storia, natura, strut-ture e si trova in posizione strate-gica sull’asse Mantova-Verona e nei confronti della zona Lago di Garda. Un progetto sul turismo va costru-ito. Non mi dilungo per non bru-ciarmi delle idee».

– Cosa di Villafranca ammiri di piu? «Mi piacciono i panorami aper-ti della pianura! Quando corro o vado in bici ne sono sempre cattu-rato».

– Dai un consiglio a tutti i giovani che non hanno il coraggio di pren-dere l’iniziativa. Tu hai dimostra-to che questo è possibile.«Non aspettare che siano gli altri a fare le cose per noi! Non avere pau-ra di sbagliare. Parlare delle proprie idee e progetti con chi può darci consigli e aiutarci a svilupparli».

Intervista con Luigi Riggi

Dai progetti ai fatti: l’mportante è crederciHa dato vita a progetti come Feeding Memory

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4 febbraio 2014

Attua l i tàM e d i @ v o x

Il termine SMS è l’acronimo in-glese che può essere tradotto in “servizio di messaggi breve”, in-fatti indica brevi messaggi di testo inviati dal cellulare. Il linguaggio degli SMS è ricco di abbreviazio-ni. Questo processo fu messo in atto anche nelle epigrafi latine. In primo luogo anche qui veni-va preferita la paratassi, inoltre molto spesso alcuni termini mo-dificano la loro grafia, affinché sia più snella. Un esempio è l’ab-breviazione del dittongo vocale della parola CAUPO in COPO, la sostituzione di VENDES con VEDES e di AQUAM con

ACUAM nell’iscrizione pompe-iana “TALIA TE FALLANT UTI-NAM MENDACIA, COPO: TU VEDES ACUAM ET BIBES IPSE MERUM” (CHE INGANNINO TE TALI FROTTOLE, OSTE: VENDI L’ACQUA E TU BEVI IL VINO). Le abbreviazioni faceva-no risparmiare tempo a chi do-veva incidere le epigrafi, spesso però erano semplicemente degli errori degli scriventi. Gli errori delle iscrizioni pompeiane sono stati un cambiamento linguisti-co importante, in quanto hanno portato all’evoluzione del latino nelle lingue romanze.

L’origine degli sms

Tecnologie e comunicazione Tanta offerta, ma la qualità?

Internet offre grandi opportunità ma non sempre è conoscenza

È grazie ai telefoni cellulari e ai nuovi smartphone che si è assisti-to a un cambiamento della comu-nicazione. Fino al secolo scorso si inviavano lettere scritte a mano o con la macchina da scrivere, oggi si possono mandare SMS o e-mail che nel giro di pochi secondi pos-sono essere lette dal destinatario.Per quanto riguarda invece le con-versazioni telefoniche, anch’esse oggi sono immediate rispetto a

quando si poteva telefonare con le sole cabine del telefono.Vi è però una differenza fra la co-municazione verbale che avviene attraverso un normale dialogo e la comunicazione non verbale (SMS o e-mail). La comunicazione non si limita alle sole parole: il tono, i gesti, l’abbiglia-mento, le azioni, tutto ciò comunica qualcosa al nostro interlocutore.La comunicazione verbale utilizza il

linguaggio orale o scritto ed è la più usata nel mondo occidentale, tutto ciò che esula dal linguaggio verbale (la gestualità, la mimica, la postu-ra ecc.) viene definito non verbale, ovvero un mezzo che sostiene, com-pleta o contraddice la comunicazio-ne verbale, ma che essendo meno facile da controllare rispetto alla co-municazione verbale, lascia filtrare contenuti profondi, parlando come il linguaggio non sa parlare.

Quanti SMS ti capita di man-dare in media in un giorno?«Circa un centinaio». (Tom-maso Garonzi, 14 anni).«Non molti, quindici o venti al massimo». (Melissa Manar,a 15 anni).«Molto pochi, due o tre». (Anna Speri, 16 anni).«In genere circa cinquanta». (Santina Accetta, 17 anni).«Più o meno trenta, contando whatsapp». (Marius Chiriac, 19 anni).

In genere preferisci chiamare o mandare messaggi? Perché?«Preferisco mandare messaggi, uso soprattutto whatsapp, è molto comodo.«Preferisco gli SMS, perché le risposte che devo mandare di solito sono brevi e quindi i messaggi sono più efficaci».«Preferisco i messaggi vocali perché sono molto più comodi da inviare, dato che spesso non ho voglia di scrivere».«Preferisco le chiamate, sono più comode e dirette».«In genere preferisco chiama-re: è un modo molto più chia-ro, soprattutto se la cosa da dire è abbastanza importante, si evitano molti giri di parole».

Ti capita a volte di essere frainteso attraverso gli SMS?«Raramente, e se capita mi spiego mandando un altro messaggio».«Non molto spesso, succede soprattutto perché nella comu-nicazione tramite SMS manca il tono di voce che è impor-tante per capire, ma se capita mi bastano altri messaggi per chiarire».«Si, talvolta ci sono stati ma-lintesi, non con i messaggi vocali ma soprattutto con gli SMS scritti. Quando succede per spiegarmi a volte mando un ulteriore messaggio ma la maggior parte delle volte uso le chiamate».«Si abbastanza spesso, risolvo il problema con una chiamata.«In genere non mi capita».

Camilla Stefanini

Forum studenti:SMS

Negli ultimi tempi si è verificato un aumento considerevole dell’uso del-le nuove tecnologie nella comunica-zione, che ha consentito un accesso più facile e immediato alle diverse fonti di informazione riguardanti i più svariati campi culturali; sembra proprio che questa nuova “frontie-ra dell’informazione” possa portare a un aumento del livello culturale delle nuove generazioni.Effettivamente se facciamo un pas-so indietro nel tempo e proviamo a “ripescare” le parole dei nostri nonni ci ricorderemo che una volta, quando non era ancora avvenuto il boom delle tecnologie, trovare in-formazioni per un qualsiasi tipo di argomento era estremamente diffi-cile, anche a causa del basso numero di libri posseduti in media da una famiglia. Inoltre i volumi e le en-

Il Liceo Scientifico Statale “Enrico Medi” di Villafranca di

Verona propone un ciclo di incontri culturali aperti

alla cittadinanza

8 febbraio Maria Vittoria Adami, giornalista e scrittrice Presentazione del libro “L’esercito di San Giacomo. Soldati e ufficiali ricoverati nel manicomio veronese (1915-1920) Ore 17.30 Libreria Terza Pagina Villafranca, corso Garibaldi 16/g 14 febbraio “Abbi il coraggio di conoscere” Incontro su Rita Levi Montalcini. Interventi di Pina Tripodi, collaboratrice di Rita Levi Montalcini ed Edda De Carli, fondatrice FIDAPA BPW Villafranca-Basso Garda Ore 18.00 Aula Magna del Liceo Enrico Medi 25 febbraio Cristiano Cavina, scrittore Presentazione del libro “Impossibile Tentare Imprigionare Sogni” Ore 20.30 Cantina Albino Piona

Con il patrocinio del Comune di Villafranca di Verona

Con il contributo di:

Con la collaborazione di:

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Nonostante sia spesso sottovalutata, la comunicazione non verbale, per-ché più primitiva e diretta, è quella più carica di efficacia.Non esiste comunicazione verbale che non sia accompagnata dalla co-municazione non verbale, mentre quest’ultima rivela qualcosa anche senza alcuna parola. I silenzi, in al-cuni contesti, possono trasmettere messaggi molto significativi per l’interlocutore.

ciclopedie costavano molto e non sempre erano reperibili nelle biblio-teche o nelle librerie del posto. Da questo punto di vista, sembra quindi che un accesso facile e gratu-ito a numerose fonti di informazio-ni sia la soluzione vincente al pro-blema; tuttavia bisogna considerare che affinché una persona ingran-disca il proprio bagaglio culturale c’è bisogno anche di una forza di volontà adeguata, non basta aprire una pagina Internet. A questo proposito abbiamo sentito il parere di Giorgio Montolli, gior-nalista ed editore, che nel 2003 ha fondato il giornale Verona In. Quan-do gli abbiamo chiesto se è possibile che con l’uso delle tecnologie nella comunicazione (e quindi con il fa-cile accesso alle informazioni per-messo dal web) si verifichi anche un

aumento del livello culturale delle nuove generazioni, ha affermato che questo fenomeno «sta già accaden-do per quanto riguarda la dimen-sione orizzontale della conoscenza, nel senso che attraverso internet si possono incamerare molte nozioni in breve tempo. Il problema come sempre non è il mezzo, ma chi lo utilizza, perché è l’utente con i pro-pri click a innescare una domanda di qualità che per il momento si vede ancora poco».A questo si deve aggiungere il peri-colo che, come dice lo psicoanalista Jean Laplanche, l’informazione non diventi sostitutiva della conoscenza; in questo caso, infatti, la conseguen-za sarebbe la perdita della consa-pevolezza dei concetti storiografici generali che permettono la collo-cazione di un elemento all’interno di un determinato contesto sociale, storico e politico.

Oltretutto essendo il web un luogo aperto a tutti e in cui tutti possono dire la propria opinione, non c’è un controllo serio e affidabile delle in-formazioni, che di conseguenza non risultano più assolutamente atten-dibili e veritiere. Secondo Montolli, con l’ingresso delle nuove tecnolo-gie il mondo dell’informazione sta cambiando «nel bene e nel male. Nel bene perché l›informazione online è rapida, planetaria, essenziale. Nel male perché, nel settore dei media, in molti si improvvisano editori e giornalisti senza avere la formazio-ne e le capacità, con grande danno per la distorsione informativa che ne deriva. Purtroppo nei new me-dia molti redattori hanno appreso il loro lavoro seduti davanti al PC e non nelle strade o nelle sedi dove le notizie “avvengono”».

Niccolò Spolettini

Oggi comunicare attraverso SMS nasconde molti degli aspetti della comunicazione non verbale che non possono essere celati da una conversazione o un dialogo, ed è forse per questo che vengono preferiti rispetto alle chiamate, nonostante comportino una se-rie di fraintendimenti inevitabili dovuti all’assenza di toni di voce, silenzi, o mormorii.

Justine Scià

CoMuNICAzIoNE VERBALE E NoN VERBALE

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5febbraio 2014

Attua l i tà M e d i @ v o x

«A come Srebrenica» per non dimenticareSpettacolo proposto dall’associazione Crea

Intervista con Roberta Biagiarelli

«Vergogna, vergogna, vergogna...» Su queste parole si sono spente le luci sul palco della palestra comu-nale di Custoza la sera di venerdì 10 gennaio. Vergogna e orrore per un massacro avvenuto appena quindi-ci anni fa al di là del mare Adriatico e che forse avevamo quasi dimen-ticato, ma che Roberta Biagiarelli è riuscita a riaccendere, anche in noi studenti che allora eravamo an-cora nati. Attrice e autrice teatrale, oltre che documentarista, Rober-ta ci ha riproposto il monologo A come Srebrenica, cittadina bosniaca tra le più colpite dal conflitto che ha sconvolto l’area balcanica dal 1991 fino alla fine del ventesimo

secolo. Lo spettacolo, replicato più di 400 volte dal 1998 a oggi, è stato proposto dall’associazione Crea di Custoza con la presenza di Amne-sty International che ha collabo-rato all’organizzazione della serata insieme al nostro liceo. La Biagiarelli mediante il brillante e coinvolgente monologo ha sa-

puto raccontare i fatti dell’assedio di Srebrenica partendo dal vissuto personale, senza sminuirne la reale tragicità. È riuscita inoltre a mettere in luce non solo i fatti politici, ma anche quelli sociali che stavano alle radi-ci del conflitto, tenendoci incollati alla sedia e trasportandoci al di là

del mare, in una terra «cum la no-stra», tra le macerie e i massacri.Anche l’assemblea delle classi quin-te del giorno dopo ha affrontato questo argomento, ed ha visto pre-sente la stessa attrice. A chiarire le tappe e gli avvenimenti della guerra nell’ex Jugoslavia ai meno informa-ti ci ha pensato il professor Marino Rama, introducendo la tematica della «guerra accanto» nella pri-ma parte dell’assemblea in modo esemplare, tanto da essere pluriap-plaudito. La dissoluzione della Repubblica Federale di Jugoslavia inizia nel ’91 con il conflitto serbo-croato e le dichiarazioni di Slovenia e Cro-azia; segue l’assalto della Serbia alla Bosnia Erzegovina con lo scopo di istituire una Grande Serbia e in se-guito al quale vengono massacrati migliaia di musulmani e croati fino al 1995, quando la Nato interviene militarmente. In quest’anno avvie-ne la triste vicenda di Srebrenica: rifugio per 40.000 bosniaci musul-mani sotto la protezione dell’ONU la cittadina già sotto assedio da tre anni viene definitivamente conqui-stata dai serbi, diventando la tomba di quasi 10.000 persone. Gli scontri continuano fino al 2001 in Monte-negro e in Kosovo, che ottengono l’indipendenza dalla Serbia rispet-tivamente nel 2006 e 2008. Da sot-tolineare la riflessione del professor Rama sulla strumentalizzazione dei fatti storici e del nazionalismo da parte della classe dirigente ser-ba per evitare l’incriminazione e i processi.Dopo di che la parola è passata al socio ed esperto storico dell’asso-ciazione Crea Carlo Saletti e alla già citata Roberta Biagiarelli. L’in-tervento è iniziato con un semplice e diretto interrogativo: come si può raccontare un orrore di queste pro-porzioni? «Il mio strumento è sta-to il teatro» è stata la risposta della Biagiarelli. Oltre che lavoro, infat-

– Può approfondire come nel 1998 è iniziato il suo interesse per la questione dell’assedio di Srebrenica?«Leggendo un libro, La guerra in casa di Luca Rastello pubblicato da Einaudi, l’ultimo capitolo mi ha molto sconvolta, mi ha lascia-to in uno stato di spaesamento, insomma. Com’è possibile – mi sono chiesta – che sia successo tutto questo dall’altra parte (del mare) da dove io vivo? E allora sono proprio partita: ho preso il traghetto da Ancona a Spala-to, cercando prima dei contatti dall’Italia perché andare là nel ‘98 non era facile, erano luoghi all’e-poca percorribili con difficoltà. Ho avuto un ottimo contatto su Sarajevo e da lì poi in taxi sono andata a vedere la situazione a Srebrenica. Una serie di viaggi e incontri suc-cessivi hanno portato alla crea-zione del monologo, che ha avu-to più di 400 repliche in giro per il mondo, tra l’altro anche in Bo-snia a Sarajevo, e anche una serie di altri svariati progetti socio-

culturali che avevano come obiet-tivo la ricostruzione di Srebrenica. È stato come precipitare dentro la città, la sua storia, i suoi racconti, anche dopo tanti anni (sono passati 15 anni) c’era sempre qualcosa che torna a dialogare con quel luogo e con le persone che là vivono. Tutta questa dinamica ha portato a sviluppare tanti progetti, anche le volte in cui ho pensato – basta, me ne vado, devo disintossicarmi da questa situazione pesante –, c’era qualcosa che mi faceva tornare. Il monologo è stato la madre di tutta la vicenda, ed è fondamentale per raccontare quello che mi è successo dopo (ma allo stesso tempo è suc-cesso molto altro). Recentemente abbiamo consegnato 27 vacche ai contadini di Srebreni-ca, che si aggiungono alle 100 già donate in precedenza e questo è un segno di speranza, per noi che dall’Italia diamo supporto da tre anni a 81 famiglie di quell’area con La Transumanza della pace. È un progetto di solidarietà dal basso, io e Gianni Rigoni Stern lo facciamo per nostra libera iniziativa passan-

do le notti a risolvere problemi af-finché tutto vada a buon fine e per raggiungere gli obiettivi che ci sia-mo prefissati. Un anno fa abbiamo consegnato due trattori a due famiglie, in pri-mavera compreremo ancora altri attrezzi agricoli.Capire che il teatro può trasforma-re una piccola situazione penso sia la cosa più importante, perché al-trimenti è solo “aria fritta”.– oltre che attrice, documentari-sta, progettista lei è anche la fon-datrice dell’associazione BABE-LIA & C.«Si, per quanto riguarda la mia dinamica professionale, sono cre-sciuta dentro la grande compagnia teatrale di Torino (pur essendo marchigiana) Laboratorio Teatro Settimo dall’1988 al 2002. La pro-duzione di A come Srebrenica è stata la mia produzione di “teatro sociale e politico” all’interno di questa compagnia, che nel 2002 si è sciolta, perciò dovevo trovare una nuova casa teatrale. Ho fondato BABELIA, che è un’associazione culturale che si occupa primaria-

mente di teatro, ma anche di pro-duzione di documentari, di diritti umani, di educazione alla pace, di formazione alla cittadinanza».– un progetto di cui va particolar-mente orgogliosa?«Sarebbero molte le cose da dire, ma una in particolare è questa: nel 2008 in un cinema di Sarajevo proietto Souvenir Srebrenica (che parla della città a 10 anni dal geno-cidio). Lì incontro il direttore per la cooperazione italiana a Sarajevo, il dott. Aldo Sicignano, che rima-ne molto colpito dalla mia attività svolta in quei territori. Mi propone di presentare al ministero degli Af-fari esteri italiano un mio progetto rivolto a rivitalizzare socialmente e culturalmente l’area di Srebrenica, e un progetto agricolo. I progetti vengono approvati e per un anno e mezzo vado a vivere a Sarajevo e Srebrenica. Lì ristrutturo il teatro e faccio la prima stagione teatrale dall’inizio della guerra, con l’aiuto di 10 associazioni di giovani e don-ne attive in quell’area. Le vedove di Srebrenica tornano a teatro e si mettono il rossetto. Questo segno è

stato per me una grande felicità, perché ho conosciuto centina-ia di queste donne a cui è stato strappato tutto, vivono in lutto come fantasmi alla ricerca dei corpi dei famigliari per avere una tomba su cui andare a pregare. Da ciò ho visto il ritorno del-la vitalità dentro una comunità profondamente dilaniata dalla guerra».

ti, recitare è diventato per lei un modo per far rivivere certi avveni-menti e non farli cadere nell’oblio. L’«effetto Bosnia», come lo chiama Roberta, ha portato l’attrice dap-prima alla produzione di progetti come il monologo A come Srebreni-ca, e due documentari: Srebrenica: Voci dall’oblio nel 2005, Souvenir Srebrenica nel 2007, oltre a molti altri spettacoli sempre riguardanti temi sociali, storici e politici. «Tuttavia – afferma l’attrice – arrivi ad un certo punto che l’orrore pro-vato è così grande che non puoi non fare qualcosa di concreto per chi è rimasto vivo», perciò negli ultimi anni è impegnata in una iniziativa di solidarietà come volontaria per portare aiuti umanitari, come trat-tori e mucche, per la ripresa eco-nomica di quei territori. Perché la guerra è finita, ma c’è ancora molto da fare per ricucire le ferite. L’assemblea si è infine conclusa con la presentazione da parte di alcuni soci di Amnesty International sul tema dello stupro finalizzato alla pulizia etnica, attraverso la visione di un video.

Lo spettacolo, che racconta i fatti dell’assedio di Srebrenica e replicato più di 400 volte dal 1998 ad oggi, è stato proposto dall’associazione Crea di Custoza con la presenza di Amnesty International che ha collaborato all’organizzazione della serata

insieme al nostro liceo

Roberta Biagiarelli

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6 febbraio 2014

Attua l i tàM e d i @ v o x

Vajont....50 anni dopo

Vajont, affluente del Piave. Qui era stato ideato dalla SADE (Società Adriatica Di Elettricità) un pro-getto che prevedeva la costruzione di una diga alta 200 m, i cui lavo-ri cominciarono nel 1956 ad ope-ra dell’ingegnere Carlo Semenza, e, sempre sotto la supervisione di quest’ultimo, l’opera nel 1957 ven-ne portata a un’altezza 261.60 m. In quel momento la diga del Vajont era la più alta del mondo e il suo serbatoio idroelettrico quello con maggior portata rispetto a quelli

«Un sasso è caduto in un bic-chiere, l’acqua è traboccata sul-la tovaglia»scrisse Dino Buzzati, giornalista di Belluno, per riassu-mere la tragedia che colpì i paesi di Erto, Casso e Longarone la not-te del 9 ottobre 1963, causando la morte i 1918 persone. La diga, il bicchiere, non era crollata, ma era stata scavalcata da un onda alta più di 200 metri, provocata dalla frana di oltre 260 milioni di metri cubi di roccia staccatasi dal monte Toc, che si ergeva sulla valle del fiume

Sette libri, di cui due autobio-grafici, un cartellone, due filmati e una ventina di volantini: Italo Filippin, ex sindaco di Erto, si è presentato con questo materia-le al Liceo Medi per intervenire nell’assemblea delle classi quinte dedicata al 50° anniversario del-la strage del Vajont. Se ne aves-se avuto altro a disposizione lo avrebbe sicuramente portato: non è voglia di strafare quella del nostro ospite, ma un forte desi-derio di tramandare la memoria degli eventi che si sono susseguiti dal 1956, anno di approvazio-ne del progetto della SADE, ad oggi, con alcuni processi ancora in atto e risarcimenti non ancora ricevuti dalla maggior parte dei sopravvissuti all’esondazione.

Alle 9,20 Italo inizia a raccontare la successione degli eventi che hanno portato al disastro delle 22.39 del 9 ottobre 1963, soffermandosi su alcuni dettagli che solo uno spetta-tore diretto poteva conoscere, così come ha fatto anche il generale An-tonio Manco, all’epoca tenente in forza al genio pionieri, tra i primi a essere giunti sul luogo del disastro e ad aver prestato soccorso nella zona di Longarone. Anche lui racconta i dettagli più vergognosi di una sto-ria che ancora oggi lascia l’amaro in bocca, perché si era a conoscenza del pericolo che gli abitanti della vallata stavano correndo e perché in seguito la giustizia non è inter-venuta nel migliore dei modi: Filip-pin ribadisce come molte famiglie debbano ancora ricevere un risar-

cimento dall’ENEL perché i loro documenti sono sepolti sotto ton-nellate di fango e detriti, ma anche come gli investimenti destinati alla ricostruzione dei paesi danneggiati non siano effettivamente arrivati a destinazione. Non manca in en-trambe le narrazioni l’inserimento di episodi a tratti disgustosi, come l’arrivo il giorno dopo la frana del Toc di speculatori che ricercavano documenti compromettenti nei mucchi di fango o di sciacalli che tentavano di recuperare quanti più oggetti di valore riuscissero a trova-re nella poltiglia. Il Vajont si conferma ancora oggi la più clamorosa vittima della spieta-ta logica del guadagno.

Valentina Semeghini

costruiti fino a quel momento nel-le valli dolomitiche: 150 milioni di metri cubi d’acqua. Poco dopo l’avvio dei lavori, nella valle adiacente, in località Pontesei, le sponde della diga sul torrente Maè presentarono dei cedimen-ti; repentinamente il bacino ven-ne svuotato per evitare una sua esondazione. In seguito a questo avvenimento Semenza richiese più accurate perizie geologiche, che vennero effettuate da un professo-re austriaco: Leopold Müller. Egli rilevò una frana alla base del monte Toc con fronte di 2 km e una massa complessiva di 200 milioni di metri cubi di rocce. Un’ulteriore perizia venne effettuata dal geofisico Pie-tro Caloi, il quale smentì le affer-mazioni di Muller, ma la terza serie di rilevazioni effettuate da Edoardo Semenza e Franco Giudici riaffer-

mò le teorie del professore austria-co. Tutto ciò venne volutamente ignorato e il progetto continuò. Terminata la diga, nel 1960 vi fu la prima prova d’invaso, in seguito alla quale si ebbero fenomeni tel-lurici analoghi a quelli di Pontesei e il 4 novembre dello stesso anno si ebbe un parziale scivolamento della frana nel torrente sottostan-te. Si decise di far cadere la frana a sezioni per poterne controllare lo scivolamento mediante invasi e rapidi svasi. Nel frattempo, nel 1962 il progetto del grande Vajont passò all’Enel e nello stesso anno, in seguito alla terza prova d’invaso, le scosse telluriche aumentarono, tanto che il due ottobre venne re-gistrata una forte scossa di terre-moto. L’8 ottobre 1963 l’Enel inviò un telegramma al comune di Erto-Casso per dare il via alle operazioni di evacuazione, ma il giorno suc-cessivo i paesi non erano stati an-cora evacuati. 9 ottobre 1963, ore 22.39: la frana slitta andando a gettarsi nel bacino

alla velocità di 100 km/h, sollevan-do un onda alta più di 250 m che colpisce e lesiona i paesi di Erto e Casso e, scavalcata la diga, si river-sa nella valle del Piave travolgen-do e radendo al suolo Longarone. Gli stessi sopravvissuti del paesino ricordano il fragore e la forza del vento che hanno preceduto l’acqua. L’attore Marco Paolini ha ironiz-zato la fatidica tragedia con la se-guente affermazione: “Vajont nel dialetto del luogo vuol dire va giù e tu vai a costruire una diga tra il monte Salta e il monte Toc, che in friulano significa pezzo marcio, sul fiume va giù?”.

Arianna Mentil

9 ottobre 1963, ore 22.39: la frana slitta andando a gettarsi nel bacino alla velocità di 100 km/h, sollevando un onda alta più di 250 metri che

colpisce e lesiona i paesi di Erto e Casso e, scavalcata la diga, si riversa nella valle del Piave

radendo al suolo Longarone

Raccontare quei tragici eventi serve a mettere in guardia perché essi non si ripetano mai più

Le testimonianze di Italo Filippin e Antonio Manco

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7febbraio 2014

Cul tur a M e d i @ v o x

vare un lavoro fisso, nell’ottenere documenti e permessi di soggiorno e nell’integrarsi in una comunità diffidente nei confronti dello “stra-niero”. «Nel nostro vocabolario non esisteva il termine “straniero”. Noi un tempo conoscevamo solo la pa-rola “ospite”» scrive Amed. Tuttavia egli ha sempre cercato l’incontro

Sabato 14 dicembre 2013 il nostro Liceo ha avuto l’occasione di avere come ospite Mohamed Ba, attore teatrale, mediatore culturale, musi-cista e autore del romanzo autobio-grafico Il tempo dalla mia parte. Attraverso un’intervista preparata dai ragazzi del gruppo “Incontri culturali” del Liceo, Mohamed ha

“Un tronco d’albero in acqua può rimanerci per secoli, non divente-rà mai un coccodrillo!”. Questa è forse la frase più emblematica di Il tempo dalla mia parte, il roman-zo nel quale Mohamed Ba, autore e mediatore culturale nato a Da-kar, in Senegal, racconta la sua esperienza di vita, multiculturale e in alcuni punti drammatica del suo viaggio verso la Francia come immigrato irregolare e poi nel nostro Paese, dove ha cominciato un’altra esistenza. Con questa semplice affermazio-ne egli vuole dire che nonostante sia ormai in Italia da molti anni, non scorderà affatto il suo pas-sato, anzi se lo porterà sempre dentro, e per quanto possa sfor-zarsi di sembrare italiano, non lo diverrà mai totalmente. La partenza dall’Africa si era resa necessaria per salvare il suo vil-laggio, Jolof, dalla siccità che da anni non dava tregua: il suo com-pito era di recuperare il tamburo magico smarrito in Occidente, mettendosi sulle tracce di un ra-gazzo partito dieci anni prima ma mai tornato. Il soggiorno in Francia è caratterizzato da nu-

Attore, musicista, scrittore e mediatore culturale

Mohamed Ba si racconta al Medi«Le differenze culturali sono la bellezza dell’umanità»

con l’altro, portatore di una storia culturale, di tradizioni e attraverso i suoi racconti abbiamo potuto com-prendere come venivano vissute le relazioni a Jolof, suo paese natale, dove era vietato pensare “io” ma molto usuale pensare “noi”. Amed ha inoltre raccontato come, grazie all’ironia, sia riuscito a superare le numerose difficoltà incontrate in Italia. Ora egli vive a Sulbiate, pa-esino della Brianza e la porta della sua casa è sempre aperta. Spesso molti bambini lo vanno a trovare, Amed racconta loro storie e cantano insieme. Una volta tornati a casa i figli restituiscono ai genitori quanto vissuto e allora le barriere saltano, dice lo scrittore. L’autore ha poi sottolineato come, secondo le tradizioni del suo paese, “avere non significa possedere, ma essere consapevoli di far parte di un gruppo di uomini sul quale poter contare, mostrando la differenza con l’Italia dove l’avere si identifica con l’essere e chi non ha, non è». Nel 2009 Mohamed è stato vittima di un’aggressione alla stazione di Milano e successivamente ha deciso di scrivere una lettera al suo aggres-sore, che ancora oggi rimane sco-nosciuto. Così dice l’autore a pro-posito dell’avvenimento: «Giunto a Milano ho voluto restituire alla città quanto avevo ricevuto perché l’Ita-lia mi aveva dato ciò che in Francia mi era stato negato. Ho voluto ma-nifestare la mia gratitudine a questo paese restituendo ai giovani la mia esperienza e condividendola con loro. Ma quando lui mi ha accoltel-lato sono rimasto lì su quel posto per un’ora dalle 19.45 alle 20.45, nell’indifferenza totale. Peggio an-cora: ad un certo punto mi girava la testa, stavo per svenire. Allora mi sono trascinato sul bordo della strada, ho alzato la mano per fer-mare gli automobilisti, chiedere il loro aiuto ma appena mi vedevano con le interiora fuori inserivano la retromarcia e cambiavano direzio-ne. C’erano passanti che arrivava-no dalle mie parti e io, gattonando, andavo verso di loro. Magari per la vista del sangue e del resto attra-versavano la strada e prendevano l’altro marciapiede. Mi attacco alle auto parcheggiate lungo via Spi-nasse per raggiungere viale Certosa che era molto più trafficato e lì mi metto in mezzo alla strada, allargo le braccia e blocco il traffico, mi dico: Mi finite voi! E cado a terra. Io mi ricordo del volto di una signora, doveva essere medico, che era lì a darmi un po’ di sollievo, poi l’am-bulanza e la corsa all’ospedale. Mia moglie che mi aspettava a casa non vedendomi arrivare chiama sul mio cellulare e risponde la polizia. Lei di corsa arriva all’ospedale, va dal po-liziotto di turno e si sente dire che probabilmente una delle solite liti fra stranieri è andata male. Il gior-no dopo i miei amici vanno al com-missariato per fare la denuncia e si sentono dire che la denuncia deve essere nominale. Ovvero io, con 33 punti interni, 36 punti esterni, sotto morfina con tanto di flebo avrei do-vuto trascinarmi al commissariato e fare la denuncia? E di più: io sono rimasto 14 giorni all’ospedale. Non ho visto un poliziotto, non ho visto un vigile, non ho visto un magi-strato, non ho visto un carabiniere. Non ho visto nessuno. Eppure avrei voluto descrivere il mio aggressore,

l’ho visto in faccia. E peggio ancora: mi hanno dimesso con una progno-si di 19 giorni. Questo è importante che lo sappiate perché un giorno in più avrebbe cambiato la storia. Con una prognosi di 20 giorni scattano d’ufficio i danni per tentato omi-cidio. […] Ma io non provo rabbia perché sono convinto che quell’uo-mo abbia perso l’occasione di co-noscere una persona. Non provo rabbia perché non serve a niente puntare il dito. […] Ecco io attra-

verso questa lettera ho voluto farvi capire che non è vero che facendo prevalere la ragione della forza riu-sciremo a risolvere i problemi. No, è sbagliato. Tutti quelli cha l’hanno professato, tutti coloro che l’hanno creduto, hanno finito per scatenare dei disastri umanitari. Per risolvere i problemi abbiamo bisogno di far prevalere la forza della ragione».Le differenze culturali sono la bel-lezza dell’umanità e Amed ci ha in-vitato a non temere mai il confron-to perché è una grande ricchezza e «l’altro è il tesoro che cerco sempre di abbracciare».Nell’ultima parte dell’incontro Amed ha concluso con un riferi-mento alla figura del grande Ma-diba, che attraverso il perdono e la comprensione ha saputo riconcilia-re culture differenti. Infine ha inaspettatamente coinvol-to il pubblico, improvvisando con il tamburo il ritmo di una conosciuta canzone sudafricana, emozionando e stupendo tutti i presenti.L’incontro ha riscosso molto suc-cesso lasciando il pubblico entusia-sta.

Margherita Lonardoni

In cerca di identitàmerose difficoltà ed emarginazioni e perfino dal carcere per clandesti-nità. Arrivato poi in Italia, giunge a Milano, dove si scontra con i pre-giudizi della gente comune (“Siete in troppi”) e scopre che ormai più nessuno è interessato alla reale bel-lezza, quando nemmeno un occhio si alza a guardare le stupende guglie del Duomo. Egli cerca di integrarsi nella società urbana che non sem-bra più prestare attenzione al di-verso: a differenza di altri membri della sua comunità, vuole imparare al più presto la lingua per poter co-municare meglio, trovare un lavoro e regolarizzarsi, ma si scontra con la fredda burocrazia, poiché viene registrato all’anagrafe come Bax, al-trimenti il computer non l’avrebbe riconosciuto. Ascolta Radio Maria per riuscire a comprendere bene le parole del nuovo idioma. A un certo punto decide di percorrere tutta la penisola e alla fine va a Lampedu-sa, dove si trova «quello che i Latini chiamavano mare nostrum e che noi sappiamo essere cimitero nostro». Lì descrive tante situazioni tragiche, ma purtroppo verosimili, di per-sone che, avendo perso tutto e alla ricerca solo di speranza, intrapren-

dono quei viaggi, lunghi, massa-cranti da ogni punto di vista e tra l’altro a caro prezzo, che troppo spesso li portano alla morte. Le ultime pagine, certamente le più toccanti, si concludono in modo molto originale, con la riscrittura delle tavole della Legge, coman-damenti che “impongono” il con-fronto e il rispetto, ancora una volta, dell’identità dell’altro, ma anche della propria, vero filo con-duttore del libro; il più incisivo di tutti è prbabilmente “Non ucci-dere le differenze culturali, sono la bellezza dell’umanità”, sintesi perfetta di un romanzo costruito sull’apertura e il dialogo con gli altri.

Davide Bonfante

raccontato la sua storia di giovane senegalese emigrato dalla sua terra a causa di una carestia e giunto pri-ma in Francia, poi in Italia a Mila-no.Come egli stesso scrive nel libro, sono stati anni difficili nell’appren-dimento della lingua, imparata ascoltando Radio Maria, nel tro-

Come egli stesso scrive nel libro, sono

stati anni difficili nell’apprendimento

della lingua, imparata ascoltando “Radio Maria”, nel trovare

un lavoro fisso, nell’ottenere documenti e permessi di soggiorno e nell’integrarsi in una

comunità diffidente nei confronti dello

“straniero”

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8 febbraio 2014

F lashM e d i @ v o x

Medi@voxPeriodico del Liceo Enrico Medi

di Villafranca

Coordinatori Simonetta Fortuna,

Elena Lonardi

Redazione

Noemi Addeo, Pà Glenn Adobah,

Vanessa Amadori, Jennifer Aver,

Alberto Bellesini, Beatrice Castioni,

Emanuele Ciccarino, Francesco

Cordioli, Elvira Cuomo, Marta

Dalgallo, Francesca D’Arienzo,

Leonardo Franchini, Laura

Gazzani, Tamara Jovanovic, Alberto

Mapelli, Valentina Marseglia, Gaia

Massagrande, Arianna Mentil, Sofia

Montresor, Gaia Morari,Arianna

Motta, Annamaria Owuso,Isabelle

Perina, Enrico Perini, Sara

Renzi, Beatrice Sartori, Justine

Scià,Valentina Semeghini, Francesco

Spolettini, Silvia Tedeschi, Federica

Zago, Giulia Zanetti

Fotografie

Marta Dalgallo, Margherita

Lonardoni

Il giornale è il risultato del Corso

pratico di giornalismo svolto dallo

Studio Editoriale Giorgio Montolli

di Verona (Tel. 320.4209663)

Numero 10 - febbraio 2014

www.liceomedi.com

Come ogni anno, con grande suc-cesso, nei giorni destinati ai collo-qui genitori-insegnanti nel mese di Dicembre si sono svolti i mercatini di Natale con vendita di torte e dol-ci fatti in casa e con la straordinaria presenza di Andrea Favari, Presi-dente dell’associazione ANTS a cui è stato devoluto il ricavato. ANTS è una acronimo per Associazione Nuovi Talenti Speciali; si tratta di un’associazione neonata, in quanto è presente sul territorio Veronese, precisamente a Lugagnano, solo dal

2008 e si propone come punto di incontro e confronto per bambini autistici e le loro famiglie. Il pro-getto proposto dalla nostra scuola ha avuto nuovamente un esito po-sitivo, in quanto sono stati raccolti quasi 3000 euro che saranno desti-nati al finanziamento di un’attivi-tà molto vicina a noi, il cui motto deriva dal termine ingelse ANTS (=formiche) per cui una formica sola sì, non fa la differenza, ma con l’unione di più formiche esse pos-sono anche spostare un elefante.

Alunna: Prof?Prof: Un minuto! Ho un cervello solo!

Alunna: Sto calibrando la LIM prof.Prof: No no, lascia stare, quello è un aggeggio misterioso

Prof. educazione fisica: Dai, ades-so facciamo la capriola davanti.Alunna: No prof, che ci si spet-tina!

Prof: Sapete ragazzi, quando alla fine di un’espressione mi accorgo che avete fatto tutto il procedi-mento giusto, ma avete sbagliato il risultato beh.. quello è l’error da coion!

Prof: Non è studiando nei 15 mi-

nuti dell’interrogazione che sal-verai l’Italia!

Prof: Se non fosse per l’Enel che ha staccato i rifornimenti, avresti sempre l’aureola accesa con le stelline.

Prof: tutti gli esercizi che non hanno 3 lineette sul libro per me sono facili.Alunni: Il problema è che ci sono massimo due lineette di difficoltà prof.Prof: appunto.

Prof: L’associazione ANTS per l’autismo ha aperto un nuovo centro a Lugagnano. C’è qualcu-no che vive lì tra di voi?Classe: Ambra! (ex alunno)Prof: no no, si chiama ANTS!

IPSE DIXIT

Anche quest’anno le classi prime e seconde del Liceo delle scienze umane, con la coordinazione del-le professoresse Marina Tessari e Mariella Corghi, hanno partecipa-to al “Progetto Biennio”, all’interno del quale è prevista un’interessante esperienza di convivenza nel mese di aprile presso una casa-famiglia in località Bosco Chiesanuova, che culminerà con la realizzazione di uno spettacolo teatrale.Questa iniziativa ha come obiettivi la sensibilizzazione da parte degli studenti sui temi della collabora-zione e della condivisione. Sono così chiamati a vivere cinque giorni all’insegna dello stare insieme. Lo spettacolo che verrà messo in scena è tratto da racconti fondati su sentimenti e convinzioni come l’amicizia, la forza di credere nei propri sogni e l’impegno necessa-rio per realizzarli.

Liceo delle scienze umane:Progetto biennio

“La cultura è la vera ricchezza”

Consulte Provinciali Studentesce

Mercatini di NataleIl ricavato all’Associazione ANTS

Durante la residenza a Bosco le classi interessate lavoreranno per l’allestimento vero e proprio della rappresentazione teatrale, prepa-rando le coreografie e, grazie an-che ai consigli della professoressa Grigolo, provando per la messa a punto delle scene da recitare che andranno ad armonizzarsi con i balletti. Gli alunni inoltre si occu-peranno della scenografia, che farà da cornice a tutto lo spettacolo, ispirato a tre famosi libri.La Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, scritto da Louis Sepulveda, narra della grande ami-cizia nata fra un sedentario gatto ormai vecchio e cieco ed un grazio-so topolino, che con la sua voglia di fare spingerà il gatto a ritrovare la gioia di vivere che credeva ormai perduta per sempre. Una storia che racconta la forza di una vera amici-zia a volte complicata ma capace di

demolire barriere che sembravano impossibili da varcare.Il delfino di Sergio Bambaren trat-ta della grande forza di volontà di un delfino che grazie all’impegno e alla fede nei propri sogni riesce ad arrivare fino “all’irraggiungibile” barriera corallina. Un affascinante racconto che insegna a non arren-dersi mai e a spiccare il volo senza essere fermati delle difficoltà.Il giardiniere dell’anima, capolavo-ro di Clarissa Pinkola, è un libro che narra la storia di un giardinie-re che attraverso le piante riesce a rivedere la propria esistenza. Un toccante racconto che fa capire un’importantissima verità: la vita per quanto possa essere calpesta-ta o talvolta sradicata, come una pianta può rinascere, più rigogliosa di prima. Basta soltanto coltivare il seme della speranza.

Poletti Elisa

«Studiate, diventate colti, sia-te eruditi. Riempitevi la testa di nozioni, di informazioni: questa l’unica cosa che vi salverà» que-ste parole ha ripetuto più volte Dario Basevi, ebreo sopravvis-suto alle deportazioni naziste, davanti agli studenti delle classi quarte del liceo Medi. Il tema dell’incontro era “La Shoa de-gli ebrei di Roma”; a introdurre l’argomento dal punto di vista storico Antonella Tiburzi, ricer-catrice ed insegnante di scuola secondaria, e Carlo Saletti, scrit-tore e regista. A seguire la testi-monianza del dottor Dario Base-vi, figlio di un’ebrea di Salonicco, separato dalla famiglia durante il rastrellamento del 16 ottobre del 1943 a Roma e sopravvissuto con mille espedienti fino alla fine del-

la guerra. «L’anno più duro» rac-conta «è stato quello immediata-mente dopo la fine del conflitto». Un anno da profugo, in cui, ces-sata l’emergenza di scappare e nascondersi, ha dovuto iniziare a ricostruire dal nulla la propria vita. Così Basevi ha completa-to il liceo da privatista e si è poi iscritto alla facoltà di Medicina di Bologna. Ancora oggi continua il suo percorso di arricchimento culturale perché proprio in esso ha trovato il suo riscatto. Non di-mentica poi i profughi attuali ed invita i giovani a rimanere vigili perché simili accadimenti non si ripetano nuovamente: questo il fine del Giorno della Memoria fare in modo che, come soste-neva lo storico Livio, la storia sia magistra vitae.

In seguito al decreto 567 del Presi-dente della Repubblica, il 10 ottobre 1996 nascevano le consulte Provin-ciali Studentesche. Si tratta di un organo istituzionale di rappresen-tanza studentesca. Raccoglie due rappresentanti degli studenti per ciascun istituto in una sede messa a disposizione dall’Ufficio scolastico Provinciale.La consulta ha vari compiti. Deve presentare proposte ed esprimere pareri agli Uffici scolastici o agli enti locali competenti. Devono essere proposte riguardanti nuo-vi progetti e attività che le scuole potrebbero svolgere. Possono an-

Come ogni anno, con grande successo, nei giorni destinati ai colloqui genitori-insegnanti nel mese

di Dicembre si sono svolti i mercatini di Natale con vendita di torte e dolci fatti in casa e con la

straordinaria presenza di Andrea Favari, Presidente dell’associazione ANTS a cui è stato devoluto il

ricavato. ANTS è una acronimo per Associazione Nuovi Talenti Speciali; si tratta di un’associazione

neonata, in quanto è presente sul territorio Veronese, precisamente a Lugagnano, solo dal 2008 e si

propone come punto di incontro e confronto per bambini autistici e le loro famiglie. Il progetto

proposto dalla nostra scuola ha avuto nuovamente un esito positivo, in quanto sono stati raccolti

quasi 3000 euro che saranno destinati al finanziamento di un’attività molto vicina a noi, il cui motto

deriva dal termine ingelse ANTS (=formiche) per cui una formica sola sì, non fa la differenza, ma

con l’unione di più formiche esse possono anche spostare un elefante.

che essere attività di informazione e consulenza, come per esempio la prevenzione alla tossicodipenden-za. La consulta deve istituire uno sportello informativo degli studenti e puo’ anche formulare iniziative di carattere nazionale.La squadra della consulta si com-pone di un presidente, un vicepre-sidente, un segretario, la giunta e i vari membri. I rappresentanti della consulta si di-vidono in varie commissioni incen-trate su precisi ambiti. I campi di di-scussione sono numerosi e possono riguardare l’arte, il volontariato o la legalità.

Fare didascalia descrittiva dell’ebvento

Lincontro con la scrittrice Sara Rattaro

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